Reinventare il fuoco

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soluzioni vincenti per il business della nuova era energetica

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Amory B. Lovins reinventare il fuoco

soluzioni vincenti per il business della nuova era energetica realizzazione editoriale

Edizioni Ambiente srl www.edizioniambiente.it titolo originale

Reinventing Fire. Bold Business Solutions for the New Energy Era Copyright © Amory B. Lovins, Copyright © 2011 by Rocky Mountain Institute. All rights reserved. Diamond edition published by arrangement with Chelsea Green Publishing Co, White River Junction, VT, USA edizione italiana a cura di:  Gianni Silvestrini, Federico Butera (per il Capitolo 3, Edilizia) traduzione:  Elisabetta Luchetti, Erminio Cella coordinamento redazionale:  Diego Tavazzi progetto grafico:  GrafCo3 Milano, Roberto Gurdo impaginazione:  Roberto Gurdo copertina:  GrafCo3 Milano

© 2012, Edizioni Ambiente via Natale Battaglia 10, 20127 Milano tel. 02.45487277, fax 02.45487333 Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, comprese fotocopie, registrazioni o qualsiasi supporto senza il permesso scritto dell’editore ISBN 978-88-66270-3-17 Finito di stampare nel mese di agosto 2012 presso Genesi Gruppo Editoriale – Città di Castello (Pg) Stampato in Italia – Printed in Italy Questo libro è stampato su carta riciclata 100% i siti di edizioni ambiente

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sommario

quattro rivoluzioni per l’energia di Gianni Silvestrini

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a proposito di questo libro

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introduzione

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prefazione

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presentazione

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di Marvin Odum

di John W. Rowe

1.  combustibili senza carbonio 2.  trasporti: veicoli più snelli e utilizzi più intelligenti 3.  edilizia: progetti per vivere meglio 4.  industria: ripensare i processi produttivi 5.  elettricità: rialimentare la prosperità 6.  molte scelte, un solo futuro

24 42 122 180 236 312

note bibliografia a proposito dell’rmi profili degli autori ringraziamenti crediti fotografici

345 367 390 391 395 399

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Dedicato a due amici e mentori che hanno dato forma e ispirazione a questo lavoro: Ray C. Anderson (1934-2011) Lee Schipper (1947-2011) Non ci sarĂ mai fine al bene che hanno fatto.

Caminante, no hay camino Se hace camino al andar Viandante, non esiste il sentiero Il sentiero di fa camminando Antonio Machado (1875-1939)

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Fisico brillante, capace di abbinare affascinanti visioni del futuro all’elaborazione degli strumenti necessari per il cambiamento, Amory Lovins è considerato un guru delle rinnovabili e dell’efficienza energetica. Più conosciuto negli Stati Uniti che in Europa, è passato alla notorietà nel 1976 con la pubblicazione sulla prestigiosa rivista Foreign Affairs di un saggio di 10.000 parole, Energy Strategy: The Road Not Taken?, che metteva in discussione gli scenari energetici dominanti. Era esplosa da poco la prima crisi petrolifera con una quadruplicazione dei prezzi del greggio e il mondo iniziava a capire che sarebbe finita la disponibilità di energia abbondante e a basso prezzo. L’articolo ebbe una grande risonanza sulle due sponde dell’oceano. Gli stessi concetti vennero ampliati da Lovins l’anno successivo in un libro, Soft energy paths, nel quale venivano presentati due scenari per gli Stati Uniti al 2025. Quello convenzionale, con una triplicazione dei consumi di energia e l’espansione dell’impiego del carbone e del nucleare, e una prospettiva soft, con consumi che dopo una leggera crescita arrivavano a valori inferiori rispetto a quelli di partenza. Quando andò a discutere del nuovo approccio con Jimmy Carter, da poco eletto Presidente, il libro era ben in vista sulla sua scrivania. In effetti, quei concetti influenzarono Carter che, oltre a far simbolicamente installare un impianto solare sul tetto della Casa Bianca, creò il Department of Energy e finanziò la crescita delle rinnovabili. A 35 anni di distanza dall’uscita del libro è interessante analizzare come si è realmente evoluto il sistema energetico statunitense. Lovins aveva colto in pieno la tendenza al disaccoppiamento tra consumi energetici e Prodotto interno lordo, tanto che il valore dei consumi di energia primaria nel 2010 negli Stati Uniti (2.344 Mtep, milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, equivalenti a 93 quad di BTU/a) è straordinariamente vicino a quello ipotizzato dallo scenario soft (figura 1). Gli Stati Uniti, in effetti, usano il 60% di petrolio in meno per unità di Pil rispetto al 1975. D’altra parte le rinnovabili, che avrebbero dovuto coprire la metà dei consumi nello scenario di Lovins, hanno mancato il loro obiettivo arrivando a soddisfare solo l’8% della domanda di energia. Le potentissime lobby del petrolio, del carbone e le compagnie elettriche sono riuscite a rallentare la crescita delle energie verdi. Solo di recente si sono registrati segnali di cambiamento, con l’eolico in crescita e il carbone in calo. Lo stesso Obama, come sappiamo, non è riuscito a far passare la riduzione delle emissioni di gas climalteranti, mentre le fonti rinnovabili vivono senza certezze di lungo periodo, costantemente appese al Congresso per il prolungamento degli incentivi. Come vedremo, la consapevolezza di queste difficoltà ha inciso fortemente nell’impostazione di Reinventare il fuoco, in cui si traccia uno scenario energetico alternativo negli Stati Uniti al 2050.

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figura 1  Previsioni sugli usi di energia primaria elaborate da Amory Lovins

nel 1977

250 Tecnologie “soft”

Quadrilioni di BTU/a

200

150

Petrolio e gas

Carbone

1977

93 Quad

100

50

0

1975

2000

2010

2025

Nel 2010 il consumo di energia primaria è stato di 93 quad (equivalenti a circa 2.344 Mtep), molto simile a quello previsto da Lovins nel 1977. Fonte: http://www.ccnr.org/amory.html.

Ma torniamo a Lovins. Esattamente 30 anni fa, nel 1982, Amory creava il Rocky Mountain Institute (RMI), con l’intenzione di dimostrare che non solo lo scenario soft poteva essere realizzato ma che rappresentava la soluzione vincente anche dal punto di vista economico. I ricercatori di questo “think-and-do tank” lavorano in un edificio bioclimatico realizzato in Colorado a oltre 2.000 metri di quota. La sede dell’istituto è energeticamente autosufficiente, anche quando d’inverno le temperature scendono a -40 °C, e accoglie i visitatori con una grande serra esposta a Sud che ospita piante tropicali e una vasca con tartarughe, rane e pesci. Vi lavorano 85 tecnici e ricercatori che forniscono consulenze a piccole aziende, a multinazionali, a governi di tutto il mondo, alle principali istituzioni internazionali. Pasquale Pistorio, già vice presidente di Confindustria e oggi presidente onorario del Kyoto Club, ricorda con entusiasmo il suo rapporto con Lovins. I ragazzi del RMI lo aiutarono a impostare politiche di efficienza negli stabilimenti della STMicroelectronics in giro per il mondo. Nel decennio 1995-2004 la società amministrata da Pistorio grazie all’efficienza energetica e ad altre misure ambientali 900 milioni di dollari con un pay-back medio degli investimenti di due anni e mezzo. Molte altre aziende, da Coca-Cola a Deutsche Bank, da Ford a WalMart si sono rivolte all’RMI. L’istituto è intervenuto anche in altri settori come l’edilizia, fornendo la propria consulenza per la riqualificazione energetica di molte costruzioni, dai supermercati ai grattacieli. Ma l’attività dell’Istituto non si è limitata alla ricerca e alla consulenza. In alcuni settori, come quello dei trasporti, l’urgenza di avviare una rivoluzione ha portato Amory a creare delle start-up per lo studio di modelli di veicoli a bassissimi consumi, le

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Hypercars, e per la promozione dell’utilizzo di materiali compositi leggerissimi in fibre di carbonio per la carrozzeria. Un settore nel quale forse ha anticipato troppo i tempi rispetto alle dinamiche delle multinazionali dell’auto. Reinventare il fuoco rappresenta un distillato delle migliori conoscenze ed esperienze acquisite da Lovins e dai ricercatori del RMI. Anche in questo caso, come in Soft energy paths, lo sguardo è proiettato in avanti, ma con una consapevolezza molto maggiore degli ostacoli da superare e con una articolazione sofisticata delle soluzioni possibili. Viene delineato uno scenario alternativo al 2050 per gli Stati Uniti, con insegnamenti e indicazioni in larga parte applicabili in tutti i paesi industrializzati, e non solo. Ci sono valutazioni tecniche, progettuali, analisi dettagliate dei singoli comparti consumatori di energia, ma vengono anche proposte politiche per il raggiungimento degli obiettivi e il superamento delle barriere che difendono l’attuale e sempre più obsoleto modo di operare. Gli importanti risultati ottenuti negli ultimi decenni nei settori dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili e, al tempo stesso, le resistenze incontrate che hanno impedito una più rapida diffusione, hanno indotto gli autori a delineare un percorso affascinante, visionario e al tempo stesso solido e credibile. Uno scenario rivolto a tutti coloro che, al di là delle posizioni politiche o delle motivazioni di fondo, siano disposti a impegnarsi in una radicale trasformazione del sistema energetico. Lovins vuole dimostrare che l’economia degli Stati Uniti potrà arrivare alla metà del secolo con una dimensione dell’economia 2,6 volte maggiore rispetto a quella attuale eliminando nucleare, petrolio e carbone e con consumi di gas tagliati del 30%. Il tutto con un vantaggio economico per il paese, valutato in 5.000 miliardi di dollari attualizzati. Scottato dall’immobilismo di un Congresso influenzato da potentissime lobby, Lovins mette le mani avanti. Tutto ciò si potrà realizzare senza la necessità di alcuna legge approvata a livello nazionale. Una volta rimossi gli ostacoli, motivati gli attori e individuate le scelte migliori, il percorso indicato può risultare vincente perché conveniente, perché riduce i rischi di conflitti e consente di affrontare la sfida dei cambiamenti climatici. Un approccio, come si vede, molto diverso rispetto a quello di un altro grande sostenitore della necessità di abbattere l’attuale sistema energetico, il tedesco Hermann Scheer. L’autore di Imperativo energetico, che aveva ben presente la valenza politica connessa con la diffusione su larga scala delle rinnovabili, puntava sull’approvazione di legislazioni avanzate. Scheer fu tra i promotori della “Feed in Tariff”, il nostro “Conto energia”, uno strumento che ha fatto esplodere la diffusione del fotovoltaico in paesi come la Germania e l’Italia ma che, significativamente, non si è finora riusciti a introdurre negli Stati Uniti. Lovins sa di dover lavorare in un contesto più difficile e sottolinea come il suo approccio possa risultare convincente per soggetti con alle spalle motivazioni molto diverse fra loro, quali la sicurezza nazionale, l’ambiente, la salute, l’occupazione o il profitto. E per marcare il fatto che questo percorso, per quanto prefiguri trasformazioni radicali, possa essere pienamente condiviso dal mondo delle imprese, fa aprire Reinventare il fuoco con due prefazioni firmate da personaggi di prima grandezza del sistema industriale. Il primo contributo è del presidente della Shell, una multinazionale che sta passando dal business del petrolio a quello del gas ed è il maggiore distributore al mondo di biocarburanti. Il secondo è del presidente della Exelon, la utility proprietaria del maggior

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numero di centrali atomiche negli Stati Uniti, che riconosce l’importante ruolo che svolgeranno efficienza e rinnovabili. Alla domanda su cosa abbia spinto questi rappresentanti dell’establishment dell’energia a raccomandare la lettura del libro, Lovins risponde “l’interesse per il risk management”. Gli operatori più avveduti sanno che il contesto sta rapidamente cambiando e che sopravviverà solo chi saprà gestire meglio i rischi e adattarsi al nuovo. Ma veniamo al contenuto del libro. Nei quattro comparti analizzati – trasporti, edilizia, industria e produzione elettrica – si tracciano dei percorsi di profonda trasformazione. Cautelativamente non viene ipotizzata l’introduzione di innovazioni tecnologiche futuribili, che pure potranno arrivare. Il team del RMI delinea percorsi innovativi nei quattro comparti utilizzando l’approccio integrato basato sulle esperienze di successo in oltre 1.000 edifici e in centinaia di aziende, sul rapporto con le principali industrie automobilistiche, sul confronto con diversi livelli istituzionali. L’aspetto forse più interessante che lega i vari capitoli viene dalle strette interazioni tra i cambiamenti auspicati nei comparti esaminati. Lovins cita una frase: “Se non riesci a risolvere un problema, ingrandiscilo”. Intendendo dire che, a volte, una situazione difficile da affrontare si riesce ad aggredire solo se si allarga l’analisi dall’aspetto specifico a un contesto più ampio, scoprendo così nuove e impreviste soluzioni. Un esempio viene dalla possibile evoluzione di due settori diversi come la produzione elettrica e il trasporto. Le auto elettriche plug-in possono infatti rappresentare un’importante opzione alternativa all’impiego dei motori a combustione interna, e contemporanea­ mente divenire un tassello fondamentale delle smart grid. In un contesto di ampia diffusione di fonti non programmabili come il solare e l’eolico, la presenza di milioni di auto connesse alla rete potrà infatti facilitare, con la cessione o l’assorbimento di energia, la gestione di una domanda elettrica variabile istante per istante. Come si vede, è più facile risolvere i problemi del trasporto e della produzione elettrica affrontando congiuntamente la trasformazione dei due settori. Ma oltre alla ricchezza delle risposte che incrociano orizzontalmente le esigenze dei diversi comparti, Lovins pone l’accento anche sull’importanza di un approccio integrato verticalmente per individuare le sinergie tra soluzioni progettuali che a cascata autoalimentano la propria efficacia. Prendiamo l’esempio dei veicoli. Creando strutture molto leggere con materiali compositi a fibre di carbonio e curando l’aerodinamica, si riduce di due terzi la quantità di batterie necessarie per le auto elettriche. In questo modo gli extra costi dei materiali utilizzati per la carrozzeria diventano tollerabili. Una conferma della validità di questo approccio viene da BMW, Volkswagen e Audi, che hanno annunciato che il prossimo anno metteranno sul mercato modelli di questo tipo. Passando alla produzione di elettricità, nel libro sono presentati i risultati delle simulazioni su quattro scenari al 2050, basati sul nuovo nucleare, sul carbone “pulito”, sulle rinnovabili centralizzate e su quelle distribuite. I costi delle alternative esaminate sono molto simili; ciò che varia notevolmente è l’elemento di rischio connesso alle diverse opzioni. Ancora una volta è il risk assessment che tende a favorire gli scenari non convenzionali. Analizzando il comparto dell’edilizia, Lovins sottolinea le potenzialità di un approc-

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cio integrato nella realizzazione di costruzioni non solo energeticamente autosufficienti, ma anche “esportatrici” di energia. Gli interventi coordinati possono essere molto interessanti anche dal punto di vista economico, come è stato nella riqualificazione dell’Empire State Building, effettuata con la consulenza del RMI. La riduzione dei carichi termici ottenuta grazie alla sostituzione delle 6.514 finestre con delle superwindows ha infatti consentito di tagliare di un terzo la domanda di climatizzazione nelle giornate calde riducendo di 17 milioni di dollari i costi dell’impianto. Anche nell’analisi del comparto industriale vengono utilizzate le esperienze degli interventi di razionalizzazione effettuati con la consulenza del RMI, che hanno portato a tagli dei consumi del 30-60%. Risultati ancora più incisivi si possono ottenere nella progettazione integrata di nuovi impianti industriali. Ancora una volta, senza ipotizzare scoperte spettacolari ma semplicemente utilizzando in maniera elegante, con un approccio sistemico, le migliori tecnologie disponibili. Secondo Lovins, un’applicazione su larga scala di questi principi consentirebbe di raddoppiare la produttività energetica del settore industriale.

reinventare il fuoco in italia Può essere utile, a questo punto, riflettere sulla trasferibilità dell’approccio di Lovins nel nostro contesto. Alcuni elementi sembrano facilitare la transizione. Non abbiamo un potere centrale ostile o indifferente come in molte occasioni è stato il Congresso degli Stati Uniti, ma al contrario operiamo in una comunità allargata molto attiva. L’Europa, già protagonista del Protocollo di Kyoto, ha infatti fissato autonomamente propri obiettivi di riduzione al 2020 e per la metà del secolo prevede la totale decarbonizzazione della produzione elettrica. Vengono dalla Ue gli impegni vincolanti sulle rinnovabili, il taglio delle emissioni di anidride carbonica per le automobili, la previsione di nuovi edifici a consumo energetico “quasi zero”. Se l’Unione europea rappresenta un importante stimolo, la situazione diventa meno esaltante su scala nazionale. Da noi è infatti finora mancata – con significative eccezioni – una visione di lungo periodo sia da parte del mondo delle imprese sia di quello politico. La lettura di contributi come quello di Lovins può quindi essere molto utile per far intravvedere che un altro futuro è indispensabile se non si vuole rimanere schiacciati dalle rovine del sistema esistente. Caliamo alcune suggestioni del libro rispetto nella nostra realtà. Partiamo dai trasporti, un settore nel quale scontiamo una monocultura, quella dell’auto, in forte difficoltà, e una struttura di mobilità collettiva debole e inadeguata. La produzione di autoveicoli si è dimezzata in Italia tra la fine degli anni Novanta a oggi, passando da 1,8 milioni di autovetture a 840.000. E inizia a scricchiolare anche lo stesso uso dell’auto. Lo scorso anno i consumi di benzina e gasolio si sono ridotti dell’1,3% e secondo l’ultimo rapporto Censis-Aci negli ultimi tre anni si è registrato

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un calo netto dell’impiego dell’auto dell’8%. Crollano le vendite di autoveicoli: -9% nel 2010, -11% nel 2011, -21% nei primi tre mesi di quest’anno. È il modello italiano di mobilità, basato sul trasporto individuale motorizzato, a essere più esposto agli aumenti del prezzo dei carburanti e ad andare in crisi. La nostra industria è poi storicamente assente dal settore dei veicoli elettrici. Marchionne ha recentemente affidato a un twit la notizia che la Chrysler inizierà a produrre entro la fine del 2012 una versione elettrica della Fiat 500. Naturalmente negli stabilimenti del Michigan e non a Termini Imerese... Eppure, la mobilità elettrica potrebbe ridurre la dipendenza dal petrolio e contribuire alla stabilizzazione della rete a fronte della rapida diffusione delle rinnovabili non programmabili (23.000 MW solari ed eolici previsti alla fine del 2012). La competitività di questi veicoli sarà peraltro più facilmente raggiungibile in Italia, con costi della benzina doppi rispetto agli Stati Uniti. Se, come probabile, i modelli elettrici e ibridi si imporranno, l’industria italiana sarà costretta a rincorrerli. Oltre a ripensare tecnologie e modelli vanno esplorate nuove strade. In un periodo di crisi vanno sostenute anche le soluzioni soft che costano poco e portano lavoro. Prendiamo il car sharing. Secondo l’Aci, l’11% dei cittadini è interessato a utilizzare questo servizio che per Frost&Sullivan rappresenterà nel 2016 in Europa un business di 2,6 miliardi di euro con 5,5 milioni di utilizzatori. Ogni veicolo sostituisce da 5 a 15 auto: si liberano spazi nelle strade e si riducono i consumi di carburante. In Italia il servizio di car sharing, che coinvolge per ora solo 12 città, potrebbe essere fortemente potenziato dando reddito e occupazione. Inizia a prendere piede anche il bike sharing. Insomma, alternative al possesso dell’auto, poco costose, che potrebbero espandersi rapidamente in presenza di decisi segnali di attenzione dalle istituzioni. Sul fronte della mobilità quindi si nota una opacità di strategie innovative del costruttore nazionale, e un grande potenziale di soluzioni soft di mobilità. Passiamo a un altro settore in crisi, quello dell’edilizia che è entrato nel sesto anno di recessione, con investimenti calati del 21% tra il 2007 e il 2011. In realtà, il comparto presenta dinamiche molto differenziate. La riqualificazione degli edifici infatti cresce, attenuando la crisi. I miliardi investiti nella ristrutturazione del settore residenziale lo scorso anno sono stati il doppio rispetto a quelli per la nuova edilizia. Se a questi si aggiungono gli investimenti nel fotovoltaico sugli edifici, da soli nel 2011 superiori a quelli destinati al nuovo residenziale, si comprende come stia rapidamente cambiando la fisionomia del mondo delle costruzioni. Da un lato, le caratteristiche del nostro parco – con il 55% degli edifici realizzati più di 40 anni fa, percentuale che arriva al 76% nelle aree metropolitane – evidenziano gli enormi spazi per la riqualificazione energetica. È stato calcolato che questo processo consentirebbe di sfruttare un giacimento di risparmio energetico analogo per dimensioni agli 8 miliardi di metri cubi di gas naturale estratti annualmente nel nostro paese. Per quanto riguarda la nuove costruzioni, l’intero settore edile subirà una radicale trasformazione per essere pronto alla sfida europea che prevede che dal 2021 prestazioni nearly zero energy. Dunque, l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili rappresenteranno due potenti driver per dare respiro e prospettive al settore dell’edilizia. E veniamo al comparto industriale, per il quale sono molto utili gli spunti contenuti in Reinventare il fuoco. L’intensità energetica di questo settore, stazionaria tra il 1990 e

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il 2003, ha visto segnali positivi solo negli ultimi anni. Esistono però ancora notevoli margini di miglioramento. L’evoluzione dello schema dell’Emissions Trading stimolerà interventi in questa direzione e la direttiva europea sull’efficienza energetica imporrà un’ulteriore riduzione dei consumi. Ma, soprattutto, la nostra industria deve saper annusare il vento e posizionarsi sui nuovi fronti che si stanno aprendo. La rivoluzione energetica che si è avviata richiede infatti una molteplicità di tecnologie innovative e la disponibilità di servizi al momento inesistenti. Si tratta di prospettive interessanti per il comparto manifatturiero, molto forte nel nostro paese. L’attuale crisi può rappresentare un’occasione per abbandonare schemi obsoleti e aprirsi verso soluzioni nuove che possono riguardare interi settori. Prendiamo la petrolchimica, in grave difficoltà per la concorrenza internazionale dei paesi asiatici e di quelli arabi. L’unica alternativa alla chiusura viene dalla reinvenzione di una chimica in grado di competere su piani diversi. “Quando il vento soffia forte c’è chi si nasconde dietro un muro e chi costruisce mulini a vento” dice un antico proverbio cinese. Un esempio che prefigura l’invenzione di nuovi futuri viene da un accordo tra Eni e Novamont. A Porto Torres verranno chiusi impianti senza mercato, verrà bonificata l’area e avviata la prima bioraffineria al mondo per produrre monomeri per bioplastiche e oli lubrificanti a base vegetale sfruttando la spremitura dei semi di cardo. Nel 2013 si avvierà nelle aree vicine all’impianto la coltivazione di cardo sui primi 6.000 ettari migliorando le prospettive economiche degli agricoltori del luogo. Un esempio positivo che potrebbe essere replicato in altre aree chimiche in crisi. E passiamo infine a un comparto nel quale la rivoluzione invece è già in atto, quello della produzione elettrica. Due degli scenari elettrici analizzati in Reinventare il fuoco, quelli con il nucleare e con il carbone, hanno poca rilevanza nel contesto italiano. La corsa verso le rinnovabili appare la più plausibile, anche per la spinta dell’Europa. E la presenza di una forte capacità di impianti a ciclo combinato a gas rappresenta una sponda efficace alla crescita verde, grazie alla rapidità di risposta alle richieste della rete di queste centrali. Negli ultimi cinque anni l’elettricità da rinnovabili italiana è passata dal 16% al 26% dei consumi. Quest’anno il solo fotovoltaico coprirà oltre il 6% della domanda elettrica. Un cambiamento che impone agli operatori tradizionali, in difficoltà per questa inaspettata esplosione, un ripensamento delle strategie. Basta leggere quanto ha recentemente dichiarato il presidente dell’Enel Andrea Colombo: “Lo sviluppo delle rinnovabili, unito alla stagnazione della domanda, sta rendendo difficile la copertura dei costi di produzione degli impianti convenzionali, mettendone a rischio la possibilità di rimanere in esercizio”. Le compagnie elettriche rischiano quindi di essere spiazzate dalla rapidità della trasformazione del mercato che indebolisce la loro posizione dominante. Per mantenere un ruolo significativo dovranno diversificare le attività. Verrà premiata la capacità di interagire con la generazione rinnovabile. Potranno entrare nel mercato delle smart grid e degli accumuli. E naturalmente potranno avere uno spazio nella diffusione delle tecnologie verdi. Una cosa però è certa: il peso dei grandi gruppi, a iniziare dall’Enel, è destinato a diminuire. Almeno 350.000 impianti che utilizzano sole, vento, biomasse e acqua sono di proprietà di singoli cittadini, imprese ed enti locali, e la quota è destinata a crescere.

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Il fatto che per alcune tecnologie, come il fotovoltaico, si avvicini rapidamente la grid parity, consentendo una diffusione senza incentivi, apre infatti scenari molto interessanti. Una democratizzazione del sistema di produzione che si sposa con l’aumento della sicurezza e la competitività del paese. Come si vede, tutti i nostri comparti sono in evoluzione. Si potranno cogliere le opportunità offerte dalla rivoluzione che è partita, oppure esserne travolti. Nella nostra difficile situazione, la lettura dello splendido Reinventare il fuoco potrà offrire interessanti spunti che spaziano dalle nuove politiche da attivare al sistema elettrico da reinventare, dalle strategie industriali da reindirizzare al comparto edilizio da trasformare. Soprattutto, ci aiuterà a elaborare visioni di possibili futuri, l’elemento che forse più manca al nostro paese. Gianni Silvestrini Direttore scientifico Kyoto Club Presidente Exalto

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a proposito di questo libro

Reinventare il fuoco delinea un percorso per condurre l’economia degli Stati Uniti attraverso la fine dell’era dei combustibili fossili. È il risultato di svariati anni di lavoro di dozzine di scienziati, ingegneri, architetti, economisti, consulenti aziendali e altri professionisti del Rocky Mountain Institute (RMI) – un think-and-do-tank non profit e indipendente che lavora sui temi dell’efficienza e del reintegro delle risorse attraverso i miglioramenti della progettazione, il superamento delle barriere e la diffusione delle innovazioni. Il lavoro del team di Reinventare il fuoco (e questo libro, che ne sintetizza i risultati) è stato dettagliatamente revisionato da un ampio gruppo di specialisti. L’RMI ha lanciato l’iniziativa chiamata Reinventare il fuoco per rispondere a due domande: è realistico pensare che gli Stati Uniti possano smettere di usare petrolio e carbone entro il 2050? E ancora: è realistico pensare che la transizione, senza dubbio colossale, alle rinnovabili e all’efficienza energetica possa essere guidata da imprese e imprenditori in vista di vantaggi concreti e duraturi? La risposta a entrambe le domande è sì. Risulta dalla combinazione dei dati convenzionalmente accettati sul fabbisogno energetico e sulla produzione di energia nei prossimi decenni con delle previsioni ragionevolmente prudenti su quello che potrebbe essere il nostro futuro energetico se aziende e imprenditori adottassero le tecnologie attualmente disponibili con tassi di rendimento normali. In più, servirebbero scelte politiche finalizzate a rimuovere alcune delle barriere che oggi si frappongono all’adozione di scelte innovative nel settore dell’energia e della progettazione. Sorprendentemente, la nostra analisi prescinde dalla tassazione del carbonio o da altre esternalità; non richiede decisioni del Congresso o nuove tasse nazionali, sussidi o deleghe particolari; costa 5.000 miliardi di dollari (al valore attuale netto del 20101) meno del Business As Usual, e crea grandi opportunità economiche. Reinventare il fuoco si incentra sul petrolio e l’elettricità. Bruciare petrolio e alimentare le centrali elettriche (metà delle quali funzionano a carbone) rilascia due quinti del carbonio degli Stati Uniti e del pianeta. Circa tre quarti del petrolio americano serve per il settore dei trasporti, e tre quarti dell’elettricità statunitense alimenta gli edifici (il resto va all’industria). È quindi chiaro che l’efficienza dei trasporti, degli edifici e delle industrie è fondamentale per risparmiare petrolio e carbone, così come il gas che può sostituire entrambi, e che questi cambiamenti consentono di modificare i modi in cui viene prodotta l’elettricità. I capitoli dal 2 al 5 analizzano questi quattro settori, e sono la sintesi di ciò

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che il team dell’RMI ha appreso in trent’anni di collaborazioni strategiche e tecnologiche con grandi aziende di tutto il mondo. Questa esperienza globale suggerisce che tutte le tecnologie e molte delle politiche riferite agli Stati Uniti presentate in questo volume potrebbero essere tranquillamente adottate altrove. Abbiamo cercato di scrivere Reinventare il fuoco nella maniera più chiara e accessibile, e abbiamo cercato di rendere le sue analisi tecniche dettagliate, trasparenti, credibili e documentate. Note e bibliografia sono riportate alla fine del volume, mentre il materiale tecnico può essere scaricato dal sito www.reinventingfire.com, che è anche il portale in cui vengono illustrate le iniziative dell’RMI nei quattro settori chiave indicati sopra. Sono adesso necessarie alcune precisazioni. Abbiamo espresso i valori in dollari statunitensi al 2009 (eccetto laddove specificato diversamente), e abbiamo scelto tecnologie che consentono guadagni con tassi di ritorno appropriati alla tolleranza al rischio-ricompensa di ogni settore. Per esempio, dato che le decisioni dei costruttori di automobili sono influenzate dalla prospettiva di breve termine degli acquirenti di automobili, abbiamo postulato che i loro risparmi di carburante debbano ripagarsi entro tre anni. Per i guadagni di efficienza degli edifici, il nostro tasso di ritorno del 7%/anno è reale, e rispecchia orizzonti temporali più lunghi. Nel settore industriale, ancora più rischioso e competitivo, riteniamo possibili guadagni di efficienza del 12%/anno. Per la produzione di elettricità, usiamo un 5,7%/anno, che riflette un costo medio del capitale delle utility. In tutto il volume, stimiamo il valore sociale dei costi e dei benefici al 2010 al tasso di sconto sociale (3%/anno) prescritto dall’U.S. Office of Management and Budget per valutare gli investimenti federali nell’efficienza energetica. Ci basiamo sulle previsioni di una robusta crescita economica elaborate nel Reference Case dell’U.S. Energy Information Administration nel 2010, e le usiamo per confrontare le alternative proposte. I lettori sono invitati a proposte di miglioramenti o correzioni all’indirizzo rfsuggestions@rmi.org, o a spedire domande all’indirizzo rf@rmi.org.

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introduzione

Riuscite a immaginare i combustibili senza i cambiamenti climatici, senza le fuoriuscite di petrolio o gli incidenti nelle miniere di carbone, senza l’aria inquinata e senza che la natura selvaggia venga spazzata via? Uno scenario senza povertà energetica, senza guerre per il petrolio, tirannie o attacchi terroristici. Niente che possa esaurirsi, niente da tagliare, niente di cui preoccuparsi. Riuscite a immaginare un’energia abbondante e affidabile, per tutti, per sempre? Un mondo simile, più ricco, più giusto, più fresco e più sicuro è possibile, e abitarci fa anche guadagnare denaro – perché risparmiare e sostituire i combustibili fossili funziona meglio e costa meno che comprarli e bruciarli. Abbiamo solo bisogno di accendere un nuovo fuoco. Quello vecchio ha accompagnato i nostri progenitori negli ultimi milioni di anni. Mentre i ghiacciai si ritiravano lasciando spazio ai mammut, i primi umani, ricoperti di ispide pellicce, si riscaldavano e cucinavano bruciando legni secchi. In seguito, qualcuno iniziò a raccattare pezzi di carbone o a raccogliere il petrolio che filtrava in superficie. 2.400 anni fa, in quella che oggi è la Cina, qualcuno estrasse dalle profondità del sottosuolo gas naturale e altri idrocarburi liquidi e si servì del bamboo per trasportarli.2 Praticamente tutta l’energia usata dagli esseri umani proveniva dal sole, dal legno, dal vento, dall’acqua, dallo sfruttamento degli animali e degli schiavi. La vita era dura, breve, il freddo durante l’inverno terribile e le notti buie. A vari livelli, metà della popolazione del pianeta vive ancora in questo mondo medioevale. Un miliardo e mezzo di persone non ha accesso all’elettricità; abitano le zone buie che compaiono nelle fotografie scattate dai satelliti. Tre miliardi cuociono il cibo con legna, sterco o carbone. Negli ultimi due secoli, però, i combustibili fossili hanno rivoluzionato completamente le vite di quattro miliardi di persone. Se il fuoco ci ha resi umani, e se l’agricoltura ci ha permesso di costuire le città e gli stati, è grazie ai combustibili fossili che siamo diventati moderni. Se in passato spesso occorreva rovistare tra i rifiuti per trovare qualcosa da bruciare, oggi l’energia è una materia prima distribuita in modo capillare e ininterrotto da specialisti che si servono di calcoli esoterici e di macchinari colossali nell’ambito di quella che è l’industria più vasta del pianeta. Questa industria, senza che la maggior parte di noi ne sia consapevole, è diventata enormemente abile e potente. Ha esplorato le profondità del sottosuolo, sulla terra ferma e negli oceani. Ha spianato le montagne. Produce senza problemi sofisticati vettori energetici come la benzina, il gasolio, i carburanti per i jet, il gas naturale, e distribuisce l’elettricità alle nostre case, alle nostre automobili e alle nostre fabbriche. È la base del nostro benessere, il fondamento della nostra forza, l’invisibile motore della vita moderna. Quando guidiamo un’automobile, premiamo un interruttore o riscaldiamo una casa ci serviamo della sua potenza, della sua economicità, della sua versatilità e della

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sua affidabilità. Senza i combustibili fossili, ci troveremmo catapultati in quello stato di continua lotta per l’esistenza in cui si dibattono ogni giorno i più poveri del pianeta. Tuttavia, il magico elisir che ha permesso alla nostra civiltà di ampliare e migliorare la vita di miliardi di persone, ha anche cominciato, seppure in maniera subdola, a rendere le nostre vite più insicure, più costose, più pericolose per noi e per l’ambiente in cui viviamo. Impone costi e rischi crescenti che erodono, e in molti casi eccedono, i benefici. Causa l’asma ai nostri bambini e riempie di mercurio il tonno che finisce sulle nostre tavole. Basta un incidente e intere economie possono vacillare. Il suo potere e la sua ricchezza corrompono i politici e impongono decisioni ai governi. Causa gran parte delle tensioni che affliggono il pianeta, sostiene dittatori e fomenta guerre. Sta alterando la composizione chimica della nostra atmosfera a una velocità mai registrata negli ultimi 60 milioni di anni. In poche parole, i combustibili fossili stanno minando quella sicurezza che hanno contribuito a costruire. I leader militari, che tra i risk manager sono quelli con la visione a più lungo termine, sono assai preoccupati. Nel febbraio del 2010, l’articolo principale del Joint Force Quarterly, il quadrimestrale del Joint Chiefs of Staff (Stato maggiore delle forze armate, ndR), cominciava con queste parole: “L’energia è la linfa vitale delle società moderne e il pilastro della prosperità degli Stati Uniti. Nello stesso tempo, è una delle cause di instabilità globale, conflitti, inquinamento e rischi. Molte delle peggiori minacce alla sicurezza nazionale sono intrecciate con la questione energetica, e includono le interruzioni alle forniture di petrolio, il terrorismo finanziato dal petrolio, i conflitti e le instabilità generate dal petrolio, la proliferazione nucleare, le vulnerabilità alle infrastrutture nazionali più importanti e il cambiamento climatico (che cambia a sua volta ogni cosa)”.3 Un anno dopo, il capo dello Stato maggiore ha invocato uno sforzo energico per la prosperità e la sicurezza – sforzo che il Pentagono sta guidando con vigore crescente.4 Sul sistema energetico globale pesa poi un’altra minaccia. È infatti certo che i combustibili fossili si esauriranno, dal punto di vista fisico e da quello economico. Solo la tempistica è incerta. Nonostante progressi tecnologici semplicemente prodigiosi nei settori della ricerca e dell’estrazione – i geologi hanno a disposizione l’equivalente digitale della vista a raggi X – la Terra è sempre rotonda e non sta diventando più grande. Il “petrolio facile” sta finendo rapidamente, ed è concentrato in sempre meno paesi; il “carbone facile” rimarrà tale solo per pochi decenni; gli enormi depositi di gas naturale statunitensi, intrappolati in dense rocce di scisto, sono in realtà contenuti in bolle più piccole di un capello umano. Via via che gli economisti (e anche alcuni geologi) iniziano a rendersi conto che i dati sulle riserve di petrolio sono stati ampiamente fraintesi (e in alcuni casi sono stati anche manipolati),5 cambiano le idee sulla presunta abbondanza dei combustibili fossili. Alla fine del 2010, l’International Energy Agency ha dichiarato che la produzione di petrolio ha raggiunto il picco nel 2006;6 il Joint Force Command del Pentagono ha affermato che il margine di capacità inutilizzata potrebbe esaurirsi nel 2012 e ha auspicato che l’esercito riesca ad affrancarsi dal petrolio entro il 2040.7 Lo stesso vale per il carbone, di cui per lungo tempo non ci si è curati perché si riteneva che le riserve fossero ancora molto abbondanti.8 Sia dalla prospettiva della geologia, dell’affidabilità o della sicurezza sia da quella degli effetti collaterali, l’Età dei

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combustibili fossili è stata un battito di ciglia nella storia dell’umanità. La festa sta per finire. È giunto il momento per qualcosa di assolutamente diverso. A cosa potrebbe assomigliare il nuovo fuoco? Quello vecchio veniva estratto dal sottosuolo, il nuovo fluisce dal cielo. Il vecchio era locale, quello nuovo è dappertutto. Il vecchio era effimero, il nuovo è eterno. Fatta eccezione per quel poco di biocarburanti, biogas e biomasse – tutti prodotti in modi sostenibili e durevoli – il nuovo fuoco non brucia, e fornisce tutti i servizi e i vantaggi del vecchio senza alcuna fiamma. Tutto questo può intimidire. Eppure, nelle parole pronunciate nel 1965 da John Gardner, repubblicano e segretario per la salute, l’educazione e il welfare nel governo di Lyndon Johnson, “abbiamo di fronte alcune opportunità straordinarie, camuffate da problemi insolubili”. I problemi legati ai combustibili fossili non sono inevitabili, né dal punto di vista economico né da quello tecnologico. Possiamo risolverli in modi che tendono a far diminuire i costi dell’energia, dato che il progresso tecnologico ha reso obsoleti gli idrocarburi. Si stima che il 78% di tutte le attività umane9 sia alimentato bruciando i resti decomposti sul fondo di antiche paludi. Per fortuna, oggi disponiamo di alternative più moderne che succhiare e bruciare fanghi vecchi centinaia di milioni di anni. La stessa ingegnosità e lo stesso spirito imprenditoriale che adesso stanno grattando il fondo del barile in tutto il pianeta possono ora dare energia e migliorare le vite di miliardi di individui, senza costi aggiuntivi e addirittura con dei profitti. In effetti, il nuovo fuoco arricchirà le nostre società con un flusso di svariati miliardi di dollari. Reinventare il fuoco spiega come fare – e spiega come potete fare per partecipare alla corsa. In realtà, questa non è una storia di energia e di paura ma di energia e di speranza; non di vincoli e di imposizioni ma di scelte e di imprese; non di pericoli e di povertà ma di sicurezza e di creazione di ricchezza. Il nuovo fuoco combina due elementi: usa l’energia in modo molto efficiente, e ricava questa energia da una moltitudine di fonti rinnovabili e disperse. La transizione all’efficienza e alle rinnovabili, già in atto e in costante accelerazione, non riguarda solo il vecchio “cosa” (le tecnologie) e il vecchio “come” (le politiche pubbliche). Le tecnologie e le politiche esistenti vanno adattate, quelle che stanno emergendo vanno affinate, quelle che arriveranno dovranno essere sviluppate. Ma si tratta ancora di metà della storia. L’attuale transizione energetica riguarda sempre di più il nuovo “cosa” (la progettazione integrata, che combina le tecnologie in modalità nuove e inaspettate) e il nuovo “come” (nuovi modelli di business e di strategie competitive). In ognuno di questi settori si stanno accumulando innovazioni importanti, che produrranno la più grande ondata di opportunità mai verificatasi, con effetti pervasivi come quelli generati dall’Età dell’informazione ma ancora più profondi. Considerati assieme, i quattro componenti della trasformazione energetica producono effetti più ampi di quelli che avrebbero se presi singolarmente. Assieme, come vedremo, possono creare la più grande opportunità di sempre per il mondo del business. L’umanità è nel mezzo della più grande trasformazione infrastrutturale mai verificatasi, risultante dalla fusione delle tecnologie per l’informazione con il settore dell’energia, oltre che dalla combinazione di trasformazioni tecnologiche e sociali. Tutto ciò provoca raffiche di sconvolgimenti, e i prossimi dieci anni saranno quelli in cui verranno formulate le scommesse

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più azzardate, in cui si porranno le basi per la loro riuscita e in cui si darà avvio alla trasformazione di metà del XXI secolo. Il Business As Usual non è più un’opzione: stanno cambiando troppe cose, e stanno cambiando troppo in fretta. Siamo già nella nuova era dell’energia: il nostro sguardo deve diventare più acuto, la nostra capacità di comprensione più profonda. Dobbiamo pianificare con più umiltà e agire con più coraggio. Reinventare il fuoco spiega come possiamo beneficiare del passaggio al nuovo fuoco, mostra come possiamo accelerare la transizione e integrarla con il sistema esistente, e illustra come guidarla su percorsi redditizi e sicuri. La trasformazione non sarà facile, ma sarà molto meglio che non fare niente. Assieme a grandi opportunità, ci saranno grandi incertezze, grandi rischi e grandi pericoli. I leader del mondo degli affari farebbero bene a considerare queste domande: • il loro settore di affari può funzionare senza petrolio, e con un preavviso di qualche giorno o settimana? • che cosa succederebbe alla loro azienda se le luci non si accendessero, e non in un lontano futuro, ma domani mattina o l’anno prossimo? • comprendono le implicazioni per la loro società, per i loro clienti e per i loro fornitori di energia a prezzi molto alti (e molto volatili)? • cosa possono fare per eliminare i costi operativi dell’energia, prima che lo facciano i loro concorrenti? • quale fetta della torta della nuova economia intendono mangiare, considerato che si tratta di una torta da svariate migliaia di miliardi di dollari? Non si tratta di questioni fantasiose: riflettono sia le opportunità descritte da Reinventare il fuoco sia i rischi che crescono ogni giorno che lasciamo passare senza agire. L’audacia nel giudizio è un’opportunità e una responsabilità per ogni leader che disponga delle risorse e dell’immaginazione necessaria a usarle. E adesso non abbiamo bisogno solo di capacità manageriali ma soprattutto di leadership. Un sistema energetico sta morendo e un altro sta lottando per emergere. Nel mezzo di una simile tempesta, stare immobili sembra la cosa più semplice. Ci sono sempre molte ragioni ingannevoli per non cambiare. Come ha scritto T.S. Eliot, “fra l’idea / e la realtà / fra il movimento / e l’atto / cade l’Ombra”. Tuttavia, il terreno di gioco sta cambiando, e non è più possibile stare fermi. Senza dubbio, tra il sistema energetico attuale e quello futuro si aprono spazi in cui sarà possibile perdere o accumulare immense fortune. Tra dieci anni, quando i vostri azionisti vi chiederanno cosa avete fatto per vincere la sfida energetica, cosa risponderete? E cosa risponderete ai vostri nipoti, quando vi rivolgeranno la stessa domanda tra quarant’anni? E mentre lavorate, quale tasso di sconto applicate al futuro dei vostri nipoti? I miei colleghi e io speriamo che Reinventare il fuoco possa aiutarvi a guidare, supportare, ispirare e accelerare la soluzione energetica di cui tutti noi abbiamo bisogno e da cui tutti noi trarremo beneficio. Amory B. Lovins Old Snowmass, Colorado Agosto 2011

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