Rifiuti n. 331 - ottobre 2024

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Ottobre 2024 | n. 331 (10/24) | Anno XXX | mensile | Euro 22,00

L’INTERVENTO

La nuova Direttiva sulla tutela penale dell’ambiente: un primo sguardo d’insieme (parte prima) pag. 5 di Pasquale Fimiani

La sfida ambientale per la finanza sostenibile

di Valeria Frittelloni

LEGISLAZIONE

norme eurounitarie

Raccolta rifiuti confermata nel Compendio attività ambientali Ue Regolamento di esecuzione 26 giugno 2024, n. 2024/1769/Ue

Discariche: debutta l’installazione dei pannelli fotovoltaici in quelle chiuse Decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 – Stralcio

Controlli in azienda, debutta il “report di basso rischio”

Decreto legislativo 12 luglio 2024, n. 103

End of waste dei rifiuti da C&D, parte il nuovo regime

gli

GIURISPRUDENZA

Cancellazione obbligatoria da Albo gestori per i trasportatori con irregolarità contributive Consiglio di Stato – Sentenza 7 agosto 2024, n. 7016

Direttore: Paola Ficco
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• Disposizioni trasversali/Aua • Economia sostenibile • Energia • Imballaggi • Inquinamento (altre forme di) • Ippc/Aia • Qualità

• Responsabilità 231 • Rifiuti • Rischio incidenti rilevanti (Seveso) • Rumore • Sicurezza sul lavoro • Sostanze pericolose • Territorio • Trasporti • Via (Pua-Paur)/Vas

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Materie prime critiche, l’economia circolare al test delle risorse per la transizione “green”

Conosciute anche come Mpc, le Materie prime critiche sono classificate dalla Commissione Ue, che le indicizza in base alla loro rilevanza economica e ai rischi di approvvigionamento.

Sono i materiali non rinunciabili per la transizione verde e digitale, introdotta dal Green Deal europeo con il suo corredo di obiettivi di neutralità emissiva per combattere il cambiamento climatico. Litio, nichel, cobalto, manganese e grafite necessari per le batterie dei nostri personal computer, smartphone e monitor. Nel 2050 la Ue dovrebbe aver bisogno di una quantità di litio superiore fino a 60 volte rispetto a oggi per le energie rinnovabili e la mobilità elettrica. La richiesta aumenta mentre l’offerta scende a precipizio. Secondo l’ultimo rapporto del Word Mining Data, tra il 2000 e il 2020 in Europa è scesa del 33%. L’Europa ha reagito con il “Critical Raw Materials Act”, il piano strategico per un approvvigionamento europeo sicuro, diversificato ed economicamente accessibile e sostenibile di tali materiali, il quale prevede che rispetto alle Mpc consumate in Europa: almeno il 10% sia estratto da miniere europee; almeno il 40% lavorato in Europa e almeno i 15% derivi da riciclo. Infine, entro il 2030, ogni anno, ciascun materiale non potrà essere importato da paesi extra Ue per oltre il 65% del consumo annuale in Europa. Anche se questi obiettivi saranno raggiunti, non sarà comunque risolto il problema di un’Europa che, da sola, si espone ai suoi veti e ai suoi obiettivi di Green Deal nonostante il mondo sia dominato da “quell’immane processo, oggi interamente e tragicamente compiuto, che va sotto il nome di globalizzazione” (così M. Terzaghi ne “Il manuale del fosforo e dei fiammiferi” ). Un approccio solitario alla perfezione a senso unico, una sfida impossibile da vincere che può produrre solo la desertificazione produttiva europea. Un processo che E. Fromm avrebbe definito “Fuga dalla libertà”, cioè il desiderio generato dalla responsabilità che la libertà comporta. Ma nella chimerica epifania dell’approvvigionamento europeo delle materie prime critiche, il Regolamento 2024/1252/Ue rappresenta parte dell’attuazione del “Critical Raw Materials Act” e stabilisce che nei Piani di gestione dei rifiuti da estrazione i gestori dovranno valutare il potenziale recupero di tali materie, e ne individua 34; di queste, 17 sono considerate “strategiche”, come, ad esempio, la grafite sintetica. Il relativo approvvigionamento dovrà arrivare per il 10% della produzione annua da attività estrattive e per il 40% da attività di trasformazione nell’Unione, mentre il riciclaggio dovrà coprire il 25% del fabbisogno. Inoltre, dovrà essere incrementato in maniera sostanziale il recupero delle materie prime presenti nei rifiuti. L’Allegato 1 al Regolamento elenca le materie prime strategiche e la metodologia per la loro selezione. L’Allegato 2, invece, indica le materie prime critiche e il calcolo dell’importanza economica e del rischio di approvvigionamento. Il Dl 25 giugno 2024, n. 84 (legge 8 agosto 2024, n. 115) disciplina alcuni punti fondamentali del Regolamento 2024/1252/Ue e introduce procedure amministrative snelle per l’estrazione delle Mpc dalle miniere, il pagamento di diritti per le concessioni minerarie e un Comitato tecnico ministeriale per le materie prime critiche e strategiche che cura monitoraggio

e coordinamento delle scorte. Alcuni lamentano l’assenza dell’economia circolare nel testo nazionale, dimenticando che la legge non è un recepimento del Regolamento 2024/1252/Ue e che tale Regolamento (di per sé obbligatorio ed efficace in tutti gli Stati membri) già contiene misure apposite di circolarità e di riciclo, rinviando alla direttiva 2008/98/Ce, attuata in Italia dal Dlgs 116/2020, novella del Dlgs 152/2006. Non solo: l’articolo 4 è dedicato ai progetti di riciclaggio purché, ovviamente, i rifiuti trattati siano materie prime critiche e strategiche. Circolarità della materia e quindi dell’economia, anche se la materia riposa in depositi chiusi e dismessi. Un sistema, quello delle materie prime critiche, che appare alla ricerca di suggestioni quasi simboliche: materiali, rifiuti, risorse, futuro. Ma l’Europa ha dimenticato i suoi simboli e le sue storie e senza il suo passato non riesce a essere l’immagine vivente di una potenza che accoglie e trasforma l’immensa vastità del mondo.

Direttore responsabile

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Redazione normativa

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Progetto grafico

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Hanno collaborato

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Pasquale Fimiani

Valeria Frittelloni

Costanza Kenda

Rosanna Laraia

Irene Manca

Italia Pepe

Francesco Petrucci

Claudio Rispoli

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Il presente numero è stato chiuso in Redazione il 23 settembre 2024

Finito di stampare nel mese di settembre 2024 presso Lazzati Industria Grafica srl Casorate Sempione (Va)

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L’intervento

La nuova Direttiva

sulla

tutela penale dell’ambiente: un primo sguardo d’insieme (parte prima)

di Pasquale Fimiani

Avvocato generale presso la Corte di Cassazione

ABSTRACT

Con un primo intervento di carattere generale, diviso tra questo numero della Rivista ed il prossimo, si avvia un percorso di riflessione (che proseguirà nel 2025 su tematiche specifiche) sulla nuova direttiva sulla tutela penale dell’ambiente 1203/2024, la quale modifica radicalmente il regime di contrasto agli illeciti ambientali, non solo per l’aumento delle fattispecie da prevedere come reato rispetto alla precedente direttiva 99/2008, ma anche per la più particolata previsione di clausole generali di supporto interpretativo, la rinnovata responsabilità degli enti, l’introduzione anche in questa materia dell’obbligo di congelamento e confisca dei beni strumentali e del profitto dei reati ed un complesso sistema di attuazione, a livello sia interno che di cooperazione transnazionale, sottoposto a verifica in sede europea.

Premessa

La nuova direttiva sulla tutela penale dell’ambiente 1203/2024 modifica radicalmente il regime di contrasto agli illeciti ambientali, non solo per l’aumento delle fattispecie da prevedere come reato rispetto alla precedente direttiva 99/2008, ma anche per la più particolata previsione di clausole generali di supporto interpretativo, la rinnovata responsabilità degli enti, l’introduzione anche in questa materia dell’obbligo di congelamento e confisca ed un complesso sistema di attuazione, a livello sia interno che di cooperazione transnazionale, sottoposto a verifica in sede europea.

Va precisato che la direttiva “stabilisce norme minime per la definizione dei reati e delle sanzioni al fine di tutelare più effi cacemente l’ambiente” (articolo 1), per cui “oltre ai reati relati vi alle condotte di cui al paragrafo 2, gli Stati membri possono, conformemente al loro diritto nazionale, prevedere ulteriori reati al fine di proteggere l’ambiente” (articolo 3, paragrafo 5).

L’ambito delineato dalla direttiva (al pari della 2008/99) esclu de dal suo spettro applicativo la materia del paesaggio e riguar da i fenomeni nei quali risulta compromessa o messa in perico lo la salubrità ambientale, nel duplice profilo di aggressione a specifiche componenti naturalistiche meritevoli di tutela (spe cie ed habitat naturali protetti, ovvero aree naturali protette) ovvero agli elementi fondamentali delle acque e del suolo.

Ed infine, significativo appare il richiamo alla complementarità del diritto penale e del diritto amministrativo, quale elemento “fondamentale per prevenire e scoraggiare condotte illeci te che danneggiano l’ambiente” (considerando n. 4), in omaggio ad un principio di integrazione della tutela, tra regolazione, controllo e repressione, che rappresenta il valore ispiratore dell’intera direttiva.

I reati: profili oggettivi e soggettivi

L’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva indica tutte le condotte che gli Stati membri devono prevedere come reato qualora siano illecite (concetto sul quale v. infra).

Le venti lettere (a/t) di cui si compone il paragrafo prevedono ipotesi in parte coincidenti con quelle preesistenti ed in parte nuove.

In sede di recepimento si porrà quindi il duplice tema della necessità o meno di adattamento delle ipotesi di reato esistenti e di introduzione di nuove. In questo contesto, sarà interessante verificare le scelte del Legislatore sulla collocazione sistematica dei reati, nell’alternativa tra l’applicazione del principio della riserva di codice penale di cui all’articolo 3-bis C.p. (ogni nuovo reato va inserito nel codice penale) o di conferma della allocazione nella stessa sede dove si trovano le previsioni amministrative, come attualmente è per il Dlgs 152/2006.

Rinviando per un esame specifico delle singole fattispecie di reato e delle prospettive di recepimento a successivi approfondimenti, è utile ricordare i temi sui quali si appuntano le venti previsioni di reato.

Si riportano quindi (omettendo per brevità i riferimenti alla disciplina amministrativa di riferimento, citati nel testo della direttiva, cui si rinvia) gli oggetti delle lettere a)/t) dell’articolo 2, paragrafo 2, e precisamente:

a) lo scarico, l’emissione o l’immissione di un quantitativo di materie, sostanze, energia o radiazioni ionizzanti nell’aria, nel suolo o nelle acque che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque, a un ecosistema, alla fauna o alla flora; b) l’immissione sul mercato, in violazione di un divieto o di un altro obbligo inteso a tutelare l’ambiente, di un prodotto il cui impiego su più vasta scala, ossia l’uso del prodotto da molti utenti, a prescindere dal loro numero, comporti lo scarico, l’emissione o l’immissione di un quantitativo di materie, sostanze, energia o radiazioni ionizzanti nell’aria, nel suolo o nelle acque e che provochi o possa provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque, a un ecosistema, alla fauna o alla flora; c) la fabbricazione, l’immissione o la messa a disposizione sul mercato, l’esportazione o l’uso di sostanze, sia allo stato puro che all’interno di miscele o articoli, compresa la loro incorporazione negli articoli, se tale condotta provoca o può provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque, a un ecosistema, alla fauna o alla flora, e viola una serie di disposizioni regolamentari; d) la fabbricazione, l’impiego, lo stoccaggio, l’importazione o l’esportazione di mercurio, composti del mercurio, miscele di mercurio e prodotti con aggiunta di mercurio, se tali condotte non sono conformi ai requisiti regolamentari e provocano o possono provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque, a un ecosistema, alla fauna o alla flora; e) la realizzazione di progetti soggetti a Via senza autorizzazione che provoca o può provocare danni rilevanti alla qualità dell’aria o del suolo o alla qualità o allo stato delle acque, o a un ecosistema, alla fauna o alla flora;

f) la raccolta, il trasporto o il trattamento dei rifiuti, la sorveglianza di tali operazioni e il controllo dei siti di smaltimento successivo alla loro chiusura, nonché l’attività effettuata in quanto commerciante o intermediario, se tale condotta riguarda i rifiuti pericolosi e concerne quantità non trascurabili di tali rifiuti; oppure riguarda rifiuti diversi e provoca o può provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque, a un ecosistema, alla fauna o alla flora;

g) la spedizione illecita di rifiuti se tale condotta concerne una quantità non trascurabile in un’unica spedizione o in più spedizioni che risultino fra di loro connesse; h) il riciclaggio delle navi; i) lo scarico illecito di sostanze inquinanti effettuato dalle navi che provoca o è probabile che provochi un deterioramento della qualità dell’acqua o danni all’ambiente marino; j) l’esercizio o la chiusura di un impianto in cui è svolta un’attività pericolosa o in cui sono immagazzinate o utilizzate sostanze o miscele pericolose, se tali condotte provocano o possono provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque, a un ecosistema, alla fauna o alla flora; k) la costruzione, l’esercizio e la dismissione di un impianto soggetto alla disciplina di controllo del pericolo di incidenti rilevanti, se tali condotte provocano o possono provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque, a un ecosistema, alla fauna o alla flora; l) la fabbricazione, la produzione, la lavorazione, la manipolazione, l’impiego, la detenzione, lo stoccaggio, il trasporto, l’importazione, l’esportazione o lo smaltimento di materiale radioattivo o di sostanze radioattive, se tali condotte provocano o possono provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque, a un ecosistema, alla fauna o alla flora; m) l’estrazione di acque superficiali o sotterranee se tale con-

dotta provoca o può provocare danni rilevanti allo stato o al potenziale ecologico dei corpi idrici superficiali o allo stato quantitativo dei corpi idrici sotterranei;

n) l’uccisione, la distruzione, il prelievo, il possesso, la commercializzazione o l’offerta a scopi commerciali di uno o più esemplari delle specie animali o vegetali selvatiche protette, salvo laddove tale condotta riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari; o) il commercio di uno o più esemplari, o parti o prodotti derivati di essi, di specie animali o vegetali selvatiche protette e l’importazione di uno o più esemplari o parti o prodotti derivati di essi, salvo laddove tali condotte riguardino una quantità trascurabile di tali esemplari; p) l’immissione o la messa a disposizione sul mercato dell’Unione o l’esportazione dal mercato dell’Unione di materie prime o prodotti pertinenti, in violazione dei divieti previsti dalla normativa Ue in tema di deforestazione, salvo laddove tali condotte riguardino una quantità trascurabile; q) qualsiasi condotta che provochi il deterioramento di un habitat all’interno di un sito protetto, o la perturbazione delle specie animali tutela all’interno di un sito protetto, se tale deterioramento o tale perturbazione sono significativi; r) l’introduzione nel territorio dell’Unione, l’immissione sul mercato, la detenzione, l’allevamento, il trasporto, l’utilizzo, lo scambio, il permesso di riproduzione, crescita o coltivazione, il rilascio nell’ambiente o la diffusione di specie esotiche invasive rilevanti al livello dell’Unione, quando tali condotte violano specifici divieti previsti dalla relativa disciplina e provocano o possono provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque, a un ecosistema, alla fauna o alla flora; s) la produzione, l’immissione sul mercato, l’importazione, l’esportazione, l’uso, o il rilascio delle sostanze che riducono lo strato di ozono, allo stato puro o sotto forma di miscele, o la produzione, l’immissione sul mercato, l’importazione, l’esportazione o l’uso di prodotti e apparecchiature, e di loro parti, che contengono le sostanze che riducono lo strato di ozono di cui all’articolo 2, lettera  b), di detto regolamento o il cui funzionamento dipende da tali sostanze; t) la produzione, l’immissione sul mercato, l’importazione, l’esportazione, l’uso, o il rilascio dei gas fluorurati a effetto serra, allo stato puro o sotto forma di miscele, o la produzione, l’immissione sul mercato, l’importazione, l’esportazione o l’uso di prodotti e apparecchiature, e di loro parti, che contengono i gas fluorurati a effetto serra di cui all’articolo 2, lettera  b), di detto regolamento o il cui funzionamento dipende da tali gas, o la messa in funzione di tali prodotti e apparecchiature.

Tutte queste condotte devono essere punite con sanzioni pena li effettive, proporzionate e dissuasive (considerando n. 4), nel rispetto dei limiti sanzionatori fissati dall’articolo 5, anche se commesse per grave negligenza, ad eccezione di quelle previ ste dalle lettere e), h) e r) (per quanto riguarda la sola condotta di introduzione di specie esotiche invasive violazione dell’au torizzazione) per le quali l’obbligo di punizione da parte degli Stati membri sussiste solo se le stesse sono intenzionali.

Anche se di regola vengono delineate condotte commissive, precisa il considerando 7 che l’inosservanza di un obbligo di agire può avere gli stessi effetti negativi sull’ambiente e sulla salute umana di una condotta attiva, con la conseguenza che la definizione dei reati “dovrebbe comprendere sia le azioni che le omissioni, ove applicabile”.

La direttiva precisa i due elementi soggettivi citati nei considerando. In particolare:

• al numero 26, afferma che “il concetto di intenzione do vrebbe essere interpretato conformemente al diritto naziona

le, tenendo conto della pertinente giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (‘Corte di giustizia’). Pertan to, ai fini della presente direttiva, l’‘intenzione’ potrebbe es sere intesa come intenzione diretta di provocare il decesso di una persona o potrebbe comprendere anche una situazio ne in cui l’autore del reato, nonostante non volesse provoca re il decesso di una persona, accetti comunque la probabilità di provocarlo, e agisca, o si astenga dall’agire, volontariamen te e in violazione di un particolare obbligo, causando pertanto il decesso di una persona. La stessa logica dovrebbe applicar si nel caso in cui una condotta illecita descritta dalla presen te direttiva, che sia intenzionale, provochi gravi danni a perso ne o la distruzione di un ecosistema di dimensioni o di valore ambientale considerevoli o di un habitat all’interno di un sito protetto, della qualità dell’aria, del suolo o delle acque, o dan ni diffusi e rilevanti, irreversibili o duraturi a tale ecosistema o habitat o alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque” ; • al numero 27, afferma che “il concetto di ‘grave negligenza’ dovrebbe essere interpretato in conformità del diritto naziona le, tenendo conto della pertinente giurisprudenza della Cor te di giustizia. La presente direttiva non richiede l’introduzio ne nel diritto nazionale del concetto di ‘grave negligenza’ per ciascun elemento costitutivo del reato, come il possesso, la vendita o l’offerta a scopi commerciali, l’immissione sul mer cato ed elementi analoghi. In tali casi, gli Stati membri posso no stabilire che il concetto di ‘grave negligenza’ sia pertinen te rispetto ad alcuni elementi del reato, come lo status di pro tezione, la ‘quantità trascurabile’ o la ‘probabilità’ che la con dotta provochi danni rilevanti”

L’articolo 4 prevede altresì l’obbligo di punire l’istigazione, il favoreggiamento ed il concorso nella commissione dei reati sopra indicati, anche nella forma qualificata (v. paragrafo che segue), nonché il tentativo, tranne che per i reati di cui alle lettere e), h) n), q) per i quali l’obbligo vale in relazione alla sola forma consumata.

Il considerando 29 spiega tale restrizione con riferimento alla realizzazione di un progetto senza autorizzazione (lettera  e)), affermando la non compatibilità con la nozione di tentativo “poiché la realizzazione di un progetto dovrebbe intendersi come già comprensiva della fase iniziale dell’attuazione di ta le progetto, incluso ad esempio l’avvio di lavori di preparazio ne del terreno per la costruzione o di altre opere che interes sino l’ambiente”

I reati qualificati: verso l’introduzione del delitto di ecocidio?

L’articolo 3, paragrafo 3, prevede l’obbligo per gli Stati membri di provvedere “affinché i reati relativi alle condotte elenca te al paragrafo 2 costituiscano reati qualificati se tali condot te provocano:

a) la distruzione di un ecosistema di dimensioni o di valore ambientale considerevoli o di un habitat all’interno di un sito protetto o danni diffusi e rilevanti, irreversibili o duraturi, a ta le ecosistema o habitat; o

b) o danni diffusi e rilevanti, irreversibili o duraturi alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque”

Il concetto di reato qualificato è spiegato dal considerando n. 21 per il quale “i reati relativi a condotte intenzionali elen cati nella presente direttiva possono comportare conseguen ze catastrofiche, come inquinamento diffuso, incidenti indu striali con gravi effetti sull’ambiente o incendi boschivi su va sta scala. Qualora simili reati provochino la distruzione di un ecosistema di dimensioni o di valore ambientale consi derevoli o di un habitat all’interno di un sito protetto, oppu re provochi danni diffusi e rilevanti, irreversibili o duraturi a

tali ecosistema o habitat, o alla qualità dell’aria, del suolo o dell’acqua, tali reati che hanno provocato conseguenze ca tastrofiche dovrebbero costituire reati qualificati e, pertan to, dovrebbero essere puniti con sanzioni più severe rispet to a quelle applicabili nei casi di reati diversi da quelli defini ti nella presente direttiva. Tali reati qualificati possono com prendere condotte paragonabili all’‘ecocidio’, che è già disci plinato dal diritto di taluni Stati membri e che è oggetto di di scussione nei consessi internazionali” (la sanzione più severa è quella della pena massima non inferiore ad otto anni, secondo l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), salva la pena di anni dieci se il fatto provochi il decesso di una persona con riferimento alle condotte di cui alla lettera a)

Rinviando anche sotto questo aspetto a successivi approfondimenti, si indicano gli aspetti problematici di tali previsioni:

• il riferimento all’intenzionalità della condotta è presente solo nel considerando e non nell’articolo, che, secondo il tono letterale, ben potrebbe riferirsi anche a condotte commesse con grave negligenza;

• lo stesso dicasi per il riferimento alle conseguenze catastrofiche del fatto, concetto che evoca l’offesa alla pubblica incolumità e che potrebbe far rientrare la previsione dei reati qualificati nel perimetro di operatività del reato di disastro ambientale (punito peraltro più severamente);

• generici sono sia i criteri per comprendere quando si possa ritenere che una condotta integra un reato qualificato, sia il riferimento al crimine di ecocidio, evocato senza altre indicazioni nel solo considerando;

• di non agevole comprensione è il rapporto con la fattispecie aggravata dei reati di cui al paragrafo 2 che abbiano “pro vocato la distruzione o danni rilevanti irreversibili o duratu ri a un ecosistema” (articolo 8, paragrafo 1, lettera  a)). Tale aggravante “non si applica al reato di cui all’articolo 3, paragra fo 3” (articolo 8, paragrafo 2) e quindi vale per le sole fattispecie “base” di cui al paragrafo 2, lettere  a)/t). Non appare agevole distinguere quando una di tali fattispecie sia aggravata ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera a), o costituisce un reato qualificato, posto che i parametri per la configurabilità delle due ipotesi sono quasi sovrapponibili.

La definizione di ecosistema

L’articolo 2, dopo aver precisato che “i termini utilizzati nel la presente direttiva per descrivere le condotte di cui all’ar ticolo 3, paragrafo 2, sono interpretati, se del caso, confor memente alle definizioni contenute nella legislazione dell’U nione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a” (cioè di quella che contribuisce al perseguimento di uno degli obiettivi della politica dell’Unione in materia ambientale di cui all’articolo 191, paragrafo 1, Tfue) ed aver fornito le definizioni di “persona giuridica” ed “habitat all’interno di un sito protetto”, definisce il concetto di “ecosistema”, presente in diverse previsioni sanzionatorie, individuandolo nel “complesso dinamico di co munità di piante, animali, funghi e microrganismi e del loro ambiente non vivente che, mediante la loro interazione, for mano un’unità funzionale, e comprende tipi di habitat, habitat di specie e popolazioni di specie”

Tale definizione viene chiarita dal considerando n. 13 nel senso che “il termine ‘ecosistema’ dovrebbe intendersi nel signi ficato di un complesso dinamico di comunità di piante, ani mali, funghi e microrganismi e del loro ambiente non viven te che, mediante la loro interazione, formano un’unità funzio nale, e l’ecosistema dovrebbe comprendere tipi di habitat, ha bitat di specie e popolazioni di specie. Un ecosistema dovreb be comprendere anche i servizi ecosistemici, attraverso i qua li un ecosistema contribuisce direttamente o indirettamente

al benessere umano, e le funzioni ecosistemiche, che si riferi scono ai processi naturali di un ecosistema. Le unità più pic cole, come un alveare, un formicaio o un ceppo, possono far parte di un ecosistema, ma non dovrebbero essere considera te un ecosistema a sé stante ai fini della presente direttiva”

Trattasi di previsioni utili per chiarire anche la portata delle due principali fattispecie di delitti ambientali previste dal nostro Codice penale, quelle di inquinamento e di disastro ambientale, nelle quali è presente il riferimento all’ecosistema.

Tale nozione non è specificata ed a ciò ha provveduto la giurisprudenza, facendo riferimento alla “equilibrata interazione tra organismi, viventi e non viventi, entro un determinato ambito, ovvero, secondo la definizione datane in un passato non re cente dalla giurisprudenza di questa Corte, di ‘ambiente biolo gico naturale, comprensivo di tutta la vita vegetale ed anima le ed anche degli equilibri tipici di un habitat vivente’ o, quan to meno, della fauna stessa singolarmente intesa” (Cassazione penale., sezione III, n. 18934/2017).

La definizione della direttiva può indubbiamente arricchire tale definizione.

Il concetto di illiceità della condotta

Tutte le condotte descritte alle lettere a)/t) vanno previste come reato se illecite (articolo 2, paragrafo 1).

Tale condizione sussiste (paragrafo 2) se la condotta viola: “a) un atto legislativo dell’Unione che contribuisce al perse guimento di uno degli obiettivi della politica dell’Unione in materia ambientale di cui all’articolo 191, paragrafo 1, Tfue; o b) un atto legislativo, un regolamento o una disposizione am ministrativa nazionali o una decisione adottata da un’autorità competente di uno Stato membro, che dà attuazione alla legi slazione dell’Unione di cui alla lettera a)”.

La stessa norma prevede che la condotta “è illecita anche se posta in essere su autorizzazione rilasciata da un’autorità competente di uno Stato membro, qualora tale autorizzazio ne sia stata ottenuta in modo fraudolento o mediante corru zione, estorsione o coercizione, o qualora tale autorizzazione violi palesemente i pertinenti requisiti normativi sostanziali”

Si registra quindi una netta distinzione rispetto alla previsione della direttiva del 2008, in cui la condotta illecita veniva fatta dipendere dalla violazione di norme specificamente indicate negli Allegati A e B e nelle relative disposizioni attuative. Il venir meno del perimetro di riferimento ampia lo spettro delle norme la cui violazione – diretta o indiretta – rende la condotta illecita.

La definizione europea va confrontata con la disciplina italiana che per i delitti ambientali (articoli 452-bis , 452-quater, 452-se xies e 452-quaterdecies C.p.) richiede che la condotta sia commessa “abusivamente”.

Tale concetto, per pacifica interpretazione, non riguarda soltanto i casi in cui l’attività è svolta “clandestinamente”, cioè senza autorizzazione, ma comprende anche le situazioni in cui l’attività si svolga sulla base di autorizzazioni scadute, palesemente illegittime, nonché illegittimamente ottenute (come affermato per il reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti da Cassazione penale sezione III, n. 21030/2015).

Anche la mancata osservanza delle prescrizioni qualifica la condotta come “abusiva” (Cassazione penale, sezione III, n. 29417/2019).

Inoltre, l’abusività della condotta per violazione di una regola cautelare ha un contenuto ampio, che non deve necessariamente riguardare la materia ambientale, potendo essere interessato qualsiasi settore inerente alla gestione dell’attività (si pensi al-

la disciplina della sicurezza sul lavoro in materia di fattori di rischio e di agenti inquinanti), soluzione confermata dalla giurisprudenza (Cassazioe penale, sezione III, n. 52436/2017).

In definitiva, nel nostro ordinamento, la condotta “abusiva” idonea ad integrare i delitti indicati comprende non soltanto quella svolta in assenza delle prescritte autorizzazioni, o sul la base di autorizzazioni scadute o palesemente illegittime o comunque non commisurate alla tipologia di attività richiesta, ma anche quella posta in essere in violazione di leggi statali o regionali – ancorché non strettamente pertinenti al settore am bientale – ovvero di prescrizioni amministrative (ex plurimis, Cassazione penale, sezione III, n. 46170/2016; conformi le successive sentenze n. 46904/2016, nn. 10515, 15865, 18934 e 52436 del 2017, nonché n. 28732/2018 e n. 560/2020).

La definizione di condotta illecita introdotta dalla nuova direttiva, pur essendo più ampia rispetto a quella del 2008, ha un perimetro più ristretto di quella di condotta abusiva prevista dalla disciplina nazionale, nella parte in cui prevede il solo contrasto con la normativa ambientale e non anche con quelle diverse, ma comunque pertinenti all’attività posta in essere.

Il considerando n. 8 espressamente giustifica l’esclusione di norme diverse da quelle ambientali con riferimento all’attività di pesca, richiamando la disciplina specifica quale idonea in sé a contrastare gli illeciti commessi in tale ambito, laddove secondo la giurisprudenza italiana anche la violazione della disciplina in materia di pesca, qualora strumentale alla commissione di reati ambientali, attribuisce carattere abusivo alla condotta (cfr. Cassazione penale, sezione III, n. 41602/2023, secondo cui integra il delitto di inquinamento ambientale la pesca di oloturie e di ricci di mare effettuata in violazione di disposizioni legislative o regolamentari poste a tutela dell’ambiente marino, che abbia provocato un notevole grado di compromissione, tale da poter assurgere a vero e proprio deterioramento delle popolazioni e da determinare un significativo squilibrio dell’ecosistema e della biodiversità correlata ai fondali).

Per quanto riguarda l’illiceità di una condotta autorizzata, non sussistono problemi interpretativi quando l’autorizzazione è ottenuta in modo fraudolento o mediante corruzione, estorsione o coercizione, mentre più complessa è l’ipotesi in cui l’autorizzazione “violi manifestamente i pertinenti requisiti giuridici sostanziali”

Tale espressione, secondo il considerando n. 10, “dovrebbe es sere interpretata come riferita a una violazione manifesta e ri levante di pertinenti requisiti giuridici sostanziali e non è inte sa a comprendere violazioni dei requisiti procedurali o di ele menti minori dell’autorizzazione, o a trasferire l’obbligo di ga rantire che le autorizzazioni siano legali dalle autorità compe tenti agli operatori”

Trattasi di precisazione che allinea sostanzialmente il concetto di attività illecita, ancorché autorizzata, di matrice europea, a quello nazionale di matrice giurisprudenziale.

Da tempo, infatti, la Cassazione (ex plurimis , Cassazione penale, sezione III, n. 56678/2018) si è assestata sull’affermazione che altro è l’illegittimità del titolo ed altro è la sua la “macroscopica illegittimità” la quale, pur non costituendo una condizione essenziale per l’oggettiva configurabilità del reato, rappresenta un significativo indice sintomatico della sussistenza dell’elemento soggettivo dell’illecito. In pratica, il concetto di “violazione manifesta e rilevante di pertinenti requisiti giuridici sostanziali” non attiene all’aspetto oggettivo dell’illegittimità, ma a quello soggettivo della sua riconoscibilità da parte dell’operatore. Lo stesso considerando n. 10 reca un’ulteriore precisazione re-

lativamente alla condotta del titolare dell’autorizzazione “se quest’ultimo non rispetta tutti gli obblighi di autorizzazione da essa previsti o altri obblighi giuridici pertinenti non con templati dall’autorizzazione”, prevedendo che in tali casi “il fatto che l’autorizzazione sia legale non esclude procedimen ti penali” nei confronti del titolare.

La precisazione ha in sé un margine di ambiguità, perché non chiarisce se anche in caso di violazione delle prescrizioni dell’autorizzazione la condotta debba ritenersi illecita secondo la direttiva.

La definizione di cui all’articolo 3, paragrafo 2, sembra invero testualmente non consentire tale conclusione ed il considerando sembra fare riferimento ai reati tipici di violazione delle prescrizioni.

Tale condotta, peraltro, integra il concetto di condotta abusiva secondo la giurisprudenza della Cassazione (retro). Pertanto, almeno per i reati che contengono la clausola di “abusività” della condotta, non si porrà la questione di verificare, in sede di recepimento, la tenuta rispetto alle previsioni della direttiva, ove si ritenga che escludano dal concetto di illiceità la violazione delle prescrizioni, ben potendo il Legislatore nazionale prevedere una tutela più ampia di quella prevista a livello europeo.

Le clausole elastiche ed i criteri per l’applicazione da parte degli Stati membri L’articolo 3, ai commi 6/8, fissa i criteri per la valutazione da parte degli Stati membri della sussistenza di condizioni di fatto, genericamente indicate (cd. clausole elastiche), dal cui verificarsi dipende il raggiungimento della soglia di illiceità della condotta.

La prima ipotesi è quella di cui al comma 6, in cui si dettano criteri per la valutazione da parte degli Stati membri “se il danno o il danno probabile è rilevante” per quanto riguarda le condotte di cui al paragrafo 2, lettere da  a) a  e), lettera  f), punto ii), lettere da j) a m) e lettera r)

Si prevede che si debba tenere conto, secondo il caso, di uno o più dei seguenti elementi:

a) le condizioni originarie dell’ambiente colpito; b) la durata del danno (lunga, media o breve); c) la portata del danno; d) la reversibilità del danno.

La seconda ipotesi è quella di cui al comma 7, in cui si dettano criteri per la valutazione da parte degli Stati membri se una condotta di cui al paragrafo 2, lettere da  a) a  e), lettera  f), punto ii), lettere da  i) a  m) e lettera  r), “può provocare danni alla qualità dell’aria o del suolo o alla qualità o allo stato delle ac que, a un ecosistema, alla fauna o alla flora”.

Si prevede che si debba tenere conto, secondo il caso, di uno o più dei seguenti elementi:

a) la condotta riguarda un’attività che è ritenuta rischiosa o pericolosa per l’ambiente o per la salute umana, e richiede un’autorizzazione che non è stata ottenuta o rispettata; b) in quale misura è superato un valore, una soglia regolamentare, o un altro parametro obbligatorio stabilito nella legislazione dell’Unione o nazionale di cui al paragrafo 1, comma 2, lettere  a) e b), o in un’autorizzazione rilasciata per l’attività pertinente; c) se il materiale o la sostanza è classificato come pericoloso o altrimenti elencato come nocivo per l’ambiente o la salute umana.

I criteri che vengono indicati per queste due prime clauso le elastiche appaiono oltremodo generici e di difficile traspo sizione a livello normativo, con il rischio di recepimenti dif ferenziati da parte dei singoli Stati membri. Probabile, allora, che l’applicazione di tali clausole sia lasciata all’applicazione da parte del giudice, con una sostanziale delega alla giurisdi zione per la formazione di un diritto casistico, sia pure indi rizzato da principi di carattere generale.

In parte diversa è la terza ipotesi, quella di cui al comma 8, in cui si dettano criteri per la valutazione da parte degli Stati membri “se la quantità sia trascurabile o meno” ai fini del paragrafo 2, lettera f), punto i), e lettere g), n), o) e p).

Si prevede che si debba tenere conto, secondo il caso, di uno o più degli elementi seguenti:

a) il numero di elementi interessati;

b) in quale misura è superato un valore, una soglia regolamentare o un altro parametro obbligatorio stabilito nella legislazione dell’Unione o nazionale di cui al paragrafo 1, comma 2, lettere a) e b);

c) lo stato di conservazione della specie animale o vegetale in questione;

d) il costo di ripristino dell’ambiente, laddove sia possibile valutare tale costo.

Aggiunge riguardo a tale ultimo punto il considerando n. 22 che “laddove, ai sensi della presente direttiva una condot ta costituisca un reato solo se riguarda una quantità non tra scurabile, che corrisponde al superamento della soglia regola mentare, del valore o di altro parametro obbligatorio, nel va lutare se tale soglia, valore o parametro sono stati superati, si dovrebbe tenere in considerazione, tra l’altro, la pericolosità e la tossicità, poiché quanto più pericoloso o tossico è il mate riale o la sostanza, tanto più rapidamente tale soglia, valore o altro parametro sono raggiunti e nel caso di sostanze o mate riali particolarmente pericolosi e tossici, anche una piccolis sima quantità può provocare danni rilevanti all’ambiente o al la salute umana”

In questo caso, il riferimento a soglie, valori o parametri, potrebbe consentire al Legislatore di prevedere, almeno per le ipotesi di immissione di sostanza nell’ambiente, parametri certi superati i quali la condotta acquista carattere di illiceità.

L’intervento

La sfida ambientale per

la finanza sostenibile (*)

di Valeria Frittelloni

Direttore Dipartimento valutazioni, controlli e sostenibilità

ambientale Ispra

ABSTRACT

Quale è il ruolo della finanza sostenibile?

Il Volume “La sfida ambientale per la finanza sostenibile” pubblicato da Ispra il 22 maggio 2024, aperto alla consultazione pubblica, si presenta come uno strumento a disposizione degli operatori economici e finanziari e delle Autorità di vigilanza nel processo di valutazione della sostenibilità delle imprese attraverso i cosiddetti fattori ESG (ambientali, sociali e di governance) nel processo decisionale di investimento.

L’Intervento inquadra la finalità del documento pubblicato da Ispra nell’ambito del quadro normativo e programmatico sulla finanza sostenibile.

Premessa

Per “finanza sostenibile” si intende generalmente il processo che tiene in debita considerazione, nell’adozione di decisioni di investimento, i fattori ambientali e sociali, in modo da convogliare maggiori investimenti in attività sostenibili e di più lungo termine. In particolare, le considerazioni di ordine ambientale sono dirette ad attenuare i cambiamenti climatici e all’adattamento a questi nonché in senso lato all’ambiente e ai rischi connessi, come per es. le catastrofi naturali. (1) Il 22 maggio 2024 l’Ispra ha presentato il volume “La sfida ambientale per la finanza sostenibile”, aprendo, lo stesso giorno, la consultazione pubblica sul documento che è terminata il 31 agosto 2024. (2)

Il documento rappresenta uno strumento che Ispra mette a dispo sizione degli operatori economici e finanziari e delle Autorità di vigilanza per affrontare la sfida della nuova rendicontazione non finanziaria nell’ambito del processo di valutazione della sosteni bilità delle imprese attraverso i cosiddetti fattori ESG (ambientali, sociali e di governance) nel processo decisionale di investimento.

Da molto tempo, infatti, la sostenibilità si trova al centro del progetto dell’Unione europea e i trattati dell’Ue ne riconoscono le dimensioni sociale e ambientale. La sostenibilità e la transizione verso un’economia a basso contenuto di carbonio, più efficiente in termini di risorse e circolare sono elementi fondamentali per garantire la competitività a lungo termine dell’economia dell’Ue. Il settore finanziario, dunque, è chiamato a svolgere un ruolo di primo piano, attraverso il riorientamento del capitale privato verso investimenti più sostenibili.

Il ruolo dell’Ispra

(*) Il documento oggetto dell’intervento è scaricabile al seguente link:

https://shorturl.at/aSf5M

La legge 132/2016 stabilisce, all’articolo 3, che i dati e le informazioni statistiche prodotti dal Sistema nazionale di protezione ambientale costituiscono riferimento tecnico ufficiale. Ispra, in particolar modo, detiene numerose informazioni che vengono utilizzate ai fini delle diverse comunicazioni in materia ambientale alla Commissione europea. La definizione del nuovo quadro normativo europeo in materia di rendicontazione ambientale ha generato, di conseguenza, verso l’Istituto una grande richiesta di accesso ai dati ambientali da parte di soggetti che sinora non sono stati interlocutori diretti per l’Ispra.

La capacità di lettura del dato ambientale assume, in questo quadro, un’importanza strategica e l’Ispra può rappresentare un punto di riferimento istituzionale e terzo sia per le Autorità di vigilanza, che saranno poi chiamate a controllare il rispetto di questi criteri, sia per gli operatori economici e finanziari. In particolare, l’Istituto è in grado di definire metodologie e dare indicazioni concrete su come trattare l’informazione ambientale, che in assenza di un’armonizzazione (anche metodologica) si può prestare a molteplici interpretazioni e risultare quindi fuorviante o, nel peggiore dei casi, manipolabile.

Ispra ha la competenza per supportare imprese ed operatori finanziari nella comprensione del dato ambientale che l’Istituto già detiene in virtù di numerosi adempimenti di legge e compiti isti-

(1)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX: 52018DC0097

(2) https://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/documenti-tecnici/ finanza-sostenibile

tu zionali (in materia di rifiuti, di emissioni climalteranti e non, di certificazioni ambientali e di autorizzazioni integrate ambientali), ma anche nei processi di generazione di nuova informazione ambientale in cui soprattutto le imprese saranno coinvolte direttamente.

La volontà di Ispra di individuare e tracciare metodologie di calcolo in maniera trasparente emerge chiaramente nella struttura del documento e rappresenta il valore aggiunto che l’Istituto può mettere in campo come strumento prezioso sia per supportare i processi decisionali di investitori finanziari o intermediari bancari, sia per le stesse Autorità di vigilanza e controllo.

Questo affinché il sistema pubblico istituzionale possa garantire comparabilità e affidabilità dei dati attraverso la sua terzietà e adattare sempre più l’informazione ambientale in modo da soddisfare completamente le esigenze dei vari portatori d’interesse e rendere i dati stessi verificabili. La verificabilità, infatti, è una delle caratteristiche qualitative dell’informativa prevista dagli European Sustainability Reporting Standard (ESRS) e i medesimi standard indicano che l’informativa, per essere verificabile, deve essere predisposta in modo tale da permettere di verificare l’informativa stessa, i dati di input utilizzati e i metodi di calcolo per renderla effettivamente comparabile.

La disponibilità di informazione ambientale scientificamente validata e verificabile rappresenta anche uno strumento fondamentale per la lotta al greenwashing e alla comunicazione ingannevole delle informazioni ambientali.

La struttura del documento

Il documento Ispra definisce un percorso di apprendimento su come generare il dato ambientale in un processo dedicato a far emergere le informazioni di interesse dei mercati finanziari e degli intermediari bancari.

L’architettura normativa comunitaria ha previsto i seguenti atti:

• il Regolamento (Ue) 2020/852 (“Regolamento Tassonomia”), pubblicato il 22 giugno 2020, che disciplina una tassonomia delle attività ecosostenibili, ossia un sistema condiviso a livello europeo di classificazione delle attività economiche ecosostenibili in ragione del contributo al raggiungimento di specifici obiettivi ambientali;

• un doppio sistema di reporting che mira a rafforzare l’affidabilità e la comparabilità delle informazioni: uno lato “investitori”, cioè il Regolamento (Ue) 2019/2088 (SFDR – Sustainable Finance Disclosure Regulation) relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari, che introduce nuovi obblighi di trasparenza informativa in materia di sostenibilità in capo ai soggetti partecipanti i mercati finanziari (“investitori”), e uno lato imprese, una Direttiva sul reporting societario in materia di sostenibilità CSRD – Corporate Sustainability Reporting Directive n. 2022/2464)  [NdR], che oltre ad allargare il perimetro delle imprese soggette ai requisiti di dichiarazione non finanziaria (Direttiva europea sulla rendicontazione delle informazioni non finanziarie 2014/95/Ue, Non Financial Reporting Directive – NFRD, recepita in Italia con il Dlgs 254/2016) a tutte le grandi imprese e le PMI quotate sui mercati regolamentari, introduce l’obbligo di informazioni più dettagliate e il loro controllo da parte di soggetti esterni.

Gli indicatori fanno dunque riferimento al quadro regolatorio della finanza sostenibile, ma anche alle Aspettative di vigilanza emanate da Banca d’Italia:

• la componente principale fa riferimento agli indicatori PAI (Principal Adverse Impact) proposti dal Regolamento SFDR (Allegato I), alla luce della loro riscontrata corrispondenza nei requisiti dell’informativa pubblica prevista ai sensi della Direttiva CSRD; • una seconda componente si riferisce a un ulteriore pilastro informativo che metta le imprese (e gli intermediari bancari e finanziari) nella possibilità di iniziare a rendicontare sui rischi fisici, anche ai sensi delle “Aspettative di vigilanza di Banca d’Italia su rischi climatici e ambientali” diramate in data 28 dicembre 2022 (Prot. 1940295/22 del 28 dicembre 2022, Allegato D). In un unico documento sono descritti 29 indicatori tematici utili a definire l’impatto ambientale delle diverse attività economiche. Le metodologie proposte dall’Istituto, basate su standard riconosciuti a livello europeo e internazionale, mirano a rendere le imprese autonome nella realizzazione del proprio bilancio green e a consentire il confronto delle proprie performance ambientali con quelle di altri operatori.

Il documento, oltre alla prima parte introduttiva che inquadra la tematica e descrive l’approccio tecnico proposto dall’Istituto, è strutturato in due Allegati, il primo dei quali (A) è dedicato agli indicatori principali (per gli operatori finanziari) e addizio nali, mentre il secondo (B) è dedicato agli indicatori di rischio e intende fornire elementi utili all’analisi dei rischi fisici clima tici e ambientali (fisici e di transizione), identificando i rischi di natura economica e finanziaria che ne risulterebbero poten zialmente influenzati e le implicazioni di natura prudenziale.

Per ogni indicatore selezionato è stata costruita una scheda con la descrizione dell’indicatore, la metrica utilizzata e da utilizzare, le definizioni e i requisiti informativi che rappresentano utili indicazioni sia normative che di prassi per la definizione dell’indicatore, infine la metodologia di calcolo per produrre l’indicatore.

L’indicatore 9 sui rifiuti

L’indicatore intende calcolare il rapporto tra produzione totale di rifiuti pericolosi, così come individuati dalla Parte IV del Dlgs 152/2006, unitamente alla produzione dei rifiuti radioattivi, di cui alla normativa specifica, misurati in tonnellate, e il valore dell’investimento in milioni di euro, quest’ultimo espresso come media ponderata. La scheda 9 dell’Allegato A al documento guida il lettore, in via preliminare, alla corretta valutazione dei rifiuti prodotti dall’attività che si sta analizzando riportando uno schema concettuale esemplificativo, per step, da seguire ai fini della valutazione stessa.

In secondo ordine la scheda intende accompagnare nella verifica della pericolosità dei rifiuti prodotti riportando un agile schema per fasi, tratto dalla Linea Guida Snpa 105/2021 sulla classificazione dei rifiuti. (3)

La scheda si chiude con l’indicazione della documentazione consultabile dalla quale è possibile estrarre le informazioni richieste e dei possibili controlli applicabili per verificare la correttezza del dato fornito. In particolare, gli aspetti sui controlli rappresentano il vero valore del contributo di Ispra che negli anni ha potuto maturare una corposa esperienza nella interpretazione ed elaborazione dei dati sui rifiuti, avendo tra i compiti istituzionali la gestione della sezione nazionale del Catasto dei rifiuti ai sensi dell’articolo 189 del Dlgs 152/2006.

Certamente la costruzione dell’indicatore sui rifiuti non rappresenta il momento più sfidante nel nuovo processo di rendiconta-

[NdR] La Direttiva 2022/2464 è stata recepita con Dlgs 125/2024. (3) https://www.snpambiente.it/wp-content/uploads/2021/07/Delibera-105-2021-LLGG-Classificazione-rifiuti.pdf

zione non finanziaria, questo anche grazie al fatto che il sistema di contabilità dei rifiuti nel nostro Paese è un sistema molto avanzato e che, a differenza di quanto avviene in altri Paesi dell’Ue, dispone di informazioni organizzate e di un sistema di tracciabilità che consente di seguire il rifiuto dalla fase di produzione alla gestione finale.

Fase 1

La scheda proposta, tuttavia, ha l’indubbio merito di sintetizzare in una forma molto chiara come approcciare alla formazione dell’indicatore, dove rilevare i dati, come calcolarli chiarendo, contemporaneamente, alcuni passaggi chiave del percorso della produzione dei rifiuti che possono ingenerare confusione o una non corretta interpretazione della norma. I numerosi riferimenti

Si applica la normativa sui rifiuti?

Non si applica la normativa sulla classificazione dei rifiuti; si deve fare riferimento alla normativa specifica NO

Fase 2

Codice non pericoloso

Che tipo di codice è previsto per il rifiuto?

Codice pericoloso

Non pericoloso Pericoloso

Fase 3

Voce specchio

Sono attuate le necessarie valutazioni per acquisire una adeguata conoscenza della composizione del rifiuto in relazione alle sostanze pericolose potenzialmente presenti?

Il contenuto delle sostanze pericolose e/o i risultati delle prove evidenziano la sussistenza di una o più caratteristiche di pericolo da HP1 a HP15 e/o il contenuto di POPs è tale da conferire pericolosità al rifiuto? Non pericoloso

Le carretteristiche di pericolo possedute dal rifiuto devono essere comunque individuate ai fini della sua gestione.

che accompagnano la lettura dei due diagrammi di flusso, infatti, hanno lo scopo di definire il percorso al lettore proprio nei punti che per prassi rappresentano i momenti più critici della valutazione e che possono, pertanto, rappresentare un presupposto di errore nella definizione del dato.

Conclusioni

La transizione verso la neutralità climatica, la salvaguardia della biodiversità, la prevenzione dell’inquinamento e l’incentivazione dell’economia circolare costituiscono gli asset verso i quali dovranno essere opportunamente ricanalizzati i flussi di investimento. Perché questo possa avvenire devono essere chiaramente identificabili gli investimenti sostenibili ai quali deve essere riconosciuta anche la credibilità.

Oggi una delle principali criticità consiste nella scarsa disponibilità di informazioni ESG rese pubbliche dalle imprese e nel loro basso livello di standardizzazione. Questi processi di supporto alla costruzione di dati e informazioni “rilevanti” dovranno essere a regime accompagnati da sistemi di razionalizzazione e facilitazione per l’accesso a basi dati pubbliche che,

per molti dati ambientali, oggi rappresenta il vero punto dolente dell’intero processo.

Il documento tecnico proposto da Ispra si offre come gui da utile sia a coloro che approcciano alla rendicontazione non finanziaria, sia a coloro che intendano effettuare veri fiche di conformità su impatti e rischi dichiarati dalle im prese, avendo a disposizione un riferimento metodologico rilasciato da un Ente pubblico (tecnico e terzo) che ha la competenza della validazione dei dati e delle informazioni ambientali, con il fine di rendere verificabile quanto meno la modalità e la serietà con cui un certo dato ambientale è stato generato.

La finanza sostenibile è anche tra gli strumenti che dovranno essere attuati da qui al 2035 nella Strategia nazionale per l’economia circolare per favorire l’accompagnamento verso i processi innovativi, e l’Ispra supporta tecnicamente l’Osservatorio sull’attuazione della Strategia nazionale per l’economia circolare istituito presso il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica.

Legislazione norme eurounitarie

Raccolta rifiuti confermata nel

Compendio attività ambientali Ue

Commissione

europea Regolamento di esecuzione 26 giugno 2024, n. 2024/1769/Ue

(Guue 27 giugno 2024)

Regolamento che modifica il regolamento di esecuzione (Ue) 2015/2174 per quanto riguarda l’aggiornamento del compendio indicativo dei beni e servizi ambientali e delle attività economiche

(Testo rilevante ai fini del See)

La Commissione europea, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, visto il regolamento (Ue) n. 691/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2011, relativo ai conti economici ambientali europei, in particolare l’articolo 3, paragrafo 5, considerando quanto segue:

(1) I conti economici ambientali europei istituiti dal regolamento (Ue) n. 691/2011 hanno una struttura modulare. Il modulo per i conti del settore dei beni e servizi ambientali figura nell’allegato V di tale regolamento.

(2) Il regolamento di esecuzione (Ue) 2015/2174 della Commissione istituisce un compendio indicativo dei beni e servizi ambientali e delle attività economiche disciplinati dall’allegato V del regolamento (Ue) n. 691/2011. L’elenco delle attività e dei prodotti ambientali e delle attività economiche contenuto in tale compendio indicativo si è evoluto dal 2015 e necessita pertanto di un aggiornamento per rappresentare i beni e i servizi ambientali e le attività economiche ambientali che

Allegato

Al fine di agevolare l’applicazione uniforme dell’allegato V del regolamento (Ue) n. 691/2011, nel presente allegato figura un compendio indicativo dei beni e servizi ambientali e delle attività economiche. I beni, i servizi e le attività economiche dovrebbero essere rilevanti a livello nazionale. Per valutarne la rilevanza nazionale possono essere utilizzati i seguenti elementi:

devono essere inclusi nei conti dei beni e dei servizi ambientali di cui al regolamento (Ue) n. 691/2011.

(3) È pertanto opportuno modificare di conseguenza il regolamento di esecuzione (Ue) 2015/2174.

(4) Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato istituito dall’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento (Ce) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, ha adottato Il presente regolamento:

Articolo 1

L’allegato del regolamento di esecuzione (Ue) 2015/2174 è sostituito dall’allegato del presente regolamento.

Articolo 2

Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 26 giugno 2024

a) la produzione di beni e dei servizi e le attività economiche sono statisticamente significative nel paese;

b) esistono fonti di dati che consentono di stimare i beni, i servizi e le attività economiche.

Il compendio indicativo non è esaustivo e non esclude l’esistenza di altri beni, servizi e attività economiche ambientali rilevanti a livello nazionale.

Beni e servizi ambientali

– Prodotti dell’acquacoltura e dell’agricoltura biologica (vegetali e animali) e servizi di supporto

– Legna da ardere, compresi pellet, produzione di gas di legno e di altro legno purché conforme alle misure di sostenibilità

– Servizi silvicolturali e servizi di supporto alla silvicoltura

– Servizi di risanamento dei siti minerari

– Servizi di cattura delle acque di drenaggio per impedire la contaminazione delle acque sotterranee

– Macchinari per la silvicoltura

– Apparecchiature di trasporto elettriche e più efficienti sotto il profilo delle risorse; tubi di scappamento e loro parti, compresi i filtri antiparticolato

– Infrastrutture per il funzionamento dei veicoli elettrici, ad es. stazioni di ricarica

– Componenti di veicoli elettrici

– Strumenti, macchinari e apparecchi per l’analisi, il filtraggio o la depurazione di inquinanti solidi, liquidi o gassosi

– Prodotti a base di calce per la protezione dell’ambiente

– Fosse settiche, cestelli ed articoli simili per filtrare l’acqua all’entrata dei tombini; pompe per il trattamento delle acque reflue; veicoli per la raccolta delle acque reflue e la pulizia delle fognature; e altre attrezzature specifiche per il trattamento delle acque reflue

– Carbone attivo per la depurazione di liquidi e gas

– Tubi e condotte per impianti di trattamento delle acque reflue e per la gestione delle risorse idriche

– Torri di raffreddamento e strumenti, macchinari e apparecchi per il trattamento dell’acqua di raffreddamento

– Sacchi e sacchetti sostitutivi dei sacchetti di plastica

– Prodotti di bioplastica

– Bidoni, cassonetti, sacchi e sacchetti per il magazzinaggio e il trasporto dei rifiuti

– Attrezzature e macchinari per la raccolta, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti: inceneritori, autocarri e veicoli per la raccolta dei rifiuti; macchinari utilizzati negli impianti di trattamento dei rifiuti, vale a dire separatori, classificatori, presse e setacci

– Contenitori per la gestione dei rifiuti, la protezione contro le radiazioni costituite da particelle, la gestione delle acque e la protezione del clima e dell’aria ambiente

– Servizi di manutenzione e di riparazione per la riduzione delle perdite idriche

– Attrezzature e servizi di installazione specifici per la produzione di energia da fonti rinnovabili, ad eccezione dei sistemi di stoccaggio dell’energia quali caldaie a legno e altri apparecchi ad alta efficienza; pannelli solari e celle fotovoltaiche, turbine e ruote idrauliche e turbine eoliche

– Tecnologie, apparecchiature e impian-

ti di stoccaggio dell’energia: apparecchiature specifiche associate all’energia rinnovabile, ad es. sistemi di accumulo ad aria compressa, sistemi di stoccaggio del calore sensibile, sistemi di stoccaggio del calore latente, stoccaggio dell’idrogeno e conversione dell’energia elettrica in gas, come lo stoccaggio dell’energia eolica sotto forma di idrogeno o metano, e altre apparecchiature per lo stoccaggio dell’energia

– Biocarburanti

– Prodotti chimici più puliti: lubrificanti, pitture e vernici, ammendanti, detergenti e saponi, fertilizzanti e insetticidi, colle e altri adesivi privi di solventi; e cosmetici

– Prodotti per isolamento termico e acustico, principalmente negli edifici (ad esempio prodotti del sughero, porte e finestre con elevato potere isolante, materiali isolanti per facciate e tetti ed altri elementi architettonici quali materiali in fibra di vetro, lana di roccia, cellulosa, polimeri e poliuretano e altri prodotti quali calcestruzzo cellulare)

– Attrezzature specifiche per la gestione dell’energia quali termostati per la regolazione del riscaldamento e del condizionamento, valvole termostatiche, pompe di calore, caldaie a condensazione e scaldacqua solari

– Strumenti e apparecchi per la misura o la rilevazione di radiazioni ionizzanti – Lampade a scarica, quali lampade a bassa pressione, lampade fluorescenti compatte, lampadine a LED e apparecchi domestici estremamente efficienti

– Attrezzature per il recupero dei materiali – Attività di manutenzione, riparazione e installazione di beni ambientali; installazione di pompe di calore

– Energia elettrica, gas e calore da fonti rinnovabili, esclusa la produzione di energia idroelettrica mediante accumulo con pompaggio (PSHP) e la cogenerazione da rifiuti non biodegradabili: energia eolica, solare, idroelettrica eccetto PSHP, energia oceanica e biomassa oceanica

– Energia elettrica da impianti Pshp, comprese attrezzature e installazione

– Apparecchiature per (e installazione di) impianti di cogenerazione

– Acqua desalinizzata e acque piovane raccolte e manutenzione delle condutture per la riduzione delle perdite idriche

– Servizi di smaltimento delle acque di scarico: ad esempio raccolta, trasporto e trattamento delle acque reflue e gestione, manutenzione e pulizia dei sistemi fognari

– Raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti pericolosi e non pericolosi senza recupero

– Recupero di energia dall’incenerimento dei rifiuti

– Servizi di trattamento e smaltimento dei rifiuti nucleari

– Servizi di recupero dei materiali e produzione di materie prime secondarie

– Servizi di decontaminazione e di pulizia dei terreni e di depurazione delle acque sotterranee e superficiali

– Servizi di decontaminazione e di pulizia dell’aria

– Altri servizi di decontaminazione e servizi specializzati di controllo dell’inquinamento

– Nuovi edifici efficienti sotto il profilo energetico, comprese le case passive e la riqualificazione energetica di edifici esistenti per renderli a basso consumo energetico

– Corsie e piste ciclabili

– Riparazione delle reti idriche

– Impianti di trattamento delle acque reflue e dei rifiuti e sistemi fognari

– Impianti di recupero dei materiali e impianti tecnici

– Impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili

– Sistemi per la riduzione del rumore, quali barriere acustiche e altre infrastrutture su autostrade e ferrovie e prodotti specifici incorporati in tali sistemi, quali schermi acustici e altri prodotti che contribuiscono all’abbattimento dei rumori, quali asfalto meno rumoroso, pneumatici silenziosi, ecc.;

– Installazione di dispositivi di raccolta per dilavamenti e perdite di sostanze inquinanti

– Pareti antierosione

– Servizi di diffusione e informazione ai fini della tutela dell’ambiente e della gestione delle risorse: organizzazione di congressi, seminari, altri eventi analoghi, ecc.

– Software specificamente sviluppato per la protezione dell’ambiente o la gestione delle risorse

– Servizi di ingegneria e di architettura per edifici passivi e a basso consumo energetico e riqualificazione energetica di edifici esistenti per renderli a basso consumo energetico

– Servizi d’ingegneria e di architettura per progetti di energia da fonti rinnovabili

– Servizi d’ingegneria e di architettura per progetti di gestione delle risorse idriche, delle acque reflue e dei rifiuti

– Servizi d’ingegneria per attività di decontaminazione

– Servizi d’ingegneria e di architettura per progetti di recupero dei materiali

– Servizi tecnici di ispezione per il monitoraggio e la prevenzione dell’inquinamento in tutte le sue forme: analisi dei gas emessi dalle caldaie domestiche, ispezione delle emissioni atmosferiche dei veicoli, monitoraggio della qualità dell’aria, ecc.

– Servizi di R&S per la tutela dell’ambiente

– Servizi di R&S per la gestione delle risorse

– Servizi di consulenza ambientale

– Nettezza urbana e raccolta dei rifiuti sulla pubblica via

– Servizi amministrativi per la tutela dell’ambiente e la gestione delle risorse

– Servizi di formazione in tutela dell’ambiente e gestione delle risorse

– Servizi ambientali forniti da organizzazioni associative

– Servizi delle riserve naturali, compresa la tutela della fauna e della flora selvatiche.

Attività economiche ambientali

– Attività di agricoltura e allevamento biologici e acquacoltura biologica e servizi di supporto

– Attività connesse alla legna da ardere, compresi pellet, alla produzione di gas di legno e di altro legno purché conforme alle misure di sostenibilità

– Servizi silvicolturali e servizi di supporto alla silvicoltura

– Risanamento dei siti minerari

– Cattura delle acque di drenaggio per impedire la contaminazione delle acque sotterranee

– Fabbricazione di macchinari per la silvicoltura

– Fabbricazione di apparecchiature di trasporto elettriche e più efficienti sotto il profilo delle risorse e di tubi di scappamento e loro parti, compresi i filtri antiparticolato

– Attività connesse alle infrastrutture per il funzionamento dei veicoli elettrici, ad es. fabbricazione di stazioni di ricarica

– Fabbricazione di componenti di veicoli elettrici

– Fabbricazione di strumenti, macchinari e apparecchi per l’analisi, il filtraggio o la depurazione di inquinanti solidi, liquidi o gassosi

– Fabbricazione di prodotti a base di calce per la protezione dell’ambiente

– Fabbricazione di fosse settiche, cestelli ed articoli simili per filtrare l’acqua all’entrata dei tombini; pompe per il trattamento delle acque reflue; veicoli per la raccolta delle acque reflue e la pulizia delle fognature; e altre attrezzature specifiche per il trattamento delle acque reflue

– Fabbricazione di carbone attivo per la depurazione di liquidi e gas

– Fabbricazione di tubi e condotte per impianti di trattamento delle acque reflue e per la gestione delle risorse idriche

– Costruzione di torri di raffreddamento e strumenti, macchinari e apparecchi per il trattamento dell’acqua di raffreddamento

– Fabbricazione di sacchi e sacchetti sostitutivi dei sacchetti di plastica

– Fabbricazione di articoli in bioplastica

– Fabbricazione di bidoni, cassonetti, sacchi e sacchetti per il magazzinaggio e il trasporto dei rifiuti

– Fabbricazione di attrezzature e macchinari per la raccolta, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti: inceneritori, autocarri e veicoli per la raccolta dei rifiuti; macchinari utilizzati negli impianti di trattamento dei rifiuti, vale a dire separatori, classificatori, presse e setacci

– Fabbricazione di contenitori per la gestione dei rifiuti, la protezione contro le radiazioni costituite da particelle, la gestione delle acque e la protezione del clima e dell’aria ambiente

– Attività di manutenzione e di riparazione per la riduzione delle perdite idriche

– Fabbricazione e installazione di attrezzature specifiche per la produzione di energia da fonti rinnovabili, ad eccezione dei sistemi di stoccaggio dell’energia (ad esempio caldaie a legno ad alta efficienza e altri apparecchi, pannelli solari e celle fotovoltaiche, turbine e ruote idrauliche, turbine eoliche)

– Fabbricazione e installazione di tecnologie e apparecchiature e impianti per lo stoccaggio dell’energia: apparecchiature specifiche associate all’energia rinnovabile, ad es. sistemi di accumulo ad aria compressa, sistemi di stoccaggio del calore sensibile, sistemi di stoccaggio del calore latente, stoccaggio dell’idrogeno e conversione dell’energia elettrica in gas, come lo stoccaggio dell’energia eolica sotto forma di idrogeno o metano, e altre apparecchiature per lo stoccaggio dell’energia

– Fabbricazione di biocarburanti

– Fabbricazione di prodotti chimici più puliti: lubrificanti, pitture e vernici, ammendanti, detergenti e saponi, fertilizzanti e insetticidi, colle e altri adesivi privi di solventi; e cosmetici

– Fabbricazione di prodotti per isolamento termico e acustico, principalmente negli edifici, ad esempio prodotti del sughero, porte e finestre con elevato potere isolante, materiali isolanti per facciate e tetti ed altri elementi architettonici quali materiali in fibra di vetro, lana di roccia, cellulosa, polimeri e poliuretano e altri prodotti quali calcestruzzo cellulare

– Fabbricazione di attrezzature specifiche per la gestione dell’energia quali termostati per la regolazione del riscaldamento e del condizionamento, valvole termostatiche, pompe di calore, caldaie a condensazione e scaldacqua solari

– Fabbricazione di strumenti e apparecchi per la misura o la rilevazione di radiazioni ionizzanti

– Fabbricazione di lampade a scarica, quali lampade a bassa pressione, lampade fluorescenti compatte, lampadine a LED e apparecchi domestici estremamente efficienti

– Fabbricazione di attrezzature per il recupero dei materiali

– Attività di manutenzione, riparazione e installazione di beni ambientali; installazione di pompe di calore

– Produzione di energia elettrica, gas e calore da fonti rinnovabili, esclusa la produzione di energia idroelettrica mediante accumulo con pompaggio (PSHP) e cogenerazione da rifiuti non biodegradabili: energia eolica, solare, idroelettri-

ca, energia oceanica e biomassa oceanica

– Produzione di energia elettrica mediante PSHP, compresa l’installazione e la fabbricazione di apparecchiature

– Fabbricazione e installazione di apparecchiature per impianti di cogenerazione

– Desalinizzazione dell’acqua e raccolta di acque piovane; e manutenzione delle condutture per la riduzione delle perdite idriche

– Servizi di smaltimento delle acque di scarico: ad esempio raccolta, trasporto e trattamento delle acque reflue e gestione, manutenzione e pulizia dei sistemi fognari

– Raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti pericolosi e non pericolosi senza recupero

– Recupero di energia dall’incenerimento dei rifiuti

– Servizi di trattamento e smaltimento dei rifiuti nucleari

– Servizi di recupero dei materiali; e produzione di materie prime secondarie

– Servizi di decontaminazione e di pulizia dei terreni e di depurazione delle acque sotterranee e superficiali

– Servizi di decontaminazione e di pulizia dell’aria

– Altri servizi di decontaminazione e servizi specializzati di controllo dell’inquinamento

– Costruzione di nuovi edifici efficienti sotto il profilo energetico, comprese le case passive e la riqualificazione energetica di edifici esistenti per renderli a basso consumo energetico

– Costruzione di corsie e piste ciclabili

– Riparazione delle reti idriche

– Lavori di costruzione di impianti di trattamento delle acque reflue e dei rifiuti e di sistemi fognari

– Lavori di costruzione di impianti di recupero dei materiali e impianti tecnici

– Lavori di costruzione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili

– Costruzione di sistemi per la riduzione del rumore, quali barriere acustiche e altre infrastrutture su autostrade e ferrovie e produzione di prodotti specifici incorporati in tali sistemi, quali schermi acustici, e di altri prodotti che contribuiscono all’abbattimento dei rumori, quali asfalto meno rumoroso, pneumatici silenziosi, ecc.;

– Installazione di dispositivi di raccolta per dilavamenti e perdite di sostanze inquinanti

– Costruzione di pareti antierosione

– Attività di diffusione e informazione ai fini della tutela dell’ambiente e della gestione delle risorse: organizzazione di congressi, seminari, altri eventi analoghi, ecc.

– Software specificamente sviluppato per la protezione dell’ambiente o la gestione delle risorse

– Attività di ingegneria e di architettura per edifici passivi e a basso consumo ener-

getico e per la riqualificazione energetica di edifici esistenti per renderli a basso consumo energetico

– Attività d’ingegneria e di architettura per progetti di energia da fonti rinnovabili

– Attività d’ingegneria e di architettura per progetti di gestione delle risorse idriche, delle acque reflue e dei rifiuti – Servizi d’ingegneria per attività di decontaminazione

– Attività d’ingegneria e di architettu-

ra per progetti di recupero dei materiali – Attività dei servizi tecnici di ispezione per il monitoraggio e la prevenzione dell’inquinamento in tutte le sue forme: analisi dei gas emessi dalle caldaie domestiche, ispezione delle emissioni atmosferiche dei veicoli, servizi di monitoraggio della qualità dell’aria, ecc.

– R&S per la tutela dell’ambiente – R&S per la gestione delle risorse – Servizi di consulenza ambientale

– Nettezza urbana e raccolta dei rifiuti sulla pubblica via – Servizi amministrativi per la tutela dell’ambiente e la gestione delle risorse – Servizi di formazione in tutela dell’ambiente e gestione delle risorse – Servizi ambientali forniti da organizzazioni associative – Servizi delle riserve naturali, compresa la tutela della fauna e della flora selvatiche.

I Seminari

Risposte puntuali ai temi emergenti nella gestione dei rifiuti

Coordinamento scientifico: Paola Ficco

I PROSSIMI APPUNTAMENTI

Mercoledì 2 ottobre 2024 10:00-13:00 End of Waste rifiuti da costruzione e demolizione (C&D): il nuovo decreto

Analisi, domande e risposte

Relatori:

Andrea Massimiliano Lanz (ISPRA Responsabile del Centro nazionale dei rifiuti e dell’economia circolare)

Daniele Salvatori (ARPAE Emilia Romagna – Istruttore direttivo)

Mercoledì 9 ottobre 2024 10:00-13:00 Terre e rocce da scavo tra sottoprodotti, rifiuti (anche in vista del nuovo DM) e materiali di riporto. Le linee guida Snpa 10 crediti ECM per chimici • fisici • biologi • tpall

Relatori: Marcello Cruciani (Esperto ambientale) Loredana Musmeci (Chimico, Esperto ambientale)

Legislazione

Discariche: debutta

l’installazione dei pannelli fotovoltaici in quelle chiuse

Consiglio dei Ministri

Decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 –

Stralcio (*)

(So alla Gu 30 novembre 2021 n. 285)

Attuazione della direttiva (Ue) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili

È in vigore dal 14 luglio 2024 la legge 101/2024 che ha incluso le discariche e i lotti di discarica chiusi o ripristinati tra le aree idonee all’installazione di impianti fotovoltaici a terra nelle zone agricole.

Si tratta della legge di conversione del Dl 63/2024 (“Decreto Agricoltura”), il decreto che è intervenuto con modifiche sul Dlgs 199/2021 in materia di energia da fonti rinnovabili per limitare il consumo di suolo agricolo.

Il Dl 63/2024, in particolare, ha aggiunto all’articolo 20 del Dlgs 199/2021 il comma 1-bis che consente l’installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in zone classificate come agricole dai piani urbanistici vigenti esclusivamente su determinate aree idonee individuate ex lege. Tra queste, le cave e miniere abbandonate e le aree interne agli impianti industriali.

La legge 101/2024, nel convertire il Dl 63/2024, ha confermato il divieto di installazione degli impianti fotovoltaici a terra nelle zone agricole, ma ha allargato il campo delle eccezioni consentite, includendo tra le aree idonee anche le “cave già oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonché le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati”.

Ricordiamo, inoltre, che l’articolo 20 del Dlgs 199/2021, al comma 8, contiene l’elenco delle aree idonee per legge all’installazione degli impianti a fonti rinnovabili, in attesa che le Regioni individuino le aree idonee sulla base dei principi e criteri indicati dal Dm Ambiente 21 giugno 2024. Per completezza, segnaliamo infine che nel mese di agosto sono entrati in vigore tre decreti ministeriali di attuazione del Dlgs 199/2021:

• Dm Ambiente 19 giugno 2024 (cd. “Decreto Fer 2”) che fissa le modalità e le condizioni per l’accesso agli incentivi a favore degli impianti a fonti rinnovabili “innovativi o con costi di generazione elevati”. Tra questi, gli impianti a biogas e biomassa alimentati dai sottoprodotti e prodotti elencati in allegato al decreto (e non invece dai rifiuti organici come era previsto dal Dm 23 giugno 2016);

• Dm Ambiente 8 agosto 2024 che, sostituendo l’Allegato VIII del Dlgs 199/2021, aggiorna, ampliandolo, l’elenco delle materie prime double counting utilizzabili per la produzione di biogas e biocarburanti per il trasporto;

(*) Testo vigente – Stralcio

(come modificato dalla legge 12 luglio 2024, n. 101)

• Dm Ambiente 7 agosto 2024 che aggiorna le disposizioni di cui al Dm 14 novembre 2019 sul sistema nazionale di certificazione della sostenibilità dei biocombustibili (anche da rifiuti) e stabilisce le modalità per il riconoscimento delle certificazioni dei carburanti rinnovabili di origine non biologica e dei carburanti da carbonio riciclato. (I.M.)

(omissis)

Articolo 20

Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili (omissis)

1‑ bis. L’installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, è consentita esclusivamente nelle aree di cui alle lettere  a), limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ri-

costruzione degli impianti già installati, a condizione che non comportino incremento dell’area occupata, c), incluse le cave già oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonché le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati, c‑bis), c‑bis.1), e c‑ter), numeri 2) e 3), del comma 8 del presente articolo . Il primo periodo non si applica nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una Comunità energetica rinnovabile ai sensi dell’articolo 31 del presente decreto , non-

ché in caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), approvato con decisione del Consiglio Ecofin del 13 luglio 2021, come modificato con decisione del Consiglio Ecofin dell’8 dicembre 2023, e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al Pnrr (Pnc) di cui all’articolo 1 del decreto -legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 1º luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del Pnrr. (omissis)

I Seminari

Risposte puntuali ai temi emergenti nella gestione dei rifiuti

Coordinamento scientifico: Paola Ficco

I PROSSIMI APPUNTAMENTI

Giovedì 17 ottobre 2024 10:00-13:00

Classificazione rifiuti

Linee guida Snpa 105/2021 e casi pratici 10 crediti ECM per chimici • fisici • biologi • tpall

Relatori:

Loredana Musmeci (Chimico, Esperto ambientale)

Claudio Rispoli (Chimico, consulente Adr)

Mercoledì 23 ottobre 2024 10:00-16:00

Tracciabilità: oggi e domani tra registri, formulari e RENTRI

Simulazione con le procedure disponibili nell’ambiente Demo

Relatore: Daniele Bagon (Segretario Albo nazionale gestori ambientali –Sezione regionale Liguria)

Formazione sui rifiuti: 02 45487380 Mail: segreteria@reteambienteformazione.it

Legislazione norme nazionali

Controlli in azienda, debutta il “report di basso rischio”

Consiglio dei Ministri Decreto legislativo 12 luglio 2024, n. 103 (Guri 18 luglio 2024 n. 167)

Semplificazione dei controlli sulle attività economiche, in attuazione della delega al Governo di cui all’articolo 27, comma 1, della legge 5 agosto 2022, n. 118

Il Presidente della Repubblica Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione; Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, recante “Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri” e, in particolare, l’articolo 14; Vista la legge 5 agosto 2022, n. 118, recante “Delega al Governo in materia di semplificazione dei controlli sulle attività economiche” e, in particolare, l’articolo 27 che al comma 1 stabilisce che al fine di assicurare la semplificazione degli adempimenti e delle attività di controllo, consentendo l’efficace tutela degli interessi pubblici, nonché di favorire la ripresa e il rilancio delle attività economiche, il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, uno o più decreti legislativi volti a semplificare, rendere più efficaci ed efficienti e coordinare i controlli sulle attività economiche e che il comma 2, del citato articolo 27, stabilisce che i decreti legislativi di attuazione del medesimo articolo siano adottati entro ventiquattro mesi dall’entrata in vigore della legge 5 agosto 2022, n. 118; Vista la legge 21 giugno 1986, n. 317, recante “Disposizioni di attuazione di disciplina europea in materia di normazione europea e procedura d’informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione”; Vista la legge 29 dicembre 1993, n. 580, recante “Riordinamento delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura”;

Visto il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300”;

Visto il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, recante “Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”;

Visto il regolamento (Ce) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti e che abroga il regolamento (Cee) n. 339/93;

Visto il decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219, recante “Attuazione della delega di cui all’articolo 10 della legge 7 agosto 2015, n. 124, per il riordino delle funzioni e del finanziamento delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura”;

Visto il regolamento (Ue) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/Ce;

Visto il regolamento (Ue) 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari, recante modifica dei regolamenti (Ce) n. 999/2001, (Ce) n. 396/2005, (Ce) n. 1069/2009, (Ce) n. 1107/2009, (Ue) n. 1151/2012, (Ue) n. 652/2014, (Ue) 2016/429 e (Ue) 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio, dei regolamenti (Ce) n. 1/2005 e (Ce) n. 1099/2009 del Consiglio e delle direttive 98/58/Ce, 1999/74/Ce, 2007/43/Ce, 2008/119/Ce e 2008/120/Ce del Consiglio, e che abro-

ga i regolamenti (Ce) n. 854/2004 e (Ce) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 89/608/Cee, 89/662/Cee, 90/425/Cee, 91/496/Cee, 96/23/Ce, 96/93/Ce e 97/78/Ce del Consiglio e la decisione 92/438/Cee del Consiglio (regolamento sui controlli ufficiali);

Vista la legge 24 novembre 1981, n. 689, recante “Modifiche al sistema penale”; Visto il decreto -legge 24 giugno 2014, n. 91, recante “Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea”, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, e, in particolare, l’articolo 1, concernente disposizioni urgenti in materia di controlli sulle imprese agricole e alimentari e mangimistiche, istituzione del registro unico dei controlli sulle imprese agricole e alimentari e mangimistiche e potenziamento dell’istituto della diffida nel settore agroalimentare;

Visto il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante “Codice dell’amministrazione digitale”;

Vista la legge 11 novembre 2011, n. 180, recante “Norme per la tutela della libertà d’impresa. Statuto delle imprese.” e, in particolare, l’articolo 4;

Acquisite le osservazioni pervenute dalle associazioni imprenditoriali, dagli Enti rappresentativi del sistema camerale e dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale;

Acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali in data 31 agosto 2023;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 19 dicembre 2023;

Vista l’intesa intervenuta in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nella riunione del 25 gennaio 2024;

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 12 marzo 2024;

Acquisiti i pareri delle commissioni parlamentari competenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 3 luglio 2024; Sulla proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, del Ministro delle imprese e del made in Italy, del Ministro dell’economia e delle finanze, del Ministro dell’interno, del Ministro dell’agri-

coltura, della sovranità alimentare e delle foreste, del Ministro della salute e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali; emana il seguente decreto legislativo:

Articolo 1

Ambito di applicazione e definizioni

1. Le disposizioni del presente decreto si applicano ai controlli amministrativi sulle attività economiche svolti dalle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

2. Ai fini del presente decreto si intende per:

a) “attività economica”: l’attività che consiste nella produzione e nell’offerta di beni e servizi sul mercato;

b) “controlli”: le attività di natura amministrativa, comunque denominate, svolte dalle amministrazioni di cui al comma 1, per la verifica del rispetto di regole poste a tutela di un interesse pubblico da parte di operatori che svolgono un’attività economica;

c) “soggetto controllato”: l’operatore che svolge l’attività economica soggetta a controllo;

d) “diffida amministrativa”: invito, contenuto nel verbale di ispezione, rivolto dall’accertatore al trasgressore e agli altri soggetti di cui all’articolo 6 della legge 24 novembre 1981, n. 689, prima della contestazione della violazione, a sanare la stessa.

3. Non rientrano nell’ambito di applicazione del presente decreto i controlli in materia fiscale, gli accertamenti e gli accessi ispettivi disposti per la documentazione antimafia di cui al decreto legislativo 6 giugno 2011, n. 159, i controlli di polizia economico finanziaria, nonché i controlli disposti per esigenze di sicurezza e difesa nazionale, ivi inclusi i controlli di cui alla legge 9 luglio 1990, n. 185 e al decreto legislativo 15 dicembre 2017, n. 221.

4. Resta fermo il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento europeo e dal diritto internazionale.

Articolo 2

Semplificazione degli adempimenti amministrativi

1. Al fine di garantire una piena conoscenza degli obblighi ai quali i soggetti controllati sono tenuti e di eliminare sovrapposizioni e duplicazioni di controlli entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica, di seguito Dipartimento, elabora uno schema standardizzato per l’effettuazione del censimento dei controlli. Entro centocinquanta giorni dalla data di adozione del-

lo schema standardizzato, le amministrazioni di cui all’articolo 1 pubblicano nei propri siti istituzionali il censimento dei controlli che ad esse fanno capo previsti dalle disposizioni vigenti.

2. Le amministrazioni di cui all’articolo 1 effettuano, altresì, entro il 30 giugno 2025, una ricognizione dei controlli operati nell’ultimo triennio e dei relativi esiti anche in relazione alla dimensione e tipologia dei soggetti controllati. Il rapporto sullo stato dei controlli, con evidenza percentuale dei casi in cui il controllo si è concluso con la constatazione di irregolarità, è trasmesso al Dipartimento ai fini della verifica della necessità di mantenimento o mutamento dei controlli.

3. All’esito dell’attività di analisi, valutazione e verifica di cui ai precedenti commi, il Dipartimento, sentite le associazioni di categoria interessate, elabora, entro il 30 ottobre 2025, un documento contenente il quadro di sintesi dei controlli al fine di individuare aree di sovrapposizione e duplicazione tra i controlli svolti a diversi livelli amministrativi e lo trasmette alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Ministero dell’economia e delle finanze e al Ministero delle imprese e del made in Italy, con eventuale segnalazione dei procedimenti di controllo che, anche alla luce di una valutazione costi benefici, possono essere eliminati, sospesi per un determinato intervallo temporale, programmati con cadenza periodica, con esclusione di controlli a campione, ovvero rafforzati. Il Ministro per la pubblica amministrazione trasmette il predetto documento al Parlamento.

4. Al fine di garantire il costante aggiornamento dello stato dei controlli, la procedura di cui ai commi 2 e 3 è ripetuta con cadenza triennale.

5. Per gli effetti di cui al comma 1, al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, sono apportate le seguenti modificazioni: a) dopo l’articolo 23 è inserito il seguente: “23-bis (Obblighi di pubblicazione concernenti i controlli sulle attività economiche) – 1. Le pubbliche amministrazioni pubblicano nel proprio sito istituzionale nella sottosezione “Controlli sulle attività economiche” della sezione “amministrazione trasparente” l’elenco degli obblighi e degli adempimenti oggetto delle attività di controllo che gli operatori sono tenuti a rispettare nello svolgimento di attività economiche per ottemperare alle disposizioni normative, secondo uno schema standardizzato elaborato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica indicando altresì quelli eliminati.

2. L’elenco di cui al comma precedente è aggiornato almeno a cadenza triennale.”; b) all’allegato A le parole: “controlli sul-

le imprese” sono sostituite dalle seguenti: “controlli sulle attività economiche”.

Articolo 3

Sistema di identificazione e valutazione del livello di rischio “basso”

1. Ai fini della programmazione dei controlli di cui all’articolo 5, è istituito un sistema di identificazione e gestione del rischio su base volontaria, riferito ai seguenti ambiti omogenei: a) protezione ambientale; b) igiene e salute pubblica; c) sicurezza pubblica; d) tutela della fede pubblica; e) sicurezza dei lavoratori.

2. L’Ente nazionale italiano di unificazione (Uni) di cui all’articolo 4 della legge 21 giugno 1986, n. 317, elabora, per ciascun ambito omogeneo, anche alla luce dei parametri di cui al comma 3, consultate le amministrazioni di riferimento, norme tecniche o prassi di riferimento idonee a definire un livello di rischio basso al quale è associabile un Report certificativo. Le norme tecniche o prassi di riferimento elaborate da Uni sono approvate con decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy, da adottarsi ai sensi dell’articolo 17 comma 3 della legge 400 del 1988, sentite le amministrazioni interessate. Il medesimo decreto indica altresì gli elementi essenziali e il periodo di validità del Report certificativo, i casi di decadenza e le altre norme procedurali ritenute necessarie.

3. Nella determinazione del livello di rischio basso sono presi in considerazione diversi parametri, tra cui:

a) il possesso di almeno una certificazione del sistema di gestione, rilasciata da un organismo di certificazione accreditato ai sensi del regolamento n. 765/2008 del 9 luglio 2008;

b) altre certificazioni, analogamente rilasciate sotto accreditamento, riconducibili ai principi Esg (Environmental, social, governance);

c) l’esito dei controlli subiti nei precedenti tre anni di attività;

d) il settore economico in cui opera il soggetto controllato;

e) le caratteristiche e la dimensione dell’attività economica svolta dal soggetto controllato.

4. Il Report certificativo è rilasciato da organismi di certificazione, ispezione, validazione o verifica, accreditati presso l’Organismo nazionale di accreditamento riconosciuto e firmatario degli accordi di mutuo riconoscimento (Mla) dell’Associazione di cooperazione europea per l’accreditamento (Ea).

5. I titolari di attività economica che hanno interesse ad ottenere il Report per uno o più ambiti omogenei possono farne

domanda ad uno degli organismi di cui al comma 4.

6. L’Organismo unico di accreditamento trasmette in via telematica il Report per l’inserimento nel fascicolo informatico di impresa di cui all’articolo 4.

7. Dopo il rilascio del Report certificativo l’organismo di certificazione sottopone il soggetto controllato ad audit periodici per verificare il mantenimento della conformità alla norma di riferimento. Ove non vi siano più le condizioni di basso rischio, il Report certificativo è immediatamente revocato e ne è data comunicazione all’Organismo unico di accreditamento.

Articolo 4

Fascicolo informatico di impresa e obblighi di consultazione del soggetto che effettua i controlli

1. Al fine di rendere più efficienti e coordinare i controlli sulle attività economiche ed evitare duplicazioni e sovrapposizioni, nonché programmare l’attività ispettiva in ragione del profilo di rischio, le amministrazioni che svolgono funzioni di controllo, prima di avviare le attività di vigilanza consultano ed alimentano con gli esiti dei controlli il fascicolo informatico di impresa di seguito “fascicolo informatico”, di cui all’articolo 2, comma 2, lettera  b), della legge 29 dicembre 1993, n. 580. In caso di mancato deposito da parte dell’amministrazione del verbale contenente l’esito dei controlli nel fascicolo informatico, l’impresa può richiedere all’amministrazione di provvedere mediante apposita istanza, anche depositata nel fascicolo, recante il numero di protocollo del verbale e la copia dell’atto corredata da una dichiarazione ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. L’amministrazione adempie entro il termine di cinque giorni.

2. L’amministrazione procedente, ai fini del coordinamento, programmazione e svolgimento dei controlli, accede al fascicolo informatico, direttamente e integralmente senza oneri né vincoli, con le modalità definite dal decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy di cui all’articolo 4, comma 6, secondo periodo, del decreto legislativo n. 219 del 2016, avvalendosi anche dei dati ivi presenti concernenti i controlli già svolti dalla stessa amministrazione o dalle amministrazioni diverse operanti nello stesso settore e dei dati relativi alla costituzione, all’avvio e all’esercizio d’attività economiche, nella misura in cui sia previsto dalla disciplina del relativo procedimento amministrativo, per quanto riguarda i dati personali nel rispetto dei principi di cui all’articolo 5 del regolamento (Ue) 2016/679.

3. Le amministrazioni di cui all’articolo 1 non possono richiedere la produzione di documenti e informazioni già disponibili nel fascicolo informatico o comunque in loro possesso. In caso di violazione si applicano le sanzioni di cui all’articolo 18-bis , comma 4, primo periodo, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. Gli operatori che abbiano ricevuto la richiesta di documenti o informazioni in violazione del comma precedente, segnalano tale inadempienza all’Agenzia per l’Italia digitale (Agid). Ove l’Agid accerta la sussistenza della violazione, pubblica la predetta segnalazione su apposita area del proprio sito istituzionale espungendovi i dati personali relativi al segnalante e, comunque, i dati personali eccedenti le finalità perseguite.

4. Al fine di garantire elevati standard di affidabilità sistemica è previsto il potenziamento delle infrastrutture in uso alle amministrazioni coinvolte nell’attività di controllo. La Piattaforma digitale nazionale dati (Pdnd) di cui all’articolo 50 -ter del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, è sviluppata anche al fine di consentire agli operatori di acquisire certificati relativi a propri fatti, stati e qualità. L’interoperabilità del sistema è assicurata attraverso i servizi resi dalla medesima Pdnd.

Articolo 5

Principi generali del procedimento di controllo delle attività economiche

1. Per agevolare e promuovere la comprensione e il rispetto sostanziale della normativa applicabile in materia di controlli, i Ministeri competenti e le Regioni pubblicano sui propri siti istituzionali, anche a seguito dell’attività di dialogo e confronto di cui all’articolo 7, apposite linee guida o Faq, anche tenendo conto della complessità della disciplina di riferimento.

2. Il controllo si fonda sul principio della fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta delle amministrazioni che programmano e svolgono i controlli, nonché dei principi di efficacia, efficienza e proporzionalità, tenendo conto delle informazioni in possesso delle amministrazioni competenti in modo da minimizzare le richieste documentali secondo il criterio del minimo sacrificio organizzativo per il soggetto controllato.

3. Ferma restando l’immediata effettuazione dei controlli nel caso di richieste dell’Autorità giudiziaria o di circostanziate segnalazioni di soggetti privati o pubblici, nei casi previsti dal diritto dell’Unione europea, nei casi di controlli per la sicurezza sui luoghi di lavoro e, comunque, ogni qual volta emergano situazioni di rischio, le amministrazioni programmano i controlli e i relativi accessi ispet-

tivi con intervalli temporali correlati alla gravità del rischio.

4. Nei confronti dei soggetti in possesso del Report di basso rischio di cui all’articolo 3, le amministrazioni programmano ed effettuano i controlli ordinari non più di una volta l’anno, salvi i casi di cui al comma 3.

5. Non possono essere effettuate due o più ispezioni diverse sullo stesso operatore economico contemporaneamente, a meno che le amministrazioni non si accordino preventivamente per svolgere una ispezione congiunta.

6. Quando, all’esito del controllo, l’amministrazione procedente accerta la conformità agli obblighi e agli adempimenti imposti dalla disciplina di riferimento, il soggetto controllato è esonerato dai medesimi controlli nei successivi dieci mesi, salvi i casi di cui al comma 3 e nel rispetto delle disposizioni di attuazione del diritto dell’Unione europea. Il periodo di esonero dai controlli è menzionato nel fascicolo informatico d’impresa.

7. Le amministrazioni improntano la propria attività al rispetto del principio del contraddittorio e adottano i provvedimenti di propria competenza, ivi incluse eventuali sanzioni, in modo proporzionale al livello di rischio di cui all’articolo 3, comma 2, al pregiudizio arrecato, alle dimensioni del soggetto controllato e all’attività economica svolta.

8. In attuazione del principio di trasparenza, salvo che ricorrano i casi di cui al comma 3 o motivi di urgenza del controllo o esigenze di ricorrere ad accessi ispettivi imprevisti o senza preavviso, l’amministrazione fornisce in formato elettronico, almeno dieci giorni prima del previsto accesso presso i locali dell’attività economica, l’elenco della documentazione necessaria alla verifica ispettiva.

9. Resta fermo quanto previsto dal decreto del Ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali 22 luglio 2015, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 252 del 29 ottobre 2015, sul Registro unico dei Controlli Ispettivi sulle imprese agricole (Ruci).

Articolo 6

Violazioni sanabili e casi di non punibilità per errore scusabile 1. Salvo che il fatto costituisca reato, per le violazioni per le quali è prevista l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria non superiore nel massimo a cinquemila euro, l’organo di controllo incaricato, nel caso in cui accerti, per la prima volta nell’arco di un quinquennio, l’esistenza di violazioni sanabili, diffida l’interessato a porre termine alla violazione, ad adempiere alle prescrizioni violate e a rimuovere le conseguenze dell’illecito amministrativo entro un termine non su-

periore a venti giorni dalla data della notificazione dell’atto di diffida. In caso di ottemperanza alla diffida, il procedimento sanzionatorio si estingue limitatamente alle inosservanze sanate. L’istituto della diffida amministrativa di cui al presente decreto non si applica a violazioni di obblighi o adempimenti che riguardano la tutela della salute, la sicurezza e l’incolumità pubblica e la sicurezza sui luoghi di lavoro.

2. In caso di mancata ottemperanza alla diffida di cui al comma 1 entro il termine indicato, l’organo di controllo effettua la contestazione ai sensi dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689. I termini concessi per adempiere alla diffida sono sospensivi dei termini previsti per la notificazione degli estremi della violazione.

3. Il mancato adempimento alle prescrizioni contenute nella diffida ovvero i casi di violazione di obblighi o adempimenti che riguardano la tutela della salute, la sicurezza e l’incolumità pubblica e la sicurezza sui luoghi di lavoro comportano, inoltre, la revoca del Report certificativo di cui all’articolo 3, ove rilasciato all’operatore economico.

4. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 1, comma 3, del decreto - legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, per le violazioni delle norme in materia agroalimentare e di sicurezza alimentare.

5. In ogni caso il soggetto controllato non è responsabile quando le violazioni sono commesse per errore sul fatto non determinato da colpa.

Articolo 7

Meccanismi di dialogo e collaborazione

1. Quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione delle fonti normative riguardanti fattispecie di carattere generale, di massima o di particolare importanza ovvero gravi e ripetute difformità applicative nell’ambito del territorio nazionale, relative a obblighi e adempimenti che sono oggetto dei controlli, le associazioni nazionali di categoria di cui all’articolo 4 della legge 11 novembre 2011, n. 180, possono interpellare l’amministrazione centrale o la Regione competente, prospettando una soluzione motivata. Non sono prese in considerazione richieste che non soddisfano le condizioni di cui al presente comma. Non ricorrono condizioni di obiettiva incertezza quando l’amministrazione ha già fornito risposta a richieste corrispondenti a quella presentata mediante atti pubblicati nella sottosezione “Controlli sulle imprese” della sezione “amministrazione trasparente” del

sito istituzionale. In caso di mancato riscontro all’interpello entro termini ragionevoli e comunque entro il termine previsto dalla legge, ai sensi dell’articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, le associazioni di cui al presente comma possono segnalare tale circostanza al Dipartimento che provvede nell’ambito delle proprie competenze.

2. Le risposte fornite dalle amministrazioni centrali sono pubblicate nella sottosezione “Controlli sulle imprese” della sezione “amministrazione trasparente” del sito istituzionale e costituiscono criteri interpretativi di carattere generale. 3. Le amministrazioni provvedono alle attività di cui al presente articolo nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o ulteriori oneri a carico della finanza pubblica.

Articolo 8

Formazione

1. Il Dipartimento, d’intesa con il Ministero delle imprese e del made in Italy, sentite le amministrazioni competenti, e acquisita l’intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, definisce un piano di formazione specifica del personale, da erogare, nei limiti delle risorse finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, attraverso la Scuola nazionale dell’amministrazione e Formez PA, con particolare riferimento alle competenze in materia di digitalizzazione degli strumenti di programmazione e svolgimento dei controlli, di cooperazione con gli operatori economici, di coordinamento tra le amministrazioni e di criteri e metodi standardizzati per effettuare il censimento degli obblighi e degli adempimenti di cui all’articolo 2. 2. Le amministrazioni di cui all’articolo 1 possono contribuire alla formazione iniziale e periodica del personale preposto ai controlli, nell’ambito delle attività di formazione erogate attraverso le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, anche mediante forme di convenzione con le università, le camere di commercio e le associazioni di categoria.

Articolo 9

Utilizzo di soluzioni tecnologiche nelle attività di controllo

1. Le amministrazioni cui sono attribuite funzioni di controllo, diverse da quelle in materia di controllo fiscale, in attuazione delle disposizioni del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, adottano misure volte ad automatizzare progressivamente le proprie attività, nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, ricorrendo a soluzioni tecnologiche, ivi incluse quelle di intelli-

genza artificiale in coerenza con il principio di proporzionalità al rischio secondo le regole tecniche finalizzate alla realizzazione degli obiettivi dell’Agenda digitale italiana. Le soluzioni tecnologiche garantiscono la sicurezza e l’interoperabilità dei sistemi informatici e dei flussi informativi per la circolazione e lo scambio dei dati e per l’accesso ai servizi erogati in rete dalle amministrazioni che effettuano i controlli.

2. Le decisioni concernenti la conformità agli obblighi e adempimenti imposti alle imprese controllate assunte mediante soluzioni tecnologiche rispettano le disposizioni di cui all’articolo 22 del regolamento (Ue) 2016/679, nonché i principi di: a) comprensibilità, conoscibilità, significatività e rilevanza delle informazioni che devono essere fornite, per cui ogni soggetto controllato ha diritto a conoscere l’esistenza di processi decisionali automatizzati che lo riguardano e, in tal caso, a ricevere informazioni sulla logica utilizzata;

b) non esclusività della decisione algoritmica, per cui comunque esiste nel processo decisionale un contributo umano capace di controllare, validare ovvero smentire la decisione automatizzata, con diritto del soggetto controllato di esprimere la propria opinione e contestare la decisione assunta, secondo quanto previsto dall’articolo 22 del regolamento (Ue) 2016/679;

c) non discriminazione algoritmica, per cui le amministrazioni mettono in atto misure tecniche e organizzative adeguate al fine di impedire effetti discriminatori nei confronti dei soggetti controllati; d) efficace ed efficiente gestione dei dati, da attuarsi con apposita regolamentazione riguardante le fasi che attengono alla loro formazione, raccolta, accesso sicuro, monitoraggio, aggiornamento, riutilizzo, conservazione e comunicazione.

Articolo 10

Trattamento dei dati personali

1. I trattamenti dei dati di cui al presente decreto sono effettuati in conformità e nel rispetto delle disposizioni e dei principi di cui al regolamento (Ue) n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/Ce e al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante “Codice in materia di protezione dei dati personali”.

2. I titolari del trattamento operano con le idonee misure tecniche per garantire la sicurezza informatica, al fine di assicurare un livello di sicurezza dei dati personali adeguato al rischio di distruzione, perdita, modifica o accesso non autorizzato ai dati trattati, in conformità al citato regolamento (Ue) n. 2016/679.

Articolo 11

Clausola di salvaguardia

1. Le disposizioni del presente decreto si applicano alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

Articolo 12

Abrogazioni

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto è abrogato l’articolo 14 del decreto -legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35.

Articolo 13

Clausola di invarianza finanziaria

1. Dall’attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 2. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dal presente decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Dato a Roma, addì 12 luglio 2024

il commento Controlli

amministrativi più semplici

se l’impresa

ha un sistema di gestione riconducibile ai principi Esg, debutta il “report di basso rischio”

di Italia Pepe

Direttore Generale Ufficio d’Ambito della Città Metropolitana di Milano –Azienda Speciale

ABSTRACT

D’ora in avanti, unicamente motivi di urgenza del controllo costituiranno le sole ipotesi in cui le imprese non saranno debitamente e preventivamente informate del sopralluogo da parte delle Autorità preposte. Tale sopralluogo avrà luogo sulla base di un programma annuale, ove esista un’ipotesi di rischio basso, potendo essere esonerati da ogni controllo, nei successivi 10 mesi, qualora le risultanze dell’ultimo occorso abbiano accertato la conformità agli obblighi ed agli adempimenti imposti dalla disciplina di riferimento e non vedendosi più assoggettati a ispezioni eseguite contemporaneamente.

A meno che gli organi accertatori deputati non eseguano un sopralluogo congiunto. Per le violazioni per cui è prevista l’ingiunzione di sanzioni pecuniarie non superiori, nel massimo, a cinquemila euro, inoltre l’interessato potrà andare esente dalla comminazione della relativa sanzione, ove, ricevuta la diffida, rimuova le conseguenze dell’illecito nel termine di 20 giorni.

L’articolo spiega ed esemplifica gli esatti termini del nuovo sistema relativo a controlli e sanzioni amministrative.

L’entrata in vigore del Dlgs 103/2024 parrebbe attribuire una nuova veste non solo ai controlli presso le imprese, ma altresì alle sanzioni che da questi possano scaturirne.

La data del controllo va comunicata all’impresa

Sino ad oggi il controllo ha sempre avuto una parvenza di segretezza con l’intento quasi di “stanare” le imprese inadempienti cosicché la punizione di pagare una sanzione pecuniaria, più o meno sostanziosa, potesse scoraggiare futuri inadempimenti.

Cogliere di sorpresa un’impresa, nella sua quotidianità operativa, e verificare il corretto adempimento degli obblighi cui era tenuta, garantiva lo scrupoloso assolvimento – in ogni istante – degli oneri a suo carico.

Il disposto di legge, di recente introduzione, parrebbe fare proprio questo “principio di spontanea scrupolosa operosità”, premiando le imprese rispettose degli obblighi di legge giungendo persino all’archiviazione delle violazioni accertate senza dunque che vengano ingiunte le relative sanzioni, qualora queste si adoperino immediatamente ponendo rimedio agli illeciti commessi (per le violazioni per cui sono previste sanzioni con un limite massimo di euro 5.000,00 articolo 6, comma 1), escludendo ulteriori controlli laddove, nei 10 mesi precedenti, le stesse abbiano dimostrato di svolgere l’attività in ossequio ai disposti di legge (articolo 5, comma 6) ed altresì per i casi di imprese in possesso del report di basso rischio, di cui all’articolo 3, le amministrazioni potranno programmare controlli non più di una volta all’anno (articolo 5, comma 4), fatti salvi casi di urgenza come disciplinati al comma 3 del medesimo articolo 5.

Nella segretezza dei programmi dei controlli le amministrazioni procedenti peraltro, pur consce di non poter utilizzare le somme introitate per rimpinguare le proprie casse, poiché trattasi di somme per legge vincolate,  (1) hanno avuto modo di “tastare con mano” ingenti introiti osservando, con soddisfazione, gli evidenti frutti di ordinarie attività amministrative che richiedono il più delle volte competenze e conoscen-

ze tecnico -specialistiche molto elevate e a cui tuttavia non corrisponde alcun incentivante riconoscimento personale.

Contrariamente a quanto sino ad oggi operato, d’ora in avanti unicamente motivi di urgenza del controllo, piuttosto che non ben specificate esigenze di ricorrere ad accessi ispettivi imprevisti o senza preavviso, costituiranno le sole ipotesi in cui le imprese non saranno debitamente e preventivamente informate del sopralluogo da parte delle Autorità preposte e ciò, in attuazione del principio di trasparenza, come stabilito dal comma 8 dell’articolo 5 del decreto legislativo in commento; e, aspetto non di minor rilievo, non a tutti i controlli, benché vengano accertate violazioni agli obblighi di legge, seguiranno le relative corrispondenti ingiunzioni di somme di denaro, e pertanto se da un lato diminuiranno gli introiti da sanzioni da reinvestire per interventi sul territorio, dall’altro ci si aspetta di avere imprese sempre più attente ed impegnate anche a salvaguardia di interessi collettivi quali ad esempio l’ambiente.

L’intento delle nuove norme è primariamente volto a semplificare gli adempimenti, sia con minori oneri per le imprese controllate, che per gli stessi organi accertatori.

Le amministrazioni che eseguiranno i controlli dovranno fornire infatti in formato elettronico, almeno 10 giorni prima dell’accesso previsto presso i locali dell’attività economica, l’elenco della documentazione necessaria alla verifica ispettiva. La permanenza dell’organo di controllo presso la sede dell’impresa è sempre dipesa dalla pronta disponibilità di tutto quanto soggetto a controllo che ora, per onere delle amministrazioni competenti, dovrà essere “caricato” nel fascicolo informatico di ciascuna impresa, arrivando addirittura a sanzionare la richiesta di documentazione di cui le amministrazioni già dispongono o che possono facilmente recuperare all’interno del suddetto fascicolo.

Questa nuova modalità consentirà agli organi accertatori di portare a termine i controlli cui sono chiamati riducendo notevolmente la permanenza presso le imprese stesse e potendo in tal modo ottimizzare le incombenze lavorative eseguendo, nell’arco della medesima giornata, un nu-

(1) Fra tutti articolo 136, Dlgs 152/2006, “Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie”: “1. Le somme derivanti dai proventi del le sanzioni amministrative previste dalla par te terza del presente decreto sono versate all’entrata del bilancio regionale per essere

riassegnate alle unità previsionali di base de stinate alle opere di risanamento e di riduzio ne dell’inquinamento dei corpi idrici. Le re gioni provvedono alla ripartizione delle som me riscosse fra gli interventi di prevenzione e di risanamento”

mero superiore di controlli, ovvero assolvendo in maniera più celere a tutti quegli adempimenti successivi al controllo stesso e di cui meglio oltre si articolerà.

Per le imprese, i 10 giorni antecedenti al controllo non saranno certamente un termine congruo per “dare una sistemata” e rendersi conto di eventuali anomalie correggendole, ma di certo aiuteranno, così come pure aiuta sapere che d’ora in poi avrà vigore un programma di controlli con cadenza annuale, laddove esista un’ipotesi di rischio basso (cfr. articolo 3) ed altresì che, come sopra anticipato, si potrà essere esonerati da ogni controllo, nei successivi 10 mesi, qualora le risultanze dell’ultimo occorso abbiano accertato la conformità agli obblighi ed agli adempimenti imposti dalla disciplina di riferimento, così come non ci si vedrà assoggettati a più ispezioni contemporaneamente, a meno che gli organi accertatori deputati non eseguano un sopralluogo congiunto, ipotesi quest’ultima che risulta peraltro ormai così frequente e d’uso che sorprende pure la necessità del Legislatore di volerla esplicitare. Ma non è solo questa l’unica disposizione dall’apparente ridondanza.

Novità sui controlli

• Le amministrazioni attuano la ricognizione dei controlli eseguiti nell’ultimo triennio e dei relativi esiti anche in relazione alla Dimensione e tipologia dei soggetti controllati

• I controlli vengono eseguiti esclusivamente sulla base di un programma e di quanto contenuto nel fascicolo informatico di ciascuna impresa

• Il programma prevede accessi ispettivi con intervalli temporali e correlati alla gravità del rischio

• Nei confronti dei soggetti in possesso del report di basso rischio vengono eseguiti controlli Ordinari non più di una volta all’anno

• Non possono essere effettuate due o più ispezioni diverse contemporaneamente fatto salvo il preventivo accordo di svolgere un’ispezione congiunta

• Quando all’esito del controllo l’amministrazione procedente accerta la conformità agli obblighi ed alla disciplina di riferimento, il soggetto controllato è esonerato dai medesimi controlli nei successivi dieci mesi

• La programmazione dei controlli viene meno nel caso di richieste dell’autorità giudiziaria o di circostanziate segnalazioni di soggetti pubblici o Privati ed ogni qualvolta emergano situazioni di rischio che richiedono l’effettuazione immediata di un controllo

La diffida come primo step del procedimento sanzionatorio L’impianto normativo in questione si spinge inoltre a ricondurre sul medesimo binario la sanzione amministrativa di puro richiamo – ovvero la diffida – e quella pecuniaria.

Il procedimento amministrativo sanzionatorio è risultato sino ad oggi caratterizzato da un duplice onere a carico delle amministrazioni controllanti che, accertata la violazione, da un lato sono chiamate ad adottare atti di diffida dal proseguire l’attività in violazione delle norme di legge e di quanto contenuto nel titolo autorizzatorio, attribuendo determinate prescrizioni indispensabili per correggere gli “errori” commessi, e dall’altro a comminare sanzioni pecuniarie per punire senza indugio le violazioni accertate. Fra l’altro la diffida ha un notevole ulteriore ruolo che è quello – ove non assolta – di costituire il preludio per arrivare a sospendere la validità del titolo autorizzatorio e nei casi più gravi – e pur sempre in modo graduale – a revocare il titolo, generando disagio e nocumento alle imprese impossibilitate a svolgere l’attività, come in precedenza autorizzata, almeno sino a quando non riescano a dimostrare di essersi regolarizzate, adempiendo a tutti gli obblighi imposti.

La norma in questione sovverte questo meccanismo tanto da introdurre la diffida stessa nel verbale di ispezione, imponendo all’interessato di cessare la violazione accertata, adempiendo alle prescrizioni imposte e rimuovendo le conseguenze dell’illecito nel termine di 20 giorni dalla notifica dell’atto di diffida stesso, ciò esclusivamente per le violazioni per cui è prevista l’ingiunzione di sanzioni pecuniarie non superiori, nel massimo, a euro 5.000,00.

Solo conseguentemente all’accertato mancato ottemperamento ai disposti della diffida l’organo accertatore potrà procedere alla contestazione della violazione attraverso la notifica del verbale di accertamento di trasgressione. In tutti i casi in cui la sanzione stabilita superi la soglia massima di euro 5.000,00 (si presume) il procedimento sanzionatorio seguirà le consuete coordinate sino ad oggi in uso, e pertanto i termini concessi per adempiere alla diffida non dovranno considerarsi sospensivi dei termini previsti per la notificazione degli estremi di violazione.

Il primo dubbio che affiora sta proprio negli atti da assumere. Il verbale di ispezione o di sopralluogo è sempre stato un

documento di natura preliminare istruttoria, un atto il cui scopo è quello di rilevare lo stato dei luoghi e dei documenti visionati, raccogliere le dichiarazioni dei referenti responsabili e annotare i primi rilievi come, ad esempio, l’assenza di un pozzetto di campionamento dei reflui che di certo l’autorizzazione allo scarico impone. Stando invece agli articoli sopra richiamati, il verbale di ispezione dovrà già considerarsi un documento definitivo di natura tale da contenere la diffida all’impresa: il verbale di ispezione non potrà dunque più essere notificato brevi manu nel medesimo giorno del sopralluogo?

Sembrerebbe infatti che la redazione di questo innovativo atto di accertamento abbia una natura sufficientemente complessa soprattutto se si pensa alla finalità cui è teso, ovvero dare la possibilità che il procedimento sanzionatorio per la violazione accertata venga archiviato senza pagare alcuna somma in denaro per scontare la punizione per l’illecito commesso.

Il comma 1 dell’articolo 6 stabilisce che debbano attribuirsi 20 giorni dalla notifica dell’atto di diffida affinché l’impresa possa eliminare le cause di violazione: occorre quindi che gli organi accertatori si dotino di nuovi modelli di verbali ispettivi tali da accogliere l’eventuale diffida e che il termine di 20 giorni decorra dal giorno del sopralluogo? A parere di chi scrive la semplificazione cui tende il nuovo decreto non può che avvalorare questa interpretazione; occorrerà elaborare nuovi format che assolvano al duplice scopo di accertamento e richiamo. Fra l’altro tale impostazione risulterebbe altresì rispettosa del principio di trasparenza e collaborazione cui tende la norma in questione e che impone, esaurito il controllo, che le imprese siano consapevoli delle conseguenze che ne possano derivare a proprio carico, potendo disporre immediatamente di un atto (ispettivo e di diffida) che consenta loro di avviare repentinamente il processo di regolarizzazione.

Questa inevitabile interpretazione, fatti salvi successivi disposti che inducano ad operare diversamente, espone ad un ulteriore incombente quesito: spetterà dunque all’organo accertatore diffidare le imprese? Occorre fare un po’ di chiarezza anche su questo aspetto.

I soggetti ai quali spettano i poteri di accertamento sono classificati in due grandi categorie: gli organi ai quali la legge penale riconosce la qualifica di ufficiali o

agenti di polizia giudiziaria (Carabinieri, Guardia di finanza, Polizia locale, Arpa ecc.) e gli altri organi che risultano “addetti al controllo sull’osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa” (funzionari di Comuni, Province, Città Metropolitane ecc.). Sino ad oggi, nel caso di contestazioni ai sensi dell’articolo 14 della legge 689/1981, seguendo il doppio binario del verbale di accertamento da un lato e diffida dall’altro, al primo vi ha sempre proceduto l’organo accertatore (qualunque esso fosse) che inviava poi il fascicolo all’amministrazione competente (verbale di ispezione/sopralluogo, sommarie informazioni, fascicolo fotografico, verbale di accertamento completo delle relate di notifica) che a sua volta adottava l’atto di diffida e definiva il procedimento sanzionatorio, introitando la somma ingiunta, ovvero raccogliendo gli scritti difensivi ed eseguendo l’audizione degli interessati, sino ad emanare l’ordinanza di ingiunzione, ovvero di archiviazione. Al momento è dato da intendere che non sussisterà più la diversificazione di ruoli e procedimenti ma vi sarà un unico atto di ispezione e diffida assunto dall’organo che ha eseguito il controllo. Di certo la programmazione dei controlli, così come introdotta dal Dlgs 103/2024, eviterà che in futuro gli organi accertatori eseguano ispezioni e controlli in via del tutto autonoma, ma dovrà essere inevitabile il coordinamento preliminare con le varie amministrazioni competenti anche in virtù dell’obbligatoria consultazione del fascicolo informatico di ogni impresa, strumento questo di evidente ausilio per i controllori, così come pure di agevolazione per le imprese che potranno pretenderne la corretta compilazione (articolo 4, comma 1) al fine di poter usufruire delle evidenti agevolazioni introdotte.

Già la legge 68/2015 ha in qualche modo imposto agli organi di polizia e alle amministrazioni competenti per materia di interloquire in modo efficace perché si possano estinguere gli illeciti rilevati, e di certo il decreto legislativo in commento va ben oltre, arrivando a dimezzare tempi, azioni e documenti a garanzia di celerità dei procedimenti, certezza del diritto e fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta delle amministrazioni, dedicando un articolo intero alla necessaria ed indispensabile formazione di tutto il personale, a qualunque titolo coinvolto, vista la profonda innovazione generata anche a livello informatico.

Nei casi di violazioni amministra tive per cui è prevista l’applicazio ne della sanzione non superiore nel massimo a euro 5.000,00 :

• l’organo accertatore che accerti per la prima volta nell’arco degli ultimi 5 anni una violazione sanabile diffi da l’impresa

• l’impresa entro 20 giorni dalla diffida dovrà rimuovere le conseguen ze dell’illecito ottemperando alle prescrizioni della diffida

• in caso di mancata ottemperanza alla diffida l’organo di controllo effet tua la contestazione della violazione

La contestazione della violazione

“1. (…) per le violazioni cui è prevista l’applicazione della sanzione ammini strativa pecuniaria non superiore nel massimo a cinquemila euro, l’organo di controllo incaricato, nel caso in cui ac certi, per la prima volta nell’arco di un quinquennio, l’esistenza di violazioni sa nabili, diffida l’interessato a porre termi ne alla violazione, ad adempiere alle pre scrizioni violate e a rimuovere le conse guenze dell’illecito amministrativo entro un termine non superiore a venti gior ni dalla data della notificazione dell’at to di diffida (…)” (articolo 6, comma 1, Dlgs 103/2024).

“2. In caso di mancata ottemperanza al la diffida (…) entro il termine indicato, l’organo di controllo effettua la contesta zione ai sensi dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (…)” (articolo 6, comma 2, Dlgs 103/2024).

I disposti di cui ai primi due commi dell’articolo 6 chiariscono come alle imprese che non abbiano commesso una violazione per cui sia prevista una “costosa sanzione” venga attribuita la possibilità di evitarne il pagamento, purché si redimano in un termine che appare decisamente ridotto (ma di certo congruo visto la tipologia di sanzione fissata dalla Legge per il tipo di violazione commessa) e sempre che si tratti della prima violazione sanabile accertata nell’ultimo quinquennio.

Inevitabile chiedersi se per il computo dei 5 anni in questione si debba partire dall’entrata in vigore del Dlgs 103/2024, ovvero si debba tener conto del trascorso delle imprese. Si ritiene, trattando la norma per la prima volta di “violazioni sanabili”, che non si possa che azzerare la storia di ciascuna impresa perché, solo in tal modo, queste potranno godere delle “pre-

mialità” previste dal nuovo decreto; a ben vedere infatti non avrebbe senso l’introduzione del sistema di identificazione e valutazione del livello di rischio basso (articolo 3) se si continuasse a tener conto delle violazioni commesse antecedentemente al Dlgs 103/2024 e che sono frutto di accertamenti eseguiti in virtù di criteri, valutazioni e dinamiche del tutto differenti. Possiamo quindi concludere che un comportamento conforme ai disposti di legge, protratto nel tempo, consente alle imprese – nel caso di violazioni non ritenute estremamente gravi – di vedersi alleggerire la condanna.

Nell’ipotesi in cui l’impresa non risulti nuova ad accertamenti cui possono far seguito “sanzioni sanabili”, ovvero laddove non provveda a regolarizzarsi nel termine di 20 giorni, o vi provveda solo in parte, allora l’organo di controllo procederà alla contestazione della violazione ai sensi dell’articolo 14 della legge 689/1981, attraverso la notifica del verbale di accertamento di trasgressione che conterrà (solo nei casi consentiti dalla legge) (2) l’indicazione dell’oblazione, dunque la possibilità di pagare una somma liberatoria, pari al doppio del minimo o ad un terzo del massimo, qualora più favorevole, nell’ulteriore termine di 30 giorni dalla notifica del verbale stesso. La norma nulla dice in relazione alle modalità di verifica delle prescrizioni impartite con la diffida, il che lascia presumere, fatte salve precisazioni che dovessero intercorrere, che la prescrizione possa essere formulata in modo che sia chiaro al controllato se occorrerà che dimostri documentalmente di essersi regolarizzato, ovvero se sarà necessario un sopralluogo accertativo da parte dell’organo di controllo. Tale riflessione risulta indispensabile poiché, alla contestazione della violazione, occorre provvedere in via immediata così come stabilito dall’articolo 14 della legge 689/1981 e pertanto, nel caso in cui abbia luogo il controllo e si accerti il mancato ottemperamento delle prescrizioni imposte con la diffida, andrà elevato subito il verbale di accertamento di trasgressione, notificandolo brevi manu agli interessati; viceversa, qualora siano state previste differenti modalità per la dimostrazione di avvenuta regolarizzazione, quali ad esempio l’invio di documentazione probatoria, l’organo di controllo dovrà contestare l’eventuale violazione nel termine di 90 giorni dall’accertamento.

A questo punto il procedimento sanzionatorio segue il consueto iter già segnato

dalla legge 689/1981: il trasgressore potrà pagare l’importo liberatorio ove previsto, ovvero potrà chiedere di essere sentito dall’Autorità competente cui inviare anche scritti difensivi. Il procedimento si concluderà con l’adozione di un’ordinanza di ingiunzione motivata, ovvero di archiviazione laddove il trasgressore riesca a dimostrare di non aver commesso il fatto (o che non è responsabile per errore sul fatto non determinato da colpa!).

La quantificazione della sanzione proporzionale al rischio Il decreto legislativo in commento reca interessanti novità anche in relazione ai criteri di determinazione della sanzione amministrativa benché, nella sostanza, non si mostrino così innovativi se non per l’indicazione di parametrizzare alcuni meccanismi correlandoli sempre al livello di rischio, con l’evidente primario scopo di generare uniformità operativa oltre che benefici alle imprese controllate: a) la programmazione dei controlli deve avvenire ad intervalli temporali correlati alla gravità del rischio (articolo 5, comma 3);

b) le amministrazioni, dotate nei procedimenti sanzionatori della più ampia discrezionalità, dovranno quantificare le somme da ingiungere tenendo conto anche del livello di rischio (articolo 5, comma 7);

c) le imprese più attente e che aderiscono su base volontaria al sistema di identificazione del livello di rischio basso, ottenendo il relativo report certificativo, potranno godere di alcuni benefici (controlli una sola volta all’anno  (3), sanzioni più contenute (4)) purché siano in possesso di alcune certificazioni prodromiche e risultino, nei controlli precedenti al rilascio del report certificativo di rischio basso, rispettose degli obblighi di legge.

Vi saranno dunque realtà economiche che non verranno attenzionate scrupo losamente poiché dotate di una certifi cazione (soggetta, peraltro, ad audit pe riodici tesi a verificare il mantenimento della conformità) che ne attesta la rela tiva salute e che consente loro di bene ficiare di una “scontistica”, sia rispetto al numero di controlli cui essere assog gettate, sia rispetto alla quantificazione delle somme ingiunte.

Quanto al livello di rischio, l’articolo 3 del decreto legislativo sopraccitato introduce infatti un sistema di identificazione e valutazione del livello di rischio basso,

che viene istituito ai fini della programmazione dei controlli ed è riferito a 5 ambiti: protezione ambientale, igiene e salute pubblica, sicurezza pubblica, tutela della fede pubblica, sicurezza dei lavoratori.

L’UNI (ente nazionale italiano di unificazione) elabora, per ciascun ambito, delle norme tecniche o prassi di riferimento idonee a definire un livello di rischio basso al quale è associabile un report certificativo che verrà rilasciato da organismi di certificazione/ ispezione (accreditati presso l’organismo nazionale di accreditamento) cui le imprese interessate – trattandosi di un sistema su base volontaria –potranno rivolgersi ai fini del relativo ottenimento ed inserirlo nel relativo fascicolo informatico.

Nella determinazione del rischio basso sono presi in considerazione diversi parametri, tra cui:

a) il possesso di almeno una certificazione del sistema di gestione, rilasciata da un organismo di certificazione accreditato ai sensi del regolamento n. 765 del 2008 del 9 luglio 2008;

b) altre certificazioni, analogamente rilasciate sotto accreditamento, riconducibili ai principi ESG (Environmental, social, governance);

c) l’esito dei controlli subiti nei precedenti 3 anni di attività;

d) il settore economico in cui opera il soggetto controllato;

e) le caratteristiche e la dimensione dell’attività economica svolta dal soggetto controllato.

Sino ad oggi i criteri di determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria, fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo, risultavano contenuti nella legge 689/1981 all’articolo 11:

• gravità della violazione. Il castigo viene aumentato o diminuito in modo da farlo risultare proporzionato alla pericolosità, dannosità, disvalore sociale del fatto riprovevole. La gravità deve essere valutata tenendo conto dell’intenzionalità dimostrata dall’autore, del danno cagionato e dalle particolari circostanze in cui il comportamento si è attuato;

• opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione. Rileva l’attività di ravvedimento compiuta dal trasgressore personalmente o, per suo incarico, da terzi. Il suo comportamento deve manifestare la volontà di attivarsi per riparare alle conseguenze della propria azione od omissione;

• personalità del trasgressore. I precedenti soggettivi sono considerati motivo di diversificazione della sanzione; acquisiscono pertanto rilievo il comportamento anteriore, contemporaneo o successivo del trasgressore, le sue qualità sociali e morali, il grado di istruzione e di capacità intellettiva;

• condizioni economiche del trasgressore. La disposizione ha da sempre avuto il ruolo di ricondurre a sostanziale parità sul piano della responsabilità da illecito tutti i cittadini, in modo che il castigo avesse per questi identico valore afflittivo; ciò poiché le condizioni economiche dell’autore della violazione non possono costituire motivo di discriminazione, a detrimento di chi abbia possibilità minori, e pertanto l’importo della sanzione viene aumentato in dipendenza delle abbienti condizioni del destinatario, poiché, contrariamente, la stessa non avrebbe alcun valore afflittivo.

Con l’entrata in vigore del decreto legislativo 103/2024 all’articolo 5, comma 7, viene stabilito che le amministrazioni adottano i provvedimenti di propria competenza, ivi incluse eventuali sanzioni, in modo proporzionale:

• al livello di rischio di cui all’articolo 3, comma 2;

• al pregiudizio arrecato;

• alle dimensioni del soggetto controllato; • all’attività economica svolta.

Il livello di rischio e il pregiudizio arrecato si richiamano senza dubbio ai criteri di gravità della violazione e dell’opera svolta dal trasgressore per eliminare le cause di violazione che già costituivano capisaldi indispensabili per la quantificazione della sanzione pecuniaria. Appare infatti chiaro come si debba continuare a tenere conto della pericolosità e dannosità del fatto di violazione e dell’intenzionalità del trasgressore che lo ha commesso, con l’ulteriore nuovo elemento che risulta specificare meglio i criteri di quantificazione già esistenti: chi è in possesso del report certificativo di rischio basso ha dimostrato uno scrupolo, un’attenzione ed una predisposizione tale al rispetto degli obblighi imposti che lo vedrà assoggettato a controlli esclusivamente una volta all’anno e, allo stesso modo, quando all’esito del controllo l’amministrazione procedente accerta la conformità agli obblighi e agli adempimenti imposti dalla disciplina di riferimento, il soggetto controllato verrà esonerato dai medesimi controlli nei successivi 10 mesi.

(3) Articolo 5, comma 4, Dlgs 103/2024. (4) Articolo 5, comma 7, Dlgs 103/2024.

Continua pertanto ad avere valore il criterio della personalità del trasgressore già introdotto dalla legge 689/1981, cosicché il suo comportamento anteriore, contemporaneo o successivo al fatto di violazione potrà da un lato favorire l’esecuzione di un numero inferiore di controlli, e dall’altro l’eventuale comminazione di una sanzione ridotta che tiene conto della collaborazione e della diligenza mostrate.

Per quanto concerne poi gli ulteriori due nuovi criteri relativi alle dimensioni del soggetto controllato e all’attività economica svolta, anche in tal caso vi è una forte correlazione con il criterio delle condizioni economiche del trasgressore già introdotto dalla legge 689/1981 ed in virtù del quale già andava commisurata la pena pecuniaria da infliggere alla capacità economica del trasgressore e dunque alla ragione sociale dell’impresa, al numero dei dipendenti, al capitale sociale ecc.

In conclusione, quanto ai criteri di quantificazione lo scenario non è granché mutato, ma risulta arricchito di elementi che valorizzano il principio di fiducia nell’a-

zione legittima, trasparente e corretta delle amministrazioni, motivazione per la quale se, già in passato, risultava necessario adottare dei meccanismi automatici di calcolo della sanzione per limitare il più possibile la discrezionalità delle Autorità competenti, oggi questo richiamo si fa maggiormente pressante ed indispensabile anche in considerazione dello snellimento procedurale cui il nuovo decreto tende e che rende quantomai necessaria l’adozione di tabelle metodologiche per la quantificazione delle sanzioni.

Si ricorda che la fase di determinazione della somma da ingiungere non deve tenere esclusivamente conto dei criteri sopra enunciati, ma altresì delle controdeduzioni del trasgressore, che ha facoltà di intervenire nel procedimento sanzionatorio inviando scritti e chiedendo di essere sentito; questa condizione, nel favorire l’adozione di ordinanze motivate da parte delle amministrazioni competenti e garantire il diritto di difesa del trasgressore, risulterà rispettosa del principio del contraddittorio da ultimo enunciato anche dal decreto legislativo 103 all’articolo 5, comma 7.

Criteri di quantificazione della sanzione

Legge 689/1981

Gravità della violazione

Opera prestata dal trasgressore per l’eliminazione o attenuazione delle cause di violazione

Personalità del trasgressore

Condizioni economiche

La colpa

“In ogni caso il soggetto controllato non è responsabile quando le violazio ni sono commesse per errore sul fat to non determinato da colpa”. Questo è il disposto di cui all’articolo 6, comma 5 del Dlgs 103/2024, che costituisce un richiamo letterale di quanto già è contenuto all’articolo 3, comma 2 della legge 689/1981, ove si legge: “Nel ca so in cui la violazione è commessa per errore sul fatto, l’agente non è respon sabile quando l’errore non è determina to da sua colpa”

Il Legislatore ha voluto ribadire come l’errore incolpevole esclude, nel ca-

Report certificativo di rischio basso

• Da richiedersi su base volontaria

• Ai fini del suo rilascio si terrà in considerazione

a) il possesso di almeno una Certificazione del Sistema di gestione

b) altre certificazioni riconducibili ai principi Esg

c) esito controlli ultimo triennio

d) settore economico in cui si opera

e) caratteristiche e dimensione dell’attività svolta

• Ha un periodo di validità

• È soggetto a decadenza

• Il mantenimento richiede che il soggetto controllato venga sottoposto ad audit periodici

• Chi ne è in possesso non subirà controlli ordinari più di una volta all’anno

• Chi ne è in possesso beneficierà della comminazione di sanzioni ridotte

Dlgs 103/2024

Livello di rischio

Pregiudizio arrecato

Dimensioni del soggetto controllato

Attività economica svolta

so concreto, la sussistenza dell’atteggiamento psichico richiesto come requisito indispensabile dell’illecito. L’errore e l’ignoranza, a questi fini, sono considerati equivalenti: ciò che ha importanza è che essi ricadano sul fatto e non sulla portata o sull’interpretazione della norma giuridica.

La buona fede continua a rilevare come causa di esclusione della responsabilità quando sussistono elementi positivi idonei ad ingenerare nell’autore della violazione il convincimento della liceità della sua condotta e quando l’autore medesimo abbia fatto tutto quanto possibile per conformarsi al precetto di legge, onde nessun rimprovero possa essergli mosso,

(5) Cassazione civile, n. 16320 del 12 luglio 2010. (6) Fra tutte Cassazione civile, sezione V, n. 23019 del 2009.

neppure sotto il profilo della negligenza omissiva. (5)

La responsabilità dell’autore dell’illecito può essere esclusa anche in caso di erronea supposizione della sussistenza degli elementi concretizzanti una causa di esclusione della responsabilità, ciò proprio in virtù di quanto già previsto dall’articolo 3 della legge 689/1981, che esclude la responsabilità quando la violazione è appunto commessa per errore sul fatto, ipotesi questa nella quale rientra anche l’erroneo convincimento della sussistenza di una causa di giustificazione: resta comunque sempre in capo all’interessato dare prova dell’esimente eccepita. (6)

Legislazione norme nazionali

End of waste dei rifiuti da C&D, parte il nuovo regime

Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica Decreto

28 giugno 2024, n. 127

(Guri 11 settembre 2024 n. 213)

Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione, altri rifiuti inerti di origine minerale, ai sensi dell’articolo 184 -ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152/2006

Il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica

Visto l’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante “Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri”;

Visto l’articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e, in particolare, il comma 2, secondo e terzo periodo, dove si prevede che “i criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400”, e che “i criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto”; Vista la direttiva 2008/98/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, e, in particolare, l’articolo 11, paragrafo 1, che prevede, tra l’altro, che gli Stati membri adottano misure intese a promuovere la demolizione selettiva onde consentire la rimozione e il trattamento sicuro delle sostanze pericolose e facilitare il riutilizzo e il riciclaggio di alta qualità tramite la rimozione selettiva dei materiali; Visto il regolamento (Ce) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostan-

ze chimiche (Reach), che istituisce un’agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/ Ce e che abroga il regolamento (Cee) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (Ce) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/Cee del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/Cee, 93/67/Cee, 93/105/Ce e 2000/21/Ce; Visto il regolamento (Ce) n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, sull’adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (Emas), che abroga il regolamento (Ce) n. 761/2001 e le decisioni della Commissione 2001/681/Ce e 2006/193/Ce; Vista la decisione della Commissione n. 2000/532/Ce, del 3 maggio 2000, che sostituisce la decisione n. 94/3/Ce che istituisce un elenco di rifiuti conformemente all’articolo 1, lettera  a), della direttiva n. 75/442/Cee del Consiglio relativa ai rifiuti e la decisione n. 94/904/Ce del Consiglio che istituisce un elenco di rifiuti pericolosi ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva n. 91/689/Cee del Consiglio relativa ai rifiuti pericolosi; Visto il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante “Codice dell’amministrazione digitale”;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, recante “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa”;

Visto il decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, recante “Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle

procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22”, pubblicato nel supplemento ordinario nella Gazzetta ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998; Visto il decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica 27 settembre 2022, n. 152 recante “Regolamento che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione e di altri rifiuti inerti di origine minerale, ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152” e, in particolare, l’articolo 7 che disciplina il monitoraggio dell’attuazione del provvedimento;

Considerato che esiste un mercato per l’aggregato recuperato in ragione del fatto che lo stesso risulta comunemente utilizzato per la realizzazione di opere di ingegneria civile, in sostituzione della materia prima naturale, che possiede un effettivo valore economico, che sussistono scopi specifici per i quali tale sostanza è utilizzabile, nel rispetto dei criteri di cui al presente regolamento, e che la medesima rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; Considerato che dall’istruttoria effettuata è emerso che l’aggregato recuperato, che soddisfa i criteri di cui al presente regolamento, non comporta impatti negativi complessivi sulla salute umana o sull’ambiente;

Considerato che dal monitoraggio degli effetti del decreto è emersa l’opportunità di apportare modifiche sostanziali alla disciplina vigente, giungendo alla redazione di un nuovo testo con conseguente abrogazione del precedente;

Vista la comunicazione di cui all’articolo 5 della direttiva (Ue) 2015/1535 che prevede una procedura di informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione, effettuata con nota del 15 dicembre 2023; Udito il parere del Consiglio di Stato espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 13 febbraio 2024;

Vista la comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri, effettuata con nota del 21 maggio 2024, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988; Adotta

il seguente regolamento:

Articolo 1

Oggetto e finalità

1. Il presente regolamento stabilisce i criteri specifici nel rispetto dei quali i rifiuti inerti derivanti dalle attività di costruzione e di demolizione e gli altri rifiuti inerti di origine minerale, come definiti all’articolo 2, comma 1, lettere  a) e b),

ed elencati alle Tabelle 1 e 2 dell’allegato 1, cessano di essere qualificati come rifiuti a seguito di operazioni di recupero, ai sensi dell’articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. In via preferenziale, i rifiuti inerti dalle attività di costruzione e di demolizione ammessi alla produzione di aggregati recuperati provengono da manufatti sottoposti a demolizione selettiva.

2. Le operazioni di recupero finalizzate alla cessazione della qualifica di rifiuto aventi a oggetto in tutto o in parte rifiuti non elencati nell’allegato 1, tabella 1, punti 1 e 2, del presente regolamento ovvero rifiuti elencati in tale allegato e destinati a scopi specifici differenti rispetto a quelli previsti dall’articolo 4, sono soggette al rilascio o al rinnovo delle autorizzazioni ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 3, del medesimo decreto legislativo.

Articolo 2

Definizioni

1. Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni di cui all’articolo 183 del decreto legislativo n. 152 del 2006, nonché le seguenti:

a) “rifiuti inerti derivanti dalle attività di costruzione e demolizione”: i rifiuti derivanti dalle operazioni di costruzione e demolizione identificati al capitolo 17 dell’elenco europeo dei rifiuti di cui alla decisione della Commissione 2000/532/ Ce del 3 maggio 2000, ove elencati nell’allegato 1, tabella 1, punto 1, del presente regolamento;

b) “altri rifiuti inerti di origine minerale”: i rifiuti non appartenenti al capitolo 17 dell’elenco europeo dei rifiuti di cui alla decisione della Commissione 2000/532/ Ce ed elencati nell’allegato 1, tabella 1, punto 2, del presente regolamento;

c) “rifiuti inerti”: i rifiuti solidi derivanti dalle attività di costruzione e demolizione e altri rifiuti di origine minerale che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa, che non si dissolvono, non bruciano, non sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili, e che, in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana;

d) “aggregato riciclato”: aggregato minerale risultante dal recupero di rifiuti di materiale inorganico precedentemente utilizzato nelle costruzioni;

e) “aggregato artificiale”: aggregato di origine minerale risultante dal recupero di rifiuti derivante da un processo industriale che implica una modificazione termica o di altro tipo; f) “aggregato recuperato”: aggregato riciclato o artificiale prodotto dai rifiuti di cui alle lettere  a) e b) che hanno cessato

di essere tali a seguito di una o più operazioni di recupero nel rispetto delle condizioni di cui all’articolo 184 -ter, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006, e delle disposizioni del presente regolamento;

g) “lotto di aggregato recuperato”: un quantitativo non superiore ai 3.000 metri cubi di aggregato recuperato; h) “produttore di aggregato recuperato” o “produttore”: il gestore dell’impianto autorizzato per la produzione di aggregato recuperato;

i) “dichiarazione di conformità”: la dichiarazione sostitutiva di certificazioni e dell’atto di notorietà rilasciata dal produttore ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 e attestante le caratteristiche dell’aggregato recuperato; l) “Autorità competente”: l’Autorità che rilascia l’autorizzazione ai sensi del Titolo III-bis della Parte II o del Titolo I, Capo IV, della Parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006, ovvero l’autorità destinataria della comunicazione di cui all’articolo 216 del medesimo decreto legislativo.

Articolo 3

Criteri ai fini della cessazione della qualifica di rifiuto 1. Ai fini dell’articolo 1, comma 1, e ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006, i rifiuti inerti derivanti dalle attività di costruzione e demolizione e gli altri rifiuti inerti di origine minerale, come definiti dall’articolo 2, comma 1, lettere  a) e b), del presente regolamento, cessano di essere qualificati come rifiuti e sono qualificati come aggregato recuperato se l’aggregato riciclato o artificiale derivante dal trattamento di recupero è conforme ai criteri di cui all’allegato 1.

Articolo 4

Scopi specifici di utilizzabilità 1. L’aggregato recuperato è utilizzabile esclusivamente per gli scopi specifici elencati nell’allegato 2.

Articolo 5

Responsabilità del produttore, dichiarazione di conformità e modalità di prelievo e detenzione dei campioni 1. In conformità a quanto previsto dagli articoli 184, comma 5, 188, comma 4, e 193 del decreto legislativo n. 152 del 2006, il produttore del rifiuto destinato alla produzione di aggregato recuperato è responsabile della corretta attribuzione dei codici dei rifiuti e delle caratteristiche di pericolo dei rifiuti, nonché della compilazione del formulario di identificazione del rifiuto (Fir).

2. Il rispetto dei criteri di cui all’artico -

lo 3 è attestato dal produttore di aggregato recuperato mediante dichiarazione sostitutiva di certificazioni e di atto di notorietà ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, redatta per ciascun lotto di aggregato recuperato prodotto. La dichiarazione di conformità è inviata all’Autorità competente e all’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente territorialmente competente entro sei mesi dalla data di produzione del lotto di aggregato recuperato cui si riferisce, e comunque prima dell’uscita dello stesso dall’impianto. Le dichiarazioni sono redatte utilizzando il modulo di cui all’allegato 3 e sono inviate, anche in forma cumulativa, con una delle modalità di cui all’articolo 65 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

3. Il produttore di aggregato recuperato conserva, presso l’impianto di produzione o presso la propria sede legale, copia, anche in formato elettronico, della dichiarazione di conformità di cui al comma 2, per un periodo di cinque anni dalla data dell’invio della stessa all’Autorità competente, mettendola a disposizione delle autorità di controllo.

4. Ai fini della dimostrazione della sussistenza dei criteri di cui all’articolo 3, il produttore di aggregato recuperato preleva un campione da ogni lotto di aggregato prodotto in conformità alla norma Uni 10802, eventualmente avvalendosi delle modalità di campionamento dei rifiuti da costruzione di cui alla norma Uni/Tr 11682. Tali campioni sono conservati presso l’impianto di produzione o presso la propria sede legale per un anno dalla data dell’invio della dichiarazione di cui al comma 2 che attesta la produzione del lotto dal quale sono stati prelevati. Per le verifiche di conformità e idoneità volte al controllo del rispetto delle norme tecniche di cui alla tabella 5, il campione per ciascun lotto di aggregato recuperato deve essere prelevato in conformità alla norma Uni 932-1. Le modalità di conservazione del campione sono tali da garantire la non alterazione delle caratteristiche chimico -fisiche dell’aggregato recuperato prelevato e sono idonee a consentire la ripetizione delle analisi.

Articolo 6

Sistema di gestione

1. Il produttore di aggregato recuperato, eventualmente anche tramite l’accesso a procedure di accreditamento, si dota di un sistema di gestione idoneo a dimostrare il rispetto dei criteri di cui al presente regolamento, comprensivo del controllo della qualità e dell’automonitoraggio.

2. Le disposizioni di cui all’articolo 5,

comma 4 relative all’obbligo di conservazione del campione non si applicano alle imprese registrate ai sensi del regolamento (Ce) n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, e alle imprese in possesso della certificazione ambientale Uni En Iso 14001, rilasciata da organismo accreditato ai sensi della normativa vigente.

Articolo 7

Monitoraggio

1. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, acquisiti i dati di monitoraggio relativi all’attuazione delle disposizioni stabilite dal medesimo attraverso il Registro nazionale delle autorizzazioni al recupero (ReCer) di cui all’articolo 184-ter, comma 3 -septies , del decreto legislativo n. 152 del 2006, il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica valuta l’opportunità di procedere ad una revisione dei criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto di cui all’articolo 3.

Articolo 8

Norme transitorie e finali

1. Ai fini dell’adeguamento ai criteri di cui al presente regolamento, il produttore dell’aggregato recuperato, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore dello stesso, presenta all’autorità competente un aggiornamento della comunicazione effettuata ai sensi dell’articolo 216 del decreto legislativo n. 152 del 2006, o un’istanza di aggiornamento dell’autorizzazione concessa ai sensi del Capo IV, del Titolo I, della Parte IV ovvero del Titolo III-bis , della Parte II del decreto legislativo n. 152 del 2006. Per le procedure semplificate continuano ad applicarsi le disposizioni del decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, inerenti ai limiti quantitativi previsti dall’allegato 4 e ai valori limite per le emissioni di cui all’allegato 1, sub allegato 2, nonché le norme tecniche di cui all’allegato 5 dello stesso decreto. 2. Nelle more dell’efficacia dell’aggiornamento delle comunicazioni effettuate ai sensi dell’articolo 216 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e delle autorizzazioni concesse ai sensi del Capo IV, del Titolo 1, della parte IV, ovvero del Titolo III-bis , della Parte II del medesimo decreto, i produttori di aggregato recuperato operano in conformità ai titoli posseduti prima dell’aggiornamento. Nel caso in cui, all’entrata in vigore del presente regolamento, l’autorizzazione sia in fase di rinnovo ai sensi degli articoli 29-oc ties , o 208, comma 12, del decreto legislativo n. 152 del 2006, i produttori di aggregato recuperato operano, fino alla

conclusione della stessa, in conformità ai titoli oggetto di rinnovo.

3. Gli aggregati recuperati prodotti fino al momento dell’intervenuta efficacia dell’aggiornamento o del rinnovo di cui ai commi 1 e 2 possono continuare ad essere gestiti in conformità alla comunicazione effettuata ai sensi dell’articolo 216 del decreto legislativo n. 152 del 2006 o nel rispetto dell’autorizzazione efficace al momento della richiesta di aggiornamento o rinnovo, concessa ai sensi del Capo IV, del Titolo I, della Parte IV ovvero del Titolo III-bis , della Parte II del medesimo decreto.

4. Fatta salva l’immediata applicabilità dell’articolo 5, comma 4, i produttori di aggregato recuperato operano nel rispetto dei criteri contenuti nel presente regolamento, a seguito dell’ottenimento dell’aggiornamento o del rinnovo delle autorizzazioni, o del decorso dei termini di efficacia della comunicazione aggiornata.

5. Gli allegati 1, 2 e 3 costituiscono parte integrante del presente regolamento.

Articolo 9

Abrogazioni

1. Il decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica 27 settembre 2022, n. 152, è abrogato dalla data di entrata in vigore del presente regolamento.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Roma, 28 giugno 2024

Gli allegati sono reperibili in Normativa Rifiuti in Reteambiente –Osservatorio di Normativa ambientale al seguente link:

https://shorturl.at/ZKRgt

il commento Il Dm End of

waste

127/2024 sui rifiuti inerti da costruzione e demolizione

Microbiologa, già Responsabile del Centro Nazionale per il ciclo dei rifiuti e l’economia circolare di Ispra

ABSTRACT

Il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica ha adottato il decreto 28 giugno 2024, n. 127 recante il nuovo regolamento sulla cessazione della qualifica di rifiuto (End of waste) dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione ai sensi dell’articolo 184 -ter, Dlgs 152/2006 che sostituisce il Dm 152/2022, dopo il periodo di monitoraggio delle vecchie disposizioni e con l’attivo coinvolgimento dei soggetti interessati e il supporto dell’Ispra e dell’Iss. Con questo decreto viene, quindi, aggiornata la disciplina sulla cessazione della qualifica di rifiuto per i rifiuti inerti da costruzione e demolizione e per altri rifiuti inerti di origine minerale ai sensi dell’articolo 184 -ter del Dlgs 152/2006. Si tratta di una revisione quanto mai attesa vista l’importanza rivestita dai rifiuti inerti non pericolosi da costruzione e demolizione che, con oltre 77,2 milioni di tonnellate, rappresentano il 47,7% del totale dei rifiuti speciali prodotti in Italia nel 2021. Il nuovo decreto rappresenta un importante tassello per la reale promozione dell’economia circolare e per ridurre i quantitativi di rifiuti avviati a smaltimento.

Premessa

La disciplina End of waste si inserisce nel contesto delle azioni indispensabili a promuovere l’economia circolare e in generale la gerarchia europea dei rifiuti; l’esigenza di individuare rifiuti che a seguito di eventuale trattamento cessino di essere tali è stato introdotto dalla “Strategia tematica sulla prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti”, adottata dalla Commissione europea nel 2005, nella quale si proponeva di precisare le condizioni per la cessazione della qualifica di rifiuto nell’ambito della revisione della direttiva quadro sui rifiuti per costruire “la Società del riciclaggio”.

La direttiva 2008/98/Ce ha definito all’articolo 6 i quattro criteri End of waste per individuare quando un rifiuto cessa di essere tale; questi sono stati recepiti a livello nazionale dall’articolo 184-ter del Dlgs 152/2006.

In Italia i soli inerti da costruzione e demolizione rappresentano un flusso di rifiuti molto significativo e in continua crescita, in parte favorita anche dai bonus edilizi degli ultimi anni; secondo il rapporto Ispra sui Rifiuti speciali – Edizione 2023 essi rappresentano da soli il 47,7% del totale dei rifiuti speciali prodotti che, nel 2021, ammontano a 165 milioni di tonnellate; in termini assoluti sono 78,7 milioni di tonnellate di cui 77,2 milioni di tonnellate sono solo i rifiuti da costruzione e demolizione, circa 18 milioni sono le terre e rocce e 93.000 tonnellate i fanghi di dragaggio.

Data la loro rilevanza il Legislatore ha emanato il Dm 152/2022 che ha disciplinato la cessazione della qualifica di rifiuto per i rifiuti inerti da costruzione e demolizione e per altri rifiuti inerti di origine minerale ai sensi dell’articolo 184-ter, Dlgs 152/2006. Il decreto era quanto mai atteso, vista l’importanza di questo significativo flusso di rifiuti. Gli aggregati recuperati presentano, infatti, caratteristiche tecniche equiparabili agli aggregati naturali: consentono quindi di risparmiare materie vergini costose e rappresentano un tassello importante per realizzare l’economia circolare e ridurre i quantitativi di rifiuti avviati a smaltimento.

Il decreto ha presentato da subito difficoltà applicative e per questo motivo il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica ha adottato il nuovo decreto 127/2024 che ne costituisce l’aggiornamento e abroga il Dm 152/2022 con l’obiettivo di facilitare concretamente il riciclaggio di questa tipologia di rifiuti.

Il nuovo Dm “End of waste” dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione e altri rifiuti inerti di origine minerale

Il nuovo Decreto 28 giugno 2024, n. 127 (Gu 11 settembre 2024), in vigore dal 26 settembre 2024, abroga e sostituisce, come già evidenziato, l’attuale decreto 27 settembre 2022 n. 152, che presentava una serie difficoltà applicative. A tal fine l’articolo 7 dello stesso “Monitoraggio” aveva stabilito che l’allora MIte, entro 180 giorni dall’entrata in vigore del regolamento, sulla base dei dati di monitoraggio relativi all’attuazione delle disposizioni stabilite dal medesimo decreto, valutasse “l’opportunità di una re visione dei criteri per la cessazione del la qualifica di rifiuto, tenendo conto del le evidenze emerse in fase applicativa” Tale disposizione veniva chiaramente incontro alle richieste degli operatori circa le difficoltà segnalate.

Il decreto Milleproroghe 2022 (Dl 198/2022) aveva previsto alcuni slittamenti rispetto alle precedenti disposizioni prevedendo, in particolare, una proroga al 4 novembre 2023 del periodo di monitoraggio del Ministero ai fini dell’aggiornamento del Dm 152/2022; tale attività è stata completata ed ha visto la partecipazione attiva delle associazioni di categoria.

Il 15 marzo 2024 è, inoltre, terminato il periodo di “osservazione” della Commissione europea sullo schema di decreto ai sensi della normativa Ue sulla comunicazione dei provvedimenti tecnici che possono incidere sul mercato dell’Unione. Non essendo pervenute osservazioni europee il Ministro del Mase ha firmato il nuovo decreto.

Il provvedimento, di seguito descritto, risulta composto da 9 articoli e 3 Allegati tecnici.

Oggetto e finalità

All’articolo 1 rimane un concetto importante, ossia che i rifiuti ammessi alla produzione degli aggregati recuperati debbano provenire, in via preferenziale, da manufatti sottoposti a demolizione selettiva che garantisce una maggiore qualità dei rifiuti ammessi e un più efficiente riciclo. Va, tuttavia, rilevato che non risulta in concreto agevole capire come il produttore dell’aggregato recuperato possa applicare questo indirizzo senza ulteriori indicazioni non fornite nel decreto.

L’articolo 1, inoltre, come nel precedente decreto stabilisce i criteri che permettono ai rifiuti inerti da attività di costruzione e demolizione e di origine

minerale di cessare la qualifica di rifiuto mediante le operazioni di recupero ai sensi del citato articolo 184 -ter del Dlgs 152/2006.

Vale la pena ricordare tali criteri:

a) la sostanza o l’oggetto sono destinati a essere utilizzati per scopi specifici;

b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;

c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;

d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

Già nei considerata si rileva che esiste un mercato per l’aggregato recuperato in ragione del fatto che lo stesso risulta comunemente utilizzato per la realizzazione di opere di ingegneria civile, in sostituzione della materia prima naturale, che possiede un effettivo valore economico, che sussistono scopi specifici per i quali tale sostanza è utilizzabile, nel rispetto dei criteri di cui al regolamento e che nello stesso tempo rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti.

Viene anche rilevato che dall’istruttoria effettuata è emerso che l’aggregato recuperato, che soddisfa i criteri di cui al nuovo regolamento, non comporta impatti negativi complessivi sulla salute umana o sull’ambiente.

Le definizioni

L’articolo 2, oltre al richiamo generico alle definizioni di cui all’articolo 183 del 152/2006, elenca le nuove pertinenti alla materia trattata, apportando alcune modifiche al vecchio testo:

a) “rifiuti inerti dalle attività di costruzione e demolizione”: i rifiuti derivanti dalle operazioni di costruzione e demolizione identificati al capitolo 17 dell’Elenco europeo dei rifiuti di cui alla decisione della Commissione 2000/532/ Ce e indicati al punto 1 della tabella 1 dell’Allegato 1 al regolamento;

b) “altri rifiuti inerti di origine minerale”: i rifiuti non appartenenti al capitolo 17 dell’Elenco europeo dei rifiuti di cui alla decisione della Commissione 2000/532/Ce e indicati al punto 2 della tabella 1 dell’Allegato 1 al regolamento;

c) “rifiuti inerti”: i rifiuti solidi dalle attività di costruzione e demolizione e al-

tri rifiuti inerti di origine minerale che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa; i rifiuti inerti non si dissolvono, non bruciano né sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili e, in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana.

Le nuove definizioni

Nuove sono le definizioni di “aggregato riciclato” e “aggregato artificiale” e la modifica conseguente di “aggregato recuperato”:

d) “aggregato riciclato”: aggregato minerale risultante dal recupero di rifiuti di materiale inorganico precedentemente utilizzato nelle costruzioni; e) “aggregato artificiale”: aggregato di origine minerale risultante dal recupero di rifiuti derivante da un processo industriale che implica una modificazione termica o di altro tipo; f) “aggregato recuperato”: aggregato riciclato o artificiale prodotto dai rifiuti di cui alle lettere  a) e b) che hanno cessato di essere tali a seguito di una o più operazioni di recupero nel rispetto delle condizioni di cui all’articolo 184-ter, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006, e delle disposizioni del regolamento.

Le definizioni inalterate

g) “lotto di aggregato recuperato”: un quantitativo non superiore ai 3.000 metri cubi di aggregato recuperato; h) “produttore di aggregato recuperato” o “produttore”: il gestore dell’impianto autorizzato per la produzione di aggregato recuperato; i) “dichiarazione di conformità”: la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà rilasciata dal produttore attestante le caratteristiche dell’aggregato recuperato;

j) “Autorità competente”: l’Autorità che rilascia l’autorizzazione ai sensi del Titolo III-bis della Parte II o del Titolo I, Capo IV, della Parte IV del decreto legislativo 152/2006, ovvero l’Autorità destinataria della comunicazione di cui all’articolo 216 del medesimo decreto legislativo.

La natura delle definizioni è perfettamente sovrapponibile, pur nella specificità dei rifiuti oggetto del regolamento, a quelle indicate dal legislatore negli altri decreti “End of waste”. Viene, infatti, fornita la definizione dei rifiuti ammessi all’operazione di recupero, il materiale che ha cessato di essere rifiuto dopo essere stato sottoposto ad una

operazione di recupero, l’ampiezza del lotto sul quale effettuare i controlli e la dichiarazione di conformità, la natura di detta dichiarazione che rappresenta il documento che attesta la cessazione della qualifica di rifiuto per i materiali “End of waste”, l’Autorità deputata al rilascio delle diverse tipologie di autorizzazioni per gli impianti di recupero (Aia, autorizzazione unica, comunicazione per le procedure semplificate).

Criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto

Gli articoli 3 e 4 riportano i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto, ai sensi dell’articolo 184 -ter del Dlgs 152/2006.

I rifiuti inerti da costruzione e demolizione e gli altri rifiuti inerti di origine minerale cessano di essere qualificati tali e diventano aggregato recuperato nel rispetto dei seguenti criteri:

• la conformità ai criteri di cui all’Allegato 1 che riguardano in primis i rifiuti ammessi;

• l’utilizzo esclusivamente per gli scopi specifici elencati nell’Allegato 2.

L’Allegato 1 è quello significativamente modificato.

Nella parte  a) elenca in tabella 1 (punti 1 e 2) i rifiuti inerti da costruzione e demolizione e i rifiuti inerti di origine minerale ammessi alla produzione di aggregato riciclato e le relative esclusioni. Sono esclusi dai rifiuti inerti che possono cessare la qualifica di rifiuti i rifiuti interrati (non vengono più vietati i rifiuti abbandonati) e si aggiungono invece le terre e rocce da scavo con codice EER 17 05 04 provenienti da bonifica di siti contaminati.

Nello specifico, il punto  1. riporta i seguenti rifiuti inerti dalle attività di costruzione e di demolizione (Capitolo 17 dell’Elenco europeo dei rifiuti):

17 01 01 Cemento

17 01 02 Mattoni

17 01 03 Mattonelle e ceramiche

17 01 07 Miscugli o scorie di cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche, diverse da quelle di cui alla voce 17 01 06

17 03 02 Miscele bituminose diverse da quelle di cui alla voce 170301

17 05 04 Terre e rocce da scavo, diverse da quelle di cui alla voce 170503

17 05 08 Pietrisco per massicciate ferroviarie, diverso da quello di cui alla voce 170507

17 09 04 Rifiuti misti dell’attività di costruzione e demolizione, diversi da quelli di cui alle voci 17 09 01, 17 09 02 e 17 09 03

Il punto  2. elenca gli altri rifiuti inerti di origine minerale (non appartenenti al Capitolo 17 dell’Elenco europeo dei rifiuti) con un importante inserimento: 20 03 01 “rifiuti urbani non differenziati, limitatamente alla frazione inerte dei rifiuti abbandonati provenienti da attività di costruzione e demolizione”.

Gli altri rifiuti sono quelli già elencati nel Dm 152/2022:

01 04 08 Scarti di ghiaia e pietrisco, diversi da quelli di cui alla voce 01 04 07 01 04 09 Scarti di sabbia e argilla 01 04 10 Polveri e residui affini, diversi da quelli di cui alla voce 01 04 07 01 04 13 Rifiuti prodotti dal taglio e dalla segagione della pietra, diversi da quelli di cui alla voce01 04 07 10 12 01 Residui di miscela di preparazione non sottoposti a trattamento termico 10 12 06 Stampi di scarto costituiti esclusivamente da sfridi e scarti di prodotti ceramici crudi smaltati e cotti o da sfridi di laterizio cotto e argilla espansa eventualmente ricoperti con smalto crudo in concentrazione <10% in peso 10 12 08 Scarti di ceramica, mattoni, mattonelle e materiali da costruzione (sottoposti a trattamento termico)

10 13 11 Rifiuti della produzione di materiali compositi a base di cemento, diversi da quelli di cui alle voci 10 13 09 e 10 13 10

12 01 17 Residui di materiale di sabbiatura, diversi da quelli di cui alla voce 12 01 16 costituiti esclusivamente da sabbie abrasive di scarto 19 12 09 Minerali (ad esempio, sabbia, rocce).

Nella parte  b) dell’Allegato 1 sono, invece, elencate le verifiche da effettuare all’ingresso nell’impianto di recupero. Queste, in analogia agli altri decreti End of waste, sono dettagliate e finalizzate a garantire che tutto il processo, dall’ingresso dei rifiuti alla produzione del materiale End of waste sia completamente monitorato e tutti i flussi siano tracciati. Le procedure indicate nel nuovo decreto ricalcano quelle stabilite dal Dm 152/2022. Per garantirle il produttore deve predisporre una procedura per la gestione, la tracciabilità e la rendicontazione delle non conformità riscontrate. Per le imprese registrate Emas ai sensi del regolamento (Ce) n. 1221/2009 ovvero certificate Uni En Iso 14001 il sistema di controllo è integrato nel sistema di gestione ambientale.

Il sistema messo in atto deve almeno prevedere:

• l’esame della documentazione a corredo del carico dei rifiuti in ingresso da

parte di personale con appropriato livello di formazione e addestramento;

• il controllo visivo del carico di rifiuti in ingresso;

• la pesatura e registrazione dei dati relativi al carico dei rifiuti in ingresso. L’accettazione dei rifiuti avviene solo ove l’esame della documentazione a corredo e il controllo visivo abbiano dato esito positivo da parte di personale con formazione e aggiornamento periodico, che deve provvedere alla selezione dei rifiuti, rimuovere e mantenere separato qualsiasi materiale estraneo.

Altre prescrizioni riguardano lo stoccaggio separato dei rifiuti risultati non conformi, lo stoccaggio in aree idonee dei rifiuti conformi in modo da impedire la miscelazione anche accidentale con altre tipologie di rifiuti non ammessi, la movimentazione dei rifiuti avviati alla produzione di aggregato recuperato da parte di personale con formazione e aggiornamento periodico e in grado di garantire la non contaminazione dei rifiuti stessi con materiale estraneo, i controlli supplementari, anche analitici, da effettuarsi a campione ovvero ogniqualvolta l’analisi della documentazione o il controllo visivo ne indichi la necessità.

Nella parte  c), sostanzialmente simile alla precedente versione, viene indicato il processo di recupero che porta alla produzione dell’aggregato riciclato mediante fasi meccaniche tecnologicamente interconnesse. Il processo di lavorazione minimo deve prevedere, a mero titolo esemplificativo, la macinazione, la vagliatura, la selezione granulometrica, la separazione della frazione metallica e delle frazioni indesiderate. Il processo di recupero, a seconda del tipo di materiale, può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto di cui alle tabelle 2 e 3 del regolamento.

I singoli lotti di produzione non dovranno essere miscelati.

Per l’intero periodo di giacenza del materiale recuperato presso l’impianto di trattamento all’interno del quale è stato prodotto, esso è depositato e movimentato all’interno dello stesso e nelle aree di deposito adibite allo scopo. Sono fatte salve tutte le disposizioni vigenti in materia di sicurezza e prevenzione nei luoghi di lavoro e le disposizioni autorizzative specifiche.

La parte  d), che riporta i requisiti di qualità dell’aggregato riciclato, è quella più specifica e, inoltre, quella che è stata oggetto di significativi aggiornamen-

ti, essendo la parte sulla quale gli operatori del settore avevano sollevato osservazioni ed evidenziato le maggiori criticità applicative.

La principale novità riguarda le caratteristiche che l’aggregato recuperato deve possedere per qualificarsi tale, caratteristiche differenti a seconda dei diversi utilizzi cui sono destinati i lotti di aggregato recuperato prodotto. La tabella 2 sui parametri da ricercare e valori limite di concentrazione ammessi per i diversi inquinanti risulta completamente riscritta e le concentrazioni limite di utilizzo inserite in tre differenti colonne mutano a seconda dei 9 utilizzi esplicitati nell’Allegato 2.

Gli utilizzi individuati sono più ampi e parzialmente rivisti rispetto al Dm 152/2022, e prevedono:

a) realizzazione di recuperi ambientali, riempimenti e colmate;

b) realizzazione del corpo dei rilevati di opere in terra dell’ingegneria civile; c) realizzazione di miscele bituminose e sottofondi stradali, ferroviari, aeroportuali e di piazzali civili ed industriali;

d) realizzazione di strati di fondazione delle infrastrutture di trasporto e di piazzali civili ed industriali; e) realizzazione di strati accessori aventi, a titolo esemplificativo, funzione anticapillare, antigelo, drenante; f) confezionamento di miscele legate con leganti idraulici (quali, a titolo esemplificativo, misti cementati, miscele betonabili); g) confezionamento di calcestruzzi; h) produzione di clinker per cemento; i) produzione di cemento.

Nuovi sono gli utilizzi indicati alle lettere h) e i).

Nel punto  d.1) sono elencati i parametri da analizzare, l’unità di misura e la concentrazione limite di riferimento differenziata, come detto, per ciascun utilizzo. I valori limite più stringenti sono riportati nella terza colonna della tabella 2, mentre quelli meno restrittivi nella colonna 4. I parametri da ricercare sono l’amianto, il cui valore è uguale per tutti i materiali e pari a 100 mg/ Kg espressi come sostanza secca, e poi gli idrocarburi aromatici, gli IPA, del fenolo, il PCB, gli idrocarburi con C >12, il Cromo VI, i materiali galleggianti e le frazioni estranee (per questi ultimi due parametri, la ricerca va fatta solo qualora siano definiti dagli standard tecnici di prodotto). I valori indicati, tratti dalla normativa in materia di bonifica,

rappresentano le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) differenziate a seconda della tipologia dei suoli (a verde pubblico e residenziale e commerciale e industriale) così come riportate nella tabella 1, colonne A e B dell’Allegato 5 alla Parte Quarta del Dlgs 152/2006.

I valori della colonna A, prima previsti per tutti gli aggregati recuperati nei diversi usi consentiti, trovano ora applicazione solo ai lotti di aggregato recuperato destinato a realizzazione di recuperi ambientali, riempimenti e colmate (lettera a) dell’Allegato 2).

La quarta colonna della tabella 2 riporta, come detto, i medesimi parametri, ma le concentrazioni limite di utilizzo corrispondono alle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) dei suoli a uso commerciale e industriale.

Questi valori, notevolmente più elevati, trovano applicazione per i lotti di aggregato recuperato destinato agli utilizzi di cui alle lettere  b), c), d), e), f) e g) dell’Allegato 2.

Ai lotti di aggregato recuperato destinati agli utilizzi di cui alle lettere  h), “produzione di clinker per cemento” ed i), “produzione di cemento” si applica esclusivamente il valore limite di concentrazione per l’amianto (100 mg/kg, espressi come sostanza secca).

Le modifiche prima elencate, approvate anche da Ispra e Iss, tengono conto delle richieste degli operatori del settore che avevano sollevato molte difficoltà applicative riguardo alla scelta di assimilazione dell’aggregato recuperato al suolo con conseguente fissazione, come concentrazioni limite degli inquinanti per la cessazione della qualifica di rifiuto, le CSC dei suoli ad uso residenziale e verde pubblico. Tali concentrazioni, vista la tipologia dei rifiuti ammessi a produrre l’aggregato recuperato (vedi, ad esempio, miscele bituminose) sarebbero state nella maggior parte dei casi superate rendendo impossibile la produzione di un materiale Eow.

Il punto  d.2) riporta il test di cessione dell’aggregato recuperato, i cui valori devono essere rispettati ad esclusione dei lotti di aggregato recuperato destinato al confezionamento dei calcestruzzi di cui alle NTC 2018 con classe di resistenza maggiore o uguale di C 12/15. Sono altresì esclusi i lotti di aggregato recuperato destinato alla produzione di clinker per cemento e per produzione di cemento.

Rispetto al decreto abrogato vengono cambiate le norme di riferimento e aggiunte queste due ultime esclusioni. I valori limite da rispettare (tabella 3) da

parte dell’aggregato, sottoposto a test di cessione, secondo l’Appendice A alla norma Uni 10802 e la metodica prevista dalla norma Uni En 12457-2, che è quella indicata nell’Allegato 3 del Dm 5 febbraio 1998, restano invariati rispetto alla precedente formulazione del decreto, in cui erano già state innalzate le concentrazioni limite per i cloruri e i solfati, portandole entrambe a 750 mg/l.

La parte  e) dell’Allegato 1 elenca le norme tecniche di riferimento (tabella 4) per l’attribuzione della marcatura CE all’aggregato recuperato, in base all’impiego cui è destinato (aggregati legati e non legati con leganti idraulici per opere di ingegneria civile e costruzione delle strade, aggregati per calcestruzzo, per malta, per miscele bituminose ecc).

Nell’Allegato 2, come già detto e specificato nell’articolo 4 del regolamento, sono riportati i nuovi usi consentiti per l’aggregato recuperato.

La tabella 5 riporta l’elenco delle norme tecniche per l’utilizzo dell’aggregato recuperato, che nel nuovo decreto appare modificato con riferimenti aggiornati e inseriti anche in relazione ai nuovi impieghi consentiti.

Infine, sono indicate anche le norme tecniche prestazionali (norme Uni) per l’utilizzo dell’aggregato recuperato, differenziate in base allo specifico impiego (tabella 6).

La Dichiarazione di conformità e le modalità di detenzione dei campioni

L’articolo 5 del regolamento disciplina, come nel Dm 152/2022, la dichiarazione di conformità redatta per ciascun lotto non superiore a 3.000 m3, che il produttore dell’aggregato recuperato deve effettuare per dichiarare la conformità dell’aggregato stesso ai criteri e ai requisiti fissati dal regolamento.

L’attestazione è una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ai sensi dell’articolo 47 del Dpr 28 dicembre 2000, n. 445. Essa deve essere inviata, entro 6 mesi dalla produzione del lotto cui si riferisce e comunque prima dell’uscita dello stesso dall’impianto, all’Autorità competente e all’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente territorialmente competente. Questo termine, in precedenza non previsto, viene inserito nel nuovo decreto. Le dichiarazioni sono redatte utilizzando il modulo di cui all’Allegato 3, che viene in parte modificato per tener conto dei nuovi utilizzi dell’aggregato recuperato; vengono, inoltre, aggiornate e modi-

ficate le norme tecniche di conformità. Le dichiarazioni devono essere inviate, anche in forma cumulativa, con una delle modalità di cui all’articolo 65 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. Il produttore di aggregato recuperato deve conservare copia della dichiarazione di conformità, presso l’impianto di produzione o presso la propria sede legale, anche in formato elettronico, mettendola a disposizione delle Autorità di controllo che la richiedano per un periodo di 5 anni. In precedenza non erano indicati i tempi di conservazione.

Ai fini della dimostrazione della sussistenza dei criteri dell’Eow di cui all’articolo 3 del decreto, il produttore di aggregato recuperato deve prelevare un campione di materiale da ogni lotto di aggregato prodotto in conformità alla norma Uni 10802, eventualmente avvalendosi delle modalità di campionamento dei rifiuti da costruzione di cui alla norma Uni/Tr 11682. Tali campioni sono conservati presso l’impianto di produzione o presso la propria sede legale per un anno dalla data dell’invio della dichiarazione di conformità, che attesta la produzione del lotto dal quale sono stati prelevati. In precedenza il tempo fissato per la conservazione dei campioni era 5 anni.

Le modalità di conservazione del campione devono garantire la non alterazione delle caratteristiche chimico -fisiche del materiale per consentire la ripetizione delle analisi.

Il Sistema di gestione

L’articolo 6 del regolamento disciplina il sistema di gestione che, rispetto al Dm 152/2022, appare significativamente modificato.

Prima, infatti, il produttore di aggregato recuperato doveva applicare un sistema di gestione della qualità secondo la norma Uni En Iso 9001, certificato da un organismo accreditato ai sensi della normativa vigente, atto a dimostrare il rispetto dei requisiti del regolamento. Veniva anche previsto un manuale della qualità che doveva riportare le procedure operative per il controllo della conformità ai criteri e alle prescrizioni riportate nell’Allegato 1, il piano di campionamento e dell’automonitoraggio. Molte criticità erano state sollevate sull’applicazione della norma En Iso 90001 e sul manuale di qualità. Il nuovo decreto semplifica stabilendo che il produttore di aggregato recuperato, eventualmente anche tramite l’accesso a procedure di accreditamento, si doti di un sistema di gestione idoneo a dimostrare il rispetto dei criteri di cui al

regolamento, comprensivo del controllo della qualità e dell’automonitoraggio. Resta immutata la disposizione che prevede che, per le imprese registrate Emas ovvero in possesso della certificazione ambientale Uni En Iso 140001, rilasciata da organismo accreditato, non si applichino le disposizioni relative alla conservazione del campione.

Il Monitoraggio

Come per il Dm 152/2022, l’articolo 7 riguarda il “Monitoraggio”. La volontà del Legislatore è quella di procedere eventualmente ad una revisione del nuovo decreto. A tal fine viene disciplinato che, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento, acquisiti i dati di monitoraggio relativi all’attuazione delle disposizioni stabilite dallo stesso attraverso il Registro nazionale delle autorizzazioni al recupero (ReCER) di cui all’articolo 184-ter, comma 3-sep ties , del decreto legislativo n. 152 del 2006, il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica valuti l’opportunità di procedere ad una revisione dei criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto per l’aggregato recuperato.

Il Regime transitorio

L’articolo 8, come per tutti i decreti nazionali “End of waste”, riporta i termini

per l’adeguamento delle autorizzazioni. È sostanzialmente simile al precedente decreto.

I produttori di aggregato riciclato, che operano in regime semplificato ex articolo 216 del Dlgs 152/2006, avranno 180 giorni di tempo dall’entrata in vigore del decreto (ossia il 26 settembre 2024) per presentare all’Autorità competente un aggiornamento della comunicazione, indicando la quantità massima recuperabile. Per le procedure semplificate continueranno ad applicarsi le disposizioni sui limiti quantitativi (Allegato IV), i valori limite delle emissioni di cui all’Allegato 1, sub Allegato 2 al Dm del 5 febbraio 1998, nonché le norme di cui all’Allegato 5 relative all’operazione di messa in riserva. I produttori, invece, che operano in regime ordinario ai sensi del Capo IV del Titolo I della Parte IV ovvero del Titolo III-bis della Parte II del decreto legislativo n. 152 del 2006, sempre entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto dovranno presentare all’Autorità competente un’istanza di aggiornamento dell’Aua o dell’Aia. Viene comunque consentito che nelle more dell’efficacia dell’aggiornamento delle comunicazioni effettuate ai sensi dell’articolo 216 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e delle autorizzazio -

ni concesse ai sensi del Capo IV, del Titolo 1, della parte IV, ovvero del Titolo III-bis , della Parte I del medesimo decreto, i produttori di aggregato recuperato possano continuare ad operare in conformità ai titoli posseduti prima dell’aggiornamento. Viene anche disciplinato il caso in cui all’entrata in vigore del regolamento l’autorizzazione sia in fase di rinnovo: in questo caso i produttori di aggregato recuperato potranno operare, fino alla conclusione della stessa, in conformità ai titoli oggetto di rinnovo.

Uguale al precedente decreto è la disposizione che stabilisce che i materiali prodotti fino al momento dell’intervenuta efficacia dell’aggiornamento o del rinnovo, nonché quelli che risultano in esito alle procedure di recupero già autorizzate, possano essere utilizzati in conformità alla comunicazione effettuata ai sensi dell’articolo 216 o nel rispetto dell’autorizzazione unica o Aia già concessa.

Il comma 4 stabilisce, infine, che, fatta salva la disciplina sulla conservazione del campione di aggregato recuperato, i produttori dovranno operare nel rispetto dei criteri contenuti nel regolamento, a seguito dell’ottenimento dell’aggiornamento o del rinnovo delle autorizzazioni o del decorso dei termini di efficacia della comunicazione aggiornata.

Legislazione norme nazionali

Approvati gli

Statuti dei Consorzi

Biorepack e Polieco

Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica

Decreto 10 luglio 2024, n. 253

(Pubblicato sul sito Internet del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica)

Modifica del decreto ministeriale

19 gennaio 2024, n. 28

Il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica

Vista la legge 8 luglio 1986, n. 349, recante “Istituzione del Ministero dell’ambiente e norme in materia di danno ambientale”;

Visto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante “Norme in materia ambientale”, ed in particolare la Parte quarta relativa alle norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati”, che disciplina le modalità del servizio di gestione integrata dei rifiuti;

Visto il decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116, recante “Attuazione della direttiva (Ue) 2018/851 che modifica la direttiva 2008/98/Ce relativa ai rifiuti nonché l’attuazione della direttiva (Ue) 2018/852 che modifica la direttiva 1994/62/Ce sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio” e, in particolare, l’articolo 6;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 21 ottobre 2022, con il quale l’On. Gilberto Pichetto Fratin è stato nominato Ministro della transizione ecologica;

Visto il decreto -legge 11 novembre 2022, n. 173, come modificato dalla legge di conversione 16 dicembre 2022, n. 204, recante “Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri” con il quale il Ministero della transizione ecologica ha assunto la denominazione di Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2022, con il quale l’On. Gilberto Pichetto Fratin è stato nominato Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica; Visto il decreto ministeriale 19 gennaio 2024, n. 28;

Considerato che, alla data di adozione del suddetto decreto, gli statuti dei consorzi Polieco e Biorepack erano in corso di registrazione notarile;

Vista la nota acquisita al prot. n. 71167 del 16 aprile 2024 con cui il consorzio Polieco ha trasmesso lo statuto rogitato; Vista la nota acquisita al prot. n. 101214 del 31 maggio 2024 con cui il consorzio Biorepack ha trasmesso lo statuto rogitato; Vista la necessità di apportare al decreto ministeriale 19 gennaio 2024, n. 28 le modifiche conseguenti; Decreta

Articolo 1

Modifiche all’articolo 1 del decreto ministeriale 19 gennaio 2024, n. 28 1. All’articolo 1 del decreto ministeriale 19 gennaio 2024, n. 28, sono apportate le seguenti modificazioni: al comma 1, le parole “Sono approvati gli statuti adeguati, ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116, dei seguenti Consorzi e sistemi autonomi, allegati al presente decreto e che ne costituiscono parte integrante” sono sostituite dalle seguenti: “Gli statuti dei seguenti Consorzi ex lege e sistemi autonomi, allegati al presente decreto e che ne costituiscono parte integrante, sono conformi alle disposizioni dettate in materia di responsabilità estesa del produttore, ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116”. Sono, inoltre, espunti i consorzi Polieco e Biorepack dall’elenco dei Consorzi ex lege e dei sistemi autonomi.

2. Il comma 2 è soppresso.

Articolo 2

Adeguamento dello statuto del Consorzio Polieco alle disposizioni in materia di responsabilità estesa del produttore

1. Lo statuto del Consorzio Polieco, allegato e parte integrante del presente decreto, è conforme alle disposizioni dettate in materia di responsabilità estesa del produttore ai sensi dell’articolo 6

del decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116.

Articolo 3

Adeguamento dello statuto del consorzio Biorepack alle disposizioni in materia di responsabilità estesa del produttore

1. Lo statuto del Consorzio Biorepack, allegato e parte integrante del presente de-

creto, è conforme alle disposizioni dettate in materia di responsabilità estesa del produttore, ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116.

Al presente decreto sarà data adeguata pubblicità.

Gli allegati sono reperibili in Normati va Rifiuti in Reteambiente – Osservato

rio di normativa ambientale al seguen te link

https://shorturl.at/eIvq5

Corsi base rifiuti Per inquadrare problemi e opportunità

Coordinamento scientifico: Paola Ficco

Mercoledì 16 ottobre 2024 10:00-15:30

RIFIUTI: tra produzione e gestione Chi sono i soggetti responsabili e cosa devono fare

Relatori:

Paola Ficco (Avvocato - Giurista ambientale)

Daniele Bagon (Segretario Albo nazionale gestori ambientali – Sez. regionale Liguria, Esperto della Rivista Rifiuti)

www.reteambienteformazione.it

Contatti

Linea diretta Formazione sui rifiuti: 02 45487380 Mail: segreteria@reteambienteformazione.it

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Legislazione

Piano Transizione 5.0

Ministero delle imprese e del Made in italy

Decreto 24 luglio 2024

Attuazione dell’articolo 38 del decreto -legge 2 marzo 2024, n. 19, convertito con modificazioni dalla legge 29 aprile 2024, n. 56, recante le modalità attuative del Piano Transizione 5.0. – Stralcio

(…)

Articolo 5

Progetti di innovazione non ammissibili

1. Al fine di garantire il rispetto del principio di non arrecare un danno significativo all’ambiente ai sensi dell’articolo 17 del regolamento (Ue) n. 852/2020 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2020, fermo restando il rispetto dei requisiti richiesti per gli investimenti di cui agli articoli 6 e 7 secondo quanto previsto dalle schede di controllo riportate all’Allegato 3, non si considerano ammissibili al beneficio i progetti di innovazione destinati:

a) ad attività e attivi direttamente connessi all’uso dei combustibili fossili, compreso l’uso a valle, ad eccezione:

1) di attività e attivi di cui alla lettera  b) per i quali l’uso a valle di combustibili fossili è temporaneo e tecnicamente inevitabile per la tempestiva transizione verso un funzionamento degli stessi senza combustibili fossili;

2) di attivi, quali veicoli agricoli e forestali, come definiti dal regolamento Ue 2013/167 e dal regolamento Ue 2016/1628, per i quali l’utilizzo di combustibili fossili è temporaneo e tecnicamente inevitabile. L’acquisto di tali beni è consentito solo se funzionale al passaggio da un veicolo con motore Stage I o precedente ad uno con motore Stage V secondo i parametri definiti dai rispettivi regolamenti;

b) ad attività nell’ambito del sistema di scambio di quote di emissione dell’Unione europea (ETS) che generano emissioni di gas a effetto serra previste non inferiori ai pertinenti parametri di riferimento, ad eccezione dei progetti di innovazione che: 1) non hanno un impatto diretto sui consumi energetici relativi a flussi di fonte

che rientrano nel piano di monitoraggio della CO2 dell’attività d’impresa; 2) hanno un impatto diretto sui consumi energetici relativi a flussi di fonte che rientrano nel piano di monitoraggio della CO2 dell’attività d’impresa, a condizione che le emissioni dirette di gas ad effetto serra previste al completamento del progetto di innovazione siano inferiori alle emissioni consentite a titolo gratuito nell’esercizio di riferimento del medesimo progetto. Qualora l’attività di innovazione supportata porti a emissioni di gas a effetto serra previste al completamento del progetto che non siano significativamente inferiori ai pertinenti parametri di riferimento, deve essere fornita una spiegazione dei motivi per cui ciò non è possibile; c) ad attività connesse alle discariche di rifiuti, agli inceneritori e agli impianti di trattamento meccanico biologico, ad eccezione:

1) per le attività connesse agli inceneritori, degli investimenti in impianti adibiti esclusivamente al trattamento di rifiuti pericolosi non riciclabili e ad impianti esistenti se il progetto di innovazione, potendone fornire prova per ciascun bene, sia teso ad aumentare l’efficienza energetica, catturare i gas di scarico per lo stoccaggio o l’utilizzo, o recuperare i materiali da residui di combustione, e solo se i medesimi progetti non determinino un aumento della capacità di trattamento dei rifiuti dell’impianto o un’estensione della sua durata di vita;

2) per le attività connesse agli impianti di trattamento meccanico biologico, degli investimenti in impianti di trattamento meccanico biologico esistenti se il progetto di innovazione, potendone fornire prova per ciascun bene, sia teso ad aumentare l’efficienza energetica o migliorare le operazioni di riciclaggio dei rifiuti differenziati al fine di convertirle nel

compostaggio e nella digestione anaerobica di rifiuti organici, e solo se i medesimi progetti non determinino un aumento della capacità di trattamento dei rifiuti dell’impianto o un’estensione della sua durata di vita;

d) ad attività nel cui processo produttivo venga generata un’elevata dose di sostanze inquinanti classificabili come rifiuti speciali pericolosi di cui al regolamento (Ue) n. 1357/2014 della Commissione del 18 dicembre 2014, e il cui smaltimento a lungo termine potrebbe causare un danno all’ambiente, ad eccezione dei progetti di innovazione che:

1) non comportano un incremento dei rifiuti speciali pericolosi generati per unità di prodotto;

2) generano rifiuti speciali pericolosi destinati alle operazioni di recupero o smal-

timento, rispettivamente, da R1 a R12 e da D1 a D12, come definiti dagli allegati B e C nella parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;

3) sono volte a siti industriali che non producono più del 50 per cento in peso di rifiuti speciali pericolosi destinati allo smaltimento, ad eccezione dell’operazione di incenerimento come definita alla voce D10 dell’allegato B nella parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; 4) sono inerenti a siti industriali che negli ultimi cinque anni hanno comunicato per non più di due annualità il superamento dei limiti previsti nell’ambito della produzione di rifiuti pericolosi nell’ambito della Comunicazione “Pollutant Release and Transfer Registers” (PRTR).

2. Non si considerano, altresì, progetti di innovazione ammissibili al beneficio, i

progetti di investimento in beni gratuitamente devolvibili delle imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell’energia, dell’acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento dei rifiuti se:

a) l’effettuazione degli investimenti costituisce un adempimento degli obblighi assunti nei confronti dell’ente pubblico concedente;

b) sono previsti meccanismi, incluso l’adeguamento del corrispettivo del servizio fornito, comunque denominato, o la contribuzione del soggetto concedente, che sterilizzano il rischio economico dell’investimento nei beni strumentali nuovi.

(…)

il commento

Piano Transizione 5.0:

per

ma discariche e inceneritori accedono solo a certe condizioni

di Simona Faccioli

Redazione normativa Reteambiente

Il nuovo Piano Transizione 5.0 è stato istituito dall’articolo 38 del Dl 2 mar zo 2024, n. 19 (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2024, n. 56) recante “Ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano na zionale di ripresa e resilienza (PNRR)” e consiste in un credito d’imposta per le imprese che effettuano nuovi investimenti, a decorrere dal 1º gennaio 2024 al 31 dicembre 2025. Tale agevolazione fiscale è destinata ad aziende con sede nel territorio dello Stato e interviene nell’ambito di progetti di innovazione che comportano una riduzione significativa dei consumi energetici.

Il Piano Transizione 5.0 mette a disposizione delle imprese nel biennio 2024-2025 12,7 miliardi di euro.

Con il decreto interministeriale del 24 luglio 2024 sono individuate le modalità attuative della disciplina del nuovo credito d’imposta, con particolare riferimento all’ambito soggettivo e oggettivo, alla misura del beneficio, alle disposizioni concernenti la procedura di accesso e fruizione dell’agevolazione e ai relativi oneri di presentazione della necessaria documentazione.

La Circolare Operativa del 16 agosto 2024, n. 25877, pubblicata sul sito del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, fornisce chiarimenti tecnici in relazione a specifici profili, utili ai fini della corretta applicazione della nuova disciplina agevolativa.

Per quanto riguarda l’ambito di applicazione dell’agevolazione fiscale, è interessante precisare che l’articolo 5 del Dl 24 luglio 2024 prevede una serie di

soggetti che sono esclusi dal beneficio, al fine di garantire il rispetto del principio di non arrecare un danno significativo all’ambiente ai sensi dell’articolo 17 del regolamento (Ue) n. 852/2020 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2020.

Lo stesso articolo 5 prevede altresì delle eccezioni, ammettendo quindi al beneficio fiscale una serie di attività che riguardano la gestione e la produzione di rifiuti.

In particolare “non si considerano am missibili al beneficio i progetti di inno vazione destinati (…) c) ad attività connesse alle discariche di rifiuti, agli inceneritori e agli im pianti di trattamento meccanico biolo gico, ad eccezione: 1) per le attività connesse agli ince neritori, degli investimenti in impian ti adibiti esclusivamente al trattamen to di rifiuti pericolosi non riciclabili e ad impianti esistenti se il progetto di innovazione, potendone fornire prova per ciascun bene, sia teso ad aumen tare l’efficienza energetica, catturare i gas di scarico per lo stoccaggio o l’u tilizzo, o recuperare i materiali da re sidui di combustione, e solo se i me desimi progetti non determinino un aumento della capacità di trattamento dei rifiuti dell’impianto o un’estensio ne della sua durata di vita; 2) per le attività connesse agli impian ti di trattamento meccanico biologico, degli investimenti in impianti di trat tamento meccanico biologico esisten ti se il progetto di innovazione, poten done fornire prova per ciascun bene, sia teso ad aumentare l’efficienza ener getica o migliorare le operazioni di ri ciclaggio dei rifiuti differenziati al fine

di convertirle nel compostaggio e nel la digestione anaerobica di rifiuti or ganici, e solo se i medesimi progetti non determinino un aumento della ca pacità di trattamento dei rifiuti dell’im pianto o un’estensione della sua dura ta di vita;

d) ad attività nel cui processo produt tivo venga generata un’elevata dose di sostanze inquinanti classificabili come rifiuti speciali pericolosi di cui al rego lamento (Ue) n. 1357/2014 della Com missione del 18 dicembre 2014, e il cui smaltimento a lungo termine po trebbe causare un danno all’ambien te, ad eccezione dei progetti di inno vazione che:

1) non comportano un incremento dei

Tipologia di agevolazione

rifiuti speciali pericolosi generati per unità di prodotto;

2) generano rifiuti speciali pericolosi destinati alle operazioni di recupero o smaltimento, rispettivamente, da R1 a R12 e da D1 a D12, come definiti dagli allegati B e C nella parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; 3) sono volte a siti industriali che non producono più del 50 per cento in pe so di rifiuti speciali pericolosi destinati allo smaltimento, ad eccezione dell’o perazione di incenerimento come defi nita alla voce D10 dell’allegato B nella parte IV del decreto legislativo 3 apri le 2006, n. 152;

4) sono inerenti a siti industriali che negli ultimi cinque anni hanno comu

nicato per non più di due annualità il superamento dei limiti previsti nell’am bito della produzione di rifiuti perico losi nell’ambito della Comunicazione ‘Pollutant Release and Transfer Regi sters’ (PRTR). (…)”

Nella scheda che segue sono indicate le condizioni e modalità per accedere all’agevolazione fiscale, che, come visto sopra, a determinate condizioni è aperta anche ad attività connesse alle discariche di rifiuti, agli inceneritori e agli impianti di trattamento meccanico biologico nonché ad attività produttive che generano rifiuti speciali pericolosi.

La misura consiste in un’agevolazione sotto forma di credito d’imposta proporzionale alla spesa sostenuta per nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, effettuati nel biennio 2024-2025.

Condizioni per accedere all’agevolazione Il credito d’imposta è riconosciuto a condizione che si realizzi una riduzione dei consumi energetici di almeno il 3% per la struttura produttiva o, in alternativa, di almeno il 5% del processo interessato dall’investimento.

Soggetti ammessi

Esclusioni ed eccezioni (articolo 5, Dl 24 luglio 2024)

Ammontare dell’agevolazione

Modalità di utilizzo del credito d’imposta

Possono beneficiare del contributo tutte le imprese residenti e le stabili organizzazioni con sede in Italia, a prescindere dalla forma giuridica, dal settore economico, dalla dimensione e dal regime fiscale adottato per la determinazione del reddito d’impresa.

Si rimanda a quanto sopra descritto.

Il credito d’imposta è determinato sulla base delle spese agevolabili per gli investimenti di cui agli articoli da 6 a 8 del Dl 2 marzo 2024, n. 19 e della riduzione dei consumi energetici conseguita, alle condizioni previste dall’articolo 9, nell’ambito di ciascun progetto di innovazione.

Il credito d’imposta riconosciuto è utilizzabile esclusivamente in compensazione nel modello F24 presentato tramite i servizi telematici offerti dall’Agenzia delle Entrate, entro la data del 31 dicembre 2025, decorsi 5 giorni dalla regolare trasmissione dei dati all’Agenzia delle Entrate da parte del GSE. L’eventuale credito non ancora utilizzato alla data del 31 dicembre 2025 è riportato in avanti ed è utilizzabile in 5 quote annuali di pari importo.

Procedura per l’accesso all’agevolazione La procedura per l’accesso all’agevolazione è subordinata alla presentazione di una certificazione “ex ante”, attestante la riduzione dei consumi energetici conseguibile mediante gli investimenti progettati, ed una “ex post”, comprovante l’effettiva realizzazione degli investimenti in conformità alla certificazione ex ante

Soggetti abilitati al rilascio delle certificazioni

I soggetti abilitati al rilascio delle certificazioni sono:

• gli Esperti in Gestione dell’Energia (EGE), certificati da organismo accreditato secondo la norma UNI CEI 11339;

• le Energy Service Company (ESCo), certificate da organismo accreditato secondo la norma UNI CEI 11352;

• gli ingegneri iscritti nelle sezioni A e B dell’Albo professionale, nonché i periti industriali e i periti industriali laureati iscritti all’Albo professionale nelle sezioni “meccanica ed efficienza energetica” e “impiantistica elettrica ed automazione”, con competenze e comprovata esperienza nell’ambito dell’efficienza energetica dei processi produttivi. (segue)

Piano Transizione 5.0

(segue)

Fasi della procedura

Presentazione delle comunicazioni preventive dirette alla prenotazione del credito d’imposta (Decreto direttoriale 6 agosto 2024)

• Per la prenotazione del credito d’imposta le imprese inviano una comunicazione preventiva, corredata dalla certificazione ex‑ante, tramite la Piattaforma Informatica “Transizione 5.0” accessibile tramite SPID dall’Area Clienti del sito istituzionale del GSE.

Le comunicazioni preventive inviate saranno valutate e gestite dal GSE secondo l’ordine cronologico di invio, verificando esclusivamente il corretto caricamento sulla Piattaforma informatica dei dati e la completezza dei documenti e delle informazioni rese e il rispetto del limite massimo dei costi ammissibili per singola impresa beneficiaria per anno (50 mln €).

• Entro 30 giorni dalla conferma del credito prenotato (ricevuta di conferma) l’impresa trasmette una comunicazione relativa all’effettuazione degli ordini accettati dal venditore con pagamento a titolo di acconto, in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione dei beni di cui agli Allegati A/B e impianti di autoproduzione.

• A seguito del completamento del progetto di innovazione l’impresa trasmette una comunicazione di completamento, corredata dalla certificazione ex‑post, contenente le informazioni necessarie ad individuare il progetto di innovazione completato.

Le comunicazioni preventive dirette alla prenotazione del credito d’imposta e le comunicazioni di conferma relative all’effettuazione degli ordini accettati dal venditore con pagamento a titolo di acconto in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione, dovranno essere presentate esclusivamente, a partire dalle ore 12:00 del giorno 7 agosto 2024, tramite il sistema telematico del sito internet del GSE, nell’apposita sezione “Transizione 5.0” accessibile tramite SPID, utilizzando i modelli e le istruzioni di compilazione ivi resi disponibili.

Presentazione delle comunicazioni di completamento dei progetti di innovazione (Decreto direttoriale 11 settembre 2024)

Informazioni e contatti

Le comunicazioni sono presentate a decorrere dalle ore 12:00 del 12 settem bre 2024, esclusivamente tramite il sistema telematico per la gestione della misura disponibile nell’apposita sezione “Transizione 5.0” del sito internet del GSE, accessibile tramite SPID.

Non è indicata una data di chiusura per la presentazione.

Le eventuali richieste di supporto tecnico possono essere inviate tramite il servizio “Transizione 5.0” del sito internet del GSE.

Nella sezione Transizione 5.0 del sito internet del GSE saranno pubblicate le FAQ.

Giurisprudenza

Cancellazione obbligatoria da Albo gestori per i trasportatori con irregolarità contributive

Consiglio di Stato Sentenza 7 agosto 2024, n. 7016

La massima

Per poter essere iscritti all’Albo gestori ambientali è necessario che le imprese e gli enti siano, fra le altre condizioni, in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali nei confronti dei lavoratori. È quindi non solo legittima ma anche necessaria la procedura di avvio del procedimento disciplinare per mancanza dei requisiti di iscrizione nel caso in cui la Sezione regionale dell’Albo rilevi, in esito ad un’interrogazione alla banca Dati Durc online, un’irregolarità relativa agli obblighi contributivi. L’iter sancito dal Dm 120/2014 prevede infatti che in caso di irregolarità contributiva all’impresa non ancora iscritta, le Sezioni regionali debbano negare l’iscrizione, mentre per le imprese iscritte, decorsi 30 giorni dall’accertamento e perdurando lo stesso, le Sezioni debbano avviare l’iter di cancellazione dell’impresa dall’Albo gestori ambientali. (C.K.)

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima) ha pronunciato la presente

Sentenza sul ricorso numero di registro generale 6749 del 2020, proposto da Ditta M. Snc di M.G.M. & C, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato (omissis); contro

Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria (Sezione Prima) n. 1992/2019

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare; Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’articolo 87, comma 4-bis , cod.proc. amm.;

Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 5 giugno 2024 il Consigliere (omissis) e udito l’avvocato (omissis)

Viste, altresì, le conclusioni dell’amministrazione appellata come in atti; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Fatto e diritto

1. La sentenza impugnata ha dichiarato la cessazione della materia del contendere con riferimento alla parte di ricorso con cui la parte appellante aveva impugnato il Diniego di rinnovo dell’iscrizione alla categoria 4 classe E, dell’Albo nazionale dei gestori ambientali Sezione regionale della Calabria, opposto alla parte appellante, con provvedimento prot. n. 9919/2018 del 7 novembre 2018, del suddetto Ente Albo nazionale gestori ambientali – Sezione regionale della Calabria; la sentenza gravata ha invece respinto la contestuale richiesta di risarcimento dei danni avanzata dalla parte.

Avverso la decisione sono dedotti i seguenti motivi di appello:

I. Erroneità della sentenza nº 1992/2019

Tar Calabria, Sezione di Catanzaro per aver pronunciato senza applicare le disposizioni di cui all’articolo 34, comma 5 Cpa. Omessa valutazione della cessata materia del contendere rispetto alla condanna alle spese e competenze. Omessa pronuncia. Violazione e omessa applicazione dell’articolo 92 C.p.c. e dell’articolo 26 Cpa. Omessa applicazione del principio di soccombenza virtuale. Violazione dell’articolo 132, comma 1, punto 4). Errata ed illogica esposizione delle ragioni di diritto in relazione all’illegittimità dei provvedimenti impugnati che avrebbero dato luogo alla soccombenza virtuale ed alla condanna alle spese e competenze del giudizio.

II. Erroneità, illogicità e contraddittorietà della sentenza nº 1992/2019 Tar Calabria,

Sezione di Catanzaro per aver motivato il rigetto della domanda di risarcimento, proposta con il ricorso per motivi aggiunti, con il difetto di prova dell’esistenza e dell’ammontare del danno, per poi specificare che non sono stati depositati elementi idonei a valutare l’esistenza del danno e la sua entità. Omessa valutazione del danno da illegittimo provvedimento. Errata valutazione degli elementi documentali (contratti stipulati prima del diniego d’iscrizione e ineseguiti per impossibilità di rendere la prestazione stante la mancanza del requisito di iscrizione all’Albo gestori di cui al provvedimento impugnato).

2. Si è costituito in giudizio il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, contestando l’avverso dedotto e chiedendo il rigetto del gravame.

3. In diritto si osserva che, con provvedimento prot. n. 9919/2018 del 7 novembre 2018, l’Albo nazionale gestori ambientali – Sezione regionale della Calabria, ha rigettato l’istanza di rinnovo dell’iscrizione alla Categoria 4 classe e dell’Albo nazionale dei gestori ambientali, presentata dalla M. Snc di M.G.

Il diniego è stato motivato per difetto dei requisiti di regolarità contributiva.

Con ricorso iscritto al R.G. n. 1613/2018, la M. Snc ha impugnato innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria il provvedimento in parola, chiedendone l’annullamento per non averle concesso di regolarizzare la propria posizione. Nelle more del giudizio di primo grado, l’amministrazione ha anche avviato un procedimento disciplinare nei confronti della Società, che ha impugnato con motivi aggiunti il relativo provvedimento, chiedendo, altresì, il risarcimento dei danni subìti dall’illegittima decisione amministrativa assunta.

In seguito, l’Albo nazionale gestori ambientali – Sezione regionale della Calabria ha archiviato il procedimento disciplinare e ha disposto il rinnovo dell’iscrizione della M. Snc nella categoria dell’Albo richiesta.

Con la sentenza impugnata, il Tar per la Calabria ha, da un lato, dichiarato la cessata materia del contendere, avendo la ricorrente conseguito il bene della vita auspicato, d’altro lato, rigettato la domanda risarcitoria per difetto di prova quanto all’an e al quantum dei danni paventati. 4. Il primo motivo di appello contesta alla sentenza di aver omesso di accertare la fondatezza della pretesa originariamente avanzata, perché, nonostante la sopravvenuta cessazione della materia del contendere, ciò avrebbe potuto rilevare, in base al principio della soccombenza virtuale, sulla decisione assunta in ordine alle spese del giudizio che il Tribunale ha ritenuto di compensare.

4.1. Il motivo è infondato.

4.1.1. In merito la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha avuto modo di perimetrare i confini entro i quali il Giudice dell’appello può riformare la statuizione sulle spese, precisando che “la statuizione sulle spese e sugli onorari di giudizio costituisce espressione di un ampio potere discrezionale, come tale insindacabile in sede di appello, fatta eccezione per l’ipotesi di condanna della parte totalmente vittoriosa, oppure per il caso che la statuizione sia manifestamente irrazionale o si riferisca al pagamento di somme palesemente inadeguate (così, Consiglio di Stato, Sezione VI, 3 aprile 2019, n. 2208). Secondo il consolidato orientamento di questo Consiglio di Stato, quindi, “il Giudice dispone di ampia discrezionalità in ordine al riconoscimento della sussistenza di giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio, potendo, a tal fine, valutare ogni elemento utile, senza essere tenuto ad indicare specificamente le ragioni della decisione, con il solo limite di non poter condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio o disporre statuizioni abnormi, sicché la pronuncia inerente alle spese processuali risulta censurabile solo se le spese sono state poste, totalmente o parzialmente, a carico della parte vittoriosa, mentre la valutazione di merito sulla compensazione delle spese non è sindacabile per difetto di motivazione (Consiglio di Stato, Sezione III, 15 novembre 2023, n. 9767)” (Consiglio di Stato, Sezione IV, 23 gennaio 2024, n. 739; in senso analogo, si vedano, ex multis , Consiglio di Stato, Sezione V, 15 novembre 2023, n. 9791; Consiglio di Stato, Sezione III, 3 aprile 2023, n. 3407; Consiglio di Stato, Sezione V, 10 marzo 2023, n. 2543; Consiglio di Stato, Sezione V, 6 dicembre 2022, n. 10680; Consiglio di Stato, Sezione IV, 15 luglio 2022, n. 6036).

4.1.2. Per quanto specificamente riguarda la pronuncia che dichiara la cessata materia del contendere, va richiamato il condivisibile arresto contenuto nella sentenza del Consiglio di Stato, Sez, IV, 23 gennaio 2024, n. 739, in base al quale: “la dichiarazione di cessazione della materia del contendere ai sensi dell’articolo 34, comma 5, C.p.a. non impone al Giudice di adottare una statuizione sulle spese processuali che sia favorevole alla parte ricorrente, ma comporta esclusivamente l’obbligo “di provvedere secondo il principio della soccombenza virtuale, salva la facoltà di disporne motivatamente la compensazione, totale o parziale, ai sensi del combinato disposto degli articoli 26 C.p.a. e 92 C.p.c.” (cfr. ex mul tis , Consiglio di Stato, Sezione III, 2 luglio 2021, n. 5083)”.

5. Il secondo motivo di appello censura la sentenza impugnata nella parte in cui

non ha ritenuto provato il danno subito né nell’an , né nel quantum

In punto di fatto, la parte appellante afferma che il danno patito consiste nell’essere stata posta nell’impossibilità di adempiere alle obbligazioni contrattuali già assunte, stante l’incapacità di circolare con i propri mezzi di raccolta di rifiuti speciali, in assenza di autorizzazione.

In punto di diritto, parte appellante richiama la giurisprudenza della Corte di Cassazione che ammette la possibilità di provare il danno patito anche attraverso il ricorso a presunzioni.

Infine, con riguardo all’elemento soggettivo, la doglianza in esame richiama le sentenze di questo Consiglio di Stato, secondo cui, nel caso di responsabilità civile per provvedimenti annullati per illegittimità, si assiste ad un’inversione dell’onere della prova, incombendo sulla P.a. di superare, attraverso adeguate dimostrazioni, la presunzione di colpevolezza derivante dall’illegittimità dell’atto. Quest’ultima, nel caso di specie, si sarebbe palesata con la sopravvenuta regolarizzazione della posizione della parte appellante, disposta a seguito di provvedimento cautelare emesso dal Tar della Calabria, in composizione monocratica.

In conclusione, la parte ritiene di poter quantificare il danno, in via forfettaria, in € 20.000,00 (euro ventimila,00).

5.1. Il motivo è infondato.

5.1.1. È vero, infatti, che ai fini della valutazione della domanda di risarcimento dei danni, che il privato lamenta come rivenienti dalle determinazioni della Pubblica amministrazione, è indispensabile accertare l’illegittimità del provvedimento, anche qualora, come in questo caso, il suo annullamento non risulti più utile al richiedente, ai sensi dell’articolo 34, comma 3, C.p.a.

Ma è altrettanto vero che, nel caso di specie, non può dirsi che il provvedimento originariamente impugnato fosse illegittimo. Il diniego è infatti stato emesso all’esito di un’interrogazione alla Banca Dati Durc on line, interpellata dall’autorità procedente il 27 settembre del 2018, che aveva rilevato che, al Codice fiscale della parte appellante, corrispondeva un Durc non regolare e che, al momento del rigetto dell’istanza, ossia al 5 novembre del 2018, evidenziava l’esistenza di una verifica in corso da parte degli Enti previdenziali. 5.1.2. Da ciò consegue che il provvedimento di rigetto, notificato il 7 novembre del 2018, alla luce delle descritte emergenze documentate elettronicamente, rappresentava in quel momento un atto dovuto. Infatti la circolare 31/Albo Pres dell’8 gennaio del 2018 prevede che, allorquando il sistema, dopo 30 giorni dalla prima richiesta, continui a riportare esiti non positivi, le Sezioni regionali devono negare

l’iscrizione o il suo rinnovo, in mancanza, come in questo caso, del requisito previsto dall’articolo 10, comma 2, lettera  e) del Dm 120/2014 e, se si tratta di impresa iscritta, devono provvedere altresì all’avvio del procedimento disciplinare di cancellazione, ai sensi dell’articolo20, comma 1, lettera b) del medesimo regolamento.

Dunque quella adottata era una scelta pressoché obbligata da parte della Sezione regionale che, in quanto priva di discrezionalità non poteva essere lesiva, e, in quanto priva di alternative, non poteva essere illegittima.

Il che significa che mancavano entrambi gli estremi necessari per configurare un fatto illecito a carico dell’autorità procedente.

5.1.3. In ogni caso la richiesta di risarcimento si rivela infondata nell’an anche per un altro motivo.

Infatti l’amministrazione procedente, il 7 dicembre del 2018, ha tempestivamente provveduto alla sospensione del diniego di iscrizione originariamente opposto (e del relativo procedimento disciplinare nel frattempo avviato nei confronti della parte appellante), dopo che le era stato notificato il decreto cautelare monocratico n. 506/2018 da parte del Tar Catanzaro, riattivando l’istanza di rinnovo dell’iscrizione.

E infine, in seguito alla regolarizzazione della posizione previdenziale della parte appellante, ha accolto l’istanza di rinnovo, contemporaneamente archiviando il procedimento disciplinare i1 4 gennaio del 2019. Questa significa che, in tempi contenuti, indicativi di una gestione corretta e diligente del relativo potere amministrativo, la parte appellata – anche a voler trascurare che l’originario diniego non era, temporibus illis , illegittimo – ha adeguatamente protetto la sfera giuridica della sua controparte del rapporto amministrativo, provvedendo a limitare i danni che questa avrebbe potuto subire dalla situazione in itinere, nelle more dei successivi accertamenti, e dell’eventuale regolarizzazione.

5.1.4. È importante sottolineare quanto precede perché, ai fini della condanna della pubblica amministrazione al risarcimento del danno da atto amministrativo illegittimo, è necessario fornire la prova di tutti gli elementi, oggettivi e soggettivi, previsti dall’articolo 2043 C.c. ed è evidente da quanto ricostruito che, a tutto concedere, sarebbe comunque carente, nel caso di specie l’elemento soggettivo della colpevolezza a carico dell’amministrazione intimata.

Infatti l’unanime giurisprudenza di questo consesso da un lato, esclude che la

responsabilità dell’amministrazione possa configurarsi come conseguenza automatica dell’annullamento del provvedimento illegittimo (ipotesi, ripetesi che comunque nel caso di specie non ricorreva). Occorre, infatti, la prova che dalla colpevole condotta della p.a. sia derivato, secondo un giudizio di causalità immediata e diretta, un danno direttamente ascrivibile alla determinazione contra ius, lesiva del bene della vita cui aspira parte ricorrente (cfr., ex plurimis , Consiglio di Stato, Sezione IV, 19 marzo 2018, n. 1709; id., 14 marzo 2018, n. 1615).

Dall’altro lato, la stessa giurisprudenza precisa che l’illegittimità del provvedimento amministrativo sia solo un indice presuntivo della colpevolezza della p.a. (cfr., ex multis , Consiglio di Stato, Sezione IV, 4 febbraio 2020 n. 909; id., 18 ottobre 2019, n. 7082).

Il che dequota ulteriormente il motivo in esame perché, oltre alla mancanza di un provvedimento illegittimo, dimostra anche che, nella fattispecie di cui alla controversia, mancava la colpevolezza della Pubblica amministrazione, anche sotto la forma minima, cd. della “colpa d’organizzazione.”

5.2. Tanto meno – contrariamente a quanto prospettato dalla doglianza in esame –il danno che la parte appellante avrebbe ingiustamente subìto, risulta sufficientemente dimostrato.

5.2.1. A tal fine va innanzitutto considerato che il periodo nel quale la parte appellante non è stata iscritta all’Albo, è stato estremamente circoscritto, corrispondendo a circa un mese. Arco temporale nel quale sembra effettivamente difficile rinvenire una situazione disagiante tale da incidere sui profitti aziendali.

5.2.2. Né la documentazione contrattuale prodotta dalla parte, a comprova del profitto asseritamente perduto, si rivela particolarmente significativa.

Sono stati infatti prodotti in atti due contratti, stipulati dalla parte appellante con altrettanti committenti, e tuttavia gli stessi risultano essere stati sottoscritti in una data anteriore a quella del mancato rinnovo; questo significa che avevano ad oggetto – in disparte che quest’ultimo, anche nel suo valore, non è immediatamente evincibile dalla documentazione – obbligazioni originariamente eseguibili. Tanto meno vi è prova che essi siano stati risolti dalla controparte per inadempimento imputabile della parte appellante, risultando al contrario che erano ancora validi al momento in cui l’amministrazione dispose la ricordata sospensione del diniego di rinnovo.

Uno dei due contratti, peraltro, risulta essere stato riattivato solo il 2 gennaio del 2019, data nella quale la parte appellante comunicò al committente di avere superato i problemi di iscrizione. Comunicazione che risulta obiettivamente tardiva, considerato che, sin dal 7 dicembre precedente, grazie alla sospensione ottenuta, la parte avrebbe potuto eseguire, senza problemi, la prestazione contrattuale.

Né è stata fornita la prova dell’esistenza di altre problematiche, connesse o meno al rinnovo dell’iscrizione, che impedivano l’esecuzione del contratto nel periodo di tempo intercorso tra il 7 dicembre del 2018 ed il 2 gennaio del 2019, il che dequota ulteriormente la portata probatoria delle allegazioni di parte appellante. È certo che queste ultime circostanze inducono ad addebitare alla parte appellante la maggior parte dei fattori causali che ella, ciò nonostante, indica quali veicoli del danno, tanto da configurare, a carico della stessa, un significativo concorso causale nella produzione della lesione, ai sensi del comma 1 dell’articolo 1227 C.c. 5.2.3. In disparte che i suddetti contratti prevedevano un acconto da corrispondere al prestatore del servizio, pari ad euro mille, che dovrebbero essere stati corrisposti alla parte appellante e che dunque andrebbero detratti dall’importo totale richiesto; dal quale andrebbe altresì detratto il cd. aliud percipiendum – che non dovrebbe essere eccessivamente modesto, considerata la ricordata tempestiva riattivazione dell’iscrizione –.

Il che significa che, a tutto concedere, anche a voler trascurare l’insussistenza di una fattispecie completa sotto il profilo dell’articolo 2043 C.c., si giungerebbe a determinare una posta economica a titolo di risarcimento del danno quasi del tutto irrisoria.

6. Questi motivi inducono al rigetto del gravame. Le ragioni della controversia giustificano la compensazione integrale delle spese di giudizio.

PQM

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Compensa le spese di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di Consiglio del giorno 5 giugno 2024 con l’intervento dei magistrati: (omissis)

Depositata in Cancelleria il 7 agosto 2024

RECUPERO DEI RIFIUTI

dal “recupero diretto” all’End of Waste

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Giurisprudenza

La giurisprudenza più recente in materia di rifiuti

A cura di Costanza Kenda e della Redazione normativa Reteambiente

Tutte le sentenze elencate in questa pagina sono presenti per intero e massimate in Reteambiente – Osservatorio di normativa ambientale (www.reteambiente.it) Area “Normativa rifiuti” e visibili agli abbonati al servizio. Ente

Corte di Cassazione, sezione quinta civile

Corte di Cassazione, sezione terza penale

Consiglio di Stato, sezione quarta

Consiglio di Stato, sezione quarta

Corte di Cassazione, sezione terza penale

Consiglio di Stato, sezione seconda

Sentenza 2 settembre 2024, n. 23530

Sentenza 29 agosto 2024, n. 33287

Sentenza 24 luglio 2024, n. 6709

Tutti i locali e aree potenzialmente produttivi di rifiuti urbani devono pagare la tassa rifiuti, spettando al cittadino provare di avere diritto a una sua riduzione o esenzione nei casi previsti dalla legge

L’abbandono dei rifiuti da parte di una azienda in un’area può nel tempo progredire verso la discarica abusiva, reato più grave e quindi più duramente punito

Le esalazioni dovute alla malagestione di una discarica violano il diritto alla salute dei residenti nelle vicinanze dell’impianto e vanno risarcite anche quando il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare

Sentenza 22 luglio 2024, n. 6597

Sentenza 18 luglio 2024, n. 29076

Un impianto di trattamento fanghi provenienti da un depuratore se realizzato nella stessa area, ma autonomo rispetto a tale depuratore, obbedisce alle norme sui rifiuti perché l’attività non rientra nel ciclo produttivo di depurazione

Il soggetto che trasporta rifiuti senza essere autorizzato risponde del reato ai sensi dell’articolo 256 del Dlgs 152/2006 a prescindere dall’accertamento dell’esatto quantitativo trasportato

Sentenza 9 luglio 2024, n. 6135 È illegittimo l’ordine del Sindaco di rimuovere rifiuti senza avere verificato effettivamente l’oggettivo abbandono degli stessi, attraverso un confronto con il destinatario del provvedimento

Rubriche quesiti

A cura di Paola Ficco

Claudio Rispoli (Chimico Consulente ADR)

La Rivista RIFIUTI pubblica le risposte fornite dai suoi Esperti ai quesiti posti dai Lettori.

Le risposte sono a pagamento. L’entità viene valutata caso per caso ma, ovviamente, è quasi simbolica poiché il servizio fornito riserva un dovuto trattamento di favore agli Abbonati alla Rivista (sia cartacea che on line).

La rubrica si propone come strumento in grado di offrire un supporto operativo alla soluzione dei numerosi problemi interpretativi ed applicativi che sorgono nella produzione, nella gestione e nel controllo dei rifiuti. La pubblicazione è riservata solo a quesiti ritenuti, a insindacabile giudizio dei Curatori della Rubrica, di valenza generale. Ciò al fine di operare una collaborazione culturale e conoscitiva con il Pubblico direttamente coinvolto con le tematiche specifiche.

1658. Formulario o Ddt? L’enigma dei “quantitativi limitati” riporta al “caso per caso” Gestione dei rifiuti generati dall’attività di spurgo dei piezometri prodotti da un laboratorio di analisi. I reflui vengono prodotti nell’ambito dell’esecuzione di indagini ambientali presso siti esterni dei nostri clienti o nell’ambito della realizzazione di piani di monitoraggio per opere pubbliche e/o private. L’attività di spurgo è necessaria per poter eseguire il campionamento e comporta la produzione di quantitativi variabili di acqua di falda. I reflui prodotti da questa attività di spurgo dei piezometri, generalmente classificati con Codice Eer 16 10 02, possono essere trasportati con i mezzi del laboratorio di analisi, regolarmente iscritti al trasporto conto proprio rifiuti presso la sezione dell’Albo

Le opinioni presenti nelle risposte ai quesiti, al pari di tutte le altre presenti nella Rivista, sono espresse a titolo personale. Esse impegnano esclusivamente gli Autori e non sono riferibili né alle istituzioni, né agli enti di appartenenza, né alla Rivista.

Nazionale Gestori Ambientali, presso il proprio laboratorio ai sensi dell’articolo 193, comma 19, Dlgs 152/2006 (rifiuti derivanti da attività di manutenzione e piccoli interventi edili) con Ddt o formulario?

Stante quanto riferito nel quesito, il produttore del rifiuto da attività di spurgo dei piezometri è il laboratorio di analisi. Pertanto, si ritiene che tali rifiuti possano essere trasportati con i mezzi del laboratorio di analisi stesso e con l’iscrizione in categoria 2-bis Albo gestori ambientali usando il formulario ai sensi del richiamato articolo 193, comma 19, Dlgs 152/2006. L’uso del Ddt, in luogo del formulario, è ammesso nel caso in cui si tratti di “quantitativi limitati che non giustificano l’allestimento di un deposito dove è svolta l’attività”

Al riguardo, si tratta di capire cosa significhi esattamente la locuzione “quantitativi limitati”. Sebbene esplicitamente richiesto, tale chiarimento è mancato nella nota Minambiente 14 maggio 2021, n. 0051657, la quale si è limitata ad affermare che “la norma, non indica quantità o limiti dimensionali. (…) occorre quindi valutare le fattispecie di caso in caso e sulla base delle concrete circostanze, della tipologia dell’attività svolta e dei rifiuti prodotti. Infatti, un quantitativo (…) irrilevante per alcuni rifiuti, o in determinate circostanze, potrebbe, invece, avere una potenzialità lesiva o di rischio significativa, se riferito ad altre tipologie di rifiuti o in altre circostanze di luogo o di fatto. D’altra parte, è principio consolidato, nella giurisprudenza penale o amministrativa, come la quantità gestita non sia un parametro indicativo al fine di valutare la lieve entità di una fattispecie”. Quindi, come è evidente non esiste un criterio di carattere generale ma un mero “caso per caso”, affatto rassicurante. Del resto, l’espressione del

Ministero, a fronte della sussistenza dell’attuale tenore dell’articolo 193, comma 19, Dlgs 152/2006, non poteva essere diversa. Con l’auspicio che tale norma possa essere riformulata, allo stato attuale, è sicuramente possibile sostituire il formulario con il Ddt, fermo restando che in caso di controllo sarà necessario dimostrare la limitatezza del quantitativo trasportato.

1659. Recupero agevolato, le caratteristiche del rifiuto sono riferite a quanto viene recuperato Società autorizzata in AIA al recupero R5 di rifiuti di mattoni refrattari appartenenti alla tipologia 7.8 dell’Allegato 1, suballegato 1 al Dm 5 febbraio 1998, che riporta le caratteristiche del rifiuto. Nelle nostre attività recuperiamo rifiuti di mattoni refrattari autoprodotti durante le operazioni di manutenzione degli impianti termici che possono avere diverse tipologie di mattoni refrattari installati, dalla cui rimozione può derivare un mix corrispondente. I rifiuti sono sempre stati classificati in applicazione anche delle Linee Guida Snpa risultando sempre non pericolosi. Il mio quesito è relativo alla percentuale di ossidi sopra riportata: deve intendersi come indicativa della composizione dei mattoni refrattari originali o come prescrittiva della percentuale di ossidi dei rifiuti che ne derivano?

Le caratteristiche del rifiuto sono riferite a ciò che presenta quella specifica provenienza e che l’impresa ritiene di poter sottoporre alle operazioni di recupero previste dalla pertinente norma di cui al Dm 5 febbraio 1998. Quindi, nel caso di specie, la “composizione prevalente” indicata al punto 7.8.2. Allegato 1, suballegato 1, Dm 5 febbraio 1998, è riferita

e prescrittiva in ordine a quanto deriva dalle operazioni di manutenzione degli impianti termici (processo di produzione del rifiuto). Poiché è questo il rifiuto che viene avviato e sottoposto a successivo recupero, secondo quanto previsto dall’indicato Decreto.

1660. Classificazione: a volte occorrono test appropriati Esiste una metodologia non analitica per determinare se una soluzione

acquosa contenente nitrato di ammonio al 35% mantiene la caratteristica di pericolo HP2 dovuta all’indicazione di pericolo H372?

Nel precisare che l’indicazione di pericolo pertinente è H272, è noto che la consultazione del CLP o di altre indicazioni tecniche (come la LG Snpa) non fornisce indicazioni in merito di uso immediato; in particolare, non ci sono limiti specifici, come invece accade per altre sostanze. L’ADR con la disposizione speciale 270 potrebbe costituire un buon indizio

ma, da sola, appare insufficiente al caso, anche perché, anche se a tale concentrazione le note proprietà esplosive o comunque la reattività violenta può essere esclusa, permane comunque la reattività chimica ossidante (verificabile con qualche rapido saggio in laboratorio). Pertanto, escludere HP2 senza l’esecuzione di un test appropriato appare difficile. Nulla toglie che la ricerca di ulteriori fonti di riferimento valide possa condurre ad esiti diversi ed attendibili, così come la verifica dell’esistenza di kit di test rapidi (purché validi).

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Rubriche osservatorio interpello ambientale

A cura di Elisabetta Torzuoli

Avvocato in Perugia

L’interpello ambientale è il nuovo strumento attraverso il quale è possibile consultare il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (Mase) introdotto dall’articolo 27, Dl 77/2021 (legge 108/2021) il quale ha aggiunto l’articolo 3-septies al Dlgs 152/2006. Si tratta di un interpello “improprio” perché non è ordinario, probatorio, anti abuso o disapplicativo. È invece una consulenza giuridica che risponde a istanze di ordine generale sull’applicazione della normativa statale ambientale.

Può essere presentato da Regioni, Province, Città metropolitane, Comuni, Associazioni di categoria rappresentate nel Cnel, Associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno cinque Regioni.

Il Mase “pubblica senza indugio” le risposte fornite alle istanze di interpello nella sezione “Informazioni ambientali” del suo sito Internet, previo oscuramento dei dati (privacy). La risposta alle istanze deve essere data entro 90 giorni dalla data della loro presentazione. Le indicazioni fornite nelle risposte alle istanze costituiscono criteri interpretativi per l’esercizio delle attività di competenza della P.a. in materia ambientale, salvo rettifica della soluzione interpretativa da parte dell’amministrazione con efficacia limitata ai comportamenti futuri dell’istante.

Resta salvo l’obbligo di ottenere gli atti di consenso, comunque denominati, prescritti dalla vigente normativa. Nel caso in cui l’istanza sia formulata da più soggetti e riguardi la stessa questione o questioni analoghe tra loro, il Mase può fornire un’unica risposta. La presentazione delle istanze di interpello non ha effetto sulle scadenze previste dalle norme ambientali, né sulla decorrenza dei termini di decadenza e non comporta interruzione o sospensione dei termini di prescrizione.

Per comprendere il valore, l’efficacia e la spendibilità di una risposta ad interpello, si rinvia all’intervento di P. Fimiani L’interpello ambientale, pubblicato sul numero 303 (3/22) di questa Rivista.

Tutta la normativa è reperibile in “Normativa rifiuti” www.reteambiente.it.

Bonifica: messa in sicurezza permanente (MISP) in caso di rifiuti abbandonati

Richiesta: richiedente e data Regione Veneto nota prot. 0012568 del 2 febbraio 2022

Risposta ministeriale a interpello: numero e data n. 0143191 del 1 agosto 2024

Domanda 1) Di confermare la possibilità di approvare progetti di messa in sicurezza permanente dei rifiuti in alternativa alla rimozione, in particolare nel caso di rinvenimento di quantità ingenti di rifiuti sia in aree contaminate che in aree non contaminate, nel caso in cui siano già state esperite le procedure che portano all’attivazione degli interventi in via sostitutiva ai sensi della normativa di cui alla Parte IV (articolo 192) del Dlgs 152/2006, nel caso di deposito di rifiuti aventi origine antecedente al Dpr 915/1982 o, nel caso in cui il proponente sia un soggetto interessato non responsabile dell’abbandono/deposito incontrollato di rifiuti o di chiarire invece se questa possibilità sia in toto da escludersi;

2) di indicare se, come previsto, per gli interventi di MISP di cui al Titolo V della Parte IV del Dlgs 152/2006, tra i criteri da utilizzare per definire le misure da adottare oltre all’applicazione delle migliori tecnologie a costi sostenibili, possa essere considerato, come possibile elemento di valutazione, la comparazione della sostenibilità ambientale delle due opzioni, rimozione o misure di messa in sicurezza permanente;

3) se, in questo ambito, possono essere utilizzate, come riferimento, le Linee guida nate dal progetto ministeriale “mettiamoci in RIGA” citate, con particolare riferimento alla procedura schematizzata per le sorgenti primarie di contaminazione del diagramma riportato in allegato nell’interpello; 4) di indicare quale sia il procedimento normativo di riferimento – articolo 192 o al Titolo V della Parte (segue)

(segue)

(segue)

Domanda IV del Dlgs 152/2006 – e, di conseguenza, l’Autorità competente per l’eventuale approvazione dei progetti di MISP di rifiuti.

Risposta Con riguardo al primo quesito, il Ministero rappresenta che resta in generale esclusa la possibilità di applicazione della normativa sulla bonifica dei siti contaminati alle ipotesi di abbandono di rifiuti; solo qualora si accerti il superamento dei valori soglia, si dovrà procedere ai sensi del Titolo V della Parte IV del Dlgs 152/2006. In assenza di criticità ambientali, eventuali interventi dovranno essere gestiti nel rispetto della suddetta disciplina, sebbene al di fuori del procedimento di cui al Titolo V della Parte IV il quale, non sussistendo contaminazione o rischio di contaminazione, non potrà essere avviato, configurandosi diversamente un’ipotesi di abbandono di rifiuti, con conseguente obbligo di rimozione e destinazione degli stessi agli impianti autorizzati al trattamento. Qualora valutazioni specifiche compiute per il singolo caso portino a escludere la possibilità concreta di rimuovere i rifiuti e pertanto risulti inevitabile che gli stessi rimangano in sito, è possibile realizzare interventi di confinamento permanente in sito il cui regime autorizzatorio è quello previsto per le discariche, e pertanto il provvedimento di approvazione del relativo progetto deve ricomprendere i titoli necessari alla realizzazione degli interventi, tra cui quelli necessari ai sensi della normativa sulla gestione dei rifiuti. In merito al primo quesito, dunque, in presenza di rifiuti depositati an te Dpr 915/1982, un intervento di confinamento degli stessi potrà essere autorizzato ma nel rispetto della normativa sulla gestione dei rifiuti e, in particolare, del regime autorizzatorio delle discariche.

Con riguardo, invece, al secondo quesito, in presenza di rifiuti depositati ante Dpr 915/1982 si tratterebbe, più che altro, di una scelta tra rimozione o confinamento permanente in sito, nell’ambito di una discarica; una scelta che, in presenza di tutti i requisiti e presupposti previsti dalla normativa sulla gestione dei rifiuti, il Ministero concorda nell’affidare al criterio di sostenibilità ambientale.

Con riguardo al terzo quesito, si osserva come le stesse Linee guida richiamate nell’istanza, dovranno, in ogni caso, essere interpretate alla luce della normativa ambientale richiamata (ed esaminata in dettaglio nell’interpello), in riferimento alla quale non vengono ritenute derogatorie: le Linee guida, sul punto, si limitano a ricordare come in presenza di rifiuti dovrà essere avviata un’indagine volta a comprendere se vi sia anche una contaminazione del sito e, in caso di risposta affermativa, dovranno essere attivate le procedure di cui al Titolo V della Parte IV del Dlgs 152/2006. Il Ministero afferma quindi che la Linea L6 del Progetto MiTE “Mettiamoci in RiGA” potrà essere tenuta in considerazione nella valutazione delle operazioni da porre in essere in caso di rifiuti abbandonati, purché sia interpretata alla luce e in conformità alla sopra esposta normativa ambientale, in riferimento alla quale non può essere derogatoria. Con riguardo all’ultimo quesito, si distingue a seconda che vi sia o meno un procedimento del Titolo V della Parte IV del Dlgs 152/2006. Nella prima ipotesi, sulla possibilità di autorizzare la messa in sicurezza permanente di rifiuti si richiama la Corte costituzionale (sentenza 24 marzo 2023, n. 50) secondo cui la definizione di messa in sicurezza permanente di cui al citato articolo 240 ha una portata estensiva avendo riguardo sia a fonti di contaminazione costituiti da rifiuti (come già previsto dal Dm 471/1999), sia da fonti inquinanti non qualificabili come rifiuti (portata innovativa della norma).

Per quanto concerne la normativa applicabile, si ritiene debbano distinguere due casi in base alla tipologia di intervento sulla fonte di contaminazione costituita dai rifiuti. Primo caso: qualora si tratti di interventi di messa in sicurezza in situ , effettuati senza rimozione dei rifiuti, essi potranno essere attuati secondo le modalità previste dall’Allegato 3 al Titolo V della Parte IV del Dlgs 152/2006, secondo le modalità descritte nella risposta all’atto di interpello proposto dalla Provincia di Verona 14 gennaio 2022, prot. n. 3866/MiTE. Conseguentemente, il relativo progetto dovrà essere autorizzato dall’Autorità competente ai sensi dell’articolo 242, comma 7, Dlgs 152/2006, e per i SIN ai sensi dell’articolo 252, comma 4, del medesimo Dlgs. Secondo caso: qualora si preveda la realizzazione di una discarica esclusivamente per la messa in sicurezza permanente dei rifiuti, ossia mediante interventi ex situ tramite la rimozione e il conferimento dei rifiuti in una nuova area adibita allo smaltimento dei medesimi, la normativa di riferimento è costituita dal Dlgs 36/2006; tuttavia, trattandosi di un impianto per l’attuazione della bonifica, il relativo progetto dovrà essere autorizzato ai sensi dell’articolo 242, comma 7, Dlgs 152/2006, la cui approvazione ha carattere sostitutivo di tutti gli atti di assenso, e per i SIN ai sensi dell’articolo 252, comma 4, del medesimo Dlgs, con effetto ricomprensivo degli atti di assenso. Nella seconda ipotesi, ossia in assenza del superamento dei valori di attenzione, invece, dovrà aversi riguardo al procedimento previsto dal Legislatore per l’adozione dei relativi provvedimenti amministrativi di approvazione del progetto di gestione dei rifiuti e per il rilascio dei titoli necessari alla realizzazione degli interventi.

Nota di commento L’interpello in commento si risolve in un’approfondita disamina di norme, a partire dalla distinzione tra gestione dei rifiuti rispetto alla bonifica dei siti contaminati; prosegue richiamando dei criteri di sostenibilità ambientale, quale principio fondamentale unitamente agli altri di matrice comunitaria di protezione dell’ambiente, di precauzione e sostenibilità, della fattibilità tecnica e praticabilità economica, della protezione delle risorse nonché degli impatti complessivi sociali, economici, sanitari e ambientali; termina, infine, nella disamina di giurisprudenza del Giudice delle Leggi, a cui affida la soluzione circa l’iter di approvazione.

Normativa e prassi di riferimento

Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante norme in materia ambientale

Centri di raccolta: conferimento di cartucce di gas o piccole bombole non ricaricabili per uso domestico

Richiesta: richiedente e data

Risposta ministeriale a interpello: numero e data

Confindustria nota n. 0025307 del 9 febbraio 2024

Nota n. 0135336 del 22 luglio 2024

Domanda 1) Definire se i rifiuti urbani provenienti dai nuclei domestici costituiti da cartucce di gas e da bombole non ricaricabili siano conferibili ai centri di raccolta comunali; 2) specificare se la dizione “limitatamente ad estintori ed aerosol ad uso domestico”, contenuta nel decreto ministeriale 8 aprile 2008, comprenda anche le cartucce di gas e le bombole non ricaricabili che potrebbero contenere residui di gas originate dai nuclei domestici.

Risposta Ripercorso il quadro di riferimento, invocato il principio di precauzione, il Ministero esclude, in assenza di ulteriori procedure che garantiscano la verifica del completo svuotamento, la possibilità di classificare i rifiuti derivanti da prodotti richiamati dall’istante con uno dei codici da 15 01 01 a 15 01 09. La semplice presenza, infatti, di un residuo di sostanze pericolose nell’imballaggio o la sua contaminazione esterna da parte di sostanze pericolose determina un’automatica classificazione dello stesso come rifiuto pericoloso e pertanto classificabile con il codice EER 15 01 10* riferito a “imballaggi contenenti residui di sostanze pericolose o contaminati da tali sostanze”. In questa classificazione, il Ministero annovera le cartucce di gas GPL (propano e butano) non ricaricabili, in quanto contenenti una sostanza infiammabile. Diversamente, sarebbero esclusi da tale classificazione le bombole del gas non ricaricabili ad uso domestico (in genere contenenti CO2 per la gasatura domestica dell’acqua), in quanto non sono contenitori T/FC, vale a dire imballaggi contenenti residui di sostanze pericolose o contaminati da tali sostanze. In ultimo, è precisato che il Dm 8 aprile 2008 consente il conferimento ai centri di raccolta dei gas in contenitori a pressione limitatamente a estintori ed aerosol ad uso domestico, identificati dai codici EER 16 05 04* o 16 05 05, descrizione che non includerebbe le tipologie di rifiuti oggetto dell’istanza.

Nota di commento La risposta, resa in forma ipotetica, è fornita al termine di una disamina del quadro normativo a partire dalla classificazione dei rifiuti ex articolo 184, comma 1, Dlgs 152/2006, ai fini dell’attuazione della Parte IV del Codice ambientale; quanto ai rifiuti di imballaggio, di cui all’articolo 218, comma I, lettera f), costituiscono ogni imballaggio o materiale di imballaggio, rientrante nella definizione di rifiuto di cui all’articolo 183, comma 1, lettera  a), esclusi i residui della produzione. Ai fini di una corretta qualificazione, sono richiamate le Linee guida Snpa 2021 che individuano, tra gli esempi di classificazione di alcune tipologie di rifiuti, gli aspetti da considerare al fine di poter stabilire se il rifiuto in questione possa essere effettivamente classificato come imballaggio o se sia piuttosto da classificare in base al suo contenuto. Occorre verificare se l’imballaggio o il contenitore sia da ritenersi “nominalmente vuoto”, cosa che, stando agli “Orientamenti tecnici sulla classificazione dei rifiuti” di cui alla Comunicazione della Commissione europea, si verifica solo allorquando i contenuti del prodotto siano stati rimossi in maniera efficace, accertandone l’effettivo svuotamento. Con riguardo ai prodotti oggetto dell’istanza, per come rappresentate le caratteristiche tecniche, in forma ipotetica si esclude la possibilità di accertarne il completo svuotamento.

Normativa e prassi di riferimento

Richiesta: richiedente e data

Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ed in particolare la classificazione dei rifiuti urbani (articolo 184 e articolo 183, comma 1, lettera  b ter)) e le definizioni di imballaggio e rifiuto di imballaggio (articolo 218, comma 1) Decreto 8 aprile 2008 del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare

Linee guida del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, edizione 2021, approvate con Decreto direttoriale del Ministero della Transizione Ecologica

Comunicazione della Commissione europea concernente gli Orientamenti tecnici sulla classificazione dei rifiuti (pubblicato 09 aprile 2018)

Compostaggio e impianti per la produzione di calcestruzzo: l’uso del biochar

Provincia Autonoma di Bolzano, nota n. 00089514 del 13 maggio 2024

Risposta ministeriale a interpello: numero e data n. 143192 del 1 agosto 2024

Domanda Chiarimenti: – sulla possibilità dell’utilizzo del biochar in impianto di compostaggio; – sulla possibilità di utilizzare il biochar nella produzione di calcestruzzo; – sulla possibilità in generale di riutilizzare un sottoprodotto in sostituzione di una materia prima; – sull’applicazione dei limiti previsti in Austria per la qualifica come sottoprodotto. (segue)

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Risposta Il Ministero, evocato il richiesto parere di Ispra (nota prot. 131620 del 16 luglio 2024), quanto al primo quesito, richiama il punto 16 dell’Allegato 2, Dlgs 75/2010 ove il biochar è individuato come prodotto ammendante; perciò, se il carbone vegetale che residua dal processo di gassificazione in più fasi per il teleriscaldamento è prodotto in conformità a quanto stabilito dal Dlgs 75/2010, in merito alla tipologia dei rifiuti ammissibili, al processo di trattamento e alla qualità del prodotto ottenuto, esso può essere qualificato come biochar. Circa la possibilità di impiego del carbone vegetale in qualità di sottoprodotto “in miscela di compostaggio”, rammentato l’articolo 184-bis Codice ambientale e richiamati i principi espressi in materia anche dall’Organo di nomofilachia (Cassazione penale, sezione III, 42237/2023), nel caso di specie, qualora il produttore voglia qualificare come sottoprodotti i residui solidi (carbone vegetale) che esitano dalla gassificazione in più fasi delle biomasse vegetali, dovrà dimostrare la sussistenza di tutte le condizioni disciplinate dall’articolo 184-bis . In tale ambito il ricorso ai parametri chimico-fisici definiti dal Dlgs 75/2010 può rappresentare un utile riferimento, ad esempio, per la dimostrazione dei requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente. In alternativa, l’istante, rappresentando il caso in cui il carbone vegetale sia conferito all’impianto di compostaggio come rifiuto (EER 10 01 01), secondo quanto stabilito dal punto 16 – Rifiuti Compostabili Dm 5 febbraio 1998, chiede se debbano essere rispettati i limiti fissati dal Dlgs 75/2010 e dal Dm 22 giugno 2015 o se il biochar debba rispettare questi limiti anche prima del suo conferimento all’impianto di compostaggio (quesito 1, lettera b). Sul punto, il Dlgs 75/2010 individua la tipologia dei rifiuti ammissibili, il processo di trattamento e la qualità dei prodotti.

L’attuale formulazione della normativa in materia di fertilizzanti non prevede l’utilizzo di rifiuti costituiti da ceneri pesanti, scorie e polveri di caldaia per la produzione di ammendante compostato. In merito, al secondo quesito (utilizzo dei residui solidi di lavorazione, in qualità di sottoprodotti in processi produttivi del calcestruzzo in sostituzione del carbon black) è richiamato quanto già evidenziato in materia di sottoprodotti in risposta al quesito 1 a); tale disciplina, dettata dall’articolo 5 della direttiva 2008/98/Ce, si applica anche nell’ipotesi in cui il sottoprodotto sia destinato all’utilizzo in Paesi esteri. L’adozione degli standard previsti dalla certificazione volontaria EBC, così come eventuali accordi commerciali sottoscritti con gli impianti che utilizzeranno il sottoprodotto, potrebbero rappresentare un riferimento utile al fine di dimostrare la sussistenza delle condizioni per la qualifica di sottoprodotto. Le considerazioni si piegano anche ad evadere il quarto quesito. È chiesto, inoltre, se il biochar certificato con una certificazione EBC soddisfi i requisiti per l’uso nel compostaggio in Italia. Al riguardo si rimanda alle considerazioni espresse in relazione al quesito 1 lettera a) per la produzione del biochar ai sensi del Dlgs 75/2010.

Con riferimento al terzo quesito, relativo all’interpretazione dell’articolo 184-bis , punto 3 sulla normale pratica industriale, è specificato che la qualifica di sottoprodotto dipende dalla sussistenza dei suddetti requisiti, tra i quali, quello relativo all’“utilizzo diretto senza trattamenti diversi dalla nor male pratica industriale”. Il requisito in parola risponde alla duplice esigenza, da un lato, di tener conto che il bisogno di un trattamento preliminare prima della utilizzazione di un residuo può segnalare il fatto di trovarsi dinanzi ad un rifiuto e, dall’altro, di considerare che anche le materie prime talvolta necessitano di essere lavorate prima del loro impiego nel processo produttivo. Viene riportata la circolare 30 maggio 2017, prot. 7619 del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, secondo cui le operazioni svolte sul residuo non devono essere necessarie a conferire allo stesso particolari caratteristiche sanitarie o ambientali che il residuo medesimo non possiede al momento della produzione.

Nota di commento La Provincia Autonoma di Bolzano muove la richiesta poiché dagli impianti Heizwerk Vierschach Srl (Centrale termo-elettrica a biomassa di Versciaco) e Fernheizwerk Laas – Eyrs (Centrale termica di Lasa) per il teleriscaldamento vengono prodotti gas e calore secondo un processo di gassificazione in più fasi (CraftWERK CW 1800, tecnologia SynCraft Engineering) della materia prima (legno), che viene trasformata in gas e prodotti solidi. Il gas alimenta di seguito un motore per la produzione di corrente elettrica e calore. I residui solidi sono costituiti da biochar (carbone vegetale), che è un materiale ricco in carbonio prodotto per pirolisi da biomasse vegetali (legno). L’interpello evade le istanze rivolte arricchendo il testo di contributi normativi, giurisprudenziali. È rammentato l’orientamento secondo cui “quando il materiale non rientra nel novero dei rifiuti, perché, ad esempio, è compreso tra quelli esclusi dalla disciplina di settore dall’arti colo 185 Dlgs 152/2006, oppure rientra tra i sottoprodotti o, comunque, nell’ambito di appli cazione di disposizioni aventi natura eccezionale e derogatoria rispetto alla disciplina ordina ria, occorre dimostrare che sussistono i presupposti per tale diversa qualificazione e l’onere del la prova, grava su chi ne invoca l’applicazione. Tale prova deve riguardare la sussistenza di ‘tut ti’ i presupposti previsti dalla legge” (Cassazione penale, sezione III, n. 42237 del 17 ottobre 2023). Si precisa, inoltre, tra gli altri, che scopo della disposizione 184-bis è “quello di evitare che, inqua drando come ‘normale pratica industriale’ un’attività, ad esempio, finalizzata a ridurre la concentra zione di sostanze inquinanti o pericolose, possano essere sostanzialmente eluse le disposizioniin materia di gestione dei rifiuti e le relative necessarie cautele ed autorizzazioni”. In tale prospettiva, (segue)

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Nota di commento

Normativa e prassi di riferimento

Richiesta: richiedente e data

Risposta ministeriale a interpello: numero e data

quindi, è riconosciuta la possibilità di qualificare come “normale pratica industriale” “eventuali ope razioni necessarie per rendere il residuo idoneo all’utilizzo, anche sotto il profilo ambientale e sa nitario, ma alla condizione che siano svolte all’interno del medesimo ciclo produttivo”

Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante “Norme in materia ambientale”

Decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75 recante “Riordino della disciplina in materia di fertilizzanti”

Regolamento Ue 1009/2019

Circolare 30 maggio 2017, prot. 7619 del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare

Regione Lazio, nota prot. 0091612 del 20 maggio 2024

Nota n. 0131178 del 16 luglio 2024

Domanda 1) Se, per gli impianti intermedi ccdd. Tm e/o Tmb, i rifiuti prodotti prevalentemente dall’attività di trattamento dei rifiuti codice EER 20 03 01 e codificati in uscita in particolare con il codice EER 19 12 10 (CSS), che hanno natura e composizione differente rispetto al rifiuto in ingresso, possano, in analogia ai rifiuti autoprodotti, essere gestiti in uscita secondo i limiti e le condizioni del deposito temporaneo di cui all’articolo 185-bis del Dlgs 152/2006, potendo rientrare quindi il titolare del trattamento nella definizione di “nuovo produttore” e quindi produttore nel luogo di produzione ai fini del trasporto degli stessi in un impianto terzo di recupero e/o smaltimento; 2) in caso affermativo se, ferma restando la necessità di distinzione tra i rifiuti gestiti in deposito temporaneo e quelli gestiti in messa in riserva/stoccaggio istantaneo, all’interno dell’atto autorizzativo, tenuto conto che l’attività di deposito temporaneo …non necessita di autorizzazione da parte dell’Autorità competente… ai sensi dell’articolo 185-bis , comma 3, del Dlgs 152/2006, debbano essere comunque riportate specifiche limitazioni volumetriche e/o quantitative con riferimento, oltre che a quanto indicato nei limiti del deposito temporaneo, anche dalle normative antincendio, ovvero da quanto espresso dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare nella circolare emessa in data 21 gennaio 2019 con nota prot. 1121: “Linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione rifiuti e per la prevenzione dei rischi”.

Risposta Il Ministero, ripercorso il quadro normativo di riferimento, quanto al primo quesito, afferma che non pare possibile applicare l’istituto del deposito temporaneo prima della raccolta ai rifiuti esitanti da un’operazione di recupero, in quanto gli stessi risultano già sottoposti ad un trattamento – operazione soggetta ad autorizzazione – e per i quali sono state già avviate le attività di gestione dei rifiuti. La risposta condiziona anche il secondo tra i quesiti posti, in merito al quale è ricordato che nella circolare ministeriale 21 gennaio 2019, n. 1121, recante “Linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi”, richiamata dall’istante, sono contenuti i criteri operativi e gestionali da applicarsi, tra gli altri, anche agli stoccaggi di rifiuti prodotti all’esito del trattamento, in attesa o già sottoposti all’eventuale caratterizzazione, per il loro successivo avvio verso le opportune destinazioni finali. La valutazione delle prescrizioni più appropriate da inserire negli atti autorizzativi di competenza, al fine di assicurare lo svolgimento delle attività in sicurezza, spetta all’Autorità competente.

Nota di commento Nell’evadere il quesito, l’interpello in oggetto ripercorre la distinzione tra deposito temporaneo prima della raccolta e stoccaggio, il primo (previsto dall’articolo 185-bis Codice ambientale), che si pone in deroga al secondo e costituisce il raggruppamento dei rifiuti effettuato, a determinate condizioni, presso il luogo di produzione, ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero o smaltimento, prima della raccolta. Il deposito temporaneo prima della raccolta si pone al di fuori del perimetro della gestione dei rifiuti, ex articolo 183, comma 1, lettera  n), Dlgs 152/2006, in quanto rappresenta attività preliminare allo svolgimento delle successive operazioni di gestione, che hanno inizio con la raccolta finalizzata al trattamento e per le quali vige l’obbligo di autorizzazione, come stabilito anche dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cassazione penale, sezione III, 28 maggio 2024, n. 20841).

Normativa e prassi di riferimento

Lo stoccaggio, invece, è costituito dal deposito preliminare e dalla messa in riserva.

Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante “Norme in materia ambientale”

Circolare del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare n. 1121 del 21 gennaio 2019 recante “Linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione rifiuti e per la prevenzione dei rischi”

Richiesta: richiedente e data

Risposta ministeriale a interpello: numero e data

Discariche: criteri costruttivi e gestionali

Regione Veneto nota prot. n. 0077805 del 26 aprile 2024

N. 0141619 del 30 luglio 2024

Domanda Chiarimenti in merito ai criteri costruttivi e gestionali degli impianti di discarica, con particolare riguardo alla realizzazione dello strato di copertura finale degli impianti per rifiuti non pericolosi ex articolo 8, comma 1, lettera  f) del Dlgs 36/2003; chiede altresì se sia possibile procedere all’approvazione di progetti che, pur garantendo i requisiti richiesti dalla normativa (impermeabilizzazione, capacità di drenaggio dei gas di discarica e delle acque meteoriche, protezione dall’erosione e inserimento paesaggistico), prevedono soluzioni tecniche alternative per la realizzazione della copertura superficiale finale rispetto a quelle indicate nell’Allegato 1, Dlgs 36/2003.

Risposta Il Ministero interpreta il quadro normativo di riferimento, ripercorso nel dettaglio, affermando che non sono previste deroghe alla realizzazione del pacchetto minimo di cui lo strato minerale compattato è parte integrante, laddove la norma prevede la sola possibilità di realizzare lo strato minerale compattato di spessore inferiore a 0,5 m completato con materiali geosintetici di impermeabilizzazione, se comunque sono garantite prestazioni equivalenti in termini di tempo di attraversamento della barriera, che devono costituire oggetto di autorizzazione.

Circa l’instabilità dei rifiuti smaltiti, il Ministero rammenta che il Dlgs 36/2003 prevede che siano effettuate idonee verifiche di stabilità per tutte le diverse fasi di vita della discarica del corpo rifiuti abbancati anche al fine di garantire la sicurezza dell’ambiente e della salute umana. Inoltre, ex articolo 17, comma 3, Dlgs cit. il titolare dell’autorizzazione o, su sua delega, il gestore delle discariche autorizzate prima dell’entrata in vigore del cd. decreto discariche, erano tenuti a presentare all’Autorità competente un piano di adeguamento della discarica alle previsioni del decreto stesso entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore. La copertura superficiale finale della discarica nella fase post operativa può essere preceduta dalla realizzazione di una copertura provvisoria, con struttura semplificata, finalizzata ad isolare la massa di rifiuti in corso di assestamento (paragrafo 2.4.3 dell’Allegato 1, Dlgs 36/2003). Detta copertura provvisoria deve essere oggetto di continua manutenzione al fine di consentire il regolare deflusso delle acque superficiali e di minimizzarne l’infiltrazione nel corpo rifiuti.

Nota di commento Nell’evadere l’interpello, il Ministero colma la propria risposta con l’esame del compendio normativo di riferimento di cui al Dlgs 36/2003, il rispetto delle cui prescrizioni e requisiti tecnico-costruttivi è qualificato come attuazione delle migliori tecnologie disponibili. La valutazione troverebbe conferma nella disposizione di cui all’articolo 29-bis , comma 3, Codice ambientale, ove è previsto che fino alla emanazione delle conclusioni comunitarie sulle BAT, per le discariche i requisiti tecnici richiesti dalla disciplina IPPC si considerano soddisfatti se l’installazione è conforme ai requisiti tecnici di cui al Dlgs 36/2003, unica normativa di riferimento in materia.

Normativa e prassi di riferimento

Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante norme in materia ambientale Decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 “Attuazione della direttiva 1999/31/Ce relativa alle discariche di rifiuti”

Miscelazione: le operazioni autorizzabili in deroga ai sensi dell’articolo 187, comma 2

Richiesta: richiedente e data

Risposta ministeriale a interpello: numero e data

Confindustria, nota n. 0209042 del 20 dicembre 2023

Nota n. 0143188 del 1 agosto 2024

Domanda Se, in relazione alle operazioni di miscelazione di rifiuti in deroga autorizzabili ai sensi dell’articolo 187, comma 2, del Dlgs 152/2006, sia compatibile con detta disposizione normativa una prassi operativa generale che preveda quanto segue:

a) i rifiuti oggetto di miscelazione devono essere conferibili singolarmente all’impianto finale; b) la miscela che contiene almeno un rifiuto pericoloso è anch’essa classificata come rifiuto pericoloso, indipendentemente dal fatto che gli inquinanti, per effetto della diluizione, siano o meno scesi sotto le soglie di pericolo (i.e. come un rifiuto pericoloso assoluto);

c) alla miscela che contiene rifiuti pericolosi vengono attribuite le classi di pericolo proprie dei rifiuti pericolosi che la compongono (cd. HP tecniche o HP amministrative);

d) la miscela così composta può essere conferita solo all’impianto di trattamento finale e non può quindi subire ulteriori passaggi per altri impianti di stoccaggio o autorizzati a loro volta alla miscelazione. (segue)

(segue)

Risposta Il Ministero, richiamato il parere Ispra con nota prot. 22746 del 7 febbraio 2024, esamina gli articoli 187-bis , 184, comma 5-ter, Codice ambientale, per cui la miscelazione non deve determinare una riduzione del contenuto di sostanze pericolose al di sotto dei limiti previsti dalla normativa sulla classificazione, ossia dei limiti individuati dall’Allegato I, Parte Quarta, Dlgs 152/2006 per l’attribuzione di una o più caratteristiche di pericolo. Lo stesso articolo 6, comma 3, Dlgs 36/2003 fa espresso divieto di ricorrere alla diluizione o alla miscelazione di rifiuti al solo fine di renderli conformi ai criteri di ammissibilità in discarica. Il Ministero evoca il documento “Reference Document on best available techniques for the waste treatments industries” (ottobre 2018), di cui riporta i principi generali: “– deve essere evitata la miscelazione tra loro di sostanze che possono dare origi ne ad una forte reazione (sviluppo di calore, fuoco, formazione di gas) o di sostanze esplosive (…) devono, pertanto, essere evitati rischi per la salute umana e per l’ambiente. Per ciascuna tipolo gia di rifiuto e per qualsiasi scopo dovranno essere effettuati, preliminarmente a qualunque ope razione di miscelazione (sia di rifiuti liquidi che di rifiuti solidi), opportuni test di compatibilità; – deve essere garantita la tracciabilità dei rifiuti pericolosi.

La miscelazione di rifiuti deve essere evitata qualora la stessa comporti l’applicazione di un succes sivo trattamento avente un livello qualitativo inferiore rispetto al migliore livello di trattamento che potrebbe essere garantito per i rifiuti non miscelati. Inoltre, la miscelazione non deve ridurre il livel lo di trattamento del rifiuto, né condurre ad un trattamento non ambientalmente corretto. Analoga mente la miscelazione di un rifiuto contenente uno o più inquinanti organici persistenti (POP, Persi stant Organic Pollutants) con altri rifiuti, finalizzata a ridurre la concentrazione dei POP non può es sere consentita, in quanto da ritenersi non ambientalmente accettabile.

La miscelazione di rifiuti non deve comportare la diffusione indesiderata di sostanze pericolose nell’ambiente (…) I potenziali impatti negativi del trattamento dovrebbero, quindi, essere sempre at tentamente confrontati con gli effetti sull’ambiente potenzialmente associati a procedure gestiona li di altro tipo (…).

Nel medesimo paragrafo è anche riportato che alcuni tipi di rifiuti richiedono una miscelazione pre ventiva prima del trattamento, in quanto, ad esempio, la concentrazione dei costituenti dei rifiuti può variare considerevolmente a causa delle differenze nei rifiuti in ingresso. Ciò, secondo quanto indica to dal documento, si verifica nella maggior parte degli impianti commerciali di trattamento. La miscela zione può consentire di controllare tali variazioni entro un intervallo che non ridurrà le prestazioni dei successivi processi di trattamento. Il documento evidenzia che questo aspetto non deve essere confuso con la diluizione, vale a dire che la miscelazione è un processo eseguito per garantire un “feedstock” omogeneo e stabile e non deve avere lo scopo di facilitare la successiva accettazione dei rifiuti”.

Nota di commento L’interpello è risolto affidando la risposta al Bref WT Document, che in materia di miscelazione individua principi generali, da tradurre in procedure autorizzative e criteri operativi, la cui efficacia non è pari alla direttiva 2008/98/Ce ed alla direttiva 1999/31/Ce. È evocato anche il Dm  29 gennaio 2007, che sebbene non sia aggiornato al Bref Document rappresenta un utile strumento di supporto ai fini di una corretta valutazione delle procedure di miscelazione. L’operazione di miscelazione è una fase estremamente delicata che richiede una caratterizzazione preliminare particolarmente accorta. L’operazione deve essere effettuata senza comportare un aumento dei rischi per la salute e per l’ambiente che potrebbero, ad esempio, derivare dall’innescarsi di reazioni impreviste.

Normativa e prassi di riferimento

Decreto Legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 “Attuazione della direttiva 1999/31/Ce relativa alle discariche di rifiuti”

Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante norme in materia ambientale

Decreto 29 gennaio 2007 del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare recante “Emanazione di linee guida per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili in materia di gestione dei rifiuti, per le attività elencate nell’allegato I del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59”

Rubriche focus regioni

A cura di Francesco Petrucci e della Redazione normativa Reteambiente

Regione Provvedimento

Calabria

Campania

Emilia-Romagna

Dcr 26 luglio 2024, n. 307 (Bur 31 luglio 2024, n. 159)

Dgr 30 luglio 2024, n. 401 (Bur 1º agosto 2024, n. 160)

Lr 25 luglio 2024, n. 13 (Bur 29 luglio 2024, n. 53)

Dgr 25 luglio 2024, n. 375 (Bur 29 luglio 2024, n. 53)

Determinazione dirigenziale 19 luglio 2024, n. 14867

Determinazione dirigenziale 4 luglio 2024, n. 13718 (Bur 31 luglio 2024, n. 255)

Friuli-Venezia Giulia Lr 7 agosto 2024, n. 7

(So n. 29 del 9 agosto 2024 al Bur del 7 agosto 2024, n. 32)

Decreto Presidente Regione

10 luglio 2024, n. 092/Pres

(I So n. 23 al Bur 24 luglio 2024, n. 30)

Dgr 4 luglio 2024, n. 993

(Bur 17 luglio 2024, n. 103)

Lazio

Lr 7 agosto 2024, n. 17

(So n. 1 al Bur 8 agosto 2024, n. 64)

Lombardia Lr 23 luglio 2024, n. 12

(So al Bur 25 luglio 2024, n. 30)

Lr 23 luglio 2024, n. 11

(So al Bur 25 luglio 2024, n. 30)

Decreto dirigenziale 6 agosto 2024, n. 12206

La Rubrica si propone di aggiornare mensilmente il Lettore sulle novità regionali più rilevanti in materia di rifiuti. I singoli provvedimenti sono pubblicati in Reteambiente –Osservatorio di normativa ambientale (www.reteambiente.it) Area “Normativa rifiuti” e visibili agli abbonati al servizio.

Oggetto

Modifica del Piano regionale di gestione dei rifiuti – Aggiunta del paragrafo 32.5 relativo al criterio localizzativo “Fattore pressione discariche”

Approvazione della Strategia regionale per lo sviluppo sostenibile ai sensi dell’articolo 34 del Dlgs 152/2006

Modifiche alla Lr 14/2016 relativa ai rifiuti – Disposizioni sui rifiuti elettronici (Raee) e sugli impianti di trattamento dei rifiuti speciali

Approvazione dell’aggiornamento del Piano regionale per la gestione dei rifiuti urbani

Elenco aggiornato dei siti facenti parte dell’Anagrafe dei siti inquinati della Regione Emilia-Romagna

Aggiornamento degli elenchi regionali dei centri del riuso comunali e non comunali

Assestamento del bilancio per gli anni 2024-2026 – Modifiche alle disposizioni in materia di organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani

Approvazione dell’aggiornamento 2023 del Piano regionale di gestione dei rifiuti speciali e amianto

Approvazione del metodo per il calcolo della percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani

Variazioni al bilancio di previsione finanziario della Regione Lazio 2024-2026. Disposizioni varie – Autorizzazione provvisoria degli scarichi di acque reflue industriali e di acque di prima pioggia in collettori non serviti da impianti di depurazione finali

Legge di semplificazione 2024 – Modifiche alla Lr 12 luglio 2007, n. 12 – Disposizioni in materia di discariche

Revisione normativa ordinamentale 2024 – Disposizioni in materia di discariche e impianti di termovalorizzazione e incenerimento di rifiuti

Approvazione del bando RI.CIRCO.LO. recante incentivi agli Enti locali per la realizzazione di interventi diretti alla prevenzione della produzione rifiuti e alla implementazione dei sistemi di raccolta rifiuti finalizzati all’incremento di recupero di materia – Domande dal 1º ottobre 2024

(segue)

(segue)

Regione Provvedimento Oggetto

Marche

Dgr 29 luglio 2024, n. 1151 (Bur 9 agosto 2024, n. 73)

Provincia di Trento Lp 5 agosto 2024, n. 9 (Ss n. 1 del 5 agosto 2024 al Bur 1º agosto 2024, n. 31)

Toscana

Umbria

Presidente:

Paola Ficco (Giurista ambientale, avvocato in Roma, giornalista pubblicista, docente universitario, Direttore responsabile della Rivista “Rifiuti –Bollettino di informazione normativa”)

Lr 2 agosto 2024, n. 35 (Bur 12 agosto 2024, n. 41)

Lr 31 luglio 2024, n. 32

(Bur 12 agosto 2024, n. 41)

Dgr 8 luglio 2024, n. 810 (Bur 17 luglio 2024, n. 29)

Lr 31 luglio 2024, n. 10

(So n. 1 al Bur 2 agosto 2024, n. 38)

Attuazione della Strategia regionale di sviluppo sostenibile – Articolo 34, Dlgs 152/2006

Assestamento del bilancio di previsione – Modifiche al decreto del Presidente della Giunta provinciale 26 gennaio 1987, n. 1-41/Legisl –Impianti per il trattamento e lo smaltimento di rifiuti speciali, tossici e nocivi e di liquami di risulta

Bonifiche – Conferimento di funzioni ai Comuni – Procedimento per la bonifica dei siti interessati da inquinamento diffuso

Disposizioni in materia di programmazione regionale – Proroghe relative al Piano regionale di gestione rifiuti – Modifiche alla Lr 25/1998

Individuazione degli impianti di incenerimento e discarica “minimi” e degli impianti “intermedi” per la chiusura del ciclo dei rifiuti urbani

Modifiche alla Lr 11/2013 sull’organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti

Comitato Scientifico per il diritto ambientale di coordinamento dell’attività di Reteambiente

– Rivista “Rifiuti – Bollettino di informazione normativa”

– Attività di formazione sulla normativa ambientale – Area normativa di Reteambiente

Componenti:

Fabio Anile (avvocato in Roma)

Tommaso Campanile (Presidente CONOE)

Marco Casini (Università degli Studi di Roma La Sapienza)

Massimo Centemero (Direttore generale CIC – Consorzio Italiano Compostatori)

Maurizio De Paolis (past Direttore Servizio Massimario e Ruolo Generale del Consiglio di Stato)

Pasquale De Stefanis (Past Enea – Dipartimento Ambiente, Cambiamenti Globali e Sviluppo Sostenibile)

Vincenzo Dragani (Direttore responsabile “Reteambiente – Osservatorio di normativa ambientale”)

Simona Faccioli (Redazione Rivista “Rifiuti”)

Leonardo Filippucci (avvocato in Macerata)

Barbara Gatto

(Responsabile Dipartimento Politiche ambientali CNA)

Franco Gerardini (Regione Abruzzo – Servizio gestione rifiuti)

Alessandro Geremei (Redazione normativa Reteambiente)

Costanza Kenda (Redazione Rivista “Rifiuti”)

Rosanna Laraia (Microbiologa, già Responsabile del Centro Nazionale per il ciclo dei rifiuti e l’economia circolare di Ispra)

Massimo Medugno (Direttore generale Assocarta, Confindustria)

Loredana Musmeci (Chimico – Esperto ambientale)

Alessandro Muzi (Ingegnere, past Direttore smaltimento finale AMA Roma)

Maria Letizia Nepi (Direttore generale Erion Care)

Stefania Pallotta (Responsabile Unità Legalità e ambiente Città metropolitana di Venezia)

Francesco Petrucci (Redazione normativa Reteambiente)

Michelangelo Prenna (avvocato – Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente – Arera)

Claudio Rispoli (Chimico – Consulente ADR)

Daniele Salvatori

(Economista e Giurista ambientale –Istruttore direttivo di Arpae Emilia Romagna)

Andrea Sconocchia (ARPA Umbria, Presidente Ordine degli Ingegneri della Provincia di Terni)

Gabriele Taddia (avvocato in Ferrara)

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Formazione

QUESTION TIME RIFIUTI 90 minuti in diretta con l’Esperto

I Question Time sono incontri brevi, per rispondere ai principali quesiti che gli operatori, sia come produttori sia come gestori, si pongono su un tema specifico in materia di rifiuti. 18 i temi oggi a calendario.

20 minuti

per illustrare il tema e i punti essenziali da chiarire

70 minuti

per le nostre risposte alle vostre domande

90 minuti per avere indicazioni precise e competenti a soli 150 euro a partecipante

Gli appuntamenti di ottobre e novembre 2024

10 ottobre 2024 ore 16.30-18.00 Gabriele Taddia

Ispezioni ambientali in azienda. Diritti e doveri delle parti (cosa fare e cosa no)

24 ottobre 2024 ore 16.30-18.00 Gabriele Taddia

Il gestore dei rifiuti e il suo responsabile tecnico. Quali responsabilità penali e come limitarle

14 novembre 2024 ore 16.30-18.00 Daniele Salvatori

End of waste e preparazione per il riutilizzo. Posso ricavare nuovi materiali o prodotti?

E come farmi autorizzare?

Temi Question Time 2024

• Deposito temporaneo. Agevolazione per il “produttore di beni” e sfida per i commercianti

• End of waste e preparazione per il riutilizzo

• End of waste, tra procedure semplificate e ordinarie. Adeguamento ai decreti ministeriali

• Garanzie finanziarie e impianti di gestione

• Il nuovo MUD. Problemi e soluzioni per evitare errori e sanzioni

• Il sottoprodotto. La bella e difficile sfida del produttore di beni

• La classificazione dei rifiuti. Da parte di chi li “produce” (o li “detiene”)

• La violazione delle prescrizioni autorizzatorie. Come affrontare un errore?

• Le nuove sanzioni sulla tracciabilità dei rifiuti

• Norma ADR e trasporto dei rifiuti

• “Produttori” e “Detentori”. Figure chiave nell’economia dei rifiuti

• “Recupero diretto”: una grande opportunità

• RENTRI e produttore dei rifiuti

• RENTRI e gestore impianti di trattamento rifiuti

• VIA e PAUR. Come presentare (bene) la domanda

Gli argomenti verranno ripresi più volte nel corso dell’anno: segnalaci quelli che ti interessano

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