Alla ricerca del Pianeta Verde

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A Lara, Federica e Chiara. A tutte le ragazze e i ragazzi che, come voi, meritano un futuro felice.


Alla ricerca del Pianeta Verde di Danilo Bonato

Illustrazioni di Felix Petruška

Progetto grafico Anna Cervetto Coordinamento editoriale e redazione a cura di Edizioni Ambiente

Con il supporto tecnico di

© Copyright 2010 Edizioni Ambiente © Copyright 2010 Danilo Bonato Edizioni Ambiente Via Natale Battaglia 10, 20127 Milano Tel +3902 45487277


DANILO BONATO



LE TAPPE DEL RACCONTO

IL MISTERIOSO PIANO DEL PROFESSOR GREEN

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Il Professor Theodorus Green, nato 62 anni fa nell’Illinois, era uno scienziato di fama mondiale. Ma da qualche anno si è trasferito dagli Stati Uniti in Italia, dove sta portando avanti un progetto segreto. Per realizzare il suo piano, chiama un supereroe, Capitan Saetta. Ma il Capitano decide di aiutarlo a patto che il Professore gli spieghi per bene cosa sta succedendo su questo pianeta.

COME SU UNA SPIAGGIA A FERRAGOSTO

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Negli ultimi cento anni la Terra è diventata un posto veramente affollato. Il Professor Green è molto preoccupato, perché siamo davvero in tanti e continuiamo a crescere, e per mostrare il problema a Capitan Saetta organizza un viaggio nel centro del Sudan.

UNA PERICOLOSA CACCIA AL TESORO

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L’aria, l’acqua, le piante, gli animali e l’equilibrio della natura sono un patrimonio senza il quale la nostra civiltà non potrebbe esistere. Ma in che stato si trovano queste risorse? Il Professore e il Capitano discutono animatamente viaggiando tra America del Sud e Isola di Pasqua.

MILLE MILIONI DI PANCE VUOTE

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Secondo i calcoli del Professor Green, sono circa un miliardo le persone nel mondo che non hanno acqua e cibo a sufficienza. Perché succede tutto questo? A partire da Haiti, comincia una lunga trasvolata sulla parte povera del mondo.

QUANDO SPARISCE L’ORO BLU

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L’acqua è una risorsa così preziosa da essere chiamata oro blu. Ma i ghiacciai si sciolgono e i campi si inaridiscono. Prosegue il viaggio nella parte povera del mondo e Capitan Saetta dovrà arrivare sopra l’immenso Lago Ciad per scoprire che non è più così immenso.


SE I POLMONI SI SGONFIANO

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Quali sono i polmoni della Terra? Le grandi foreste tropicali. Respirano davvero e producono ossigeno, ma vengono tagliate con grandissima rapidità per fabbricare legname. Il professor Green spiega alcuni concetti scientifici che sono molto meno complicati di quel che sembrano, soprattutto se nel frattempo si fa un viaggio nella foresta amazzonica.

CHE FINE HA FATTO IL DODO?

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Da qualche tempo molte specie viventi, animali e vegetali, sono in serio pericolo e corrono il rischio di estinguersi. Capitan Saetta prima si annoia un po’, ma poi incontra l’affascinante Dottoressa Wilcox e capisce di colpo in cosa consiste il segreto della biodiversità.

QUANTE STORIE PER UN GRADO O DUE

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In un laboratorio himalayano si discute su come sta cambiando il clima del nostro pianeta e quali sono i terribili guai che potrebbero arrivare da un momento all’altro. E intanto si viaggia, dall’Everest a Milano, fino ad arrivare in cima a una montagna per vedere qualcosa che non c’è.

MA DA DOVE ARRIVA TUTTA QUESTA SPAZZATURA?

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Quante cose buttano via gli abitanti della Terra! Tutta roba che, in un modo o nell’altro, rimane intorno a noi. Molti di questi rifiuti si vedono benissimo, ma certe volte diventano quasi invisibili, come l’enorme discarica fantasma in mezzo all’oceano dove si tuffa Capitan Saetta.

I PRIGIONIERI DEL CIRCOLO VIZIOSO RIESCONO A FUGGIRE

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Problemi, problemi e problemi. A guardarli uno per uno si capisce che ogni volta c’è qualcosa di sbagliato, che fa ricominciare tutto da capo e peggiora la situazione. Dov’è l’errore? Perfino il Professor Green comincia ormai a farneticare, ma Capitan Saetta ha un’idea semplice e geniale, e decide di prendere in pugno la situazione.

UN MILIARDO DI DIFFERENZA

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Con l’arrivo di Capitan Sostenibile anche il Professor Green diventa più ottimista e guarda le cose da un altro punto di vista. Se ci si mette d’impegno si può fare quasi tutto, anche rallentare la crescita della popolazione prima che ci sia un miliardo di troppo. Qual è la soluzione? Viaggiando tra India e Yemen si scopre che il nemico da combattere è la povertà.


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Una scoperta: i terreni, trattati con cura, possono produrre molto di più, soprattutto se si fermano i deserti con una meravigliosa Muraglia Verde. Ma la vera sorpresa sta nelle tantissime cose buone che potrebbero succedere in giro per il mondo se noi mangiassimo meno carne e molte più verdure.

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NIENTE DI PIÙ COMODO DEL SOLE

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UNA GRANDE MURAGLIA VERDE

ABBASSIAMO LA FEBBRE DELLA TERRA

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La Terra è un po’ malata e ha la febbre perché continuiamo a succhiarle fuori in mille modi le energie che si sono accumulate al suo interno. Se si usa meno petrolio, meno gas e meno carbone, si riesce a fermare l’aumento della temperatura del pianeta. E molto può essere fatto già oggi.

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Capitan Sostenibile non ci aveva mai pensato, ma tutte le energie che esistono al mondo provengono in un modo o nell’altro sempre dal sole. E allora, invece di scavare nei magazzini della terra, si può prendere al volo l’energia mano a mano che arriva. Un viaggio dalla Cina al Nord Europa ammirando le straordinarie invenzioni per usare la forza del sole e vivere tranquilli per qualche milione di anni.

MOLTO DI PIÙ CON MENO SPRECO

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La tecnologia può fare un mucchio di cose. Apparecchi che con poco sforzo fanno un grande lavoro, o case che riescono a produrre energia invece che consumarla. Discutendo nel laboratorio del Professor Green e visitando un supermercato si vede che con l’efficienza energetica non si deve rinunciare a niente, tranne che a delle vecchie e cattive abitudini.

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PRENDIAMO UN SUPERSECCHIO E UN SUPERSPAZZOLONE

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DAL COLOSSEO ALLA CITTÀ DEL FUTURO

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Non è per niente facile rimettere ordine dopo duecento anni di baldoria. Tutto il pianeta è sporco e arruffato. Ma il Professor Green conosce le formule e le soluzioni per rimettere a nuovo le piante, l’acqua e i territori più disastrati. Come se da domani cominciasse a lavorare una super impresa di pulizie.

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Nelle città tutto è concentrato: le chiese e i grattacieli, le automobili e i parchi gioco. I monumenti di Roma antica sono a due passi da un’enorme discarica. Capitan Sostenibile ha molti dubbi che sarà mai possibile vivere bene in mezzo a tante cose così diverse, ma gli basta un viaggio che dal nord Europa lo porta al mare della Liguria per cambiare idea.


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PER NON FARE COME LA RANA BOLLITA

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Ma perché molti non si accorgono di quello che sta succedendo? Cosa bisogna fare per convincere la gente a cambiare idea? A Parigi un collega del Professor Green racconta i meccanismi della stupidità e come si riesce a combatterli usando gli strumenti adatti, e perfino facendo la spesa.

TUTTI AI POSTI DI COMBATTIMENTO

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Prima di salutarsi i due amici ripassano le istruzioni perché ognuno faccia la sua parte: il Professor Green che ritorna a fare lo studioso, Capitan Sostenibile che ritorna a fare il supereroe e tutti gli altri che si rimboccano le maniche per questo unico e straordinario Pianeta Verde

I TEMI DEL PIANETA VERDE

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PRIMA DI COMINCIARE I personaggi di questo libro sono creati dalla fantasia dell’autore. Anche il Centro Ricerche di Lago Azzurro è un’invenzione. Ma tutte le altre località e le situazioni descritte sono vere. E soprattutto sono veri tutti i dati citati nel testo, tutti problemi discussi e tutte le soluzioni proposte. Se volete approfondire i temi del Pianeta Verde andate a pagina 231.


Questo libro è frutto dell’intensa e stimolante collaborazione con due persone speciali. Ringrazio Roberto Coizet per avermi indicato la via che porta a raccontare in modo semplice cose complesse e Mattia Ascari (Felix PetruĹĄka) per aver dato vita ai miei personaggi.


IL MISTERIOSO PIANO DEL PROFESSOR GREEN Il Professor Theodorus Green, nato 62 anni fa nell’Illinois, era uno scienziato di fama mondiale. Ma da qualche anno si è trasferito dagli Stati Uniti in Italia, dove sta portando avanti un progetto segreto. Per realizzare il suo piano, chiama un supereroe, Capitan Saetta. Ma il Capitano decide di aiutarlo a patto che il Professore gli spieghi per bene cosa sta succedendo su questo pianeta. PRIMO GIORNO, ORE 9.55

LAGO AZZURRO – ITALIA CENTRO RICERCHE SUL CLIMA E L’AMBIENTE (CRCA) Il Centro Ricerche sul Clima e l’Ambiente si trova in una rigogliosa zona collinare, accanto a un piccolo lago prealpino. Proprio qui si svolgono le ricerche supersegrete del Professor Theodorus Green, trasferitosi dall’Università dell’Illinois circa otto anni fa. Pare infatti che da qualche tempo il professore stia lavorando a un misterioso progetto e proprio questa mattina è in attesa di un ospite importante...

Signorina Mirella Gervasoni (assistente del Professor Green): Professore, è arrivata la persona che stava aspettando per il suo appuntamento delle dieci, ma è vestita in modo molto strano! Non so se... Professor Green: Va tutto bene Mirella... per favore, faccia accomodare Capitan Saetta qui nel mio studio. Capitan Saetta: Buongiorno Professore, sono in anticipo? – Niente affatto, Capitan Saetta. Grazie per aver accettato il mio invito.


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– Nessun problema. La settimana scorsa ho montato sull’astronave i nuovi propulsori al plutonio, così ci ho messo quattordici minuti esatti per arrivare qui da New York! – Diamine! Voi supereroi non finirete mai di stupirmi. Possiamo darci del tu, vero? Ho letto sui giornali che negli Stati Uniti sei diventato una leggenda, anche se in realtà si sa davvero poco su di te... – ... Però io... – ... Tranne il fatto che sei piombato qui da un pianeta di una galassia lontana e che hai dei superpoteri straordinari. Soprattutto, sai navigare nello spazio extraterrestre... – D’accordo... però, scusi Professore, io a lei del tu non glielo posso


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mica dare, sa? Come forza fisica, sì, visto che potrei sollevarla con un dito! Ma lei è il mitico Professor Green e il suo cervello vale cento volte il mio! A New York la considerano il più bravo di tutti e sono ancora lì a domandarsi come mai se ne è andato via così improvvisamente... – Va bene, va bene, andiamo avanti. – Si parlava dei miei superpoteri e del perché la gente dice che sono molto riservato. Sa com’è, con tutti i nemici in circolazione è importante assicurarsi un po’ di privacy. Per non parlare poi dei fans! Sono dappertutto e non c’è mai un attimo di pace. – Capisco. Comunque non ti ho chiesto di venire qui per perdere tempo in chiacchiere inutili. – Certo, veniamo al dunque. Come posso esserle utile? Sono tutt’orecchie! – Allora, devi sapere che nel mio lavoro di scienziato da molti anni cerco di capire come salvare la Terra dai pericoli che sta correndo. – Pericoli... tipo? – Questioni come il riscaldamento globale, la siccità, la deforestazione... – Mmm... sì, devo aver letto qualcosina sul New York Post. Sa, non ho molto tempo per studiare perché sono sempre occupato a catturare criminali, spegnere incendi o prendere al volo treni che cascano dai ponti... – Già. Comunque ti stavo dicendo che in tutti questi anni di lavoro sono arrivato alla conclusione che non c’è più nulla da fare.


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È troppo tardi, capisci? Mi sono stufato di cercare soluzioni per un pianeta che è al capolinea e allora... – Allora? – Allora qui a Lago Azzurro ho lanciato il grande Progetto “Pianeta Verde”! – Mi scusi Professor Green ma io di questioni scientifiche non ci capisco un’acca. Di cosa si tratta esattamente? – È molto semplice. Il Progetto Pianeta Verde ci permetterà di ricominciare da capo, su un nuovo pianeta lontano da qui. Avremo un’altra opportunità. Porteremo con noi tutte le tecnologie e le conoscenze necessarie ad assicurarci che, questa volta, non vengano commessi gli errori del passato. Mi segui? – Così così... e io cosa dovrei fare in questo progetto? – Ma tu hai un ruolo fondamentale! Sei quello che mi deve trovare... il nuovo pianeta dove trasferirci! – Io? Ma Professore... – Vedi, Capitan Saetta, nonostante i nostri supertelescopi non siamo ancora riusciti a localizzare un pianeta che faccia al caso nostro. Tu però conosci lo spazio e puoi viaggiare nelle galassie... Sicuramente potresti portare a termine un piccolo incarico per me, diciamo due o tre mesi al massimo e... sono certo che alla fine dell’esplorazione sarai in grado di fornirci le coordinate stellari giuste! – Mi spiace deluderla Professore ma, sinceramente, non credo di poterla aiutare. – Ascolta Capitano, se si tratta di una questione economica sappi che possiamo pagare bene il tuo aiuto. – Non è per i soldi Professore. È che non me la sento di andare in giro per lo spazio alla ricerca di un qualche strano pianeta sapendo che i peggiori criminali di New York non vanno mai in vacanza. E poi, scusi, ma voi umani non dovreste cercare qui sulla Terra le risposte ai vostri problemi? – Se dici questo sei un illuso! Anch’io una volta credevo fosse così ma ascoltami bene: non c’è più nulla che si possa fare, è troppo tardi. E comunque a cosa servirebbe? Pochissimi hanno capito quanto sia grave la situazione e ancora di meno hanno voglia di darsi da fare per cambiare le cose!


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– Non so... non sono convinto che il suo progetto sia così sensato. – Allora non mi aiuterai? Lascia almeno che ti spieghi i dettagli prima di decidere. Siamo già in fase avanzata. Tra un paio d’anni potremo lanciare nello spazio le prime tre astronavi! – Non credo che conoscere i dettagli cambierebbe le cose. È proprio la sua idea di abbandonare tutto che mi lascia perplesso. Uno scienziato come lei dovrebbe rimanere qui a difendere il proprio pianeta. – Tu pensi che io sia un vecchio fifone che se la sta facendo sotto, vero? Ma non è così! Io voglio solo salvare un po’ di terrestri dalla catastrofe imminente che si abbatterà su di noi. Tu non hai idea della gravità dei problemi che si scateneranno sulle nostre teste, tu non... – Calma, non si scaldi così! Facciamo un patto: prima lei mi racconta


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cos’è che la preoccupa così tanto e, se dopo aver studiato per bene la situazione, mi convincerò, come dice lei, che davvero non ci sono altre vie d’uscita, allora... le darò una mano a cercare il suo nuovo pianeta. Che ne dice? – Capitan Saetta, io non ho tempo da perdere con delle lezioncine accademiche. Qui c’è da darsi da fare, e subito! – E allora dovrà trovarsi da solo il suo nuovo pianeta. Se lei non mi spiega io non l’aiuto! – ... Mmm... non mi lasci alternative. E io ho assolutamente bisogno di te per completare il mio progetto. Ok, accetto. In fondo non sarà difficile convincerti che il punto di non ritorno per noi umani è già stato superato da tempo. – Splendido! Anche se le sue mi sembrano esagerazioni, queste strane minacce che la preoccupano mi incuriosiscono moltissimo. In fondo il mio lavoro di supereroe consiste nel salvare voi terrestri da qualsiasi pericolo. Facciamo così: stacco per qualche giorno dalla caccia al crimine organizzato e domani mattina presto sono qui da lei per cominciare!


COME SU UNA SPIAGGIA A FERRAGOSTO Negli ultimi cento anni la Terra è diventata un posto veramente affollato. Il Professor Green è molto preoccupato, perché siamo davvero in tanti e continuiamo a crescere, e per mostrare il problema a Capitan Saetta organizza un viaggio nel centro del Sudan. SECONDO GIORNO, ORE 8.20

LAGO AZZURRO – ITALIA CRCA Come promesso, Capitan Saetta si è presentato puntuale di prima mattina a Lago Azzurro. Il Professor Green e il supereroe hanno appena finito di fare colazione nella fornitissima mensa aziendale del Centro Ricerche...

Capitan Saetta: Deliziose le uova con la pancetta che ci hanno servito al ristorante del Centro Ricerche! Professor Green: A giudicare dalla foga con cui le hai ingurgitate mi è venuto il sospetto che ti siano piaciute. Bene, caro il mio supereroe, visto che hai finito di fare colazione andiamo subito al Dipartimento Ricerche Demografiche, dove voglio parlarti del primo motivo per cui dobbiamo fare in fretta le valigie. Dì un po’: ti sei accorto che la Terra di recente è diventata un posto molto affollato? – Tipo un’autostrada all’ora di punta o una spiaggia a ferragosto? – Una cosa del genere. Sai come è fatta la Terra, vero? Guarda il mappamondo qui davanti a noi: la terraferma con i cinque continenti, gli oceani, il Polo Nord e il Polo Sud. Ora, immagina che la Terra sia la tua casa... – La conosco bene la Terra io! Ci ho volato intorno in lungo e in largo. Allora... l’Europa potrebbe essere la mia camera da letto e l’Asia un enorme soggiorno. L’Africa è certamente la cucina, l’America del Sud la stanza degli ospiti, mentre quella del Nord la vedo bene come taverna dove si passa la sera con gli amici, e l’Oceania... il giardino.


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– Mmmm... hai una fantasia un po’ contorta ma ok, immagina di entrare in questa gigantesca casa e prova a contare quante persone ci abitano: mille, duemila, un milione, un miliardo... sei virgola otto miliardi! Ecco, hai contato bene, la casa Terra ospita quasi sette miliardi di persone. Se tutti gli abitanti del pianeta si prendessero per mano potrebbero fare una fila lunghissima che va avanti e indietro 30 volte da qui alla Luna.

– Settemiliardiii!?! Per tutti gli asteroidi di Plutone, quanti siete Professore! – Già, siamo proprio tanti. Sto giusto preparando un articolo sulla popolazione mondiale... credo ci potrebbe servire. Ecco, dovrei avere proprio qui un appunto:


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APPUNTO PER L’ARTICOLO “LA CRESCITA DELLA POPOLAZIONE MONDIALE” DI THEODORUS GREEN Cento anni fa, ai tempi dei nostri bisnonni, vivevano sulla Terra 1,6 miliardi di persone. In un solo secolo il nostro pianeta ha accolto 5,2 miliardi di abitanti in più. Se andassimo avanti così, diventeremmo più di 25 miliardi entro cento anni e arriveremmo a superare i 120 miliardi di abitanti tra due secoli. Ma per fortuna abbiamo già imboccato una via diversa: continuiamo a crescere ma in modo un po’ meno frenetico. Gli scienziati che studiano la popolazione mondiale stimano che tra 40 anni la Terra sarà comunque abitata da più di 9 miliardi di persone.

– Professore, non è incredibile il fatto che in soli cento anni siete aumentati di cinque miliardi? – Vedi superfusto, non c’è nulla di strano nel fatto che gli abitanti della Terra crescano in continuazione. È la cosa più naturale! I nostri avi avevano imparato a mettere al mondo quanti più figli potevano per garantire il futuro della loro stirpe e avere un po’ di braccia in più da far lavorare nei campi o nelle botteghe artigiane. – Sì, ma è successo tutto in un solo secolo! – È vero, e per di più quasi senza rendercene conto. Eppure è solo questione di matematica: sai fare supercalcoli? – Mmmm... non tanto, Professore, sono sempre riuscito meglio in atletica. – Allora, se cento coppie fanno due figli ciascuna, e i loro figli fanno due figli ciascuno, cosa succede dopo tre generazioni? – Non ne ho la minima idea. – Nulla, non succede nulla perché dopo tre generazioni quella popolazione è sempre composta da cento coppie con due figli ciascuna, cioè 400 persone. E se invece cento coppie fanno sei figli ciascuna, oppure otto? Cosa succede dopo tre generazioni? – Diventano... un migliaio di persone? – Macché! Rispettivamente diventano 900 coppie con 5.400 bambini, cioè 7.200 persone, oppure 1.600 coppie con 12.800 bambini, cioè una popolazione di 16.000 persone! Capisci adesso? E questa esplosione de-


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mografica non riguarda solo i paesi poveri. Voglio farti un esempio che riguarda l’Italia, la nazione dove vivo da ormai otto anni. – A proposito, perché ha lasciato il suo paese Professore? – Non cambiare argomento e poi... sono fatti miei! Stavo dicendo... cento anni fa l’Italia era abitata da trentatré milioni di persone, molte delle quali vivevano in condizioni di povertà estrema. A quei tempi più della metà della ricchezza proveniva dall’agricoltura. Ora: in soli cento anni gli italiani sono quasi raddoppiati mentre in questo arco di tempo il settore agricolo è diventato una parte molto piccola delle attività che si svolgono nel Paese. – Però mi sembra che in Italia la crescita della popolazione è andata di pari passo con il miglioramento delle condizioni di vita. – Su questo hai ragione. Rispetto ai loro bisnonni infatti, gli italiani oggi vivono più sani e più a lungo, ma cosa mi dici della gente che continua a lamentarsi per il traffico, lo smog, l’affollamento della città e i pericoli che si corrono... – Certo, il progresso sembra essere una cosa complicata. Dovreste cercare di capire dove sono i vantaggi e dove gli svantaggi di quello che continua a cambiare intorno a voi. – Intendiamoci, non nego che le condizioni di vita che il ventunesimo secolo offre ai paesi più ricchi dell’Occidente siano migliori di quelle di cento anni fa, su questo non si discute. Qui stiamo tutti un po’ meglio, anche se in cambio abbiamo una vita più stressante. E ovviamente il risultato è che mettiamo al mondo meno figli e la popolazione smette di crescere. – Come, smette di crescere? Ma non mi ha appena detto che il problema è che aumentate troppo? Non riesco proprio a seguirla... – Uff... ma come sei duro di comprendonio! È solo che non cresciamo dappertutto allo stesso modo. Dai, continuiamo a leggere altre due righe del mio appunto sulla popolazione, così ti sarà più chiaro: ... In pratica si prevede che nei prossimi 40 anni ci possa essere un incremento di 2 miliardi di persone, cioè tante quanti erano gli abitanti del pianeta nel 1950. Questo incremento della popolazione riguarderà principalmente le aree eco(segue)


2-COME SU UNA SPIAGGIA A FERRAGOSTO 23 nomicamente meno sviluppate, dove si stima che gli abitanti passeranno da 5,6 miliardi a 7,9 miliardi nel 2050. Al contrario, ci si aspetta che la popolazione delle aree più sviluppate rimanga per lo più invariata a 1,2 miliardi, ma potrebbe diminuire, se non fosse per i flussi migratori dai paesi poveri a quelli più ricchi, che si valuta raggiungeranno i 2,3 milioni di persone l’anno...

– Questo vuol dire che tra quarant’anni aumenterete di due miliardi ma che questi nuovi abitanti si troveranno tutti nei paesi della parte più povera del mondo, forse in Africa, in Asia... – ... E in America Latina. Sì, in effetti è nei paesi sottosviluppati che la situazione demografica sta esplodendo. – Qual è il posto messo peggio? – Mmm... la tua astronave è pronta a partire? – Prontissima! – Allora a bordo, te lo voglio far vedere con i tuoi occhi! Segnati le coordinate: 15 36 Nord e 032 32 Est. SECONDO GIORNO, 15.40

KHARTOUM – SUDAN – PERIFERIA NORD Il Professor Green ha portato Capitan Saetta in uno dei luoghi più poveri della Terra per fargli vedere dal vivo cosa significa sovrappopolazione. Khartoum è la capitale del Sudan, la cui regione settentrionale era conosciuta nell’antichità come regno della Nubia. Il Sudan è il più esteso tra i paesi africani e come spesso accade in questo splendido continente le condizioni politiche e sociali sono molto difficili. Martoriato da guerre e carestie, il Sudan è un mosaico di realtà molto diverse, dove tradizioni e culture differenti faticano ad armonizzarsi e danno origine a sanguinose guerre civili.

Professor Green: Ho deciso di portarti nel posto che la comunità internazionale ha definito “la più grave situazione umanitaria esistente”. Giusto perché tu lo sappia, qui in Sudan, molto più a ovest rispetto a dove ci troviamo noi, c’è il Darfur, teatro di orrendi genocidi. Lì da tempi antichissimi le popolazioni nomadi arabe e quelle stanziali africane combattono tra loro per contendersi le poche risorse vitali, come l’acqua e la terra.


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Capitan Saetta: Ma questo è una specie di inferno! Polvere, sporcizia, baracche stipate di povera gente, bambini che vagano senza meta, come spettri... – Sì, è la definizione più adatta a questa enorme città della disperazione. Qui molte persone non hanno né cibo, né scuole, né ospedali. Più le fa-


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miglie sono povere più nascono bambini. Quasi la metà della popolazione del Sudan ha meno di quattordici anni! A Khartoum, come in tante altre città africane, nascono ogni anno milioni di bambini destinati a crescere denutriti e infelici, ammassati in baracche nelle periferie come questa. La cosa ancora più drammatica è che tra soli quarant’anni la popolazione potrebbe raddoppiare. Se aumentano le nascite, le morti in tenera età non accennano però a diminuire. In Africa ogni ventiquattro ore muoiono millecinquecento bambini sotto i cinque anni e le cause principali sono la polmonite, la malaria, l’AIDS e il morbillo. – Professor Green, cosa fa quella gente che cammina sulle collinette là in fondo dietro alle baracche? – Quelle collinette in realtà sono soltanto montagne di spazzatura e i disperati che ci camminano sopra cercano qualcosa da mangiare. – Per la barba di belzebù! Scusi Professore ma proprio non capisco. Perché se sono così poveri, intendo in Sudan o insomma... in posti simili, fanno sempre più figli? Non vedono che i loro bambini rischiano di fare una brutta fine? – Perché è una cosa istintiva, la scelta più ovvia! – La scelta più ovvia? – Certo! Noi esseri umani agiamo per istinto. In genere facciamo la cosa che, nella particolare situazione in cui ci troviamo, ci sembra la più naturale. È il caso delle famiglie africane. Per loro fare tanti figli è una cosa normale, ovvia, inevitabile. Sembra assurdo ma è così che funziona. – Ma come possiamo aiutare queste famiglie?


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– Come? Dovrebbero riuscire a passare dalla cosa più ovvia alla cosa più giusta. Bisognerebbe aiutare questa gente ad abbandonare le vecchie abitudini e adottarne di nuove, in grado di cambiare il corso del loro destino ma... sono anni che continuo a ripeterlo e poco o nulla è cambiato! – Ovvia... giusta... vecchie abitudini... Professor Green io ce la metto tutta ma lei cerchi di essere un po’ più chiaro! Intanto per dare una mano agli abitanti di questa Khartoum potrei procurare qualche tonnellata di hamburger, conosco una grossa catena di fast food che fa proprio al caso nostro. Mi servono solo ventiquattro ore... vado e torno! – Lascia stare... le persone sulla Terra che soffrono di fame e di malattie sono più di un miliardo e non è certo con qualche polpetta che risolverai i loro problemi. Ciò che ti deve veramente preoccupare è che nel 2050 ci saranno due miliardi di persone in più, molte delle quali vivranno in condizioni simili a quelle di questi disperati! – Ma Professore... la Terra è un pianeta molto grande e c’è spazio per tutti. È proprio sicuro che anche se arrivassero un paio di miliardi di nuovi abitanti andremo incontro a un disastro? Forse sarebbe il caso di trovare per tempo un modo per sfamarli e... – Forse sarebbe il caso che tu la finissi di dire idiozie! Non credevo di dover fare tutta questa fatica con te. Comunque, per chiarirti meglio le idee.. torniamo al Centro Ricerche. Approfondiremo l’argomento nel mio studio. Ho qualcosa che voglio mostrarti. SECONDO GIORNO, 19.55

LAGO AZZURRO – ITALIA – CRCA I nostri amici sono rientrati al Centro Ricerche e si sono accomodati nello studio del Professor Green per riprendere le loro riflessioni sul problema della crescita della popolazione.

Professor Green: Eccoci di ritorno. Questo è il terzo viaggio che faccio a Khartoum in dieci anni e la situazione continua a peggiorare. Ma veniamo a noi. Stavamo discutendo dell’effetto che farebbero altri due miliardi di individui su questo pianeta. Voglio leggerti un pezzo del mio recente saggio dedicato a come consumiamo la natura, la parte dove parlo di attività antropiche. Libreria centrale, terzo scaffale... Ecco qui. Ascolta!


2-COME SU UNA SPIAGGIA A FERRAGOSTO 27 DOCUMENTO 2

DAL LIBRO “STIAMO CONSUMANDO LA NATURA” DI THEODORUS GREEN ... Diamo ora una definizione di “attività antropiche”. La seconda parola deriva dal greco ànthropos che significa “uomo”, quindi la formula si riferisce a tutte le “attività fatte dall’uomo” e ai loro effetti sull’ambiente naturale. Le attività antropiche sono anche dette “attività di trasformazione”, perché gli esseri umani per creare un oggetto, un prodotto o un servizio “trasformano” le materie e le risorse che hanno a disposizione. Per esempio, gli alberi vengono trasformati in legname e poi in mobili nelle nostre case, in pavimentazioni o in carta da giornale. La sabbia può essere trasformata in vetro o in materiale da costruzione. Il ferro, l’oro, il rame vengono estratti dalle miniere, purificati e impiegati in mille usi diversi. La terra disponibile viene sfruttata per le produzioni agricole. Una grandissima quantità di animali viene allevata e macellata per uso alimentare. Gran parte dell’acqua viene impiegata per irrigare i campi e per gli usi industriali. Inoltre le attività antropiche generano strade, città, dighe e porti e cambiano completamente le caratteristiche del territorio, che diventa sempre più “artificiale”. Insomma, le attività antropiche trasformano tutte le risorse naturali in “qualcos’altro”, e spesso questo qualcos’altro diventa “rifiuto”, cioè materia che non riesce più a svolgere la sua funzione originale e viene buttata via. La questione è grave perché dobbiamo tener conto di un dato, semplice e definitivo, che è questo: il nostro pianeta è un “sistema chiuso”. A parte l’energia solare – di cui parleremo in un altro saggio – tutte le nostre risorse, le nostre ricchezze e i nostri progetti sono racchiusi in uno spazio molto limitato. Quello che c’è a disposizione – anche se ci sembra molto grande – sta tutto in un grumo di materia del diametro di circa 12.000 chilometri, circondato da un velo di aria e di acqua che chiamiamo “biosfera” perché è l’unico posto dove può esistere la vita. Tutto qui. Con l’aumento degli abitanti della Terra, diventa necessario trovare un sistema per misurare “quanto” vengono utilizzate le risorse naturali da parte della specie umana. È quello che hanno fatto due scienziati, William Rees e Mathis Wackernagel, inventando l’impronta ecologica. L’impronta permette di calcolare la “quantità di natura” (suolo, acqua, ecc.) che occorre a una determinata collettività (una nazione o una città) per far fronte ai propri consumi e smaltire i rifiuti che produce. Questa quantità viene indicata in ettari procapite, cioè quanti (segue)


28 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE ettari di territorio coltivabile consuma ciascuno di noi per mantenere il proprio stile di vita. La misura giusta, sulla base della popolazione attuale e delle terre disponibili sul pianeta, sarebbe 2,1 ettari a testa. Ci sono paesi poverissimi che stanno al di sotto di questa soglia (per esempio il Sudan è a 1,4) ma tutti i paesi sviluppati stanno ben al di sopra: l’Italia è a 4,8, il Regno Unito a 5,3, gli Stati Uniti a 9,4. Vuol dire che stanno consumando più risorse di quante ce ne sono a disposizione e quindi stanno distruggendo le scorte per le generazioni future. Più aumenta la popolazione e più ingrandiamo la nostra impronta ecologica, e c’è il rischio che tra pochi anni la Terra non sia più il posto ospitale che conosciamo. Il pianeta è in pericolo!


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– Allora, tutto chiaro fin qui? – Zzzzz... Come? Ah sì! Pianeta in pericolo? Cosa!? Invasori alieni? Pioggia di meteoriti? Mostri dalle profondità marine? Professor Green non abbia timore, chiunque minacci la Terra dovrà fare i conti con me! – Che diamine! Ma di che caspita stai blaterando! Allora non mi stai a sentire. Io sono uno scienziato, non uno scrittore di libri di fantascienza da quattro soldi! – Scusi Professore, deve essere colpa del viaggio in Sudan, faceva così caldo a Khartoum. Mi sono leggermente assopito mentre leggeva il suo trattato sulle attività antro... sì quelle lì insomma. – Ascoltami bene, ammasso di muscoli senza cervello. Il motivo per cui ho scritto che la Terra è a rischio non sono gli invasori alieni o simili baggianate. In realtà abbiamo un problema molto serio legato alla crescita della popolazione. Si tratta del consumo insostenibile delle risorse naturali del pianeta. – Ok, si calmi... le risorse naturali. Sarebbe a dire? – Le risorse naturali sono tutte le cose che l’uomo non fabbrica ma che trova in giro per il pianeta. Sono il paesaggio, le foreste, il petrolio che zampilla facendo dei buchi nel terreno, i minerali che i minatori scavano nelle miniere. Se sul pianeta aumentiamo sempre di più e senza controllo, finiremo per consumare, consumare e ancora consumare tutto quello che la Terra ci offre. Ma avremo tempo di parlarne più tardi. – E le conseguenze possono essere davvero molto gravi? – Mai sentito parlare di estinzione? – Via, Professore, adesso non esageriamo! – Esagerare? Forse non ti hanno detto che tutte le specie nascono, crescono e muoiono. L’estinzione non è un fenomeno eccezionale. Chiedilo ai paleontologi, quelli che studiano le specie scomparse. – Per esempio? – I dinosauri! – Quei grossi bestioni che vivevano nella preistoria? – Proprio loro. Sessantacinque milioni di anni fa la scomparsa dei dinosauri potrebbe essere avvenuta a causa di cambiamenti che ne hanno reso impossibile la sopravvivenza. Noi scienziati diciamo che si è ristret-


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ta la loro “nicchia ecologica”, cioè l’ambiente e le risorse che avevano a disposizione. Certo, gli esseri umani hanno molte più conoscenze scientifiche e sono forse più abili nell’adattarsi ai cambiamenti. Potrebbero gestire meglio la loro nicchia ecologica ma sarebbe bene non sfidare troppo la sorte. Per questo dovrebbe preoccuparci molto il fatto che gli abitanti del pianeta continuino ad aumentare senza freni. Quando saremo nove miliardi io conto di non essere più qui ma chi si troverà da queste parti... ne vedrà delle belle!


UNA PERICOLOSA CACCIA AL TESORO L’aria, l’acqua, le piante, gli animali e l’equilibrio della natura sono un patrimonio senza il quale la nostra civiltà non potrebbe esistere. Ma in che stato si trovano queste risorse? Il Professore e il Capitano discutono animatamente viaggiando tra America del Sud e Isola di Pasqua. TERZO GIORNO, ORE 9.00

LAGO AZZURRO – ITALIA CRCA

capitan saetta ha accompagnato il professor green in una visita al laboratorio di geologia del centro ricerche, uno dei più attrezzati d’europa.

Capitan Saetta: Quanti macchinari strani in questa zona del laboratorio... Professor Green: Quelli che hai definito “macchinari strani” sono sofisticate e costosissime apparecchiature che i nostri ricercatori utilizzano per studiare lo stato di salute delle risorse della Terra. – E a cosa servono esattamente queste ricerche? – Vieni, accomodiamoci in queste ecopoltroncine fabbricate con gli scarti delle bottiglie in plastica, mi fanno male le gambe per la camminata di ieri. Allora, le ricerche che facciamo in questo posto riguardano il secondo motivo per cui ho deciso di lanciare il Progetto Pianeta Verde. – E sarebbe? – Le risorse sono in pericolo. – In pericolo? Cose tipo i prati, le montagne, gli alberi


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e gli uccellini sui rami... sono queste le risorse di cui parla? E sarebbero in pericolo? – Ascoltami bene: ieri ti ho detto che le risorse naturali sono delle cose che non vengono fabbricate dall’uomo, ma sono lì a disposizione, in giro per il mondo. Il venticello fresco su una spiaggia al tramonto non lo abbiamo certo fabbricato noi: e tu puoi andarlo a prendere tranquillamente quando ti pare. – Come le cose che prendete al supermercato, già pronte? – Supermercato? – Certo! Se sono cose che non fabbricate voi, è un po’ come andarsele a prendere già fatte. – Mmmh... sai che la tua metafora non mi dispiace? – Meteora? – Ma no! Non meteora... metafora! Lascia stare, non importa. Comunque torniamo al tuo... esempio. In effetti non hai tutti i torti. Quando una persona va a fare la spesa al supermercato prende tante cose che servono ogni giorno per sé e per la propria famiglia. La frutta, il bagnoschiuma, un pollo arrosto o magari una bella confezione di gelato alla fragola. E queste cose non sono altro che delle risorse che servono per vivere bene. – E le risorse naturali allora? – Ora, pensa ai sette miliardi di abitanti del nostro pianeta e prova a fare una lista della spesa con tutte le risorse da procurare: energia, cibo, acqua... non è poi così diversa da quella di uno che va al supermercato, vero? La differenza è che queste risorse non si comprano in un negozio ma si trovano intorno a noi, sotto i nostri piedi o nell’aria, insomma... nel pianeta Terra! E per la maggior parte sono gratuite! – Professor Green, mi fa qualche altro esempio di risorsa naturale? Solo per essere sicuro di aver afferrato. – Come no, ragazzo mio! Ci sono alcune risorse naturali così semplici e diffuse che quasi non le vedi, come l’acqua delle fonti naturali, dei mari o nelle nubi, oppure l’aria che respiriamo ogni momento, che deve essere sana e pulita. – Ah... certo. Le risorse naturali come queste sono proprio importanti.


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Per la verità all’aria non ci penso quasi mai, tranne quando mi accorgo che è inquinata e fa venire la tosse perfino a me. – Appunto. E poi ce ne sono altre un po’ più complicate da capire ma che al giorno d’oggi hanno un ruolo fondamentale per la nostra società. – E cioè? – Beh... una risorsa naturale molto utilizzata dall’uomo è... il petrolio, detto anche “oro nero”. – Sì, sì, lo conosco. Ma il petrolio è una risorsa naturale così importante? – Ci puoi scommettere. Fa parte dei combustibili fossili e... aspetta! Voglio farti leggere questi appunti che ho preparato per la mia lezione di geologia: DOCUMENTO 3

DAGLI APPUNTI DELLA LEZIONE DI GEOLOGIA DEL PROFESSOR GREEN, 15 LUGLIO 2010 Alcune fonti di energia, come il petrolio, il carbone o il gas metano, vengono chiamate “fossili” perché la loro formazione ha richiesto tempi enormemente lunghi, come quelli necessari a rendere fossile una conchiglia imprigionata dentro la roccia. Questi materiali si sono formati nel corso di oltre 100 milioni di anni attraverso il deposito e la decomposizione di una grande massa di materie organiche di origine vegetale e animale, come alghe, piante e i più svariati microrganismi. Col passare del tempo la materia organica sepolta nel terreno, anche a grandi profondità ha perso la sua forma originaria. In alcuni casi si è solidificata, diventando carbone, in altri si è trasformata in un gas, il metano, in altri ancora è diventata un liquido che è rimasto intrappolato in minuscole celle nelle rocce porose del sottosuolo e che oggi chiamiamo petrolio. Queste tre sostanze hanno una caratteristica in comune: bruciano molto bene e in questo modo producono notevoli quantità di energia che può essere usata in infiniti modi diversi, per esempio per produrre elettricità. Metano, carbone e petrolio sono definite fonti di energia “non rinnovabili” perché non possono rinascere dalle piante e dagli animali che abbiamo intorno a noi, se non aspettando altri 100 milioni di anni. Tra le energie fossili, quella che è stata più usata nei paesi industrializzati è il (segue)


34 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE petrolio, che viene lavorato e trasformato per far funzionare i motori più diversi, da quelli delle centrali elettriche fino alle nostre automobili. Cento anni fa l’uomo portava via alla Terra mezzo milione di barili di petrolio ogni giorno. Oggi ne estrae 85 milioni, 170 volte tanto. Il petrolio, come tutte le altre energie fossili, è presente in quantità limitata e prima o poi finirà. Probabilmente l’uomo ha già consumato la metà di quello che si trova nelle viscere del pianeta e siamo vicini al momento nel quale l’estrazione comincerà a diventare così difficile e costosa da essere sempre meno conveniente. Già nel 1956 il geofisico americano Marion Hubbert aveva elaborato una teoria secondo la quale la produzione di petrolio salirà fino a un picco massimo – detto “picco di Hubbert” – per poi calare sempre di più fino ad arrestarsi del tutto. Gli scienziati pensano che il Picco di Hubbert si stia avvicinando e continuando di questo passo tra non molti anni il petrolio potrebbe davvero scarseggiare. La nostra civiltà però non sembra preoccuparsene più di tanto. Stiamo vivendo come se nulla fosse, come se il petrolio dovesse durare in eterno.

1950

2010

2070


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– Caspita Professor Green, cosa farete se finisce il petrolio? Che ne dice se, così... per non stare con le mani in mano, inizio a dare un’occhiatina qua e là dalle parti di Mercurio? Magari su qualche asteroide un po’ di petrolio si riesce ancora a trovare... – Per carità! Ci manca solo questo per peggiorare le cose... non ci serve più petrolio o più carbone, mettitelo bene in testa! – Ma senza petrolio, niente energia e senza energia... – Guarda supereroe che per avere gran parte dell’energia che ci serve potremmo usare l’acqua, il vento, il calore della terra e il sole. – In effetti girando per le vostre spiagge mi sono accorto che voi umani adorate i raggi del sole. – Ma che c’entra! – E poi, scusi, perché dovreste rinunciare al petrolio? Almeno prendetevi quello che vi rimane o cercatene alla svelta dell’altro, no? – Ecco, lo sapevo che lo avresti detto! Ma non lo sai che bruciando petrolio e altri combustibili fossili... oh insomma! Non se ne parla proprio. Bruciare ancora più petrolio non è affatto la soluzione, e non fa che peggiorare il problema. Di questa faccenda parleremo un’altra volta con calma, quando i tuoi neuroni saranno tornati dalla vacanza che si sono presi nell’iperspazio, sempre che tu ne abbia mai avuti dentro il tuo cervello di rapa. – Professor Green, ma perché mi tratta così? Le ricordo che è stato lei a chiamarmi qui!


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– Va bene, va bene... Scusa se mi sono alterato ma continuo a incontrare gente che non capisce un’acca di questa storia delle energie fossili. Credimi, la questione da risolvere non è trovare più petrolio da bruciare ma sostituirlo con altre forme di energia meno dannose per l’ambiente e il clima. – Però, Professore, ora ci stiamo intestardendo su questo petrolio ma non sarà mica l’unica risorsa naturale importante, vero? – Certo che no! Le risorse naturali sono moltissime, ma le stiamo consumando tutte con grande voracità, come se fossimo topi buttati in mezzo al formaggio, che arraffano a più non posso senza pensare a quello che succede dopo. Forza, adesso metti in moto l’astronave. Voglio portarti con me a fare un piccolo controllo in un posto che non frequento da parecchio tempo... TERZO GIORNO, ORE 15.30

CALAMA – CILE – MINIERE DI CHUQUICAMATA

L’astronave è arrivata in una cittadina ordinata e accogliente nel nord del Cile. I nostri amici si trovano nel cuore del deserto di Atacama, a 2.260 metri sul livello del mare, vicino a Chuquicamata, una delle più grandi miniere di rame del mondo, situata a soli 16 chilometri dalla città

Professor Green: Proprio come immaginavo. Il diametro è aumentato del trenta per cento dalla mia ultima visita. Perfino le baracche degli operai sono state trasferite a Calama, il villaggio che vedi all’orizzonte, per fare spazio agli scavi. Capitan Saetta: Professore, che cos’è questo enorme cratere? – Una miniera di rame, e una delle più grandi al mondo per giunta! È lunga quasi cinque chilometri, larga tre e raggiunge i seicentottanta metri di profondità. – È impressionante, sembra un formicaio gigantesco. E cosa dobbiamo controllare qui? – La grandezza di questo buco, che aumenta di giorno in giorno. Vedi, a furia di estrarre il rame, che impieghiamo per fabbricare cavi, schede elettroniche, grondaie e mille altri prodotti, presto o tardi non ce ne


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sarà più e questa miniera è la prova vivente di quello che ti sto dicendo. – Lei dice che qui andranno avanti a scavare finché non ci sarà più rame sottoterra? – Esattamente, e la stessa cosa avviene in tutte le altre miniere simili a questa che sono state trovate in giro per il mondo. – Quindi rischiate di esaurire tutto il rame? – Secondo i miei calcoli dovrebbe avvenire più o meno tra il 2080 e il 2120, sembra lontano ma è vicinissimo. Molte delle risorse naturali del pianeta, una volta consumate, non si possono più rigenerare, si esauriscono. E tutto va sempre più in fretta. Pensa che già oggi l’uomo porta via ogni anno alla Terra il doppio delle risorse naturali che prendeva nel 1980. Stiamo raschiando il fondo del barile! – Quale barile? – Ma non un barile vero! È solo un modo di dire... per farti capire che, se non stiamo davvero attenti, ci stiamo giocando tutte le risorse più importanti. – Quindi il problema non è solo il rame. – Certo che no! Tra cinquant’anni anni potremmo non avere più il piombo e lo stesso discorso vale per molte altre materie prime di cui sono fatti gli oggetti che usiamo tutti i giorni. Senza contare tutto il legno, la sabbia, l’acqua e i materiali che portiamo via alla Terra per costruire le case e far funzionare le fabbriche. Stiamo facendo una pericolosissima caccia al tesoro, e tra pochi decenni il tesoro potrebbe non esserci più! – Ma lei, professore, come fa a stabilire quante risorse vengono portate via alla Terra e quando queste finiranno? – Ricordi quando ieri abbiamo parlato di impronta ecologica? È stato quanto ti sei addormentato come un ghiro! – Solo leggermente assopito... – Certo, certo. Comunque, molti scienziati stanno studiando quante risorse vengono portate via alla Terra e quante ne rimangono. La questione è imparentata con quella dell’impronta ecologica perché alla fine il problema è sempre lo stesso: stiamo usando le risorse in modo corretto oppure le stiamo sfruttando al di là dei limiti? Oggi riusciamo a misurare tutte queste quantità con una certa precisione, i vari flussi dei materiali,


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quanti ne vengono buttati via, quanti vengono riutilizzati, quanti ne restano ai nostri figli e nipoti... – Professore, tutti questi ragionamenti sono interessanti ma anche molto faticosi e mettono appetito! Che ne dice se ce ne tornassimo a casa a farci una bella spaghettata? – Neanche per idea. Dato che siamo dall’altra parte del mondo facciamo ancora un pezzetto di strada. Dritti a ovest in mezzo all’Oceano Pacifico! TERZO GIORNO, ORE 17.10

ISOLA DI PASQUA – CILE – COSTA SUD L’astronave di Capitan Saetta è approdata sull’Isola di Pasqua, in lingua nativa Rapa Nui (che significa “grande roccia”). Rapa Nui è un’isola dell’Oceano Pacifico meridionale appartenente al Cile e situata a 3.600 chilometri a ovest delle sue coste.

Capitan Saetta: come mai ha deciso di fare tappa in questa minuscola, insignificante isoletta? Professor Green: Quella che tu definisci “insignificante isoletta” è nientepopodimenoche Rapa Nui, uno dei luoghi più celebri del mondo. Siamo venuti qui per farti vedere un buon esempio di come il consumo irresponsabile delle risorse naturali può causare la scomparsa di una civiltà. – Perché, cos’è successo di così misterioso da queste parti? – Tanto tempo fa Rapa Nui era un’isola bellissima, fertile e piena di palme. Ma intorno al 1400 gli indigeni cominciarono a tagliare sistematicamente tutte le piante ad alto fusto e così l’albero di palma si estinse completamente. Il suo legname era la materia prima per realizzare le grandi canoe che occorrevano per la pesca e anche le slitte per trasportare le immense statue Moai, vedi, quelle teste gigantesche che ci sono un po’ dappertutto. Finite le palme, si estinsero anche molte piante a basso fusto che crescevano sotto la loro ombra. Poi anche il resto della vegetazione fece la stessa fine. Così la foresta verde che ricopriva l’isola


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da migliaia di anni diventò solo un lontano ricordo. E a poco a poco cominciò un processo naturale catastrofico e irreversibile. Gli uccelli smisero di migrare verso l’isola “non più verde”, che divenne sempre più vuota e più brulla. La scomparsa degli uccelli migratori creò altri gravissimi problemi alimentari, perché la dieta degli isolani si basava in gran parte sulla caccia a questi animali. Insomma, fu l’inizio di una grande carestia che portò un intero popolo prima al cannibalismo – perché per disperazione avevano cominciato a mangiarsi tra loro – e poi alla completa estinzione. E così l’isola restò deserta per secoli, tanto che i primi esploratori, quando arrivarono, non riuscivano a capire chi avesse scolpito queste teste gigantesche di pietra. Capito? Ecco a cosa può portare il consumo irragionevole delle risorse che madre natura ci ha messo a disposizione?


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– Brrr... Che storia macabra. Spero davvero che l’umanità non venga mai a trovarsi in una situazione simile a quella degli abitanti dell’Isola di Pasqua. – Già, lo spero anch’io. Perché quello dello sfruttamento delle risorse naturali è un problema che sicuramente i più giovani dovranno affrontare quando saranno grandi e di cui gli adulti dovrebbero occuparsi molto seriamente e... immediatamente! Sappi, supereroe, che la Terra ci offre un capitale straordinario di risorse e, così come facciamo con i nostri risparmi personali, dovremmo proteggerlo e gestirlo con saggezza, come la cosa più preziosa per noi e i nostri figli, come la ricchezza più vera, altro che soldi, gioielli e macchine di lusso!! Ma vaglielo a spiegare alla gente! Sembrano tutti rimbecilliti, e continuano a consumare, inquinare, sprecare come se il mondo fosse infinito... – Ma Professore... – E noi scienziati andiamo avanti a studiare, a parlare, a scrivere... è solo fiato sprecato. Probabilmente tra meno di trent’anni anche noi avremo fatto fuori tutto, proprio tutto, come le cavallette! Per forza ci vuole il Progetto Pianeta Verde!! Qua bisogna andarsene... andarsene subito!!!


MILLE MILIONI DI PANCE VUOTE Secondo i calcoli del Professor Green, sono circa un miliardo le persone nel mondo che non hanno acqua e cibo a sufficienza. Perché succede tutto questo? A partire da Haiti, comincia una lunga trasvolata sulla parte povera del mondo. QUARTO GIORNO, 18.50

PORT AU PRINCE – HAITI – QUARTIERE CHRIST ROI Il giorno dopo, un nuovo viaggio dall’Isola di Pasqua fino ad Haiti. Il Professor Green ha chiesto a Capitan Saetta di volare verso nord, fino a raggiungere questo piccolo stato dell’America situato nel Mar dei Caraibi. Un tempo colonia francese, Haiti è stata una delle prime nazioni delle Americhe a dichiarare la propria indipendenza. Il territorio haitiano copre la parte occidentale dell’isola di Hispaniola e confina a est con la Repubblica Dominicana. Haiti è tristemente noto per essere il paese più povero di tutto il continente americano

Professor Green: Scusa la mia sfuriata di ieri. Non ce l’ho con te e anzi, per farti capire meglio i problemi in cui ci troviamo ho pensato che prima di rientrare in Europa valeva la pena fare un ultimo scalo ai Caraibi. Ti ho portato ad Haiti, il paese più disastrato di questo continente. Capitan Saetta: Scommetto che qui troveremo una situazione simile a quella di Karthoum. – In un certo senso sì. Siamo venuti in quest’isola perché Haiti ha il più alto tasso di denutrizione, cioè c’è la percentuale maggiore di gente che soffre la fame: qui è circa la metà della popolazione. Dopo il tragico terremoto del gennaio 2010 la situazione si è aggravata ancora di più. Si è trattato di una delle più grandi catastrofi umanitarie di tutti i tempi! – Non ci sono parole... guardi quella baraccopoli! Quasi tutte le case sono pericolanti. – E quello lì alla tua sinistra? Dovrebbe essere un ospedale ma è adagiato su un fianco, inutilizzabile.


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– Ma è inaudito! Com’è possibile tollerare tutto questo? Come avete potuto abbandonare così questa gente? – Calma... calma, Capitano. Sappi che purtroppo il problema non è solo Haiti. – Cosa significa? Ci sono altri Stati nelle stesse condizioni? – Forse così sfortunati no, però secondo i dati forniti dal programma alimentare mondiale dell’Onu (l’Organizzazione delle Nazioni Unite), fame e malnutrizione colpiscono più di cinquanta milioni di persone solo in America Latina e Caraibi, ossia il dieci per cento della popolazione della regione. Da queste parti quasi nove milioni di bambini sotto i cinque anni soffrono di malnutrizione cronica e sono sottopeso.


– Che mi venga un colpo! E nel resto del mondo? – La musica non cambia. Come credo di averti già detto si stima che in tutto il pianeta un miliardo di persone soffrano la fame. Secondo i dati dell’ultimo rapporto della FAO (l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), nell’Africa sub sahariana un terzo della popolazione fatica a trovare qualcosa da mangiare. Pensa che rispetto al 2008 quelli che non riescono a consumare regolarmente nemmeno un pasto al giorno sono addirittura aumentati del dodici per cento. – Ma è pazzesco! Una vergogna assoluta... e non si sta facendo nulla per loro? – Troppo poco. Nel 1996 il vertice mondiale dell’alimentazione aveva stabilito l’obiettivo di dimezzare il numero degli affamati entro il 2015. Oggi, a cinque anni dalla scadenza ciò non sta avvenendo, anzi gli affamati nel mondo sono aumentati da ottocento milioni a un miliardo. In realtà un dimezzamento c’è stato, ma soltanto quello dei fondi versati dai paesi ricchi per il programma contro la fame. Mentre il Giappone è l’unico Stato che aumenta il suo contributo in denaro, tutti gli altri “grandi” hanno ridotto il proprio budget. Forza, giriamo un po’ per il quartiere per renderci conto di persona della situazione e poi torniamocene a casa. – Sono allibito! Che viuzze ripide piene di macerie... mi si è impolverato perfino il costume! Laggiù! Quanti bambini per strada... – Vedi? Come ti dicevo, bambini dappertutto, denutriti, coperti di stracci, che chiedono l’elemosina e fanno qualunque lavoro per procurarsi qualcosa da mangiare... – Per fortuna qualcuno ci riesce... Guardi là, Professore, quel bambino rannicchiato su un’altalena fatta con un pneumatico, che ciondola tranquillo mentre si sgranocchia qualcosa, un panino... – Non è un panino, ma solo una radice... probabilmente tutto quello che riuscirà a mangiare oggi.


4-MILLE MILIONI DI PANCE VUOTE 45 QUINTO GIORNO, 10.40

LAGO AZZURRO – ITALIA – CRCA Di ritorno da Haiti, i nostri amici si ritrovano nello studio del Professor Green a discutere i problemi della fame nel mondo.

Capitan Saetta: Professor Green, cosa sta succedendo? Come mai non si riesce a nutrire un miliardo di esseri umani? Professor Green: Vedi che anche tu ti stai rendendo conto delle ragioni che mi hanno spinto a lanciare il Progetto Pianeta Verde? Certo, la natura fin’ora è stata generosa e ci ha messo a disposizione tante cose buone per nutrirci ma, come ti ho detto, siamo quasi sette miliardi e non è uno scherzo dare da mangiare a tutti. Se proprio vuoi sapere cosa non funziona ti può essere utile leggere un piccolo pezzo del rapporto che la mia carissima amica Diana Bennet ha preparato per la FAO. Diana è una biologa inglese, lavora alla Università di Oxford ed è una delle più note studiose dei problemi alimentari. Leggi ad alta voce, così non ti addormenti... – Davvero divertente! Allora, vediamo... “Il nostro dipartimento di agronomia ha ricevuto un nuovo finanziamento destinato alle ricerche e alle sperimentazioni per risolvere il problema della carenza di cereali. Sappiamo che senza di essi le popolazioni dei paesi più poveri non potranno sopravvivere. Le statistiche ci dicono infatti che per ogni abitante della Terra si producono circa 300 chilogrammi di cereali ogni anno, più o meno il peso di 600 confezioni di pasta di grano duro. Ma questo purtroppo è soltanto un quantitativo medio, infatti gli abitanti dei paesi ricchi hanno a disposizione molto più di 300 chili all’anno e quelli dei paesi poveri si devono accontentare di pochi chili” ma com’è difficile “fortunatamente oggi siamo riusciti a triplicare i raccolti rispetto al 1950, grazie anche all’impiego di fertilizzanti sempre più potenti, che però hanno una controindicazione in quanto contribuiscono per il 16% alle emissioni complessive globali di gas serra...” Cosa sono i gas serra, professore? – Ne parleremo più avanti. Continua. – Dunque... “A causa del rapido e costante aumento della popolazione


46 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

la domanda di cereali è in continua crescita ma la produttività dei suoli si va progressivamente riducendo. In più i cereali sono contesi dalle multinazionali dell’energia, che li utilizzano per produrre i biocarburanti...” Carburanti? I cereali che servono alla gente per mangiare finiscono nei carburanti?! Chi sono i responsabili di questo crimine? Si scansi Professore, parto subito alla caccia di questi delinquenti! – Fermo lì! Dove credi di andare? – Ma Professor Green. Qui i cereali spariscono e noi dobbiamo fare qualcosa! – Oh mio dio... lascia almeno che ti spieghi. La Dottoressa Bennet nel suo rapporto intendeva dire che dai cereali come il mais o la canna da zucchero si può ottenere un liquido che gli scienziati chiamano bioetanolo. Il bioetanolo può fare le cose che fa il petrolio, solo che deriva dalle piante. In un certo senso potrebbe essere una soluzione al problema del petrolio che sta per finire. – Ah sì? E come funziona questo bioetanolo? – Ma quante domande! Senti un po’, ne parleremo in un altro momento. Non posso spiegarti tutto e poi rischiamo di divagare. Se vuoi capire i problemi è bene che ti concentri su una cosa alla volta. La minaccia più grande al momento non è quella dei biocarburanti ma è qualcosa di ben più serio: il riscaldamento della Terra. – Il riscaldamento... sì, è un problema di cui non abbiamo ancora parlato, intendo dire in dettaglio. – E ne parleremo a lungo più tardi. Per ora accontentati di leggere un pezzetto del mio articolo intitolato “Più gradi, meno cereali”: DOCUMENTO 4

“PIÙ GRADI, MENO CEREALI” ARTICOLO SCIENTIFICO DEL PROFESSOR THEODORUS GREEN ... L’aumento della temperatura della Terra a causa dell’intensificazione dell’effetto serra crea grossi problemi ai cereali. Con il caldo arriva la siccità e i raccolti ne soffrono. Le temperature elevate riducono un’attività delle piante chiamata fotosintesi clorofilliana, cioè l’insieme delle reazioni attraverso le quali le piante verdi producono sostanze organiche a partire dall’anidride carbonica e (segue)


4-MILLE MILIONI DI PANCE VUOTE 47 dall’acqua, in presenza di luce. Mediante l’energia solare l’anidride carbonica viene trasformata in uno zucchero chiamato “glucosio”, essenziale per la vita delle piante e importantissimo per tutti gli esseri viventi che di quelle piante si ciberanno. La fotosintesi è il processo biologico più importante, in grado di raccogliere l’energia solare, da cui, fondamentalmente, dipende la vita sulla Terra. Oltre che rallentare la fotosintesi le temperature elevate disidratano i campi. Per l’insieme di questi fattori è stato calcolato che un aumento di 1 grado centigrado della temperatura terrestre riduce del 10% i raccolti di cereali.

– Ci sei? Provo a spiegarmi meglio con un piccolo esempio. Se nel campo di biada del contadino la temperatura aumenta di un grado centigrado, la conseguenza sarà una riduzione del raccolto del dieci per cento. In pratica vuol dire che se fino a ieri il contadino raccoglieva dal campo dieci ceste di biada per dare da mangiare alle sue dieci mucche, con un grado in più di temperatura raccoglierà solo nove ceste, e la mucca Carolina rimarrà senza cena. – Ecco perché il cibo scarseggia! Nei paesi sottosviluppati il caldo eccessivo distrugge i raccolti! – Sì ma il problema non riguarda solo i paesi sottosviluppati. Ti vedo perplesso. Non ci credi? Forza Capitano, preparati. Si va in trasferta, ma questa volta restiamo in Europa.


48 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE QUINTO GIORNO, 14.15

CIUDAD REAL – SPAGNA AZIENDA AGRICOLA “MANUEL FERNANDEZ” Il Professor Green ha deciso di fare un salto nella terra di Don Chisciotte, in visita a una azienda agricola di medie dimensioni non molto distante dal Parco Archeologico di Alarcos e dal Santuario medievale. Ciudad Real si trova a una decina di chilometri ed è il capoluogo della comunità autonoma di Castiglia – La Mancia.

Professor Green: Accipicchia che caldo! Dimmi: cosa vedi davanti a te? Capitan Saetta: Un campo arido, pieno di erba secca. – Questo una volta era un rigoglioso podere per la coltivazione del frumento e del mais. Era di proprietà un mio vecchio amico, che ha mollato tutto ed è andato a fare l’impiegato di banca. – Ma cosa è successo qui? – Quello che ti ho spiegato prima di lasciare il Centro Ricerche. Le on-


4-MILLE MILIONI DI PANCE VUOTE 49

date di caldo che hanno colpito la Spagna hanno causato pesanti danni all’agricoltura e in più... – Che altro c’è? – A ridurre i raccolti ci si è messa anche la crisi dell’acqua. Su questi terreni inariditi le conseguenze sono evidenti. Volevo che osservassi con i tuoi occhi i danni ai raccolti che stanno patendo qui in Europa. Per non parlare poi delle attività antropiche... – Non bastano il caldo e la mancanza d’acqua? E quali sarebbero queste attività antropiche che peggiorerebbero ancora di più la situazione? – Bah, sono stanco di predicare sui nostri disastri. Se vuoi puoi leggere un articolo che ho scritto sulle relazioni tra insediamenti agricoli e attività antropiche. Tieni, ho portato la rivista scientifica su cui è stato pubblicato perché pensavo di mostrartela una volta giunti qui. Alla fine parla anche della situazione italiana. Mentre leggi io mi faccio un riposino sotto quel platano.


50 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE DOCUMENTO 5

DALL’ARTICOLO DEL PROFESSOR GREEN SU “SCIENZA PER TUTTI” 16 FEBBRAIO 2009 ... L’opera di distruzione dei raccolti di cereali prosegue quando gli uomini decidono di sostituire i terreni coltivati con grandi città di cemento oppure anche con i pascoli per il bestiame. Il bestiame, come mucche, capre, polli, maiali, è meno dannoso del cemento ma comunque rappresenta una forte concorrenza per i cereali. Dal Midwest americano ai grandi bacini fluviali della Cina, alcuni dei più fertili territori del pianeta sono già stati invasi da fabbriche, centri commerciali e allevamenti. Anche in Italia la situazione sta gradualmente peggiorando. Nel periodo che va dal 1999 al 2006 una delle regioni agricole per eccellenza, la Lombardia, ha perso quasi 27.000 ettari di superfici agricole, in gran parte trasformati in insediamenti urbani e quindi non più recuperabili, mentre nel bacino del Po il cemento dilaga e ogni giorno ricopre mediamente 20 ettari di territorio, pari a 12 Piazze del Duomo di Milano...

– Allora, hai fatto un giretto qui intorno mentre riposavo? – Sì Professore. Un disastro, è tutto secco e mi si sono infilati gli sterpi nella calzamaglia. Non c’è un grillo o una lumaca. Ma come faranno a ricominciare a coltivare questi terreni? – Già, è questo il problema. Ci vorrebbe tanta acqua, ma l’acqua scarseggia sempre di più qui in Spagna e in altre parti d’Europa, per non parlare dell’Africa o della Cina. Alimentazione e approvvigionamento idrico sono due questioni strettamente legate. Torniamo al Centro Ricerche, è giunto il momento di vedere ancora più da vicino cosa succede quando l’oro blu scarseggia. – Oro blu? – L’acqua, testone!


QUANDO SPARISCE L’ORO BLU L’acqua è una risorsa così preziosa da essere chiamata oro blu. Ma i ghiacciai si sciolgono e i campi si inaridiscono. Prosegue il viaggio nella parte povera del mondo e Capitan Saetta dovrà arrivare sopra l’immenso Lago Ciad per scoprire che non è più così immenso. QUINTO GIORNO, ORE 20.55

LAGO AZZURRO – ITALIA – (CRCA) La visita in Spagna è servita a Capitan Saetta per che i problemi dei raccolti non riguardano solo i sottosviluppati ma possono colpire anche vicino a noi. Capitano è nell’ufficio del Professor Green, impegnato fitta conversazione...

capire paesi Ora il in una

Capitan Saetta: Professore, come vi siete infilati in questo pasticcio di far morire i raccolti per mancanza d’acqua e aumentare la crisi alimentare? Professor Green: Come ho già avuto modo di dirti, bisogna prima di tutto fare un passo indietro per capire quali sono le cause di questa situazione. Si tratta di abitudini e stili di vita del passato che non siamo riusciti a cambiare. E invece ci dovremmo convincere che occorre ragionare in maniera diversa rispetto al vecchio modo di vedere le cose. – Anche qui, in Italia dico, dovreste imparare a ragionare in modo diverso? – Sarebbe proprio il caso. Ma credo che sia troppo tardi. Riesci a immaginare come cambierà la nostra vita senz’acqua? Prova a pensare quante cose fai con l’acqua: la bevi, fai la doccia, lavi i piatti e la biancheria. – Ma Professore, un Supereroe non lava la biancheria...


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– Che tu lavi o no la biancheria non mi interessa. Era un esempio! E poi, scusa, come sarebbe a dire che non lavi la biancheria? Oh insomma! L’acqua è essenziale per la vita sulla Terra, non si può vivere senza. Non per niente qualcuno la chiama oro blu. – Però al momento almeno da queste parti di acqua in giro ce n’è in abbondanza. Se apro il rubinetto ne sgorga quanta ne voglio! – Sbagliato, babbeo. L’acqua si sta riducendo ovunque a livelli di guardia. Ovviamente non parlo dell’acqua di mare, che è salata e non possiamo usarla se non per farci una bella nuotata quando andiamo in vacanza, sempre che non sia inquinata. L’acqua di cui abbiamo soprattutto bisogno è quella dolce, che proviene dai ghiacciai di montagna, scende lungo i fiumi, si alimenta con le piogge, riempie i bacini dei laghi. Lo sai qual è l’uso principale dell’acqua nel pianeta Terra? – Bere quando abbiamo sete? – Sei completamente fuori strada e non mi hai seguito con attenzione! La parte principale della nostra acqua viene utilizzata per irrigare i campi. Serve un’enorme, inimmaginabile quantità di acqua per far crescere le piantine di riso, grano, mais e soia, per il nostro cibo e per dar da mangiare agli animali d’allevamento. Ascoltami bene: ciascuno di noi beve in media circa quattro litri di acqua al giorno ma per produrre il cibo che arriva sulla nostra tavola servono circa altri duemila litri al giorno per


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ciascuno. Hai afferrato? Duemila litri! Solo in Italia, per mangiare e bere consumiamo più di centoventi miliardi di litri ogni giorno che passa. – Da non credere! Allora, se non ho sbagliato a fare i conti, ogni volta che beviamo un litro d’acqua è come se consumassimo altri cinquecento litri per produrre il cibo che mangiamo! Ma c’è abbastanza acqua per tirare avanti in questo modo? – Come ti ho detto, gli esperti hanno dimostrato che nel pianeta, giorno dopo giorno, anno dopo anno, si sta riducendo la quantità di acqua. Dalle nostre parti di acqua per ora ce n’è a sufficienza ma ci sono posti sulla Terra dove non se ne trova più. Tieni, leggi il giornale di oggi. Quasi ogni giorno si verifica una siccità. Qui per esempio si dice che “in Cina, nella regione di Chifeng ventisei milioni di persone e diciotto milioni di capi di bestiame sono rimasti senz’acqua!” – Per mille buchi neri dello spazio siderale! Ma come fanno a sopravvivere? Poveretti! – Il problema è grave, caro supereroe. Facciamo così: domani mattina, appena alzati, prendiamo l’astronave e visitiamo un posto che ci tengo a farti vedere.


54 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE SESTO GIORNO, 14.00

MASSAKI – CAMERUN – RIVE DEL LAGO CIAD

Il Professor Green ha chiesto a Capitan Saetta di fare rotta sulla cittadina rurale di Massaki, nel nord del Camerun. La vegetazione intorno al centro abitato è quella caratteristica della savana: terre aride con scarse piogge e temperature molto elevate. I nostri amici sono al nord della città e si affacciano sulle rive limacciose del Lago Ciad.

Professor Green: Visto? Siamo tornati nel cuore dell’Africa. Ci troviamo nella parte nord del Camerun, sulle sponde del lago Ciad. Capitan Saetta: Però, enorme questo lago. – Enorme? Quello che vedi non è niente a confronto del lago che avresti ammirato cinquant’anni fa. Senti cosa gli è successo: ventimila anni fa qui, nel centro dell’Africa, si trovava un mare interno che copriva trecentomila chilometri quadrati di superficie, quanto la grandezza dell’Italia. Nel corso dei secoli il mare si è gradualmente ritirato, fino a formare un immenso lago che ha caratteristiche particolarissime perché è poco profondo (massimo 7 metri) e diventa più grande o più piccolo a seconda di quanto piove e quanto fa caldo. Comunque, nella stagione delle piogge era esteso più o meno 25 mila chilometri quadrati. Dal 1960 però l’acqua del lago Ciad ha cominciato a ridursi in modo drammatico. I fiumi Chari, proveniente da sudest, e Komadugu Yobe, proveniente da ovest, lo alimentano sempre meno, tanto che lo specchio d’acqua sta lentamente scomparendo. Nella stagione secca la superficie scende sotto gli ottomila chilometri quadrati – nel 2000 è arrivata addirittura a 1.500 chilometri quadrati – e il lago, rispetto a quello che era un tempo, diventa un pozzangherone circondato di fango. – E la gente che vive qui intorno come se la cava? – La riduzione del livello delle acque del lago mette a rischio la sopravvivenza di trenta milioni di persone perché le attività economiche



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della regione, comprese quelle di Massaki, dipendono tutte dal bacino: pesca, allevamento e agricoltura. – Ma è drammatico! Chi si è fregato l’acqua del lago Ciad e dei fiumi che dovrebbero alimentarlo? Fuori i nomi! Vado a prenderli e li sbatto su Saturno! –No, no lascia perdere, dai... Il fatto è che non c’è un vero e proprio colpevole, o meglio, ce ne sono tanti! Le cause della scomparsa del lago sono sia il fenomeno del riscaldamento globale sia l’uso intensivo delle acque per l’industria e l’agricoltura, in particolare l’irrigazione delle nuove coltivazioni di riso. Secondo uno studio della Commissione del bacino del lago Ciad, creata nel 1964, per salvare il lago sarebbe indispensabile deviare le acque del fiume Ubangui con un canale artificiale. Ma il progetto costa centinaia di milioni di dollari, una cifra irraggiungibile per tutti i paesi della regione, anche se è meno di quanto spendiamo in Italia per giocare a Gratta e Vinci per un anno... Bah, adesso andiamo, è ora di partire. Dopo questo spettacolo ce ne torneremo a casa, sempre più depressi... SESTO GIORNO, 21.30

LAGO AZZURRO – ITALIA CRCA La sera, Capitan Saetta e il Professor Green sono di pessimo umore. Eccoli a discutere a bassa voce nello studio del Professore.

Capitan Saetta: Sono ancora sotto shock per la quasi scomparsa di un lago così immenso. Professor Green: Sono trent’anni che seguo le sorti del lago Ciad e non hai idea di come io mi senta impotente e frustrato davanti a questa catastrofe. Il fatto è che la scomparsa dell’acqua mette a rischio l’esistenza di milioni di persone. C’è un bellissimo libro del mio amico fraterno Sigfried Krantz, cattedra di antropologia e filosofia all’Università di Berlino, che vorrei farti leggere... No, non preoccuparti, scelgo solo un piccolo brano dove trovi anche un riferimento all’Italia. Credo che Sig lo abbia inserito in omaggio alla nostra amicizia, quando ha saputo che mi sono trasferito qui al Centro Ricerche di Lago Azzurro.


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UN BRANO DA “LO STATO DI SALUTE DELLE RISORSE IDRICHE” DI SIGFRIED KRANTZ Da diversi anni ormai i ghiacciai, che alimentano i fiumi durante la stagione secca, si stanno sciogliendo sempre più rapidamente, col risultato che si riduce anche la portata d’acqua di questi fiumi. Inoltre le piogge diventano meno frequenti e il fenomeno dell’evaporazione aumenta. In certe zone della Terra, in particolar modo in Africa, ogni abitante ha a disposizione meno di 500 metri cubi di acqua all’anno, quando ne servirebbero almeno 1.700 per vivere una vita dignitosa. Oggi circa 425 milioni di bambini continuano a vivere in condizioni di penuria idrica, e quando questo avviene, in molti casi spetta alle donne e soprattutto alle bambine il compito di attingere e trasportare l’acqua, magari per molti chilometri sotto il sole, con grande fatica e dovendo rinunciare a frequentare la scuola. Anche i paesi del mediterraneo, che a loro volta subiranno aumenti continui della temperatura media, dovranno fare i conti con le riserve d’acqua disponibili. E anche per loro il quadro non è confortante: una delle nazioni più esposte è l’Italia. In questo paese una grande quantità di acqua viene letteralmente sprecata, perché le tubature e la rete di distribuzione sono poco efficienti, tanto che circa il 40% dell’acqua trasportata si perde per strada.


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– Ricordi quando ti dicevo che stiamo consumando in modo irresponsabile le risorse naturali? Questo vale anche per l’acqua! Ogni giorno estraiamo milioni di litri d’acqua dal terreno, da quelle che i geologi chiamano falde acquifere, e sempre più in profondità. Così facendo i pozzi si prosciugano, causando siccità e danni ai raccolti. – Corpo di mille meteoriti impazzite! – Come se non bastasse, la mancanza d’acqua fa litigare gli agricoltori e gli abitanti delle città. Le città hanno bisogno di tanta acqua e quando ce n’è poca non resta che lasciarne di meno agli agricoltori. Alcuni Paesi della Terra preferiscono impiegare l’acqua per far crescere le proprie fabbriche e le proprie città e se non c’è acqua a sufficienza per l’agricoltura... pazienza! I cereali si possono sempre comprare da qualcun altro. – Professore, sa che non riesco a seguire il suo ragionamento? – Vediamo un po’ come posso spiegarti la faccenda. In pratica alcune grandi società multinazionali possono approfittare della crisi dell’acqua e dei cereali per fare le loro speculazioni economiche. Per esempio possono aprire delle fabbriche in un paese povero, consumando tutta l’acqua a disposizione, e poi vendere lì i cereali che loro stesse hanno prodotto in un altro paese ricco, dove c’è abbondanza di acqua e l’agricoltura funziona. Oppure attendere le fasi di siccità in un paese per alzare i prezzi di vendita delle scorte di cereali che hanno accumulato in un altro... – Basta, basta Professore. Mi sono perso. Capisco solo che ci sono in giro un sacco di mascalzoni che approfittano dei problemi ambientali per fare soldi. E se lei non mi dà i nomi... Non me li dà? – No. – ... Allora l’unica è cercare di risolvere i problemi ambientali. Ma dico: se ogni paese coltivasse in casa propria i cereali, con la giusta quantità di acqua, anche a costo di diminuire un po’ lo sviluppo delle industrie e delle città, non sarebbe meglio? – Guarda guarda, Capitan Saetta comincia a muovere il cervello! Certo che sarebbe meglio. Bisognerebbe evitare le soluzioni che sembrano più facili – che spesso sono quelle che fanno anche guadagnare gli speculatori – e cercare una seconda via, quella che dà i risultati migliori per le generazioni


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future. Già, ma che te ne parlo a fare... Perché perdo tempo a dirlo a te e a tutti gli altri... – Mmm... questa risposta mi pare di averla già sentita. Professore, non si innervosisca! Adesso organizziamo un altro dei nostri viaggetti, così lei si distende un po’ e io vedo qualche altro posto di quelli strani che mi fa vedere lei. – Hai ragione. Anzi, sai cosa facciamo? Domani ce ne andiamo in Brasile.



SE I POLMONI SI SGONFIANO Quali sono i polmoni della Terra? Le grandi foreste tropicali. Respirano davvero e producono ossigeno, ma vengono tagliate con grandissima rapidità per fabbricare legname. Il professor Green spiega alcuni concetti scientifici che sono molto meno complicati di quel che sembrano, soprattutto se nel frattempo si fa un viaggio nella foresta amazzonica. SETTIMO GIORNO, 15.28

MANAUS – BRASILE – CONFINI CON LA FORESTA AMAZZONICA

Capitan Saetta e il Professor Green sono arrivati nella capitale dello stato brasiliano di Amazonas e si trovano nel cuore del bacino del Rio delle Amazzoni che, con i suoi affluenti, si estende in sette stati dell’America Latina: Brasile, Venezuela, Colombia, Perù, Ecuador, Bolivia e Guyana. Sono atterrati a Manaus, città ricca di parchi e aree verdi, e ora sono su una piccola imbarcazione al centro di un fiume maestoso.

Professor Green: Siamo venuti fin quaggiù per vedere con i nostri occhi un altro motivo per cui presto farò le valigie per un nuovo pianeta, dopo sovrappopolazione, distruzione delle risorse, carestia, siccità... Capitan Saetta: Ma professore, non parli sempre di disgrazie!! Questo posto è un incanto! Guardi laggiù, sulla riva: ci sono delle minuscole botteghe artigiane piene di oggetti colorati e qui intorno c’è una magnifica foresta che sembra avvolgere tutto questo fiume enorme. Anche se c’è tanta umidità e fa un caldo pazzesco, io sto benone. Adoro respirare un po’ di aria pura e passeggiare in mezzo al verde. Ma non lo sente il profumo delle piante, Professore, e i suoni della foresta?


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– Li sento, li sento. Eccome se li sento. Ma aspetta prima di entusiasmarti troppo. Questo che vedi, il bacino delle Amazzoni, è un patrimonio naturale straordinario ed è fondamentale per l’equilibrio ecologico della Terra. Qui puoi trovare una grandissima varietà di forme di vita: ci sono grandi alberi come l’ebano, il mogano, il palissandro e il tek – che possono raggiungere i sessanta metri di altezza – e a partire dalle loro cime, scendendo fino al suolo, si sovrappongono tanti strati di vegetazione che hanno dimensioni e aspetti diversi. Le specie vegetali sono talmente numerose che in un ettaro di foresta a volte è possibile trovare più di duecento tipi di alberi. Ci sono piante erbacee, felci, orchidee, ficus che crescono sui grandi rami degli alberi oppure si sviluppano sfruttando l’humus delle foglie in decomposizione. Tutti ammassati in un groviglio inestricabile. – Fantastico! Ma... strano, non riesco a vedere l’erba sul terreno... – Al livello del suolo la quantità di luce che filtra dagli strati superiori è talmente ridotta che lo strato erbaceo non riesce a crescere. – Come si chiama questo fiume, professore? – È il Rio Negro. Lo stiamo risalendo per qualche chilometro. – Guardi là in fondo! Ci sono delle imbarcazioni ricoperte di fiori, con la gente a bordo che canta e che balla. – Si tratta della processione fluviale di Sao Pedro. È un po’ come una festa patronale; La gente del luogo ama stare insieme e divertirsi. Ecco, siamo quasi arrivati. – Oh... e cosa sono questi


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rumori sinistri? Guardi laggiù! Delle grandi macchine gialle nel cuore della foresta. – Sono le ruspe. Stanno abbattendo gli alberi della foresta Amazzonica. – Ma come, abbattendo... non mi ha appena detto che questa foresta è molto importante per l’ecologia del pianeta? – E te lo confermo. Tuttavia, l’uomo sta continuando a distruggerla in modo sistematico, tanto che ogni giorno in questa zona viene disboscata un’area dell’ampiezza di sei campi da calcio. Era questo il problema di cui volevo parlarti. – Problema? Ma questa è una... strage! Un campo da calcio oggi, uno domani... Qui tra pochi anni non troverete nemmeno una foglia! – Ebbene sì, caro il mio ragazzo. Vedo che ti si è bloccata la mascella. Qualcuno è convinto che noi uomini in fondo siamo un tutt’uno con la natura. Forse è per questo che nel vedere tutti questi alberi distrutti sento una fitta al cuore. – Può dirlo forte Professor Green, la pressione mi è salita alle stelle e ho una gran voglia di prendere a calci nel sedere i tizi che guidano quelle ruspe. – Sono solo operai che si guadagnano la loro misera paga. I veri responsabili non sono loro. – E allora che facciamo? – Per il momento niente, anzi, visto che a stare su questa barca mi è venuta la nausea ce ne torniamo in città. OTTAVO GIORNO, 9.08

MANAUS – BRASILE – MUSEO DI STORIA NATURALE

Rientrati dalla crociera sul Rio Negro i nostri amici fanno tappa al locale Museo di Storia Naturale, specializzato nella conservazione della natura e della cultura Amazzonica.

Capitan Saetta: Ed eccoci qui, nel museo di storia naturale. Che bello! Ci sono un mucchio di informazioni sulla foresta amazzonica e si parla molto anche del problema del disboscamento selvaggio. Qui dicono che per fare nuovi allevamenti e per avere legno pregiato, da vendere in tutto il mondo, gli affaristi stanno distruggendo questo paradiso con


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la velocità delle cavallette! Ma questo disastro riguarda anche le altre grandi foreste del pianeta? Professor Green: Proprio così. Tutte le foreste pluviali sono a rischio. Dal Borneo alla Nuova Guinea, dalle Filippine al Congo. Ho portato con me una lettera di Diana. Lei ha studiato a fondo la situazione e mi racconta tutte le sue preoccupazioni. Andiamo a bere un caffè al bar del Museo e diamogli uno sguardo insieme: DOCUMENTO 7

LETTERA DELLA DOTTORESSA DIANA BENNET 15 MAGGIO 2009 Teo, sono sconvolta. Abbiamo appena completato le misurazioni della grandezza delle principali foreste del pianeta ed è arrivata una bruttissima sorpresa. Hai ben presente anche tu che cento anni fa le foreste del pianeta Terra misuravano 5 miliardi di ettari (che corrispondono a 50 milioni di chilometri quadrati, 160 volte la superficie dell’Italia). Bene! Sulla base delle nostre ricerche ti posso confermare che oggi misurano solo 4 miliardi di ettari. Mentre leggi queste righe, gli allevamenti di bovini continuano a distruggere un ettaro di Amazzonia ogni 18 secondi. Non è tutto. I dati a nostra disposizione rivelano che alcune delle fattorie responsabili della deforestazione utilizzano forme illegali di lavoro e occupano riserve indigene. In Brasile, nel 2008, hanno scoperto e liberato circa 3.000 nuovi schiavi che lavoravano in decine di aziende zootecniche dell’Amazzonia. La mia équipe sta collaborando con il governo locale per introdurre leggi contro la distruzione sistematica delle foreste, ma gli interessi economici in gioco sono sempre più forti e ogni giorno che passa l’impresa mi sembra sempre più disperata. Un abbraccio Diana

– Professore, vuol dire che in soli cento anni se ne è andato un miliardo di ettari! E dove lo hanno messo tutto questo legno? – Non scordarti mai che sul pianeta Terra vivono sette miliardi di persone che hanno sempre più bisogno di spazio per le città, per i pascoli e per i campi coltivati. E così tagliamo sempre più alberi, anche perché la legna


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ci serve per fabbricare prodotti come la carta, i mobili e le case oppure, specialmente nei paesi più poveri, per riscaldarsi e per cucinare. – Ecco allora come spariscono gli alberi! Per una ragione o per l’altra li tagliano tutti, sia i ricchi sia i poveri! – Proprio così. Ogni anno che passa le foreste diminuiscono. Questo fenomeno si chiama deforestazione ed è un problema molto serio. Guarda, qui al museo c’è un cartello con una bella spiegazione che merita una lettura. DOCUMENTO 8

L’IMPATTO DELLA DEFORESTAZIONE SULLO SVILUPPO SOSTENIBILE MUSEO DELLE SCIENZE NATURALI – MANAUS Il disboscamento progressivo della Foresta Amazzonica può avere effetti non solo sulla biodiversità del pianeta, ma anche sul suo clima. La foresta, infatti, rappresenta la principale riserva di fotosintesi della Terra. Il vapore acqueo generato dalla vegetazione amazzonica è un fattore importante per la ridistribuzione del calore solare. Inoltre è universalmente riconosciuto che la deforestazione causa l’erosione e la perdita di fertilità del suolo. Diventano più frequenti le frane e le alluvioni e dove non c’è più foresta l’acqua piovana scorre via veloce, senza riuscire a evaporare per generare nuove piogge. Nei casi peggiori il suolo diventa arido, senza vita, un vero e proprio deserto. Gli impatti più drammatici si riscontrano nelle foreste tropicali, che coprono il 6% circa delle terre emerse (cioè circa 9 milioni di chilometri quadrati). In queste zone la deforestazione procede a un ritmo incalzante, pari a circa 150.000 km2 l’anno, più della superficie dell’isola di Cuba. Decine di milioni di ettari di foresta tropicale sono stati destinati alla produzione agricola. Una delle cause principali della recente impennata nella deforestazione è il cosiddetto “boom della soia”, cioè lo sviluppo, nel Mato Grosso e nel Pará, (segue)


66 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE di grandissime coltivazioni destinate sia agli allevamenti europei e nordamericani sia all’alimentazione umana. Fino a pochi decenni fa le aree disboscate avevano il tempo di ricostituirsi (in 20-25 anni), ma ora i cicli di sfruttamento sono diventati troppo ravvicinati. Nel 1960 il governo brasiliano destinò ai piccoli coltivatori la parte settentrionale della foresta amazzonica: in dieci anni andarono persi 115.000 km2 di foresta tropicale e con essa svariate specie animali. Parallelamente all’aumento demografico è cresciuta la richiesta di legname, sia come legna da ardere destinata ai paesi in via di sviluppo, sia come legname industriale per i paesi sviluppati. In una foresta tropicale, solo il 5% degli alberi può fornire il legname adatto all’industria, per cui il suo commercio sarebbe del tutto sostenibile. Purtroppo gli alberi vengono spesso abbattuti senza criterio, danneggiando anche quelli privi di valore commerciale.

– Allora, hai capito i danni causati dalla deforestazione? – Tutto chiaro ma... mi rimane un piccolo dubbio. – Spara! – A cosa? – Ma no, è solo un modo di dire. È come dire... raccontami! – Ah, certo... se sia i ricchi sia i poveri fanno fuori tutto il vostro legno, chi è che si deve dare da fare per proteggerlo? – Appunto! Ora sei convinto che il Progetto Pianeta Verde non può più aspettare? Metti in moto, si torna alla base. NONO GIORNO, 9.47

LAGO AZZURRO – ITALIA CRCA il Professore e il Capitano commentano la loro recente esperienza sudamericana.

Capitan Saetta: Professor Green, nel cartello al museo ricordo di aver letto una frase che non ho ben capito. Professor Green: Quale in particolare? – Quella sulla “riserva di fotosintesi” – Ah che sciocco! Non te ne ho parlato? Ma è la ragione principale per cui dovremmo preoccuparci per il disboscamento. Tagliare le foreste non


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è sbagliato solo per i danni al paesaggio ma c’è un rischio molto più grave. – E di che rischio si tratta? – Vedi, nell’aria c’è un gas, chiamato anidride carbonica, che rinforza l’effetto serra e aumenta la temperatura della Terra. – Ancora questo effetto serra? Me lo ha già nominato diverse volte... – Ok. Meglio affrontarlo ora questo argomento. Per spiegartelo bene però devo partire dall’atmosfera. – Quella specie di bolla gassosa che circonda la Terra? – Già, se non ci fosse quella che definisci “bolla gassosa” non riusciremmo a vivere nemmeno un minuto. Devi sapere che l’atmosfera ha uno spessore ridottissimo ed è composta in modo tale da lasciar passare la “giusta quantità” di radiazioni provenienti dal sole. Se la sua composizione cambia, questo provoca immediatamente importanti mutamenti nel clima. – E perché? – Perché la gradevole temperatura del pianeta Terra che oggi conosciamo è il risultato di un equilibrio delicatissimo: in pratica c’è un perfetto bilanciamento tra il flusso di calore che entra nell’atmosfera, dovuto all’assorbimento della radiazione solare, e il flusso di calore che se ne esce, provocato dall’irraggiamento della Terra. – Irraggiamento? Qui la faccenda si complica... – Non più di tanto. È come se i raggi solari rimbalzassero sulla superficie terrestre per tornare verso lo spazio. Noi scienziati le chiamiamo radiazioni infrarosse, ma alcune di esse non riescono ad attraversare l’atmosfera e rimangono imprigionate al suo interno. – Cos’è che imprigiona queste radiazioni, una forza oscura della galassia? Un campo di forza invisibile proiettato da qualche nemico per conquistare il pianeta? – Niente di tutto questo! Si tratta semplicemente delle caratteristiche chimiche di alcuni gas che si trovano nella nostra atmosfera. Per esempio l’anidride carbonica, che di solito si indica con la formula CO2. Sono questi gas che assorbono le radiazioni infrarosse, per poi farle rimbalzare indietro in tutte le direzioni. – E questo cosa c’entra con il riscaldamento del pianeta?


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– C’entra eccome, amico mio! Le radiazioni infrarosse sono calde, e i raggi intrappolati in atmosfera fanno sì che la Terra si riscaldi, e il fenomeno ha preso il nome di... – Effetto serra! Ora ci sono. Quelli che chiamate gas serra agiscono come i vetri di una serra: fanno passare la luce solare e trattengono il calore. Giusto? – E bravo il mio Capitano. Ahi! La mia povera schiena... sto proprio diventando vecchio. Mezz’ora a camminare ed ecco che salta fuori la solita fitta.


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– Venga Professore, sediamoci su quella panchina. Si riposi un attimo, vedrà che le passerà. – Sì sì... meglio fermarsi dieci minuti. Che cosa stavamo dicendo? – Sì parlava della minaccia dei gas serra... – Beh, andiamoci piano a definirli minaccia. – Ma, non capisco, lei mi ha appena detto che trattengono il calore e fanno aumentare la temperatura. – E te lo confermo. Ma senza i gas serra, come l’anidride carbonica, il vapore acqueo o l’ozono, la temperatura media terrestre invece di quindici gradi centigradi sarebbe di meno diciotto! Freddino, non trovi? – Sono confuso... – Ascoltami bene. Ti sto dicendo che l’effetto serra è una cosa utile per la vita sul pianeta ma se la concentrazione dei gas serra dovesse aumentare troppo, come di fatto sta avvenendo, allora la temperatura salirebbe in modo esagerato, creandoci enormi problemi. Basta un piccolo squilibrio nella miscela dei gas che compongono l’atmosfera e salta tutto. E noi stiamo buttando lì dentro una quantità pazzesca di anidride carbonica che arriva dalle attività industriali, dalle automobili... – E in tutto questo discorso gli alberi che c’entrano? – C’entrano, c’entrano... Gli alberi, attraverso il meccanismo della fotosintesi, al quale abbiamo già accennato, mangiano anidride carbonica e in cambio offrono alla Terra del buon ossigeno. Capisci? Più alberi vuol dire meno anidride carbonica in atmosfera, e quindi meno rischio di aumento della temperatura a causa dell’effetto serra. Ecco perché le foreste sono così importanti. Pensa che gli esperti hanno calcolato che il danno economico causato dalla deforestazione a livello mondiale ammonta a cinquemila miliardi di dollari! – E... nessuno fa niente per impedirlo. – Pochi per la verità. Uno di questi è stato Chico Mendez. – Chi è, un suo amico? – Non esattamente, anche se ho avuto la fortuna di conoscerlo alle Nazioni Unite più di vent’anni fa. Guarda, in questo piccolo libro che ho conservato nella mia libreria si racconta la sua storia.


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DAL LIBRO “CHICO MENDEZ, L’AMICO DELLE FORESTE”, EDIZIONI NATURA E FUTURO Anche l’Amazzonia ha i suoi paladini, uomini che dedicano la loro vita alla lotta contro la sua distruzione e per la salvaguardia del suo immenso patrimonio naturale. Uno di questi uomini, sicuramente il più conosciuto a livello internazionale, è Chico Mendes. Figlio di un raccoglitore di caucciù, Chico nasce nel 1944 a Xapurí, nello stato amazzonico dell’Acre, e fin dall’età di nove anni lavora come raccoglitore del lattice dell’albero della gomma. “Nella foresta il lavoro è duro e pericoloso: bisogna alzarsi alle due o alle tre del mattino e la presenza delle pantere, dei serpenti e di insetti velenosi richiede professionalità e organizzazione. Ma è sempre meglio che nelle città, invivibili e caotiche dove bisogna pagare tutto, anche l’acqua che il buon Dio ci ha dato gratuitamente.” Questa era la filosofia di vita di Chico Mendez. Nel 1970 in Brasile viene avviato il cosiddetto “Piano di Integrazione Nazionale” con il quale viene data mano libera ai latifondisti del sud, agli allevatori di bestiame e alle compagnie di legname, che invadono le regioni di Acre e Rondonia iniziando i grandi disboscamenti. Per difendersi dagli attacchi di questi nuovi arrivati, che distruggono la foresta togliendo ai lavoratori rurali i loro mezzi di


6-SE I POLMONI SI SGONFIANO 71 sostentamento, Chico Mendes organizza nel 1975 un sindacato di seringueiros, gli addetti all’estrazione del caucciù. Le forme di lotta sono assolutamente non violente: gruppi di lavoratori rurali formano blocchi umani intorno alle aree di foresta minacciate dalla distruzione. Queste azioni però attirano presto la collera dei latifondisti, abituati a risolvere i problemi alle spicce, attraverso la corruzione o addirittura assoldando pistoleri per eliminare gli ostacoli umani. Queste azioni di contrasto salvano però migliaia di ettari di foresta che vengono dichiarati riserve protette, nella quali i lavoratori rurali possono continuare a lavorare il lattice di gomma e a raccogliere frutti, noci e fibre vegetali. Chico Mendes viene in questo modo conosciuto a livello internazionale, tanto da essere addirittura chiamato a Washington a parlare al Congresso americano. Nel 1987 riceve il premio Global 500 dell’Unep, l’organizzazione dell’Onu per la tutela dell’ambiente. Ma l’essere il leader dei movimenti di tutela della foresta amazzonica gli crea anche una serie di acerrimi nemici e di oppositori infuriati. Chico Mendes riceve minacce di morte sempre più numerose e, il 22 dicembre del 1988, viene assassinato proprio sulla soglia di casa.


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– Per i bastioni di Osiride! Che storia triste... – Vedi amico mio perché non c’è da farsi illusioni? Gli uomini pensano solo ai propri interessi. Anche se la temperatura aumenta e servirebbero più foreste per contrastare questo fenomeno cosa facciamo? Tagliamo quelle che ci rimangono e facciamo fuori chi si oppone. E poi non dovrei essere pessimista? – Per pura curiosità: e qui in Italia le cose vanno un po’ meglio? – Ma neanche per sogno! Anche in Italia il consumo della vegetazione è un problema serio. Negli ultimi cinquant’anni il cemento ha soffocato una superficie di oltre tre milioni di ettari, un’area verde pari a quella della Puglia e della Calabria messe insieme, fatta di boschi, terreni agricoli e pascoli. Si tratta di un’espansione priva di qualsiasi logica, un’urbanizzazione aggressiva e stolta che sfigura i bei paesaggi di questa penisola. Una follia, che allinea questo paese ai programmi scriteriati di impoverimento ambientale praticati dagli stati più arretrati, come se l’Italia fosse qualcosa di simile al deserto di Gobi. Per non parlare del dissesto idrogeologico... in Italia si sono verificate più di quattrocentottantamila frane che interessano un’area pari a un decimo della penisola... – Come non detto, Professore, come non detto...


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CHE FINE HA FATTO IL DODO? Da qualche tempo molte specie viventi, animali e vegetali, sono in serio pericolo e corrono il rischio di estinguersi. Capitan Saetta prima si annoia un po’, ma poi incontra l’affascinante Dottoressa Wilcox e capisce di colpo in cosa consiste il segreto della biodiversità.

NONO GIORNO, 14.58

LAGO AZZURRO – ITALIA – CRCA Dopo otto giorni in compagnia di Capitan Saetta il Professor Green ha un po’ trascurato gli impegni di ufficio ma è consapevole di non avere ancora completamente convinto il suo volonteroso amico ad aiutarlo a portare a compimento il Progetto Pianeta Verde.

Professor Green: Grazie Mirella, lasci pure la posta sulla mia scrivania. Dunque vediamo... dove eravamo rimasti... ah sì, supereroe. Vieni qui che voglio parlarti di un altro buon motivo per andarcene dal nostro attuale pianeta. Forza, avvicinati al mio acquario tropicale, cosa vedi? Capitan Saetta: Caspita, è strepitoso. Ci sono tanti pesci, di diverse forme e colori. Guardi quello buffo, lì nell’angolo in basso! – Si tratta di uno Xiphophorus Maculatus. Ti piacciono i pesci? – Moltissimo! Le devo confessare una cosa Professore. Ogni tanto, per vincere la noia, uso i miei super poteri, faccio un super respiro, mi tuffo nell’oceano e vago per ore in cerca di balene, delfini e polipi giganti. – Eh ti capisco amico mio! Quanto a me, anch’io quando sono al mare adoro veder nuotare i pesciolini. Però non dobbiamo scordare che ai pesci sono interessati anche i pescatori, uomini che li catturano per venderli alle pescherie, dove compriamo la nostra orata o un bel trancio di pesce spada. I pesci, così come molte altre specie animali e vegetali, sono sotto attacco. – Professor Green, lei vede nemici dappertutto! – Io non ce l’ho con i pescatori, sia chiaro. Del resto i pescatori fanno


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quello che l’uomo ha sempre fatto fin dalle sue origini: cacciare, catturare delle prede per assicurare alla propria tribù il cibo necessario alla sopravvivenza. Il fatto è che nel frattempo le tribù non sono più tribù ma enormi collettività, con milioni e milioni di abitanti, e noi continuiamo a comportarci allo stesso modo, come se le prede da catturare fossero infinite. Leggi questo articolo del Professor Daly, l’oceanologo con cui ho trascorso le vacanze nel mar del Giappone. Ci parla del sushi per farci capire la gravità del problema. – Il sushi è quel pesce crudo che preparano i cuochi giapponesi? – Proprio così, figurati se ti trovavo impreparato in fatto di cibo. Ora leggiamo... DOCUMENTO 10

“QUANTO CI COSTA IL SUSHI: IL CONTO AMBIENTALE” DI ANTHONY DALY ... Non sono vegetariano e non ci trovo nulla di male nel nutrirmi con del buon pesce. Per vivere abbiamo bisogno di calorie e proteine e il pesce fa parte della nostra dieta. Il vero problema sta nel fatto che la crescita della popolazione e il consumo di cibi sempre più ricercati, a base di pesce appunto, stanno mettendo a dura prova la tenuta delle riserve ittiche. A una gran parte dei quasi sette miliardi di persone che abitano il pianeta, fa piacere avere sulla propria tavola del buon pesce da mangiare. Quanti di noi hanno imparato ad apprezzare il sushi? Ebbene, moltissimi, ma quasi nessuno si interroga sul conto ambientale da pagare. I pescatori sono dappertutto e mentre in passato usavano barche e reti oggi hanno a disposizione enormi macchinari marini in grado di catturare senza difficoltà migliaia e migliaia di pesci in poche ore. 50 anni fa si pescavano in tutto il mondo 20 milioni di tonnellate di pesce mentre oggi se ne pescano quasi 100 milioni, 5 volte tanto! Cosa vuol dire tutto questo? Semplice. Significa che lo sfruttamento dei mari e dei corsi d’acqua dolce è diventato insostenibile. Avanti di questo passo non ci sarà più pesce da pescare perché non gli viene lasciato il tempo di crescere e riprodursi. Molte specie di pesci sono quasi estinte e rischiamo di non vederle mai più.


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– Per tutti i tentacoli dei mostri degli abissi! Qui il problema è molto serio. Ma come sono fatti questi macchinari marini? – Vuoi sapere qualcosa di più sulla pesca industriale? Allora saliamo a bordo della tua astronave, si parte per un piccolo viaggio... DECIMO GIORNO, 8.05

PUERTO PRINCESA – FILIPPINE PRESSI DELL’ISOLA DI PALAWAN, MAR CINESE MERIDIONALE I nostri amici sono atterrati in un paradiso tropicale, Puerto Princesa nell’isola di Palawan, la più estesa tra quelle che compongono questa provincia. Palawan ha centinaia di chilometri di spiagge meravigliose, che si affacciano a sud-est sul Mare di Sulu e a nord-ovest sul Mar cinese. Ed è proprio qui, nel Mar cinese, che il Professor Green ha deciso di affittare un battello per mostrare al Capitano una zona molto particolare dell’Oceano Pacifico, attraversata da alcune delle rotte marittime più trafficate al mondo, che collegano la Cina, il Giappone, la Corea e Taiwan con l’Oceano Indiano.

Professor Green: Passami quella cerata, gli spruzzi d’acqua mi stanno inzuppando! Capitan Saetta: Eccola Professore. È che questo battello corre come un delfino: stiamo viaggiando a sedici nodi. Dico al capitano di darsi una calmata... – Non preoccuparti! Abbiamo fretta... Ti ho portato qui nel Mar della Cina per farti assistere a una gara per la sopravvivenza tra uomini e pesci. – Mmmh... Mi sa tanto che la gara è già decisa in partenza. – Hai detto bene. I poveri pesci non hanno la benché minima possibilità di salvarsi o di lottare contro la tecnologia dell’uomo. Guarda un po’ quei mastodontici pescherecci laggiù. – Come fanno a catturare tutti quei pesci? – Nella pesca industriale si usano tecniche e attrezzature micidiali. Le reti vengono gettate appena sotto la superficie oppure trascinate sul fondo. La rete da superficie più efficace è la senna a sacco, una lunga rete a traino che viene calata nell’acqua come una tenda, con la parte inferiore appesantita da piombi e quella superiore tenuta a pelo d’acqua da galleggianti: viene chiusa a cerchio intorno a un banco di pesci e poi stretta sul fondo con una fune. Ora ci avviciniamo a quei pescherecci, così puoi osservare meglio.


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– Ma sono reti gigantesche! I pesci non hanno scampo. – E questo è niente. Con quelle reti a traino si catturano i pesci che nuotano in banchi a mezz’acqua, come il merluzzo e l’aringa. Sono le più importanti per la pesca d’altura: vengono trainate da due lunghi cavi e tenute aperte da due distanziatori. – Laggiù invece? Quelle imbarcazioni di pescatori non sembrano avere reti. – Solo perché stanno pescando molluschi e crostacei dei fondali marini. – E come fanno? – Li rastrellano con apposite draghe a pettine. Le ostriche invece, che vivono in prossimità delle coste, vengono pescate sia con le draghe sia con lunghe pinze. I granchi vengono spesso catturati con trappole di filo metallico, mentre per le aragoste si usano anche trappole di legno. Capitano del battello: Lei sa tutto sulla pesca Professore. In effetti le flotte da pesca moderne, come quella russa o quella giapponese, usano grandi motopescherecci capaci di tirare a bordo reti cariche di oltre cento tonnellate di pesce, con attrezzature industriali che permettono di pulire e surgelare immediatamente il pescato. Con questo tipo di navi una campagna di pesca può durare anche diversi mesi. Fra le normali attrezzature c’è anche il sonar, che riesce a localizzare in modo perfetto i banchi di pesce e a valutarne le dimensioni. – Professor Green: E mi hanno detto che per individuare i banchi del pesce di superficie vengono addirittura impiegati aeroplani ed elicotteri. Capitano del battello: Proprio così! Invece i banchi di alcune specie di molluschi, come seppie e polpi, vengono attratti con forti luci e risucchiati all’interno della nave da apposite pompe aspiranti. Capitan Saetta: Basta così: vado ad affondare un centinaio di pescherecci, così rendiamo un po’ più equilibrata questa partita truccata! Professor Green: Eccolo qua, il superbabbeo! Possibile che ti venga in mente solo di distruggere, spaccare o affondare? Eliminare qualche imbarcazione da pesca non servirà a nulla e poi il problema non riguarda solo i pesci. Le minacce a tutte le specie viventi sul pianeta sono moltissime. – Mmm... – Ne hai avuto abbastanza del mare? – Come ha fatto a capirlo?


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– Dal colore della tua faccia... è lo stesso giallo del tuo costume! – In effetti ho un leggerissimo senso di nausea, mi servirebbe urgentemente... un superbagno! – Allora forza, torniamo alla tua astronave, così ti riprendi un po’ e quando starai meglio rientriamo al Centro Ricerche. UNDICESIMO GIORNO, 9.10

LAGO AZZURRO – ITALIA – CRCA Il mattino seguente il Professor Green vuole fornire a Capitan Saetta maggiori dettagli sulla crescente distruzione delle specie viventi presenti sul pianeta.

Professor Green: Ti ho portato nelle Filippine per farti vedere la distruzione della fauna marina, ma in realtà il rischio di estinzione è molto più esteso. Sono centinaia le specie di animali e di piante estinte o in via di estinzione, quasi sempre a causa delle attività antropiche. Il problema vero è che la perdita di tutte queste specie viventi indebolisce il pianeta Terra, lo rende più fragile. È un attacco in piena regola alla biodiversità. Capitan Saetta: Professore, freni! Ha detto per caso “biodiversità”? Sa, il mio lavoro consiste nell’andare a caccia di supercriminali, non di paroloni scientifici... – Su, su tranquillo. Non è un insulto. Biodiversità vuol dire che tutti gli esseri viventi possono essere diversi tra loro, magari con differenze piccolissime, come due fratelli che si assomigliano molto, ma non sono proprio uguali. La biodiversità serve ad assicurarci armonia ed equilibrio e oggi è gravemente minacciata. Come posso spiegarti la sua importanza? Vediamo... se tutti fossero esattamente uguali a te – per fortuna è solo


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un esempio – stessi occhi, stessa statura, stessa personalità, sarebbe piuttosto noioso, non trovi? Il bello in una compagnia di persone è avere tanti amici, con carattere, aspetto e modi di fare diversi. Se sulla Terra distruggessimo la biodiversità tutto diventerebbe monotono. – Quindi perdendo la biodiversità ci annoieremmo di più? – Beh, non prendermi alla lettera! Il mio era un modo per spiegarti che la biodiversità ha a che fare con la varietà delle specie viventi. Il rischio più grosso della perdita della biodiversità non è la noia ma la sopravvivenza stessa. Forza, facciamo un giretto con la tua astronave. – E dove si va? – Questa volta non ci fermiamo. Basterà fare una veloce sorvolata qui vicino... UNDICESIMO GIORNO, 11.03

SVIZZERA – CAMPAGNE DEL MITTELLAND – GIURA L’astronave di Capitan Saetta attraversa silenziosa il cielo sopra le campagne ordinate a sud di Aarau, laboriosa cittadina svizzera...

– Siamo arrivati! Scendi a bassa quota e sorvola quel campo di mais. Cosa vedi? – Mmm... pannocchie? – Sì, della famiglia delle graminacee, ma che cos’hanno di particolare? – Sono tutte gialle! – Altro? – Hanno tanti chicchi? – E poi? – Professore, non ne ho idea!


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– Ma non vedi che sono una monocoltura? La sto tenendo d’occhio da un po’ di tempo ed è per questo che volevo fartela vedere di persona... – Mono... che? – Monocoltura, testone! Sono pannocchie tutte incredibilmente uguali. Fatte in laboratorio per essere perfette, senza difetti o differenze. – Ahh... forte! – Forte un bel cavolo! Ma lo sai che nell’estate del 1970 un fungo si diffuse negli Stati Uniti e spazzò via i campi di mais come questi al ritmo di ottanta chilometri al giorno? E tutto perché le pannocchie erano troppo identiche e il fungo non trovò alcuna resistenza. Lo stesso rischio lo corrono anche qui perché hanno azzerato la biodiversità del mais. – Quindi, se ho capito bene, lei dice che è pericoloso annullare le differenze. Coltivare piante tutte uguali o allevare animali identici alla fine li rende più deboli, anche se sono le piante e gli animali migliori. – Ohh, mi fa piacere che tu ci sia arrivato! Più varietà abbiamo più è probabile che la natura riesca a far fronte ai mutamenti dell’ambiente. Se una determinata specie è in difficoltà magari un’altra ce la fa a reggere e così tutte riescono a cavarsela meglio. – Afferrato il concetto. Quindi, più specie riescono a sopravvivere, meglio è per la vita del pianeta. – Proprio così amico mio, ma qui le specie stanno diminuendo a vista d’occhio! Dai, saliamo in quota e torniamo al Centro Ricerche. Voglio portarti al nostro laboratorio di biologia per farti sentire il parere di una vera esperta in materia.



82 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE UNDICESIMO GIORNO, 14.20

LAGO AZZURRO – ITALIA – CRCA Il Professor Green accompagna Capitan Saetta nell’ala sud del Centro Ricerche, dove si concentrano numerosi laboratori, collegati attraverso un lungo e candido corridoio illuminato da luci a LED. Nel laboratorio principale i due superano una fila di tavoli da lavoro pieni di provette, alambicchi e strumenti di analisi, e raggiungono un’avvenente ricercatrice dai lunghi capelli biondi e un sorriso smagliante.

Dottoressa Tracy Wilcox: Ciao Teo, chi è il tuo muscoloso amico? Professor Green: Ciao Tracy, questo è Capitan Saetta, gli ho chiesto una mano per un progetto a cui sto lavorando. Hai cinque minuti per spiegargli cosa sta succedendo alle specie vegetali? – Ma certo! Un fusto così merita tutta la mia attenzione... Però mi dispiace doverti dire, Capitano, che le nostre conoscenze sulla biodiversità sono ancora assai limitate. Per esempio le specie vegetali: riteniamo che ce ne siano almeno ottantamila commestibili, ma pochissime sono state studiate in modo approfondito. Quelle che vengono utilizzate sono solo tremila, quelle che vengono coltivate su vasta scala sono solo 150 e gran parte della nostra alimentazione vegetale si basa su appena 29 specie. Insomma, caro Saetta, usiamo soltanto una briciolina di quel che abbiamo a disposizione. Capitan Saetta: Mmmh, con tutti questi numeri... mi sale la pressione! Se ho ben capito avete ancora molto da scoprire sulle piante... Dottoressa Wilcox: Hai capito benissimo. Purtroppo però la biodiversità sta scomparendo ancor prima che noi possiamo conoscerla. Ci troviamo in un’epoca di estinzioni senza precedenti. Intendiamoci, le estinzioni ci sono sempre state, per sostituire vecchie specie con nuove specie più adatte... uno come te lo sa certamente... – E come no... certo! – ... Ma adesso siamo nei guai. Dall’inizio del Novecento il tasso di estinzione globale è aumentato di almeno mille volte rispetto al ritmo “naturale” che caratterizzava la Terra prima dello sviluppo industriale. Professor Green: E nei prossimi cinquant’anni è previsto che il tasso di estinzione sia dieci volte più alto di quello attuale, vero Tracy? Capitano,


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ti ricordi il nostro viaggio in Brasile? Nella foresta tropicale scompaiono in media settantaquattro specie al giorno, una ogni venti minuti! Capitan Saetta: E come potrei scordarmi un viaggio così emozionante. Anche in Italia la situazione è seria? Sa, io chiedo sempre dell’Italia perché mi ci sto affezionando! Dottoressa Wilcox: Senza ombra di dubbio. La perdita di biodiversità in Italia procede a ritmi senza precedenti! Vuoi un esempio? In venticinque anni si sono dimezzate trentatré varietà di uccelli tipiche degli ambienti agricoli, tra cui l’allodola e la rondine.


84 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

– Pazzesco! E la causa di questa distruzione sono le attività antropiche? – Purtroppo in gran parte è così: agricoltura intensiva su scala industriale, pesticidi, disboscamento, calpestio dei terreni, strade e asfalto, incuria, città immense, inquinamento... Professor Green: Come ti dicevo prima, se il numero delle specie si ridurrà troppo la selezione naturale non avrà più una base sufficiente per fare il suo lavoro e difendere la vita. Capitan Saetta: Professore, Dottoressa... Posso chiamarti Tracy? ma come facciamo a salvare questa biodiversità? Professor Green: È come per tutti gli altri problemi. Avremmo dovuto abbandonare il vecchio modo di pensare, le vecchie abitudini e imparare a ragionare in un modo nuovo, ma non ne siamo stati capaci. – Sì, ma adesso cosa succederà? _ Succederà che molte specie animali e vegetali rischieranno di fare la fine del Dodo. Conosci il Dodo? – ... No. Dovrei conoscerlo? – Il Dodo è un buon simbolo dell’attacco alla biodiversità delle specie animali. Il suo nome scientifico è Raphus cucullatus ed era un buffo uccello dell’isola di Mauritius, incapace di volare. Il Dodo si nutriva di frutti e nidificava a terra. Si estinse rapidamente nella seconda metà del diciassettesimo secolo in seguito all’arrivo sull’isola dei portoghesi prima e degli olandesi poi. – E come si estinse? – Semplicissimo. I coloni distrussero il suo habitat naturale, disboscarono le foreste, introdussero specie animali antagoniste, come i cani e i maiali, e mangiarono le sue uova, che sembra fossero ottime. – La morale di questa storia? – La morale è molto chiara: più continueremo a comportarci da razziatori delle piante e degli animali, come opportunisti spensierati, più metteremo a rischio la biodiversità, e di conseguenza la nostra stessa sopravvivenza. Ciao Tracy, noi andiamo. – No, aspetti! Voglio dire... ce ne andiamo di già? Sa, Professore, è proprio vero.. la diversità è una cosa che va difesa, salvata... Va anche coccolata. Una diversità come quella della Dottoressa Wilcox, per esempio – che è


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veramente molto diversa da lei, Professore – quella sarebbe davvero un peccato che si perdesse... – Suvvia! Ma che discorsi sono questi... Dottoressa Wilcox: Ciao Teo. Se torni a Manaus ricordati di portarmi un esemplare di orchidea nana dorata... prima che si estingua! Ah, un’altra cosa... se il tuo amico è libero una di queste sere, dagli pure il mio numero di cellulare!



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QUANTE STORIE PER UN GRADO O DUE In un laboratorio himalayano si discute su come sta cambiando il clima del nostro pianeta e quali sono i terribili guai che potrebbero arrivare da un momento all’altro. E intanto si viaggia, dall’Everest a Milano, fino ad arrivare in cima a una montagna per vedere qualcosa che non c’è.

DODICESIMO GIORNO, ORE 11.27

KATHMANDU – NEPAL – STAZIONE METEOROLOGICA DEL CNR Siamo sbarcati nella pittoresca e movimentata città di Kathmandu, capoluogo e centro spirituale del Nepal, gremita di edifici, pagode, templi, statue, musei, accademie e università. Dalla città il Professor Green e Capitan Saetta si sono incamminati verso le montagne dove, con l’aiuto di alcuni sherpa, vogliono raggiungere una vetta molto particolare.

Capitan Saetta: Dove siamo diretti? Professor Green: Saliamo fino alla bellezza di cinquemila metri. Spero di non schiattare vista l’aria rarefatta che ci attende lassù. – Non ha voluto prendere l’astronave per paura delle tempeste di neve! Per me non è un problema, io respiro anche su Marte, ma lei faccia attenzione. Se permette, la carico sulle spalle che facciamo prima. Vedo una casupola in cima a quella guglia. – Ci siamo! Non è una casupola ma la stazione atmosferica del CNR sull’Everest. – E che ci fa della gente in un luogo così isolato? – Studia le alterazioni del clima che affliggono il pianeta. Vieni, entriamo. Voglio presentarti Federica Borghi, il direttore del laboratorio. Federica Borghi: Benvenuti, vi stavo aspettando! Forza, andiamo nel mio ufficio e mettiamoci comodi. Capitan Saetta: Che posto accogliente quassù in cima alle montagne! Si può avere una tazza di tè caldo? Non che ne abbia bisogno io... ma mi si sono congelati gli stivali!


88 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

Federica Borghi: Ma certo, qui il tè bollente è sempre pronto. Allora Professor Green, al telefono mi ha detto che sarebbe venuto a trovarci con il suo amico per discutere del clima della Terra. Professor Green: Proprio così, dottoressa. Grazie per la sua disponibilità. Ascolta bene, Capitano, perché è giunto il momento che, con l’aiuto del direttore di questa avanzatissima stazione meteorologica, ti parli di uno dei temi più discussi nel mondo scientifico: il mutamento del clima. Capitan Saetta: Dunque qui alla stazione meteorologica state studiando... il clima? Federica Borghi: Proprio così Capitano. Cosa sai del clima? Capitan Saetta: ... il caldo, il freddo... cose di questo tipo, giusto? Io preferisco il caldo perché quando fa freddo mi vengono un po’ di dolori alle ginocchia e allora... Professor Green: Basta! Non ci interessa una cicca dei tuoi acciacchi. Ascolta la dottoressa Borghi e non divaghiamo. Federica Borghi: La tua definizione di clima, Capitan Saetta, non è proprio precisa ma diciamo che è un buon inizio. Devi sapere che la parola clima viene dal greco klima, che significa “inclinazione” e si riferisce all’angolazione dei raggi del Sole rispetto alla Terra: sappiamo tutti che quando il sole è più alto fa più caldo e quando è più basso fa più freddo... Capitan Saetta: È tutta qui allora la questione climatica? Sole alto e sole basso? Federica Borghi: No, Capitano, il clima è fatto di tanti elementi, come la temperatura e l’umidità dell’aria, ed è determinato da tantissimi fattori come la latitudine, l’altitudine, la presenza del mare o della vegetazione, e quindi può cambiare per tantissime ragioni. Capitan Saetta: Non sono sicuro di aver capito bene... Professor Green: Qui se aspettiamo che uno come te capisca tutto del clima arriviamo al 2020 e si fa troppo tardi per i nostri progetti! I fenomeni climatici sono molto complessi e non possiamo entrare nei dettagli. L’importante è che tu capisca che il clima non è un elemento fisso e può cambiare radicalmente, creando dei veri e propri sconvogimenti. Federica Borghi: Leggiamo insieme questa paginetta del libro “Storia del clima della Terra”. Contiene alcuni dati interessanti.


8-QUANTE STORIE PER UN GRADO O DUE 89 DOCUMENTO 11

“STORIA DEL CLIMA DELLA TERRA” – PAG. 28 AUTORI VARI Circa 10.000 anni fa si è conclusa l’ultima grande glaciazione sulla Terra; si ritiene che per tutto quel periodo glaciale la temperatura media del pianeta fosse di almeno 5 °C inferiore a quella attuale. Solo 20.000 anni fa il Canada era coperto da uno strato di ghiaccio spesso tre chilometri e il livello dei mari era 100 metri più basso di quello di oggi. Da allora la Terra è tornata progressivamente a riscaldarsi, e dal 900 avanti Cristo il clima complessivo divenne più mite e umido, favorendo così le condizioni per una eccezionale prosperità agricola e dando il via allo sviluppo delle civiltà greca, etrusca e romana. Nel periodo che va dall’800 al 1200, in Inghilterra si poteva perfino coltivare la vite. Poi il clima rimase mite ma continuò a cambiare, tanto che il periodo che va dal 1400 fino a metà del 1800 venne definito “piccola era glaciale” perché caratterizzato da temperature leggermente più basse che in precedenza.

Capitan Saetta: Ma allora, se il clima è sempre cambiato per i fatti suoi, perché oggi c’è tutto questo allarme? Professor Green: Perché i cambiamenti stanno avvenendo in modo rapidissimo!! Tu pensa che in soli centocinquanta anni... – Centocinquanta anni? E questi sarebbero cambiamenti rapidissimi? – Certo. Cento anni sono tanti per noi esseri umani, e perfino per un superzuccone come te, ma sono un niente rispetto alla vita della terra. Le piante e gli animali che ci circondano sono così da milioni di anni. I cambiamenti di qualche grado di cui leggevi prima sono avvenuti in decine di migliaia di anni, con trasformazioni lente che hanno lasciato agli esseri viventi il tempo di adattarsi. Adesso invece stiamo dicendo che la temperatura media del pianeta potrebbe cambiare di due gradi in meno di un secolo, capisci? Con conseguenze che non possiamo nemmeno immaginare! – Mmmh, e questi... cambiamenti stanno avvenendo davvero? Federica Borghi: Sì Capitano, qui alla stazione meteorologica abbiamo scoperto che negli ultimi trent’anni le emissioni globali di anidride carbo-


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nica e altri gas sono cresciute del settanta per cento, a causa delle attività umane. E noi siamo convinti che questa sia una delle cause principali degli aumenti di temperatura che stiamo registrando. È dimostrato che oggi la Terra assorbe più energia dal Sole di quanta riesca a immetterne nello spazio, nella misura di 0,85 watt per metro quadro. Questa energia in eccesso incrementa l’instabilità climatica e... Capitan Saetta: Sì, sì... come no. Ma ora nomi e cognomi. Chi è che butta nella nostra aria tutta questa anidride carbonica? Federica Borghi: Ce n’è per tutti i gusti. Dalle fabbriche alle automobili che circolano per le strade, dagli aeroplani alle centrali termoelettriche, dagli impianti di riscaldamento delle case e dei palazzi alla legna che viene bruciata per cucinare e riscaldarsi. Trenta miliardi di tonnellate ogni anno. E non c’è da stupirsi che la temperatura aumenti visto che nel frattempo vengono anche disboscate le foreste che potrebbero assorbire almeno una parte di questa CO2. Capitan Saetta: Sarà come dice lei. Quello che non capisco però è come fa l’anidride carbonica a causare tutti questi danni... non fa puzza, non sta avvelenando nessuno... Tutto quello che fa è aumentare un po’ la temperatura? Professor Green: E dici niente!? Dal 1970 la temperatura media della Terra è aumentata di 0,6 °C. In Italia addirittura dal 1981 al 2008 l’incremento è stato di un grado. Ti sembra poco? Capitan Saetta: Beh, sì, mi sembra pochissimo... Professor Green: E invece no. È proprio questo l’errore che fanno tutti! A te sembra pochissimo perché stai pensando a come cambia la temperatura in un posto preciso. Qui in Nepal, per esempio, variazioni di venti o trenta gradi sono normali e non fanno nessun danno. Invece devi guardare il problema in un altro modo, perché noi stiamo parlando della temperatura media della Terra, cioè stiamo calcolando tutte le variazioni di temperatura di tutti i posti del mondo considerati tutti insieme. E quando cambia la temperatura media cambia tutto: i venti, le correnti marine, i ghiacciai, i deserti... tutto! Capitan Saetta: Quindi secondo lei bastano due o tre gradi di differenza... E cosa può succedere?


8-QUANTE STORIE PER UN GRADO O DUE 91

Federica Borghi: Capitano, prova a dare un’occhiata a questo documento e potrai farti un’idea più precisa del problema. Sono i dati proposti dall’organismo internazionale più autorevole in materia, creato dalle Nazioni Unite. DOCUMENTO 12

SINTESI DEL 4° RAPPORTO IPCC VENEZIA MAGGIO 2009 ... Se continuerà ad aumentare la concentrazione di anidride carbonica nell’aria, tra circa 40 anni il livello del mare si alzerà di 12 metri, obbligando 600 milioni di abitanti che vivono vicino alle coste a spostarsi. La siccità ridurrà ulteriormente i raccolti, facendo mancare il cibo che serve a sfamare una popolazione sempre più numerosa. I ghiacciai potrebbero sciogliersi e gli iceberg, vere e proprie montagne di ghiaccio, potrebbero staccarsi dalla massa principale, precipitando nell’oceano. Il tutto sarà aggravato da un fenomeno particolare che avverrà al Polo Nord. Da quelle parti più si ridurrà il ghiaccio, meno la luce del sole verrà riflessa (è quello che si chiama “effetto albedo”). Con meno ghiaccio la luce verrà catturata dall’acqua disciolta e più scura e si trasformerà in calore, contribuendo così a sciogliere altro ghiaccio. Infine le acque di superficie degli oceani si riscalderanno, liberando una grande quantità di energia nell’atmosfera della Terra e scatenando gigantesche tempeste tropicali. In Europa le zone di montagna subiranno un ulteriore ritiro dei ghiacciai, una riduzione della copertura nevosa e perdite di molte specie locali. In Africa oltre 100 milioni di persone saranno esposte alla siccità, causata dai mutamenti climatici. Il costo dell’impatto ecologico delle emissioni di gas a effetto serra è stato valutato in 3.000 miliardi di dollari...

Professor Green: Pensa soltanto all’uragano Katrina, che nell’agosto del 2005 ha devastato New Orleans. Se negli Stati Uniti un uragano ha obbligato un milione e mezzo di persone ad abbandonare le proprie case sulla costa del Golfo del Messico, cosa potrà succedere quando saremo di fronte a queste immani sciagure? Federica Borghi: Nulla di buono Professore. Ha sentito che le Isole


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Maldive hanno già creato un fondo per comprare terre all’estero per i loro quattrocentomila cittadini? Capitan Saetta: E cosa se ne fanno? Professor Green: Ma è ovvio mio ingenuo amico. Quando le Maldive finiranno sott’acqua i suoi abitanti potranno trasferirsi in un luogo... asciutto. Questo soltanto perché le Maldive sono una nazione abbastanza ricca, ma nei paesi più poveri, che non hanno soldi per comprarsi la terra, la gente tenterà di scappare, cercando rifugio nei paesi ricchi. Capitan Saetta: Vuol dire che milioni di persone si riverseranno nelle zone del mondo meno colpite da alluvioni, tempeste e desertificazione? Va bene, va bene... mi avete convinto. Questa storia della febbre del pianeta va presa con le molle. Vediamo un po’... se riuscissi ad allontanare di qualche milione di chilometri l’orbita della Terra dal Sole, forse potremmo far scendere di un paio di gradi la temperatura! Professor Green: Non dire idiozie, e non prendere iniziative a vanvera! Vuoi farci schiattare tutti all’istante? Guarda Capitan Saetta che la soluzione al problema c’è ed è quella per cui ti ho chiamato a Lago Azzurro la settimana scorsa. Sai a cosa mi riferisco... Proprio in quel momento fa il suo ingresso nell’ufficio uno degli assistenti della Dottoressa Borghi, per invitare il Professor Green a esaminare alcuni campioni di ghiaccio (chiamati “carote”) appena estratti dalle zone più profonde del ghiacciaio che circonda il laboratorio. Il professore esce e la Dottoressa Borghi invita Capitan Saetta ad avvicinarsi a un enorme monitor.

– Vedi Capitan Saetta? Da questa postazione ogni giorno verifichiamo lo stato del ghiaccio del Polo Nord. Quando il satellite ci passa sopra noi possiamo vedere esattamente come stanno le cose. Ecco, guarda sullo schermo. Stanno arrivando le immagini del satellite!


8-QUANTE STORIE PER UN GRADO O DUE 93

– Ohh... il Polo Nord. Che bello... ohh... si vedono delle navi. – Sì, e non lo trovi strano? – Strano? E perché? – Perché lì ci dovrebbe essere... ghiaccio! – Ah, già... – Vedi, il Polo Nord è sempre stato ricoperto dai ghiacci ma da due anni, d’estate, lì fa così caldo che i ghiacci si sciolgono e le navi possono tranquillamente percorrerlo. – Per mille iceberg giganti! Questa proprio non la sapevo. – Ora però lo sai. Hai visto con i tuoi stessi occhi uno dei fenomeni più spaventosi e preoccupanti di questo secolo. –Superimpressionante! Qui bisogna dire subito alla gente che abbiamo un problema grosso come un meteorite cosmico! – Ci stiamo provando ma non siamo molto ascoltati... – E perché mai? La realtà è qui, sotto i nostri occhi!


94 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

– Diciamo che qualcuno non crede che stiamo davvero correndo pericoli seri e dice che sono tutte esagerazioni, che non è il caso di preoccuparsi. I più ingenui pensano che in fondo da noi non fa tutto questo caldo, anzi, e in inverno continua a nevicare sempre di più e non si capisce dove è il problema. Poi ci sono quelli che non sono affatto ingenui e che vanno dicendo che non abbiamo certezze, che ci sono ancora tantissimi punti interrogativi... – E perché fanno questo? – Perché creare dubbi e confondere le carte è la tecnica preferita da quelli che non ci vogliono pensare, perché hanno paura, oppure perché vogliono difendere i propri interessi. A complicare le cose c’è il fatto che le trasformazioni di cui stiamo parlando avvengono in modo imprevedibile. Non possiamo dare delle date esatte e dobbiamo fare calcoli sui prossimi decenni. – Quindi lei pensa che le cose cambieranno comunque in peggio. Mi vengono i brividi... – Anche se, al momento, ci sono diversi scenari possibili, ti assicuro che fai bene a preoccuparti. Finita l’analisi ai campioni di ghiaccio il Professor Green ritorna nell’ufficio della Dottoressa Borghi.

Capitan Saetta: Professore! È terribile... le navi... il ghiaccio sciolto... il riscaldamento... io... l’Artide... insomma voglio dire... Professor Green: Certo, certo... ehm... ma vedi un po’ di calmarti. Sei o non sei un supereroe? Dovresti avere un po’ di sangue freddo perdinci! Grazie Dottoressa Borghi, ho visto le carote di ghiaccio. I suoi studi non lasciano dubbi e si vede chiaramente che le concentrazioni di anidride carbonica sono schizzate verso l’alto. Dottoressa Borghi: Già Professore. Vi fermate per cena? Professor Green: Grazie dell’invito ma non le rubiamo altro tempo. So che è molto impegnata con le sue ricerche e comunque anche noi dobbiamo rientrare... Forza Capitan Saetta, si torna alla base! Capitan Saetta: Certo, solo che... sono un po’ scosso. Si può avere un’altra tazza di the prima di partire?


8-QUANTE STORIE PER UN GRADO O DUE 95 TREDICESIMO GIORNO, 13.10

MILANO – ITALIA – CORSO VITTORIO EMANUELE

Se passaste in questo preciso istante nel centro di Milano vedreste, seduti a un tavolino e intenti a discutere, due strani individui. Uno piccolo e ossuto, l’altro alto e muscoloso.

Capitan Saetta: Simpatico questo ristorante vegetariano ma... non si potrebbe ordinare una succulenta bistecca al sangue? Professor Green: Ma come, vuoi aiutare il pianeta e non riesci a fare un piccolo sacrificio nemmeno a tavola? Dai, lascia stare queste quisquiglie, e poi ti ho portato a pranzo sotto le guglie di una delle cattedrali gotiche più importanti del mondo. – Che barba! Questa mattina sono venuto con lei qui a Milano per seguire quella noiosa conferenza sul global warming ma devo confessare che per me parlavano tutti arabo. Poi c’era quel tizio che sosteneva che siamo troppo creduloni nel dare retta a quegli scienziati che parlano di catastrofe ambientale... – Creduloni eh? Voglio spiegarti la differenza che c’è tra l’essere creduloni e l’essere saggi. Sono due atteggiamenti che hanno a che fare con il modo in cui le persone guardano alla faccenda del surriscaldamento del pianeta.. – Creduloni o saggi? – Proprio così. Vediamo un po’... prendi quel ragazzo con il lettore MP3 e il jeans griffato che sta


96 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

attraversando la galleria. Potrebbe avere circa sedici anni. Se quel ragazzo fosse nato qui a Milano intorno al nono secolo dopo Cristo, noi oggi diremmo di lui che è un credulone. – E perché? – Perché nel Medioevo i giovani come lui si sarebbero “bevute” tutte le storie che giravano sulla fine del mondo, prevista intorno all’anno 1000. Bastava recitare qualche passo del libro dell’Apocalisse e qualunque ragazzo dell’epoca avrebbe cominciato a preoccuparsi. Si sarebbe sentito condannato e impotente e avrebbe cercato rifugio e perdono nella preghiera. – E invece? – Invece oggi questo giovanotto è tutt’altro che un credulone. Probabilmente è molto sicuro di sé, segue le mode, si ritiene ben informato ed è convinto di sapere quello che gli succederà. anche se ogni tanto sente parlare di una frana o di una alluvione che però sono “cose che succedono”. Sono anche certo che quel ragazzo fatica a capire tutti questi allarmi sul clima, sempre che ne sia a conoscenza. Quel ragazzo è un indifferente... un menefreghista! – Su Professore.. non lo conosce nemmeno! Magari è un bravo ragazzo che sta tornando da scuola...


8-QUANTE STORIE PER UN GRADO O DUE 97

– Lo spero per lui. Voglio dire... è un bene che quel ragazzo non sia il credulone che avrebbe potuto essere se fosse nato nel Medioevo, ma non è un bene che si sia passati da un estremo all’altro! Nel Medioevo le paure nascevano da leggende e tradizioni popolari, oggi invece i giovani possono raggiungere tutte le informazioni che servono per ragionare con la loro testa, farsi un’opinione e agire di conseguenza. Quel ragazzo farebbe bene a essere “saggio” e cercare di capire quanto sia grave il problema della alterazione del clima. – Certo, sì, saggio. Tranquillo Professor Green. In fondo i giovani sono molto più svegli di quanto lei pensi. Ora però, se ha finito la sua insalata di porri... rientriamo al laboratorio? – No, paga il conto e preparati a tornare in montagna; questa volta però dobbiamo percorrere solo un centinaio di chilometri. – Montagna... ancora!? Ma non le è bastato l’Everest? TREDICESIMO GIORNO, 16.23

PASSO DELLA PRESOLANA – ITALIA – PIEDI DELLA PARETE REGINA

Da Milano, Capitan Saetta e il Professor Green si sono spostati un centinaio di chilometri a nord, fino a raggiungere una fresca località delle Alpi Orobie situata a circa 1.000 metri di altitudine, incastonata tra foreste di abeti, faggi e pini secolari.

Professor Green: Scommetto che ti stai chiedendo cosa diavolo ci facciamo qui. Capitan Saetta: Professore, lei mi legge nel pensiero! – Sai, mi sono detto: non è che con tutti questi scenari futuri sul clima, Capitan Saetta mi va a pensare che in fondo si tratta soltanto di questioni teoriche, di dibattiti un po’ astrusi tra scienziati? – Ma io non ho pensato questo... – Meglio così perché voglio farti vedere un’altra cosa, molto piccola ma anche molto concreta, che riguarda gli effetti dell’aumento della temperatura sulla natura. Guarda quelle rocce lassù, cosa vedi? – Niente!


– Esatto. – E cosa avrei dovuto vedere? – Fino a pochi anni fa quelle rocce erano piene di un fiore chiamato primula delle vette che ora, per il caldo eccessivo è sparito! Pensa che anche il Tussilago Fanfara è dovuto salire a tremila metri per trovare un po’ di fresco. – Quindi siamo saliti fin quassù per non vedere due fiorellini di montagna... – Ecco, appunto. A volte il non vedere più una cosa che c’era fino a poco tempo prima ti costringe a riflettere. Per questo siamo saliti su queste meravigliose montagne. E comunque, non ti sembra un luogo ideale per ragionare sui destini del pianeta? Senti che pace! – Effettivamente... ma mi dica professore, secondo lei quanto tempo abbiamo per risolvere il problema del riscaldamento del clima? – Zero, considerato che gli sforzi fatti fino a oggi dai governi mondiali non hanno prodotto grandi risultati. L’unica cosa concreta è stata il protocollo firmato nella città giapponese di Kyoto nel dicembre 1997, entra-


8-QUANTE STORIE PER UN GRADO O DUE 99

to in vigore il 16 febbraio 2005. Il protocollo avrebbe dovuto limitare le emissioni di anidride carbonica ma un Paese importante come gli Stati Uniti non lo hanno sottoscritto e i risultati sono stati modesti. – Per le nebulose di Antares! Vado subito a fare due parole con il Presidente, in fondo è sempre il capo supremo del mio paese! – Ahh la politica... pensa che poco tempo fa le maggiori nazioni del mondo, Stati Uniti, Cina e India comprese, si sono riunite a Copenhagen per mettersi d’accordo su come limitare l’aumento della temperatura globale in modo da non andare oltre a due gradi in più rispetto al livello del 1900. Ma è stata una delusione totale. Ognuno doveva prendersi le proprie responsabilità, combattendo cinismo e interessi di parte ma invece... Bah! Ormai sono troppo vecchio per credere nei miracoli. – Senta, e se allora non si riuscisse a limitare l’aumento di temperatura a due gradi? – Scusa se te lo dico ma sei un po’ duro a capire le cose... Ti ricordi quando ti ho parlato di estinzione? – Ancora?! Aspetti che faccio gli scongiuri... – Perché? In fondo l’estinzione non è altro che un periodo geologicamente breve durante il quale vi è un massiccio sovvertimento dell’ecosistema terrestre, con scomparsa di un grande numero di specie viventi e sopravvivenza di altre che divengono dominanti... – Cosa ha detto? – Testone! Ho detto che gli umani potrebbero anche sparire! Forse allora saranno gli insetti a dominare il mondo, e magari lo faranno con un po’ più di sale in zucca. Noi intanto con il progetto “Pianeta Verde” ripartiremo da capo da qualche altra parte.


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MA DA DOVE ARRIVA TUTTA QUESTA SPAZZATURA? Quante cose buttano via gli abitanti della Terra! Tutta roba che, in un modo o nell’altro, rimane intorno a noi. Molti di questi rifiuti si vedono benissimo, ma certe volte diventano quasi invisibili, come l’enorme discarica fantasma in mezzo all’oceano dove si tuffa Capitan Saetta.

QUATTORDICESIMO GIORNO, 7.50

LAGO AZZURRO – ITALIA – CRCA Svegli di buon’ora per una rapida colazione, e poi di nuovo al lavoro sui problemi della Terra. Ma Capitan Saetta è un po’ abbattuto, con lo sguardo fisso sulla brioche mezza mangiata che ha dimenticato nella sua tazza


9-MA DA DOVE ARRIVA TUTTA QUESTA SPAZZATURA? 101

Capitan Saetta: Professore, senta, io non sono uno che si scoraggia facilmente, ma qui la situazione in effetti diventa sempre più ingarbugliata. Abbiamo già visto un mucchio di problemi: la deforestazione, questo pasticcio della biodiversità, la Terra che si riscalda, la siccità, la popolazione che aumenta e il cibo che diminuisce... Professor Green: Cosa ti dicevo io? Ci hai messo del tempo ma sei finalmente pronto a darmi una mano a cercare un nuovo pianeta! – Non corriamo troppo... non ho ancora deciso se aiutarla ma... almeno i problemi sono finiti? – Purtroppo no, mi dispiace dovertelo dire, ma c’è un’altra questione che riguarda i paesi più sviluppati, come l’Italia per esempio. Ma vale ovviamente anche per tutti gli altri, Stati Uniti in testa. – E sarebbe? – L’economia usa e getta! – Usa... e getta? – Vedi amico mio, in Occidente ci siamo abituati a comprare sempre più cose e a buttarle via quando non ci servono più, per comprarne altre nuove, buttarle, comprare... La possiamo chiamare economia usa e getta, e funziona così: compri, usi per poco tempo e butti via. Magari potrebbe ancora servire a qualcosa o a qualcuno, ma butti via. Noi, abitanti dei paesi più ricchi, buttiamo di tutto: plastica, vetro, carta, apparecchi elettronici, mobili, vestiti, gli avanzi di quello che mangiamo... Tutto diventa rifiuto. – Ma dove finiscono tutti questi rifiuti? – È proprio questo il punto! Se a casa tua tutto ciò che non usi più venisse depositato per esempio... in salotto, dopo un mese non sarebbe neppure possibile entrare nella stanza. Gli avanzi della cena, la vecchia bicicletta, la lavatrice guasta, il lampadario che non ti piace più, le bottiglie di plastica, i cartoni del latte. Per il pianeta Terra e per la tua città il problema è esattamente lo stesso. – Cosa si dovrebbe fare allora? – Ormai è troppo tardi ma sarebbe bastato copiare dalla natura. Nella savana quando l’elefante fa la “cacca” produce uno scarto che viene immediatamente riciclato da un piccolo animaletto chiamato scarabeo stercoraro.


102 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

– Professore, che schifo... – Però è così che funziona. Solo l’uomo butta via e basta, convinto che ci sia sempre una sorta di mondo parallelo e invisibile che accetta la nostra immondizia. E invece questo mondo non esiste e l’immondizia ci ritorna in testa! – È una delle sue metafore? – Per niente, facciamo un giro qui fuori e vedrai che non sto dicendo altro che la nuda e cruda verità! Il Professor Green e Capitan Saetta lasciano il Centro Ricerche e si incamminano verso il bosco, dopo 20 minuti si imbattono in una zona recintata dove su un cancello di ferro arrugginito è fissato un cartello con la scritta “Discarica Comunale”.

– Capitan Saetta: Che puzza! Cos’è questo fetore? Mi impregnerà la tuta dalla testa ai piedi!


9-MA DA DOVE ARRIVA TUTTA QUESTA SPAZZATURA? 103

– Professor Green: Ti presento la montagna di immondizia prodotta dagli abitanti delle città dei dintorni. Qui, a due passi dal laboratorio! Ora capisci cosa intendevo quando ti parlavo di spazzatura che ci torna in testa? Il mondo si sta trasformando nella città di Leonia. – Leonia? È il nome di questo posto? – No... si tratta di una città immaginaria. – Vuol dire che non esiste? – Esisteva nella mente di Italo Calvino, uno scrittore italiano che l’ha descritta nel suo libro “Le Città Invisibili” e che è più efficace di dieci trattati scientifici sul problema dei rifiuti. – Scommetto che lei ha il suo libro. – Ci puoi giurare. Torniamo al Centro Ricerche, e quando arriviamo te ne faccio leggere un piccolo brano. DOCUMENTO 13

DA “LE CITTÀ INVISIBILI” DI ITALO CALVINO La città di Leonia rifà se stessa tutti i giorni: ogni mattina la popolazione si risveglia tra lenzuola fresche, si lava con saponette appena sgusciate dall’involucro, indossa vestaglie nuove fiammanti, estrae dal più perfezionato frigorifero barattoli di latta ancora intonsi, ascoltando le ultime filastrocche dall’ultimo modello d’apparecchio. Sui marciapiedi, avviluppati in tersi sacchi di plastica, i resti di Leonia d’ieri aspettano il carro dello spazzaturaio. Non solo i tubi di dentifricio schiacciati, lampadine fulminate, giornali, contenitori, materiali d’imballaggio, ma anche scaldabagni, enciclopedie, pianoforti, servizi di porcellana: più che dalle cose di ogni giorno, che vengono fabbricate vendute comprate, l’opulenza di Leonia si misura dalle cose che ogni giorno vengono buttate via per far posto alle nuove. Tanto che ci si chiede se la vera passione di Leonia sia davvero come dicono il godere delle cose nuove e diverse, o non piuttosto l’espellere, l’allontanare da sé, il mondarsi d’una ricorrente impurità. Dove portino ogni giorno il loro carico gli spazzaturai nessuno se lo chiede: fuori dalla città, certo; ma ogni anno la città s’espande, e gli immondezzai devono arretrare più lontano; l’imponenza del gettito aumenta e le cataste s’innalzano, si stratificano, si dispiegano su un perimetro più vasto. Aggiungi che più l’arte di Leonia (segue)


104 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE eccelle nel fabbricare nuovi materiali, più la spazzatura migliora la sua sostanza, resiste al tempo, alle intemperie, a fermentazioni e combustioni. È una fortezza di rimasugli indistruttibili che circonda Leonia, la sovrasta da ogni lato come un acrocoro di montagne. Il risultato è questo: che più Leonia espelle roba più ne accumula; le squame del suo passato si saldano in una corazza che non si può togliere; rinnovandosi ogni giorno la città conserva tutta se stessa nella sola forma definitiva: quella delle spazzature d’ieri che s’ammucchiano sulle spazzature dell’altrieri e di tutti i suoi giorni e anni e lustri.


9-MA DA DOVE ARRIVA TUTTA QUESTA SPAZZATURA? 105

– Da brividi questa Leonia, ma quando è stato scritto il libro? – Trentasette anni fa. – Allora già così tanto tempo fa si sapeva che a furia di buttare non ci sarebbe stato più spazio dove mettere i rifiuti di sette miliardi di persone che, come dice lei, comprano, usano, buttano, comprano, usano, buttano... – Proprio così. Dai, vai a preparare l’astronave. È il momento di fare un altro giro e questa volta... rimarrai davvero senza fiato! QUATTORDICESIMO GIORNO, 14.30

COSTE DEL LIBANO – A SUD DI JUBAYL – Professor Green: Ok! Abbassati sopra quel porto. – Capitan Saetta: Dobbiamo fare una sosta? – No, no. Meglio di no. E poi non è la nostra destinazione finale. Voglio solo che tu dia un’occhiata qui dall’alto a quelle navi arrugginite. – Ma di che porto di tratta? – Qui siamo in una zona che i trafficanti di rifiuti chiamano “porto dei veleni”. – ... Dei veleni? – Proprio così caro mio. Quelle navi contengono rifiuti pericolosi prodotti nei paesi dell’occidente e scaricati senza tanti scrupoli da queste parti. – Ma la gente del posto non si ammala? – Quanto sei ingenuo! Certo che si ammala, ma ai trafficanti illegali e ai loro datori di lavoro questo non interessa un bel niente. Basta guadagnarci e trovare qualche industria compiacente disposta a pagare. – Maledizione! Ma questo è un crimine orribile. Io li prendo tutti a calci nel sedere questi trafficanti dei miei stivali! – ... Aspetta ad arrabbiarti. Non hai ancora visto niente. – E cosa ci può essere peggio di questo? – Solo un po’ di pazienza...


106 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE QUATTORDICESIMO GIORNO, 16.40

OCEANO PACIFICO – AL LARGO DELLE HAWAII PACIFIC TRASH VORTEX Percorrendo velocemente migliaia di chilometri il Professor Green ha portato Capitan Saetta su una stranissima isola, la più grande e impalpabile di quelle esistenti. Un’isola fantasma sulla quale non si può camminare: è il Pacific Trash Vortex. Capitan Saetta parcheggia l’astronave a mezz’aria, a un paio di metri dall’acqua.

Capitan Cometa: Ma cosa è successo all’acqua dell’oceano? È una specie di orrenda zuppa piena di pezzi di plastica... Professor Green: La chiamano Pacific Trash Vortex, il vortice di spazzatura dell’Oceano Pacifico. Ha un diametro di circa duemilacinquecento chilometri, è profonda una trentina di metri ed è composta per l’ottanta percento da plastica, e il resto da altri rifiuti che giungono da ogni dove. In quest’isola dell’immondizia potrebbero essere contenuti fino a cento milioni di tonnellate di detriti. Allora, supereroe, perché non ti butti sott’acqua e vai a dare un’occhiata dall’interno?


99-MA -MA DA DOVE ARRIVA TUTTA QUESTA SPAZZATURA? 107

Dopo qualche minuto Capitan Saetta riemerge, completamente ricoperto da una fanghiglia marroncina e maleodorante che gli è rimasta appiccicata alla tuta.

– Ma è una follia! Una schifezza inimmaginabile!! Una specie di immensa isola nel mezzo dell’Oceano Pacifico fatta di spazzatura molle e collosa! Da quanto tempo esiste? – Questa discarica galleggiante ha cominciato a formarsi fin dagli anni Cinquanta, a causa di una lunga corrente oceanica che si muove lentamente, in senso orario e a spirale, e risucchia a poco a poco i rifiuti abbandonati in mare, anche a migliaia di chilometri da qui. L’area è una specie di deserto liquido, dove la vita marina è ridotta al minimo. Non ci vengono neanche i pescherecci o altre imbarcazioni, ed è per questo che è poco conosciuta ai più. Il materiale poi, qualche volta scivola fuori da questo vortice e va ad accumularsi su alcune spiagge delle Isole Hawaii o addirittura su quelle della California. – Spazzatura sulle spiagge? – In abbondanza. In alcuni casi la quantità di plastica che si arena è tale da formare veri e propri cumuli, spessi anche tre metri. – Ma da dove viene tutta questa plastica?


108 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

– La maggior parte arriva dalle coste dell’Asia e dell’America, circa l’ottanta per cento. Il resto proviene da navi private o commerciali e da navi pescherecce. Devi sapere che nel mondo vengono prodotti cento miliardi di chilogrammi di plastica ogni anno, e di questi grosso modo il dieci per cento finisce in mare. Il settanta per cento di questi scarti poi, andrà sul fondo degli oceani, danneggiando la vita dei fondali, mentre il resto continua a stare a galla. La maggior parte di questa plastica è poco biodegradabile e finisce per sminuzzarsi in particelle piccolissime che poi terminano la loro corsa nello stomaco di molti animali marini portandoli alla morte. Quella che rimane si decomporrà solo tra centinaia di anni, provocando da qui ad allora altri guai. Vedo che sei senza parole... Credo sia il caso di tornare sulla terraferma per darti una calmata e farti una doccia. – Buona idea, torniamo al Centro Ricerche? – No, facciamo un salto a Tokyo, tanto è qui vicino! C’è un’ultima cosa che voglio farti vedere... QUATTORDICESIMO GIORNO, 19.00

TOKYO – GIAPPONE

Capitan Saetta è seduto, di fronte al Professor Green, sul letto della sua stanza d’albergo nel caotico centro di Tokyo. È avvolto in un accappatoio e sembra ancora frastornato dalla recente esperienza.

Capitan Saetta: Se non lo avessi visto con i miei occhi non ci crederei... una specie di continente galleggiante fatto di immondizia! Ma quanta ne producete? Nei paesi ricchi consumate come pazzi, troppo cibo, troppe bevande, troppi oggetti... E poi buttate via tutto dove capita, nelle discariche o anche dentro nel mare... oppure spedite tutto nei paesi poveri che nuotano nella spazzatura, la loro e la vostra... È una vera pazzia... – Già, e poi c’è l’inquinamento. – Inquinamento: “Alterazione dell’ambiente, di origine antropica o naturale, che produce disagi o danni permanenti per la vita di una zona e che non è in equilibrio con i cicli naturali esistenti”. Ecco, è scritto qui, nel dizionario scientifico che ha scritto proprio lei.


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– Sì, credo che sia una buona definizione. In fondo i rifiuti li puoi vedere a occhio nudo, come quelli ammassati nelle discariche. Però... l’inquinamento è più subdolo. Per questo per spiegartelo ho deciso di fare un salto qui a Tokyo, una delle città più inquinate al mondo. Ti va di fare due passi in centro? – Metto un costume pulito e andiamo! Capitan Saetta e il Professor Green sono usciti dall’albergo per addentrarsi nelle grandi arterie commerciali della metropoli. Migliaia di persone affollano i marciapiedi, il traffico è bloccato e l’aria densa di smog.

Capitan Saetta: Allora... perché mi ha fatto volare fino a Tokyo? Mica per respirare questa puzza, vero? Professor Green: Era comoda da raggiungere dall’Oceano Pacifico e poi


110 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

ti ho detto che qui riesco a mostrarti una cosa importante che riguarda l’inquinamento. Voglio solo che tu scruti il cielo... cosa vedi? – Niente, vedo... il cielo. Perché, cosa dovrebbe esserci? – È ancora giorno ma forse vedi il sole? Qualche nube? Uccelli? – Beh, no... Qui c’è un cielo grigio topo, tutto uguale. Non si vede niente. È un problema? – È “il” problema. Questo è esattamente l’inquinamento: lui ti impedisce di vedere e tu non riesci a vederlo. L’inquinamento è fatto di polveri, liquidi, vapori, frammenti microscopici che si mischiano con l’acqua, con l’aria e con il terreno. Si vede molto meno dei rifiuti. Per capire se c’è o no inquinamento bisogna osservare con attenzione, con l’aiuto di strumenti speciali...


9-MA DA DOVE ARRIVA TUTTA QUESTA SPAZZATURA? 111

– E si vede solo che l’acqua è un po’ più sporca, l’aria è un po’ più opaca, la terra è meno fertile... – Esatto! Sembrano più o meno uguali a prima vista e invece sono cambiate nella loro sostanza: sono inquinate, velenose, e tutta la vita che è collegata a loro fa molta più fatica a svilupparsi. Guardati intorno: come si può vivere in un posto così sporco e inquinato, prigionieri dei rifiuti invisibili? – Ma la gente non si è mai lamentata di questa situazione? – Fino a un certo punto. Le persone si sono rassegnate all’idea di dover subire qualche danno pur di partecipare alla grande avventura del progresso. Solo una piccola minoranza ha capito la portata dei rischi e si è ribellata. Molta gente si è trovata, quasi senza accorgersene, a trascorrere la propria esistenza in città invivibili, dense di traffico, sature di aria inquinata e con pochi spazi per lo svago e il tempo libero. È una vera e propria follia! – Io vivo a New York, nel quartiere di Brooklyn. Dice che i miei polmoni sono a rischio? – Non so di cosa siano fatti i tuoi polmoni, ma con quelli ci puoi respirare anche l’acido solforico. No, sono a rischio quelli di tutte le persone normali che vivono nelle grandi città tipo questa. Le megalopoli sono nate da pochi decenni. Offrono tante cose ma creano anche problemi mai sperimentati prima dagli esseri umani. Sai, abitare tutti insieme significa ricevere proprio lì una gran quantità di cose e non sapere più dove metterle. E significa scaldarsi, mangiare, muoversi in uno spazio sempre più stretto producendo fumi, esalazioni e fognature che rimangono a un passo da noi. Forza, torniamo in albergo, prima di morire soffocati! Il Capitano e il Professor Green sono rientrati nell’hotel che li ospita per la notte e si congedano per andare a dormire.

Capitan Saetta: Io vado a dormire, non mi reggo in piedi. Buonanotte. Professor Green: Aspetta! Solo cinque minuti. Voglio farti leggere una cosa che ho scritto qualche anno fa per la Conferenza per lo Sviluppo Sostenibile a New York.


112 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE DOCUMENTO 14

CONFERENZA PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE – NEW YORK 2004 INTERVENTO DEL PROFESSOR THEODORUS GREEN Gentili delegati, non ci può sfuggire il fatto che solo cento anni fa nelle città abitavano 150 milioni di persone. Oggi le grandi città del mondo ospitano 3,5 miliardi di esseri umani. Sulla Terra ci sono 20 gigantesche megalopoli con più di 10 milioni di abitanti. Tokyo, la più grande, un secolo fa aveva un milione e mezzo di abitanti, oggi 35 milioni. In questi luoghi l’aria che si respira danneggia il nostro organismo perché è piena di sostanze inquinanti. L’inquinamento in costante aumento nelle città di tutto il mondo ha portato conseguenze gravi sullo stato di salute generale degli abitanti dei centri urbani. Si sono registrati aumenti di tumori, un incremento delle malattie respiratorie, fenomeni allergici nonché un notevole picco di casi di asma infantile e reazioni esagerate agli allergeni. Una riduzione dell’inquinamento dell’aria in città come Città del Messico, Pechino o Los Angeles potrebbe allungare la vita dei loro abitanti di parecchi anni...

– Ora capisci il problema delle città... non solo quelle gigantesche! Per esempio... Ti ricordi Milano? Sai, dove ti ho portato a pranzo al ristorante vegetariano... – ... Certo che mi ricordo. L’insalata di porri. E come potrei dimenticarla! Posso... andare a letto ora? – Ecco, prendi Milano: è una città attraente e vitale ma con un milione di abitanti che non solo producono una quantità enorme di rifiuti ma che consumano volumi smisurati di risorse: trecentocinquantamila tonnellate di cemento, duecentomila tonnellate di metalli e duecentocinquanta miliardi di litri di acqua all’anno. Milano occupa solo centottanta chilometri quadrati ma ha un’impronta ambientale equivalente per un territorio trecento volte più grande. – Per le lune di Giove! Chissà la mia New York allora... – Moltiplica per dieci. Va bene, basta così. Prima che tu vada a dormire volevo dirti che con oggi abbiamo terminato le nostre gite in giro per il mondo. Mi sono stancato di portarti in giro a vedere cose che


9-MA DA DOVE ARRIVA TUTTA QUESTA SPAZZATURA? 113

mi fanno perdere per la disperazione i pochi capelli che ho in testa. Da domani si comincia a lavorare sul serio. Si torna al Centro Ricerche e si inizia a studiare le mappe stellari! – Ma Professore... – Niente ma. E adesso... a dormire! È meglio che domani ti presenti riposato e in forma.


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I PRIGIONIERI DEL CIRCOLO VIZIOSO RIESCONO A FUGGIRE Problemi, problemi e problemi. A guardarli uno per uno si capisce che ogni volta c’è qualcosa di sbagliato, che fa ricominciare tutto da capo e peggiora la situazione. Dov’è l’errore? Perfino il Professor Green comincia ormai a farneticare, ma Capitan Saetta ha un’idea semplice e geniale, e decide di prendere in pugno la situazione.

QUINDICESIMO GIORNO, ORE 12.10

LAGO AZZURRO – ITALIA CRCA Rientrati al Centro Ricerche dopo la nottata trascorsa a Tokyo, nell’ora di pranzo Capitan Saetta farà un nuovo e gradito incontro...

Capitan Saetta: Ottima idea, Professore, quella di fare un bel pranzetto abbondante prima di rimetterci al lavoro. Il mio super stomaco comincia a brontolare! Professor Green: Ah... ecco cosa sono questi tuoni! Dai, entriamo. Al ristorante abbiamo appuntamento con un vecchio amico che ho invitato proprio per aiutarci a studiare le mappe stellari. – E di chi si tratta? – Sigfried Krantz. Ora te lo presento. Ciao Sig, questo è il tipo di cui ti ho parlato... Capitan Saetta. Dottor Sigfried Krantz: Buongiorno Capitano e complimenti per il costume, davvero origina-


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le. Il mio amico Teo mi ha raccontato molte cose su di te. Mi ha detto che sei un tipo in gamba e che hai girato il mondo per vedere i disastri che il genere umano ha combinato su questo pianeta. – In effetti è da più di due settimane che giriamo in lungo e in largo con la mia astronave! È un piacere conoscerla di persona Dottor Krantz, il Professor Green mi ha raccontato tante cose sulle sue ricerche. – Siediti qui con me. Scommetto che tu e Teo avete fatto molte scoperte interessanti... – Sì, dunque: abbiamo visto che gli abitanti della Terra stanno consumando le principali materie prime e tutto il petrolio, che l’acqua scarseggia, che le risorse agricole sono minacciate, che c’è un sacco di anidride carbonica nell’aria e che, a causa di ciò, la temperatura media della Terra continua a salire, che l’aumento della temperatura peggiora tutti gli altri problemi, l’acqua, il cibo, i sistemi naturali, la biodiversità e non so che altro... e poi questo aumento della popolazione è un disastro e non si capisce... – Calma Capitano, calma! Tira il fiato e assaggia questi tortellini alla ricotta e spinaci, sono deliziosi. – Ah sì, grazie... Umm... Squisiti! Mi passa il formaggio? – Ecco qua, ma ora torniamo a noi. Lo sai che quello che hai appena finito di descrivere non è altro che... un circolo vizioso? – Circolo vizioso? Ma davvero? – Davvero! Una concatenazione di eventi negativi che si alimentano l’uno con l’altro. – Come per esempio? – Prendiamo il circolo vizioso di una persona che ama mangiare tanto. Se uno mangia molto ingrassa, e lo stomaco diventa più grande, e così gli viene più fame, e mangia ancora di più, e ingrassa e lo stomaco diventa ancora più grande e ingrassa e mangia ancora di più... questo è il circolo vizioso in cui cadono gli obesi. – Non è che ha fatto questo esempio pensando al mio appetito, vero? Io mangio molto ma faccio ginnastica tutte le mattine. Sono un supereroe! – Ma no, perché vai a pensare una cosa del genere! Allora ti faccio un altro esempio: se un contadino decide di coltivare pomodori enormi, che


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hanno bisogno di molti fertilizzanti, deve riempire il terreno di prodotti chimici e dopo un paio di stagioni il terreno si impoverisce, e ha bisogno di ancora più fertilizzanti, e si riempie ancora di più di prodotti chimici, e si impoverisce ancora, e ha bisogni di altri fertilizzanti... questo è il circolo vizioso dell’agricoltura intensiva, che sfrutta i terreni così tanto che dopo qualche anno non servono più a nulla. – Ci sono! Anche tutti i problemi pazzeschi che mi ha spiegato il Professor Green in questi giorni sono come dei circoli viziosi, vero? Ogni volta c’è qualcosa di sbagliato, che fa ricominciare tutto da capo e peggiora la situazione. Ma dove diavolo è l’errore? Tra povertà, inquinamento, mancanza di cibo, clima impazzito... ho la testa che gira come un disco volante... mi sembra tutto tremendamente complicato... – No! Non complicato... complesso! – Complicato, complesso... va be’, non è la stessa roba? – Non proprio. Vedi Capitano, una cosa complicata è disordinata, confusa e ti fa perdere tempo per raccapezzarti. Per esempio un gomitolo di spago, tutto annodato insieme, è complicato da sciogliere. – E una cosa complessa invece? – Le cose complesse non sono disordinate e confuse. Sembrano complicate perché le si guarda nel modo sbagliato, ma se impari a guardarle nel modo corretto tutto diventa chiaro. Magari difficile da fare, ma molto


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chiaro. Il segreto per capire un meccanismo complesso è non guardare mai “una cosa alla volta”, ma vedere ogni oggetto, ogni persona, ogni problema insieme a tutto quello che gli sta intorno. – Non è che mi aiuta con un altro piccolo esempio? – Vedi quelle orchidee all’ingresso del ristorante? Bellissime... bene, io potrei decidere di trapiantarle sul balcone della mia casa a Ischia. Ma dopo pochi giorni diventerebbero secche e vizze e dovrei buttarle via. Dov’è l’errore? È che se guardo una cosa alla volta – l’orchidea, che mi piace moltissimo, e basta – penso di poterci fare tutto quello che voglio. Se invece guardo l’orchidea “insieme a quello che gli sta intorno”, vedo che ci sono particolari condizioni di luce, di temperatura, di umidità, senza le quali quella pianta non riesce a vivere. In pratica, se imparo a osservare i rapporti che ci sono tra le cose, capisco la loro “complessità” e se ci ragiono sopra riesco a trovare la soluzione giusta per qualunque problema. Per esempio, prendo l’orchidea e la porto a casa del mio amico Antony che abita sul Lago di Como e tutto funziona. Certo, bisogna studiare un po’, ma non è così difficile come sembra. – Ma allora è questo che intendeva il professor Green ogni volta che mi diceva “bisogna imparare a guardare le cose in modo diverso”. Professor Green: Proprio così supereroe, finalmente vedo guizzare il cervello in mezzo ai tuoi muscoli... è da anni che cerco di spiegare questo modo diverso di guardare il mondo e l’ambiente. Anche i problemi della Terra potrebbero essere risolti ma io ci ho già sprecato troppo tempo, ormai la decisione è presa e se voi due avete finito di divagare vi sarei grato se aveste la cortesia di mettervi al lavoro sulla ricerca del nostro prossimo pianeta! Professor Krantz: Ma Teo, perché non ci riflettiamo su ancora un po’? In fondo tu eri uno dei più convinti sostenitori dello sviluppo sostenibile... Professor Green: Sviluppo sostenibile? Ma quale sviluppo! Vent’anni fa forse si poteva ancora fare qualcosa ma ormai è troppo tardi. Gli esseri umani non troveranno mai la volontà di cambiare il loro sciagurato stile di vita. Capitan Saetta: E no, Professore, glielo devo dire! Non lascerò che lei molli così. Se lo capisco perfino io vuol dire che lo possono capire tutti.


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Adesso non ce ne andiamo affatto da qui. Adesso lei si rimbocca le maniche e mi fa vedere come è fatto esattamente il circolo vizioso di questo pianeta e quello che si può fare per fermarlo... Professor Krantz: Dai Teo, in fondo Capitan Saetta ha ragione. Ti conosco da quarant’anni e so quanto tu abbia a cuore la nostra amata Terra. Forse il tuo... Progetto Pianeta Verde potrebbe aspettare ancora qualche mese! Professor Green: Ascoltatemi bene voi due congiurati! Non rinuncerò al mio progetto di un nuovo pianeta in cui far vivere le prossime generazioni, e se non mi aiuterete... vorrà dire che troverò qualcun altro disposto a farlo! – Non ti sto chiedendo di rinunciare al progetto “Pianeta Verde” ma, in nome della vecchia amicizia, di dedicare ancora un paio di settimane al Capitano per fargli capire meglio cosa fare qui sulla Terra una volta che tu te ne sarai andato. – Mmm... Se concedo due settimane al Capitano, prometti di aiutarmi con le mappe stellari? – Promesso! – Sta bene! Dedicherò ancora un po’ di tempo a spiegare a Capitan Saetta i rimedi possibili. Non che io ne sia convinto ma se non mi vuole aiutare a localizzare un pianeta migliore almeno gli darò qualche consiglio su come tentare di salvare il salvabile su questo qui. Capitan Saetta: Grazie Professore, non se ne pentirà! Professor Green: Ok Sigfried, disegna per il Capitano il solito schemino che usi con i tuoi studenti. Forse potremo partire da lì... Il Dottor Krantz prende il tovagliolo di carta piegato e appoggiato sul tavolo del ristorante, lo apre fino a ricavarne un foglio più grande e inizia a scarabocchiare uno strano disegno.

Dottor Krantz: Seguimi con attenzione Capitano. In questo schema puoi trovare tutti i principali collegamenti del nostro “circolo vizioso”. Teo ti ha spiegato che la popolazione aumenta £ produce, consuma e inquina di più £ danneggia le risorse e aumenta le disuguaglianze £ genera più anidride carbonica, la temperatura aumenta £ cambia il clima, provocando catastrofi e altra distruzione di risorse £ aumenta miseria e disagio sociale £ la popolazione aumenta... e così via. Vedi come sono collegati tutti i problemi?


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Capitan Saetta: Ora è più chiaro. Ma quanto può durare un circolo vizioso come questo? – Può andare avanti fino a quando il meccanismo va in pezzi. Se mancano le risorse, il clima impazzisce e aumentano le diseguaglianze tra ricchi e poveri, non può certamente durare per molto... – Ho capito, ho capito. Basta con i discorsi. È il momento di entrare in azione! Forza Professor Green, dov’è il bandolo della matassa, da dove si comincia? Professor Green: Comincia... comincia? Allora... Per uscire da un circolo vizioso... gasp! Ma certo! Bisogna agire sulle relazioni causa-effetto, sul concatenamento delle retroazioni. La teoria della dinamica dei sistemi, ecco... ci dice che l’evoluzione delle variabili e l’interdipendenza delle parti determina l’attivazione di un modello di feedback... – Capitan Saetta: Scusi Professore... – ... Che comprende variabili di livello e poi... variabili di flusso e inoltre... – Professore? Professor Green! Torni con noi per favore... ecco: beva un bicchiere d’acqua e si calmi. – Scusate... in effetti mi sono lasciato un po’ prendere la mano. Dottor Krantz: Non ti preoccupare Teo, sono cose che capitano... Il Professor Green voleva dire che il segreto per interrompere un circolo vizioso sta nel rompere il meccanismo che fa sì che le cose peggiorino sempre di più. Professor Green: Facile


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a dirsi... per rompere un meccanismo così ci vorrebbe... un cambiamento totale! Capitan Saetta: Cambiamento totale? Aspetti, ci sono! So io cosa ci vuole per spezzare per sempre il circolo vizioso. Datemi ventiquattr’ore: sarò di ritorno con la soluzione di tutti i nostri problemi! Capitan Saetta schizza fuori dal locale a velocità supersonica e sparisce con la sua astronave, abbandonando il Professor Green e il suo fraterno amico Sigfried Krantz seduti al tavolo del ristorante. SEDICESIMO GIORNO, ORE 12.50

LAGO AZZURRO – ITALIA CRCA Sono passate quasi ventiquattro ore dalla fuga improvvisa di Capitan Saetta. In mattinata il Dottor Kranz nel frattempo ha lasciato il Centro Ricerche per rientrare in Germania, ma del supereroe non c’è ancora nessuna traccia.

Signorina Gervasoni: Professor Green, qui fuori c’è uno dei suoi strani amici in costume che chiede di lei. Professor Green: Strani amici? Ma, Mirella! Sarà sicuramente Capitan Saetta, non lo riconosce? È stato qui in giro al Centro Ricerche per qualche settimana. – Proprio no, Professore. Le posso assicurare che non si tratta di Capitan Saetta. L’ho visto anch’io quel tizio ma... questo qui... non è lui! Certo, ci assomiglia ma questo ha un costume verde e una buffa elica sul cranio! – Ha detto “elica”? Aspetti, vengo a vedere! Il Professor Green esce dal suo studio e... stenta a credere ai propri occhi.

– Professor Green... Da-daaa! Eccomi qua... – E tu chi diavolo sei? – Ma come, non mi riconosce? Sono io, Capitan Saetta. O meglio... “ero” Capitan Saetta. Da oggi in poi il mondo mi conoscerà come... Capitan Sostenibile!! – Capitan... Sostenibile? Ma che buffonata è mai questa? Non siamo mica a carnevale! – Non è una buffonata, Professore. Al contrario. È una cosa molto seria.


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Non abbiamo detto che serve un cambiamento totale? Ed eccolo qui il cambiamento. In quattro e quattr’otto mi sono fatto fare questo nuovo costume perché voglio dedicarmi con tutte le mie forze a risolvere i problemi della Terra. Basta con i criminali e gli appartamenti che vanno a fuoco, a quelli ci penseranno polizia e pompieri. Io, da questo preciso istante, sarò il paladino della Terra, e lei mi aiuterà a salvarla. – E... di grazia, come intendi procedere in questo tuo... salvataggio, se posso chiedere? – Ma è molto semplice! Lei ha promesso di farmi vedere cosa occorre fare. Quali sono le soluzioni. Giusto? – Sì te l’ho promesso. – Bene. Io sarò il braccio e lei la mente. Lei mi spiega e io eseguo. Chiaro? – Ma proprio a me, dopo quarant’anni di carriera, doveva capitare di fare da balia a un supereroe con un’elica in testa?


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UN MILIARDO DI DIFFERENZA Con l’arrivo di Capitan Sostenibile anche il Professor Green diventa più ottimista e guarda le cose da un altro punto di vista. Se ci si mette d’impegno si può fare quasi tutto, anche rallentare la crescita della popolazione prima che ci sia un miliardo di troppo. Qual è la soluzione? Viaggiando tra India e Yemen si scopre che il nemico da combattere è la povertà.

DICIASSETTESIMO GIORNO, ORE 13.50

LAGO AZZURRO – ITALIA CRCA Il Professor Green, superato lo shock per l’incredibile trasformazione di Capitan Saetta, decide di aiutarlo. Nello studio del professore i due stanno mettendo a punto le prossime mosse...

Professor Green: Allora. Spiegami come ti è venuta in mente questa idea del costume verdino. E poi il nome... che strano... Capitan Sostenibile: Il verde è il colore della natura. Lo so che è banale ma mi piaceva molto e per il nome... beh ho deciso che la mia missione è la sostenibilità ed ecco qui Capitan Sostenibile, per servirla. – Bene Capitan... Sostenibile, prima di cominciare ho bisogno di un po’ di carica. Lo prendi un caffè? – No grazie Professore, sono già abbastanza nervoso per tutto quello che ho scoperto sui problemi del vostro pianeta. – E io allora cosa dovrei dire? Sono vent’anni che tento inutilmente di convincere i miei simili a fare qualcosa per salvare la Terra e quando decido di andarmene cosa mi capita? Arriva un supereroe strampalato e romantico che mi fa ritornare sui miei passi! – Forza Professore, niente rimpianti. È arrivato il momento di passare ai fatti, di fare qualcosa di concreto. Sento già prudere le mani... – Va bene, fenomeno in calzamaglia, Ci sto! Tieni, questo è il foglietto che Sigfried ha lasciato per te. – Per me? Grazie. E cosa contiene?


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– Oh, è la lista delle cose che devi fare per salvare la Terra. – Caspita! Vediamo... DOCUMENTO 15

BIGLIETTO CONSEGNATO A CAPITAN SOSTENIBILE 1. POPOLAZIONE 2. MURAGLIA VERDE 3. FEBBRE 4. SOLE 5. EFFICIENZA 6. SECCHIO E SPAZZOLONE 7. COLOSSEO 8. RANA BOLLITA

– Ma Professore, che significa? Non si capisce nulla! – Non ti scaldare. Sigfried mi ha chiesto di accompagnarti in qualche altro viaggetto e di spiegarti il significato di ciascun punto della sua lista. – Non vedo l’ora di cominciare. Primo punto: “Popolazione”. – Sigfried si riferisce al fatto che la popolazione della Terra sta crescendo molto rapidamente. – Certo! Mi ricordo tutto... quasi sette miliardi... settanta milioni in più ogni anno... – Molto bene. Allora: bisogna fare in modo che non cresca troppo. Come ho già avuto modo di dirti, avanti di questo passo supereremo presto i nove miliardi ma, secondo i miei calcoli, tra quarant’anni sarebbe saggio riuscire a fermarci sotto gli otto miliardi per non scoppiare! – Accipicchia professore, da nove a otto miliardi ci balla una differenza di un miliardo di persone, giusto? Senta, non mi starà mica chiedendo di eliminare della gente inerme? – Ma cosa dici! Ti sembro forse un pazzo criminale? Per non superare la


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soglia degli otto miliardi non occorre far fuori nessuno, piuttosto bisognerà evitare che nascano troppi bambini soprattutto nei paesi più poveri. Questa è la chiave di tutto. – E io cosa devo fare, eh? Che faccio? – Per ora è già tanto se riesci a capire bene qual è la soluzione al problema. Non ti ho mai detto che potrai fare tutto tu da solo... In certi casi sono i capi degli Stati del mondo che devono darsi da fare. Io e Sig le chiamiamo le “scelte giuste” dei governanti. – E queste... scelte giuste per fermare la crescita eccessiva della popolazione in cosa consistono? – In realtà in una cosa molto semplice che si chiama “pianificazione demografica”. – Pianificazione... che? – “Demografica”: vuol dire che riguarda la popolazione. Per capire di cosa si tratta ti ho fatto un appuntino facile facile. DOCUMENTO 16

UN APPUNTO DEL PROF. GREEN ... Per stabilizzare la popolazione occorre mettere a punto un programma di pianificazione demografica per i paesi più poveri. Prima di tutto bisogna combattere un modo di pensare ormai inadatto alla realtà: nelle situazioni più difficili la gente pensa che bisogna fare tanti bambini, perché così la famiglia si allarga, le persone che lavorano sono di più e tutti staranno meglio. Fino a cento anni fa quasi tutti pensavano così, anche nei paesi ricchi. Ma in poco tempo tutto è cambiato: il modo di lavorare, il modo di vivere e anche il modo di costruire una famiglia. Così nei paesi industrializzati si è cominciato a fare meno figli, perché tutti, anche le donne, studiano e lavorano di più e non possono dedicarsi solo ai bambini. Nei paesi poveri invece, dove non c’è la possibilità di studiare e lavorare, si continua a fare tanti figli nella speranza che questi siano una forza in più per reggere le difficoltà. Ma purtroppo non è vero, perché tanti bambini poveri e affamati sono soltanto un problema. Quindi per fermare l’esplosione demografica la prima cosa da fare è combattere la povertà. E insieme a questo sviluppare la scuola e la cultura. Occorre fare di tutto perché nei paesi sottosviluppati le famiglie non arrivino più a (segue)


11-UN MILIARDO DI DIFFERENZA 127 cinque o sei figli ma si fermino a due o tre al massimo. In questo modo ci saranno meno giovani da far crescere nella povertà e più possibilità di lavoro per guardare con un po’ di ottimismo al proprio futuro.

– Professore, lei dice che le famiglie devono fare meno bambini ma non è mica facile convincere la gente! Io sono un supereroe e non ho tempo per mettere su famiglia ma in fondo avere tanti marmocchi che ti girano intorno deve essere davvero divertente! – Ah non c’è dubbio. I figli possono essere una cosa stupenda. Se tu ne avessi due ti prenderesti cura di loro e li seguiresti in tutto quello che fanno? – Caspita! Certo che lo farei! – Non ne dubito, e saresti un supereroe felicissimo. Ma se ne avessi... sette?

– Sette figli? Mmm... non saprei. – Te lo dico io. La tua vita diventerebbe un vero e proprio inferno. – Già. In fondo un po’ di questa “pianificazione demografica” potrebbe non guastare. Ma come funziona in pratica? – Mi sa che faccio prima a mostrartelo direttamente. Forza, saliamo sulla tua astronave... si parte, volo notturno! – Capitan Sostenibile: Guardi! Qui è pieno di rovine e di antiche fortificazioni.


128 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE DICIOTTESIMO GIORNO, 11.32

SATARA CITY – INDIA – AREA ARCHEOLOGICA Il Professor Green ha portato Capitan Sostenibile nello stato del Maharashtra, a 150 chilometri a sud-est di Mumbai, la capitale dell’India. Dall’Indipendenza ottenuta nel 1947 la popolazione indiana è triplicata arrivando a quota 1 miliardo e 200 milioni. Siamo nella piazza principale di Satara, una città di oltre centomila abitanti, vicina ai fiumi Krishna e Venna.

Professor Green: Eh sì. Il grande stato del Maharashtra, il secondo più popolato del paese, si trova proprio nel cuore profondo dell’India. All’interno dei suoi confini si nasconde una miniera di meraviglie artistiche e architettoniche, tra cui le grotte di Ellora e Ajanta e alcuni meravigliosi templi buddisti. Capitan Sostenibile: Ma guardi che strana gente con i turbanti in testa! Quello lì suona un buffo strumento davanti a un cestello. – Lo strumento è un flauto e nel cestello c’è un serpente a sonagli! – Urca! E perché siamo venuti fino a qui, Professore? – Perché Sigfried mi ha raccontato che proprio qui è stato appena realizzato un importante progetto di pianificazione demografica che ha avuto grande successo. – Da cosa lo si capisce? – Vedi la gente per strada? Sembrano in buona salute, in giro è pulito, sono ben vestiti e hanno i soldi che servono a una famiglia per comprarsi da mangiare e far fronte alle necessità di tutti i giorni. – Questo è il risultato della pianificazione demografica? – Anche! Solo cinque anni fa questa città era poverissima, quasi come Kartoum o Port au Prince. Ora le cose sono cambiate decisamente in meglio. – Però i bambini che circolano qui intorno sono moltissimi e guardi le loro mamme... sembrano delle ragazzine! – Sono delle ragazzine, ma almeno i bambini non muoiono più come un tempo. Devo riconoscere che il governo locale ha fatto un buon lavoro. – E come ci sono riusciti, esattamente? – Vedi, le autorità del distretto del Satara un bel giorno hanno avuto l’idea di dare un premio di cinquemila rupie alle coppie che sono disposte ad aspettare almeno due anni prima di avere figli. Quelle che accettano la


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proposta e aspettano due anni, alla fine fanno un po’ meno figli delle altre coppie. – Cinquemila rupie... sono tante? – Sì, se consideri che la paga media mensile di un lavoratore di Satara City è di milletrecento rupie. – È fantastico. Sembra aver funzionato! – Proprio così. Sigfried mi ha detto che in due anni si è invertita la tendenza e nello stato del Maharashtra si comincia a fare un po’ meno bambini. – Allora questo metodo degli incentivi potrebbe essere la soluzione da adottare in tutto il pianeta? – Adesso non esageriamo. Ti ho fatto vedere un programma che ha funzionato ma non è detto che il modo migliore per limitare le nascite sia dare premi economici. – E cosa si potrebbe fare d’altro? – Si dovrebbe favorire la diffusione dei sistemi di contraccezione. – Questa contraccezione c’entra con il fatto di fare meno figli? – Esattamente. Le coppie possono utilizzare sistemi per impedire o almeno ridurre la probabilità che si verifichi una gravidanza, come i profilattici o la pillola anticoncezionale. – E poi? Che altro suggerisce? – Poi la cosa più importante: diffondere l’istruzione. Occorre aprire scuole, assicurarsi che i bambini le frequentino, formare le nuove generazioni ad affrontare bene il proprio futuro.


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– Ma una persona qualunque, anche se di buona volontà, come diavolo può fare ad affrontare un problema di questo genere? – Non agitarti! Ci sono diverse cose che puoi fare direttamente tu, così come ognuno degli esseri umani su questo pianeta. Sono quelle che io e Sigfried chiamiamo “azioni concrete” della gente, così, tanto per intenderci, per distinguerle dalle “scelte giuste” dei governi. – Va bene! Ecco un’azione concreta che posso fare: mi dia qualche ora e con i miei superpoteri tirerò su una bella scuola per questo villaggio, palestra inclusa! – Effettivamente sarebbe proprio una bella azione concreta, Capitan Sostenibile. Sappi però che non serve essere un supereroe per rendersi utile. Anche uno normale può aiutare a costruire qualche scuola, non certo venendo fin quaggiù ma semplicemente donando pochi euro a qualche organizzazione umanitaria seria che segue questi programmi. – Già. Per certi versi è una fortuna che siate sette miliardi, perché se tutti, proprio tutti, facessero così arriveremmo in un lampo alla soluzione del problema. – Buon lavoro allora. Mentre tu ti dai da fare io mi faccio un giro nella grotta di Ellora e compro dei souvenir. Capitan Sostenibile, con la sua super forza, aiuta gli operai del villaggio a edificare la scuola. Sposta travi, costruisce impalcature, solleva pesi enormi... In poche ore la nuova scuola prende forma. Al termine della giornata Capitan Sostenibile ha completato il suo lavoro, contribuendo a realizzare una scuola piccola ma funzionale che viene consegnata al capo del villaggio. Il Professor Green è molto fiero del suo amico! I due, dopo aver scattato numerose fotografie che li ritraggono in compagnia dei bambini del luogo, tornano all’astronave per proseguire il loro viaggio.


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132 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE DICIANNOVESIMO GIORNO, 10.00

SAN’A – YEMEN MERCATO CENTRALE Dopo la tappa nei pressi di Mumbai i nostri amici si sono spostati dalla penisola indiana a quella araba, nello stato dello Yemen. Nell’ora di punta il mercatino di San’a brulica di venditori ambulanti che espongono le proprie mercanzie, in un crogiuolo di profumi, suoni e colori.

Professor Green: Eccoci a San’a, la capitale dello Yemen. A quindici chilometri a nord ovest da qui sorge Dar al-Ajar, il Palazzo della Roccia, un fantastico esempio di come l’architettura possa adattarsi alle caratteristiche degli ambienti naturali... Capitan Sostenibile: Lei è una vera e propria enciclopedia vivente. Però scommetto che non siamo qui per visitare un palazzo, vero? – In effetti, no. Ti ho portato qui perché lo Yemen detiene il primato di fertilità in tutta l’Asia occidentale: sette bambini di media per ogni mamma. Ma ha anche una terribile mortalità infantile: ogni 100.000 bambini che nascono, quasi 500 non ce la fanno a sopravvivere. Per questo proprio qui era indispensabile qualche intervento per stabilizzare le nascite e negli ultimi due anni sono state fatte delle cose interessanti, che possono essere di esempio per altri paesi. – Scommetto che queste cose rientrano nelle “scelte giuste” di chi governa. Cosa è stato fatto di preciso? – Due anni fa le Nazioni Unite hanno deciso di dare una mano al governo locale e alle principali istituzioni religiose per attuare dei programmi di pianificazione familiare davvero efficaci.


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– Tipo? – Prima di tutto sono stati realizzati numerosi programmi di formazione nelle scuole e di sostegno alle famiglie, col risultato che subito è aumentata l’età media in cui i giovani si sposano e iniziano ad avere figli. – Eh già! In India le mamme sono delle ragazzine mentre qui sembrano un po’ più adulte. Ora che ci penso, in Italia le mamme sono... molto più grandi. – Ma che osservatore acuto che mi sei diventato... Comunque hai ragione sul fatto dell’età. Ricorda che se una mamma comincia a fare i figli più tardi in genere ne farà di meno. – Come ci sono riusciti, intendo qui nello Yemen, a convincere le mamme a fare i figli un po’ più tardi? – Il governo di questa provincia ha adottato un programma che incoraggia le giovani coppie ad aspettare almeno i vent’anni d’età prima di mettere su famiglia, impegnandosi prima negli studi o nel lavoro. Facciamo un giro in città, per renderci conto di persona dei risultati raggiunti. – Anche qui la gente sembra essere allegra e in salute! Guardi in quel mercatino quante bancarelle colorate e tutte quelle persone che fanno acquisti. In India e nello Yemen questa pianificazione demografica sembra proprio aver funzionato! – Non in tutta l’India o in tutto lo Yemen purtroppo. Sono ancora iniziative isolate che però, dove vengono attuate, danno ottimi risultati. – E non si potrebbe farne di più? Anche in altri paesi? – Qualcuno ci ha già provato e ci sta provando. La Cina, che oggi ha più di un miliardo e 300 milioni di abitanti, ha fatto leggi severissime per contenere le nascite, il Marocco ha inventato nuove regole per la famiglia e anche il Brasile, che fino a qualche anno fa aveva tassi di natalità elevatissimi, sta sperimentando un calo delle nascite. – Vede che allora un po’ di speranza c’è per davvero? – Sei proprio un ottimista nato. Il fatto che qualcuno si muova nella direzione giusta non vuol dire che la Terra si possa salvare. Si è fatto tardi. Rientriamo al Centro Ricerche, il viaggio è lungo!


134 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE Durante il viaggio di ritorno a Lago Azzurro, Capitan Sostenibile scrive alcuni appunti su un block notes... DOCUMENTO 17

APPUNTI DI CAPITAN SOSTENIBILE Ricordarsi! Il Professor Green dice che ci sono due tipi di cose che occorre fare per salvare il pianeta Terra: 1. Le azioni concrete della gente. Lui dice che in questo caso si parte “dal basso”, dalle singole persone che si devono impegnare tutti i giorni a fare le cose in modo diverso. Studenti, casalinghe, manager, avvocati, sportivi, rock star e... supereroi. Secondo il professore tutti sono chiamati a dare una mano. 2. Le scelte giuste dei governi. Il professore dice che oltre che dal basso occorre agire anche “dall’alto”. Qui entra in gioco chi governa gli stati del mondo, soprattutto quelli ricchi. Il Professor Green pensa che chi siede sulle poltrone che contano deve prendere subito le decisioni importanti per uscire da questo pasticcio.

VENTESIMO GIORNO, 8.30

LAGO AZZURRO – ITALIA CRCA È mattina presto e i due ormai inseparabili compagni d’avventura si ritrovano a fare ancora una volta colazione insieme.

Capitan Sostenibile: Professore, che ne dice di queste fotografie del Palazzo della Roccia? Mi sembrano un po’ sfuocate... Professor Green: Lascia perdere le fotografie, come reporter sei un disastro. Ti ho portato in India e nello Yemen per farti vedere con i tuoi occhi i risultati della pianificazione demografica. Hai qualche domanda? – In effetti ne avrei una. Qui da voi, in Italia intendo... serve o no un po’ di questa pianificazione demografica? – Certo che no, perché in qualche modo è già stata fatta. Quando sono arrivati un po’ di benessere e cultura, poco più di mezzo secolo fa, tutti hanno cominciato a studiare e lavorare e le famiglie si sono ridotte moltissimo. Oggi abbiamo il problema opposto! – Quale esattamente?


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– Che in Italia ormai si fanno così pochi bambini che la popolazione sta invecchiando a vista d’occhio! – Quindi la pianificazione demografica la devono fare i paesi poveri mentre qui dovreste iniziare a fare più figli. E allora voi dei paesi sviluppati perché dovreste essere così interessati a questa faccenda? – Perché potremmo avere vantaggi enormi, amico mio. Limitare la popolazione della Terra entro gli otto miliardi vuol dire smettere di saccheggiare le risorse, ridurre l’inquinamento e bloccare il cambiamento climatico. Siamo in un villaggio globale: o si sta a galla tutti insieme o si affonda tutti quanti! – Quindi anche voi dei Paesi ricchi dovete dare una mano per non affondare con quelli poveri. – Proprio così. Sarebbe assolutamente nel nostro interesse avere un pianeta più sano e ridurre i conflitti tra nord e sud del mondo. Leggi un po’ questa sintesi del programma delle Nazioni Unite sulla riduzione della povertà nel pianeta: DOCUMENTO 18

DAL PROGRAMMA DELLE NAZIONI UNITE SULLA RIDUZIONE DELLA POVERTÀ NEI PAESI SOTTOSVILUPPATI ... oggi 2 miliardi di abitanti della Terra vivono con meno di 2 euro al giorno. Dobbiamo fare in modo che almeno la metà di queste persone entro cinque anni non sia più così povero. Bisogna far sì che entro cinque anni tutti i bambini della Terra possano andare a scuola e che tutti gli abitanti abbiano accesso almeno all’acqua potabile e alle cure contro le malattie infettive più gravi. Occorre però essere consapevoli che gli aiuti economici dei paesi ricchi, da soli, non sono sufficienti. A volte purtroppo questi aiuti vengono sprecati da governanti locali incapaci e corrotti oppure diventano lo strumento con cui i governi dei paesi ricchi fanno nuove speculazioni sulle risorse dei paesi poveri. Quindi, gli aiuti vanno bene ma l’importante è che nel frattempo le popolazioni dei paesi in via di sviluppo si rendano autonome, e allora bisogna puntare sulla formazione e sulla creazione di nuove opportunità di lavoro. (segue)


136 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE Inoltre, i governi delle nazioni più sviluppate dovrebbero cambiare le regole con cui funzionano gli scambi commerciali dei prodotti agricoli nel mondo, in modo che i Paesi poveri possano vendere più prodotti all’estero e migliorare la propria condizione. E infine, per i Paesi che stanno peggio, dovrebbero cancellare il grande debito che questi governi hanno accumulato nei confronti dei Paesi più ricchi, perché non è possibile che chi vive con meno di 2 euro al giorno debba spenderne una parte per ripagare il debito fatto dai propri governanti.

Capitan Sostenibile: Queste sono le “scelte giuste” che dovrebbero fare i capi dei paesi ricchi. Quando torno negli Stati Uniti faccio un salto a Washington dal Presidente per spiegargli per filo e per segno come deve organizzare questi aiuti. Professor Green: Ti faccio i miei più sinceri auguri! Sai, attuare un piano demografico ha dei costi. Servono soldi per realizzare scuole, ospedali e le altre cose indicate dal programma delle Nazioni Unite. – Si, ma se ho capito bene sarebbero anche un ottimo investimento per gli abitanti dei paesi ricchi. Quanti soldi servirebbero per fare tutto quello che abbiamo detto per le famiglie povere del pianeta? – Vuoi dei numeri? Almeno cinquanta miliardi di euro all’anno per i prossimi cinque anni. Tutti da utilizzare per l’istruzione e per la salute dei due miliardi di abitanti più poveri della Terra, per non far crescere troppo la popolazione e debellare la povertà. I conti sono stati fatti da importanti studiosi ed esperti. – Cinquanta miliardi? Io non mi intendo di economia. Sono tanti o pochi? – Sono cifre importanti, ma che i governi più potenti del mondo non avrebbero difficoltà a trovare, se solo lo volessero. In fondo cinquanta miliardi di euro sono quel che può guadagnare in un anno una grande compagnia petrolifera, sono meno di un ventesimo di quel che spendono i governi della Terra per i loro eserciti, un trentesimo di tutti i soldi che vengono investiti in un anno in un paese come l’Italia... – Cinquanta miliardi all’anno per costruire scuole e ospedali... – Ma anche per favorire l’agricoltura dei paesi più poveri. Sembra un


11-UN MILIARDO DI DIFFERENZA 137

controsenso, ma lo sai che gli agricoltori dei paesi industrializzati ricevono ogni giorno più di mezzo miliardo di euro di aiuti dallo stato? E così riescono a fare prodotti agricoli che costano meno di quelli prodotti in Africa, Asia e America latina? Lo sai che se questi paesi poveri aumentassero le loro esportazioni anche solo dell’uno per cento, di colpo 120 milioni di persone uscirebbero dalla miseria? E che... – Professore, fermo! Se mi parla di economia non capisco più niente... Quello che capisco però è che abbiamo qualche possibilità di combattere la povertà, perché basterebbe poco per ottenere grandissimi risultati. – Si, ma è una lotta contro il tempo. Altrimenti non ci resterà che un’altra soluzione. – E quale? – Ma è ovvio, amico caro. Completare al più presto il progetto “Pianeta Verde” e costruire la nostra colonia nello spazio!



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12-UNA GRANDE MURAGLIA VERDE 139

UNA GRANDE MURAGLIA VERDE Una scoperta: i terreni, trattati con cura, possono produrre molto di più, soprattutto se si fermano i deserti con una meravigliosa Muraglia Verde. Ma la vera sorpresa sta nelle tantissime cose buone che potrebbero succedere in giro per il mondo se noi mangiassimo meno carne e molte più verdure.

VENTUNESIMO GIORNO, 14.40

ACIREALE – ITALIA – ZONA COSTIERA Siamo in Sud Italia, in una splendida cittadina siciliana arroccata su una collina di origine lavica che si affaccia sul Mar Ionio. La costa, dove sorgono diverse borgate, è delimitata da una suggestiva scogliera. La zona circostante è coltivata soprattutto ad agrumi.

Capitan Sostenibile: Professore, perché siamo venuti in Sicilia? È qui che si trova la “muraglia verde” della lista del Professor Krantz? Professor Green: Non proprio ma quasi, perché la Sicilia è una delle regioni italiane con il maggior numero di “colture biologiche”, cioè di terreni coltivati in modo rigorosamente naturale e senza usare la chimica, e io oggi ti voglio parlare di cibo e agricoltura, cose che hanno a che fare con la muraglia verde di Sigfried. E poi guarda che vista meravigliosa sul Golfo di Catania. Dai, assaggia questa arancia biologica, come ti sembra? – Mmm... squisita e piena di succo! Me ne passa un’altra dozzina? Grazie! – Bene, cominciamo. Come hai potuto vedere esistono molti posti sulla Terra dove soffrire la fame è purtroppo una cosa normalissima... – L’ho visto eccome! E mi prudono le mani! – ... E noi invece dobbiamo riuscire a procurare un po’ di cibo per tutti. Ecco, qui troveremo qualche idea interessante. Ti ricordi quando ti dicevo che per fortuna siamo già riusciti a triplicare alcuni raccolti, come i cereali...


140 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

– Sì, certo. Ma non basta. – Eh no che non basta. Perché c’è scarsità d’acqua, temperatura in aumento, perdita di terreni agricoli, popolazione che cresce e... – Sì, sì.. ricordo bene. Ma allora, cosa si fa? Andiamo Professore, non c’è tempo da perdere! – Ehh... quanta fretta! Sono vecchio e ho bisogno dei miei tempi per spiegarti bene le cose. Se non ti sta bene puoi girare i tacchi e andartene. Comunque, quello che si deve fare è più o meno quello che stanno sperimentando in questa azienda agricola: studiare un modo per aumentare la produttività dei terreni. Per questo ti ci ho portato, per capire come funziona. – Cosa si intende esattamente per produttività dei terreni? – Se da un campo come questo su cui stiamo camminando, oggi raccolgo cento tonnellate di cereali all’anno ma domani riesco a raccoglierne duecento, vuol dire che ho raddoppiato la sua produttività. Capisci? E qui studiano il problema: cercano le colture che sopportano meglio la siccità o il freddo a seconda delle stagioni, alternano il frumento con il mais, aboliscono i pesticidi che inquinano il terreno, usano pochissima acqua per irrigare... – Già, per produrre cereali occorrerebbe molta, moltissima acqua. – E invece, guarda lì: usano un sistema di irrigazione a gocciolamento, e quei tubicini attorno alle radici innaffiano le piante con pochissimi sprechi. – Queste sono “azioni concrete”? – Certamente. Se sei un agricoltore dovresti darti da fare per conoscere queste nuove tecniche. Se sei un consumatore dovresti scegliere sempre più spesso cibi biologici. Se invece sei un governante dovresti fare scelte che premino chi si impegna a favorire in modo sano l’aumento della produttività dei terreni. – Bene, Professore, ho segnato tutto nei miei appunti: serve un’agricoltura intelligente per aumentare la produttività dei terreni e non sprecare acqua. Poi? – Poi... guarda, ho portato con me la ricerca della Dottoressa Bennett. Sarebbe utile darle un’occhiata perché contiene tante idee interessanti.


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– OK non si affatichi; leggo io: “Fino a oggi l’approccio prediletto dai paesi industrializzati per aiutare i senza cibo è stato quello di puntare sulla fornitura di alimenti alle nazioni più povere, ma ciò non ha risolto il problema della fame perché senza investimenti in agricoltura è tutto inutile. Ora però i grandi della Terra sembrano aver capito che la sicurezza alimentare sostenibile dei paesi sottosviluppati dipende principalmente dagli investimenti nella produzione agricola e hanno deciso di stanziare almeno dieci miliardi di euro su questo fronte. Adeguati investimenti in agricoltura serviranno a rendere i paesi poveri meno dipendenti dagli aiuti alimentari dei paesi ricchi, ma anche a sostenersi gli uni gli altri. L’Uganda per esempio ha già contribuito a rifornire di derrate alimentari la disastrata Somalia”. Beh, non è difficile da capire. Questo modo di vedere il problema mi ricorda il proverbio “non dare un pesce all’affamato, insegnagli a pescare”! – Ma guarda un po’: conosci anche i detti popolari. Bravo! Dai, si sta facendo tardi. Voglio fare un salto in centro a Belpasso. Conosco un negozio che fa dei cannoli favolosi, sai, quelli con i pistacchi... Ne compriamo una dozzina per il prossimo viaggio. Sarà una trasferta piuttosto lunga... VENTIDUESIMO GIORNO, 10.30

POUT – SENEGAL SEDE DEL GOVERNATORE REGIONALE Il giorno dopo il Professor Green e Capitan Sostenibile raggiungono la parte più occidentale dell’Africa, grandi terre inospitali e aggredite dal deserto. Qui lo stato del Senegal si sta disperatamente impegnando per uscire dalla povertà, puntando sul turismo, sull’agricoltura e sullo sviluppo dell’industria locale.

Capitan Sostenibile: Professore, ma qui ci saranno cinquanta gradi, sudo perfino io e la tuta mi si sta incollando alla pelle. Lo sa che si stava molto meglio in Sicilia? Professor Green: Cosa pretendi? Siamo nel deserto, a sessanta chilometri da Dakar... – Perché siamo venuti in un posto del genere?


142 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

– Perché voglio parlarti del progetto GMV. Sta per “Grande Muraglia Verde”. Ecco, guarda il punto in cui ti trovi. Partirà proprio da qui e alla fine sarà lunga settemila chilometri, e si snoderà da una parte all’altra dell’intero continente africano, attraverso Senegal, Mali, Mauritania, Burkina Faso, Niger, Nigeria, Ciad, Sudan, Etiopia, Eritrea e Gibuti. – Caspita, ma cos’è questa Muraglia Verde? È quella della lista del Professor Krantz? – Proprio lei. Un gioiello di tecnologia naturale e di collaborazione tra popoli. Presto qui sorgerà un’immensa barriera di vegetazione larga quindici chilometri e formata da alberi, piante e vegetali che riuscirà a bloccare l’avanzata del deserto. Il terreno strappato al deserto sarà coltivato con tecniche nuove e avanzatissime: niente aratura, e al posto vengono fatti tanti forellini minuscoli in cui inserire i singoli semi, che così restano più protetti. E poi viene impiegato il polyter... – E cosa diavolo è? – Sono piccoli cristalli capaci di assorbire e conservare straordinarie quantità d’acqua, così le radici possono avere una crescita fenomenale e si riesce ad accelerare la grande operazione di rimboschimento contro la desertificazione del territorio. – Quindi queste nuove tecniche servono per lottare contro il deserto. Giusto? – Proprio così, perché la desertificazione è una delle cause principali della povertà. Per questo stiamo trasformando l’agricoltura. Non hai idea di quante cose fantastiche si potrebbero fare. Tecniche di coltivazione idroponica... – Già, idro... che? – Idroponica. Vuol dire “fuori suolo”, si fanno da un’altra parte, magari attraverso un’illuminazione artificiale a LED, cioè con lampadine che imitano la luce del sole e consumano pochissima energia. Così si riesce a fornire alle


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piante l’esatta quantità di umidità e di nutrienti, riciclando anche l’acqua buttata via dalle città, filtrata e rimessa in circolazione. Incredibile, vero? Eppure sarebbe facile, anche qui in Africa. E poi una svolta potrebbe arrivare anche dalla cooperazione tra ingegneria genetica e agricoltura biologica per creare nuovi vegetali più resistenti alle malattie e perfino ai mutamenti climatici... Sarebbero innovazioni strabilianti. – Freni, Professore, non mi tiri fuori cose troppo difficili... Però lo vede che se vuole si entusiasma ancora come un ragazzino? Quindi i deserti potrebbero rifiorire e diventare in futuro un serbatoio di cibo per l’umanità? – Volendo sì, la scienza sta offrendo soluzioni molto concrete... – E queste invenzioni potrebbero risolvere tutti i problemi della fame? – No, amico mio, no. La scienza è stupenda – e te lo dice uno che se ne intende – ma da sola non basta. Sono le “scelte giuste” dei governi e le “azioni concrete” della gente quelle che possono cambiare il corso delle cose. Come questa straordinaria muraglia di alberi che stanno piantando davanti a noi. – Si, è molto bella. Però, Professore, così ci metteranno un mucchio di tempo. Aspetti, vado a dare una mano... pianto un migliaio di alberi e torno! VENTIDUESIMO GIORNO, 23.50

LAGO AZZURRO – ITALIA CRCA Dopo aver piantato una quantità stupefacente di alberi, Capitan Sostenibile affronta con il Professor Green il viaggio di ritorno. I due raggiungono il Centro Ricerche a notte fonda.

Capitan Sostenibile: Ho ancora con me qualche arancia biologica che abbiamo comprato in Sicilia e due cannoli. Vuole favorire? Professor Green: Non ora, grazie. Accidenti, ho i calzini pieni di sabbia. Sarà meglio che vada a farmi una doccia e poi a riposarmi un po’, ho un sonno micidiale.


144 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

– Senta Professore, prima che lei si ritiri... abbiamo visto il problema della fame e gli interventi per aumentare i raccolti nei paesi sottosviluppati. Ma qui in Occidente, come vanno le cose? Ricordo che mi ha detto che da voi il cibo non scarseggia, vero? Anzi, forse ne buttate via un po’... – Un po’? Hai detto un po’? Che ti venga il singhiozzo! Con questa domanda mi hai fatto passare fulmineamente il sonno! Te lo spiego io quello che succede qui da noi. Prima di tutto mangiamo troppo, diventiamo grassi, ciccioni, obesi, e buttiamo via una quantità pazzesca di cibo! – Professore, non volevo... – No, no aspetta. Vuoi un po’ di dati? Allora: negli Stati Uniti il 50% del cibo prodotto viene buttato via, e più o meno la stessa cosa succede in tutti i Paesi occidentali. Oggi con il cibo buttato si potrebbero sfamare 3 miliardi di persone! Tre miliardi, capisci? Mentre nel mondo ci sono un miliardo di affamati. – È pazzesco! – Anche in Italia non si scherza: più di 32 milioni di tonnellate di cibo buttate ogni anno, abbastanza per sfamare 44 milioni di persone, una popolazione come quella della Spagna! – Ma allora basterebbe sprecare meno per fare un passo avanti. – Bisogna soprattutto cambiare i comportamenti, non soltanto la quantità del cibo, ma anche le abitudini alimentari, le scelte che facciamo ogni volta che ci mettiamo a tavola. – Perché, non vanno bene? – Facciamo così: leggiti questo articolo della Dottoressa Bennet. Diana lo ha scritto per la conferenza mondiale sull’alimentazione di Roma. DOCUMENTO 19

“LA RICETTA DELLA SALUTE: PIÙ CEREALI, MENO CARNE” DI DIANA BENNET ... La produttività dei terreni coltivabili da sola non è sufficiente a risolvere il problema del cibo per tutti. Un’altra cosa importante da fare è ridurre decisamente i consumi di carne. Intendiamoci: non c’è niente di male nel mangiare ogni tanto una bistecca di manzo, ma bisogna sapere che oltre un terzo del raccolto mondiale di cereali viene utilizzato per allevare ovini, bovini, suini e pollame e non per dare del (segue)


cibo alle persone. In meno di 50 anni il consumo medio per abitante di carne nel pianeta è salito da 17 Kg per anno a 39 Kg. Abbiamo raddoppiato i consumi e questo richiede sempre più cereali, sempre più acqua, sempre più terreni, fertilizzanti ed energia, col risultato che aumentano le emissioni di anidride carbonica. Servono 13.000 litri d’acqua per produrre 1 kg di carne bovina. Quando mangiamo una bistecca consumiamo un po’ di tutte queste cose ed è come se emettessimo una quota di anidride carbonica pure noi. Nei paesi occidentali ogni abitante consuma più o meno 700 Kg di cereali all’anno, 100 mangiati direttamente come cereali veri e propri e gli altri consumati dagli animali di cui ci nutriamo. Nei paesi poveri invece la gente vive con solo 150 Kg di cereali, quasi tutti mangiati nella loro forma originaria. Se imparassimo a consumare meno carne e a mangiare più cereali e verdure miglioreremmo contemporaneamente sia l’ambiente sia la nostra salute.

– Mmm... allora ecco qui una “azione concreta” che la gente potrebbe fare da subito! Non sarebbe poi così complicato scegliere con più attenzione cosa mangiare. È una cosa alla portata di tutti! – Già. Un po’ di Muraglia Verde servirebbe anche a tavola. Parlo delle verdure e della frutta, che dovrebbero sostituire la carne e i cibi grassi. Ne guadagneremmo in salute e la Terra ci ringrazierebbe. – Davvero ci sarebbero meno problemi a dare un po’ di cibo a tutti? – Te lo posso assicurare, soprattutto se tutti si impegnassero a mangiare un po’ di meno e un po’ meglio. E cambierebbe in breve tempo! – OK, voglio fare anch’io la mia parte! Da domani a colazione solo tre hamburger invece di dodici e in cambio, una vasca di insalata verde e un casco di banane. – Così mi piaci Capitano! È importante dare il buon esempio. – Professore? – Sì? – E se mi venisse fame? – Puoi sempre farti preparare un bel frullato di cetrioli. – Ah... per fortuna che c’è sempre qui lei a darmi qualche buon consiglio...


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ABBASSIAMO LA FEBBRE DELLA TERRA La Terra è un po’ malata e ha la febbre perché continuiamo a succhiarle fuori in mille modi le energie che si sono accumulate al suo interno. Se si usa meno petrolio, meno gas e meno carbone, si riesce a fermare l’aumento della temperatura del pianeta. E molto può essere fatto già oggi.

VENTITREESIMO GIORNO, 9.00

LAGO AZZURRO – ITALIA CRCA Al Centro Ricerche anche questa giornata inizia con una vivace discussione tra il Capitano e il Professore.

Capitan Sostenibile: Dunque, dove ho messo la lista del Professor Krantz? Uh, eccola qui, nella tasca della mia tuta. Il terzo punto dell’elenco è... “Febbre”... Cosa vorrà mai dire? Professor Green: Vuol dire che dobbiamo darci da fare per rendere stabile il clima, ed evitare che la temperatura media della terra continui a crescere, che la febbre salga troppo. – E da dove si comincia? – C’è solo una cosa da fare. Smetterla di tirare fuori energia fossile dalla pancia della Terra. – Le energie fossili sarebbero quelle che ci hanno messo milioni di anni per formarsi, vero? Mi ricordo la sua lezione di geologia. – Proprio così. Il carbone, il petrolio e il gas non sono altro che antichi vegetali che hanno accumulato una gran quantità di energia dal sole. Bruciandoli ributtiamo verso il cielo un sacco di anidride carbonica, che fa aumentare la febbre. – E cosa possiamo fare per usarle di meno? – Andiamo con ordine: partiamo dal gas naturale. È il mio preferito, non fosse altro perché quando lo bruciamo emette metà CO2 rispetto al carbone. – Ce n’è tanto in giro di questo gas naturale?


13-ABBASSIAMO LA FEBBRE DELLA TERRA 147

– Le riserve di gas naturale complessivamente disponibili sono immense ma tre paesi da soli ne controllano più della metà: sono la Russia, l’Iran e il Qatar. Pensa che da quarant’anni a questa parte il consumo mondiale di gas naturale è triplicato e oggi raggiunge i tremila miliardi di metri cubi all’anno, una quantità immensa. Se vogliamo abbassare la febbre della Terra dobbiamo chiudere un po’ il gas! – Brutta storia... e il carbone? – È la seconda fonte energetica mondiale dopo il petrolio e il suo consumo continua a crescere perché costa poco e ce n’è in giro tantissimo. – Ma è molto dannoso? – Puoi dirlo forte. Se lo bruci emette un sacco di anidride carbonica e poi... il carbone è una roccia che contiene altri minerali potenzialmente dannosi per la salute della gente. – Cosa ve ne fate di preciso? – La maggior parte del carbone viene utilizzato nelle centrali termoelettriche, quelle che producono elettricità, e sono loro che inquinano moltissimo, soprattutto nei paesi più poveri che hanno assolutamente bisogno di fonti energetiche a costi bassi. Pensa che un terzo dell’aumento mondiale della CO2 da qui a vent’anni potrebbe essere causato dalla combustione del carbone in Asia. – Bruttissima storia. E poi c’è... il petrolio! – Ah, l’oro nero. Cosa posso dirti... quarant’anni fa la metà dell’energia mondiale arrivava dal petrolio, e il resto era carbone, gas, legna ed energia nucleare. Oggi il petrolio conta un po’ meno, ma è ancora considerato insostituibile per far funzionare automobili, camion e aeroplani. Qui sarà molto dura, ma dobbiamo provarci se vogliamo far scendere la febbre del pianeta. – Però anche il petrolio finirà... prima o poi. – Si, finirà... ma non tanto presto... e noi non abbiamo tempo, anche perché il petrolio si porta dietro una gran quantità di altri problemi e pericoli. – E sarebbero? – Preferisco farteli vedere di persona. Andiamo, si parte! È arrivato il momento di fare un altro viaggetto.


148 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE VENTITREESIMO GIORNO, 12.45

GOLFO DEL MESSICO – PIATTAFORMA PETROLIFERA AL LARGO DELLE COSTE DELLA LOUISIANA Capitan Sostenibile: Stiamo sorvolando il Golfo del Messico. Dove siamo diretti esattamente? Professor Green: Non servirà atterrare. Voglio soltanto che tu dia un’occhiata dall’alto a questo tratto di mare. – Cos’è quel colore nerastro in superficie? – Oh, nulla... solo uno strato oleoso di petrolio che arriva fino alle coste della Louisiana. – E come diamine si è formato? – Tu come credi che sia accaduto? Si è rotta una tubazione di un pozzo di petrolio profondo tremila metri e si sono riversati dalle profondità marine milioni e milioni di litri di greggio che hanno inquinato un’area di oltre 180.000 chilometri quadrati, uccidendo migliaia di pesci e di uccelli marini.


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– Ma è sconvolgente! Come è stato possibile consentire questo disastro? – Il petrolio è denaro, e per far soldi alcuni sono disposti a scavare sempre più in profondità sotto i mari, magari senza badare granché ai problemi di sicurezza... Ora capisci che cosa intendevo per altri pericoli? – Pazzesco! Ci vorranno anni per ripulire questo tratto di oceano... Serve fare qualcosa subito. Dobbiamo smetterla di portare via tutte queste energie fossili alla Terra e di combinare disastri! Ma c’è qualcuno che ci sta pensando? – Per fortuna sì. Qualcuno effettivamente sta provando a limitare questo prelievo insensato per cercare di ridurre la febbre del pianeta. Dai, fai rotta su Washington, abbiamo una persona che ti aspetta per darti qualche risposta.


150 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE VENTITREESIMO GIORNO, ORE 17.38

WASHINGTON D.C. – USA SEDE AGENZIA AMERICANA PER L’AMBIENTE Dopo aver sorvolato il Golfo del Messico i nostri amici si dirigono a nord, nella capitale degli Stati Uniti. Ora si trovano al 1200 di Pennsylvania Avenue, in un enorme palazzo a due passi dalla Casa Bianca, sede dell’Agenzia americana per la Protezione dell’Ambiente. Il Professor Green vuole presentare a Capitan Sostenibile una sua vecchia conoscenza.

Capitan Sostenibile: Perché siamo venuti proprio qui? Professor Green: Perché se vuoi capire cosa si sta cercando di fare devi venire a casa di chi è in cima alla classifica degli “scavatori di energie fossili dalla pancia della Terra”. – Gli Stati Uniti? – Proprio loro. – Che strano questo palazzo. Stiamo camminando da cinque minuti dentro un corridoio lunghissimo pieno di statue di marmo, con decine di porte da un lato e dall’altro. Chi lavora qui dentro? – È solo un vecchio edificio governativo. Qui c’è l’Agenzia americana per la Protezione dell’Ambiente, il posto dove stanno studiando le soluzioni per ridurre l’uso dell’energia fossile. Ti ci ho portato perché il direttore è un mio amico. Dai, siamo arrivati. Ciao Norman, eccoci qua! Professor Norman Miller: Teo, è da una vita che non ti vedo! Non sai che piacere mi fa la tua visita qui a Washington. Ti fermi per qualche giorno? – Purtroppo no. Sono qui con Capitan... Sostenibile che vorrebbe farti qualche domanda. – Capitan Sostenibile? Un nuovo supereroe qui nella capitale? – Sai, è un cugino alla lontana di Capitan Saetta. Conosci Capitan Saetta, vero? – E chi non lo conosce quel tizio in costume che va a caccia di criminali a New York! Ormai è più popolare di Superman. Piacere di conoscerla Capitan Sostenibile. Cosa posso fare per voi? Professor Green: come ti ho scritto nella mia e-mail di ieri, il mio amico è molto interessato a sapere cosa sta tentando di fare il governo


13-ABBASSIAMO LA FEBBRE DELLA TERRA 151

americano per limitare l’aumento della temperatura della Terra. Ho pensato che non c’è nessuno che può fare chiarezza sull’argomento meglio di te. – Suvvia Teo, non fare il modesto! Sai benissimo che tutti noi ti abbiamo sempre considerato il nostro maestro, e non riusciamo ancora a capire la tua decisione improvvisa di trasferirti in Europa... In ogni caso, cosa ti interessa conoscere esattamente Capitan Sostenibile? Capitan Sostenibile: Vede Professor Miller... – Chiamami Norman. – Vede... Norman, vorrei sapere cosa state facendo di concreto per ridurre la febbre del pianeta. Lo sa che dovete smetterla di prendere le energie fossili dalla pancia della Terra?


152 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

– Caro Capitano, forse non mi crederai ma, a furia di sbattere il naso, stiamo imparando anche noi la lezione. Qui negli Stati Uniti, come in Europa del resto, stiamo davvero cercando di ridurre l’impiego dei combustibili fossili utilizzati per le auto e i camion, per il riscaldamento negli edifici e per l’alimentazione delle nostre numerose centrali energetiche. – Tutta roba che fa salire la temperatura, maledizione! Dobbiamo eliminarla definitivamente. – Certo, certo, Capitano. Però un po’ di carbone e di petrolio ci servirà ancora, e... per parecchi anni. – E così l’anidride carbonica continuerà a finire nell’aria! – Non del tutto, perché adesso stiamo imparando a catturarla. – Catturarla? E come? – Abbiamo realizzato una nuovissima tecnologia, chiamata CCS, con la quale catturiamo il carbonio prima che finisca nell’aria e lo imprigioniamo per sempre sotto terra. È una tecnologia molto costosa ma funziona benissimo. – Mmh... dopo averlo tirato fuori lo ributtate di sotto... Ed è già diffusa? – Beh, noi qui stiamo cominciando, ma so che in Germania sono riusciti ad applicare questa tecnica a una grande centrale termoelettrica e che in Inghilterra tutte le centrali a carbone dovranno da adesso in poi funzionare solo con il CCS. Professor Green: Sai Norman, anche in Italia – il mio paese adottivo – stanno costruendo un impianto di cattura della CO2, che verrà poi iniettata allo stato liquido in un giacimento esaurito di gas naturale. – Sì, Teo, ho letto qualcosa a riguardo sul Wall Street Journal. Certo la strada da fare è ancora lunga ma sono esperimenti interessantissimi... Capitan Sostenibile: Sentite un po’ voi due, Norman e Teo. Sbaglio o queste tecniche sono soltanto un pezzo della soluzione? E se non si facesse in tempo? Se doveste fallire? – Non stiamo certo lavorando solo su questo Capitano, ma non possiamo fallire, a meno di non voler fare la fine di Venere. – Il secondo pianeta del sistema solare? Proprio lui? Lo conosco benissimo, è un postaccio tutto buio. L’ultima volta che ci sono stato mi sono quasi perso dentro un’immensa nube bollente di acido solforico.


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– Ecco, appunto. Su Venere l’anidride carbonica costituisce il novantacinque per cento dell’atmosfera. Pensa se anche sulla terra l’atmosfera diventasse qualcosa di simile. – Per mille tempeste interstellari. Niente più fiori, pesciolini, canguri, spiagge, hamburger, biodiversità, laboratori... anche la Dottoressa Wilcox... Professor Miller: Chi è la Dottoressa Wilcox? Professor Green: Lascia perdere... Professor Miller: Credimi Teo, abbi fiducia, le cose per fortuna stanno cambiando! Professor Green: Lo spero proprio, per il bene di questo sgangherato pianeta. Grazie Norman, noi scappiamo. Mi è venuto in mente che devo far vedere un’altra cosa al nostro amico Capitano...


154 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE VENTIQUATTRESIMO GIORNO , 11.40

CHENGDU – CINA – ZONA INDUSTRIALE

Da Washington alla Cina, nella remota provincia dello Sichuan che è l’habitat naturale del panda gigante, simbolo delle specie animali protette. È una terra molto fertile e dal clima mite ma il Professor Green, più che dai Panda, sembra essere attratto da un enorme, sinistro edificio: una centrale a carbone situata nella periferia est della città di Chengdu.

Capitan Sostenibile: Perché siamo volati fin qui direttamente da Washington? Professor Green: Perché un viaggio in Cina di questi tempi è sempre molto istruttivo. Ecco, siamo arrivati in cima alla collina. Capitano, vedi quell’orribile, mastodontico insediamento in mezzo alla valle? – Intende quel mostro di ferro e cemento? Ma che cos’è? – È, ma sarebbe meglio dire “era”, una delle centrali termoelettriche a carbone più inquinanti di tutto il pianeta. – Perché “era”? – Perché il governo cinese ha deciso di smantellarla. – E abbiamo fatto tutta questa strada per vedere una centrale termoelettrica in abbandono? – Pensavo ti interessasse sapere che uno dei paesi che più contribuisce a far crescere la febbre della Terra, ogni settimana chiude due impianti a carbone di vecchia generazione. – Caspita, questa sì che è una bella notizia!


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– È davvero una bella notizia, se consideri che nel 2008 la Cina è diventata la nazione che emette più CO2 al mondo, superando addirittura gli Stati Uniti. Norman mi ha spiegato che questa immensa nazione sta cambiando completamente il suo modo di produrre energia. E questa potrebbe essere una svolta fondamentale se consideri che la popolazione della Cina è circa 25 volte quella dell’Italia. – Però Professore, ora glielo devo proprio chiedere. Ma di quanto dobbiamo ridurla questa benedetta anidride carbonica per non fare friggere la Terra? – I governi mondiali hanno fatto un po’ conti e hanno stabilito che dobbiamo ridurre le emissioni di anidride carbonica di almeno il venti per cento entro il 2020 e... dell’ottanta per cento entro il 2050! – Urca! Questo basterà a far scendere la febbre?


156 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

– Magari fosse così, amico mio. Purtroppo l’anidride carbonica rimane nell’aria per molto, moltissimo tempo e anche riducendo le emissioni non riusciremmo mai, in pochi decenni, a tornare ai valori di concentrazione di un tempo. – Aspetti... Ha detto... “concentrazione”? – Sì, per capire cosa si intende per concentrazione leggiti questo appunto: fa parte delle note che sto preparando per te. – Va bene, mi passi il foglietto. Ma che calligrafia ha professore? Dunque... lei dice che “la concentrazione di un gas nell’atmosfera si esprime convenzionalmente in parti per milione, dette anche ‘PPM’. È un’unità di misura che si usa quando ci sono quantità molto piccole. Per esempio un milligrammo è un millesimo di grammo ed è quindi una parte per milione di un chilo”. Ma stiamo parlando di percentuali piccolissime! – Piccole ma micidiali. Vai avanti. – Allora... “Negli ultimi tre secoli la concentrazione atmosferica dell’anidride carbonica è aumentata del 30% circa e la concentrazione del gas metano è più che raddoppiata”. Ma cento anni fa qual era la concentrazione? – Meno di 300 PPM. – E oggi? – 393 PPM. – Per gli asteroidi di Algor! E tra trenta o quarant’anni che concentrazione avremo? – Se continueremo a prendere energie fossili dalla pancia della Terra allo stesso ritmo con cui le stiamo prendendo adesso, arriveremo tranquillamente a 500 PPM. – Ma se i governi dovessero realizzare il piano del venti per cento di riduzione entro il 2020? Quello di cui mi parlava prima? – In questo caso è probabile che ci si fermi a 400 PPM. – Più di quelle che abbiamo oggi! – Sì, ma meglio che niente. Per quanto grandi siano gli sforzi che faremo riusciremo solo limitare l’aumento di questo gas nell’aria, non a ridurne la concentrazione. Per ridurlo bisognerà inventare qualcos’altro, chissà.


13-ABBASSIAMO LA FEBBRE DELLA TERRA 157

– Va bene, cominciamo con questo venti per cento e poi vedremo. Cosa dobbiamo fare esattamente? – Il piano è scritto proprio qui, in questo appunto che ho buttato giù questa mattina prima di partire per la Cina. DOCUMENTO 20

APPUNTI PER LA RIDUZIONE DELLE EMISSIONI DI CO2 DI THEODORUS GREEN Ricordarsi di spiegare a Capitan Sostenibile che ogni anno emettiamo nell’aria che circonda il pianeta Terra oltre 30 miliardi di tonnellate di anidride carbonica. L’obiettivo 2020 di riduzione del 20% di anidride carbonica impone di eliminare almeno 6 miliardi di tonnellate. Tre miliardi si possono ridurre sostituendo i combustibili fossili con altri combustibili che non producono anidride carbonica. Altri due miliardi si possono risparmiare fermando completamente il taglio delle foreste. Il risparmio residuo si può invece ottenere cambiando i nostri sistemi di trasporto, rinunciando alle auto inquinanti e usando di più i treni. Forse si può ancora fare, ma sarà veramente molto difficile.

– Professore, nel suo appunto si parla di combustibili che non producono anidride carbonica. Dove si trovano di preciso? – Ah ahaa... siamo arrivati al punto cruciale. Fammi riprendere fiato per qualche minuto. Facciamo un po’ di foto a quella vecchia centrale per il mio archivio e poi ti parlerò finalmente delle... energie rinnovabili!


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NIENTE DI PIÙ COMODO DEL SOLE! Capitan Sostenibile non ci aveva mai pensato, ma tutte le energie che esistono al mondo provengono in un modo o nell’altro sempre dal sole. E allora, invece di scavare nei magazzini della terra, si può prendere al volo l’energia mano a mano che arriva. Un viaggio dalla Cina al Nord Europa ammirando le straordinarie invenzioni per usare la forza del sole e vivere tranquilli per qualche milione di anni.

VENTIQUATTRESIMO GIORNO, 17.05

CHENGDU – CINA – ZONA INDUSTRIALE

La visita alla vecchia centrale a carbone è terminata, ma i due amici continuano a passeggiare nella zona discutendo animatamente.

Professor Green: Prima di andarcene dai un’ultima occhiata a questa centrale elettrica fantasma. Non ti viene in mente nessuna domanda? Capitan Sostenibile: Mmm... non saprei. Ah sì! Quando è stata aperta? – Ma questo non è importante! – Allora... Come si chiamava la centrale? – Questa è una domanda ancora più stupida. Testone, quello che dovresti chiedermi è: chi sta producendo oggi l’energia che prima era prodotta da questa centrale? – Ah certo! Questa sì che sarebbe stata una domanda intelligente... – Bene, e allora faccio finta che tu me l’abbia fatta: “Professore, se in Cina stanno chiudendo le centrali a carbone, come faranno a produrre l’energia di cui hanno bisogno?”. – Certo che lei è proprio bravo! Mi dà anche la risposta?


14-NIENTE DI PIÙ COMODO DEL SOLE! 159 14

– La risposta è proprio sopra la tua testa. Guarda su nel cielo. Vedi quella palla infuocata che quaggiù chiamiamo “sole”? – Il quarto punto della lista del Professor Krantz! – Tutte le energie che abbiamo a disposizione, ma proprio tutte, arrivano da lì, in un modo o nell’altro provengono dal sole... – Anche quelle fossili, che stanno sottoterra e il sole non lo vedono mai? – Sì, te l’ho già spiegato. L’energia che nel corso dei millenni si è accumulata nel carbone e nel petrolio, arriva dai vegetali che l’anno presa, un po’ alla volta, dal sole. È un’energia superconcentrata, comodissima da utilizzare, che si consuma in un attimo. E noi ne abbiamo usata tantissima, ributtando verso il cielo tutta l’anidride carbonica. Se invece avessimo usato direttamente la forza del sole, soprattutto se la usassimo oggi... avremmo energia praticamente infinita, senza correre il rischio di friggere il pianeta. – E come diamine si fa a estrarre direttamente dal sole un’energia “praticamente infinita”? – Ci sono tanti modi diversi e alcuni vengono utilizzati da millenni. Ma oggi noi scienziati abbiamo messo una marcia in più. Vieni, ti voglio mostrare una tecnica molto utilizzata qui in Cina. È proprio grazie a lei che si riesce a chiudere queste vecchie centrali a carbone.


160 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE I due amici si spostano di qualche chilometro all’interno della zona industriale di Chengdu fino ad arrivare ai margini di una vallata soleggiata, tappezzata da una miriade di “specchi” di forma rettangolare

Professor Green: Eccoci arrivati. Quello che vedi è uno dei più grandi impianti fotovoltaici cinesi per la produzione di energia elettrica. Capitan Sostenibile: Ma è immenso! E tutti questi specchi come fanno a produrre energia? – Non sono specchi, ma pannelli speciali che riescono a trasformare i raggi solari in energia elettrica. – Caspita! E di impianti così ce ne sono molti in giro per il mondo? – Per adesso sono ancora pochi, presto però le tecnologie che stiamo studiando nei nostri laboratori a Lago Azzurro consentiranno uno sfruttamento su larga scala dell’energia solare. – Tecnologie... tipo? – Nuovi materiali che riescono a catturare meglio la radiazione solare... film sottili, recettori biologici, superfici multistrato e multi materiale per la produzione di celle in plastica... – Ok, ok... troppo complicato. – Sì, per il tuo cervello di sicuro. Almeno cerca di tenere a mente una cosa. I combustibili fossili si esauriscono, e quando li bruci emettono gas serra che scaldano il pianeta. Gli impianti come questo invece non hanno emissioni e producono energia con i raggi del sole, che tra quattro milioni di anni sarà ancora qui. – Fin qui tutto chiaro Professore! – Adesso che hai capito qual è il primo modo di sostituire le energie fossili possiamo fare un salto a Chengdu, prima che faccia buio. È quasi il tramonto e il Professor Green passeggia con Capitan Sostenibile lungo il marciapiede di un grande viale del centro di Chengdu, dove la gente sta rientrando a casa dopo una giornata di lavoro.

Capitan Sostenibile: Che strano posto, Professore. C’è di tutto in questa città: cose antiche e modernissime, automobili che corrono dentro nubi di biciclette...


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Professor Green: La bici, per fortuna, è ancora il mezzo di locomozione più usato dai cinesi. A proposito di stranezze: guarda quelle casette col tetto in legno proprio di fronte a due grattacieli altissimi. Sono botteghe dell’artigianato locale. Vieni, andiamo a cercare qualcosa per Sigfried, che è un grande appassionato di arti orientali. – E... prima non mettiamo qualcosa sotto i denti? – Ma com’è che pensi sempre a mangiare? Per fortuna da queste parti è pieno di ristoranti. Quello dall’altra parte della strada sembra fare al caso nostro. – Chi arriva ultimo paga il conto!


162 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE Seduti in un piccolo e accogliente ristorante nel centro di Chengdu, dopo aver assaggiato le specialità locali, il Professor Green e Capitan Sostenibile riprendono la discussione.

Capitan Sostenibile: Fantastici questi involtini primavera! Ma mi dica Professore... Se le energie rinnovabili che si ottengono direttamente dal sole sono così vantaggiose, perché le avete usate così poco? Professor Green: Perché anni fa abbiamo preso la “scorciatoia” delle fonti fossili e ci siamo abituati a fare tutto con loro. Abbiamo costruito migliaia di centrali termoelettriche, come quella che abbiamo appena visitato, milioni di veicoli a motore e un’infinità di altre cose che funzionano grazie al carbone e al petrolio. E ora non riusciamo a spegnere tutto e ricominciare da capo, come se nulla fosse. – Ma ci sarà una buona ragione se a un certo punto avete preso questa... “scorciatoia”. – La ragione è che abbiamo guardato solo agli interessi immediati. Fino a pochi anni fa le fonti fossili non avevano rivali per produrre grandi quantità di energia. E poi erano davvero facili da trasportare e da immagazzinare. E a chi gliene importava del fatto che qualche anno dopo avrebbero fatto danni all’atmosfera e al clima?


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– Professore, oggi quanta dell’energia che serve al pianeta viene prodotta con le fonti rinnovabili? – Ancora poca, purtroppo. Oggi le fonti rinnovabili coprono a malapena il dieci per cento del fabbisogno di energia della Terra, ma secondo i miei calcoli, per stare davvero tranquilli, ce ne servirebbero almeno cinque volte tanto entro dieci anni. Adesso possiamo andare. – Ancora un attimo, Professore, la cucina qui è davvero strepitosa! – Ancora un attimo e ti mangi anche le bacchette! Dai, diamoci una mossa, che ti ho fatto vedere solo una delle energie che provengono dal sole, quella fotovoltaica. – E adesso cosa mi fa vedere? – Aspetta. Andiamo all’astronave. Si torna in Europa! VENTICINQUESIMO GIORNO, 15.45

ESBJERG – DANIMARCA – SPIAGGIA SUL MARE DEL NORD I nostri amici hanno fatto tappa nella quinta città danese. Esbjerg ha un clima mite per gli standard locali e il suo porto è uno dei più grandi del Mare del nord. Nei suoi dintorni si trovano diverse belle spiagge dal mare trasparente, molto frequentate durante l’estate, quando la città si trasforma in un importante centro turistico. Ma cosa ci sarà venuto a fare il Professor Green da queste parti?

Capitan Sostenibile: Carina questa città. Non avrei mai detto che così a Nord ci potessero essere delle spiagge per i turisti. Cosa sono quei puntini bianchi in mezzo al mare? Professor Green: Sono il motivo per cui siamo venuti fino a qui. Sei di fronte a una delle più grandi installazioni eoliche off shore. Vuol dire che sono lontane dalla costa, nel mare... – Per una volta Professore, non era necessario spiegare. Abito a New York e conosco l’inglese... – Ah già, certo... Comunque, ci tenevo a farti vedere questa meraviglia della tecnica. Sono ottanta pale gigantesche che vengono fatte girare dal vento. Insieme alle altre installate qui in Danimarca coprono un quarto delle necessità di energia del paese. E tra quindici anni riusciranno a farne tre quarti.


164 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

– Stupendo! Ma... che c’entra questo eolico con il sole? – Uff... Da cosa pensi che siano causati i venti, visto che sono movimenti di aria fredda e calda? – Caspita. Non ci avevo pensato! Anche in questo caso c’è lo zampino del sole. Questa energia è molto diffusa? – Purtroppo non ancora, ma per fortuna il settore sta crescendo molto rapidamente nonostante il fatto che richiede grandi spazi e che il vento va e viene.


14-NIENTE DI PIÙ COMODO DEL SOLE! 165

– Quindi vuol dire che se il vento non soffia non si produce energia? – Proprio così. I progressi però sono continui e l’eolico avrà un ruolo sempre più importante in futuro. Se ti va puoi fare un voletto fino alle pale per vederle più da vicino. Io ti aspetto qui sulla spiaggia e scatto qualche foto. Dopo un rapido sopralluogo al largo delle coste danesi per osservare le enormi pale eoliche della centrale di Esbjerg, Capitan Sostenibile ritorna alla spiaggia, dove il Professor Green è impegnato a fotografare alcune conchiglie.

Capitan Sostenibile: Certo che quei ventilatori sono davvero giganteschi... E poi al largo tira proprio un gran vento! Professor Green: Anche in questo caso, grazie al sole, tutto disponibile all’infinito e senza emissioni di gas serra! – Raggi del sole catturati da pannelli e correnti d’aria sfruttate da pale giganti. Ci sono altre energie rinnovabili oltre a queste due?


166 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

– Acqua. – No grazie, non ho sete... – Ma no! Ho detto “acqua” perché anche l’acqua può essere usata come fonte rinnovabile di energia. Il moto ondoso delle maree, le correnti marine generate dai venti, lo scorrere dei fiumi possono essere sfruttati per

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schema sole ridente con frecce che vanno dalle scritte al sole medesimo solare fotovoltaico solare termico idroelettrico biomasse eolico

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14-NIENTE DI PIÙ COMODO DEL SOLE! 167

produrre energia pulita. Soprattutto elettricità, e in questo caso si chiama energia idroelettrica. A proposito: l’acqua evapora, si condensa in pioggia, riempie i fiumi e i mari grazie a...? – Grazie... al sole? – Esattamente. – Ok. Certo che... acqua per produrre energia. Geniale! – In realtà non è una gran novità! I mulini sui fiumi ci sono da sempre e in Italia già cinquant’anni fa l’energia idroelettrica copriva l’ottanta per cento delle necessità di elettricità. È una fonte ancora importante per diverse nazioni ma è parecchio sfruttata. – E quindi il suo utilizzo non crescerà? – Non ho detto questo. Probabilmente crescerà ancora in Asia, Africa e America Latina, ma non sarà certamente decisiva. Inoltre, ti ho spiegato che l’acqua è un bene critico per l’umanità e non possiamo usarne troppa per far funzionare le centrali elettriche. – E poi? Ci sono altre fonti rinnovabili a disposizione? – Beh, abbiamo le “biomasse”... – E cosa sono? – Sono tutti i materiali di origine vegetale e animale, dai quali si può ricavare energia perché contengono carbonio. Di solito si usano i residui dell’agricoltura, delle lavorazioni del legno e dello zucchero, gli scarti animali e perfino una parte dei rifiuti urbani. Il sole dà vita ai batteri che decompongono questi materiali e li trasformano in una fonte di energia utilizzabile dall’uomo. – Incredibile! Ma di queste biomasse ce n’è quante si vuole? – Sì, se si lavora con intelligenza. Se per esempio ogni stagione usiamo una quantità di vegetali uguale a quella che si rigenera spontaneamente, possiamo andare avanti all’infinito senza problemi. – Ma sono davvero tante queste energie rinnovabili! Dipendono proprio tutte dal sole? – Il sole, in un modo o nell’altro, ci mette sempre lo zampino. Ma adesso vorrei farti vedere una piccola risorsa che se ne sta nascosta sotto terra... – E sarebbe? – Metti in moto, si parte!


168 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE VENTICINQUESIMO GIORNO, 17.57

SELFOSS – ISLANDA – LISTABRAUT Lasciata la Danimarca, il Professor Green ha portato Capitan Sostenibile a Selfoss, una minuscola cittadina distante una sessantina di chilometri da Reykjavík, la capitale dell’Islanda.

Capitan Sostenibile: Ma, Professore, era proprio necessario venire in questo borgo a battere i denti per veder delle belle casette ordinate in riva a un fiume? Fa un freddo pazzesco! Professor Green: Siamo in Islanda, caro mio, è normale che faccia freddo! Sappi che quelle “casette”, così come il novanta per cento delle abitazioni su questa grande isola, sono riscaldate solo con energia geotermica. Non male, eh? – E cosa sarebbe “geotermica”? – Significa che si sfrutta il calore che arriva da sotto terra. Ci tenevo che tu vedessi di persona come funziona. Qui catturano il calore del sottosuolo per produrre tutta l’energia che gli serve, con zero emissioni di anidride carbonica. – La catturano? E cosa usano? Reti giganti? – Sei davvero un superbabbeo! Devi sapere che via via che ti inoltri nelle profondità della terra la temperatura aumenta, più o meno di trenta gradi a chilometro. Questo calore è energia pura che può essere estratta, lavorata e utilizzata. – Allora è un’energia che si trova proprio sotto le nostre suole, in tutto il mondo! – Però per prenderla occorre fare un bel buco, e non sempre ci si riesce senza combinare disastri. Per ora le risorse davvero utilizzabili sono concentrate in poche zone del pianeta, come quella in cui ci troviamo ora. – Forte questo geotermico! Senta, restando in tema di energia... Cosa si mangia da queste parti? – Baccalà. Qui vivono di pesca. – E come lo preparano? A me piace fritto, anche se è un po’ pesante e qualche volta mi fa venire un certo dolorino allo stomaco... – Ma no! Davvero interessante! Altro che baccalà, adesso alza i supertacchi e andiamocene. Mi sto congelando anch’io e vorrei tornare al laboratorio.


14-NIENTE DI PIÙ COMODO DEL SOLE! 169 VENTICINQUESIMO GIORNO, ORE 23.50

LAGO AZZURRO – ITALIA CRCA Dopo una cena abbondante al Centro Ricerche, Capitan Sostenibile e il Professor Green, prima di congedarsi per un meritato riposo, si siedono nella veranda confinante con lo studio del Professore per fare quattro chiacchiere sotto le stelle.

Professor Green: Ahh la vecchiaia... questa volta il viaggio mi ha proprio distrutto. Capitan Sostenibile: In tutta franchezza, Professore, risponda a una mia domanda: visto quanto sono avanti gli altri paesi europei... non è che l’Italia rischia di perdere colpi? – Guarda guarda, adesso sei tu che non riesci più a cambiare discorso! Certo... potrebbe succedere, però sono convinto che l’Italia abbia i mezzi per farcela, è solo partita in ritardo e deve recuperare il terreno perduto. Ha tantissimo sole e parecchio vento, e poi anche qui si fanno cose interessanti: nel 2008 a Priolo, in Sicilia, è partito un progetto sperimentale chiamato Archimede per la realizzazione di un impianto solare davvero innovativo, basato su un sistema di specchi con una tecnologia spettacolare... Le idee e le possibilità ci sono. L’ostacolo principale è sempre cambiare la testa della gente. – A proposito, Professore, lo so che è tardi ma, ultimamente, ho sentito parlare molto di “energia nucleare” e mi chiedevo se... – Energia dall’atomo. È vero, se ne parla tanto. – Come funziona? – Oggi? Beh, il principio è tutto sommato semplice. Si chiama “fissione nucleare”: prendi il nucleo di un atomo, tipo l’uranio, lo bombardi con dei neutroni e lo spezzi, e in questo modo generi un sacco di energia. – Perché ha detto “oggi”? – Perché oggi si riesce a fare solo così, con lo stesso meccanismo della bomba atomica ma fatto piano piano. Effettivamente l’energia nucleare non produce anidride carbonica, ma è molto pericolosa e inquinante. La speranza è che un domani si riesca a lavorare con l’atomo facendo la “fusione nucleare”, che sarebbe davvero pulita e senza grossi rischi. Si tratta di fondere tra di loro i nuclei di elementi come l’idrogeno, liberan-


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do un’immensa quantità di energia. In pratica è quello che avviene all’interno del sole, che poi non è altro che una fantastica fornace nucleare. – Di nuovo il sole a fare da protagonista. Ma il nucleare che abbiamo oggi lo possiamo usare o no? – Forse solo per guadagnare un po’ di tempo, possibilmente con impianti piccoli e livelli di sicurezza elevatissimi. – Tempo per cosa? – Per far sì che le fonti rinnovabili si sviluppino come si deve e per riuscire a realizzare la fusione, ma per questo ci vorranno parecchi anni! Ora però basta con le domande, mi si chiudono gli occhi. Buonanotte, vado a farmi una bella dormita.


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MOLTO DI PIÙ CON MENO SPRECO La tecnologia può fare un mucchio di cose. Apparecchi che con poco sforzo fanno un grande lavoro, o case che riescono a produrre energia invece che consumarla. Discutendo nel laboratorio del Professor Green e visitando un supermercato si vede che con l’efficienza energetica non si deve rinunciare a niente, tranne che a delle vecchie e cattive abitudini.

VENTISEIESIMO GIORNO, 8.55

LAGO AZZURRO – ITALIA – CRCA Notte di riposo, colazione abbondante, passeggiata nell’aria frizzante del mattino e i nostri amici rientrano nello studio del Professore, pronti a riprendere il lavoro.

Professor Green: Aah! Oggi mi sento davvero fresco e riposato. Quindi cerca di approfittarne, Capitano, per farmi tutte le domande che ti vengono in mente, prima che io mi rimetta a lavorare al mio progetto Pianeta Verde... Capitan Sostenibile: Certo, Professore, certo. Vediamo intanto qual è la prossima domanda nella lista del Professor Krantz. Oh, ecco: c’è scritto “Efficienza” – Già, questa è una parola davvero importante. Soprattutto perché con l’efficienza chiunque può fare qualcosa di utile per salvare il pianeta. – E di cosa si tratta? – In realtà si tratta di una cosa semplicissima: efficienza vuol dire fare le stesse cose che fai normalmente, ma usando meno energia. – Tutto qui? E perché sarebbe così importante? – Perché se lo facessero tutti avremmo già risolto metà dei problemi del pianeta. E invece la gente si dimentica di farlo, non sta attenta, non usa la testa e questa è una delle ragioni per cui stiamo andando tutti a rotoli. – Ma quali problemi risolveremmo? Anche quelli della CO2?


172 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

– Certo che sì. Vedi, ridurre la CO2 è un po’ come mettersi a dieta. Se vuoi dimagrire, oltre a sostituire i cibi grassi con cibi più magri devi anche ridurre le quantità di cibo che mangi. E qui dovremmo fare la stessa cosa: da un lato sostituire le fonti energetiche “grasse”, quelle che emettono CO2, con le energie rinnovabili, ma poi dall’altro lato... consumare meno energia. – Consumare di meno, dice lei. Ma come si fa senza rinunciare a un mucchio di cose? Voglio dire... l’energia ci serve, per la tecnologia, il progresso... – Non ti preoccupare per il progresso. Si riesce a fare tutto, anche meglio di prima. E lo può fare chiunque. Ognuno di noi, con un po’ di impegno, può diventare campione di efficienza energetica. – Davvero chiunque? – Te lo assicuro. Beh... a patto di usare un po’ di intelligenza. Vediamo... sì ecco! Vedi quel giovane ricercatore laggiù che sta analizzando dei campioni di rocce? È con noi da pochi mesi. Ora lo chiamiamo e vediamo come se la cava. Davide, puoi raggiungerci un minuto? Davide Rossini: Arrivo Professore! – Davide, sto discutendo di consumi di energia con Capitan Sostenibile. Vorrei farti qualche domanda sull’argomento. – Beh, veramente... non so se sono all’altezza. – Non ti preoccupare. In questo momento mi interessa quello che fai come semplice cittadino, non come ricercatore. Dove abiti? – Qui a Lago Azzurro. – In una casa tutta tua? – In un appartamento in centro, proprio di fianco alla farmacia. Vivo con la mia ragazza.


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– Ok, cominciamo. Punto primo: quando esci per venire al lavoro ti ricordi sempre... di spegnere tutte le luci? – Beh, a essere sincero non sempre. A volte sono di corsa e rischio di arrivare in ritardo e allora fuggo via senza fare troppa attenzione.. – Male, malissimo! Ma lo sai che se spegnessi le luci faresti risparmiare a tutti un po’ di energia senza rinunciare a nulla? Capitan Sostenibile: Ma su, Professor Green, non dica così, può capitare a tutti... Professor Green: Zitto tu! Non deve assolutamente capitare. Gli sprechi vanno evitati! E che tipo di lampadine usi nel tuo appartamento? Davide Rossini: Mmm... Beh... io... cerco di comprare quelle a lunga durata, ma la mia ragazza per risparmiare a volte prende quelle più economiche.


174 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

Professor Green: Pessima scelta! Dovete prendere sempre e solo lampade a risparmio energetico. Così ridurrete dell’ottanta per cento i consumi per l’illuminazione della vostra casa. Ma ti rendi conto che le ecolampadine consumano quattro volte di meno e durano otto volte di più? Capitan Sostenibile: Eh, in effetti su questo il professore ha ragione... Pensi, signor Rossini, se in tutto il mondo venissero impiegate questo tipo di lampade per illuminare le case e le strade! Professor Green: Devi proprio interrompermi sempre quando parlo io? Andiamo avanti. Allora, Davide, starai certamente per installare dispositivi di spegnimento automatico delle lampadine, vero? – Mmm... no!


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– Ma come è possibile! I dispositivi di spegnimento automatico fanno in modo che la luce sia sempre spenta quando in una stanza non c’è nessuno. Utilizzarli è un segno di grande rispetto per l’ambiente e ti fa risparmiare un sacco di energia e di soldi. – D’accordo... ci farò un pensierino. – Lo spero bene! E se non sono troppo indiscreto... fai funzionare i tuoi elettrodomestici nelle fasce orarie di maggior risparmio? – Non so... di questo si occupa Patrizia, la mia fidanzata. – Ma bene... e così il signorino non si occupa della biancheria e dei piatti sporchi! Ma lo sai almeno che devi far funzionare la lavatrice e la lavastoviglie di notte, quando c’è più energia disponibile e costa meno? Capitan Sostenibile: Professore, però non può costringere questo povero ragazzo ad alzarsi tutte le notti per accendere la lavatrice. Professor Green: Ma cosa dici?! Se non si è del tutto rimbecilliti, gli elettrodomestici si possono programmare il giorno prima! Davide Rossini: È vero Professore... però una cosa giusta sono certo di averla fatta! Qualche mese fa io e Patrizia abbiamo sostituito i vecchi elettrodomestici a consumo elevato con quelli di classe energetica A+. C’erano gli incentivi statali... Abbiamo speso un po’ di più, ma crediamo ne sia valsa la pena perché abbiamo ridotto i consumi del trenta per cento. Professor Green: Ohhh, finalmente una mossa giusta!! Capitan Sostenibile: Vede che il ragazzo è in gamba? A proposito, che diavolo è questa classe A+? Professor Green: Uffa! Leggiti questo brano di una ricerca che abbiamo pubblicato sull’argomento... DOCUMENTO 21

DA UN CAPITOLO DI UNA RICERCA DEL CRCA SUI CONSUMI ENERGETICI ... Secondo le regole stabilite dall’Unione Europea, gli elettrodomestici sono classificati, sulla base di quanto consumano, in “classi di consumo energetico”, dette anche “classi di efficienza energetica”. In pratica, gli elettrodomestici sono classificati con lettere, dalla A alla G, a seconda di quanta elettricità consumano. (segue)


176 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE La classe A è attribuita agli elettrodomestici più efficienti, cioè a quelli con i consumi più bassi, ma volendo c’è anche una classe A+ e un’altra A++, che risparmiano ancora di più della classe A. La classe G invece è attribuita agli ultimi arrivati per efficienza energetica, cioè gli elettrodomestici con i più elevati consumi di energia. E in mezzo stanno tutti i modelli intermedi. I consumi degli elettrodomestici contano davvero molto nel bilancio energetico delle famiglie e delle nazioni. Per capire quanto possono essere importanti gli elettrodomestici ad alta efficienza basta pensare al caso della Cina, dove trent’anni fa si vendevano 50.000 frigoriferi e oggi ben 30 milioni. Se questi elettrodomestici fossero tutti a elevato consumo di energia sarebbe un vero e proprio disastro!

Professor Green: Aspetta Davide, non ho ancora finito. A casa tua controlli che le lucine rosse di TV, stereo e computer siano spente quando non li utilizzi? – S-s... Sinceramente siamo sempre di corsa e a volte... restano accese. Professor Green: Ma che disastro! Che catastrofe! Quelle “lucine rosse” dicono che in realtà l’apparecchio elettronico non è spento, ma solo in modalità “attesa”, cioè quasi acceso, e consuma energia a fiumi... Capitan Sostenibile: Professore, non faccia così! Sono sicuro che Rossini è un bravo ragazzo! E poi in fondo sono solo delle lucine... quanto mai potranno consumare? Professor Green: Uno sfracello di energia! Devi sapere che lo stand by è responsabile del dieci per cento dei consumi di elettricità nel mondo! Se in Italia spegnessimo tutti queste lucine risparmieremmo almeno trecento milioni di euro. Davide Rossini: Caspita! Hemm... Posso andare ora?


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Professor Green: No, ancora un momento. A casa tua è installata una caldaia a condensazione? O forse avete un impianto di cogenerazione? – ... No... cogenerazione... no, non mi risulta. – E poi dicono che non mi dovrei arrabbiare con voi giovani. Una caldaia a condensazione è un particolare tipo di caldaia che costa un po’ di più rispetto a quelle normali ma che consente di risparmiare parecchia energia. Capitan Sostenibile: E la “cogenerazione” che roba è? Professor Green: Lo dice la parola stessa, no? È un sistema che ti dà la possibilità di usare il combustibile per produrre, insieme, energia elet-


178 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

trica ed energia termica, cioè riscaldamento. Il vantaggio è immediato perché puoi far funzionare gli elettrodomestici, illuminare la casa e allo stesso tempo riscaldarla senza sprecare energia. Se poi vuoi migliorare ancora l’efficienza puoi isolare per bene la tua casa per evitare dispersioni di calore e, perché no, puoi anche aggiungere qualche pannello solare da mettere sul tetto. Lo sai che se metti il giusto numero di pannelli sul tetto di una casa produci energia invece di consumarla e puoi anche guadagnare del denaro? Davide Rossini: Professore, mi sento proprio un idiota. Non avevo idea che ci fossero così tanti modi per risparmiare energia. Professor Green: Bah. Sei solo nella media. La maggior parte delle persone ragiona proprio come te. Non si cura dell’efficienza. E pensare che è così facile risparmiare energia senza rinunciare proprio a nulla. Senza parlare di tutte le altre cose che si potrebbero risparmiare mettendoci solo un po’ di buona volontà... Capitan Sostenibile: Come per esempio... Professor Green: ... l’acqua. Quando ti lavi i denti il rubinetto rimane sempre aperto? – Direi di sì... sbaglio, vero? – Ma sei rimbambito? Lo scroscio dell’acqua ti rilassa per caso? No, la lasci andare solo perché non ci pensi. Cosa ti costa chiudere il rubinetto e risparmiarne un po’? E tu Davide, come vieni in ufficio? Davide Rossini: Di solito... in macchina. – Sei un pigrone irresponsabile! Abiti a tre chilometri dal Centro Ricerche: è così drammatico venirci in bici evitando di sciupare benzina? Capitan Sostenibile: Professore, per favore, il povero signor Rossini sta per cadere in una crisi di nervi! E poi, non sarà mica tutta colpa sua se il pianeta è in pericolo. Professor Green: ... È vero, è vero, scusatemi. Mi sono lasciato andare un po’ troppo, perché questi temi mi appassionano. Non ce l’ho con te, Davide. È solo che... sarebbe davvero così facile risolvere gran parte dei problemi della Terra se tutti ci mettessero un po’ più di attenzione. E allora mi inferocisco ogni volta che vedo piccoli comportamenti sbagliati, che chiunque potrebbe evitare.


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– Però Professore, queste cose che lei dice bisogna anche saperle, essere informati... – Sì, sì, è vero anche questo. Anche se in molti casi basta solo ragionarci, e ve lo dimostro. Provate a fare voi qualche altro esempio di spreco che vi viene in mente, coraggio. Davide Rossini: Gli oggetti comprati e mai usati? – Certo! Bravo Davide! Quanta roba sprecata... Capitan Sostenibile: Il cibo che si butta via? – Bravissimo! Normalmente se sei in casa con tre fratelli non butti via il latte nel lavandino prima che loro facciano colazione. Bene, nel mondo ci sono altri sette miliardi di persone che meritano la stessa attenzione. Basta poco per capirlo. Altri sprechi che vi vengono in mente? Davide Rossini: Professore, il calore che viene disperso dalle case e dai palazzi può essere considerato uno spreco? – Complimenti, hai centrato il problema! È un grandissimo spreco. Aspetta, ti faccio vedere una pagina del saggio che ha scritto il direttore del nostro dipartimento per l’Energia. DOCUMENTO 22

DA UN ARTICOLO SULL’EDILIZIA SOSTENIBILE DOTTORESSA LARA GORDON, CRCA Le nostre case sono importantissime per l’ambiente e, a seconda di come sono fatte, possono procurare grandi danni o grandi vantaggi. Le statistiche dicono che gli edifici consumano il 70% di tutta l’elettricità generata, sono responsabili del 35% delle emissioni di anidride carbonica e impiegano il 40% delle materie prime della Terra per la loro fabbricazione. Quando decidiamo di costruire una nuova casa dovremmo assicurarci che vengano utilizzati materiali e tecniche di costruzione che garantiscano la massima efficienza energetica, come per esempio la cogenerazione, il recupero dell’acqua piovana, i materiali riciclati, la coibentazione e i pannelli solari. Fortunatamente, negli ultimi anni, il quadro è migliorato e in futuro le tecnologie utilizzate nella realizzazione degli edifici consentiranno di risparmiare energia e di ridurre gli impatti sull’ambiente, migliorando nello stesso tempo il comfort degli abitanti.


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Capitan Sostenibile: Ma se uno non deve costruire una casa nuova e la casa ce l’ha già, cosa deve fare? Professor Green: Anche se abiti in un edificio costruito molti anni fa, con qualche intervento ben studiato puoi comunque risparmiare fino al venticinque per cento di energia. – Ora questa faccenda dell’efficienza è un po’ più chiara! I cittadini devono darsi da fare immediatamente, però credo che anche i tizi che fanno funzionare le fabbriche e gli uffici debbano darsi una bella regolata. – Hai ragione: in questi posti si consuma molta energia per far funzionare computer, macchinari e impianti. All’efficienza delle famiglie deve aggiungersi quella dell’industria, delle aziende e delle amministrazioni pubbliche, le cui attività pesano per oltre il trenta per cento sul consumo totale di energia della Terra. – Tantissimo! – Assolutamente sì. Pensa che i consumi di energia di molte aziende del mondo si potrebbero ridurre di un terzo utilizzando tecnologie già esistenti!


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– E come? – Te la senti di fare un viaggetto? Davide, torna pure al tuo lavoro ma ricordati cosa hai imparato oggi. E tu, Capitano, prepara l’astronave che si parte. Ho una certa fretta... – Arrivederci signor Rossini e grazie. È stato bello che, per una volta, il Professore avesse qualcun altro con cui prendersela... Buona fortuna. VENTISEIESIMO GIORNO, 16.30

AURORA – USA – EAST DOWNER PLACE, SUPERMERCATO IN PERIFERIA Il Professor Green ha condotto Capitan Sostenibile ad Aurora, la seconda città dell’Illinois, a ovest di Chicago, davanti a un supermercato. Non sembra esserci nulla di particolarmente importante in questa cittadina residenziale degli Stati Uniti, caratterizzata da un buon tenore di vita, con giornate lente e tranquille...

Capitan Sostenibile: Professore, perché mi ha fatto fare più di ottomila chilometri per visitare un supermercato? Professor Green: Beh, avevo voglia di fare un salto dalle parti di casa e poi questo non è mica un supermercato qualsiasi! – Ah no? Io non ci vedo nulla di diverso dai soliti supermercati. – Guarda meglio. Riconosci quella specie di specchi sul tetto? Sono pannelli fotovoltaici combinati con un sistema di stoccaggio dell’energia solare prodotta in eccesso. Pensa, questo supermercato non solo autoproduce tutta l’energia di cui ha bisogno ma riesce a venderla anche ad altri! Dai entriamo. – Oh, laggiù... in fondo a quel corridoio! C’è una svendita di confezioni di burro d’arachidi. Andiamo a dare un’occhiata ai prezzi? – Ma neanche per sogno. Uno ingrassa solo a guardarle. Osserva le luci qui in alto piuttosto! – Luci? Che cos’hanno queste luci di particolare? – Ma come, non vedi? Utilizzano lampadine LED per ridurre al minimo i consumi. Qui è tutto studiato per risparmiare energia e risorse. Perfino la toilette è progettata per assicurare un basso consumo d’acqua. – Ingegnoso, ma cosa può fare un solo supermercato per l’ambiente?


182 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

– Uno poco, ma quando cominciamo a essere migliaia le cose cambiano! Questo supermercato è di proprietà della più grande azienda mondiale della distribuzione e consentirà di ottenere livelli elevati di efficienza energetica per molti anni. – Allora è proprio vero che anche le aziende si stanno dando da fare con le “azioni concrete” per salvare il pianeta! – È ancora presto per cantar vittoria, ma questo esempio non è un caso isolato. Sono tantissime le aziende che si stanno impegnando, il più delle volte spinte dalle richieste dei loro clienti che chiedono una maggiore attenzione alla sostenibilità e impegni concreti a favore dell’ambiente. – Sì, va bene, ma ora... possiamo fare un giro al reparto gastronomia? Magari troviamo un paio di sandwich al formaggio per spezzare un po’ la fame. – Va bene, ma fai in fretta. Chicago ci attende! – Andiamo a visitare un altro supermercato? – No, siamo diretti allo stadio del baseball. Stasera giocano i Cubs! Si sono qualificati per le finali e un mio cugino mi ha procurato due biglietti in tribuna numerata... – Ora ho capito il vero motivo per cui siamo venuti qui nell’Illinois! Vorrà dire che mi godrò la partita, anche a me piace il baseball. Però sappia che io... tifo Yankees!


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PRENDIAMO UN SUPERSECCHIO E UN SUPERSPAZZOLONE Non è per niente facile rimettere ordine dopo duecento anni di baldoria. Tutto il pianeta è sporco e arruffato. Ma il Professor Green conosce le formule e le soluzioni per rimettere a nuovo le piante, l’acqua e i territori più disastrati. Come se da domani cominciasse a lavorare una super impresa di pulizie.

VENTISETTESIMO GIORNO, 11.10

LAGO AZZURRO – ITALIA – CRCA Rientrati al Centro Ricerche dal breve viaggio negli Stati Uniti, i nostri amici si concedono una piccola pausa di riflessione in riva al lago, seduti su una panchina del parco.

Capitan Sostenibile: Era da tanto che non andavo allo stadio a vedere una partita di baseball. Peccato però che i suoi Cubs abbiano perso di un punto. Professor Green: Tutta colpa di quel lanciatore rammollito! Ha fatto segnare tre fuori campo agli avversari. – Non se la prenda Professore, in fondo è solo un gioco. Comunque un po’ di svago ci voleva proprio. È quasi un mese che giriamo il mondo per capire cosa fare per risolvere i problemi della Terra. – Sei stanco? Ne hai avuto abbastanza? – Ma neanche per sogno! Nella lista del Professor Krantz il prossimo punto è... “secchio e spazzolone”? Che vorrà mai dire? – Forse... che dovremmo dare una bella ripulita al nostro pianeta! – E come facciamo? Diamo davvero a tutti un secchio e uno spazzolone? – Beh, in un certo senso sì. È un po’ come aver fatto una gigantesca festa di compleanno: patatine sul pavimento, tovaglia macchiata, pezzi di torta sul tavolo: prima che tornino mamma e papà bisogna sistemare tutto come era prima.


184 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

– E ci possiamo riuscire? Lei sa davvero come fare? – Ma certo che so come fare! Sono anni che studio la questione, ma il mondo è pieno di babbei che si tappano le orecchie e non ne vogliono sapere di mettersi di impegno. Forza, diamoci una mossa. Tra una mezz’ora vorrei essere in volo. VENTISETTESIMO GIORNO, 14.50

AMASYA – TURCHIA

L’astronave di Capitan Sostenibile sta sorvolando le colline a est della verde città di Amasya, situata nella parte settentrionale della Turchia.

Professor Green: Guarda laggiù tra quelle colline. Vedi quella piccola foresta? Capitan Sostenibile: Sì. Cos’ha di tanto speciale? – È la prima foresta che il governo di questo paese ha deciso ufficialmente di proteggere. Come vedi, tutto intorno non c’è più niente e sono stati


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tagliati migliaia di alberi. Ma ora nessuno potrà più toccare quelli che rimangono, per trasformarli in carta, o mobili o addirittura in legna da ardere. – Però la dottoressa Diana Bennet ha scritto che negli ultimi cento anni le foreste si sono ridotte da cinque a quattro miliardi di ettari. Questo significa che se anche blocchiamo quei mostri senza scrupoli che continuano ad abbattere le foreste avremo comunque meno alberi... – Non è detto. Una volta fermata la distruzione delle foreste possiamo impegnarci a ripristinare le aree verdi perdute piantando nuovi alberi. – Giusto! E vieteremo di tagliare gli alberi che pianteremo. – Mmm... questo potrebbe non essere necessario. Perché, vedi, usando un po’ di intelligenza ci sarà sempre la possibilità di tagliare degli alberi, purché però lo si faccia solo da foreste create apposta, chiamate piantagioni da taglio. – E ce ne sono già in giro di queste piantagioni da taglio? – Proprio due giorni fa mi è arrivata una e-mail di Diana. Vorrei farti leggere un breve passaggio, qui sul mio computer:


186 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE DOCUMENTO 23

E-MAIL DELLA DOTTORESSA DIANA BENNET AL PROF. GREEN Ciao Teo, ti scrivo per un rapido aggiornamento sulle mie ultime ricerche. Intanto, qualche buona notizia sul fronte della deforestazione, dove le cose stanno lentamente migliorando. In soli due anni più di 200 milioni di ettari di terreno sono stati destinati a piantagioni da taglio. Si tratta di un importante passo nella giusta direzione, anche se il legno prodotto da queste piantagioni speciali copre per ora soltanto il 12% della produzione mondiale. Alcuni segnali positivi arrivano anche dall’Amazzonia. Recentemente il Brasile ha lanciato un grande progetto quinquennale per piantare un miliardo di alberi nello Stato del Para. Sembra che il Banco do Brasil abbia stanziato 600 milioni di dollari nel progetto. Anche la campagna UNEP, che prevedeva la piantumazione di 7 miliardi di alberi entro la fine del 2009, procede bene, e i Paesi che hanno aderito sono ormai più di 160. Etiopia, Messico e Turchia sono al momento le nazioni più virtuose. Ti segnalo invece una crisi nel progetto decennale di riforestazione della Cina, a causa delle difficoltà nella produzione alimentare. Mi auguro che i problemi vengano risolti e che il recupero di aree forestali riprenda regolarmente anche lì.

– Professore, nella sua e-mail la Dottoressa Bennet parla di grandi progetti internazionali. Si tratta sicuramente di scelte giuste che fanno i governi dei Paesi dove si trovano le foreste. Ma la gente comune quali azioni concrete può fare per dare una mano? – Ah, chiunque mette in moto il cervello può fare un mucchio di cose utili. Ti ricordi di quando parlavamo dell’importanza di fare la spesa nel modo giusto? Bene, anche la situazione delle foreste può cambiare a seconda di quello che la gente decide di comperare. Per esempio, se tutti comprassero carta riciclata si ridurrebbe la parte di foreste abbattuta per produrre carta nuova. Oppure si può comperare carta certificata da marchi internazionali, cioè ottenuta con legname che proviene da aree gestite in modo sostenibile. – Lei dice che se compro un block-notes in carta riciclata salvo la foresta amazzonica?


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– No, babbeo. Dico che se, oltre a te, lo fanno sette miliardi di persone le cose cambiano in un battibaleno. Perché non ci sarà più così tanto interesse ad abbattere alberi per fare carta nuova che nessuno compra. – Mica male quest’idea della spesa... – Già, e lo stesso vale per il consumo di legna. Se compri un mobile dovresti controllare che il legname sia prodotto senza far danni permanenti alle foreste. Se bruci legna nel camino dovresti controllare se la stufa è efficiente, per evitare sprechi. E soprattutto dovresti fare la raccolta differenziata di tutta la carta che butti via, in modo da produrne di nuova senza tagliare gli alberi. – Beh, Professore, io non pensavo che gli alberi fossero così importanti e ... non ho mai fatto attenzione alle cose che ha appena detto. – Eppure è un discorso molto semplice! Se ci curassimo un po’ di più dei nostri alberi il paesaggio sarebbe più bello e avremmo degli amici che si mangiano un po’ dell’anidride carbonica che buttiamo in atmosfera. – Fantastico. E quanta CO2 si mangia ogni albero?


188 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

– Dipende. Un albero che vive nelle zone calde e umide della Terra, dalle parti dei tropici, toglie dall’aria dai cinquanta ai 200 chilogrammi di CO2 ogni anno. In un secolo quindi può assorbire fino a 20 tonnellate, che equivalgono alla CO2 emessa da un’automobile che faccia 80.000 chilometri di strada, due volte il giro del mondo. Ecco perché è importante piantare gli alberi. Più ce ne sono, più anidride carbonica viene assorbita. Dai, scendiamo a fare una passeggiata. Capitan Sostenibile manovra con grande abilità la sua astronave e la fa atterrare nella radura ai margini della foresta. I due amici si incamminano su un sentiero che sale verso la collina più alta.

Professor Green: Dare una riassettata al pianeta non è poi così difficile. Le cosa da fare sono così ovvie! Capitan Sostenibile: Ovvie? Se non ci fosse qui lei a spiegarmele io non saprei proprio da che parte cominciare! – È solo perché non ti ci sei mai messo d’impegno. Sai quante prediche inascoltate ho fatto in vita mia? Ma se adesso i giovani si svegliassero e facessero sentire la loro voce... – Io ci credo nei giovani, Professore, ma... che cos’è tutta quella terra davanti a noi? – Questa è una vecchia frana. Ce ne sono molte da queste parti e la colpa è del disboscamento. Le radici delle piante tenevano insieme la terra durante le piogge ma ora... non più. Qui però, come vedi, il governo locale sta piantando nuovi alberi e il problema sarà presto risolto. – Professore, si ricorda quando in Senegal ho dato una mano agli operai a piantare un po’ di alberi? – Eh già! Ne hai piantati un migliaio in mezz’ora per aiutarli a fermare il deserto. – Spero proprio che sia servito. Il deserto è così grande... cosa potrà mai fare quella piccola barriera? – Può fare molto, così come possono fare tanto questi alberelli


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piantati qui a impedire le frane. Vedi laggiù come sono ridotti i terreni dove la vegetazione è stata completamente distrutta? Il terreno è spelacchiato e brullo, esposto al vento e senza acqua. In zone come queste in breve tempo spariscono gli allevamenti, ma anche gli animali selvatici e gli uccelli. Diventano come piccoli deserti, che si espandono causando danni gravissimi al territorio nelle vicinanze. Quando invece pianti un albero, intorno a lui ritorna il verde e se ne pianti mille ritorna un intero ecosistema. – Beh, mi tira su il morale. – Certo. Perché è la somma di tante piccole cose giuste che ci permetterà di dare una riassettata alla Terra. Qui in Turchia lo hanno capito e si stanno dando da fare. Dai, ci siamo trattenuti anche troppo. Torniamo all’astronave.


190 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE VENTISETTESIMO GIORNO, 17.35

ALONISSOS – COSTE DELLA GRECIA Lasciati i boschi della Turchia il Professor Green e Capitan Sostenibile si trovano a sorvolare le Coste Greche, all’altezza dell’isola di Alonissos.

Capitan Sostenibile: Che mare stupendo, che colori... Professor Green: Il Mare Egeo è uno dei più belli al mondo, ricco di pesci e di baie suggestive. Prova a salire con l’astronave a trenta metri d’altezza sopra quel tratto di mare con le boe arancioni. – A cosa servono le boe? – Anche loro partecipano alla ricetta “secchio e spazzolone”. – Delle semplici boe? – Certo! Perché servono a delimitare un grande e prosperoso allevamento ittico! Da quando il governo greco si è finalmente accorto che molte specie di pesce sono quasi sparite ha deciso di impedire la pesca in alcuni tratti di mare. Qui, dietro a queste boe, i pesci stanno tranquilli e possono riprodursi in santa pace.


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– Ma è un’idea grandiosa! – Macché grandiosa. Sono cose semplici e banali, che io sto suggerendo da vent’anni. Basta la volontà di farle, tutto qua! – E in più protegge anche... la “biodiversità”! – Come? Ma senti senti... – Sì, proteggere le specie vuol dire salvare la nostra biodiversità. Mi ricordo perfettamente la spiegazione della dottoressa Wilcox, come se fosse qui lei in persona... – Già, forse avrei dovuto farti spiegare più cose dalla Dottoressa Wilcox. In ogni caso hai detto una cosa giusta: dare una riassettata alla Terra vuol dire salvare tutte le specie animali e vegetali, e quindi difendere la biodiversità. – E allora occorrono tanti posti come questo per proteggere anche gli altri animali e le piante? – Esatto. E per fortuna cominciano a farne in tutto il mondo: si chiamano parchi e riserve naturali. – Professore, ne possiamo vedere uno? Eh? Possiamo? – Va bene, va bene... facciamo rotta sull’Italia, mi è venuta un’idea...


192 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE VENTISETTESIMO GIORNO, 18.44

BUDELLI – ITALIA – SPIAGGIA ROSA Il Professor Green ha portato Capitan Sostenibile in Sardegna, per una visita all’arcipelago della Maddalena, uno dei luoghi più esclusivi e rinomati del pianeta.

Professor Green: Vedi Capitano? Fortunatamente per trovare un parco dedicato agli animali e alle piante non occorre andare tanto lontano da casa. Capitan Sostenibile: E... che parco! Questo posto è un’autentica meraviglia della natura. – Puoi dirlo forte. Stai passeggiando sulla famosa Spiaggia Rosa, un luogo incantato. Il colore della sabbia è dovuto ai frammenti sminuzzati di coralli e particolari conchiglie, quali la Miriapora truncata e la Miniacina miniacea. Purtroppo negli ultimi anni le zone rosa sono un po’ diminuite per colpa di alcuni turisti idioti che venivano qui a rubare la sabbia. – Ma adesso questa è una riserva protetta? – Grazie al cielo sì e guai se non fosse così. – Quanto è grande? – La Maddalena è uno straordinario eco-sistema di quindicimila ettari e comprende numerose isole, tutte bagnate da acque limpidissime. – Ah che meraviglia, le spiace se tolgo le calze per camminare a piedi nudi nell’acqua?


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– Fai pure. Al massimo può spiacere alla fauna marina... – Non dica così! Ci sono molti animali in queste acque? – Moltissimi. Nei fondali sabbiosi cresce la Posidonia oceanica e trovano rifugio ippocampi, salpe, saraghi, occhiate e poi nacchere e tartufi di mare, mentre nelle zone rocciose puoi trovare gorgonie rosse, margherite di mare, spirografi, granchi, cicale, polpi, cernie... – Segnato nei miei appunti Professore: “Costruire riserve marine”. Mi dia solo un paio di giorni e blindo una cinquantina di zone costiere in modo che non ci entri più né un turista né un pescatore! – Buono, buono, non fare lo sbruffone! Per costruire cinquanta parchi marini basterebbe solo prendere un po’ dei soldi che vengono dati dai governi per finanziare la pesca. – La pesca viene finanziata dai governi? – Certo, quasi venti miliardi di euro ogni anno. – Mmm... E siamo daccapo alle scelte giuste dei governi. Ma a parte i poveri pesci, per gli altri animali e le piante si fa qualcosa? – Beh, di parchi in giro per il mondo ce ne sono parecchi. Solo in Italia ne abbiamo almeno una ventina, dal Gran Paradiso al Gran Sasso... Il problema è che negli ultimi vent’anni gli habitat naturali si sono parecchio ridotti e oggi coprono solo il quattro per cento della superficie della Terra.


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– E quanto erano vent’anni fa? – Il sedici per cento. Quattro volte tanto. – Per le stelle di Andromeda! Come è potuto succedere? – Perché quei babbei egoisti dei miei simili se ne sono infischiati. Ecco perché! – Accidenti, sistemare la Terra mi sembra un po’ come riparare una macchina che perde i pezzi! – Hai ragione. Ma non è così che dovrebbero andare le cose. È vero che il nostro primo istinto è di riparare, cioè metterci una pezza, ma qui dobbiamo risanare, cioè dare alla Terra la possibilità di riprendersi. Risanare richiede molto impegno e tanta intelligenza. Ma dà molte più soddisfazioni che riparare. – Risanare e non solo riparare... ma per alcune cose bisogna rimboccarsi le maniche e praticamente ricominciare da capo. – Proprio così supereroe. È per questo che anche a noi serve un supersecchio e un superspazzolone!


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DAL COLOSSEO ALLA CITTÀ DEL FUTURO Nelle città tutto è concentrato: le chiese e i grattacieli, le automobili e i parchi gioco. I monumenti di Roma antica sono a due passi da un’enorme discarica. Capitan Sostenibile ha molti dubbi che sarà mai possibile vivere bene in mezzo a tante cose così diverse, ma gli basta un viaggio che dal nord Europa lo porta al mare della Liguria per cambiare idea.

VENTOTTESIMO GIORNO, 17.10

ROMA – ITALIA – PIAZZA VENEZIA Sveglia all’alba, e il Professor Green, senza alcun preavviso, ha portato Capitan Sostenibile a Roma, la città eterna. I due amici hanno dedicato la mattinata e parte del pomeriggio a visitare i luoghi più famosi: dalla Basilica di San Pietro al Colosseo, dai Fori Imperiali a Piazza di Spagna

Capitan Sostenibile: Certo Professore che ne abbiamo girati insieme di posti, ma Roma secondo me li batte tutti! Professor Green: Eh già, ci vorrebbe una settimana intera per visitarla tutta. Comunque domani mattina dobbiamo rientrare a Lago Azzurro ed è bene non dimenticare il motivo per cui ti ho portato qui. – Ecco appunto, è il motivo che non ho chiaro... Nella lista del Professor Krantz c’è scritto “Colosseo” ed eccoci qui, anche se non ho ben capito cosa c’entri il Colosseo con le nostre ricerche. – Il Colosseo è il simbolo di una straordinaria città antica, che oggi è diventata una grande metropoli moderna. Sigfried ha inserito nella tua lista il Colosseo perché voleva che ti spiegassi come funziona questa specie di gigantesco “organismo” in continua evoluzione, fatto di case, strade, negozi, chiese, grattacieli, monumenti, tecnologia, insomma, tante parti che devono stare tutte insieme. – La città allora è come un “organismo”? – In effetti sì. Puoi paragonarla a un corpo umano dove hai il sistema


196 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE


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nervoso, i muscoli, i polmoni, le vene e le arterie... tutto deve funzionare in modo armonico... – E nella città? – Nella città hai persone, alberi, strade, acqua, elettricità, rifiuti, fabbriche, luoghi di lavoro... Anche qua tutto dovrebbe essere ben organizzato e in equilibrio con l’ambiente. – Professore, non vorrei sembrarle disfattista ma qui non mi sembra che ci sia tutto questo equilibrio. Palazzi, cemento, strade strangolate dal traffico, gente tappata in macchina, auto in doppia fila, bambini nei passeggini con i polmoni pieni di smog... – Lieto che te ne sia accorto. Lo vedi allora che abbiamo un sacco di lavoro da fare anche nelle città! – Mica facile però! – Mai detto che sarebbe stato facile. – E cosa mi consiglia di fare? – Prima di tutto devi cominciare a ragionare. Per immedesimarti nei problemi perché non provi a metterti nei panni del sindaco di una grande città, tipo questa? Che sia Roma, Tokyo o Los Angeles poco importa. – Sindaco? – Certo! Se tu fossi sindaco di una grande città potresti provare a cambiare le cose... dall’interno! Allora, caro sindaco, da dove cominceresti? – Già, se fossi sindaco io... Professore, la prego, non mi viene in mente niente! Mi dica qualcosa! – Bah... giusto perché mi fai pena! Allora, pensa alle città che conosci. Sembrano progettate per far circolare le automobili e non per farci vivere le persone. Tante strade piene di macchine ma pochi parchi, pochissime piste ciclabili, rarissimi spazi verdi, quasi nessuno spazio dove camminare tranquilli. Roma sulle aree verdi si difende abbastanza bene, ma se ci fossero meno auto in centro... Tieni, leggi questi appunti che ti ho preparato sugli interventi contro l’inquinamento urbano. Se tu fossi davvero un sindaco sarebbero un buon promemoria per le tue scelte giuste.


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APPUNTI DEL PROFESSOR GREEN SUL RISANAMENTO DELLE CITTÀ ... I provvedimenti più urgenti per risanare i luoghi in cui abitiamo e lavoriamo riguardano la riduzione del traffico privato a favore di quello pubblico. Per migliorare la qualità dell’aria delle nostre città è necessario fare in modo che la maggior parte dei cittadini usino i tram, gli autobus e le metropolitane anziché la propria auto. Contemporaneamente bisogna fare in modo che nelle zone centrali delle città, soprattutto nei centri storici, il traffico automobilistico sia limitato al massimo. I cittadini e i turisti devono poter visitare tranquillamente i luoghi d’arte, o anche semplicemente passeggiare, a piedi o in bicicletta, senza essere esposti ai gas inquinanti emessi da camion, auto e motociclette. Certo, in futuro potremo contare su automobili meno inquinanti, a idrogeno, elettriche, ibride, a biocarburanti. Ma oggi è comunque possibile realizzare interventi concreti come costruire piste ciclabili, creare nuove aree verdi, limitare l’accesso nel centro cittadino alle auto private, rendere più efficienti i trasporti pubblici...

– Ok Professore, però la città è anche un posto pieno di persone. Oltre che rifare il traffico e i trasporti, un sindaco dovrebbe anche aiutare la gente a cambiare il proprio modo di vivere? – Hai detto bene. La città può migliorare se anche la gente che ci vive comincia a fare azioni concrete, per esempio resistendo alle tentazioni dell’economia usa e getta. – Sono tante le cose che gli abitanti della città sprecano? – Tantissime! Usano la macchina per fare cento metri, comprano prodotti che non servono a nulla, dimenticano le luci accese, buttano via il cibo, sprecano l’acqua senza quasi rendersene conto, producono un sacco di rifiuti e li lasciano dappertutto. – Già, i rifiuti... Che fine fanno i rifiuti di una mega città come Roma? – A casa tua hai il soggiorno e il bagno, vero? – Certo, ma che c’entra? – E sono in due locali separati?


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– Ma Professore... ci mancherebbe altro! – Ecco, una grande città è come una casa. Il centro, dove la gente passeggia tra i monumenti e le chiese, è il soggiorno, mentre il posto dove si portano i rifiuti è... il bagno. Peccato però che in alcune città i rifiuti sono sparsi ovunque e accumulati così vicini al centro che è come se la casa avesse il water nel mezzo del soggiorno e nessuno si preoccupasse di tirare lo sciacquone! – Ma che schifezza! – Non mi credi? Allora forza, aspirante sindaco, usciamo dal centro città e spostiamoci verso Ovest. Devo farti vedere una cosa interessante. VENTOTTESIMO GIORNO, ORE 19.20

MALAGROTTA – ITALIA – DISCARICA RIFIUTI

Dopo aver ammirato le bellezze della capitale, i nostri amici si trovano a due passi da una delle discariche più grandi d’Europa, proprio alle porte di Roma.

Capitan Sostenibile: Professore volevo dirle che... dato che ho capito quanto è importante risparmiare l’acqua, ho deciso che da domani niente doccia di mezz’ora dopo i miei esercizi di sollevamento pesi, solo una sciacquata alle ascelle. – Lo prendo come un bel gesto di attenzione verso l’ambiente, non per l’olfatto di chi ti sta intorno. – Professore, a proposito di olfatto... Dove mi ha portato? E che cos’è questa puzza? – Eccola qui! Ti presento una delle più grandi discariche d’Europa. Cosa ti aspettavi di sentire, profumo di violette? – No, ma non pensavo neppure a odoracci come questi. Ma come fanno gli abitanti di una città ad ammassare così tanti rifiuti? – Il problema è che ciascun abitante produce in media 500 chilogrammi di rifiuti in un anno. Per una città da quasi tre milioni di abitanti come Roma, significa quasi un milione e mezzo di tonnellate di rifiuti ogni anno. Per intenderci: se quei rifiuti li metti su un campo di calcio, viene fuori una montagna di spazzatura alta poco meno di tre chilometri! – Per le polveri cosmiche della Via Lattea! Tre chilometri?! Per salirci


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dovrei usare la mia astronave! È proprio vero che una città è una specie di superorganismo con un superapparato digerente. E non si può fare proprio niente per eliminare questa puzza micidiale? – Certo che sì. Anche perché questa discarica dovrebbe sparire. – E i rifiuti che fine faranno? Li disintegrano con un laser al plutonio? – Vedi quel grande capannone là in fondo? – Certo che lo vedo. Che cos’è? – È un impianto di compostaggio. Lì dentro alcuni tipi di rifiuti, come gli scarti di cucina, gli scarti delle produzioni agricole e i rifiuti industriali biodegradabili, vengono trasformati in concime e terriccio fertile. – Quindi invece di restare in una buca a marcire si trasformano in qualcosa di utile... Ma la stessa cosa è possibile anche per gli altri tipi di rifiuti? – Puoi dirlo forte! Nessun rifiuto dovrebbe finire in discarica. I rifiuti dovrebbero sempre trasformarsi in qualche cosa di utile. Anzi, i rifiuti non dovrebbero proprio esistere. – Questa francamente mi pare una esagerazione... – Niente affatto. Quando una cosa diventa un rifiuto non recuperabile vuol dire che da qualche parte c’è stato un errore. Il rifiuto non è altro che una risorsa messa nel posto sbagliato! – E qual è il posto giusto, allora? – Quello dove si riutilizza e si ricicla. Ma per farlo è indispensabile la raccolta differenziata. – Ah, questa l’ho già sentita: bisogna buttare le bottiglie di vetro in un cassonetto, i calzini bucati in un altro, la plastica in uno ancora diverso, e poi la carta e le pile e le medicine ciascuna in un cassonetto con un colore preciso. Giusto? – Ma chi lo avrebbe mai detto... a quanto pare stare con me ti ha fatto bene. Comunque, sì, fare la raccolta differenziata vuol dire proprio separare bene i vari tipi di prodotti e materiali diversi. La carta dalla plastica, gli avanzi del cibo dal vetro e così via, per poterli riciclare meglio. Lo sai che proprio qui in Italia diverse città si sono comportate davvero bene? Leggi un po’ questo capitolo del rapporto 2008 sulla raccolta differenziata:


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– Vado: “Ci sono regioni italiane che nel 2006 avevano sfiorato il 50% di raccolta differenziata dei rifiuti, attività fondamentale per poterli successivamente riciclare. Il Trentino Alto Adige e il Veneto sono in testa alla classifica ma anche la Lombardia e il Piemonte hanno superato la soglia del 40%. Abbiamo anche assistito all’exploit della Regione Sardegna che è passata da una percentuale di raccolta differenziata del 3% nel 2002 al 38% nel dicembre 2008”. Però, niente male!


202 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

– Sì, e in questo caso bisogna ringraziare sia le scelte giuste degli amministratori locali sia le azioni concrete della gente. – Caspita, Professore, se davvero diventassi sindaco adesso saprei cosa fare. Riciclerei tutti i prodotti che la gente non usa più, dichiarerei guerra all’inquinamento, farei sparire il traffico dal centro città e metterei alberi dappertutto. – Beh, così la tua città sarebbe molto attraente. Ricordati però che la città del futuro ha anche cura della propria acqua e produce i cibi che le servono nelle vicinanze, per evitare che camion inquinanti, navi o aeroplani debbano percorrere migliaia di chilometri per portare da mangiare ai suoi abitanti. – Una città del genere sarebbe fantastica... ne esiste già qualcuna fatta così? – Sì, le mie città ecologiche preferite sono Vancouver, Amburgo, Zurigo, Berlino, Vienna, Copenhagen e... Stoccolma. – Dice che riuscirebbe a farmene vedere una? – Certo! Domani mattina ci facciamo un altro dei nostri giri. Adesso però, a mangiare e a letto che non ne posso più. VENTINOVESIMO GIORNO, ORE 11.40

STOCCOLMA – SVEZIA – INNERSTADEN Appena dopo colazione il Capitano e il Professore sono volati a Stoccolma. Posta nella parte orientale del paese, sul Mar Baltico. Stoccolma è il centro di riferimento economico e culturale della Svezia e una delle città più verdi e salubri d’Europa.

Capitan Sostenibile: Perché ha scelto Stoccolma tra tutte le città modello di cui mi ha parlato? Professor Green: Perché Stoccolma è una delle pochissime capitali mondiali che ha deciso di rinunciare totalmente alla dipendenza dai combustibili fossili entro il 2050. – Bravi però questi svedesi. E ci sono un sacco di parchi dappertutto! – Pensa che gli ottocentomila abitanti di Stoccolma vivono tutti a meno di trecento metri da aree verdi. L’illuminazione cittadina utilizza solo


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lampade a basso consumo e LED, che riducono del settanta per cento i consumi. Inoltre il comune ha costruito impianti pneumatici sotterranei che si occupano dello smaltimento dei rifiuti biodegradabili. – E... il traffico? Vedo pochissime auto in giro. – Si è ridotto moltissimo dopo che sono stati introdotti dei prezzi molto salati per chi vuole entrare in città con l’automobile. E adesso preparati, voglio farti vedere Hammarby Sjostad. – Che cos’è? – È la famosa “città d’acqua”, un centro abitato perfettamente integrato nell’ambiente ed ecosostenibile. Gli abitanti di questo quartiere sono totalmente autosufficienti dal punto di vista energetico e questo grazie a una intelligente gestione dei rifiuti. Tutti fanno la raccolta differenziata; è una cosa naturale, come fare colazione o guardare la partita della nazionale di calcio. – Riciclano tutto? – Certo. La spazzatura domestica di Hammarby viene trasformata in biogas, che alimenta il funzionamento delle cucine, mentre i pannelli fotovoltaici forniscono tutta l’energia elettrica che occorre. Quest’efficientissima cittadella ecologica sarà completata entro il 2015. Pensa che un tempo era un’area industriale in dismissione. Niente male, vero? – Può dirlo forte! È molto silenzioso, le persone mi sembrano rilassate e poi in molti sorridono. Anche quella ragazza che fa jogging ci sta sorridendo... – Non distrarti! Anche da queste parti hanno dei problemi ma sicuramente vivono in un ambiente più sano di quello della maggior parte delle città del mondo. Inoltre, una città con meno auto, fabbriche meno inquinanti e minori emissioni di anidride carbonica è fondamentale per combattere la battaglia contro l’inquinamento e il riscaldamento globale. – Raccolta differenziata, riciclo, risparmio di acqua, usare la bici. Quante azioni concrete che si possono fare! Preso nota, Professore. – Vieni, ti porto da Tennstopet a mangiare le Kottbullar. Domani mattina, prima di rientrare a Lago Azzurro, faremo un’altra piccola sosta.


204 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE VENTINOVESIMO GIORNO, 19.18

RIOMAGGIORE – ITALIA – BORGO ANTICO Siamo arrivati a Riomaggiore, la più orientale delle Cinque Terre, in Liguria. Il borgo ha una caratteristica struttura a terrazze e fu fondato da un gruppo di profughi greci nell’ottavo secolo.

Professor Green: Questo antico borgo è uno dei più suggestivi della riviera ligure. Ed è la dimostrazione del fatto che la sostenibilità dei luoghi dove abitiamo non si applica solo alle grandi città come Roma, New York o Stoccolma ma riguarda anche i piccoli villaggi e gli ambienti rurali. Capitan Sostenibile: Il paesaggio qui è stupefacente! I colori delle case, le torri di pietra, i vigneti sui pendii, il mare turchese laggiù sulla costa... – Sapevo che saresti rimasto a bocca aperta! Sai, quando ho scelto di trasferirmi in Italia l’ho fatto anche per la bellezza selvaggia di luoghi come questi. Qui è stata conservata la tradizione locale e gli abitanti sono riusciti a rilanciare le produzioni mediterranee tipiche della zona, come l’olio e il vino. La gente sta proprio bene e ha uno stile di vita che mi fa riappacificare con il mondo. – Professore, ho notato che da queste parti la vegetazione è molto varia. C’entra qualcosa la biodiversità? – Certo che c’entra. Siamo nel Parco delle Cinque Terre e qui crescono un’infinità di piante e arbusti che non si trovano da nessun’altra parte. I boschi di leccio sono stati in parte sostituiti da fasce coltivate o da altre piante come il pino marittimo, i sugheri e i castagni. Ma lungo la costa ci sono ancora il finocchio di mare e il cappero, e poi la cineraria marina, il senecio e la ruta. In tutta l’area sono frequenti arbusti come rosmarino, timo, elicriso e lavanda, ma non mancano il corbezzolo, la ginestra, il mirto, e il ginepro rosso. – Caspita! E gli animali? – Tantissime specie! Tra i mammiferi qui puoi trovare il ghiro, la talpa, la donnola, la faina, la volpe, il tasso e il cinghiale. Tra i volatili si vedono in giro il gabbiano reale, il falco pellegrino e il corvo imperiale. Nelle aree boschive si incontrano rettili come la lucertola muraiola, il ramarro,


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206 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

il biacco, il colubro di Esculapio e la vipera, mentre in prossimità dei ruscelli vivono rane e salamandre. – Praticamente un’enciclopedia completa! – Sì, ma c’è dell’altro che ti piacerà sicuramente. La cucina. Credimi, il pesto come lo fanno da queste parti è imperdibile, preparato con basilico, olio e formaggio grattugiato. E non puoi non assaggiare le trofie di farina di castagne, da condire con i funghi raccolti freschi nel bosco. – Professore... – Sì? – A sentirla parlare mi è venuta fame! – A dire il vero è venuta fame anche a me. Seguimi, conosco un ristorantino giù al porto che fa proprio al caso nostro.


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PER NON FARE COME LA RANA BOLLITA Ma perché molti non si accorgono di quello che sta succedendo? Cosa bisogna fare per convincere la gente a cambiare idea? A Parigi un collega del Professor Green racconta i meccanismi della stupidità e come si riesce a combatterli usando gli strumenti adatti, e perfino facendo la spesa.

TRENTESIMO GIORNO, 9.30

LAGO AZZURRO – ITALIA – CRCA

A Lago Azzurro l’aria del mattino è frizzante e i nostri amici aprono la giornata con una rilassante passeggiata nel parco.

Professor Green: Ah che dormita stanotte. Ci voleva proprio! Capitan Sostenibile: Anch’io ho dormito alla grande e... ci crede? Non ho avuto nessun problema di digestione, nonostante le tre porzioni di trofie al pesto che mi sono ingurgitato ieri sera al ristorante! Mmm... meglio non pensarci altrimenti mi torna l’appetito. Oggi però ci resta l’ultimo punto della lista del professor Krantz, il più misterioso... quello della “rana bollita”! Chissà che significa? – Sei curioso, eh? Per aiutarti a svelare il mistero ho organizzato un viaggio a Parigi. È da tempo che voglio andare a fare visita a un vecchio amico e questa è l’occasione giusta. Si tratta di uno dei più famosi sociologi ed economisti europei e si interessa anche di ambiente. Ti andrebbe di farci un salto? – Con grande piacere Professore. L’astronave è sempre pronta e se vuole si parte subito. – Va bene, affare fatto! Prepariamoci.


208 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE TRENTESIMO GIORNO, ORE 10.00

PARIGI – FRANCIA RUE DE TOLBIAC

Neanche mezz’ora dopo, i nostri amici sono già a passeggio nelle viuzze del Quartiere Latino a Parigi. L’appuntamento è con il Professor Jaques Descartes, uno stimato sociologo, oltre che un brillante economista, collega del Professor Green all’Università dell’Illinois.

Capitan Sostenibile: Incredibile questa Parigi! E cos’è quella torre un po’ storta laggiù? Professor Green: Si chiama Tour Eiffel, caprone! È vecchia più di un secolo, alta più di 300 metri, tutta di ferro ed è il simbolo di Parigi. – Curiosa. Pensi che invece il simbolo di New York è la Statua della Libertà, una elegante signora che alza una torcia verso il cielo. – Scommetto che non sai che sono stati i francesi a regalarla agli americani, in segno di amicizia. – Ah, davvero? – Eh già... Ma adesso basta con le sciocchezze: siamo davanti a La Sorbonne, uno dei luoghi del sapere più importanti d’Europa. La persona che ti voglio presentare è Jaques Descartes, Preside della Facoltà di Economia, e il suo ufficio è in questo palazzo. – Preside della Facoltà di Economia! Fa una certa impressione... – Anche lui insegnava in Illinois, e di certo riuscirà a farti capire perché noi terrestri facciamo così fatica a cambiare le nostre vecchie abitudini, anche quando sono sbagliate. Ecco, siamo arrivati. Professor Descartes: Bienvenues amici miei! il mitico Professor Green in compagnia di un celebre supereroe... ah questi americani... Che piacere vederti Teo, saranno passati almeno tre anni dal nostro ultimo incontro. Professor Green: Tre anni, due mesi e sei giorni, per l’esattezza. – Non cambi mai, Teo, sempre preciso come un’orbita stellare. A proposito, cosa posso fare per il tuo amico? Al telefono mi dicevi che sta studiando come salvare nientemeno che il pianeta. Proposito ambizioso ma... degno di rispetto! – Questa è l’idea, Jaques. Mi piacerebbe che tu lo aiutassi a capire qualcosa di più sul perché di certi... comportamenti della gente e dei politici che ci governano. È una cosa che gli sta molto a cuore. Il mio amico si chiede


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210 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

perché nonostante l’allarme sulle condizioni del pianeta Terra, la gente faccia finta di niente e non cambi le proprie abitudini. – Capisco. Allora per cominciare, vi racconterò una piccola storiella... Capitan Sostenibile: Che bello! Mi piacciono tanto le storie. Questa di cosa parla? – Parla di un viaggio a sorpresa... Un giorno una grande nave da crociera salpò nell’oceano. Aveva una grande piscina, un ristorante pieno di cibi gustosi e una magnifica sala da ballo. La gente si divertiva moltissimo. Giocava e ballava felice...


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– E poi? – E poi servirono uno splendido banchetto, proprio sul ponte della nave. La gente era in festa, mangiava e rideva... l’orchestra suonava. Tutti erano così spensierati e felici che non si accorsero... – Di cosa? – Del gigantesco iceberg contro il quale andò a sbattere la nave, finendo fulmineamente a picco! – Diamine! Proprio una storia allegra! Lei riesce a essere perfino più allarmante del Professor Green... – Ah ma ne ho altre ancora più belle. Senti un po’ questa: DOCUMENTO 25

STORIELLA DEL PROFESSOR DESCARTES SULL’IMPERO ROMANO L’impero romano era uno dei più grandi e più prosperosi di tutta l’umanità. I suoi territori si estendevano dalla Spagna all’Oriente, dalla Scozia all’Egitto e tutti si inchinavano davanti alla potenza di Roma. A un certo punto però le cose iniziarono a cambiare intorno ai confini dell’impero, prima lentamente, poi sempre più in fretta. I governanti e i cittadini erano contenti dei propri successi ed erano diventati pigri e spensierati. Pensavano che il loro impero sarebbe durato in eterno e non si curarono più di proteggerlo e di farlo crescere. Fu allora che alle frontiere si presentarono gli eserciti dei barbari, desiderosi di mettere le mani sulle fortune di Roma. In pochi anni i barbari sconfissero gli eserciti romani e diventarono padroni dell’impero. I cittadini di Roma dovettero inchinarsi davanti ai conquistatori.

Capitan Sostenibile: Certo... ho capito l’antifona. Le sue storie parlano di gente che stava troppo bene e che ha abbassato la guardia, ignorando i pericoli in agguato, giusto? Però ancora mi sfugge il significato della rana bollita. Sa, è uno dei punti di una lista che mi ha dato il Dottor Krantz con su scritte le cose da fare per salvare il pianeta... Professor Descartes: Significa che devi riuscire a convincere la gente che non sarebbe saggio comportarsi proprio come quella famosa rana. Ora ti racconto la sua storia.


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STORIELLA DEL PROFESSOR DESCARTES SULLA RANA Un giorno un giovane ranocchio passeggiava per il bosco, quando raggiunse una radura nella quale si trovava una bella casetta bianca con il tetto di tegole rosse. Il ranocchio, incuriosito, entrò saltellando nella casa e si trovò in un’ampia cucina. Dal pavimento fece un balzo sul tavolo e da lì vide... una bella pentola piena d’acqua appoggiata sul fornello, sotto il quale luccicava una fiammella rossastra. Il ranocchio, come ipnotizzato, si lanciò senza esitare dentro la pentola e provò una sensazione piacevolissima. L’acqua infatti era tiepida e confortevole. Niente di meglio di un bel bagno per rilassarsi dopo una faticosa giornata di saltelli nella foresta. La rana sguazzava spensierata nella pentola, godendosi il tepore di quel bagnetto inaspettato. Nel frattempo, però, sotto la pentola, la fiammella continuava a bruciare. Fu così che, secondo dopo secondo, minuto dopo minuto, la temperatura dell’acqua continuò ad aumentare, e aumentare e... aumentare fino al punto in cui l’acqua diventò così calda che il ranocchio si sentì spossato, privo di forze e incapace di reagire. Quando la temperatura dell’acqua arrivò a 40 gradi il ranocchio non riuscì più a muoversi. Alla temperatura di 55 gradi il ranocchio non riuscì più a respirare e quando la temperatura si avvicinò agli 80 gradi... nella pentola galleggiava un ranocchio bollito.

Capitan Sostenibile: Ah, di bene in meglio! Navi da crociera che sbattono contro gli iceberg, antichi romani conquistati dai barbari, ranocchi bolliti... Se le può far piacere le dico che ho capito il senso delle sue storie ma... accidenti, per voi dovrebbe essere diverso. Voi potete evitare di fare una brutta fine. Gli allarmi lanciati dagli scienziati e dai governi dovrebbero servire a farvi cambiare registro! Professor Descartes: Non illuderti. A volte gli allarmi sono perfino dannosi. Molta gente pensa che questi scienziati non siano altro che dei menagramo che amano esagerare i problemi. Poi ci sono anche certi ambientalisti nevrotici che terrorizzano tutti con i loro scenari apocalittici... Così le persone sono scettiche e disorientate e finiscono per non credere più a nulla. – Scusi professor Descartes. Però almeno quando le cose sono spiegate


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bene come dice lei la gente potrebbe fare un piccolo sforzo per darsi da fare. Professor Green: Il problema è che gli esseri umani, quando agiscono per istinto, fanno le scelte che portano un vantaggio immediato, non quelle più sagge. Tieni presente che i nostri antenati sopravvivevano grazie a questo istinto. La loro vita poteva finire in qualsiasi momento per una artigliata di una tigre dai denti a sciabola o per l’agguato di un nemico. La strategia vincente era quella dell’“arraffa tutto quel che puoi”. Per ora i rischi ambientali non sembrano minacciare direttamente il nostro piccolo mondo privato. Ed ecco scattare la trappola cognitiva... – Trappola cognitiva? E cos’è? Professor Descartes: Teo sta dicendo che quando il pericolo non ti tocca direttamente, fai fatica a comprenderlo e il tuo cervello non si allena ad affrontarlo. Così le questioni della sostenibilità ci sembrano troppo distanti e poi siamo così impegnati a risolvere i nostri piccoli impicci quotidiani...



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Professor Green: Il fatto è che gli esseri umani sono dei privilegiati che non rispettano niente e nessuno, guardano solo a quello che ci possono guadagnare... Capitan Sostenibile: Ma Professore, non è vero... Professor Descartes: Ecco che salta fuori il pessimismo di Teo! Lui non crede molto nella capacità della gente di voler davvero cambiare. E invece noi oggi abbiamo a disposizione uno strumento per smuovere anche quelli che si fa più fatica a convincere. Capitan Sostenibile: Ah sì? E qual è questo strumento? – È una cosa chiamata Green Economy, ovvero l’economia... verde! Cioè far funzionare i conti guardando all’ambiente. – E perché questa nuova economia dovrebbe convincere tutti? – Te lo spiego con un piccolo esempio pratico. Se devi comprare le pile per la tua sveglia, come fai a sceglierle? – Non so... entro in un negozio e chiedo al commesso. Forse comprerei quelle meno care. Sa, noi supereroi siamo famosi ma non è che si guadagni molto a fare questo mestiere. – E faresti una pessima scelta, perché finiresti per prendere le “usa e getta”. Oggi però molti fabbricanti di pile ti offrono quelle di tipo ricaricabile. Tu le usi e non le getti mai via, ti basta ricaricarle! Così inquini di meno e risparmi. – Ma dai, non lo sapevo! E sarebbe questa la Green Economy? – Beh, è anche questa. È avere dei prodotti migliori, che rispettano l’ambiente e che ci aiutano a risolvere i problemi del pianeta. Ma è soprattutto cambiare i comportamenti, facendo in modo che ogni volta che spendiamo dei soldi creiamo qualche vantaggio concreto per noi e per quelli che ci circondano. – E cioè? – Pensa a una mamma che va a prendere il latte per il suo bambino portandosi dietro una bottiglia vuota da riempiere ogni volta invece di scegliere il latte già confezionato. Questa mamma può risparmiare un po’ di soldini e allo stesso tempo fare del bene all’ambiente. Quando riesce a capire il doppio vantaggio, lo fa più volentieri! – D’accordo ma... non posso mica salvare il pianeta comprando pile ricari-


cabili e andando in giro con la bottiglia del latte da riempire! – Rifletti. Se prendi gli esempi delle pile e del latte e li estendi in altri campi, puoi facilmente renderti conto di quanto le cose potrebbero cambiare in meglio, e rapidamente. Chi produce energia può arricchirsi con le fonti rinnovabili e rallentare il cambiamento climatico. Chi fabbrica elettrodomestici o case può renderle più efficienti in modo da farsi preferire dai clienti. Chi cerca un lavoro può farlo nei settori dell’economia verde ed essere fiero del proprio contributo all’ambiente. Chi vive in una città può scegliere di fare una vita meno stressata e godersi di più la famiglia e gli amici. Tutti avremmo dei piccoli, grandi vantaggi. E allora, perché non decidere di cambiare? Non è difficile: cinque anni fa nessuno avrebbe chiesto prodotti biologici ma oggi la gente li vuole sulla propria tavola. I pannelli solari sui tetti delle abitazioni private erano una rarità mentre oggi qui in Francia si diffondono sempre di più. – Io però tutte queste cose fino a un mese fa non sapevo neppure che esistessero... – Perché anche tu, come molti altri, non ti sei accorto dei cambiamenti che stanno avvenendo! Ma credimi, stanno succedendo e molto rapidamente. Non passa giorno senza che ne parlino anche i giornali. Guarda quello di oggi...


18-PER NON FARE COME LA RANA BOLLITA 217 DOCUMENTO 27

STRALCIO DA UN ARTICOLO DI “LE MONDE” – PAGINA 7 ... I progressi tecnologici per la tutela dell’ambiente sono incoraggianti. L’industria biochimica sta studiando la fabbricazione di cibo sintetico a partire da anidride carbonica, acqua e azoto, così da concedere alle zone agricole della Terra un po’ di riposo. Dal canto suo l’industria automobilistica è molto attiva e sta mettendo a punto le auto elettriche e i motori all’idrogeno. Grandi novità anche nel settore delle energie rinnovabili, dove si stanno perfezionando nuove tecnologie che permettono di raccogliere energia solare attraverso i vetri delle finestre, senza un significativo aumento dei costi...

Professor Green: Ohh voi due... piano con i facili entusiasmi. Jaques, hai forse dimenticato che il mondo è pieno di crisi economiche, povertà, migrazioni, guerre per il petrolio, e che i governi possono mettere i loro soldi da tutt’altra parte invece di occuparsi dei problemi del pianeta? Professor Descartes: Via Teo, non esagerare. È ingiusto non riconoscere che qualcosa sta cambiando anche nella politica... Professor Green: Ma ne sei proprio così convinto? Allora perché non rileggiamo cosa scrivevi tu stesso un anno fa su una rivista di economia? Ecco qui.


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DA UNA RELAZIONE DEL PROFESSOR DESCARTES SULLA CRISI ECONOMICA DEL 2008-2009 Nel 2008 il governo degli Stati Uniti ha stanziato 250 miliardi di dollari per salvare le banche americane. In Europa la sola Francia a fine 2008 si è impegnata in un analogo piano di salvataggio per un importo di 360 miliardi di euro. Il piano d’aiuto di un colosso delle assicurazioni (AIG) ha superato i 150 miliardi di dollari, tutto questo mentre i banchieri mondiali guadagnavano premi straordinari per oltre 10 miliardi di euro. A causa della crisi finanziaria i responsabili del disastro mondiale hanno costretto i governi a racimolare somme mille volte superiori rispetto a quelle che basterebbero per affrontare i problemi della carestia e della sovrappopolazione della Terra. Le cifre parlano chiaro: sono stati raccolti rapidamente 4.000 miliardi di dollari per salvare il sistema bancario mondiale ma non si riescono a mettere insieme più di 20 miliardi per ridurre la povertà e stabilizzare la popolazione, nonostante le richieste fatte dalla Banca Mondiale ai Paesi industrializzati di destinare almeno una piccola parte delle risorse stanziate per la crisi. Così ogni 1.000 dollari dati ai ricchi solo 1,3 dollari vengono messi da parte per i poveri. Solo 20 miliardi di dollari in totale, che fanno 5,18 dollari all’anno per ogni africano. Un’inezia.


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Professor Descartes: Teo! Ho scritto queste cose perché allora erano vere ma adesso può essere diverso... Professor Green: Diverso? E allora vogliamo parlare delle spese militari per gli armamenti e gli eserciti? Sappiamo bene che i governi della Terra spendono ogni anno milleduecento miliardi di euro per questi scopi... Capitan Sostenibile: Per tutti i quasar dell’universo! Allora è vero... i soldi ci sarebbero anche, ma vengono spesi per fare altre cose. Come la mettiamo, Professor Descartes? Professor Descartes: È vero. Oggi i soldi dei paesi ricchi vengono utilizzati solo in piccola parte per la salvezza del pianeta e per lo sviluppo della Green Economy. I governi, e anche la maggior parte delle persone, pensano poco al futuro. Eppure ti assicuro che qualcosa sta cambiando. Sono sempre di più i governi che si impegnano ad affrontare i problemi della Terra e in questo sforzo la gente può avere un ruolo importantissimo. – Ma come si fa a convincere i governi a fare le scelte giuste e a investire le risorse che occorrono per salvare la Terra? – Bisogna mobilitarsi e far sentire la propria voce. Eleggere i politici che


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dimostrano maggiore serietà nel proporre soluzioni concrete. E soprattutto bisogna essere pronti ad affrontare le sfide, informati e documentati a dovere. Per questo è essenziale studiare, confrontare opinioni, discuterne a scuola, in famiglia, al lavoro, parlarne con gli amici... Insomma, non perdere mai di vista la sfida della sostenibilità. Capitan Sostenibile: Bravo Professor Descartes, quasi mi commuovo! Professor Green: Sei sempre il solito, adorabile idealista, Jaques... Bene, si è fatto davvero tardi. È sempre un piacere starti ad ascoltare ma ora dobbiamo proprio rientrare. Professor Descartes: Ciao Teo, torna a trovarmi presto e... Capitano: in bocca al lupo per la tua missione.


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TUTTI AI POSTI DI COMBATTIMENTO! Prima di salutarsi i due amici ripassano le istruzioni perché ognuno faccia la sua parte: il Professor Green che ritorna a fare lo studioso, Capitan Sostenibile che ritorna a fare il supereroe e tutti gli altri che si rimboccano le maniche per questo unico e straordinario Pianeta Verde.

TRENTUNESIMO GIORNO, 16.20

LAGO AZZURRO – ITALIA – CRCA

Il Professor Green è molto stanco ma in fondo è soddisfatto dei progressi del suo super allievo. Capitan Sostenibile (che solo un mese fa si faceva chiamare Capitan Saetta) ha imparato tante cose nuove e adesso sembra proprio una persona diversa... Anche il Professore, dopo il mese trascorso con il supereroe, sembra cambiato. È giunto il momento dei saluti e i due amici, dopo aver pranzato insieme, siedono a un tavolino del bar del Centro Ricerche.

Professor Green: Credo di averti raccontato tutto quello che so sugli acciacchi di questo pianeta e sulle cose che i suoi abitanti dovrebbero fare per salvarlo. E poi ti ho fatto conoscere le persone che stimo di più e che ti hanno passato un sacco di informazioni utili per la tua impresa. Capitan Sostenibile: Non so come ringraziarla Professore. Però prima di tornarmene a New York... – Sì? – Che ne sarà del suo progetto “Pianeta Verde”? – Senza il tuo aiuto le speranze di trovare un pianeta che faccia al caso nostro sono esigue e poi... – Poi... – E va bene, è seccante ma devo ammetterlo. Il vederti così determinato ed entusiasta nel cercare le soluzioni ai problemi del nostro pianeta mi ha fatto riflettere. In effetti qualcosa di positivo sta accadendo. Qualche impercettibile ma concreto cambiamento sta dando i primi frutti. Chissà, forse c’è ancora un briciolo di speranza.


222 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

– Allora vuol dire che non se ne andrà nello spazio? Che resterà qui a darci una mano? Evvivaaa!!! Capitan Sostenibile è letteralmente fuori di sé dalla gioia e stringe tra le braccia il Professor Green, in segno di affetto e gratitudine per la sua decisione di rinunciare al progetto “Pianeta Verde”.

– Piano, piano razza di energumeno! Così mi stritoli e tra le zampe ti rimarrà solo un mucchio d’ossa rinsecchite. – Oh, scusi Professore... mi sono fatto prendere dall’entusiasmo. – Ho visto... anzi, ho sentito! – Ecco, la rimetto giù. Dolcemente. Prima di andarmene allora... non è che mi dà gli ultimi cinque minuti per rivedere il “piano di battaglia”? – Mmm... d’accordo! Beviamoci un goccino di liquore alla genziana e proviamo a riassumere le cose da fare. Allora, qual è la prima mossa, eroe? – La prima mossa da fare è evitare che la popolazione della Terra aumenti troppo. Sono certo che possiamo farcela! Siamo stati in India e nello Yemen proprio per vedere quali sono le scelte giuste da fare. – Sì, ma piano con i facili entusiasmi...


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– Non dobbiamo superare gli otto miliardi di abitanti nel 2040. Dobbiamo assolutamente vigilare affinché i governi mettano a disposizione almeno... ma dove sono i miei appunti? Ah ecco... almeno cinquanta miliardi di euro all’anno per l’educazione e la salute degli abitanti più poveri. Così eviteremo di far crescere troppo la popolazione del pianeta. – Calma, calma... non farla così semplice. – Certo, non è affatto semplice, ma avremo meno liti tra chi si vuole accaparrare le risorse naturali della Terra, e questo darà più speranze alle generazioni future... – Attenzione: non dimenticarti che bisogna anche pensare a stabilizzare il clima. – Ma non me lo sono dimenticato, Professore, stia tranquillo... Allora, abbiamo discusso l’importanza di ridurre le emissioni di anidride carbonica di almeno il venti per cento entro i prossimi dieci anni. Ho ancora in testa tutte le spiegazioni che la Dottoressa Borghi mi ha dato in cima all’Everest. – Guai a non riuscirci. In caso di fallimento avremo problemi veramente seri, perché con un aumento di tre o quattro gradi centigradi, se non addirittura di più, della temperatura media della Terra, rischiamo un patatrac. – Vedrà, con l’aiuto di tutti, scienziati e gente comune, ce la faremo! La Terra è così bella e l’umanità è così straordinaria che non può certo inciampare in due secoli di stupidità e di errori! – Mah... speriamo bene! – Per quanto riguarda i nostri bisogni energetici impareremo a bruciare pochissimi combustibili fossili e a sfruttare il più possibile tutte le fonti rinnovabili, dovunque esse si trovino. Useremo l’energia eolica, quella solare, la geotermica e le biomasse, che andranno a rimpiazzare carbone, petrolio e gas naturale. Qui i giovani di tutto il mondo ci daranno una mano! – Sarà meglio... entro dieci anni ci serviranno almeno seimila Giga Watt di energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili. A proposito... prima che mi dimentichi, ti lascio questa nota come promemoria:


224 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE DOCUMENTO 29

PIANO PER LA RIDUZIONE DELLA CO2 ENTRO IL 2020 NOTA DEL PROFESSOR GREEN PER CAPITAN SOSTENIBILE 1. Sostituzione dei combustibili fossili con energie rinnovabili, cioè £ minori emissioni per 3 miliardi di tonnellate di CO2. 2. Riduzione dell’uso del petrolio nei trasporti, con auto elettriche e sviluppo dei trasporti ferroviari, cioè £ minori emissioni per 1,2 miliardi di tonnellate di CO2. 3. Blocco della deforestazione significa £ assorbimento da parte degli alberi di 3 miliardi di tonnellate di CO2. RISPARMIO TOTALE = 7,4 miliardi di tonnellate di CO2.

– Grazie Professore, ne farò buon uso. – Sappi che ridurre di oltre sette miliardi di tonnellate le emissioni di anidride carbonica nei prossimi dieci anni non sarà affatto una cosa semplice. – Sì però abbiamo un’arma potentissima al nostro servizio: l’efficienza energetica. Tutti spegneremo le luci, useremo lampade a basso consumo e gireremo di più in bicicletta! Stia tranquillo Professore, c’è tanta gente che si darà da fare. Guariremo la Terra, proteggeremo la fauna e le foreste, ricostruiremo il suolo e difenderemo la biodiversità. – Magari tornerai dalla dottoressa Wilcox a chiederle qualche consiglio... – Ma sa che è davvero un’ottima idea? Per combinazione ho ancora qui l’indirizzo... Ah, un’altra cosa importante che non mi va proprio giù: qui nei paesi ricchi vi ammalate per l’inquinamento e diventate troppo grassi mentre nei paesi poveri la gente muore di fame e di malattie. Ci assicureremo che ci sia un po’ di cibo e acqua per tutti, ridurremo la povertà e costruiremo città più adatte alla vita delle persone. Ecco. – Ricordati sempre che per ottenere una migliore qualità della vita bisogna anche imparare a riciclare e riutilizzare le cose. – Ho la sensazione che per certi versi le cose che dobbiamo fare assomigliano un po’ al circolo vizioso del Dottor Krantz, solo... al contrario! – In realtà si tratta anche qui di un circolo, ma “virtuoso”, dove i cambiamenti positivi si moltiplicano l’un l’altro e rendono sempre migliore la situazione. Guarda, ti disegno uno schema sulla lavagna. Funziona così:


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226 ALLA RICERCA DEL PIANETA VERDE

Si riduce la povertà e si diffonde l’istruzione £ La popolazione è più stabile e vive meglio £ Diminuiscono i consumi e l’inquinamento £ Si usano energie rinnovabili, efficienza e riciclo £ Si riducono le emissioni di CO2 £ Si stabilizza il clima e si proteggono le risorse £ Si riduce la povertà e si diffonde l’istruzione... E così via. Capitan Sostenibile: Quasi quasi mi porto via la lavagna, potrebbe servirmi! Professor Green: Bravo Capitano! Senti, devo ammettere che mi sono divertito un sacco a viaggiare con te per il mondo e a rivedere luoghi a cui sono molto affezionato. – Lei è stato davvero paziente con me e un ottimo maestro. Ho imparato molto stando con lei e adesso mi sento pronto ad aiutare la gente a raddrizzare un mucchio di cose storte. – Beh, lo sai? Anch’io ho imparato parecchie cose da te. Se non altro mi sono reso conto che ci sono tante persone come te che hanno davvero voglia di impegnarsi a fondo... solo che probabilmente non sanno bene cosa devono fare. O forse noi scienziati non siamo stati capaci di spiegarlo con chiarezza. Metterò da parte il mio pessimismo, o almeno ci proverò, augurandomi che le persone riescano a far funzionare di più il proprio il cervello. – È bello sentirglielo dire Professore. E io le devo confessarle di aver capito che più che di supereroi qui abbiamo bisogno di tante persone normali che aiutino la Terra partendo dai piccoli gesti e dalle azioni concrete di tutti i giorni. – Basta così, altrimenti mi commuovo! Adesso cosa farai? – È ora che io mi dia un po’ da fare e metta in pratica tutto quello che ho imparato in questo mese con lei. Per prima cosa spiegherò a tutti i terresti quello che dobbiamo fare! – E come pensi di riuscirci? – Andrò dai miei amici della NASA e costruirò con loro un satellite a energia solare con il quale trasmettere via internet in tutte le lingue del mondo le istruzioni sul circolo virtuoso. – Questa mi sembra un’idea eccellente. Vieni allora, ti accompagno all’astronave.


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– Non occorre, grazie. Da oggi voglio essere d’esempio e viaggiare il più possibile in treno, che è elettrico. La mia astronave funziona ancora a combustibili fossili, ed è un rottame del passato. – Ma non puoi lasciarla qui... – E perché no? La tenga per il museo del centro Ricerche! – Come vuoi, allora... buon viaggio! – Professor Green.. – Sì? – E se mi servisse ancora il suo aiuto? – Non preoccuparti, puoi venire a trovarmi quando vuoi e magari, con l’occasione, passare a trovare la dottoressa Wilcox. – Ci conti Professor Green. Ecco, prima di andarmene vorrei lasciarle un piccolo pensiero. – Oh ma non dovevi! – Coraggio, apra il cartone. – Una piantina? Ma questo è un piccolo eucalipto. – Proprio così. Può farlo piantare nel giardino del Centro Ricerche? Mi piacerebbe tornare a trovarla quando questo alberello sarà diventato grande per scoprire se, insieme a lui, sarà cresciuta anche l’attenzione che la gente deciderà di riservare ai problemi di questo unico, meraviglioso Pianeta Verde!





I TEMI DEL PIANETA VERDE

2. COME SU UNA SPIAGGIA A FERRAGOSTO Per affrontare la questione della popolazione mondiale è possibile consultare i dati delle Nazioni Unite. Dall’indirizzo http:// www.un.org/popin/ si può accedere a tutti gli organismi delle Nazioni Unite che, a vario titolo, si occupano di questioni demografiche. Un buon punto di partenza per valutare le conseguenze ambientali della crescita della popolazione è l’UNEP (United Nation Environment Programme, www.unep.org). I dati sull’Italia sono forniti dall’Istituto Nazionale di Statistica (www. istat.it). Il concetto di impronta ecologica è stato messo a punto da Mathis Wackernagel e William E. Rees nel libro omonimo pubblicato da Edizioni Ambiente nel 2008. Lester Brown in Piano B 4.0 (Edizioni Ambiente, 2010) elabora una serie di proposte per affrontare e risolvere povertà, sottosviluppo e sovrappopolazione.

3. UNA PERICOLOSA CACCIA AL TESORO Qualsiasi ragionamento su risorse, materiali e loro disponibilità non può che prendere le mosse dalle analisi del WorldWatch


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Institute (www.worldwatch.org) e del Wuppertal Institute (www.wupperinst.org). Un’altra risorsa fondamentale è la rivista Commodities Now, consultabile on line all’indirizzo www.commodities-now.com. Economia leggera, Capitalismo naturale e Fattore 4 sono i volumi che Edizioni Ambiente ha dedicato a questi argomenti. Sulla questione del picco del petrolio si può leggere Potenze emergenti di Michael Klare (Edizioni Ambiente, 2010) e si può consultare il blog di ASPO Italia, la sezione italiana dell’“Associazione internazionale per lo studio del picco del petrolio e del gas” (http://aspoitalia. blogspot.com/). La vicenda dell’Isola di Pasqua è raccontata da Jared Diamond in Collasso (Einaudi, 2005), un classico degli studi sui rapporti tra uomo e ambiente.

4. MILLE MILIONI DI PANCE VUOTE I dati su Haiti si possono ricavare dal sito del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (http://www.wfp. org/), mentre il sito della FAO (www. fao.org) raccoglie un’enorme quantità di informazioni sulla fame nel mondo. Un’analisi dei costi e dei vantaggi del bioetanolo si trova in Guida all’auto ecologica di Roberto Rizzo (Edizioni Ambiente, 2010), mentre Lester Brown in Piano B 4.0 (Edizioni ambiente, 2010) approfondisce le conseguenze dei cambiamenti climatici sulla produttività agricola. Legambiente


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(www.legambiente.eu) è molto attiva sul tema del consumo di suolo, e assieme all’Istituto Nazionale di Urbanistica ha costituito un osservatorio dedicato a questo tema.

5. QUANDO SPARISCE L’ORO BLU Il sito dell’UNEP (www.unep.org) raccoglie dati, approfondimenti e link sull’acqua e sulla sua disponibilità. Un’analisi dei fabbisogni d’acqua per la produzione dei materiali e degli alimenti si può trovare nel sito www.impronta-idrica.org, mentre il libro di Giulio Conte, Nuvole e sciacquoni (Edizioni Ambiente, 2008), presenta consigli e suggerimenti per ridurre gli sprechi d’acqua.

6. SE I POLMONI SI SGONFIANO Il documento di riferimento su deforestazione e condizione delle foreste è lo State of The World’s Forest, consultabile all’indirizzo www.fao.org/forestry. Greenpeace (www.greenpeace.org) segue con attenzione l’andamento della deforestazione in Amazzonia, e si occupa anche dei diritti dei lavoratori nella foresta amazzonica. Clima: istruzioni per l’uso di Vincenzo Ferrara e Alessandro Farruggia (Edizioni Ambiente, 2007) contiene una spiegazione accessibile e chiara dell’effetto serra e del ruolo della CO2 e degli altri gas serra.

7. CHE FINE HA FATTO IL DODO L’edizione del 2008 dello State of The World (Edizioni Ambiente) approfondisce il tema


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dello sovrasfruttamento delle risorse ittiche e indica le possibili soluzioni. Allarme pesce. Una risorsa in pericolo di Charles Clover (Ponte alle Grazie, 2005) è stato scritto dopo 13 anni trascorsi a indagare sulla questione dello sovrasfruttamento delle risorse ittiche. Sulle monoculture si può leggere Campi di battaglia di Vandana Shiva (Edizioni Ambiente, 2009). Un testo classico sulle estinzioni e sui pericolo che corre la biodiversità nel contesto attuale è La vita in bilico di Niles Eldredge (Einaudi, 2000).

8. QUANTE STORIE PER UN GRADO O DUE Sul riscaldamento globale e sugli effetti degli incrementi della temperatura sui ghiacci e sul ciclo idrico è ormai disponibile una enorme quantità di materiale. La base di partenza è il IV Rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change. Pubblicato nel 2007, è il frutto del lavoro di migliaia di scienziati. Tempeste (Edizioni Ambiente, 2010) è il primo libro che James Hansen, uno dei più importanti climatologi del mondo, ha dedicato al tema del riscaldamento globale. Per un’analisi della situazione italiana si possono leggere A qualcuno piace caldo e Guida alle leggende sul clima che cambia di Stefano Caserini, entrambi pubblicati da Edizioni Ambiente. Le ricerche della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile (www.fondazionesvilupposostenibile.org)


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fanno il punto sugli ultimi aggiornamenti del settore della climatologia.

9. MA DA DOVE ARRIVA TUTTA QUESTA SPAZZATURA Dati e immagini sul Pacific Trash Vortex si possono trovare sul sito di Greenpeace (www.greenpeace.org) e su Wikipedia (www.wikipedia.org). Nelle sue Confessioni di un eco-peccatore (Edizioni Ambiente, 2009) Fred Pearce spiega cosa sono i rifiuti e com’è possibile ridurli, mentre Blue Economy di Gunter Pauli (Edizioni Ambiente, 2010) spiega com’è possibile evitare di produrli. Sull’inquinamento nelle aree urbane si può consultare Polveri e veleni di Luca Carra e Margherita Fronte (Edizioni Ambiente, 2009).

10. I PRIGIONIERI DEL CIRCOLO VIZIOSO RIESCONO A FUGGIRE Il Manuale della sostenibilità di Gianfranco Bologna (Edizioni Ambiente, 2008) è il testo di riferimento per gli studi sulla sostenibilità in Italia. Chiaro e completo, identifica i problemi, ne chiarisce le connessioni e indica le soluzioni.

11. UN MILIARDO DI DIFFERENZA Sul sito della United Nations Population Fund (www.unfpa.org) si possono trovare documenti e informazioni aggiornate su povertà, sottosviluppo e sovrapopolazione. Su questi temi si possono leggere Il bene


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comune di Jeffrey Sachs (Mondadori, 2010) e Piano B 4.0 di Lester Brown (Edizioni Ambiente, 2010).

12. UNA GRANDE MURAGLIA VERDE Sulle questioni connesse alla gestione dei suoli e alla riforestazione si può consultare l’edizione 2009 dello State of The World (Edizioni Ambiente). Terraa di Bill McKibben (Edizioni Ambiente, 2010) illustra le debolezze dell’odierno sistema di produzione alimentare e propone soluzioni concrete per il suo superamento. Informazioni aggiornate sul progetto di riforestazione ai confini meridionali del deserto del Sahara si possono reperire sul sito di Greenreport (www.greenreport.it).

13. ABBASSIAMO LA FEBBRE DELLA TERRA Piano B 4.0 di Lester Brown (Edizioni Ambiente, 2010) contiene un’ampia panoramica dei metodi per contenere l’aumento delle temperature globali e per superare la dipendenza dai combustibili fossili. Per quanto riguarda l’Italia si può consultare Lo sviluppo sostenibile in Italia e la crisi climatica di Edo Ronchi (Edizioni Ambiente, 2007), oltre alle proposte della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile (www.fondazionesvilupposostenibile. org) e del Centro Euro-Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici (www.cmcc.it).


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14. NIENTE DI PIÙ COMODO DEL SOLE Sulle fonti rinnovabili si possono consultare i siti Nextville.it (www.nextville.it) e quello della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile (www.fondazionesvilupposostenibile. org). Un piano globale per la sostituzione delle energie da fonti fossili è contenuto in Piano B 4.0 (Edizioni Ambiente, 2010) di Lester Brown, mentre Il solare e l’economia globale di Hermann Scheer (Edizioni Ambiente, 2004) è un’analisi sulle potenzialità dell’energia solare. Nucleare: a chi conviene? di Francesco Mattioli e Massimo Scalia (Edizioni Ambiente, 2010) propone una prospettiva critica sull’energia nucleare. Trasformare il paesaggio di Alessio Battistella (Edizioni Ambiente, 2010) mette a punto una proposta per l’utilizzo dell’energia eolica. Con tutta l’energia possibile, di Leonardo Maugeri (Sperling & Kupfer, 2008), è un’esauriente introduzione al tema dell’energia e dei suoi utilizzi.

15. MOLTO DI PIÙ CON MENO SPRECO Andrea Poggio e Maria Berrini nel loro Green Life (Edizioni Ambiente, 2010) spiegano come ridurre consumi e sprechi in casa e altrove. In Energia verde per l’Italia (Edizioni Ambiente, 2009) Roberto Rizzo approfondisce il tema dell’energia verde. Sul sito di Nextville (www.nextville. it) si possono trovare consigli


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e indicazioni sull’efficienza energetica di una vasta gamma di elettrodomestici.

16. PRENDIAMO UN SUPER SECCHIO E UN SUPER SPAZZOLONE Lo State of The World’s Forest, consultabile all’indirizzo www.fao.org/forestry, aggiorna periodicamente sullo stato delle foreste e delle pratiche di riforestazione. Anche l’edizione del 2009 dello State of the World (Edizioni Ambiente) raccoglie un’ampia gamma di esperienze nei settori della tutela delle foreste e della riforestazione.

17. DAL COLOSSEO ALLA CITTÀ DEL FUTURO Nel suo La città rinnovabile (Edizioni Ambiente, 2008) Peter Droege propone una serie di soluzioni per rendere verdi le città. Sullo stesso argomento si può consultare anche Green Life (Edizioni Ambiente, 2010) di Andrea Poggio e Maria Berrini, e Le città contro l’effetto serra di Silvia Zamboni e Karl-Ludwig Schibel (Edizioni Ambiente, 2005), che illustrano una vasta gamma di esperienze concrete. I Rapporti annuali curati dall’Istituto Ambiente Italia e pubblicati da Edizioni Ambiente aggiornano di anno in anno su miglioramenti e peggioramenti della qualità della vita nelle nostre città. Sul recupero e sul riciclo dei materiali che non usiamo più si può leggere La seconda vita delle cose (Edizioni Ambiente, 2009).


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18. PER NON FARE COME LA RANA BOLLITA Sulla green economy si può leggere il libro di Antonio Cianciullo e Gianni Silvestrini La corsa della green economy (Edizioni Ambiente, 2010). Moltitudine inarrestabile di Paul Hawken (Edizioni Ambiente, 2009) spiega perché, anche se è difficile accorgersene, il movimento ambientalista è molto più ampio e robusto di quanto possiamo immaginare. Piano B 4.0 dimostra la follia delle spese militari, specie se paragonata ai costi necessari per avviare il sistema di produzione delle energie rinnovabili.


Edizioni Ambiente Via Natale Battaglia 10, 20127 Milano Tel +3902 45487277 I SITI DI EDIZIONI AMBIENTE www.edizioniambiente.it www.nextville.it www.reteambiente.it www.verdenero.it Finito di stampare nel mese di novembre 2010 presso Grafiche del Liri – Isola del Liri (FR) Questo libro è stampato su carta ecologica ISBN 978-88-96238-89-9




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