Bioplastiche: un caso studio di bioeconomia in Italia

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Walter Ganapini

bioplastiche

“La biodiversità della natura insieme alla molteplicità e diversità delle imprese umane è una garanzia per uno sviluppo armonico: una via allo sviluppo basata sui sistemi integrati, sul concetto di cascading, bioraffinerie integrate locali, e sulla ricerca di soluzioni tecniche che mimino la natura integrando maggiormente fisica, chimica e biologia”. Catia Bastioli, Presidente di Kyoto Club

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a cura di Walter Ganapini

bioplastiche: un caso studio di bioeconomia in italia Prefazione di Corrado Clini Introduzione di Catia Bastioli

walter ganapini, chimico, allievo di Vincenzo Balzani, assistente di

Umberto Colombo all’ENEA, è stato Presidente dell’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente e membro del Comitato Scientifico dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, di cui è attualmente membro onorario. Nel corso della sua carriera si è occupato con passione di politiche ambientali, protezione del suolo e gestione dei rifiuti.

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a cura di Walter Ganapini

bioplastiche: un caso studio di bioeconomia in italia realizzazione editoriale Edizioni Ambiente srl www.edizioniambiente.it progetto grafico: GrafCo3 Milan immagine di copertina: Ferdi Rizkiyanto (www.ferdi-rizkiyanto.blogspot.it) © 2012, Edizioni Ambiente via Natale Battaglia 10, 20127 Milano tel. 02 45487277, fax 02 45487333

Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, comprese fotocopie, registrazioni o qualsiasi supporto senza il permesso scritto dell’editore.

Finito di stampare nel mese di maggio 2013 presso GECA S.p.a., Cesano Boscone (Mi) Stampato in Italia – Printed in Italy

i siti di edizioni ambiente: www.edizioniambiente.it www.nextville.it www.reteambiente.it www.puntosostenibile.it seguici anche su: Facebook/EdizioniAmbiente Twitter.com/EdAmbiente

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bioplastiche: un caso studio di bioeconomia in italia Prefazione di Corrado Clini Introduzione di Catia Bastioli

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indice

prefazione

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introduzione

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parte 1 bioplastiche: un caso studio di bioeconomia in italia

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1. il contesto ambientale di riferimento

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2. le misure relative ai sacchi per l’asporto merci nel contesto italiano e le loro ricadute

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3. il potenziale anticrisi delle bioplastiche biodegradabili

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ringraziamenti

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parte 2 allegati tecnici

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1. estratto da “rapporto sull’industria italiana dell’imballaggio: statistiche 2012” Istituto Italiano Imballaggio

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Corrado Clini, Direttore Generale per lo Sviluppo Sostenibile, l’Energia e il Clima presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Catia Bastioli, Presidente di Kyoto Club

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2. estratto da “la struttura del comparto dell’estrusione di film in bolla” Plastic Consult

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3. estratto da “rapporto rifiuti urbani 2012” ISPRA

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4. estratto da “compendio tecnico 2012” CIC – Consorzio Italiano Compostatori 5.

estratto da “osservatorio sulla chimica verde: atteggiamento della popolazione italiana sui nuovi bio-shopper” ISPO

6. estratto da “relazione finale del progetto recupero imballaggi biodegradabili” CONAI

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7. estratto dai risultati “il progetto gionha 127 (governance and integrated observation of marine natural habitat)” ARPAT, Office de l’Environnement de la Corse, Regione Liguria, Regione Autonoma della Sardegna, Provincia di Livorno 8. estratto da “piano strategico di sviluppo del cluster della chimica verde italiana” Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

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9. estratto da “biodegradazione in ambiente marino dei sacchi compostabili per l’asporto merci” Gruppo ECOPEC Novamont

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10. estratto da “sacchetti biodegradabili prodotti con risorse rinnovabili. la concorrenza tra le bioplastiche e le produzioni alimentari è un problema reale?” Gruppo ECOPEC Novamont

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Nel gennaio 2011 l’Italia ha varato una legge che mira a ridurre le problematiche ambientali causate dall’uso di sacchi monouso per l’asporto merci realizzati in plastica tradizionale. Di conseguenza, i sacchi “ad elevato spessore” e in quanto tali riutilizzabili molte volte ed i sacchi monouso biodegradabili e compostabili (secondo lo standard armonizzato UNI EN 13432) rappresentano ora le alternative ecologiche disponibili per i consumatori e i rivenditori. L’iniziativa si basa su una serie di provvedimenti legislativi introdotti in Italia dalla fine degli anni Novanta, volti ad affrontare la problematica della gestione dei rifiuti in conformità a quanto richiesto dalla Direttiva rifiuti Imballaggi1 e dalla Direttiva “Discariche”.2 Questa strategia ha limitato il numero di sacchi monouso in circolazione, ridotto il rischio di abbandono e dispersione accidentale dei rifiuti nell’ambiente, migliorato la qualità del riciclo organico ed ha creato delle condizioni favorevoli per la crescita dei bioprodotti, incentivando nuovi investimenti nel cam1  Direttiva 94/62/CE.

2  Direttiva 1999/31/CE.

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po della “Bioeconomia”. La necessità di una transizione verso una bioeconomia sostenibile è stata recentemente riconosciuta dalla Commissione Europea attraverso l’adozione di una strategia dedicata,3 che mette in luce l’esigenza di sposare un modello di sviluppo basato su un uso ridotto di fonti fossili, al fine di rispondere alle sfide sociali chiave che il mondo si troverà ad affrontare nei prossimi anni. La Commissione Europea ha inoltre evidenziato il ruolo fondamentale dei bioprodotti e dello sviluppo di misure connesse di incentivo alla domanda in occasione della recente revisione della politica industriale comunitaria. Il 4 febbraio 2013 la Francia ha manifestato la propria volontà di seguire il modello italiano ed annunciato di voler incentivare l’utilizzo di sacchi biodegradabili e compostabili, considerando il potenziale di questo provvedimento nel promuovere la creazione di filiere locali dedicate alla produzione di bioplastiche. Il presente libro intende illustrare come la strategia perseguita dal Governo italiano punti a preservare l’ambiente, promuovere investimenti nel campo della bioeconomia in linea con gli orientamenti comunitari, e conseguire numerosi vantaggi sociali in termini di prevenzione dei rifiuti e diffusione di modelli di consumo sostenibili. I sacchi monouso per l’asporto merci in plastica tradizionale sono considerati un caso evidente di sovra-imballaggio in tut3  “L’innovazione per una crescita sostenibile: una bioeconomia per l’Europa”, COM(2012) 60 final.

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to il mondo. Essi vengono usati in genere solo una volta, il che rappresenta uno spreco di risorse e può inoltre indurre alla dispersione accidentale di questi ultimi nell’ambiente. I sacchi sono al primo posto nella top 10 dei rifiuti in ambiente marino, come riportato nella relazione UNEP “Marine Litter: A Global Challenge”. Essi sono infatti fortemente resistenti alla biodegradazione e tendono ad accumularsi nell’ambiente marino se non sono correttamente smaltiti. Nel lungo periodo, i sacchi di plastica vengono frammentati dall’erosione meccanica causata dalle onde e dalle correnti, il che porta alla formazione di frammenti microscopici (cosiddetti plastic soup, letteralmente “minestrone di plastica”). Le sostanze chimiche tossiche presenti nel mare tendono ad essere assorbite dai frammenti di plastica e a concentrarsi in questi. Poiché i frammenti di plastica microscopici vengono ingeriti dai pesci e dai mammiferi marini come se fossero plankton, vi è un rischio reale che tali sostanze chimiche tossiche entrino nella catena alimentare, veicolate dagli stessi frammenti di plastica. Il primo passo per prevenire questo problema ambientale consiste nell’identificare la causa alla base della dispersione dei rifiuti. Molti studi hanno indicato che i rifiuti presenti nel mare provengono dalla terraferma e vengono “trasportati” dai fiumi o dalle correnti. Risulta pertanto importante adottare misure preventive non solo in prossimità di zone costiere, ma anche nelle aree interne. L’Italia si trova al centro del mar Mediterraneo, e a causa della sua peculiare struttura idrogeologica (con oltre 8.000 km di linea costiera) è fortemente colpita dall’accumulo in mare di sacchi di plastica tradizionale, come dimostrato da numerosi studi.

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I sacchi di plastica contribuiscono al degrado della condizione ambientale di un Paese molto vulnerabile, dove il turismo rappresenta una delle principali risorse economiche. I sacchi monouso di plastica tradizionale per l’asporto merci rappresentano inoltre un problema nel riciclaggio della frazione organica dei rifiuti (rifiuti di cucina e di giardino). Il riciclaggio di sostanze organiche è diffuso in Italia, grazie ad una chiara legislazione sulla qualità del compost e sulla raccolta differenziata dei rifiuti organici (l’Italia è il secondo principale produttore di compost in Europa, con 4,2 milioni di tonnellate di rifiuti organici urbani che vengono convertiti in compost di alta qualità ogni anno). Il problema è che ogniqualvolta è prevista la raccolta differenziata della frazione organica (e questa è una tendenza chiara in Europa) l’uso di sacchi di plastica tradizionale è potenzialmente critico, in quanto questi ultimi non sono biodegradabili. Il riciclaggio della frazione organica dei rifiuti richiede infatti flussi privi di plastica per garantire alte percentuali di riciclo. I sacchi di plastica tradizionale agiscono quindi indirettamente come contaminanti della frazione organica impedendo di produrre compost puro e di alta qualità A livello mondiale, l’insieme di questi fattori ha stimolato la messa in atto di iniziative volte a ridurre il consumo di sacchi monouso di plastica tradizionale per l’asporto merci. Molti attori della grande distribuzione, impegnati a ridurre l’impatto ambientale delle loro attività, hanno cercato di orientarsi verso soluzioni più ecosostenibili. In alcuni Paesi sono state inoltre introdotte legislazioni specifiche al fine di accelerare un cambiamento nelle abitudini di consumo. In Italia nel 2011 è stata lanciata una strategia che punta ad eliminare l’uso di sacchi di plastica tradizionale di ridotto spessore

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non biodegradabili e monouso, lasciando in commercio solo sacchi di plastica più spessi e duraturi e sacchi di plastica monouso biodegradabili e compostabili, secondo lo standard europeo armonizzato sull’imballaggio compostabile (EN 13432). L’approccio italiano ai sacchi monouso può essere considerato un importante caso studio, i cui risultati e implicazioni meritano di essere analizzati a fondo. La prima lezione è che i consumatori sono pronti a cambiare le loro abitudini rapidamente per adottare comportamenti più sostenibili, seguendo una legge che promuove la prevenzione e la riduzione degli imballaggi. Gli italiani sono stati incoraggiati ad adottare comportamenti virtuosi con un impatto positivo sulla gestione dei rifiuti. Uno studio, in particolare, ha evidenziato che l’uso di sacchi monouso in plastica tradizionale è calato in misura significativa (del 50%) dopo l’applicazione della strategia. Il secondo punto è che minore è il numero di sacchi monouso in plastica tradizionale in circolazione, minore è il rischio di abbandono e dispersione nell’ambiente di questi ultimi: meno risorse vengono consumate, meno rifiuti devono essere recuperati e meno inquinamento viene generato. Il terzo punto è che solo i sacchi biodegradabili e compostabili possono essere ancora venduti dai rivenditori italiani come sacchi monouso, come strumento complementare rispetto ai sacchi riutilizzabili. L’uso di sacchi biodegradabili e compostabili sta comportando in questo ambito delle conseguenze molto interessanti: (I) Si sono registrati miglioramenti nella raccolta e nel trattamento della frazione organica dei rifiuti. Dopo il loro primo impiego, i sacchi biodegradabili e compostabili possono es-

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sere riutilizzati come sacchi “multi-scopo” e sono adatti per raccogliere sia rifiuti residui (qualsiasi rifiuto che non può essere differenziato prima della raccolta) sia la frazione organica (ad esempio rifiuti di cucina). Questo viene in genere comunicato ai consumatori utilizzando frasi con messaggi educativi come: “riutilizzami per la raccolta differenziata dei rifiuti” e simili slogan stampati sui sacchi, che diventano così un vero e proprio strumento di educazione a stili di vita e consumo sostenibili. Questo approccio sta inoltre migliorando la qualità e la quantità della raccolta della frazione organica, poiché diminuisce significativamente la quantità di plastica non biodegradabile che contamina il compost. Il rischio di usare impropriamente un sacco non biodegradabile per raccogliere la frazione organica viene infatti eliminato se vengono utilizzati solo sacchi biodegradabili e compostabili. Questo, a sua volta, migliora la qualità del riciclaggio organico e porta a importanti vantaggi ambientali. Il compost di alta qualità e privo di plastica mantiene la fertilità del terreno da cui provengono alcune materie prime per la produzione di bioplastiche, in un circolo virtuoso “dalla culla alla culla” (o, più precisamente, dal terreno al terreno). Questo effetto è stato dimostrato in studi specifici: le impurità sono diminuite dell’8% e di conseguenza il compost è meno contaminato dai rifiuti plastici. Da un punto di vista di un’analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment, LCA) ciò significa sostanziali riduzioni fino al 30% delle emissioni di gas serra, principalmente correlate al risparmio dell’energia necessaria per recuperare e smaltire i rifiuti di plastica. (II) La nuova legge italiana si è rivelata essere un importante esempio di azione a supporto della bioeconomia. L’innovazione ha bisogno di un “ambiente” appropriato, ossia di con-

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dizioni legislative che favoriscano lo sviluppo del processo industriale/commerciale e l’adozione da parte del mercato di prodotti di nicchia innovativi e sostenibili. Vi è l’esigenza di una legislazione intelligente, sostenibile ed olistica che fornisca soluzioni complete a diverse problematiche. L’aumento della domanda per sacchi biodegradabili e compostabili ha permesso la creazione di nuove filiere agro industriali ed il consolidamento di quelle esistenti, promuovendo l’innovazione e lo sviluppo della bioeconomia (la percentuale di sostituzione dei sacchi tradizionali con quelli compostabili è stata dell’8% nel 2010 e del 28% nel 2011). La capacità produttiva nell’Unione Europea di polimeri biodegradabili ha raggiunto più di 200.000 tonnellate e nuove iniziative di integrazione di filiere a monte sono in corso, con lo scopo di creare una gamma di strutture dimostrative e iniziative trainanti per il settore. Tre impianti “di punta” per monomeri biodegradabili, finanziati da fondi privati, sono attualmente in costruzione, mentre due siti per la sintesi dei polimeri sono in fase di conversione in Italia. Il sito petrolchimico Eni-Versalis a Porto Torres (Sardegna) è attualmente in fase di riconversione e trasformazione in una bioraffineria per la produzione di bioplastiche, biolubrificanti, biofiller ed additivi attraverso lo sviluppo di filiere agricole locali basate su aridoculture pluriennali coltivate su terreni marginali e contaminati. Tutti questi importanti progetti industriali rappresentano concretamente come attraverso una legislazione specifica, dedicata ad un mercato di nicchia innovativo, si possano sostenere sviluppi e investimenti in soluzioni innovative dal punto di vista economico, ambientale e sociale, con conseguenti risultati positivi per l’occupazione e la creazione di nuovi posti di lavoro. Inoltre, proprio con lo scopo di massimizzare l’interazione tra politiche afferenti la bioeconomia, nel mese di dicembre 2012

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il Governo italiano ha varato la creazione di un Cluster Tecnologico Nazionale della “Chimica Verde”. (III) La legge ha incoraggiato i cittadini italiani ad adottare comportamenti più sostenibili verso l’ambiente e la gestione dei rifiuti. Recenti sondaggi evidenziano che la maggior parte degli italiani (94%) ritiene che la legge sia una tappa importante per una maggiore sostenibilità ambientale, mentre l’88% riconosce nelle plastiche biodegradabili compostabili una innovazione importante, in grado di promuovere molteplici effetti positivi (ovvero modalità di consumo più sostenibili, nuovi posti di lavoro nel campo della green economy ecc.). (IV) I sacchi compostabili sono biodegradabili nell’ambiente naturale. La nuova legge ha in effetti ridotto il rischio di abbandono e dispersione dei rifiuti, in quanto i consumatori sono incoraggiati a preferire i sacchi riutilizzabili. Meno sacchi monouso sono immessi in commercio; quelli che sono commercializzati sono compostabili e biodegradabili e dopo il primo uso possono essere utilizzati ancora come sacchi dei rifiuti “multi-scopo”. Vengono quindi minimizzate le condizioni di rischio che potrebbero portare ad una dispersione accidentale nell’ambiente di sacchi di plastica tradizionale. Nel caso in cui i sacchi raggiungano comunque il mare, essi sono efficacemente soggetti a biodegradazione in ambiente marino, come evidenziano alcuni recenti studi. I dati raccolti nel presente volume dimostrano che la prevenzione, la prima priorità nella politica dei rifiuti in Europa, può essere facilmente raggiunta per i sacchi, con numerosi effetti positivi per la società ed i consumatori. I sacchi di plastica tradiziona-

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le possono ancora circolare liberamente in Italia, a condizione che siano abbastanza spessi per renderli riutilizzabili. I sacchi monouso possono potenzialmente contaminare l’ambiente naturale disintegrandosi in frammenti di plastica e alterando il riciclaggio della frazione organica dei rifiuti; tuttavia, essi possono essere sostituiti da una soluzione ecocompatibile: i sacchi durevoli riutilizzabili e i sacchi monouso biodegradabili e compostabili. Questo è un tentativo di mitigare un grave problema ambientale, migliorando la gestione e il recupero dei rifiuti e sostenendo la crescita di una solida bioeconomia europea. Questo scopo può essere raggiunto senza creare distorsione alcuna per le produzioni alimentari, in quanto l’uso del terreno per i 100 miliardi di sacchi consumati in un anno in Europa è solo lo 0,05% della superficie arabile totale in Europa. Inoltre, lo sviluppo di bioraffinerie locali integrate in Italia sta evidenziando come l’uso di raccolti locali cresciuti su terreni marginali e contaminati, in combinazione con sottoprodotti locali, sia uno strumento chiave per creare sinergie con il mondo agricolo, con l’obiettivo di rivitalizzare e rilanciare la produzione in alcune zone, rispettando al tempo stesso l’ecosistema e la biodiversità locale. L’Italia sta quindi puntando sul settore delle bioplastiche, che grazie alla nuova legge è riuscito a raggiungere un mercato di dimensioni rilevanti, promuovendo investimenti privati in nuovi stabilimenti e impianti dimostrativi, creando nuovi posti di lavoro e incentivando una crescita locale in zone fortemente colpite dalla crisi in atto.

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