Grandi opere contro democrazia

Page 1

FREEBOOK AMBIENTE Biblioteca gratuita on line di

a cura di Roberto Cuda

Grandi opere contro democrazia Assalto al territorio, assalto alla democrazia



FREEBOOK AMBIENTE Biblioteca gratuita on line di

a cura di Roberto Cuda

Grandi opere contro democrazia Assalto al territorio, assalto alla democrazia


a cura di Roberto Cuda

GRANDI OPERE CONTRO DEMOCRAZIA Assalto al territorio, assalto alla democrazia

Con i contributi di: Alessandra Algostino, Paolo Berdini, Roberto Cuda, Nicoletta Dentico, Anna Donati, Franco Ippolito, Stefano Lenzi, Tomaso Montanari, Cesare Vacchelli, Alberto Vannucci, Edoardo Zanchini

Edizioni Ambiente srl www.edizioniambiente.it coordinamento redazionale: Diego Tavazzi progetto grafico: GrafCo3 Milano grafica e impaginazione: Roberto Gurdo immagine di copertina: CC0 LEEROY.ca © 2017, Edizioni Ambiente via Natale Battaglia 10, 20127 Milano tel. 02.45487277, fax 02.45487333 Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, comprese fotocopie, registrazioni o qualsiasi supporto senza il permesso scritto dell’Editore. ISBN: 978-88-6627-226-4 I siti di Edizioni Ambiente www.edizioniambiente.it www.nextville.it www.reteambiente.it www.freebook.edizioniambiente.it www.puntosostenibile.it Seguici anche su: Facebook.com/EdizioniAmbiente Twitter.com/EdAmbiente Twitter.com/ReteAmbiente


SOMMARIO

PREFAZIONE Nicoletta Dentico

5

INTRODUZIONE

10

GRANDE OPERA, GRANDE CORRUZIONE?

17

GRANDI OPERE E DEMOCRAZIA: IL CASO DEL TAV TORINO-LIONE

30

DEMOCRAZIA E DIRITTI OLTRE I TRIBUNALI

41

OLTRE LA LEGGE OBIETTIVO?

49

BREBEMI: SE QUESTA È UNA GRANDE OPERA

65

AUTOSTRADA TIBRE PARMA-VERONA: UN PRIMO LOTTO A TUTTI I COSTI?

74

LA STORIA INFINITA DEL PONTE SULLO STRETTO

81

Roberto Cuda

Alberto Vannucci

Alessandra Algostino

Franco Ippolito

Anna Donati

Roberto Cuda

Cesare Vacchelli

Stefano Lenzi


LO STRANO CASO DELL’AUTOSTRADA DELLA MAREMMA

91

GRANDI OPERE SPORTIVE: A CHI GIOVANO? IL CASO DI ROMA

95

Edoardo Zanchini

Paolo Berdini

L’UNICA GRANDE OPERA UTILE

102

BIOGRAFIE

109

Tomaso Montanari


PREFAZIONE

Nicoletta Dentico, Vice-presidente, Fondazione Finanza Etica “Ecco, ora, lì, quel suo paese, quella parte amputata di sé, aveva una nuova vita, sia pure abnorme, antiestetica, e proprio per ciò – per i contrasti che dominano le menti educate alla letteratura – più vita che mai. E lui non ne partecipava; legato ai luoghi ormai appena da un filo di eccitazione nostalgica, e dalla svalutazione d’un area semi-urbana non più panoramica, ne aveva solo un danno. Dettata da questo stato d’animo, la frase: ‘Se tutti costruiscono, perché non costruiamo anche noi?’” Italo Calvino, La speculazione edilizia L’appuntamento seminariale di Roma da cui trae origine questa pubblicazione, congiuntamente promosso dalla Fondazione Finanza Etica e dalla Fondazione Lelio e Lisli Basso, era stato inizialmente concepito come un’occasione per approfondire il nesso – mai abbastanza scandagliato – fra grandi opere e speculazione finanziaria, modelli di sviluppo e democrazia. La sentenza del Tribunale permanente dei popoli sulla estenuante e controversa vicenda dell’Alta velocità in Val di Susa – la prima sentenza che il Tribunale abbia mai emanato in quasi quaranta anni di storia nei confronti di violazioni dei diritti collettivi in Italia – apparve da subito un dispositivo fondamentale per estendere il campo di analisi, consolidare connessioni tematiche, e ribadire elementi argomentativi che – pur determinanti – rimangono quasi sempre oscurati. Per esempio, l’assoluta contiguità fra le grandi opere, in Italia ed Europa, e i progetti mega-minerari che dilaniano le vene già aperte dell’America Latina, o le dighe da record piazzate in altri continenti sotto assedio del pianeta. Le costruzioni faraoniche che brutalizzano il territorio, arricchiscono i grandi operatori economici e finanziari, generano rapporti perversi tra politica e imprese, e stringono le comunità locali nella morsa securitaria della gestione dei lavori, hanno cantieri aperti dappertutto. Il paradigma delle grandi opere è 5


un’imposizione globale. Ovunque, risponde alle stesse logiche dissipative e speculative. Ben oltre le iniziali premesse, il seminario ha incrociato due opportunità per nulla scontate, e intrecciate fra loro. La prima rimanda alla schiacciante maggioranza del No al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. Quel sussulto di coscienza politica collettiva teso a ribadire l’esigenza di non sovvertire la Carta che sancisce il patto di convivenza della comunità nazionale, rinnovando semmai l’esigenza di un rilancio per pretendere la compiuta applicazione del suo testo, ha attraversato il dibattito con l’intento di un reciproco impegno. Il libro riproduce con immutata freschezza il vigoroso richiamo a non lasciar evaporare il segnale referendario nell’alveo dell’ordinario attivismo individuale. La partecipazione inoltre di diversi rappresentanti delle comunità locali che indomite si battono contro le grandi opere, ognuna avvolta da una spessa cortina di isolamento da parte della politica ufficiale e dei mass media, ha fatto confluire nelle sale del Senato narrazioni convergenti, vite parallele di lotte democratiche inascoltate, energie di competenze che si vanno facendo, a mano a mano che le denunce si irrobustiscono di perizie tecniche, analisi, studi, per fornire alternative. Questo libro si pone anche come strumento per continuare a rafforzare il tenore dello scambio tra comunità di mobilitazione. Da queste realtà si deve partire, per figurare la costruzione della politica nell’interesse del bene comune. Il quarto Rapporto Ispra dichiara senza mezzi termini che azzerare il consumo di suolo è urgente, se si vuole dare una chance all’Italia. A monte delle derive speculative e predatorie che il libro illustra con considerevole profondità di sguardo, il suolo è una risorsa chiave dello sviluppo agricolo e della sostenibilità ecologica, economica e sociale di un paese. Una risorsa vitale ma limitata. I suoi tempi di formazione sono in genere molto lenti, ma in tempi molto brevi può essere distrutto fisicamente o alterato chimicamente, nonostante la sua resilienza, sino alla perdita delle proprie funzioni. L’impermeabilizzazione, l’uso più impattante e inibente della risorsa suolo, è la principale causa del suo degrado in Europa (Commissione europea, 2012), accresce il ri6


schio di inondazioni, contribuisce ai cambiamenti climatici, minaccia la biodiversità, provoca la perdita di terreni agricoli fertili e aree naturali e semi-naturali, contribuisce assieme alla diffusione urbana alla progressiva e sistematica distruzione del paesaggio, soprattutto rurale. In Italia il consumo di suolo continua a crescere, in barba al dettato costituzionale sulla tutela del patrimonio storico, artistico, e ambientale (art. 9). I dati della nuova cartografia introdotta dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa) mostrano come, a livello nazionale, il consumo di suolo sia passato dal 2,7% stimato per gli anni Cinquanta al 7,6% del 2016, con una crescita percentuale del 184%. Un rallentamento negli ultimi anni c’è stato, effetto della crisi economica che ha investito il paese, ma i dati più recenti non lasciano affatto tranquilli. Nel periodo compreso tra novembre 2015 e maggio 2016 – afferma il rapporto Ispra 2017 – le nuove coperture artificiali hanno investito in media 30 ettari al giorno, oltre 3 metri quadrati di suolo irreversibilmente perduto ogni secondo. Asfalto e fabbricati, complanari e autostrade, insediamenti commerciali ed espansione di aree urbane a bassa densità. “Un sovrapporsi geometrico di parallelepipedi e poliedri”, scriveva Calvino. Colate di cemento evocate come una irrinunciabile opportunità per le comunità, un sogno di sviluppo capace di generare nuove energie, inattese potenzialità di convivenza. In realtà, questo scenario solo raramente produce utilità sociale. Si porta con sé invece prassi autoritarie e poco rispettose delle comunità coinvolte, forzature gestionali e amministrative, talora non disgiunte da profili di opacità se non di illegittimità e illiceità. Strade, capannoni, gallerie, case, tetti e muri: ma per chi? L’agenda globale per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni unite, che tutti i paesi devono assumere tramite piani nazionali e portare a compimento entro il 2030, rivolge una particolare attenzione al territorio e al suolo. L’Onu chiede ai governi di perseguire un “land degradation neutral world”, l’azzeramento di ogni degrado del territorio, quale elemento essenziale per mantenere le funzioni generative del suolo e 7


i servizi eco-sistemici in un dato intervallo di tempo. Non si contano poi i rapporti dell’Unione europea che evidenziano la necessità di un cambio di rotta immediato. In un documento del 2016, anche la Commissione europea punta all’obiettivo dell’azzeramento del consumo di suolo netto entro il 2050, ciò che implica sin da ora evitare l’impermeabilizzazione di aree agricole e di aree aperte e, per la componente residua non evitabile, compensarla attraverso la rinaturalizzazione di un’area di estensione uguale o superiore, che possa essere in grado di tornare a fornire i servizi eco-sistemici forniti da suoli naturali. A fronte di questa messe di evidenze e raccomandazioni, che cosa fa la politica in Italia? Chiaro che, come non si stanca di ripetere l’esperto e amico Walter Ganapini, il tema del suolo e della sua organicità dovrebbe annoverarsi come priorità nell’agenda della politica nazionale. Lo stesso dicasi per la tutela tout court del territorio, del paesaggio, degli assetti idrogeologici del paese. Politiche così orientate sarebbero destinate a risollevare e persino rilanciare l’Italia ben oltre le pericolose distrazioni referendarie, o le euforie sui risicati numeri della crescita. Ma dove sono le istituzioni? Il governo, gli enti locali, la politica nelle sue diverse espressioni, come tengono conto delle indicazioni cui devono ottemperare? I racconti delle esperienze locali che il libro consegna sono raccapriccianti. Di grande forza costituzionale è invece la consapevolezza democratica che esprimono i nuclei di cittadine e cittadini in Piemonte, Toscana, Emilia Romagna (solo per citare quelli di cui si parla nel libro) impegnati in nome dell’interesse collettivo nella resistenza contro l’avidità di élite spadroneggianti e senza scrupoli. La pratica politica inclusiva e popolare che queste mobilitazioni interpretano non ha nulla a che vedere con la forma segmentata e gergale della rappresentanza politica ufficiale. Eppure, è la prova della rivoluzione copernicana in corso che nessuno racconta, che convive con i populismi di lotta e di governo di cui parlano tutti. È la scintilla di un percorso che esiste e che non si può promettere breve, per dirla con i Wu Ming, ma che 8


vogliamo in molti nel paese. La maggioranza, vorrei dire. Si tratta del viaggio verso la Unica grande opera (Ugo) di cui il paese ha bisogno, quella che cita alla fine del seminario, e del libro, Tomaso Montanari. L’investimento che può assicurare lavoro a giovani e donne, che può garantire l’integrazione dei migranti. La messa in sicurezza del territorio che trema e brucia, la difesa e valorizzazione delle nostre bellezze artistiche e naturali. La politica può e deve farsene carico. Che questo libro possa essere strumentale a un orizzonte tanto impellente e necessario.

9




FREEBOOK AMBIENTE Biblioteca gratuita on line di

Salva Italia, Cresci Italia, Sviluppo, Sviluppo 2, Del Fare, Destinazione Italia e, soprattutto, Sblocca Italia: sono i decreti che dal 2011 hanno cercato di rilanciare le grandi opere nel nostro paese e che danno il senso di come il nostro destino economico sia tuttora affidato ai mega-progetti infrastrutturali. Come negli anni Sessanta, in una specie di eterna rievocazione nostalgica. In realtà, sulle grandi opere si concentrano gli interessi di un blocco politico-industriale-finanziario ben radicato, che lavora al riparo da un vero controllo democratico e che alimenta se stesso sfornando cemento e asfalto. Ma se l’impatto ambientale è sotto gli occhi di tutti, almeno nei suoi effetti macroscopici, ben più difficile è stimarne il costo reale per la collettività. Parliamo dell’intero ciclo di vita di un’infrastruttura, dalla costruzione alla gestione, e dei tanti effetti collaterali a carico di aria, acqua e suolo, mai contabilizzati nel costo dell’opera in quanto scaricati sui cittadini e sulle generazioni future. E parliamo anche dei costi economici veri e propri e dei benefici sulla viabilità, sempre meno evidenti, sui quali vige una specie di muro di gomma. Ne trattiamo in queste pagine, frutto di un convegno organizzato a Roma da Fondazione Lelio e Lisli Basso e da Fondazione Responsabilità Etica, da diverse angolazioni. Per riaprire il dibattito su un tema drammaticamente sottostimato e su una strategia predatoria che ci sta togliendo, letteralmente, la terra da sotto i piedi.

ISBN 978-88-6627-227-4

Pubblicazione elettronica gratuita

www.edizioniambiente.it www.nextville.it www.reteambiente.it www.freebook.edizioniambiente.it www.puntosostenibile.it Seguici anche su: Facebook.com/Edizioni Ambiente Twitter.com/EdAmbiente


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.