La specie solitaria

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LA SPECIE SOLITARIA

perché abbiamo bisogno della natura



SIMBIOSI

Lucy Jones

La specie solitaria Perché abbiamo bisogno della natura


Lucy Jones la specie solitaria

perché abbiamo bisogno della natura realizzazione editoriale

Edizioni Ambiente www.edizioniambiente.it titolo originale

Losing Eden Copyright © Lucy Jones, 2020 traduzione:  Laura Coppo coordinamento redazionale:  Diego Tavazzi progetto grafico:  Mauro Panzeri impaginazione:  Roberto Gurdo immagine di copertina:  Free Clip Art @ Old Design Shop, CC0

© 2020, ReteAmbiente Srl via privata Giovanni Bensi 12/5, 20152 Milano tel. 02.45487277, fax 02.45487333 Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, comprese fotocopie, registrazioni o qualsiasi supporto senza il permesso scritto dell’Editore. ISBN 978-88-6627-304-2 Finito di stampare nel mese di agosto 2020 presso GECA S.r.l., San Giuliano Milanese (Mi) Stampato in Italia – Printed in Italy il network di reteambiente

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sommario

prologo

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prima parte – piantine introduzione – il neonato nel suolo

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1. vecchi amici

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seconda parte – radici 2. biofilia

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3. seducentemente fangoso e meravigliosamente pozzangheroso

67

terza parte – rami 4. risonanza fisiologica

93

5. la saggezza delle piante

123

parte quarta – tronco 6. equigenesi

143

7. lutto ecologico

165


parte quinta – corteccia 8. la prima primula dell’anno

183

9. e alla fine...

199

parte sesta – ceppo 10. natura futura

209

conclusione: una nuova diade

233

epilogo

241

bibliografia

243

ringraziamenti

247


prologo

Xena si incamminò lungo la strada che portava alla casa della nonna. Era una giornata torrida, ma si era ricordata di prendere cappello, respiratore e occhiali da sole. Camminò il più rapidamente possibile lungo il marciapiede, poi si infilò nel tunnel di cemento e salì la scala di pietra coperta per ripararsi dal sole cocente. Poteva sentire il rombo dei treni ad alta velocità che sfrecciavano nel quartiere vicino. Attraversò la strada per prendere la scorciatoia che passava sul prato artificiale, ma poi cambiò idea: di recente aveva fatto così caldo che l’erba di plastica si era sciolta e si era attaccata ai sandali della sua amica. Xena scelse la strada più lunga. Quel giorno anche gli alberi artificiali non offrivano alcun riparo dal caldo. Le montagne in lontananza erano quasi invisibili per il fumo degli incendi, e si riusciva a malapena a vedere cosa c’era venti metri più avanti. Tutto era grigio. Un pullman le passò accanto, con la pubblicità di una nuova trasmissione sui telegiardini in programma per il 2102. Ci si poteva collegare attraverso il microchip cerebrale per piantare e annaffiare semi virtuali e poi vederli crescere. Si ripromise di parlarne a sua nonna. La nonna non poteva più uscire spesso, e quindi Xena doveva andare a trovarla, ma non le dispiaceva. La nonna aveva in soggiorno un ologramma di un paesaggio naturale, e Xena si sentiva sempre più felice e meno stressata dopo essere stata da lei. Nell’ologramma che preferiva c’erano degli alberi da un lato, di colore verde-marrone. Al centro dello schermo c’era un lago, e occasionalmente un pesce saltava fuori dall’acqua. Il lago era pulito, nulla a che vedere con le pozze e i fiumi sporchi e maleodoranti che scorrevano vicino a casa di Xena. La cosa che prefe-


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riva dell’ologramma era però il suono. Si trattava di una musica che non aveva mai sentito dal vivo: uccelli che cantavano, rane che gracidavano, l’abbaiare di qualche cane. Aveva visto degli uccelli nel museo locale, e nelle aule della sua scuola veniva trasmesso il loro canto, ma non ne aveva mai visto uno vero. Si domandava se invece la nonna avesse mai avuto la possibilità di farlo. Xena arrivò e suonò il campanello. Il suo respiro iniziò a calmarsi, anche se rimaneva ancora un leggero affanno, e si asciugò il sudore dalla fronte. Dopo poco la nonna aprì la porta e la invitò a entrare. Le accarezzò la testa, le strinse forte la mano e la accompagnò al soggiorno. Xena fu sollevata nel vedere che l’ologramma era acceso, e si accoccolò sul divano. “Ne ho uno nuovo per te”, disse la nonna. Traccio la lettera H sul touch screen e l’ologramma si accese. All’inizio la scena era offuscata ed era difficile vedere qualcosa, ma quando la foschia si dissolse davanti a Xena comparve un intrico di alberi molto alti con miriadi di rami e rametti che pendevano dai tronchi. Poi Xena notò qualcosa di piccolo, verde brillante, che improvvisamente saltò in aria e sparì. “Che cos’era?” “Oh, quella è... una raganella. E quella è una foresta pluviale tropicale”. “Foresta pluviale tropicale” ripeté Xena scandendo le parole. Tre uccelli, o almeno quelli che credeva fossero uccelli, attraversarono la scena volando. Avevano lunghi becchi arancioni e lunghe piume bianche e nere. Sembrava impossibile che riuscissero a volare con dei becchi così lunghi. Seguì gli uccelli, e il suo sguardo si posò su una minuscola creatura con grandi occhi gialli appollaiata su un ramo. “E quella cos’è?” strillò “Una civetta, forse un piccolo di civetta.” “È l’ologramma più bello che io abbia mai visto”, mormorò Xena. “Come vorrei che tu avessi potuto vederlo dal vero.” “Uccelli dal vero, tutti i giorni?” “Sì, e anche altri animali.” “Ma che andavano in giro liberi? Non in uno zoo?”


prologo

“A volte. E anche insetti. Sai cosa sono le farfalle?” “Ce ne hanno parlato a scuola” “L’Inghilterra era piena di farfalle. D’estate se ti sedevi in giardino potevi vederne diverse, di molte specie.” “E com’erano?” “Oh, erano...” La nonna si interruppe. Stava per mettersi a piangere. “Nonna...” La donna si schiarì la gola. “Era così davvero?” disse indicando l’ologramma. “Sì, la foresta pluviale era proprio così” rispose la nonna. “In Inghilterra, nel mio giardino, si potevano vedere i bombi, piccoli insetti che sembravano orsetti in miniatura, neri e gialli. Nei mesi più caldi si poteva sentire il ronzio delle api in cerca di nettare. La mia farfalla preferita aveva delle strisce nere sulle ali arancioni, e sembrava un po’ una tigre volante. C’erano alberi, chiamati querce, che vivevano per centinaia di anni. Il giardino cambiava ogni giorno.” “E gli alberi si potevano toccare?” “Oh sì. Si potevano toccare le foglie, e le piante e i fiori” “E com’erano?” “Direi soffici, ma ciascuno era diverso. Il tarassaco era considerato un’erba infestante, ma a inizio estate i suoi fiori si trasformavano in sfere perfette, e se ci soffiavi sopra l’aria si riempiva di semi soffici e pelosi” “Una specie di magia?” “Si può dire di sì. Li chiamavamo ‘soffioni’. E i profumi erano così buoni. Ogni fiore aveva un profumo diverso. Mi piacevano tanto le rose, le campanule, i pini... Oh, sai cosa sono le castagne selvatiche?” “No, cosa sono?” “In primavera, che era la stagione in cui tutto fioriva, l’ippocastano produceva delle infiorescenze a forma di candela, con dei fiori che sembravano gelati. Poi la pianta produceva delle palline spinose di un verde acceso. Quando queste cadevano dall’albero, i loro gusci si rompevano e trovavamo quelle che chiamavamo castagne. Erano marroni e lucide, ed erano il segno che l’autunno, che era un’altra stagione, era arrivato.

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Di lì a poco le foglie avrebbero cambiato colore, da verde a rosso o arancio o giallo”. “Stai scherzando!” La nonna scosse la testa. “E se volevi potevi vederlo tutti i giorni?” “Certo.” “E com’era?” “Era... meraviglioso” “Perché la natura è morta?” La nonna sospirò. “Non la amavamo abbastanza. E ci siamo dimenticati che poteva darci la pace.”


prima parte piantine



introduzione il neonato nel suolo

“Non vedi le piante, i passeri, le formiche, i ragni, le api che svolgono il proprio compito, collaborando per la loro parte alla vita dell’universo?” Marco Aurelio, Meditazioni “Ogni foglia mi parla di beatitudine.” Emily Brontë, Cadete foglie “Il frastuono del mondo polveroso e l’angustia delle abitazioni umane sono ciò che la natura abitualmente aborrisce; mentre al contrario, la foschia, la bruma e gli inquietanti spiriti delle montagne sono ciò che la natura umana cerca, e così raramente trova.” Guo Xi, undicesimo secolo d.C. Un tardo pomeriggio d’estate ero seduta sul bordo di un’aiuola di fiori selvatici nel mio giardino. Ero con mia figlia neonata, toccavamo involucri secchi di semi e cercavamo lombrichi nel terreno. Ragni color sciroppo facevano capolino dalle loro ragnatele, e i loro corpi tondeggianti scintillavano come gioielli al sole. Anche se era agosto, nel sud dell’Inghilterra c’era già un’atmosfera autunnale. Le mele e le prugne cadevano, il terreno era scivoloso come marmellata e punteggiato di vespe. Mentre le indicavo il punto in cui il tasso usciva la notte alla ricerca di coleotteri e bruchi, guardai mia figlia e fui percorsa da un brivido.


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I giornali erano pieni di notizie su siccità, alluvioni, eventi meteorologici estremi e temperature roventi, a volte anche di più e in anticipo rispetto alle proiezioni della comunità scientifica. Che cosa sarebbe successo a mia figlia e alla sua generazione? Il caos climatico stava accelerando. I ghiacci si fondevano a una velocità superiore alle previsioni. Il pianeta sembrava essere in fiamme. Più vicino a casa, le stagioni sembravano non esistere più, autunno in agosto, ed estate piena a marzo. Ogni giorno veniva annunciato il rapido declino di qualche specie. Rondoni,1 rondini2 e ricci3 erano tutti in via di estinzione. Sarebbe almeno rimasto qualche bosco secolare,4 o le antiche querce5 su cui arrampicarsi e di cui meravigliarsi? Quante altre specie di uccelli si uniranno all’ara di Spix, al poo-uli, alla civetta nana di Pernambuco, al Cichlocolaptes mazarbarnetti,6 e finiranno estinte durante questo secolo? Mia figlia potrà mai vedere la Via Lattea, dato che l’80% dell’Europa e degli Stati Uniti hanno già perso i propri cieli bui, a causa dell’inquinamento luminoso? E quali saranno le 1  La popolazione di rondoni in Gran Bretagna è diminuita del 51% tra il 1995 e il 2015, e il tasso del loro declino sta accelerando. Tra il 2010 e il 2015 è stato del 24%. Si veda Massimino D., et al., “BirdTrends 2017: Trends in Numbers, Breeding Success and Survival for UK Breeding Birds”, Research Report, British Trust for Ornithology 2017 (https://bit.ly/2Zt8TXG). 2  In tutta Europa le rondini sono in netto declino dal 1970. Si veda RSPB, “Why swallow populations fluctuate” (https://bit.ly/2YYonUG). 3  Carrington D., “Hedgehog numbers plummet by half in UK countryside since 2000”, 7 febbraio 2018, The Guardian (https://bit.ly/2Zt945i). 4  Nel corso del XX secolo e all’inizio del XXI è andata persa la metà di tutti i boschi del Regno Unito, risalenti a più di 400 anni fa. A questo si è accompagnato il declino della fauna che li abitava. Vidal J., “UK’s ancient woodland being lost ‘faster than Amazon’”, 21 ottobre 2008, The Guardian (https://bit.ly/2BxWr0I); Woodland Trust, “The Current State of Ancient Woodland Restoration”, gennaio 2018 (https://bit.ly/3eWUfhV). 5  Le querce sono minacciate da un declino allarmante. “Le pressioni ambientali quali i cambiamenti climatici, l’inquinamento e la siccità rendono le nostre querce più vulnerabili ai parassiti e alle malattie”, National Trust, “A new partnership to protect oak trees from disease” (https://bit.ly/38pc4Ua). 6  Barkham P., “Eight bird species are first confirmed avian extinctions this decade”, 4 settembre 2018, The Guardian (https://bit.ly/3iogW0y).


introduzione – il neonato nel suolo

conseguenze sulla sua mente e sul suo spirito di questo “annichilimento biologico”,7 come lo hanno chiamato gli scienziati, sempre ammesso che ce la faccia a sopravvivere? Più o meno in quel periodo avevo letto una definizione piuttosto deprimente, coniata dall’autore americano Robert Pyle, ecologista ed esperto di lepidotteri: “Estinzione dell’esperienza”.8 Secondo Pyle, dato che sono sempre meno i bambini che entrano in contatto con la natura, quando diventeranno genitori i loro figli avranno relazioni ancora più deboli con il mondo naturale. “Le premesse [dell’estinzione dell’esperienza, ndT] consistono in un ciclo di disaffezione e perdita che ha inizio con l’estinzione delle specie e la scomparsa di eventi e diversità del nostro ambiente: queste perdite porteranno all’ignoranza di varietà e sfumature, e di conseguenza ad alienazione, apatia, assenza di cura e in ultimo a ulteriori estinzioni”.9 Potevo osservare questo andamento nella mia stessa famiglia. Mia nonna possedeva un lessico del mondo naturale e del suo funzionamento. I miei genitori conoscevano un certo numero di uccelli, fiori e piante: nomi, ritmi e comportamenti. Io ne conoscevo alcuni, forse il 5-10% di quelli che conoscevano loro, e questo nonostante fossi più interessata al mondo naturale della maggior parte dei miei amici. Di conseguenza, la 7  Nella stessa settimana in cui morì l’ultimo esemplare maschio di rinoceronte bianco

settentrionale e durante la quale venivano pubblicati due studi che illustravano in dettaglio il catastrofico collasso della popolazione di uccelli in Francia (in 15 anni è andato perso un terzo delle specie a causa della sparizione degli insetti di cui si nutrono), un rapporto finanziato dalle Nazioni Unite affermava che la perdita di biodiversità deve essere considerata tanto allarmante quanto i cambiamenti climatici. L’analisi di studi provenienti da oltre 100 paesi, opera di più di 550 esperti, ha riscontrato che la distruzione della natura avrà i suoi effetti già sulle persone attualmente in vita. Si parla spesso di come vivranno la perdita della biodiversità i nostri figli, ma questo rapporto ha riportato al presente un rischio prima proiettato in un futuro astratto. Il rapporto anticipava per esempio che nella regione Asia-Pacifico la fauna ittica declinerà fino a scomparire entro il 2048. Watts J., “Destruction of nature as dangerous as climate change, scientists warn”, 23 marzo 2018, The Guardian (https://bit.ly/3dUUngv). 8  Citato in Soga M., K. J. Gaston, “Extinction of experience: the loss of human–nature interactions”, Front Ecol Environ, 2016; 14(2): 94-101 (https://bit.ly/2ZFRjzH). 9  Ibidem.

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