Fotovoltaico negli edifici.

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fotovoltaico negli edifici

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manuali di progettazione sostenibile

alessandra scognamiglio paola bosisio vincenzo di dio

fotovoltaico negli edifici

nu o va edizione 2013

• tecnologia • mercato • quadro normativo • dimensionamento • progettazione • aspetti economici • procedure • autorizzazioni • incentivi • conto energia • casi studio • ricerche in corso

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dimensionamento, progettazione e gestione degli impianti presentazione di heinz a. ossenbrink introduzione di gianni silvestrini con contributi di: paola delli veneri

salvatore favuzza laura lancellotti

lucia vittoria mercaldo carlo privato

gaetano zizzo

redazione nextville

Edizioni Ambiente

• integrazione architettonica

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Alessandra Scognamiglio, Paola Bosisio, Vincenzo Di Dio Paola Delli Veneri, Salvatore Favuzza, Laura Lancellotti, Lucia Vittoria Mercaldo, Carlo Privato, Gaetano Zizzo Redazione Nextville

fotovoltaico negli edifici

Dimensionamento, progettazione e gestione degli impianti Nuova edizione 2013

Collana “Manuali di progettazione sostenibile” diretta da Federico M. Butera realizzazione editoriale Edizioni Ambiente srl www.edizioniambiente.it coordinamento redazionale Diego Tavazzi progetto grafico: GrafCo3, Milano impaginazione: Roberto Gurdo © copyright 2013, Edizioni Ambiente srl via Natale Battaglia 10, 20127 Milano tel. 02 45487277, fax 02 45487333 ISBN 978-88-6627-025-6

Finito di stampare nel mese di febbraio 2013 presso GECA S.p.a., Cesano Boscone (Mi) Stampato in Italia – Printed in Italy

i siti di edizioni ambiente www.edizioniambiente.it www.nextville.it www.reteambiente.it www.puntosostenibile.it www.freebookambiente.it seguici anche su: Facebook.com/EdizioniAmbiente Twitter.com/EdAmbiente

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sommario Presentazione Heinz A. Ossenbrink

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Introduzione Gianni Silvestrini

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1. architettura/fotovoltaico: stato dell’arte e prospettive di ricerca

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Alessandra Scognamiglio

1.1 Introduzione 1.2 Passato e presente: stato dell’arte 1.3 Possibile futura evoluzione: prospettive di ricerca

2. il mercato della tecnologia fotovoltaica: stato e prospettive

13 17 23

33

Carlo Privato

2.1 2.2 2.3 2.4

Il quadro di riferimento internazionale La produzione Il mercato La grid parity

3. il quadro regolatorio tra stato e regioni

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Paola Bosisio

3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6 3.7

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Dagli obiettivi europei al burden sharing regionale Le limitazioni al fotovoltaico a terra imposte per legge nazionale Obbligo rinnovabili nei nuovi edifici Qualificazione degli installatori Il sistema autorizzatorio per il fotovoltaico Vincoli architettonici e paesaggistici Impianti fotovoltaici e vigili del fuoco

49 52 53 55 56 74 78

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4. l’incentivazione del fotovoltaico

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di Redazione Nextville.it

4.1 4.2 4.3 4.4 4.5 4.6 4.7 4.8

Il quadro d’insieme al 2012 Il meccanismo tempi/costi del quinto Conto energia Requisiti dei soggetti e degli impianti Modalità di accesso agli incentivi Tipologie di impianti cui è rivolta l’incentivazione Il nuovo meccanismo tariffario e le tariffe Premialità made in Ue, eternit, enti locali Cumulabilità e compatibilità con altri incentivi

5. aspetti economici e fiscali degli impianti fotovoltaici

81 85 88 89 92 95 101 102

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Paola Bosisio

5.1 5.2 5.3

Scambio sul posto e Ritiro dedicato Regime fiscale Imu sugli impianti fotovoltaici

6. la tecnologia fotovoltaica

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Paola Delli Veneri, Laura Lancellotti, Lucia Vittoria Mercaldo

6.1 Introduzione 6.2 Cenni sulla radiazione solare 6.3 La tecnologia fotovoltaica convenzionale: il silicio cristallino 6.4 La seconda generazione del fotovoltaico: i film sottili 6.5 Tecnologie fotovoltaiche emergenti e concetti innovativi

7. componenti di un impianto fotovoltaico

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Vincenzo Di Dio, Salvatore Favuzza, Gaetano Zizzo

7.1 Introduzione 7.2 Il generatore fotovoltaico 7.3 Cavi e protezioni della sezione in c.c. 7.4 Le strutture di sostegno 7.5 Gruppo di conversione 7.6 Sistemi per il sezionamento, il comando di emergenza e funzionale e l’interruzione generale lato c.a. 7.7 Monitoraggio dello stato di funzionamento dell’impianto

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7.8 7.9

Sistemi di interfaccia con la rete Novità sui componenti d’impianto introdotte dal IV e dal V Conto energia

8. progettazione di impianti fotovoltaici

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Vincenzo Di Dio, Salvatore Favuzza, Gaetano Zizzo

8.1 Premessa 8.2 Sopralluogo, analisi dei luoghi e studio delle ombre 8.3 Scelta della taglia 8.4 Individuazione del livello della tensione in uscita 8.5 Scelta della struttura dell’impianto FV 8.6 Scelta della modalità di collegamento a terra della sezione in corrente continua (c.c.) 8.7 Scelta del sistema di protezione contro i contatti diretti 8.8 Scelta del sistema di protezione contro i contatti indiretti nella sezione in c.c. 8.9 Scelta del sistema di protezione contro i contatti indiretti nella sezione in c.a. 8.10 Struttura del campo fv e suddivisione in stringhe 8.11 Dimensionamento dei componenti dell’impianto fotovoltaico 8.12 Esempio di dimensionamento di un impianto FV grid-connected da 10 kWp 8.13 Considerazioni conclusive

9. impiego del fotovoltaico negli edifici e scelta dei componenti appropriati

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Alessandra Scognamiglio

9.1 9.2 9.3 9.4 9.5 9.6

Considerazioni iniziali Definizioni e concetti Criteri guida per la progettazione Scelta dei componenti fotovoltaici appropriati Integrazione e quinto decreto Conto energia Criteri per l’impiego del fotovoltaico negli edifici

10. collaudo, verifiche tecnico-funzionali e manutenzione

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Vincenzo Di Dio, Salvatore Favuzza, Gaetano Zizzo

10.1 Generalità

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10.2 Verifiche tecnico-funzionali 10.3 Scheda tecnica e relazione finali 10.4 Manutenzione

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11. aspetti tecnico-gestionali della progettazione

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Vincenzo Di Dio, Salvatore Favuzza e Gaetano Zizzo

11.1 Premessa 11.2 Procedura di connessione con la rete elettrica 11.3 Iscrizione a Gaudì 11.4 Contabilizzazione dell’energia 11.5 Denuncia apertura officina elettrica 11.6 Documentazione di progetto e documentazione finale di impianto

12. casi studio

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Alessandra Scognamiglio

12.1 Introduzione 12.2 Bergamo – Xeliox Energy Lab 12.3 Settimo Rottaro – Parco giochi e pensilina fotovoltaica 12.4 Lecco – Nuova sede uffici GR Informatica 12.5 Milano – Edificio Santander 12.6 Lodi – Casa minori Fondazione Don Leandro Rossi 12.7 Brescia – Sanpolino e Violino – Edilizia residenziale pubblica 12.8 Roma – Nuova sede uffici CMB

riferimenti bibliografici Ringraziamenti

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presentazione Heinz A. Ossenbrink

“Stiamo per affacciarci su un’interpretazione completamente nuova dell’edificio e dell’ambiente costruito di cui è parte. Cosa significa vivere in questo ambiente che stiamo creando, in termini di sostenibilità, di uso delle risorse e in rapporto all’eredità che lasceremo alle generazioni future? Abbiamo l’opportunità di aggiungere agli edifici una funzione nuova e capace di produrre tutta l’energia necessaria a soddisfare i nostri bisogni.” A poco più di tre anni dalla prima edizione di questo volume, le parole scritte nella presentazione del 2009 sembrano essere ancora più attuali. Sebbene, infatti, sia passato solo poco tempo, lo sviluppo e l’impiego della tecnologia fotovoltaica, insieme alle politiche europee, sottolineano una dinamica in essere (che si muove a una velocità non prevedibile) che ribadisce la necessità di concepire gli edifici in modo nuovo. Nel periodo trascorso tra la prima e la seconda edizione di questo volume, l’Italia è passata da circa 1 GW di fotovoltaico a poco più di 17 GW (dato contatore fotovoltaico GSE gennaio 2013). Allo stesso tempo, i prezzi dei moduli fotovoltaici, e cioè dei componenti principali di un impianto fotovoltaico, si sono ridotti di oltre il 50%. A fronte di questa situazione, ampiamente prevista, anche gli incentivi all’installazione del fotovoltaico sono stati largamente ridimensionati, e hanno previsto requisiti sempre più stringenti per gli impianti maggiormente sostenuti, e cioè quelli integrati negli edifici. Questo nuovo quadro di riferimento costituisce la ragione di una seconda edizione. Alla fine del 2010 l’Italia, così come tutti i paesi membri della Comunità europea, ha emanato il Piano nazionale di azione delle energie rinnovabili, che prevede l’obbligo di coprire il 18% del consumo di energia tramite le rinnovabili entro il 2020: rispetto a questo obiettivo l’energia prodotta da fotovoltaico gioca un ruolo rilevante.

A breve troverà una forma concreta la politica che in maniera decisiva spingerà verso un nuovo concetto per gli edifici del futuro: entrerà in vigore la Direttiva europea che impone che, a partire dal 2021, tutti gli edifici di nuova costruzione (gli edifici pubblici già dal 2019) siano caratterizzati da un consumo energetico pari circa allo zero, e che siano in grado di generare l’energia di cui necessitano tramite rinnovabili (Nearly Zero Energy Buildings). In conseguenza di tale approccio normativo, gli edifici dovranno essere concepiti in modo nuovo: dall’impiego di materiali ecocompatibili all’adozione di strategie passive, al ricorso di impianti efficienti fino al disegno di sistemi di generazione energetica possibilmente integrati nello stesso involucro dell’edificio. Una nuova, sebbene non “programmata”, spinta verso una reale architettura in cui l’energia prodotta dal fotovoltaico assuma un ruolo rilevante (e cioè non quell’architettura degli edifici cosiddetti “dimostratori”, ma quelli che vorremmo vedere tutti i giorni nei nostri quartieri) viene dalla drastica riduzione dei prezzi dei moduli fotovoltaici che si è registrata nell’ultimo anno. Tale riduzione, se da una parte mette purtroppo in crisi l’industria fotovoltaica europea, che non riesce a competere con quella asiatica che propone continue riduzioni dei prezzi, dall’altra rende però possibile per la prima volta produrre energia elettrica da fotovoltaico a costi che sono al di sotto di quelli che sosteniamo per l’energia elettrica tradizionale. Il quadro delineato giustifica senza dubbio una seconda edizione di questo manuale, poiché sono ancora molte le sfide da affrontare. Da queste premesse, sarà possibile veder nascere una nuova scuola di architettura, che tenga sì conto di dettagli tecnici e calcoli energetici ma sia anche in grado di proporre una nuova estetica? Sarà possibile disegnare involucri che, marcatamente connotati tramite l’uso, per esempio, 9

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del fotovoltaico, siano il mezzo per comunicare che siamo in una nuova era energetica? Sono convinto che anche questa nuova edizione sarĂ non solo una raccolta di esperienze, dettagli tecnici, economici e legali, ma anche una sorta di linea che indichi una direzione, come i piccoli fari guida, che gli aerei seguono sulla pista di rullaggio prima di decollare...

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Il mio auspicio è, infatti, che chiunque legga questo libro possa sentirsi aiutato a spiccare il volo. Heinz A. Ossenbrink Head of Renewable Energy Unit European Commission Joint Research Centre – Institute for Energy

fotovoltaico negli edifici presentazione

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introduzione Gianni Silvestrini

La rapidità dell’evoluzione del settore fotovoltaico sta avendo la forza di un terremoto. Lo sconquasso ha colpito il mondo stesso del solare, perché mette in crisi produttori europei e statunitensi non in grado di competere con i prezzi cinesi. Ma sta creando un’onda che per la sua ampiezza allarma anche i produttori di altre tecnologie. I primi a risentirne sono stati i fornitori di centrali a solare termodinamico che, negli Stati Uniti, hanno visto molti progetti convertiti a favore del fotovoltaico. La concorrenza toccherà però anche altri comparti, considerato che i costi dell’elettricità solare sono ormai allineati ai valori dell’eolico offshore. Facciamo quindi una riflessione su prezzi, incentivi e mercato. Nel corso del 2011 le quotazioni dei moduli fotovoltaici sono scese del 35-45% in relazione alle diverse tipologie e alle aree di provenienza e nei primi otto mesi di quest’anno sono scese di un ulteriore 15-25%. La ragione è in parte ascrivibile alla sovrapproduzione che riguarda tutti i segmenti della filiera, a iniziare dal silicio, il cui prezzo è sceso sotto i 20 $/kg nel corso del 2012 (ricordiamo che nel 2008 aveva sorpassato i 400 $/kg). Anche le notizie che vengono dalle società che producono film sottile indicano una forte riduzione dei costi di produzione, che arrivano ormai a 0,35 €/W per alcune tecnologie. Peraltro, nei prossimi 3-5 anni si affacceranno soluzioni fortemente innovative, al momento ancora nei laboratori. La vera domanda è se e di quanto le riduzioni dei costi di lavorazione di celle e moduli e l’aumento dei rendimenti che si stanno registrando saranno in grado di far proseguire strutturalmente il calo dei prezzi. Investimenti in ricerca, aumenti della scala di produzione e, congiunturalmente, i rapporti tra domanda e offerta che hanno favorito i compra-

tori sono alla base del calo di questi anni. Ma è importante mettere a fuoco il motore di questa accelerazione. La riduzione dei prezzi è infatti avvenuta grazie a una poderosa, e per molti aspetti imprevista, spinta del mercato, dovuta prevalentemente all’introduzione del meccanismo della feed in tariff. Questo strumento ha consentito, per esempio, a quasi un milione di tedeschi di investire negli ultimi tre anni una cifra enorme, 70 miliardi di euro. Nessuna delle compagnie elettriche operanti in Germania, il paese con la maggior potenza solare installata, sarebbe riuscita a fare altrettanto su centrali a carbone, a gas o impianti nucleari. Peraltro, il governo tedesco non avrebbe mai destinato questa somma al solare. La stessa cosa si potrebbe dire per l’Italia, dove peraltro l’incapacità di gestire saggiamente gli incentivi ha comportato un carico specifico eccessivo sulle tariffe elettriche. Ma impressiona vedere i dati riguardanti paesi fino a qualche anno fa totalmente assenti. Per esempio il Regno Unito che, con un conto energia avviato solo nell’aprile 2010, ad agosto di quest’anno aveva ben 370.000 impianti connessi in rete. La forte riduzione dei prezzi ha comportato una riduzione dei margini di profitto delle società nei vari segmenti della filiera, facendo registrare fallimenti, acquisizioni e un forte calo dei valori in borsa. La ristrutturazione del settore porterà a un suo consolidamento, con l’emergere di player fotovoltaici di prima grandezza in grado di dominare un mercato annuo da centinaia di miliardi di euro. Da questi dati però emerge anche un’altra riflessione, e cioè che dal crollo dei prezzi si sono avvantaggiati innanzitutto i milioni di cittadini e imprese che hanno optato per il solare. Pensando all’Italia, la lamentazione sui soldi italiani andati a rimpinguare le casse dei produttori asiatici andrebbe quindi rivista. 11

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La forte crescita della domanda ha provocato una reazione, a volte scomposta, sul fronte degli incentivi. In molti paesi si sono ridotti più volte i valori, in qualche caso si è intervenuto con misure retroattive, in altri ancora si è arrivati alla loro totale sospensione. L’Italia, significativamente, è arrivata alla quinta revisione del Conto energia sotto la preoccupazione dell’impatto sulle bollette. Si apre un periodo molto delicato nel quale, a fronte di un sostegno economico sempre più limitato, occorre traversare il guado verso l’assenza totale di contributi economici. E agli incentivi al solare vanno sommati quelli per le altre fonti rinnovabili. Dunque è comprensibile il timore per le tariffe, in particolare per il fotovoltaico sfuggito di controllo in un periodo in cui mancava addirittura il ministro allo Sviluppo economico. Ma riflettiamo un attimo cercando di collocare il peso degli incentivi per le energie verdi, che potrebbero arrivare a 14 miliardi euro/anno, in un contesto più ampio. Intanto l’impatto dell’energia solare sulla formazione dei prezzi toglierà un miliardo alle bollette. Vanno poi conteggiate le riduzioni delle importazioni di gas grazie al boom delle rinnovabili (3 miliardi di metri cubi in meno nel periodo 2008-2011 e 7 miliardi di CO2 non emessa, con un risparmio per il paese di 1,5 miliardi di euro). Inoltre i costi del Cip6, già calati dai 3,6 miliardi del 2006 a 1,2 miliardi, continueranno a ridursi. Un altro paio di miliardi verranno infine tolti dalle bollette grazie alla liberalizzazione del mercato del gas. Come si vede, il fardello delle rinnovabili risulterà più che dimezzato. E diventerà ancor più leggero considerando tutte le entrate per lo stato in termini di IVA e di tasse pagate dalle migliaia di aziende che sono sorte. Dunque l’allarme va ricondotto a una valutazione il più possibile equilibrata tra costi e vantaggi per il paese delle tecnologie verdi. Resta il fatto che siamo entrati in una fase delicata di transizione verso un mercato che dalla seconda metà del 2013 dovrà essere in grado di camminare sulle proprie gambe. L’elettricità solare verrà venduta a un valore inferiore a quello della bolletta calcolato tenendo conto dei vantaggi della produzione nelle ore centrali della giornata, della mancata emissione di anidride 12

carbonica, ma al tempo stesso anche degli investimenti che dovranno essere fatti per trasformare le reti in smart grid. Facendo un’analisi retrospettiva, si può dire che il fotovoltaico non ha visto una crescita armonica, ma piuttosto una per impulsi progressivi. Prima il Giappone, dieci anni fa, poi la Germania, la Spagna e l’Italia hanno dato degli scossoni a quella che avrebbe potuto essere una progressione lineare. Adesso Cina e Stati Uniti si sono lanciati all’inseguimento della prima posizione e tutto fa pensare che si stia formando la massa critica di domanda necessaria per far proseguire il mercato senza incentivi. Gli Stati Uniti potrebbero superare quest’anno i 3 GW, mentre il mercato cinese del 2012 si posizionerà tra 3 e 5 GW. E soprattutto sono sempre più numerosi i paesi che si affacciano sul mercato con una domanda in forte crescita. In conclusione, malgrado gli sbagli nella gestione della crescita del fotovoltaico, è stata messa a punto una tecnologia che potrà rapidamente camminare sulle proprie gambe e che avrà un ruolo centrale nelle strategie mondiali di decarbonizzazione della produzione elettrica. In questo scenario è evidente che l’integrazione del solare nell’edilizia acquista una valenza particolare, anche alla luce dell’obbligo in Italia per le nuove costruzioni di impiegare una quota crescente di rinnovabili e di fotovoltaico. Da qui l’importanza di dedicare una particolare attenzione alla ricerca di materiali avanzati e di soluzioni tecnologiche innovative che consentano di sfruttare al meglio il potenziale esistente. Al tempo stesso, emerge la necessità di prestare un’attenzione sempre maggiore all’integrazione architettonica dei moduli solari. Puntare sull’Italian Solar Design rappresenta una grande opportunità per recuperare il ritardo accumulato dal nostro paese nell’offerta del fotovoltaico. Molti segnali indicano che questa opportunità potrà essere raccolta. Bisogna rafforzare l’impegno di ricercatori, progettisti, designer e costruttori per essere pronti a cogliere le nuove opportunità che si aprono. Gianni Silvestrini Presidente di Exalto

fotovoltaico negli edifici introduzione

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1. architettura/fotovoltaico: stato dell’arte e prospettive di ricerca

Alessandra Scognamiglio

1.1 introduzione È facile riscontrare come il tema del ricorso alle energie rinnovabili abbia assunto negli ultimi anni una centralità del tutto nuova nel panorama culturale contemporaneo. Visti i drastici aumenti del costo dell’energia, e anche i recenti disastri ambientali causati dal petrolio e dal nucleare, l’attenzione generale del pubblico si è infatti concentrata sul tema del risparmio energetico come mai prima d’ora, e l’interesse verso nuove fonti energetiche più economiche e più sicure dal punto di vista della salute collettiva ha assunto dimensioni sempre maggiori. Se si restringe il campo di osservazione agli edifici, rispetto al contesto nel quale si sono mosse le ricerche in questi anni, la maggiore novità è costituita dalla recente direttiva europea1 che impone che a partire dal 2020 tutti gli edifici di nuova costruzione debbano essere a consumo energetico quasi zero, mentre già dal 2018 debbano esserlo quelli di proprietà pubblica. Tale prescrizione normativa comporterà implicazioni considerevoli sul modo in cui gli edifici vengono concepiti e realizzati, ma anche, potenzialmente, sull’aspetto che gli edifici assumeranno. Un edificio a consumo zero è un edificio altamente efficiente dal punto di vista energetico, e capace di generare l’energia che serve per il suo funzionamento attraverso l’impiego di fonti rinnovabili di energia. I dispositivi di generazione

energetica potranno essere integrati nell’involucro dell’edificio (on site energy generation), o nelle sue immediate adiacenze (at site energy generation), o anche trovarsi lontano dall’edificio stesso (off site energy generation).2 Il modo in cui la direttiva sugli edifici a consumo zero troverà applicazione nella realtà è demandato al recepimento della Direttiva da parte dei paese membri (entro 24 mesi dalla pubblicazione) e non ha ancora trovato una precisa definizione normativa nel nostro paese. È tuttavia chiaro che essa costituisce non solo un vincolo per i progettisti, ma anche un’opportunità di portata potenzialmente rivoluzionaria. Infatti, se è vero che è possibile progettare l’edificio in modo che esso consumi solo energia rinnovabile ma prodotta altrove (off site energy generation), e che questo non comporterebbe alcuna conseguenza sul modo in cui concepiamo l’architettura, è anche vero che l’opzione preferibile dal punto di vista energetico è che l’edificio sia in grado di produrre l’energia nello spazio della sua impronta fisica, o preferibilmente, come prescritto dalla Direttiva, nel suo immediato intorno (on site energy generation, at site energy generation),3 e questa seconda possibilità, invece, comporterebbe implicazioni notevoli. Il progetto di architettura, infatti, dovrebbe includere non più la considerazione di un bilancio energetico astratto, che relega la pro-

1. European Directive on the energy performance of buildings 2010/31/EU del 19 maggio 2010 (Official Journal of the European Union). All’art. 9, “Nearly zero-energy buildings”, si legge: “1. Member States shall ensure that: (a) by 31 December 2020, all new buildings are nearly zero- energy buildings; and (b) after 31 December 2018, new buildings occupied and owned by public authorities are nearly zero-energy buildings. Member States shall draw up national plans for increasing the number of nearly

zero-energy buildings. These national plans may include targets differentiated according to the category of building”. 2. A. Scognamiglio, H. Rostvik, “Photovoltaics and zero energy buildings: a new opportunity and challenge for design”, Prog. Photovolt: Res. Appl. (2012), DOI: 10.1002/pip.2286. 3. Torcellini P., Pless S., Deru M., Crawley D., “Zero Energy Buildings: A Critical Look at the Definition”, Conference Paper NREL/CP-550-39833, 2006.

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duzione di energia da rinnovabile a un luogo lontano dall’edificio, ma includerebbe necessariamente la ricerca di una espressione architettonica appropriata per i sistemi che producono energia, che influenzerebbe non solo la forma dell’edificio ma anche quella della città.4 Per rendere questo ragionamento più chiaro è opportuno condurre alcune ulteriori riflessioni, e per farlo introdurremo il concetto di “impronta energetica”. Il concetto che lega le nostre azioni, il nostro modo di vivere, alle risorse del pianeta, quantificandone il consumo, è, come è noto, l’impronta ecologica.5 Con una semplificazione, rispetto alla definizione originaria, possiamo chiamare la parte di impronta ecologica ricollegabile ai nostri bisogni energetici “impronta energetica”,6 e definirla come la quantità di suolo (terra e acqua) che è necessaria per produrre una certa quantità di energia, in funzione della tecnologia di produzione adoperata. Progettare un edificio a bilancio energetico nullo significa ridurne al massimo i consumi (anche impiegando materiali ecocompatibili), comprimendo al massimo la sua impronta energetica, e poi, coprire quella impronta con sistemi di produzione da rinnovabile. Il progetto dello spazio associabile a quella che abbiamo definito impronta energetica è per la disciplina architettonica un concetto nuovo. Infatti, l’impronta energetica di una persona che viva oggi in una città di un paese industrializzato va ben oltre quanto viene generalmente percepito, e si estende ben al di là dello spazio che “sentiamo” di occupare, e che, quindi, progettiamo. Per rendere chiaro questo concetto, consideriamo i consumi annui di una sola persona, che viva in 25 metri quadrati di un edificio ben progettato (a consumi energetici ridotti) di una città europea. Tali consumi possono essere stimati pari a 1.461 kWh per servizi elettrici, a 300 kWh per riscaldamento e raffrescamento, e a circa 14.018 kWh per il trasporto, se affidato ad automobile privata, e a 1.713 kWh se affidato

ad automobile elettrica. A questi consumi si aggiunge il consumo di energia per il metabolismo (cibo), che si può considerare pari a circa 1.168 kWh.7 Se dell’impronta energetica consideriamo il solo parametro della dimensione della superficie di suolo necessaria per installare i dispositivi di generazione energetica adatti a coprire questo consumo, e considerando come tecnologie utilizzabili il fotovoltaico e la biomassa, dobbiamo osservare che oltre ai 25 metri quadrati che abita, ciascuno di noi necessita di circa 15 metri quadrati di fotovoltaico per coprire i consumi elettrici, di 30 metri quadrati di fotovoltaico per riscaldare e raffrescare la propria abitazione o, in alternativa, di 720 metri quadrati di biomassa, e di una quantità di spazio variabile tra circa 17 metri quadrati e oltre 3.300 metri quadrati per coprire le proprie esigenze di spostamento, secondo che si impieghi, rispettivamente, fotovoltaico o biomassa. A ciò si aggiungono circa 300 metri quadrati di spazio per la produzione di cibo. Ecco cosa significa che la nostra impronta energetica si estende ben oltre lo spazio che siamo abituati a progettare.

4. A. Scognamiglio, S. Bordone, J. Grima, M. L. Palumbo, “’Forms of Energy’: the way architects envision the use of solar energy”, Proceedings of the 26th European Photovoltaic Solar Energy Conference and Exhibition, Hamburg, 2011, pp. 3958-3966; e anche www.domusweb.it, ricerca con parola chiave “forms of energy”, visitato il 4 novembre 2012. 5. M. Wackernagel, W. E. Rees, L’impronta ecologica. Come ridurre

l’impatto dell’uomo sulla Terra, edizione italiana a cura di G. Bologna, Edizioni Ambiente, Milano, 2008. 6. A. Scognamiglio, H. Ossenbrink, M. Annunziato, “Forms of cities for energy self sufficiency”, Proceedings of the UIA 2011, Tokyo, The XXIV World Congress of Architecture, Tokyo, Japan, 25 September-1 October 2011, pp. 22-27. 7. A. Scognamiglio, H. Ossenbrink, M. Annunziato, ibidem.

Gli oltre 4.000 metri quadrati di cui necessitiamo nel caso dell’impiego della biomassa in combinazione con il fotovoltaico, o quasi 400 nel caso dell’impiego del fotovoltaico da solo, non siamo abituati a progettarli, poiché fino a ora l’energia era disponibile all’edificio senza essere visibile: nascosta nel sottosuolo e trasportata da lontano, non assumeva alcuna forma nel progetto. La nuova opportunità che si presenta oggi ai progettisti è che, a differenza dei giacimenti petroliferi, pale eoliche e, meglio ancora, moduli fotovoltaici, entrano a far parte dei luoghi che normalmente abitiamo, potendo diventare elementi del progetto, e conformando paesaggi nuovi. La condizione inedita sopra descritta richiede necessariamente un nuovo atteggiamento. Richiede di pensare, prima ancora che proget-

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tare, secondo nuove categorie, che vedono il paesaggio e gli elementi che lo compongono non solo secondo distinzioni e categorie estetiche tradizionali (per esempio costruito/naturale), ma anche attraverso la lettura di qualità che fanno capo a concetti energetici (per esempio: disponibilità di radiazione solare, capacità di produrre). Il progetto dovrà essere in grado di utilizzare l’energia non come una variabile astratta, ma come un input reale. Responsabilità del progettista sarà non solo prendersi cura dello spazio abitato che disegna, ma anche quantificare la sua impronta energetica, per poi darle una forma.

1.1.1 qual è il ruolo del fotovoltaico in questo nuovo contesto? Grazie alle rinnovabili la nostra epoca offre grandi possibilità tecnologiche nella direzione della conformazione dell’impronta energetica, che rendono questo obiettivo raggiungibile, aprendo nuove prospettive nel progetto delle città, degli edifici e dei paesaggi. A tale riguardo, le tecnologie energetiche rinnovabili possono essere classificate secondo una gerarchia che tiene conto della possibilità di impiegarle quanto più vicino possibile al luogo del consumo, e, inoltre, della possibilità di soddisfare tutte le richieste energetiche dell’utenza, e cioè i diversi tipi di energia che l’utenza richiede (per esempio termica ed elettrica). In questa gerarchia il fotovoltaico occupa la prima posizione; esso, infatti, può essere impiegato direttamente come parte dell’involucro dell’edificio (facendo coincidere il luogo della produzione e quello del consumo) e può fornire energia a qualunque tipo di richiesta, naturalmente escludendo il cibo. È prevedibile, quindi, che il fotovoltaico possieda le potenzialità per divenire la tecnologia maggiormente utilizzata nella conformazione di edifici a consumo energetico nullo, per ragioni legate alle sue caratteristiche, ma anche per ragioni di efficienza, e di competitività economica (si considerino anche le recenti drastiche riduzioni dei costi del fotovoltaico) e tecnica rispetto alle altre tecnologie disponibili. Questa nuova circostanza possiede interessanti implicazioni progettuali, che delineano anche nuove prospettive di ricerca per il fotovoltaico.

Da questo punto di vista, se consideriamo l’impronta energetica di un edificio, questa può essere contenibile entro la sua impronta fisica (quando la densità abitativa sia molto bassa e l’edifico consumi davvero poco), oppure può superarla. Molto spesso si verifica la seconda ipotesi, e cioè che non sia possibile alimentare completamente l’edificio integrando sistemi di produzione energetica, e segnatamente il fotovoltaico, entro la sola superficie del suo involucro. Quindi, sempre più spesso, in futuro, si vedranno edifici che proiettano la loro impronta energetica oltre il proprio confine, e allora sempre più spesso saremo in presenza di nuove forme che, immaginate per dare spazio alla generazione energetica, di fatto influenzeranno anche la natura dello spazio prossimo all’edificio. Difficile dire se questi spazi, a cavallo tra la scala architettonica e urbana, saranno una nuova categoria di spazio. Senza dubbio però essi costituiranno un’occasione importante di ricerca e sperimentazione. Un esempio di questo atteggiamento progettuale è la nuova sede della Rainbow presso Ancona. Disegnata da Bianchi & Straffi, è un edificio a consumo energetico quasi zero, e affida il suo funzionamento a un impianto geotermico abbinato al fotovoltaico, oltre che a un’attento uso del daylight. La sua impronta energetica non è contenuta entro l’impronta fisica, e infatti il fotovoltaico “sporge” dalla copertura a conformare delle estensioni, che disegnano una sorta di brise-soleil. Direttamente legata a questo insieme di condizioni è l’attenzione dei progettisti verso le tecnologie che consentono l’uso dell’energia rinnovabile, e, in particolare, verso quelle che possono facilmente essere impiegate negli edifici per ridurne la bolletta energetica e, soprattutto, elettrica. Lo sforzo degli architetti è diretto, quindi, all’impiego di queste tecnologie in modalità formali che siano tali da accattivare l’immaginazione dell’élite che commissiona gli edifici, poiché la nuova “prestazione” che agli edifici è richiesta – e cioè di consumare poco e di produrre in maniera autonoma l’energia che consumano – si lega inevitabilmente all’uso di materiali e tecnologie appropriati, composti in un repertorio formale che possa essere condiviso e accettato dal pubblico. Come risultato, 15

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figura 1.1 a/b nuova sede dello stabilimento rainbow, ancona, italia (2011)

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Progetto Sergio Bianchi, Elisabetta Straffi. Immagine Š Luigi Filetici.

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è possibile rintracciare nelle architetture contemporanee l’inizio di una nuova estetica, che sottintende istanze di natura etica e prestazionali, ed è stata definita talvolta “estetica della sostenibilità”.8 Come sopra accennato, non tutte le tecnologie di produzione energetica si prestano all’impiego negli edifici; quelle il cui dominio più “naturalmente” incontra il piano dell’architettura generando anche interessanti sperimentazioni formali utilizzano il vento e il sole, e sono, segnatamente, il micro/mini-eolico e il fotovoltaico. Tuttavia, mentre le sperimentazioni con il vento si concentrano prevalentemente nel design di aerogeneratori attraenti dal punto di vista visivo, e nelle modalità di sovrapposizione all’edificio, l’impiego del fotovoltaico rende possibile sperimentazioni che coinvolgono in maniera diretta l’involucro architettonico. Questo perché, com’è noto, i componenti fotovoltaici possono sostituire agevolmente elementi tecnologici edili tradizionali (quali pareti e coperture, o anche elementi di rivestimento o frangisole), potendo, inoltre, offrire una soddisfacente variabilità formale (sono opachi o trasparenti, e anche flessibili). Nelle note che seguono si intende tracciare, attraverso degli esempi di riferimento ben noti (casi emblematici), una breve analisi delle modalità

che hanno fino a ora caratterizzato il rapporto architettura/fotovoltaico e più specificamente, come gli architetti hanno utilizzato questa tecnologia per conformare i propri edifici, per poi dare spazio ad alcune ipotesi su come questo rapporto potrebbe evolversi nel futuro originando anche nuove categorie di prodotti. I casi emblematici “storici” sono stati scelti e analizzati seguendo alcuni “concetti guida”, formulati per definire le caratteristiche salienti del rapporto architettura/fotovoltaico nel passato e nel presente. A questi concetti guida, che descrivono le modalità architettoniche di impiego del fotovoltaico, si è scelto di associare, volta per volta, un carattere peculiare comune degli edifici selezionati, attinente più specificamente al modo in cui essi sono concepiti o conformati. I concetti guida formulati sono: unicità, discretezza, attrattiva, autosufficienza. Nella descrizione delle possibili modalità future di relazione tra il fotovoltaico e l’architettura, invece, considerato che non esistono ancora edifici che possano essere presi come riferimento, si sono scelti altri concetti guida che descrivono il modo in cui le superfici di involucro degli edifici sono concepite e conformate, piuttosto che il modo in cui l’intero edificio è concepito. In particolare, si farà riferimento a superfici sensibili reattive, mediatiche, pixellate e frattali.9

1.2 passato e presente: stato dell’arte 1.2.1 unicità: involucri di forma “capricciosa” L’unicità è il concetto guida utile per descrivere edifici che non possono ragionevolmente essere replicati. Qui si intende fare riferimento ai primi edifici che hanno impiegato il fotovoltaico, i quali, in ragione del loro ruolo pionieristico, hanno cercato di catturare l’attenzione del pubblico attraverso involucri modellati in una forma singolare, bizzarra, che si può definire, mutuando il termine dal campo musicale, come “capricciosa”.

L’unicità di questi primi edifici, ottenuta, come anticipato, mediante l’esibizione di un involucro modellato in modo capriccioso, è stata lo strumento che gli ha consentito di veicolare l’attenzione del pubblico – non ancora maturo – verso il tema dell’energia, e rendere manifesto come le tecnologie di produzione energetica potessero essere integrate nelle architetture. È interessante porre l’accento sulla natura squisitamente “architettonica” del contributo di questi edifici al tema del rapporto architettura/ fotovoltaico. In questo senso, infatti, la ricerca di

8. L. van Schaik, “The Aesthetics of Sustainability”, in Architecture of Change, Sustainability and Humanity in the Built Environment, Berlin, 2008.

9. A. Scognamiglio, C. Privato, “Starting points for a new cultural vision of Photovoltaics”, Proceedings of the 23rd European Photovoltaic Solar Energy Conference, Valencia, Spain, 2008, pp. 3222-3233.

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figura 1.2 solar cultural center

dal punto di vista formale, che “convincessero” architetti e committenti. La diversità dei due approcci è evidente. Infatti, come è possibile evincere anche dalla lettura dei casi emblematici selezionati, sul versante della ricerca architettonica si è privilegiato l’impiego di componenti fotovoltaici standard (affidabili), e la valenza formale (in questo caso coincidente con l’unicità dell’involucro capriccioso) è affidata al modo in cui questi obbediscono alle regole compositive dell’involucro. La risposta alla questione dell’integrazione delle tecnologie rinnovabili in architettura, quindi, in questa fase della storia della reciproca relazione, non è tecnologica ma compositiva. Inoltre, l’attenzione si sposta dal sistema tecnologico al sistema edificio, di cui la tecnologia è parte integrante al punto che non può essere presa in esame singolarmente. Si sono scelti tre casi. Nei primi due la concezione dell’edificio è piuttosto tradizionale, e l’unicità è prevalentemente confinata all’involucro, della cui capricciosità il fotovoltaico gioca un ruolo fondamentale. Nel terzo, invece, l’unicità attiene più specificamente al modo stesso in cui l’architettura è concepita: conforma la spazialità dell’invaso di cui l’involucro capriccioso è quasi un riflesso inevitabile.

Breisach, Rhine, Germania. Progetto Thomas Spiegelhalter. Immagine dell’autrice.

figura 1.3 distretto freiburgrieselfeld Freiburg, Germania. Progetto Thomas Spiegelhalter. Immagine dell’autrice.

una composizione formale coerente e attraente (seppure capricciosa), in cui elementi tradizionali dell’involucro ed elementi innovativi sono fusi nell’utilizzo di un linguaggio omogeneo, può essere letta come la risposta disciplinare alla parallela ricerca di settore, che negli stessi anni poneva l’attenzione sul dettaglio tecnologico/ estetico, concentrandosi sulla messa a punto di componenti fotovoltaici non standard, attraenti 18

I primi due casi sono il Solar Cultural Center, realizzato presso Breisach, Rhine (Germania) nel 1997 (figura 1.2), e il quartiere solare costruito nel nuovo distretto Freiburg-Rieselfeld (Germania) nel 1998 (figura 1.3), entrambi progettati da Thomas Spiegelhalter. Qui l’impiego di componenti fotovoltaici standard, non specificamente sviluppati per l’impiego negli edifici, si trasforma in un’occasione per sperimentare con il design. È da evidenziare, infatti, che questi moduli, non pensati per l’integrazione architettonica, non possono di fatto sostituire i componenti edili tradizionali poiché non possiedono gli stessi requisiti, e quindi non assicurano le stesse prestazioni (per esempio resistenza meccanica). Questo problema tecnico viene qui superato da una appropriata composizione, in cui i moduli fotovoltaici sono pensati in “aggiunta” all’involucro, invece che in “sostituzione” di parti di esso.

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figura 1.4 padiglione olandese expo 2000

Il terzo esempio è il Padiglione olandese all’Expo 2000 in Hannover, progettato dallo studio MVRDV (figura 1.4). L’unicità di questo edificio risiede nell’immagine d’insieme, che discende dalla sua funzione “eccezionale”, cioè quella di padiglione espositivo. Di fatto l’edificio è concepito come un racconto visivo sui temi dell’energia e della natura, e sul loro rapporto con l’architettura.10 Questi temi, pervadendo il contenuto dell’opera e il suo significato (invaso), influenzano necessariamente la forma dell’involucro (significante), la cui capricciosità altro non è che una conseguenza del significato dell’edificio. Coerentemente con questa concezione dell’edificio come racconto, le pale eoliche sulla copertura suscitano la curiosità del pubblico, che entra nell’edificio per capire cosa esso racchiuda; una volta entrato il pubblico si trova di fronte a una mostra sulle strategie attive e passive per la produzione e il risparmio dell’energia, in cui il fotovoltaico è appena visibile sotto forma di cortina in film sottile integrata nella facciata meridionale dell’edificio.

Hannover, Germania. Progetto MVRDV. Immagine dell’autrice.

figura 1.5 quartiere residenziale nieuwland Amersfoort, Olanda. Immagine dell’autrice.

1.2.2 “discretezza”: edifici che sperimentano soluzioni ripetibili per i problemi dell’involucro Anche la discretezza – come la capricciosità – è un concetto mutuato dal campo musicale,11 e ed è il concetto guida utile a descrivere quegli edifici che cercano di ottenere il consenso del pubblico piuttosto che cercare di provocarne lo stupore (come avviene invece nel caso degli edifici unici e capricciosi) attraverso involucri discreti. Spesso accade che la ricerca di soluzioni discrete per l’involucro vada di pari passo con quella di soluzioni tecnologiche innovative, che possano però poi essere standardizzate, e quindi facilmente ripetibili. Questo atteggiamento progettuale (discretezza/ripetibilità) è rintracciabile prevalentemente in due settori in cui l’architettura si è confrontata con il fotovoltaico, e cioè il settore residenziale e quello dei grandi edifici pubblici. Si propongono come esempi di discretezza due 10. “Dutch Pavilion for the Expo 2000”, in El Croquis, 111, III (2002). 11. In particolare si fa riferimento al noto album di Brian Eno (Discreet Music, 1975), strutturato sul concetto della musique

figura 1.6 edificio polifunzionale mont-cenis academy Herne, Germania. Progetto Jourda­ &Perraudin. Immagine dell’autrice.

d’ameublement teorizzato da Erik Satie (1917) relativamente a quella musica pensata per integrarsi con l’atmosfera degli ambienti in cui è eseguita, anche confondendosi con gli altri suoni, piuttosto che per attrarre su di sé l’attenzione dell’ascoltatore.

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interventi: il primo è il vasto quartiere residenziale Nieuwland ad Amersfoort,12 il secondo è il grande edificio polifunzionale Mont-Cenis Academy, a Herne.13 Essi sono accomunati dalla data di realizzazione (2000) e dalla potenza di fotovoltaico installata (1 MWp), paragonabile a quella di una piccola centrale elettrica. La diversa natura dei progetti vede nel primo caso l’impiego del fotovoltaico distribuito tra i vari edifici che compongono il distretto residenziale, nel secondo il suo impiego concentrato nell’involucro di un unico edificio. Per l’intervento di Nieuwland (figura 1.5), disegnato da un team di architetti, la logica è stata quella di integrare i componenti fotovoltaici in sostituzione dei componenti edili tradizionali, prevalentemente in corrispondenza delle coperture,14 cercando soluzioni ripetibili e a basso costo, tali da non penalizzare la producibilità (e cioè la quantità di energia che può essere prodotta) dell’impianto integrato rispetto a uno standard (in relazione al sito e alle modalità di installazione). Questo approccio rende l’uso del fotovoltaico discreto poiché ben inserito tra gli altri sistemi tecnologici e materiali dell’edificio. Per il grande edificio di Mont-Cenis (figura 1.6), progettato dagli architetti francesi Jourda&Perraudin, la discretezza è ottenuta attraverso la semplicità geometrica dell’involucro (un solido geometrico “familiare”, il parallelepipedo), e poi, soprattutto, mediante il ricorso a moduli fotovoltaici non dissonanti rispetto agli altri materiali impiegati.15 La discretezza, infatti, per un edificio di dimensioni così notevoli, è più da riferirsi a una qualità dell’involucro che non all’edificio del suo insieme. A proposito di questo tema, un aspetto importante del progetto è stato lo sviluppo di “famiglie” di moduli fotovoltaici specifici, pensati in modo da sostituire integralmente

1.2.3 attrattiva: “urbanmarks” L’attrattiva, e cioè la capacità di attrarre il pubblico, è il concetto guida utile a descrivere i cosiddetti “urbanmarks”, cioè grandi oggetti architettonici, quasi scultorei, che attraggono per il loro aspetto e, talvolta, per la funzione a cui assolvono. Gli urbanmarks non sono un concetto nuovo, tuttavia la novità consiste nel fatto che, essendo oggi il pubblico interessato alle fonti rinnovabili di energia, l’urbanmark può svolgere la sua funzione di accentratore di attenzione utilizzando le tecnologie per la produzione energetica da fonte rinnovabile, e, segnatamente, il fotovoltaico. Questo può essere impiegato principalmente in due modi. Il primo è che l’elemento fotovoltaico può esso stesso attrarre il pubblico in ragione della sua riconoscibilità come simbolo della sostenibilità; e il secondo è che esso può produrre l’energia necessaria per alimentare una funzione dell’urbanmark che il pubblico trova attraente. Due esempi di urbanmark così concepiti sono la Pergola disegnata da Torres&Lapeňa per il Forum 2004 a Barcelona, e gli Alberi d’Aria, disegnati dagli Ecosistema Urbano, e costruiti nel 2007 per l’Ecoboulevard del quartiere Vallecas a Madrid.

12. F. Vlek, T. Schoen, A. Iliceto, “1 MW decentralized and building integrated PV system in a new housing area of the city of Amersfoort”, Proceedings of the 16th European Photovoltaic Solar Energy Conference (Glasgow, UK, 2000); AA.VV., “Building integrated photovoltaic power system: lesson learned, case studies & electrical design issues”, Report IEA PVPS T7-09:2001, 2001; A. J. Kil, E. C. Molenbroek, H. van Diermen, “Long-term performance monitoring of 500 grid connected PV systems in Amersfoort, The Netherlands”, Proceedings of the 19 th European Solar Energy Conference, Paris, 2004; A. C. de Keizer, E. W. ter Horst, E. C. Molenbroek, W. G. J. H. M. van Sark, “Evaluationg 5-years performance monitoring of 1 MW building integrated PV project in Nieuwland, Amersfoort, The Netherlands”, Proceedings of the 22nd Photovoltaic Solar Energy Conference, Milan, 2007.

13. J. Benemann, O. Chebab, E. Krausen, E. Schaar-Gabriel, “1 Megawatt Building-Integration of Photovoltaics: Mont-Cenis Academy Herne”, Proceedings of the 16th European Photovoltaic Solar Energy Conference, Glasgow, 2000. 14. Per ottenere la massima produzione energetica mediante il posizionamento ottimale rispetto alla captazione solare. 15. È da annotare che i progettisti hanno cercato il consenso della popolazione aderendo a una volontà precisa della committenza. L’edificio si colloca, infatti, nell’ex bacino industriale della Ruhr, ove le tematiche ambientali sono molto sentite, e quindi la adesione alle istanze ambientali costituisce una buona presentazione per il governo locale. Il fotovoltaico era stato in questo caso scelto proprio come il veicolo di questo consenso.

parti dell’involucro vetrato, armonizzandosi con la matrice dell’edificio e assecondando anche la corretta illuminazione negli ambienti confinati. Questi moduli in doppio vetro, con specifiche dimensioni, colore delle celle e grado di trasparenza, erano un prodotto decisamente innovativo al momento della realizzazione di quest’edificio; tuttavia, dopo l’esperienza di Herne, grazie all’impatto sullo sviluppo industriale che un’opera così grande può determinare, i moduli semitrasparenti vetro-vetro sono divenuti componenti fotovoltaici piuttosto comuni.

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a)

b)

figura 1.7 a/b pergola del forum 2004 Barcelona, Spagna. Progetto Torres&Lapeňa. Immagini su cortesia di Torres&Lapeňa.

La Pergola (figura 1.7a/b) è essenzialmente un ampio piano fotovoltaico (circa 500 kWp), sorretto da quattro sostegni in calcestruzzo. Qui, ad attrarre il pubblico, facendo della Pergola un vero e proprio elemento catalizzatore dello spazio del Forum,16 sono la grande dimensione, l’area ombreggiata che offre ristoro nelle giornate assolate, e anche soprattutto l’impiego “evidente” del fotovoltaico. Nello specifico, la Pergola va letta non come un oggetto che integra il fotovoltaico, quanto come un impianto urbano di produzione energetica, che denuncia con forza alla piazza la sua funzione di produttore di energia, e “attrae” come urbanmark mediante l’uso iconico della grande superficie blu fotovoltaica. Gli Alberi d’Aria (figura 1.8) sono stati progettati come elementi temporanei di valorizzazione dello spazio pubblico del quartiere Vallecas. Ricordano degli enormi cilindri sollevati dal suolo, e al loro riparo possono svolgersi diverse attività ricreative, come, per esempio, la proiezione di film.17 A essere attraente, nel caso degli Alberi d’Aria, è certo il loro aspetto stravagante ed evocativo ottenuto mediante le dimensioni, la forma mutuata dall’archeologia industriale, ma anche il fatto che essi offrono un riparo fresco agli abitanti del quartiere che patiscono il caldo delle giornate estive. Infatti, essi agiscono come

dei condizionatori d’aria naturali, funzionando come evapo-traspiratori, e alla loro ombra la temperatura dell’aria è più bassa che all’esterno anche di 8-10 °C. Anche qui è stato utilizzato il fotovoltaico, ma non per la sua valenza simbolica, quanto esclusivamente per la sua utilità funzionale. I generatori fotovoltaici sono, infatti, collocati sulla copertura senza che la loro presenza sia enfatizzata, e lavorano per fornire agli Alberi l’energia (pulita) necessaria al loro funzionamento.

16. R. Capezzuto, “Forum 2004 Barcelona – On està Roig? Dov’è Roig”, in Domus, 871, giugno/luglio 2004.

17. K. Feiress, L. Feiress, “Ecoboulevard”, in Architecture of Change, op. cit.

figura 1.8 alberi d’aria ecoboulevard vallecas Madrid, Spagna. Progetto Ecosistema Urbano. Immagine dell’autrice.

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1.2.4 autosufficienza: unità spaziali minime L’autosufficienza è la caratteristica principale di alcune unità spaziali minime che utilizzano impianti fotovoltaici non connessi alla rete per soddisfare i fabbisogni di energia elettrica legati alla loro funzione. Queste unità possono essere progettate per essere inserite in ambienti urbani o naturali, così come in situazioni di emergenza; di conseguenza tecnologie e materiali possono variare in funzione del sito e dell’impiego. La caratteristica dell’autosufficienza delle unità spaziali minime crea una relazione molto stretta tra la loro domanda energetica e la produzione del generatore fotovoltaico, e cioè, in ultima analisi, tra architettura e fotovoltaico. Infatti, un’importante implicazione di questa condizione di autosufficienza è che l’aspetto (l’estetica) del progetto architettonico è fortemente condizionato dal fotovoltaico. Più in dettaglio, la dimensione del generatore (area) deve essere commisurata alla domanda energetica; e, inoltre, la producibilità dell’impianto deve essere massimizzata (in modo da non richiedere un’area troppo grande). Questi parametri influenzano notevolmente il progetto architettonico; infatti, come è noto, la producibilità del fotovoltaico dipende dal posizionamento dei moduli (angoli di tilt e di azimuth), e dalle loro caratteristiche tecniche. Così, da una parte, il corretto posizionamento del generatore fotovoltaico influenza la forma dell’unità spaziale, dall’altra le caratteristiche tecniche dei moduli (per esempio opacità, semitrasparenza, tecnologia impiegata) limitano la variabilità formale del fotovoltaico, poiché la loro scelta deve essere orientata alla massima efficienza produzione ed efficienza.

figura 1.9 modulo capa Matosinhos, Portogallo. Progetto Cannatà &Fernandes.

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Caso emblematico è il modulo CAPA, progettato da Cannatà&Fernandes, e realizzato a Matosinhos (Portogallo) nel 2003 (si veda la figura 1.9). L’unità CAPA è un parallelepipedo con due facciate vetrate, impostato su un rettangolo di pianta lungo 9 e profondo 3 m (le dimensioni sono quelle di un container). L’unità è dotata di un generatore fotovoltaico della taglia di 2.2 kWp, costituito da un piano inclinato realizzato con moduli opachi standard (massima efficienza) e posizionato in modo da assicurare la massima producibilità (esposizione a sud e tilt ottimizzato in funzione della latitudine di installazione). È questo un caso evidente in cui l’autosufficienza energetica si traduce in maniera quasi diretta in un segno (inclinato, blu e opaco), che connota fortemente l’edificio, ed è dimensionato sulla sua specifica domanda energetica. È interessante osservare che, per le unità spaziali minime autosufficienti, questa specie di “copricapo” fotovoltaico offre un’immediata possibilità di lettura del “metabolismo” dell’edificio, e cioè di quanta energia elettrica all’edificio occorra per sostenersi alimentando le sue funzioni. Eventuali sproporzioni tra il copricapo e l’edificio possono essere lette come indicatori visivi di una buona o cattiva prestazione energetica. Infatti, stante la condizione dell’autosufficienza, non vi è possibilità né di bilancio negativo né positivo (salvo che l’unità non alimenti una funzione a essa esterna e abbia, quindi, un bilancio positivo), ma unicamente di bilancio zero; quindi, se il copricapo è grande, significa che l’edificio consuma molto, e consuma poco quando il copricapo è piccolo. Dal punto di vista formale CAPA rappresenta la risposta formale “minima” al requisito dell’autosufficienza energetica: un grande piano fotovoltaico inclinato, sovrapposto all’edificio e incluso entro il suo confine fisico (impronta). Tuttavia, è evidente che a una maggiore complessità funzionale e morfologica dell’edificio (per esempio un edificio abitativo multipiano), corrisponderà anche una maggiore complessità nella risposta formale al requisito dell’autosufficienza. In ragione di questa circostanza, un dominio formale di sperimentazione interessante nei prossimi anni sarà proprio quello della ricerca di soluzioni formali, oltre che tecnologiche, appropriate per il tema dell’autosufficienza energetica degli edifici.

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