Come una danza (anteprima)

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Indice

Presentazione ...................................................................................................................... pag. 7 di Annibale Rebaudengo Introduzione......................................................................................................................... » 9 PRIMA PARTE Lo schema tecnico di Chopin.............................................................................................. » 11 Capitolo 1 – L’apparato motorio e articolare del pianista................................................... » 13 Capitolo 2 – L’equilibrio e gli appoggi alla tastiera, ovvero il “danzatore”.......................... » 17 Capitolo 3 – Il peso e la colonna vertebrale, radicamento e galleggiamento...................... » 20 Cadute ............................................................................................................................. » 22 Accordi sciolti .................................................................................................................. » 26 Capitolo 4 – Dalla sorgente all’estuario: il dito e le sue possibilità..................................... » 30 Modi di attacco del tasto e tocchi di dito............................................................................ » 30 Capitolo 5 – La mano infinita.............................................................................................. » 33 Figure della mano............................................................................................................. » 34 Tocchi di mano................................................................................................................. » 36 Capitolo 6 – L’avambraccio, o della precisione................................................................... » 38 Tocchi di avambraccio...................................................................................................... » 39 Capitolo 7 – La spalla e il polso, guida e coordinazione..................................................... » 40 Allineamento laterale......................................................................................................... » 41 Rotazione......................................................................................................................... » 41 Capitolo 8 – Spostamenti su gradi congiunti...................................................................... » Scale................................................................................................................................ » Scala cromatica................................................................................................................ » Abbellimenti...................................................................................................................... »

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Capitolo 9 – Spostamenti su gradi disgiunti....................................................................... » 51 Arpeggi............................................................................................................................ » 51

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SECONDA PARTE Alcune modalità di apprendimento...................................................................................... pag. 55 Lezione 1 – Imparare il movimento prima di leggere........................................................... » 57 C. Gurlitt – Studio op. 199 n. 2 Lezione 2 – Note tenute con staccati................................................................................... » 59 S. Heller – Studio op. 46 n. 3 Lezione 3 – Ritmica e gestualità........................................................................................... » 61 L. van Beethoven – Sonatina in fa maggiore, 1° tempo Lezione 4 – Come nasce una fuga........................................................................................ » 63 M. Glinka – Piccola fuga n. 4 Lezione collettiva 1 – Smontare e rimontare un brano........................................................ » 65 E. Grieg – Melodia norvegese op. 12 n. 6 Lezione collettiva 2 – L’amico metronomo.......................................................................... » 69 Lezione collettiva 3 – Quattro staccati ............................................................................... » 71 Lezione collettiva 4 – Ostinati coreografici, pittorici, sonori.............................................. » 73 Bibliografia........................................................................................................................... » 77

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CAPITOLO 1

L’apparato motorio e articolare del pianista Il corpo umano si muove nello spazio attraverso una serie di leve che hanno lo scopo di spostare i pesi delle varie parti e di muoverle. Famoso è il detto di Archimede “Datemi una leva e vi solleverò il mondo”; infatti, la leva è una macchina semplice con una parte fissa e una girevole attorno a un punto fisso (fulcro), che funziona come un perno attorno al quale le varie articolazioni compiono movimenti come raggi di una circonferenza attorno al suo centro. Per risultare poco faticosi, i movimenti non devono prolungarsi fino al massimo dell’apertura possibile ma restare nella parte centrale dello spazio percorribile. Anche l’apparato pianistico è composto da alcune leve del corpo: - la gamba ha fulcro nell’articolazione dell’anca; - la gamba inferiore ha fulcro nell’articolazione del ginocchio; - il piede ha fulcro nell’articolazione della caviglia; - la schiena ha fulcro nel bacino; - la testa ha fulcro nella prima vertebra cervicale; - il braccio superiore ha fulcro nell’articolazione della spalla; - l’avambraccio ha fulcro nell’articolazione del gomito; - la mano ha fulcro nell’articolazione del polso; - la prima falange della mano ha fulcro nell’articolazione della nocca; - la seconda falange ha fulcro nell’articolazione della prima falange; - la terza falange ha fulcro nell’articolazione della seconda falange. Osserviamo le figure geometriche create dalle articolazioni pianistiche e le loro possibilità di movimento: la leva

l’angolo

e l’arco

sono figure ricorrenti.

Il movimento dell’angolo è formato da due leve che agiscono contemporaneamente, mentre quello dell’arco risulta dalla concatenazione di più leve. Possiamo notare che a volte la parte fissa della leva, su cui il fulcro si appoggia, per il pianista è sospesa nell’aria (ad esempio nel caso del fulcro nel gomito o nel polso), altre volte no (ad esempio nel caso del fulcro nel tallone per il pedale o del fulcro nel bacino per il busto che appoggiano rispettivamente a terra e sul panchetto). Osserviamo dapprima la mano a riposo: m

1

In piedi, davanti a un piano orizzontale, appoggiare il polso lasciando che la mano si posi naturalmente. Come si può vedere la mano tende a pendere verso il mignolo avendo come punto più alto la nocca dell’indice: questa è un’anomalia naturale di cui anche alcuni metodi pianistici1 parlano come di un punto di partenza da tenere presente nello studio. Infatti, suonando abbiamo l’esigenza di tenere in equilibrio le due estremità laterali della mano e occorre sapere che la parte verso il mignolo è più debole di quella verso il pollice. Sarà compito dell’impostazione tecnica correggere quest’anomalia e rinforzare la mano riequilibrando ugualmente le due estremità.

Deschaussées M., L’homme et le piano, Éditions Van de Velde, Paris, 1982

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m

Facendo una leggera pressione appoggiare anche il palmo della mano. Curvando un dito alla volta e tenendo appoggiato il palmo, le falangi del dito curvo formano un arco composto di tre segmenti: (foto 1)

m

Tenendo il polso e le punte delle dita appoggiati, alzare il centro della mano in due modi: con dita FOTO 2 curve formando un arco (foto 2) e distese formando un angolo (foto 3). Vediamo che la posizione ad arco che le dita formano insieme al palmo è analoga a quella osservata nella foto; questa volta l’arco è formato da quattro segmenti, i tre del dito e quello del palmo.

FOTO 1

FOTO 3

La mano è un elemento importantissimo del nostro apparato articolare, e la vedremo assumere spesso queste due posture fondamentali, l’arco e l’angolo che ho ribattezzato, a beneficio degli allievi più piccoli, “ponte” e “montagna” (v. pag. 34). Esaminiamo brevemente anche l’avambraccio: m

Appoggiare il gomito e la punta delle FOTO 4 dita sul piano orizzontale. Sollevando l’avambraccio e il polso senza alzare le punte delle dita e il gomito si forma un arco composto di cinque segmenti (foto 4) se teniamo la mano rilassata. Si forma invece un angolo con apice nel polso alzato se la mano è distesa con le dita allineate (foto 5).

FOTO 5

Man mano che si retrocede esaminando le articolazioni si ripropongono arco e angolo in dimensioni sempre maggiori. Così accade col braccio superiore che ha il fulcro nella spalla: m

Se si alza il gomito tenendo appoggiate le punte delle dita si formerà un arco che parte dalla spalla formato di sei segmenti (foto 6); se si allineano mano, polso e avambraccio si formerà un angolo con la spalla (foto 7). FOTO 6

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FOTO 7


Queste analogie “geometriche” ricorrenti ci testimoniano dell’affascinante unità e apparente semplicità che sottende l’intera organizzazione dell’apparato; nello stesso tempo è molto interessante e utile sperimentare lontano dalla tastiera le varie combinazioni di movimento tra le articolazioni. Proviamo, infatti, a muovere le varie articolazioni associandole due a due: per esempio il braccio superiore con le dita, l’avambraccio con la mano, il polso con la spalla, il gomito con le dita, ecc. Vedremo allora come la semplicità apparente sia invece un sistema molto raffinato e complesso di possibilità combinatorie. L’apparato pianistico non comprende solo le braccia ma tutto il corpo; un altro importante punto di cui vale la pena approfondire la conoscenza è senz’altro il tronco, data la presenza al suo interno di organi come il diaframma e i polmoni, e di ossa come lo sterno e la colonna vertebrale, fondamentali al pianista come ad ogni essere umano. Sulla respirazione e su tutto ciò che essa rappresenta per l’uomo come necessità e risorsa vitale, ma anche spirituale, sono stati scritti interi volumi ai quali rimando il lettore, mentre il respiro musicale in quanto ritmicità, fraseologia, levare e battere in senso stretto e lato, è argomento vastissimo che meriterebbe una trattazione specifica che esula dal contesto di questo libro. La colonna vertebrale sarà argomento del terzo capitolo, mentre vorrei qui offrire ai miei pazienti lettori un esercizio sulla presa di coscienza di un osso sconosciuto al pari della colonna vertebrale, non tanto perché si trovi come quella al di fuori del nostro raggio visivo, ma perché ha poca mobilità, pur contribuendo insieme alle costole al movimento respiratorio. Mi riferisco allo sterno. m

Seduti su una sedia con la schiena eretta, appoggiare una mano sopra lo sterno e spingerlo verso l’interno del corpo. La reazione a questa spinta parte dallo sterno stesso, che risospinge la mano in un movimento opposto verso l’esterno in avanti. Variare l’ampiezza del movimento e la sua velocità, sempre con l’aiuto dalla mano che restando appoggiata si oppone ai movimenti dello sterno. Se non è stato troppo difficile, togliere la mano e muovere lo sterno nello stesso modo senza l’aiuto della mano. La consapevolezza dell’esistenza e della mobilità di questo importante osso gioca un ruolo essenziale nella corretta postura al pianoforte.

Per aumentare ulteriormente la consapevolezza e imparare a rilassare le parti del braccio sentendone il peso, consiglio un buon esercizio da svolgere assieme a un compagno volonteroso: m

In piedi a coppie, uno dei due resta ad occhi chiusi in ascolto mentre l’altro solleva il braccio superiore del compagno prendendolo da sotto l’ascella e spostandolo lentamente in varie direzioni. Notare il peso del braccio. Non prendere da sopra. m La persona attiva solleva con una mano il gomito del compagno (uno per volta) e gli fa compiere piccoli movimenti sempre lentamente. m Infine l’attivo solleva il polso del compagno spostandolo come prima lentamente. m La persona attiva lascia cadere velocemente la parte sollevata per farne sentire il peso. Nel cambiare braccio osservare se ci sono differenze di tensione tra le due braccia. Scambiare il ruolo tra le due persone. È importante, ma non scontato, che chi è passivo rilassi completamente la parte sollevata.

Questo esercizio consente di osservare la grande varietà di movimenti possibili sui vari piani spaziali, con associazioni sempre diverse tra le articolazioni e spostamenti in molteplici direzioni.

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Tutto il sistema di leve che si muove nello spazio si comporta come una ruspa in cui la centralina dei comandi è situata nella spalla, che ha il ruolo di coordinare i movimenti e mandare il giusto peso sui tasti. Più piccola è la parte che si muove, maggiore è la sua precisione e velocità, mentre alle parti grandi è affidato il coordinamento per spostare le masse di peso che provengono dal tronco e dalle spalle. Il contenuto da trasportare sui tasti è, appunto, il peso necessario a suonare, analogamente al fiato che i cantanti e gli strumentisti a fiato trasportano dall’interno del corpo all’esterno. La cassa di risonanza, che nel caso del cantante corrisponde alla cavità orale che modifica di volta in volta la propria conformazione obbedendo alle esigenze tecnico/espressive, nel caso del pianista è la mano con tutte le sue possibili variazioni di atteggiamenti, mentre le dita hanno la stessa funzione delle labbra e della lingua, responsabili della dizione e della pronuncia delle frasi musicali.

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CADUTE Si è già accennato alla necessità di dare impulsi veloci cui le dita e la mano devono rispondere in modo rapidissimo, se si vuole ottenere un suono potente ed elastico. Questa capacità di “afferrare” il suono ha applicazioni frequentissime, perciò va allenata con particolari esercizi: le cadute. La parola risuona alle orecchie di molti in modo spiacevole, poiché la mente corre a obsoleti e inutili esercizi destinati a “liberare” l’intero peso del braccio in modo più o meno incontrollato sulla tastiera o lontano da essa. In realtà le cadute non vanno utilizzate come esercizi di “rilassamento”, condizione psicofisica impossibile da ottenere durante l’attività del suonare. Esse rappresentano piuttosto un valido strumento per rinforzare la tenuta della mano e aumentare la velocità dell’impulso nervoso che fa chiudere la mano, a patto che il braccio venga immediatamente svuotato dal peso ritornando ad uno stato di leggerezza e riposo come se al suo interno fosse passato un liquido e ne fosse fuoriuscito velocemente. La quantità di peso/ appoggio che va mantenuta nel braccio è solamente quella necessaria a tenere abbassato il tasto; se così non accade, rimane del peso residuo nel braccio, che stazionando nella muscolatura, appesantisce il suono e affatica tutto l’apparato. Nel suonare, ogni ritorno allo stato di leggerezza dopo un’emissione deve riportare il braccio alla condizione di libertà precedente all’emissione stessa. Proprio in questo risiede il significato delle cadute, il cui studio abitua le dita a raccogliere molto rapidamente tali emissioni. È possibile eseguire cadute da tutte le articolazioni: spalla, gomito, polso, nocche; si producono rispettivamente cadute di braccio, di avambraccio, di mano e di dito. • La caduta di braccio, con fulcro nella spalla, è possibile sia in avanti, frontalmente (foto 4 e 5), sia con un movimento laterale del braccio verso l’esterno o verso l’interno del corpo.

FOTO 4

• La caduta d’avambraccio (foto FOTO 6 6 e 7), con fulcro nel gomito, richiede un movimento diagonale in avanti, perché la tastiera si trova davanti al corpo e non perpendicolare a esso. A questo movimento quindi contribuisce l’articolazione del braccio superiore, che si sposta lievemente in avanti. Il polso è fissato, allineandosi con l’avambraccio.

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FOTO 5

FOTO 7


• La caduta di mano (foto 8 e 9), con fulcro nel polso, partendo col polso alto sfrutta il peso dell’intera mano che viene come “scrollata” verso il basso. Il resto del braccio è fissato, tranne che per i necessari spostamenti sulla tastiera. • La caduta di dito (foto 10 e 11), con fulcro nella nocca, comporta il lancio del dito allungato dalle nocche alte.

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FOTO 10

FOTO 11

Abitualmente denominata “articolazione”, essa può essere associata a qualsiasi tocco e può avvenire su una curvatura più o meno pronunciata del dito, a seconda della modalità di attacco cui si applica. L’altezza della caduta non oltrepassa mai quella delle nocche se non di poco, per non aumentare il movimento della leva oltre la zona centrale, con conseguente affaticamento nei muscoli della mano, che sarebbe costretta ad aprirsi al di sopra delle nocche. Solo nei casi in cui si debba produrre un accento è possibile ricorrere, per aumentare ulteriormente il volume del suono, a una caduta del dito più pronunciata. Tutte le cadute hanno anche la funzione di amplificare il suono sfruttando lo spazio e la forza di gravità. Sappiamo, infatti, che se lasciamo cadere uno stesso oggetto da due altezze diverse esso produrrà un suono che sarà tanto più forte quanto maggiore è l’altezza da cui cade. Ognuna di esse genera un suono diverso; naturalmente più l’articolazione è grande, più il movimento si amplia, producendo un suono sempre più forte e pieno. Per migliorare la padronanza dei movimenti consiglio di provare dapprima tutti i tipi di caduta su un piano d’appoggio. Al pianoforte l’esattezza di tali movimenti può essere verificata anche attraverso la pratica dell’improvvisazione, prima di passare agli esercizi veri e propri. i

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Improvvisare liberamente delle cadute, mescolando i quattro tipi per verificare con l’ascolto le diversità dinamiche e timbriche legate ai movimenti corrispondenti; se è presente un compagno o un allievo, potrà guidare l’improvvisazione chiedendo l’utilizzo delle varie articolazioni, o meglio ancora scrivendole su un biglietto da posizionare sul leggio. L’alternarsi dei biglietti o il loro accoppiamento (uno per ogni mano) renderà interessante e divertente il gioco improvvisativo. Se la pratica dell’improvvisazione è già avviata, è possibile suonare a quattro mani con semplici bassi ostinati sui tasti bianchi, sovrapponendo cadute di tutti i tipi. In questo caso la dinamica dell’accompagnamento dovrà adattarsi alle sonorità prodotte dal primo esecutore. Inoltre è necessario tenere conto del fatto che più grande è il movimento, maggiore sarà il tempo richiesto per eseguirlo. Una variante all’uso dei biglietti è quella che propone la distribuzione temporale abbinata alla grandezza delle articolazioni. La caduta di braccio è indicata nel biglietto con la semibreve, quella di avambraccio con la minima, quella di mano con la semiminima e quella di dito con la croma.

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Occorre ricordare che solo la perfetta dissociazione articolare produce la ricchezza timbrica desiderata; attivando più articolazioni contemporaneamente si otterrà sempre lo stesso colore sonoro, con una notevole riduzione delle possibilità espressive a disposizione. Fissare un’articolazione attivandone un’altra può sembrare inutile ai fini esecutivi e di fatto lo è, se s’intende come esecuzione il superamento delle difficoltà iniziali a suonare un brano. Diventa invece importante se si vuole andare oltre una visione puramente artigianale della produzione del suono. Al di fuori del contesto improvvisativo, le cadute che si propongono inizialmente agli allievi sono quelle di braccio. Esse, più delle altre, contribuiscono a formare e rafforzare la tenuta della mano nelle posizioni fondamentali ad arco e ad angolo. La caduta di braccio è presente inoltre in moltissimo repertorio di ogni stile e difficoltà. Ad esempio il fraseggio delle note legate due a due, spesso non è altro che un’applicazione sul repertorio di una piccola caduta del braccio. Naturalmente si tratta di cadute controllate; è, infatti, possibile dosare la quantità di peso, l’altezza del movimento e la sua velocità. In questo modo si abitua l’allievo a variare i parametri fondamentali di cambiamento del suono: energia, spazio, tempo. Vedremo in seguito che le altre cadute non sono altro che tocchi, e quindi di solito si studiano quando si affrontano i singoli tocchi. Lo studio delle cadute di braccio deve essere affrontato quasi subito nel percorso d’apprendimento, cominciando da cadute su dita singole nella scala di DO, percorrendo un’ottava ascendente e discendente con ciascun dito. In seguito si prosegue con tutte le combinazioni di due dita e poi di tre sempre sulla scala di DO. Se la mano è già grande, si possono eseguire anche cadute sugli intervalli di sesta, settima e ottava, che rinforzano la tenuta e l’equilibrio della mano in posizioni più larghe. Molto utile risulta la scansione ritmica che assegna un tempo stabilito al suono e un altro al movimento. Per esempio in un tempo binario si possono assegnare i primi tre tempi al suono e il quarto al movimento (v. esempio 1); o al contrario rallentare il movimento fino a fargli riempire tre tempi (v. esempio 2). Questa distribuzione del movimento nello spazio e nel tempo abitua a controllare i comandi che provengono dall’apparato nervoso e muscolare. Dopo questa prima fase del lavoro, solitamente le cadute vengono sospese, per essere riprese in un secondo momento trasportandole ad altre tonalità. Inizia allora lo studio degli accordi di tre e quattro suoni, che ha il compito di ingrandire e rafforzare l’arco della mano preparandola a repertori più complessi. Gli accordi possono essere consonanti (triadi con o senza il raddoppio della fondamentale) o dissonanti (settime di varie specie), ed è raccomandabile studiare anche i rivolti degli accordi. L’associazione delle cadute con i salti e con gli spostamenti veloci le rende utili anche nel corso degli studi superiori. Per velocizzare la presa degli accordi è raccomandabile anche lo studio delle cadute in staccato. Come si vede la caduta di braccio è una tecnica fondamentale destinata ad accompagnare per anni lo studio del pianista. COME STUDIARE

CADUTE DI BRACCIO • Cadute sulla scala (un’ottava) col 1° dito, poi col 2°, poi col 3° poi col 4° poi col 5°. • Cadute sulla scala con tutte le combinazioni di due dita: 1-2, 2-3, 3-4, 4-5 sull’intervallo di seconda DO-RE (es. 1) 1-3, 2-4, 3-5, sull’intervallo di terza DO-MI (es. 2) 1-4, 2-5, sull’intervallo di quarta DO-FA (es. 3) 1-5 sugli intervalli di quinta e sesta DO-SOL e DO-LA (es. 4 e 5)

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• Cadute sulla scala con tutte le combinazioni di tre dita: 1-2-3, 2-3-4, 3-4-5 sulle note DO-RE-MI, RE-MI-FA. ecc. 1-2-4, 2-3-5 sulle note DO-RE-FA, RE-MI-SOL, ecc. 1-3-4, 2-4-5 sulle note DO-MI-FA, RE-FA-SOL, ecc. 1-3-5 sulle note DO-MI-SOL, RE-FA-LA, ecc. 1-4-5 sulle note DO-FA-SOL, RE-SOL-LA, ecc. • Cadute su altre scale con 1-5 sui tasti bianchi e 1-4 sui tasti neri sull’intervallo di ottava • Cadute su triadi ascendenti e discendenti con tre dita nelle 3 posizioni: fondamentale DO-MI-SOL primo rivolto MI-SOL-DO secondo rivolto SOL-DO-MI • Cadute su triadi ascendenti e discendenti con raddoppio della nota del basso nelle 3 posizioni: fondamentale DO-MI-SOL-DO primo rivolto MI-SOL-DO-MI secondo rivolto SOL-DO-MI-SOL • Trasposizione delle cadute sulle triadi in tutte le tonalità maggiori ascendendo e corrispondenti minori discendendo (es. DO-MI-SOL ascendendo e DO-MI bem-SOL discendendo). • Cadute su quadriadi (settime) in tutti i rivolti, cominciando dalla settima diminuita che è composta da intervalli uguali tra loro, con conseguente distribuzione equidistante delle dita sui tasti, distribuzione adatta alle mani piccole. Mano ad arco, polso all’altezza del fondo tasto, movimento fluido senza frenare prima di toccare la tastiera. Variare la velocità e l’altezza delle cadute in modo da sperimentare dinamiche diverse anche attraverso l’accelerazione o il rallentamento del movimento. Se la conoscenza armonica lo consente, si può procedere nel modo maggiore ascendendo e nel modo minore discendendo, sia con le scale sia con gli accordi di triade. Un’ulteriore progressione di difficoltà è rappresentata dai salti di ottava o di due ottave nelle cadute degli accordi.

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Durante la pausa avviene il movimento di tutto il braccio che occupa il tempo di 2/4. È possibile accelerare o rallentare il movimento modificando la lunghezza del suono nei seguenti modi: esempio 1

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ACCORDI SCIOLTI Le cadute rappresentano una tappa fondamentale dello studio per ciò che riguarda la forza e la tenuta della mano al fine di aumentarne la capacità di sopportare il peso del braccio lanciato in velocità. Tuttavia esse hanno il limite di non esercitare la mano in movimento, condizione questa che si verifica continuamente mentre si suona. Esistono particolari esercizi, denominati “accordi sciolti”, in cui l’accordo di quattro suoni viene scomposto in due bicordi o in associazioni di una nota opposta a tre note; essi hanno lo scopo di controllare l’azione combinata delle dita per migliorarne la sincronia, l’equilibrio sonoro, l’appoggio sul fondo tasto e la forza. L’efficacia di tali esercizi si riversa anche sul palmo della mano che si allarga e si rinforza, a patto che sia mantenuta l’elasticità del movimento e che l’azione delle dita parta sempre dalle nocche e non dalle falangi. Per le mani piccole e piccolissime ho elaborato una variante di minore estensione che raggiunge la sesta anziché l’ottava. In questa seconda serie di esercizi ho indicato solo parzialmente le diteggiature, lasciando al lettore la scelta delle rimanenti, secondo le caratteristiche anatomiche e di sviluppo delle diverse mani. Come per le cadute e come regola generale la parte discendente degli esercizi si trasporta nel modo minore; questa operazione, oltre che verificare e rinforzare la conoscenza delle tonalità minori, crea una variante che aiuta a mantenere viva l’attenzione durante lo studio e contemporaneamente abitua la mano ad avanzare nelle posizioni sui tasti neri mantenendo la struttura ad arco.

COME STUDIARE

ACCORDI SCIOLTI Gli esercizi vanno eseguiti lentamente con il solo carico di peso necessario ad abbassare i tasti. Il lavoro della mano, che mentre suona deve essere tenuta ad arco o ad angolo, è notevole. Per evitare l’affaticamento e la rigidità, il polso deve mantenersi libero e leggero, anche compiendo piccoli aggiustamenti laterali che “accompagnano” il movimento qualora la mano tendesse a un’eccessiva tensione (v. pag. 41). Altrettanto utile è far precedere ogni cambio di posizione da una caduta di braccio. Non appena si alza dai tasti, la mano scioglie la sua postura per riprenderla quando li tocca nuovamente.

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ACCORDI SCIOLTI NELL’ESTENSIONE DI OTTAVA

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> Quaderno di metodologia pianistica > 27

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LEZIONE COLLETTIVA 2

L’amico metronomo

Lo scopo di questa lezione è far superare la diffidenza verso il metronomo, che spesso durante lo studio a casa è difficile da gestire, per mancanza di un ascolto attento e motivato. Il metronomo può essere un valido strumento di aiuto nel controllo ritmico e della velocità, e lo uso spesso durante il mio studio personale. Confrontare i propri tempi con le indicazioni dei compositori, accelerare gradualmente passaggi difficili, controllare la regolarità ritmica negli esercizi tecnici, sono tutti mezzi efficaci di miglioramento e di controllo sui quali insisto anche con gli allievi. Ogni qualvolta durante la lezione riscontro problemi di tenuta ritmica negli allievi, sono solita accompagnare l’esecuzione battendo la pulsazione su un piccolo tamburello; tuttavia i limiti di questa pratica, nella quale spesso i ruoli s’invertono e l’allievo batte la pulsazione mentre io suono, sono evidenti. Se infatti ottengo spesso la regolarità ritmica, essa non ricompare nella lezione successiva, perché l’allievo non ha interiorizzato veramente la pulsazione, ma ha soltanto imitato l’insegnante. Una volta lasciato solo a studiare, nessuno potrà fargli sentire la pulsazione se non il metronomo, che egli imparerà a seguire solo con uno studio motivato e consapevole. Un altro limite dell’aiuto dato dall’insegnante in classe è il naturale adeguamento della pulsazione ai problemi di ritmo dell’allievo. È infatti per me impossibile, anche volendo, non variare impercettibilmente la mia pulsazione per incontrare quella dell’allievo “a metà strada”, processo incontrollabile che soddisfa psicologicamente l’allievo, ma serve a poco per farlo progredire. Se finora non ho eliminato questa prassi, è perché rappresenta un momento ludico e porta comunque un contributo di comprensione ritmica del brano. Tutto serve insomma, ma finora non ho trovato nulla che possa sostituire la funzione del metronomo in modo altrettanto efficace. Per realizzare quest’attività mi sono procurata dei biglietti su cui ho scritto le figure musicali, una in ogni biglietto: semicroma, croma, semiminima, minima e semibreve. i Il metronomo parte a 60 battiti al minuto, ritmo cardiaco che faccio coincidere con la semiminima. i A quattro mani gli allievi suonano semiminime a piacere, alternando le mani e partendo dal registro grave verso quello acuto; abbiamo perciò una nota per ogni battito. Una volta raggiunta la regolarità ritmica può intervenire anche un terzo allievo formando un sei mani (oppure gli allievi si alternano in modo che ognuno abbia la possibilità di suonare. È sempre importante che tutti gli allievi possano partecipare attivamente, per non far calare l’attenzione e l’ascolto di chi non partecipa attivamente. L’avvicendarsi degli esecutori perciò deve essere rapido e frequente). i Mantenendo un battito per ogni nota, chiedo di produrre un crescendo dal registro grave verso l’acuto suonando sempre a mani alternate: sinistra e destra dell’esecutore a sinistra, poi sinistra e destra dell’esecutore al centro, infine sinistra e destra di quello a destra. i Dopo aver ottenuto il crescendo, il passo più naturale è rovesciarne la direzione dall’acuto al grave. i Altre varianti possibili mantenendo il crescendo sono: tutto staccato, mescolare staccato e legato a piacere, suonare a mani unite.

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> Quaderno di metodologia pianistica > 69

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Proseguo proponendo il diminuendo, che naturalmente è più difficile per il maggior controllo sonoro che richiede. A questo punto l’esecuzione della semiminima è stata assimilata e si può passare alla croma, con due note per ogni battito di metronomo. Tutte le procedure precedenti possono essere riproposte. Per variare si possono suonare cluster, o cercare note in determinate tonalità, alternare tonica e dominante se le competenze lo consentono, sempre variando la distribuzione dei ruoli tra gli esecutori. Un esecutore suona semicrome e gli altri (o l’altro) suonano crome, oppure uno semiminime e gli altri crome. Alternare due o più figure mettendo sul leggio i biglietti e cambiandoli senza interrompere l’esecuzione. Suonare sui tasti neri. Dopo aver assegnato a un allievo il compito di direttore, quattro allievi suonano stando in piedi utilizzando tutte le figure che il direttore posiziona sul leggio davanti a ciascuno. Inserire la terzina di crome per un esecutore, mentre un altro esegue quattro semicrome oppure due crome. Inserire le sfumature dinamiche, abbinando sonorità a figure o a esecutori.

Durante lo svolgersi dell’attività mi sono chiesta se una volta raggiunta la regolarità delle varie pulsazioni la presenza del metronomo fosse diventata superflua e ho provato a toglierlo; dopo pochissimo tempo l’accelerazione è stata incontrollabile, come spesso accade quando si fa ritmica in gruppo. Invece l’accelerazione graduale e consapevole della pulsazione metronomica è sempre fonte di entusiasmo e di solito è la tappa conclusiva di questa lezione, che riserva sempre nuove trovate, riconciliando gli allievi con la piccola spietata macchina.

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