Che cosa è l'economia circolare

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“Emanuele Bompan e Ilaria Nicoletta Brambilla definiscono la loro visione dell’economia circolare, che è allo stesso tempo chiara e stimolante. Più persone saranno in grado di comprendere il potere catalizzante di questo modello economico e meglio sarà, dal momento che sarà questo a garantire prosperità alle prossime generazioni.” Ellen MacArthur Foundation


MATERIA RINNOVABILE LIBRI Emanuele Bompan con Ilaria Nicoletta Brambilla

CHE COSA È L’ECONOMIA CIRCOLARE realizzazione editoriale

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progetto grafico: Mauro Panzeri

© 2016, 2021, ReteAmbiente Srl, via privata Giovanni Bensi 12/5, 20152 Milano tel. 02.45487277, fax 02.45487333 www.materiarinnovabile.it Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, comprese fotocopie, registrazioni o qualsiasi supporto senza il permesso scritto dell’Editore. ISBN 978-88-6627-316-5 Finito di stampare nel mese di aprile 2021 presso GECA S.r.l., San Giuliano Milanese (Mi) Stampato in Italia – Printed in Italy Questo libro è stampato su carta certificata FSC® i siti di edizioni ambiente:

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CHE COSA È

L’ECO NOMIA CIRCO LARE Emanuele Bompan con Ilaria Nicoletta Brambilla Introduzione di Walter R. Stahel



Indice

Circolarità, economia circolare ed economia circolare industriale Walter R. Stahel

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Prefazione Stefano Ciafani

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Nota degli autori

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Presentazione Fabrizio Di Amato

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1.  Economia circolare: genealogia del concetto

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2.  Una teoria dell’economia circolare 61 3.  Quattro modelli di business

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4.  Il mondo dell’economia circolare

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5.  Piccola guida per implementare l’economia circolare nel proprio business

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6.  Circular-economy washing. Per concludere 229 Bibliografia

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Circolarità, economia circolare ed economia circolare industriale *

Walter R. Stahel

La circolarità delle molecole è, da sempre, il principio che fa funzionare la natura: acqua, anidride carbonica (CO2) e materia organica circolano in sistemi caotici auto-organizzati, in cui nulla viene sprecato. Allo stesso modo, gli uomini primitivi dovevano sopravvivere con le risorse disponibili, che venivano utilizzate o trasformate in rifugio, cibo, prodotti o utensili. La circolarità era una necessità, i beni erano scambiati in un’economia di baratto, e quelli usurati venivano adattati a nuovi utilizzi, una situazione che permane ancora oggi nelle regioni meno industrializzate, dove i barili di petrolio sono trasformati in attrezzi da cucina. Ma la differenza è che la natura non conosce vincoli di tempo o di denaro, non ha responsabilità legali né tantomeno un progetto: Einstein non riusciva ad accettare che “Dio gioca a dadi”. Questa economia circolare della scarsità era regolata dalla massima “usa, riusa, riadatta o fai senza”. È stato così fino alla Rivoluzione industriale, che ha permesso alle società umane di superare la scarsità di rifugi, cibo e oggetti, liberandole dalle limitazioni imposte dalla natura. Allo stesso tempo, però, le persone hanno iniziato a dimenticare che sono parte *  È stato fondatore e direttore del Product-Life Institute, la più antica società di consulenza in Europa dedicata a sviluppare strategie e politiche sostenibili.


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di quella stessa natura, e che ogni danno all’ambiente potrebbe alla fine distruggere il fondamento della vita umana sulla Terra. Nel XX secolo, il progresso scientifico e tecnologico ha completamente liberato l’uomo dai limiti naturali: il legno è stato sostituito dai combustibili fossili e dal nucleare; il petrolio ha aperto la strada alla petrolchimica e le fibre artificiali hanno rimpiazzato seta, lana e cotone. La produzione di massa ha eliminato molte carenze e ha creato un mondo di abbondanza, che nel contempo soffoca per un eccesso di rifiuti; l’acqua è l’unica risorsa naturale per cui non esiste un’alternativa industriale. L’attuale “economia dei cicli” post-industriale è un’economia circolare industriale (Circular Industrial Economy – CIE) caratterizzata da un’abbondanza di prodotti e da mercati saturi. Gli attori economici e i singoli individui devono essere motivati a riutilizzare gli oggetti e riciclare i materiali, abbandonare il consumo a favore della gestione, diventare utilizzatori piuttosto che consumatori, e ridurre il danno ambientale estendendo il ciclo di vita di oggetti e materiali. Promuovere la CIE disaccoppia la ricchezza e la creazione di valore dal consumo delle risorse, preservando l’energia, i materiali e l’acqua contenuti negli stock di prodotti industriali. Il passaggio alla CIE viene favorito dalla diffusione sia di condizioni politiche adatte a questa nuova visione sia di una società della condivisione. Come dimostra questo libro, anche se la visione della CIE sta effettivamente iniziando a diffondersi, rimangono ancora alcune sfide rilevanti: • bisogna trasferire il bagaglio di conoscenze tecniche ed economiche esistenti oggi nelle Pmi e tra i fleet manager a tutte le classi, gli istituti di formazione professionale, i consigli di amministrazione e i parlamenti. Una volta che le opportunità economiche e i benefici sociali della CIE saranno di dominio pubblico, la Circular Industrial Economy diventerà l’opzione di default per i decisori politici; • è urgente ridurre il costo economico dei rifiuti, cosa che si può fare o attribuendo un valore a questi oggetti artificiali giunti alla fine del loro ciclo di vita, o indicando un proprietario responsabile. È un compito per i politici;


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• oltre alla chiusura dei cicli fisici per oggetti, atomi e molecole in vista del loro riutilizzo, bisogna aggiungere il ciclo della responsabilità. I produttori sono gli “ultimi proprietari responsabili” degli oggetti che producono; hanno la conoscenza tecnica, ne traggono profitto e in fin dei conti dovrebbero avere la responsabilità di “chiudere il cerchio”. Una Responsabilità legale estesa del produttore (Extended Producer Liability – EPL) fornirebbe gli incentivi finanziari per agire alla fonte e condurre a un’economia sostenibile. I cicli chiusi di responsabilità sono già la norma per gli attori economici che operano in una performance economy vendendo prestazioni, beni e molecole come servizi piuttosto che come merci. Questo modello di business è stato la regola nei trasporti, sia quando ha assunto la forma dell’uso condiviso (bus, treni, aerei) sia quando è stato un uso ricorrente (hotel, taxi, noleggio automobili). Mantenendo la proprietà degli oggetti, gli attori economici devono internalizzare tutte le responsabilità e i costi dei rischi e dei rifiuti. Per massimizzare i profitti, le incertezze che un oggetto deve affrontare durante il suo ciclo di vita devono essere considerate già durante le fasi di progettazione. Il libro Limits to certainty – Facing risks in the new service economy, che ho scritto assieme a Orio Giarini, delineava questo ripensamento dell’economia, dopo che Schumacher, nel 1973, si era già espresso per un cambiamento analogo nel suo libro Piccolo è bello. Uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa. Nel 2016, Wijkman e Skanberg hanno quantificato i benefici macroeconomici della CIE nei loro report sugli impatti sociali di una CIE. Oggi disponiamo di stime esatte sulla sostituzione di energia ed emissioni di gas serra con forza lavoro nella CIE, tenendo presente che quest’ultima opererà sempre in simbiosi con la produzione e che ciò è necessario per estendere i progressi scientifici e tecnologici agli stock esistenti. L’obiettivo di ogni economia circolare è utilizzare al meglio gli stock di beni o capitali, siano essi naturali, umani, culturali, industriali o finanziari,


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e mantenerne il valore. Ma considerando che la natura è un sistema auto-organizzato di cicli virtuosi, la CIE è un sistema guidato da imprenditorialità, innovazione, regolamentazione, desideri umani, politica, valori e responsabilità, e tra questi l’economia della performance è quella con il modello di business più sostenibile. Sono lieto di presentare l’edizione aggiornata di questo libro di Emanuele Bompan e Ilaria Nicoletta Brambilla, un contributo positivo al dibattito sull’economia circolare. Mancano ancora approcci di ampio respiro all’economia circolare e questo libro potrebbe aiutare i lettori a orientarsi nella lunga transizione della nostra economia.


Prefazione *

Stefano Ciafani

Il 2021 è l’anno della consacrazione istituzionale della transizione ecologica nel nostro paese. Finalmente. Si tratta, infatti, di un concetto a noi molto caro, che emergeva chiaramente nelle pubblicazioni della nostra associazione già negli anni Ottanta. Ora, nonostante il cronico e insopportabile ritardo italiano, è un tema al centro dell’agenda politica nazionale, grazie soprattutto alla spinta europea del Green Deal prima e del Next Generation EU poi. La nascita del governo Draghi è stata caratterizzata proprio dall’istituzione del nuovo ministero che ha unito il dicastero dell’Ambiente, del territorio e del mare alle direzioni generali che si occupavano di energia allo Sviluppo economico. Alla sfida epocale della transizione verde è dedicata la parte più importante del Piano nazionale di ripresa e resilienza varato dall’esecutivo, obbligato a rispettare la percentuale minima del 37% delle risorse europee stanziate per far ripartire l’economia dopo lo shock causato dal COVID-19, da destinare al processo di decarbonizzazione continentale entro il 2050. La grande sfida dell’economia circolare dovrà essere uno dei pilastri della transizione verde italiana al centro delle politiche del neonato ministero. Questa innovazione, spinta dalle istituzioni europee, ha portato all’approvazione del pacchetto di direttive sull’economia circolare e al varo del nuovo piano d’azione. Si tratta, nei fatti, di una nuova rivoluzione indu*  Presidente nazionale di Legambiente.


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striale che mette ai margini secoli di cicli produttivi inquinanti, prodotti pensati per durare sempre meno, impianti di smaltimento di rifiuti di ogni genere. Ora è il momento di spingere su ricerca accademica e industriale, riprogettazione di beni e cicli manifatturieri, valutazione del ciclo di vita dei prodotti, economia a basso contenuto di carbonio e sistemi produttivi che minimizzano l’uso di materie prime. L’Italia su questo fronte non è proprio l’ultima arrivata. Anzi. Possiamo, infatti, contare su esperienze industriali con leadership mondiale nel nuovo paradigma della bioeconomia. L’unico impianto al mondo in grado di produrre il butandiolo dalla materia rinnovabile e non dal petrolio, per esempio, non è in Germania o negli Stati Uniti ma è in Italia, più precisamente ad Adria, in provincia di Rovigo. Per fronteggiare la strutturale carenza di materie prime e diffondere su tutto il territorio nazionale le esperienze uniche nel panorama mondiale che il nostro paese può vantare, è fondamentale sviluppare al massimo tutte le potenzialità dell’economia circolare. Un vantaggio competitivo che non conserveremo a lungo senza una strategia e, soprattutto, risorse adeguate. Su questo fronte, invece, ancora non ci siamo, sia per quello che concerne i finanziamenti pubblici alla ricerca sull’economia circolare sia per un’impostazione culturale ancora arretrata di gran parte del mondo imprenditoriale italiano. Si devono valorizzare sempre di più le numerose esperienze positive, condividere le conoscenze e promuovere le competenze di un settore che ha ancora grandi potenzialità di sviluppo. Nei prossimi anni si potrà creare nuova occupazione, portare risparmi per le imprese e benefici per la qualità dell’ambiente e il clima, bonificare aree industriali e riconvertire impianti obsoleti. Le “eccezioni” dei campioni mondiali made in Italy di questo settore devono diventare al più presto pratica ordinaria nel settore della chimica, nella produzione dei biocarburanti veri, quelli a filiera corta che non impattano sulle colture alimentari e sulla biodiversità, nella siderurgia e nella metallurgia, nell’agroalimentare. Serve però un cambio di paradigma affinché si completi la transizione


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ecologica e circolare dell’economia italiana. Non si può prescindere da un forte impulso al settore della ricerca e dello sviluppo, da politiche industriali chiare e innovative, dalla semplificazione di norme e autorizzazioni, dal completamento della rete impiantistica, adeguandola allo scenario futuro dell’economia circolare, dalla costruzione di un mercato florido per i prodotti riciclati, da una finanza compatibile con fattori ambientali e sociali, da un sistema di controlli ambientali efficaci per fermare illegalità e concorrenza sleale. Fino a oggi è mancata la volontà della classe dirigente del paese. Ma non è mai troppo tardi per completare la rivoluzione circolare del nostro paese. Questo libro spiega bene le diverse azioni fondamentali per costruire questa nuova economia. Basta metterle in pratica e il gioco è fatto. Buona lettura!



Nota degli autori

Fin dalla sua prima stesura, Che cosa è l’economia circolare è stato pensato per essere aggiornato, modificato, riscritto. La saggistica su temi economici, politici, geografici, è per definizione fluida, incrementale, una continua rincorsa a comprendere l’evoluzione di fenomeni, fatti, tendenze e teorie. Specie quando i fatti osservati sono mutevoli, cangianti, sfaccettati. Poche cose stanno accadendo con tanta rapidità quanto la trasformazione dell’economia e della società in risposta al cambiamento climatico e alla perdita di biodiversità, oltre che per creare un mondo più inclusivo, prospero, basato su diritti universali per tutti, obiettivi egregiamente riassunti negli SDGs (Sustainable Development Goals, Obiettivi di sviluppo sostenibile). La pandemia da COVID-19, l’interesse crescente della politica, dell’economia, ma soprattutto dei cittadini, per l’economia circolare, la grande quantità di ricerche e la nascita di nuovi progetti, tutti eventi che si sono succeduti nei cinque anni dalla prima pubblicazione del libro, ci hanno indotto a riprendere in mano questo testo per aggiornarlo, rivederlo, ampliarlo. D’altra parte, le mutazioni culturali e sociali sono state fin dall’inizio parte integrante della genealogia del concetto di economia circolare, di cui si tratta nel primo capitolo di questo libro, redatto da Ilaria Nicoletta Brambilla. In questa nuova edizione si è data maggiore articolazione a questo percorso storico, culturale e politico, includendo i più recenti contributi teorici. Nel secondo capitolo, Emanuele Bompan, direttore di Materia Rinnovabile / Renewable Matter, illustra i principi su cui si basa la teoria attuale dell’eco-



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