ambiente italia 2011
rapporto annuale di legambiente
AMBIENTE ITALIA 2011 a cura di Duccio Bianchi ed Edoardo Zanchini
IL CONSUMO DI SUOLO IN ITALIA
ANNUARI Rapporto annuale di Legambiente
ambiente italia
Il consumo di suolo in Italia
2011
A cura di Duccio Bianchi ed Edoardo Zanchini autori Maria Berrini, Presidente Ambiente Italia Duccio Bianchi, Ambiente Italia Igor Boni, Responsabile Unità operativa patologie ambientali e tutela del suolo, Ipla spa, Torino Giovanni Caudo, Università degli Studi Roma Tre Damiano Di Simine, Presidente Legambiente Lombardia Ciro Gardi, Land Management & Natural Hazards Unit, Institute for Environment and Sustainability (Ies) European Commission – Dg Joint Research Center Michele Manigrasso, Architetto Michele Merola, Ambiente Italia Luca Montanarella, Land Management & Natural Hazards Unit, Institute for Environment and Sustainability (Ies) European Commission – Dg Joint Research Center Barbara Monzani, Ambiente Italia Francesco Musco, Urbanista, Università Iuav di Venezia e Legambiente Veneto Gabriele Nanni, Ufficio Energia e Trasporti di Legambiente Federico Oliva, Presidente Istituto nazionale di urbanistica, Politecnico di Milano Paolo Pileri, Dipartimento di architettura e pianificazione, Politecnico di Milano Edoardo Zanchini, Responsabile Energia, Trasporti, Urbanistica di Legambiente La sezione Testi è stata curata da Edorado Zanchini L’Appendice alla sezione Testi è stata curata da Gabriele Nanni La sezione Indicatori è stata curata da Michele Merola e Barbara Monzani realizzazione editoriale Edizioni Ambiente srl www.edizioniambiente.it coordinamento redazionale: Paola Fraschini progetto grafico: GrafCo3 Milano impaginazione: Roberto Gurdo © copyright 2011, Edizioni Ambiente srl Via Natale Battaglia 10, 20127 Milano tel. 02.45487277, fax 02.45487333 ISBN 978-88-96238-86-8 Finito di stampare nel mese di febbraio 2011 Genesi Gruppo Editoriale – Città di Castello (PG) Stampato in Italia – Printed in Italy Questo libro è stampato su carta riciclata 100% La pubblicazione è stata resa i siti di edizioni ambiente
www.edizioniambiente.it www.nextville.it www.reteambiente.it www.verdenero.it
da
indice
prefazione Vittorio Cogliati Dezza
9
la recessione che ha accelerato tutto Duccio Bianchi
15
parte prima consumo di suolo: analisi della situazione italiana e scenari di intervento consumo di suolo: una chiave, non solo ambientale, per leggere i cambiamenti nel territorio e ragionare di futuro Edoardo Zanchini
41
consumo di suolo: i numeri e il fenomeno Damiano Di Simine
55
artificializzazione del territorio: alcuni dati a livello europeo Ciro Gardi, Luca Montanarella
71
consumo di suolo e perdita di fertilitĂ Igor Boni
79
il consumo di suolo nei comuni di roma e fiumicino Michele Manigrasso
91
l’abitare e la città al tempo della crisi Giovanni Caudo sulle spalle dei giganti strategie internazionali per contenere il consumo di suolo Paolo Pileri politiche per contenere il consumo di suolo Federico Oliva
101
113 125
città resilienti, pronte per affrontare i cambiamenti climatici e adattarsi Maria Berrini
133
l’adattamento delle città e dei territori: uso del suolo e tecniche urbanistiche per i cambiamenti climatici Francesco Musco
151
appendice consumo di suolo: i numeri
159
parte seconda gli indicatori dello stato dell’ambiente i 10 indicatori più significativi
La crescita economica Povertà nel mondo Consumi energetici globali Bilancio energetico nazionale Produzione di energia da fonti rinnovabili in Italia Mobilità delle persone Produzione e gestione dei rifiuti urbani in Italia Inventario nazionale delle emissioni di gas serra Inquinamento atmosferico nelle città Tasse ambientali
171 172 173 174 175 176 177 178 179 180
indicatori in italia e nel mondo
La dimensione socioeconomica Indice di sviluppo umano Disuguaglianze di genere Indice di competitività Reddito pro capite Export mondiale Prezzi commodity Aiuti allo sviluppo Denutrizione Densità popolazione Povertà in Europa Povertà in Italia Ricchezza delle famiglie Rifugiati e profughi Spesa militare Popolazione straniera in Europa Presenza straniera in Italia Aids Tasso di occupazione Tasso educazione universitaria Ricerca e sviluppo nel mondo Risorse umane hi-tech Telecomunicazioni
181 181 182 183 184 185 186 187 188 189 190 191 192 192 193 193 194 195 196 197 198 199
Uso pc Accesso internet Commercio equo e solidale
200 201 202
L’energia Consumi energetici pro capite Consumi energetici per fonte Intensità energetica dell’economia Produzione elettrica nazionale Energia eolica Parco termoelettrico Consumi elettrici domestici in Ue Biocombustibili Produzione energia elettrica da fonti rinnovabili in Europa Solare termico Solare fotovoltaico
203 204 204 205 205 206 206 207 207 208 208
La mobilità Mobilità internazionale delle persone Mobilità delle merci Mobilità internazionale delle merci Trasporto pubblico urbano Motorizzazione privata Parco autoveicolare Consumo carburante Qualità urbana: piste ciclabili Incidentalità stradale in Italia Incidentalità stradale in Europa
209 209 210 211 211 212 212 212 213 213
I rifiuti Gestione e smaltimento rifiuti urbani Rifiuti urbani in Europa Intensità di rifiuti in Europa
214 214 215
Le attività produttive Terre coltivate Qualità ambientale dei prodotti Produzione agricola Agricoltura biologica nel mondo Agricoltura biologica in Italia Certificazione Iso 14001 Turismo internazionale
216 216 217 217 218 219 219
Il clima e l’aria Emissioni CO2 in Europa Emissioni CO2 da consumo energia Emissioni CO2 pro capite Emissioni CO2 intensità
220 221 222 223
Emissioni acidificanti in Europa Emissioni di precursori di ozono in Europa Emissioni atmosferiche di microinquinanti in Europa Emissioni atmosferiche di microinquinanti in Italia
224 224 225 225
Le risorse naturali Estensione foreste Protezione aree di interesse ambientale Balneabilità coste Stato ecologico dei laghi Qualità biologica dei fiumi Qualità delle acque sotterranee Specie endemiche Impronta ecologica
226 226 227 227 228 229 229 230
Le politiche ambientali Spesa ambientale dello Stato Tasse ambientali Ue
231 231
indicatori nelle regioni italiane
La dimensione socioeconomica Pil pro capite Densità della popolazione Incidenza della povertà relativa Presenza straniera Tasso di occupazione Accesso a internet per tipo di connessione
233 234 235 236 237 238
L’energia Consumi elettrici domestici Produzione lorda di energia elettrica per fonti
239 240
La mobilità Parco veicolare Tasso di motorizzazione
241 242
I rifiuti Raccolta differenziata Produzione rifiuti urbani
243 244
Le attività produttive Presenze turistiche Agriturismo Certificazioni Iso 14001
245 246 247
Le politiche ambientali Illegalità ambientale
248
parte prima consumo di suolo: analisi della situazione italiana e scenari di intervento
consumo di suolo: i numeri e il fenomeno Damiano Di Simine
per un’europa delle città La trasformazione del territorio italiano, dal dopoguerra a oggi, ha subito diverse accelerazioni per il sovrapporsi di differenti spinte: dalla ricostruzione postbellica, al boom demografico, alla grande infrastrutturazione del paese, alle ondate immigratorie, al drastico cambiamento delle strutture familiari (crescita delle famiglie mononucleari, riduzione della prolificità) e degli stili di vita. La sovrapposizione di questi fenomeni ha avuto un ruolo rilevante nell’aumentare la domanda di superfici atte a realizzarvi dapprima abitazioni e fabbriche, poi autostrade e parcheggi, e infine fabbricati a uso terziario e commerciale. Un ruolo determinante è stato giocato dalla motorizzazione di massa, a cui è corrisposto un fenomeno inedito di dispersione insediativa, peraltro comune a tutti i paesi a economia avanzata, legato alla possibilità di scegliere luoghi diversi e distanti per la residenza, il luogo di lavoro e perfino le attività connesse al commercio e al tempo libero. Specularmente, lo svuotamento della funzione abitativa delle città verso nuove aree sempre più periferiche è stato l’esito di una spinta speculativa giocata sul differenziale di valore dei suoli. Negli ultimi decenni non solo le funzioni abitative, ma anche quelle produttive e terziarie hanno conosciuto un inesorabile processo di espulsione, dai centri e dalle periferie cittadine verso fasce sempre più esterne, lasciando damiano di simine – Presidente Legambiente Lombardia, Crcs Centro di ricerca sui consumo di suolo.
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dietro di sé crescenti vuoti urbani e generando una domanda di mobilità incoerente con la razionalità di qualsiasi schema di trasporto pubblico. Uno spazio urbano meno presidiato e un territorio rurale “suburbanizzato”, è l’esito di quanto avvenuto in tutto il mondo economicamente avanzato, in Europa come nel Nord America – dove esiste un vasto movimento di critica radicale allo sprawl – mentre in Italia la percezione del consumo di suolo è amplificata da connotati particolarmente negativi connessi alle carenze della pianificazione e alla presenza dell’abusivismo. L’abusivismo, certo assai rilevante ancorché circoscritto ad alcune regioni italiane, unito a un più diffuso e pervasivo scadimento della qualità urbanistica e architettonica degli insediamenti recenti, introducono nella percezione del fenomeno del consumo di suolo una “distorsione ottica” che in parte giustifica la scarsa affidabilità (e le frequenti esagerazioni) dei dati più ricorrenti e catastrofisti che danno per “quasi esaurita” la disponibilità di territori liberi: non è così, per fortuna, il suolo italiano non sta per finire, anche se le compromissioni sono gravi e le tendenze estremamente allarmanti. Noi qui vogliamo cercare di quantificare il “fenomeno” del consumo di suolo, dando per acquisito il grido di dolore per le ferite gravissime inferte al paesaggio del Bel Paese, e mettendo invece al centro proprio il suolo, come comparto ambientale, e la sua dimensione spaziale, in quanto risorsa strategica limitata e condizionante di qualsiasi processo di sviluppo economico, sociale e civile entro cui una comunità ambisca a identificarsi. Non si tratta di rimuovere dal nostro ragionamento il portato di mezzo secolo di appelli e battaglie civili contro gli oltraggi subiti dal patrimonio naturalistico e culturale italiano, contro i mille ecomostri, i degradi e le brutture. Al contrario, vogliamo praticare un “salto di scala”, a cui siamo chiamati dal radicale cambiamento di paradigma fissato dalla Convenzione europea del paesaggio: non vogliamo più ragionare su uno scenario distante, sfondo pittoresco di una immutabile identità nazionale, ma su un paesaggio che è habitat esistenziale, che interagisce quotidianamente con la vita delle persone, che è allo stesso tempo risorsa ambientale e limite (dunque valore) dello spazio di progresso economico e sociale entro cui opera una comunità.
consumo di suolo: i numeri e il fenomeno
Vogliamo ragionare su come i processi di espansione e di inconsapevole dissipazione del substrato-suolo abbiano prodotto una perdita di quel tessuto urbano che “conforma” l’intero continente europeo, un tessuto in cui borghi e città stanno al contado come la trama sta all’ordito: l’uno e l’altro intimamente connessi e reciprocamente necessari. Le città d’Europa sono l’esito di un processo storico evolutivo, sono nate intorno a uno spazio di scambi, a un mercato, e si sono delimitate per circoscrivere lo spazio della comunità, per meglio difenderla da nemici esterni e da solitudini destabilizzanti. Fermare il consumo di suolo non è uno slogan ideologico de-sviluppista, ma implica un’aspettativa di progresso, perchè pensiamo che le città debbano tornare a essere centri di un territorio in cui riconoscersi e non periferie infinite, per continuare a essere luoghi densi di vita e di relazioni, spazi entro cui praticare scambi di valori e ridurre le distanze tra le persone, sviluppare economia e costruire coesione e fiducia, contrastando insicurezza e paure. La crescita estensiva dell’urbanizzazione, al contrario, corrisponde a un’opzione di sviluppo intrinsecamente inefficiente ed energivora, socialmente instabile (da cui deriva la “sindrome da insicurezza” tanto enfatizzata come merce di scambio di una politica falsamente salvifica), dissipatrice di risorse ambientali e in primo luogo della risorsa su cui si è costruita e tutt’ora si alimenta la ricchezza di un paese come il nostro: il suolo. il suolo come risorsa ambientale Il consumo di suolo è prima di tutto un danno ambientale: questa considerazione non deve essere poi così banale se, fino a oggi, ben poche legislazioni ambientali lo hanno considerato tale, anteponendo la regolazione del diritto di proprietà al profondo e autentico significato di bene comune che il suolo contiene. Un danno le cui dimensioni derivano dalla compromissione delle funzioni chimico-fisiche e biologiche che il suolo svolge come comparto ambientale della biosfera, nonché dal significato ecologico dell’organizzazione degli spazi in rapporto sia all’espressione della biodiversità sia degli organismi economici e sociali.
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Solo per citare i casi più notevoli, dal suolo dipende: s LA FUNZIONE PRODUTTIVA PRIMARIA OVVERO LA PRODUZIONE DI BIOMASSA VEgetale e di materie prime della trasformazione agroalimentare; s LA REGOLAZIONE DEL CICLO DELL ACQUA IL RIFORNIMENTO DELLE RISERVE DI ACqua dolce, la sicurezza idrogeologica; s LA REGOLAZIONE DEI CICLI DEGLI ELEMENTI FONDAMENTALI PER LA VITA AZOTO
fosforo, zolfo) e la degradazione di sostanze tossiche; s LA PRODUTTIVITÍ BIOLOGICA DEI SISTEMI AMBIENTALI TERRESTRI DA CUI DIPENde la conservazione della biodiversità intrinseca (organismi del suolo) e di quella “appoggiata” al suolo; s LA FUNZIONE CONNESSA ALLA RISERVA STRATEGICA DI SUPERFICI ATTE A FAR FRONTE A bisogni e aspettative di benessere delle attuali e future generazioni, nonché ad assicurare la sovranità e la sicurezza alimentare di ogni popolo; s L ORGANIZZAZIONE DEGLI SPAZI NECESSARI A LOCALIZZARVI E A CONNETTERE GLI ORganismi urbani e le relative funzioni economiche e sociali; s LA REGOLAZIONE CLIMATICA RIFERITA IN PRIMO LUOGO ALLA FUNZIONE DI sink carbonico assicurato dalla sostanza organica di suoli e vegetazioni. Quest’ultimo aspetto, che potrebbe apparire secondario, assume un ruolo molto rilevante alla luce del rapporto della Commissione europea che svela come i suoli europei contengano da 73 a 79 miliardi di tonnellate di carbonio, e che pertanto ogni perdita anche solo dello 0,1% di questo carbonio (ovvero del suolo che lo contiene, tenuto conto che il leaching di carbonio dai suoli è causato, in misura rilevante, anche da cattive pratiche agronomiche) equivale all’emissione di CO2 prodotta da un aumento di ben 100 milioni di auto circolanti sulle strade europee!1 Si impone dunque di centrare l’attenzione sul protagonista, il suolo appunto, oltre che sulle sue apparenze paesaggistiche. Per dirsi che nel nostro sistema di norme e principi è necessaria una nuova codifica, che conferisca al suolo un riconoscimento di “bene comune” che fino a ora è mancato. È il suolo il presupposto della ricchezza di una nazione. Conservarlo e mantenerlo in buona salute produce più ricchezza, e meglio distribuita, di quanta ne possa produrre la sua distruzione.
consumo di suolo: i numeri e il fenomeno
il consumo di suolo in italia Nel nostro paese la misura del consumo di suolo è desumibile da banche dati di mediocre qualità, eterogenee per definizione dell’oggetto di indagine (non esiste una definizione condivisa circa cosa debba intendersi per “consumo di suolo”, si tratta dunque di un dato che deve essere inferito), non adeguatamente aggiornate. Le indagini retrospettive, indispensabili per valutare le tendenze in atto, non dispongono di set di dati raccolti in modo omogeneo e alla medesime soglie temporali. I dati ufficiali di land use disponibili su base nazionale sono quelli elaborati da Apat, oggi Ispra, sulle coperture del suolo nell’ambito del progetto europeo Corine Land Cover (Clc).2 Da tali dati risulta una superficie urbanizzata in Italia pari a 1.474.000 ettari, con un tasso di crescita di 1,4 mq/ab*anno e un valore procapite di 255 mq/abitante di superfici urbanizzate: un dato sicuramente (e fortemente) sottostimato, come dimostra il confronto con i dati raccolti in modo più capillare e aggiornato da alcune Regioni (Lombardia in primo luogo): il protocollo Clc infatti soffre di un basso livello di risoluzione a causa delle dimensioni delle celle unitarie di misura, e questo determina la produzione di dati di urbanizzazione di gran lunga inferiori alla realtà osservabile al suolo, in presenza di urbanizzazioni disperse e di infrastrutture lineari che non vengono “lette” da Clc. Con questa avvertenza, che deve indurre a precauzione nell’adottarne i valori assoluti, i dati Clc, disponibili alle soglie degli anni 1990, 2000 e 2006, consentono di effettuare un confronto tra regioni (sempre nell’ipotesi, tutta da verificare, che l’errore di misura sia equamente distribuito tra le regioni, figura 1). Dal confronto emerge immediatamente la rilevanza già assunta dal fenomeno nelle regioni del Nordest (Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia), oltre che nelle due maggiori concentrazioni urbane del centro e sud Italia (Lazio e Campania). I dati Istat, raccolti in modo sostanzialmente differente da quelli ApatIspra, individuano il valore numerico del consumo di suolo, al 2001, in 1.940.000 ettari, e stimano un incremento al 2008 pari all’8,1%:3 secondo questa fonte, dunque, la superficie urbanizzata in Italia raggiungereb-
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figura 1 – superfici artificiali in italia italia sardegna sicilia calabria basilicata puglia campania molise abruzzo lazio marche umbria toscana emilia romagna liguria friuli v.g. veneto trentino lombardia valle d’aosta piemonte 2
0 % artificiali su tot. 1990
4
8
6
% artificiali su tot. 2000
10
12
% artificiali su tot. 2006
Fonte: elaborazione dell’autore su dati Apat e Ispra.
be il valore di circa 2.100.000 ettari, pari al 7% della superficie nazionale. È bene però anche in questo caso tener presente che Istat dichiara una implicita sottostima del dato, che non misura le superfici a vario titolo “antropizzate” (come da protocollo Clc), bensì quelle “edificate”, per nuclei di rilevanti estensioni (almeno 15 edifici accomunati da una relazione di prossimità). Al rilevamento delle superfici edificate sfuggono dunque notabella 1 – superficie urbanizzata in alcune regioni Superficie urbanizzata, ha (anno di rif.)
Su territorio regionale (%)
Lombardia
336.064 (2007)
Piemonte
130.275 (2001)
Emilia Romagna Friuli Venezia Giulia
Superficie urbanizzata procapite (mq/ab)
Incremento annuo procapite (mq/ab*anno)
14,1
340
4,4
5,2
308
1,7
187.000 (2003)
8,5
456
7,5
69.717 (2000)
8,9
581
2,5
Fonte: elaborazioni da dati Crcs, 2009, per la Lombardia aggiornamento Dusaf 2.1, 2010.
consumo di suolo: i numeri e il fenomeno
tevoli superfici infrastrutturate (per esempio le viabilità, o i suoli compromessi da attività di cava o discarica), così come l’intera categoria delle “case sparse”, insediamenti che, sempre secondo Istat, accoglierebbero un non trascurabile 6% della popolazione nazionale (oltre 3.400.000 abitanti). Secondo alcuni autori4 una stima più accurata (e comunque prudenziale) del consumo di suolo porterebbe a un valore di superfici urbanizzate pari al 7,6% del territorio nazionale, ovvero 2.350.000 ettari (415 mq di superficie urbanizzata per abitante) corrispondente, per farsi un’idea, a un territorio “perso” – in quanto integralmente urbanizzato – per una estensione pari a quella di due regioni come Puglia e Molise insieme (figura 2): un numero che, se confermato, collocherebbe l’urbanizzazione in Italia su un valore sostanzialmente allineato alla media europea, tenuto conto che l’urbanizzazione pro capite raggiunge valori comunque più elevati nei paesi dell’Europa centro-settentrionale. figura 2 – l’urbanizzazione in italia
Nota: In Italia l’urbanizzazione copre una superficie pari a quella di due regioni come la Puglia e il Molise insieme. Fonte: elaborazione grafica dell’autore su dati T. Tempesta, 2010.
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ambiente italia 2011
Il confronto tra regioni impostato sul dato procapite (figura 3) fornisce ulteriori informazioni, coerenti con quelle delle banche dati europee che individuano una correlazione (peraltro intuitiva) tra consumo di suolo e indicatori di benessere economico: vediamo infatti nelle regioni del Nordest italiano i dati più elevati. L’andamento fa emergere “picchi” di suolo urbanizzato pro capite particolarmente elevati anche in regioni contraddistinte da una forte penetrazione di edilizia turistica, come Valle d’Aosta e Sardegna, dato che non si osserva in un’altra regione a forte vocazione turistica come il Trentino Alto Adige, che ha tradizionalmente impostato la propria accoglienza sulla ricettività di tipo alberghiero anziché sulla seconda residenza.5 In generale il consumo di suolo pro capite a parità di altre condizioni è più elevato in aree a forte caratterizzazione rurale, per ridursi significativamente nei territori che ospitano concentrazioni metropolitane particolarmente dense (Piemonte, Lombardia, Lazio, Campania, Liguria). figura 3 – superfici artificiali, pro capite (mq/ab) italia sardegna sicilia calabria basilicata puglia campania molise abruzzo lazio marche umbria toscana emilia romagna liguria friuli v.g. veneto trentino lombardia valle d’aosta piemonte 0 Fonte: Apat, 2005.
50
100
150
200
250
300
350
400
450
500
consumo di suolo: i numeri e il fenomeno
il rapporto crcs e le transizioni agricolo-urbanizzato Disporre di dati aggiornati, raccolti in modo omogeneo e sufficientemente precisi richiede uno sforzo di ricerca finalizzato a sviluppare un monitoraggio sugli usi del suolo, per affrontare la conoscenza del fenomeno e verificare gli effetti di politiche di governo del territorio. Per questo Legambiente con Inu, Istituto nazionale di urbanistica, hanno promosso un Centro di ricerca sui consumo di suolo (Crcs, www.consumosuolo.org). Il primo rapporto, realizzato in collaborazione con il DiAP del Politecnico di Milano,6 ha fornito dati elaborati a partire dagli archivi di regioni che negli ultimi anni hanno affrontato con approcci verificabili la valutazione degli usi del suolo. Purtroppo i dati raccolti soffrono ancora di una grave insufficienza di copertura territoriale (solo Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Piemonte dispongono di serie storiche di dati affidabili), di eterogeneità di legende e criteri, di diacronicità dei rilevamenti, ma confermano e precisano, correggendolo e spostandolo anche significativamente verso l’alto, il dato di urbanizzazione desunto da fonte Apat o Istat. L’impiego di matrici di transizione per descrivere l’evoluzione del consumo di suolo ha inoltre permesso di verificare aspetti qualitativi dei cambiamenti nell’uso del suolo. Una conferma che emerge da questo primo rapporto è la relazione inversa tra intensità di consumo del suolo e velocità della sua trasformazione che, in territori vocati all’utilizzo intensivo delle superfici (aree di pianura e bassa collina), mostra come il consumo di suolo sia “guidato” da un chiaro driver speculativo: le aree meno urbanizzate mostrano più spiccate velocità di consumo di suolo, in modo pressoché indipendente dal soddisfacimento di bisogni legati per esempio alla crescita demografica o all’infrastrutturazione del territorio: in pratica, si consuma più suolo, e in modo più estensivo, dove ce n’è di più, ovvero dove costa meno, anche se i suoli sacrificati sono ad alta vocazione agricola. Le matrici di transizione riportate dal rapporto fanno emergere chiaramente questa competizione: la maggior parte delle trasformazioni sono a carico di suoli agricoli, e solo in minor misura avvengono a carico di terreni incolti o boschivi. Possiamo dire pressoché conclusa, o comunque in esauri-
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mento, la lunga fase di abbandono di terreni agricoli, soprattutto montani, che ha visto inselvatichirsi vaste estensioni di pendici alpine e appenniniche: le transizioni da suolo agricolo a boschivo sono infatti in forte calo, le trasformazioni di uso del suolo nelle regioni considerate sono, in larga misura, descritte dal dato secco della crescita di superfici urbanizzate. Anche questo dato è coerente con quanto osservato nel resto d’Europa: con l’esclusione dell’area baltica, la maggioranza dei fenomeni urbanizzativi nelle grandi aree urbane europee corrisponde a perdite di superfici agricole. consumo di superfici utili La Lombardia è sicuramente la regione italiana che dispone di dati d’uso del suolo più aggiornati e affidabili (repertori d’uso del suolo Dusaf, di cui nel 2010 è stata pubblicata la versione Dusaf 2.17 con dati aggiornati alla soglia del 2007), e per questo, oltre che per la rilevanza che il consumo di suolo vi assume in rapporto alla forte densità demografica e insediativa, essa merita di essere considerata come un caso-studio. Il caso della Lombardia è esemplare anche in quanto regione che presenta una forte diversità di contesti procedendo dal cuore metropolitano – che accoglie la maggiore concentrazione urbana dell’Europa meridionale – verso aree a forte vocazione agricola caratterizzate da densità di popolazione minori alla media nazionale: sicuramente in questa regione è maggiore l’intensità con cui si manifestano dinamiche competitive per l’uso del suolo e delle superfici, non solo con finalità insediative, ma anche per le funzioni primarie connesse alla produzione agricola per la quale la Lombardia rappresenta la prima regione italiana quanto a generazione di reddito rurale. Nonostante ciò, i dati raccolti da Dusaf illustrano il soccombere della destinazione agricola anche laddove – vedi tabella 2 il dato della provincia di Mantova – le relazioni di prossimità appaiono decisamente sfavorevoli all’urbanizzazione. La criticità del quadro assume una dimensione economica rilevante in una regione che, nonostante la ricchezza della produzione agroalimentare, ha già sacrificato all’urbanizzazione ben un quarto del proprio terri-
consumo di suolo: i numeri e il fenomeno
torio utile alle coltivazioni. Grazie al confronto delle serie di dati alle soglie storiche 2007 e 1999, è possibile estrapolare un dato estremamente preoccupante di velocità di consumo di suolo che, per la sola Lombardia, risulta essere di ben 117.000 mq/giorno. Il valore corrispondente per l’Italia, derivato dai dati Istat, è di 615.000 mq/giorno: per farsi un’idea di cosa rappresenti questo numero, è come se ogni 10 mesi l’Italia vedesse spuntare una città della stessa superficie occupata dall’area urbana di Milano. I dati fin qui esposti si riferiscono a misure di uso del suolo esteso all’intero territorio amministrativo. Un quadro più vicino alla realtà percepita è però ottenibile focalizzando l’attenzione sulle superfici che sono realmente oggetto di competizione per gli usi del suolo, ovvero, fondamentalmente, le superfici di pianura e bassa collina: per questo in tabella 2 tabella 2 – dati di consumo di suolo nelle province lombarde, riferiti alla superficie territoriale utile all’attività agricola e all’insediamento* Provincia
Superficie territoriale (kmq)
Popolazione (Istat 2007)
Consumo di suolo su totale superficie (%)
Superfici Consumo utili* (%) suolo su superfici utili (%)
Urbanizzazione pro capite (mq/ab*anno)
Bergamo
2.723
1.059.593
13,9
42
33,1
5,2
Brescia
4784
1.211.617
11,3
47
24
6,9
Como
1.288
578.175
16
31
51,0
2,6
Cremona
1771
355.947
10,6
96
11
7,6
Lecco
816
331.607
15
31
48,4
3,7
Lodi
782
219.670
12,5
93
13,4
7,6
Mantova
2.339
403.665
12,4
94
13,1
15,6
Milano Monza Brianza
2.025
3.906.726
41,6
91
45,7
2,3
Pavia
2.965
530.969
9
83
10,8
5,6
Sondrio
3.212
181.338
2,4
10
24,0
5,8
Varese
1.199
863.099
28,9
44
65,7
2,7
23.904
9.642.406
14,1
57
24,7
4,4
309496
59.619.290
7,6
47,5
16
3,9
Lombardia Italia
* Superficie utile: è definita secondo un algoritmo empirico che attribuisce un coefficiente di utilizzabilità pari a 10% per i territori classificati “montani”, 50% per i territori “collinari”, 100% per i territori di pianura. Per le province lombarde inoltre si sono sottratte al dato amministrativo le superfici di acque interne e relative pertinenze. La classificazione deriva da Sistema Informativo della Montagna – Istat 2000. Fonte: elaborazioni su dati Dusaf 2.1, Regione Lombardia, 2010, e Barbieri e Ferrara, 2010.
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facciamo riferimento al raffronto con le “superfici utili”, calcolate fondamentalmente per sottrazione delle aree montane e dei corpi idrici interni. Le considerazioni fatte per la Lombardia possono essere generalizzate alle altre regioni italiane (figura 4). Il riferimento alle superfici utili, anziché al dato complessivo di territorio amministrativo, modifica sostanzialmente lo spettro delle criticità regionali, e fornisce una descrizione del problema molto più aderente alla realtà percepita. Emerge chiaramente il quadro problematico di una regione come la Liguria, il cui territorio presenta un carattere prevalentemente montano, e in cui pertanto la competizione per gli usi del suolo è già un severo limite alle possibilità insediative e un’ipoteca di sviluppo, per esempio per quanto riguarda la sua economia turistica legata alla figura 4 – incremento di aree urbanizzate nelle regioni e urbanizzazione relativa alla superficie utili 30,0% 25,0% 20,0% 15,0% 10,0% 5,0%
% urbanizzato/sup. utile
Incremento aree urbanizzate 2000/2008
Nota: i dati del Trentino Alto Adige non disponibile. Fonte: elaborazione Legambiente su dati Istat, Crcs 2009, Barbieri e Ferrara 2010.
Sicilia
Sardegna
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Lazio
Marche
Umbria
Toscana
Emilia Romagna
Friuli V.G.
Veneto
Liguria
Lombardia
Valle d’Aosta
0,0% Piemonte
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consumo di suolo: i numeri e il fenomeno
ristretta fascia costiera: questo spiega anche il dato particolarmente basso di incremento dell’urbanizzazione registrato nel decennio trascorso, probabilmente legato molto più all’esaurimento fisico della risorsa che a politiche urbanistiche particolarmente virtuose. Campania e Lombardia confermano, aggravato, il loro quadro di sovraccarico urbanistico, mentre preoccupanti sono le dinamiche di crescita che si osservano in alcune regioni del Sud, segnatamente Molise, Puglia e Basilicata, le quali, pur conservando un forte carattere rurale, stanno conoscendo dinamiche di crescita particolarmente accelerata delle superfici urbanizzate. dentro il consumo di suolo: la crescita urbana che cancella le città La disaggregazione per tipologie di uso del suolo relative alla categoria “aree antropizzate” evidenzia il peso delle dinamiche di dispersione insediativa (residenziale, produttiva e a servizi) quale determinante del consumo di suolo. I grafici riportati nelle figure 5 e 6 sono stati ottenuti con diversi metodi (cartografico per la Lombardia, campionario per la Toscana)8 e con voci di legenda significativamente diverse, per cui non sono direttamente confrontabili (si veda il ben diverso peso della voce “strade e reti infrastrutturali”, sicuramente sottodimensionsionata in Lombardia a causa dei riconosciuti limiti di Clc nel vedere questa tipologia di uso del suolo). Tuttavia ciò che colpisce, in entrambe le elaborazioni, è il peso estremamente basso della tipologia “tessuto urbano continuo” (solo il 9% per la Lombardia, e addirittura solo il 3% delle aree urbanizzate per la Toscana, regione che, diversamente dalla prima, non dispone di una densa ed estesa concentrazione metropolitana). Si tratta di una categoria che ovviamente ricomprende tanto l’edificato storico, quanto le sue espansioni avvenute in forma compatta, generalmente in espansione rispetto ai centri storici, e particolarmente consistente nell’area metropolitana milanese. Ma a dominare sono altri usi del suolo, comunque urbanizzato, ma genericamente riferibile a edificato residenziale disperso e terziario-produttivo con le relative infrastrutture.
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figura 5 – aree urbanizzate in lombardia 9%
4%
3%
6% 3% 4%
44%
27%
Cantieri Verde urbano Sport e ricreazioni Strade e ferrovie Produttivo e servizi Residenziale discontinuo Urbano continuo Altro Fonte: Dusaf 2.1, 2010.
L’immagine che deriva da queste “istantanee” della qualità dei processi urbanistici già avvenuti è forse quella più efficace per descrivere un mutamento avvenuto: l’Italia dei borghi e delle città è oggi pura retorica, la realtà fisica è drammaticamente diversa, e ci parla di un territorio “spalmato” di informi fenomeni insediativi: stiamo parlando di estese periferie diffuse, di grappoli disordinati di sobborghi residenziali, di blocchi commerciali, di piastre produttive connesse da arterie stradali. Qualcuno ha inventato un termine evocativo per descrivere questa marmellata urbana: la “città infinita”. Ma la città è un’altra cosa, e il suolo, lo spazio terrestre, non è affatto infinito. I numeri del consumo di suolo ci parlano di un fenomeno cresciuto in modo abnorme e incontrollato, da cogliere in tutta la sua gravità. Ma ci dicono anche che la situazione in Italia offre margini di manovra: non è ancora troppo tardi per agire, per fermare il consumo di suolo, ma non bisogna perder tempo.
consumo di suolo: i numeri e il fenomeno
figura 6 – aree urbanizzate in toscana 3%
4%
2%
3% 4%
27%
21%
22%
14%
Porti e aeroporti, cave e discariche Cantieri Verde urbano Sport tempo libero Reti stradali e ferroviarie, infr. tecniche Aree industriali comm e servizi Case sparse Urbanizzato residenziale discontinuo Urbanizzato residenziale continuo Fonte: Bottai et al., 2010.
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bibliografia 1 Aavv, Review of existing information on the interrelations between soil and climate
change, http://ec.europa.eu/environment/soil/publications_en.htm, report finale, 16 dicembre 2008. 2 Apat, La realizzazione in Italia del progetto europeo Corine Land Cover 2000, Rapporti 36/2005, Roma. 3 Barbieri G.A., Ferrara A., “La crescita delle superfici urbanizzate in Italia”, comuni-
cazione al seminario Crcs Criteri, metodi e procedure per il rilevamento dei consumi di suolo su base comunale, giugno 2010, in pubblicazione. 4 Tempesta T., “Consumo di suolo o consumo di ambiente?”, Rivista di Economia Agraria, n. 4, 2010. 5 Di Simine D., Mercuri E. (a cura di),. Seconde case vs. turismo di qualità. I numeri dell’edilizia d’assalto delle principali località del turismo montano delle Alpi italiane, “Carovana delle Alpi – Dossier 2009”, Legambiente. 6 DiAP Politecnico di Milano – Legambiente – Inu, Osservatorio Nazionale sul Con-
sumo di Suolo, Rapporto 2009, Maggioli Editore, 2009. 7 Regione Lombardia, Ersaf, Uso del suolo in Regione Lombardia. Atlante descrittivo, da-
ti Dusaf, 2010; www.cartografia.regione.lombardia.it. 8 Bottai L., Sassoli U., Agnoletti C., “Indagine conoscitiva e stima probabilistica del
tasso di espansione annua e del valore al 2007 della superficie dei territori modellati in Toscana”, comunicazione al seminario Crcs Criteri, metodi e procedure per il rilevamento dei consumi di suolo su base comunale, giugno 2010, in pubblicazione.
parte seconda gli indicatori dello stato dell’ambiente
i 10 indicatori più significativi
la dimensione socioeconomica
la crescita economica
Per la prima volta, dalla fine della Seconda guerra mondiale, l’insieme dei paesi avanzati entra in recessione. Il prodotto interno lordo, il classico anche se discutibile indicatore dell’attività economica e della ricchezza, conosce omogeneamente un segno meno in tutte le grandi economie (Stati Uniti -2,7%, Europa -4,2% e Italia -5,2%). Trascinata da una dirompente crisi finanziaria, l’economia reale si arresta, i consumi privati diminuiscono, gli investimenti frenano o si riducono. Su scala mondiale è possibile il mantenimento di elevati tassi di crescita (pur se in riduzione) da parte delle economie emergenti, in particolare delle economie asiatiche che, comunque, registrano crescite nettamente inferiori agli anni precedenti (ad esempio la Cina passa da +13% del 2007 a +8,5% del 2009). È forse un grande cambio di ciclo economico. Sicuramente è un grande stop alla straordinaria crescita dell’economia mondiale partita negli anni ’90. In precedenza, tra il 1984 e il 2007, le economie dei paesi avanzati hanno conosciuto un tasso di crescita medio annuo di circa il 3%, con rari momenti di flessione (come dopo l’esplosione della bolla azionaria sui titoli tecnologici e l’11 settembre). Nello stesso periodo sono esplose le economie asiatiche, in primo luogo quella cinese, che è cresciuta a tassi reali superiori a una media del 10% annuo; un valore strepitoso anche considerando i bassi livelli di partenza. Anche altre aree del mondo hanno registrato, sia pure con scansioni temporali diverse, una forte crescita o, come nel caso dei paesi della ex Urss e dell’Europa dell’Est, un forte recupero dopo l’aspro declino degli anni ’90. L’Europa ha visto tassi di crescita inferiori agli Stati Uniti e molto diversificati tra i vari paesi. I paesi scandinavi, la Spagna, l’Irlanda e il Regno Unito hanno conosciuto un forte – e in alcuni casi inatteso – sviluppo. Altri paesi hanno registrato una crescita più lenta. L’Italia in questo contesto mostra un ritmo di sviluppo eccezionalmente lento, con tassi di crescita che dalla metà degli anni ’90 sono sistematicamente dimezzati rispetto alla media dell’area Euro, e paradossalmente ora presenta valori negativi più alti.
tassi di crescita annuali del pil (%) 20,0 15,0 10,0 5,0 0,0 -5,0 -10,0
1984
1989 Cina
1994 Italia
1999 Unione europea
Fonte: International Monetary Fund, World Economic Outlook Database, 2010.
2004
2010 Stati Uniti
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ambiente italia 2011
la dimensione socioeconomica
povertà nel mondo
Poco meno della metà dell’umanità vive in condizioni di povertà. Questa situazione drammatica costituisce, paradossalmente, una buona notizia. Nel 2005, per la prima volta, scende sotto il 50% la quota di popolazione mondiale che dispone di un reddito pro capite giornaliero inferiore a 2 dollari e sotto il 20% la quota di popolazione con meno di 1 dollaro al giorno (sempre calcolati a valore costante e a parità di potere d’acquisto). Negli ultimi 10 anni vi è stata una notevole riduzione delle persone in condizioni di povertà, sia in valore assoluto (250 milioni di individui in meno nella fascia sotto 1 dollaro e 200 milioni nella fascia sotto i 2 dollari) sia in percentuale della popolazione mondiale (dal 23,5 al 16% quella sotto 1 dollaro, dal 58 al 48% quella sotto i 2 dollari). La riduzione della povertà mondiale è dovuta essenzialmente alla Cina, dove nell’ultimo decennio sono usciti dalla miseria oltre 300 milioni di persone. Un andamento analogo si registra anche negli altri paesi dell’Asia orientale che hanno conosciuto una forte crescita economica: nel 2005 si stima che meno del 40% della popolazione dell’area Cina ed Est Asia si trovi in povertà (sotto i 2 dollari) e meno del 10% in povertà estrema (sotto 1 dollaro). Escluse la Cina e l’Asia orientale, invece, i poveri crescono in valore assoluto (anche se non in percentuale) in quasi tutte le altre aree del mondo, con la sola eccezione dell’America Latina che segue il trend dell’Est Asia. Nell’Africa subsahariana e in Medio Oriente crescono in assoluto sia i poveri sia i poverissimi. Nell’ex Urss, dopo l’impetuosa crescita della povertà nella prima metà degli anni ’90 si assiste a un recupero, ma rimane costante il numero di quelli in condizioni di povertà estrema. Nell’Asia meridionale, dove si concentra il maggior numero di poveri (oltre 800 milioni solo in India), si registra una crescita in valore assoluto sia dei poveri sia dei poverissimi, ma a fronte di una consistente riduzione rispetto alla popolazione. La recessione economica in atto, di cui sono attese ripercussioni anche sui paesi in via di sviluppo, potrebbe arrestare – se non addirittura invertire – questa tendenza di riduzione della povertà.
popolazione denutrita (milioni)
1990/92 1995/97 2000/02 2005/07 0
100
200
300
400
500
600
700
800
900
Cina
India
Asia (esclusa Cina e India)
Nord Africa e M.O.
Africa Subsahariana
America Latina
Fonte: Fao, 2010.
LEGAMBIENTE è nata nel 1980, erede dei primi nuclei ecologisti e del movimento antinucleare che si sviluppò in Italia e in tutto il mondo occidentale nella seconda metà degli anni ’70. Tratto distintivo dell’associazione è stato sempre l’ambientalismo scientifico, la scelta, cioè, di fondare ogni iniziativa per la difesa dell’ambiente su una solida base di dati scientifici, che ci hanno permesso di accompagnare le nostre battaglie con l’indicazione di alternative concrete, realistiche, praticabili. Questo, assieme all’attenzione costante per i temi dell’educazione e della formazione dei cittadini, ha garantito il profondo radicamento di Legambiente nella società, fino a farne l’organizzazione ambientalista con la diffusione più capillare sul territorio: oltre 115.000 tra soci e sostenitori, 1.000 gruppi locali, 30.000 classi che partecipano a programmi di educazione ambientale, più di 3.000 giovani che ogni anno partecipano ai nostri campi di volontariato, oltre 60 aree naturali gestite direttamente o in collaborazione con altre realtà locali. Obiettivo di Legambiente è fare della cultura ambientalista, delle sue ragioni e dei suoi princìpi, uno dei criteri fondanti di uno sviluppo e di un benessere di tipo nuovo, e dimostrare che il miglioramento della qualità ambientale, la lotta contro ogni forma d’inquinamento, un uso parsimonioso delle risorse naturali, la costruzione di un rapporto più equilibrato dell’uomo con gli altri esseri viventi sono sì un valore in sé, ma anche una via efficace per rispondere ad altri grandi sfide del nostro tempo: quelle della modernizzazione dell’economia, dell’impegno per battere la disoccupazione, della lotta per la pace e contro ogni forma di terrorismo, dello sforzo perché la globalizzazione sia “non solo merci” ma soprattutto migliore qualità della vita e più diritti per quei miliardi di uomini e donne costretti a vivere nella miseria. Legambiente è un’associazione completamente apartitica, aperta ai cittadini di tutte le convinzioni politiche e religiose; si finanzia grazie ai contributi volontari di soci e sostenitori; è riconosciuta dal Ministero dell’Ambiente come associazione d’interesse ambientale; fa parte del Bureau européen de l’environnement, l’organismo che raccoglie tutte le principali associazioni ambientaliste europee, e della Iucn (The international union for conservation of the nature). Impegnata contro l’effetto serra e l’offensiva nuclearista, l’inquinamento, le ecomafie e l’abusivismo edilizio, Legambiente ha aperto la strada a un forte e combattivo volontariato ambientale. Con le sue campagne di monitoraggio scientifico e informazione Legambiente ha raccolto migliaia di dati sull’inquinamento del mare, delle città, delle acque, del sistema alpino e del patrimonio artistico, sviluppando un’idea innovativa delle aree protette. Sostiene le energie rinnovabili e un’agricoltura libera da ogm e di qualità; è attiva nel mondo della scuola; con Volontariambiente offre a migliaia di ragazzi opportunità di partecipazione. Con La Nuova Ecologia svolge un’opera quotidiana di informazione sui temi della qualità ambientale. Con i progetti di cooperazione, si batte per un mondo dove le persone, le comunità, i popoli siano davvero i protagonisti del futuro.
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