MICHIEL ROSCAM ABBING
ATLANTE MONDIALE DELLA ZUPPA DI PLASTICA
Dedico questo libro a tutti i bambini, nella speranza e nella convinzione che possano vivere in un mondo dove la zuppa di plastica sia scomparsa da tutti i menù
Questa pubblicazione è stata realizzata grazie al supporto di Novamont
Questo libro è stampato su carta FSC® amica delle foreste. Il logo FSC® identifica prodotti che contengono carta proveniente da foreste gestite secondo i rigorosi standard ambientali, economici e sociali definiti dal Forest Stewardship Council® © 2019 Edizioni Ambiente © 2018 Plastic Soup Foundation Pubblicato per la prima volta da Uitgeverij Lias, www.uitgeverijlias.nl Testo: Michiel Roscam Abbing Immagine di Copertina: elaborazione di Nico Richter Impaginazione: Nico Richter, Roberto Gurdo Infografiche: Jan Vork Traduzione: Elisabetta Luchetti Crediti fotografici: vedi pagina 148 isbn 978 88 6627 250 2 Finito di stampare nel mese di aprile 2019 presso GECA S.r.l., San Giuliano Milanese (Mi) Stampato in Italia – Printed in Italy L’editore ha fatto ogni sforzo per garantire che tutti i diritti siano stati rispettati e gestiti secondo le norme di legge. Chiunque ritenga che determinati diritti possano essere applicati può contattare l’editore Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, comprese fotocopie, registrazioni o qualsiasi supporto senza il permesso scritto dell’editore www.edizioniambiente.it
INDICE
PREFAZIONE 5 INTRODUZIONE 7 SULLA MAPPA 8 1 P L A S T I C A F A N T A S T I C A 11 Plastica usa e getta 12 I vantaggi per l’ambiente e per il cibo 14 Meglio di tanti altri materiali 15 Un materiale miracoloso per la produzione di massa 16 Il dominio del monouso 18 Progettata per diventare rifiuto 20
7 T R A F E D E E S P E R A N Z A 85 Pulire gli oceani 86 Riciclare 88 Bioplastiche 90 Pirolisi plastica 91 Prodotti realizzati con la plastica degli oceani 92 Aggiungere valore 95
2 P L A S T I C A F L U T T U A N T E 23 Bottiglie con un messaggio 24 Spiagge di plastica 26 Palloncini colorati 27 Paperelle di gomma 29 Reti fantasma 30 Gli accendini di Midway 32
8 F O N T I D ’ I S P I R A Z I O N E 97 Etichette commestibili 98 Combattere le microsfere 100 Fishing for litter 102 Luglio senza plastica 104 Supermercati senza plastica 106 Lavare l’oceano 107
3 D A L L A Z U P P A A L B R O D O 35 Accumulo e concentrazione 36 Il mistero della plastica che scompare 39 Frammentazione continua 40 Lacrime di sirena 42 Microplastiche nei cosmetici 44 Microfibre da lavaggi 45
9 N O N C ’ È T E M P O D A P E R D E R E 109 Soluzioni semplici 110 Istruzione 112 Plastic footprint 113 Buste in plastica leggere 114 Rifiuti delle imbarcazioni nei porti 116 Depositi cauzionali 118
4 R . I . P . R E Q U I E S C A N T I N P L A S T I C A 47 Nel menù 48 Impigliati 51 Sistemi squilibrati 52 BPA, ammorbidenti e ritardanti di fiamma 54 Tossine nella catena alimentare 55 La minaccia delle nanoplastiche 56
10 I N V E R T I R E L A R O T T A 121 Ridurre, riusare, riciclare 122 Principi chiave 123 Le azioni dei governi 124 Obiettivi mondiali di sostenibilità 127 Produzione responsabile 128 Trattati internazionali 129
5 U N P I A N E T A P I E N O D I P L A S T I C A 59 Plastiglomerati 60 Plastisfera 62 Precipitazioni 63 Fango, suoli e compost 64 Rischi sanitari per gli esseri umani 67 Paradiso perduto 68
Usate come
mattoni per realizzare una parete, le vecchie bottiglie possono avere una seconda opportunità: si trasformano in un materiale da costruzione economico e non finiscono in discarica.
F U O R I M A P P A 70 6 A R T E 73 Objets d’art 74 Scatti mozzafiato 76 La zuppa al supermercato 78 Riciclo creativo 79 Performing art 80 Mostre 82
I T A L I A C H I A M A E U R O P A 130 EUROPA CHIAMI MONDO Trasformare i terreni coperti di plastica in miniere d’oro 132 Citizen science 134 L’inquinamento invisibile 137 Piccole, grandi battaglie vinte: Italia chiama Europa 139 Usa e getta? No, grazie 140 Dalla crisi della chimica alla chimica verde made in Italy 142 L’economia circolare per combattere il marine litter 143 Come ti riciclo la plastica spiaggiata 144 L’incredibile storia dei dischetti 145 Animali in pericolo: le tartarughe 146 Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare? 147
R I N G R A Z I A M E N T I 148 C R E D I T I F O T O G R A F I C I 148 L ’ A U T O R E 148
PREFAZIONE Stefano Ciafani presidente nazionale di Legambiente
Il marine litter è un’emergenza ambientale planetaria, la seconda per importanza dopo i cambiamenti climatici. Hanno una differenza importante e due caratteristiche comuni. Partiamo dalla prima: se il climate change ha impiegato 30 anni per tradursi da allarme degli scienziati e degli ambientalisti ad azione dei governi, il problema dei rifiuti negli oceani ha impiegato un terzo del tempo. Le uniscono invece due cose: è l’essere umano che le ha prodotte e la loro soluzione è alla portata di chi le ha causate. La bibliografia internazionale sul marine litter è copiosa. L’Atlante mondiale della zuppa di plastica ne fornisce una chiave di lettura divulgativa e approfondita, a cui la nostra associazione ha contribuito con il capitolo sull’Italia. Vale la pena infatti parlare del nostro paese perché sul contrasto all’inquinamento ambientale da plastica siamo un modello a livello internazionale. Ci capita raramente, ma quando succede vale la pena rivendicarlo. Questo primato lo viviamo anche come un risultato del lavoro di Legambiente. Le nostre prime campagne per promuovere delibere comunali contro i sacchetti di plastica risalgono alla metà degli anni Ottanta. Il primo rapporto sull’impatto della plastica nell’ambiente marino promosso da Legambiente risale al 2011. Il primo monitoraggio di Goletta Verde sulle plastiche in mare (esteso poi ai laghi del Centro Nord Italia e ad alcuni fiumi campani) è del 2014. Nel 2015 con i nostri circoli abbiamo iniziato il censimento annuale dei rifiuti su decine di spiagge (sono state 78 nel 2018) utilizzando lo stesso protocollo scientifico. Un lavoro esteso a 350 spiagge del Mediterraneo con la campagna Clean up the Med e il coinvolgimento delle associazioni di altri paesi, visto che i rifiuti in mare non conoscono confini.
Abbiamo integrato con questa attività la nostra quarantennale esperienza di citizen science (il contributo dei cittadini alla conoscenza dei problemi ambientali e alla loro risoluzione) che autorevoli fonti istituzionali – dal Programma ambientale delle Nazioni Unite al Dipartimento di stato degli Stati Uniti, passando per l’Agenzia europea dell’ambiente – descrivono come la più importante a livello internazionale per durata e qualità dei dati. E che abbiamo avuto l’onore di raccontare al Palazzo di Vetro a New York durante la Conferenza mondiale dell’Onu sugli oceani nel giugno 2017 con il nostro workshop sul Mediterraneo e l’intervento in Assemblea generale. Da questo lavoro sono scaturite le leggi italiane che hanno bandito i sacchetti per la spesa e i bastoncini per le orecchie non compostabili e le microplastiche nei cosmetici da risciacquo, grazie al lavoro di Francesco Ferrante ed Ermete Realacci in Parlamento. Norme che sono state copiate in due direttive europee e che dovrebbero essere replicate in tutto il mondo, nei paesi industrializzati, con economie emergenti e in via di sviluppo. Come per la lotta ai cambiamenti climatici anche per il contrasto al marine litter è fondamentale agire subito, su tutte le fonti e con un’azione congiunta globale. Il pianeta ci sta presentando un conto salato per l’uso spropositato dei combustibili fossili, a partire dal petrolio, da cui sono prodotte le plastiche. È fondamentale cambiare gli stili di vita e servono politiche ambiziose dei governi e soluzioni innovative da parte delle imprese, come fatto dal settore delle bioplastiche nel nostro paese. Il lavoro martellante di sensibilizzazione delle associazioni ambientaliste, del mondo dell’informazione e della cultura saranno fondamentali per raggiungere questo obiettivo. Con questo Atlante arriva un nuovo contributo in questa direzione. Buona lettura.
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INTRODUZIONE
Le plastiche, materiali sintetici derivati da sostanze petrolchimiche, dominano le nostre vite. Morbide e sottili, oppure spesse e dure come la roccia, di ogni forma e dimensione. Negli ultimi settant’anni hanno avuto una diffusione incredibile, grazie a costi di produzione estremamente contenuti e alle loro specifiche proprietà, delle quali approfittiamo ogni giorno. Quelle stesse proprietà, tuttavia, si sono rivelate disastrose per gli ecosistemi. La plastica infatti non si dissolve nell’acqua e non si decompone. Ciò significa che, in una forma o nell’altra, tutta la plastica che finisce nell’ambiente rimane lì, sminuzzandosi in frammenti sempre più piccoli che andranno a costituire le cosiddette microplastiche, particelle così infinitesimali da essere invisibili a occhio nudo e che riescono a penetrare facilmente nelle catene alimentari. Secondo l’UNEP, i rifiuti di plastica e le microplastiche sono uno dei problemi ambientali più gravi che il mondo deve affrontare. Gli è stato dato anche un nome: zuppa di plastica. Gli oceani coprono il 71% della superficie terrestre e, sulla base di un fraintendimento persistente, crediamo che su di essi galleggino delle isole di plastica. In realtà, chi naviga in mare incontra solo sporadicamente dei pezzi di plastica. Possiamo intuire cosa sia la zuppa di plastica solo grazie alle ricerche condotte su quello che galleggia in superficie, fluttua nell’acqua o si è adagiato sui fondali marini. C’è però una conferma che è alla portata di tutti: ogni onda che si infrange sul bagnasciuga porta con sé qualche pezzo di plastica. Oggi le spiagge di tutto il mondo devono essere costantemente pulite; i frammenti più piccoli però passano inosservati, e non potranno essere più rimossi. Microplastiche del fiume Rhode, nel Maryland, raccolte da una rete da traino per la cattura delle mante. La foto è stata scattata presso il laboratorio di Lance Yonkos, Università del Maryland, Stati Uniti, nel 2015.
La zuppa di plastica è ovunque, e non c’è luogo del pianeta che sia davvero libero: oltre che negli oceani, è nei fiumi, nei canali, nei mari, sulla terra e perfino per aria. Si accumula e si disgrega nell’ambiente, e ciò provoca tutta una serie di danni collaterali che annullano completamente qualunque vantaggio. In un modo o nell’altro, ha effetti su più di un migliaio di specie animali, che la ingeriscono oppure ne vengono feriti o soffocati. Non che per la specie umana vada meglio: la verità è difficile da digerire – letteralmente – e tutta questa plastica ci fa ammalare, come dimostrato da un numero crescente di studi e ricerche. In un arco di tempo più breve di quello della vita media di un essere umano, la zuppa di plastica è diventata uno degli ingredienti base di qualsiasi menù. La popolazione mondiale è in rapida crescita e non sa più come gestire questo materiale miracoloso. Il livello di inquinamento del pianeta aumenta velocemente e l’umanità deve risolvere il problema. Se non ci riuscirà, lascerà alle generazioni future un fardello che le affliggerà per secoli. La prima parte del libro è dedicata alle origini della zuppa di plastica, mentre la seconda presenta alcune iniziative mirate a cancellarla dalle cartine geografiche. Nell’antica mitologia greca, Atlante è uno dei Titani, condannato a portare sulle spalle l’intera volta celeste come punizione per aver partecipato alla ribellione dei Titani contro Giove, capo di tutti gli dei. I libri cartografici portano il suo nome. L’Atlante mondiale della zuppa di plastica presenta una prospettiva globale su questo problema, e alcune possibili soluzioni. Il suo messaggio complessivo è chiaro e cristallino: combattere la zuppa di plastica sarà una lotta titanica.
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SULLA
MAPPA
1 PLASTICA FANTASTICA
I cotton fioc sono gli oggetti più comuni riversati sulle spiagge di molti paesi. L’Italia è stata la prima a metterli al bando.
Il fotografo Gregg Segal ha ritratto una serie di americani distesi su vecchi giornali, lattine e moltissima plastica. Nelle foto si vede la plastica prodotta da queste persone in una sola settimana. Il progetto risale al 2014 ed è impressionante:
ognuno di noi avrebbe potuto posare circondato dalla stessa quantità di rifiuti. Niente è cambiato così tanto negli ultimi decenni quanto la composizione e la quantità dei rifiuti che produciamo. Una ragione c’è: la plastica.
PLASTICA USA E GETTA L’ascesa inarrestabile delle plastiche è iniziata un secolo fa. I rifiuti in plastica sono uno specchio in cui si riflette la società dell’usa e getta, la cui espansione incontrastata è iniziata subito dopo la Seconda guerra mondiale. Un numero sempre più elevato di prodotti convenzionali è stato sostituito da alter ego in plastica. Il polietilene, più leggero e resistente di qualsiasi prodotto in vetro o terracotta, è entrato in tutte le case ed è diventato familiare: bacinelle e tinozze di zinco sono state rimpiazzate da quelle di plastica, più leggere, con forme moderne e colori allegri. Le calze di nylon e i giocattoli di plastica hanno avuto immediatamente una grande diffusione. Alla fine degli anni Sessanta sono state inventate le buste di plastica. Siamo circondati da piatti, posate, bicchieri, bottiglie e barattoli per la margarina in plastica. Mai, in nessun momento della nostra storia, abbiamo avuto a disposizione così tanti prodotti a prezzi così bassi. La plastica è un materiale miracoloso per la produzione di massa. Costando così poco, non ci interessa se la usiamo una volta sola o se si rompe presto. Grazie alle sue proprietà, la plastica è assolutamente rivoluzionaria. È leggera, facile da sagomare, resistente e impermeabile. Inoltre, poiché
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reagisce difficilmente a contatto con altre sostanze, ha una serie praticamente infinita di applicazioni. Il cibo imballato nella plastica si conserva più a lungo; le merci avvolte nella plastica sono protette in qualsiasi condizione di trasporto. Di conseguenza, aumenta sia il numero di prodotti realizzati in plastica, sia la quantità di plastica utilizzata per confezionarli, spesso in strati sovrapposti. Negli Stati Uniti vengono gettati ogni ora 2,5 milioni di bottiglie. L’americano medio è responsabile della maggior parte degli 85 chilogrammi di rifiuti di plastica pro capite prodotti in un anno. La vita media di una busta di plastica è di appena 12 minuti. Negli Stati Uniti, l’utilizzo di questo materiale continuerà a crescere grazie al basso costo del gas da argille usato come materia prima al posto del petrolio. Questo gas contiene grandi quantità di etano, che negli impianti di cracking viene trasformato in etilene, la materia prima con cui si ottiene il polietilene. In America, il settore chimico investe miliardi di dollari in impianti di questo tipo, rendendo la produzione di plastica sempre più conveniente. L’industria della plastica è sempre alla ricerca di nuove applicazioni e tecnicamente le possibilità sono infinite, perché la plastica è un prodotto meraviglioso.
MILIONI DI TONNELLATE
Se la produzione globale di plastica dovesse continuare a crescere alla velocità attuale, nel 2050 il mondo ne avrà prodotte 34 miliardi di tonnellate.
40.000 30.000 20.000 10.000
1950
2017
2050
2 MILIONI DI TONNELLATE
8,3 MILIARDI DI TONNELLATE
34 MILIARDI DI TONNELLATE
Quanti rifiuti produciamo in una settimana? Il fotografo americano Gregg Segal ne dà una descrizione inquietante nel suo 7 Days of Garbage.
I VANTAGGI PER L’AMBIENTE E PER IL CIBO Se messa a confronto con altri materiali, si potrebbe anche ipotizzare che la plastica offra dei vantaggi per l’ambiente. Rispetto a un chilogrammo di carta, la produzione di una quantità analoga di plastica emette meno gas serra e consuma meno acqua ed energia. Anche per trasportare la carta, che è più pesante, serve più energia, ma questo non significa che una busta di plastica sia più sostenibile di una di carta. Materiali diversi hanno impatti diversi sull’ambiente, e per confrontarli è necessario valutare accuratamente tutti i fattori che entrano in gioco in ogni fase del loro ciclo di vita. Soltanto così è possibile determinare quale sia quello complessivamente meno dannoso. Nei supermercati,
la plastica aiuta a ridurre gli sprechi di cibo. Oggi anche pezzi singoli come peperoni o avocado sono avvolti nella plastica.
Il consumo di acqua ed energia è semplice da misurare, mentre è difficile quantificare l’impatto dei rifiuti plastici sull’ambiente. Spesso, quando si afferma che la plastica è ecosostenibile, il fattore “zuppa di plastica” è rimosso dall’equazione. Nell’ambiente, la carta si decompone in modo naturale mentre la plastica no, e questo ha delle conseguenze. I supermercati traboccano di frutta e verdura in confezioni singole, e per una ragione valida: l’imballaggio in plastica impedisce ai cibi di disidratarsi, li protegge durante le varie fasi di trasporto e permette a peperoni, cetrioli e carote di conservarsi più a lungo. Grazie a una vita utile più lunga, i prodotti possono essere trasportati più lontano, un aspetto importante quando non ci si può approvvigionare a livello locale, per esempio in inverno. La produzione degli imballaggi richiede energia, il che contribuisce ad aumentare le emissioni di gas serra. D’altro canto, se la vita utile dei prodotti non fosse stata ampliata in
questo modo, si sarebbero avuti ancora più sprechi di cibo: avremmo dovuto coltivarne di più, con un costo energetico complessivamente maggiore rispetto a quello legato alla produzione degli imballaggi. La conseguenza è che un numero sempre maggiore di prodotti vengono confezionati singolarmente, anche quelli che hanno un “imballo” naturale, come le banane e le arance. Anche la frutta e la verdura biologica sono spesso imballate in confezioni singole. La maggior parte di queste confezioni viene gettata nelle pattumiere di casa, e il rischio che finisca nell’ambiente non è poi così alto. Il problema sta però nella quantità, non nella probabilità: se anche una piccola percentuale della plastica usata per imballare i cibi di tutto il mondo finisse nell’ambiente, si tratterebbe comunque di centinaia di milioni di fogli e strati di plastica. Sono sempre di più i supermarket che hanno deciso di ridurre questi imballi, e alcuni li hanno addirittura banditi.
Non serve innaffiare una pianta di plastica, che rimane bella per anni. A volte è perfino difficile distinguere i prodotti in plastica da quelli che sostituiscono.
“Plastico” significa malleabile, sagomabile facilmente. È una proprietà dei materiali sintetici: se riscaldati possono essere pressati in una forma che manterranno dopo essersi raffreddati. Una volta freddo, il materiale è resistente, impermeabile, inusurabile, infrangibile e isolante. È ovvio come la plastica sia diventata un sostituto ideale dei materiali tradizionali. Ciò che un tempo era fatto in metallo, carta, ceramica, cotone, osso, pelle o legno oggi è probabilmente sintetico. In pochi decenni la plastica ha sostituito moltissimi materiali.
MEGLIO DI TANTI ALTRI MATERIALI Ne esistono due tipologie: quella termoindurente e quella termoplastica. Una di queste ha un’ulteriore proprietà: può essere riciclata. Le plastiche termoindurenti induriscono dopo essere state riscaldate e così rimangono. Vengono utilizzate per realizzare prese elettriche, imbarcazioni, tavole da surf o aeroplani, giusto per fare qualche esempio. Questi prodotti non possono essere fusi di nuovo. La bachelite, una delle prime plastiche inventate agli inizi del XX secolo, è termoindurente (non può cioè, una volta prodotta, essere fusa di nuovo senza degradarsi, ndR). Le termoplastiche invece si ammorbidiscono quando vengono riscaldate, e perciò possono essere fuse e riformate più volte. Hanno tante applicazioni, troppe per citarle tutte: vestiti, polistirolo, barattoli, teli, bicchieri, bottiglie, infissi per finestre... Potendo essere fuse più e più volte, possono essere riciclate. Le plastiche stanno sostituendo i materiali tradizionali, ma i prodotti originali sono ancora necessari e vengono perciò imitati. A volte è praticamente impossibile accorgersi della differenza. È un divano in pelle, un maglione di lana, una bottiglia di vetro? C’è erba su quel
prato? È davvero in legno quel parquet? È viva quella pianta sul davanzale? O è tutto di plastica? Da che è cominciato, il processo di sostituzione non si è più fermato. Cinquant’anni fa gli scolapasta di zinco sono stati rimpiazzati da quelli in plastica colorata e non passerà molto tempo prima che l’acciaio delle automobili e degli aeroplani venga sostituito da materiali compositi, leggeri e resistenti. Queste innovazioni non ci sorprendono quasi più. L’industria della plastica è costantemente alla ricerca di nuove applicazioni e di migliorie da apportare ai prodotti, aggiungendo per esempio sostanze chimiche durante il processo di produzione o modificando la struttura molecolare dei polimeri. I costi di sviluppo sono elevati, e si brevettano tipologie di plastica sempre nuove. Le plastiche brevettate hanno migliaia di nomi commerciali, e ognuna è leggermente diversa dalle altre. I ricercatori puntano a ottenere determinate proprietà e non si chiedono se quello specifico materiale sintetico consentirà poi di ottenere prodotti della stessa qualità. Il rovescio della medaglia delle plastiche più avanzate – magari migliori dei materiali che sostituiscono – è che possono essere meno utili come materie prime riciclabili.