Analog & Virtual Analog (anteprima)

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I marchi di hardware e software sono di proprietà delle rispettive aziende produttrici e sono qui citati a scopo esclusivamente didattico.

Consulente editoriale: Feliciano Zacchia Progetto grafico di copertina: Samuele Pellizzari Foto di copertina: © Claudio Cosimi Analog & Virtual Analog. Come funziona un sintetizzatore © 2003 by Enrico Cosimi Nuova edizione: Proprietà per tutti i Paesi: Edizioni Curci S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2018 by Edizioni Curci S.r.l. – Milano Tutti i diritti sono riservati EC 12103 / ISBN: 9788863952650 www.edizionicurci.it Prima stampa in Italia nel 2018 da INGRAF Industria Grafica S.r.l., Via Monte San Genesio, 7 – Milano

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Introduzione

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logico incarna un patrimonio culturale estremamente ampio, un metalinguaggio che si dimostra quotidianamente valido per il novanta per cento dei musicisti.

l sintetizzatore analogico sta per compiere quaranta anni di vita.

In questo lungo periodo di tempo il mondo della musica contemporanea (classica e popolare) ha assimilato instancabilmente nuovi stili espressivi, nuove tecniche di produzione e composizione, nuovi metodi per fare musica, ma, nonostante tutto ciò, nell’immaginario collettivo, il suono del sintetizzatore rimane quello concettualmente legato alla sintesi sottrattiva analogica; un sistema che nel tempo ha sicuramente dimostrato innegabili limiti – nel campo della sintesi imitativa – ma che rimane tuttora imbattuto per potenziale didattico, facilità di apprendimento e – diciamolo pure – semplice validità organica dei suoi timbri caratteristici. Senza scomodare Truax, o Chadabe, è un dato di fatto che il semplice filtro passa basso a scala di transistor, il filtro Moog insomma, continua a suonare in modo musicalmente molto più valido di parecchie, costose, simulazioni DSP; allo stesso modo, il generatore di inviluppo a quattro stadi ADSR, concepito da Moog su indicazioni di Ussachevsky, rimane tra i più più pratici CV Generators attualmente disponibili.

In quaranta anni, il sintetizzatore è maturato, acquisendo una dignità organologica non subordinata al tipo di tecnologia adottata: oggi si può parlare di uno strumento “sintetizzatore analogico” che, ormai liberato dalle pastoie della sintesi imitativa, non deve dimostrare più nulla a nessuno; uno strumento che ha il suo esteso vocabolario timbrico, che ha una sua collocazione sonora e che, soprattutto, agisce secondo dei comportamenti facilmente controllabili da parte di chiunque dimostri un minimo di buona volontà. A prescindere dal modo con cui viene realizzato (componenti discreti, DSP, virtual analog, modelli fisici, tempo differito), il comportamento ana-

Può sembrare che la materia sia ormai accomunata sempre più decisamente con la fisica, l’ingegneria e l’informatica pura: personalmente rimaniamo dell’opinione che un conto è la musica elettronica, altro è l’informatica.

Non solo: le nozioni da conoscere, le “regole” da seguire nella sintesi analogica sono molto più immediate, facili, circoscritte e concrete di quanto non si possa discernere guardando attraverso un video monitor...

In queste pagine, abbiamo cercato di offrire al lettore tutto quello che bisogna sapere per lavorare con sicurezza e sedere con dignità di fronte allo strumento; non abbiamo ritenuto opportuno infierire con dosi esagerate di fisica acustica o altre discipline che – a nostro parere – poco hanno a che fare con la musica, anche con la musica prodotta tramite sistemi tecnologicamente complessi.

Buona lettura.

Enrico Cosimi ecosimi@gmail.com ecosimi@chitarre.com

Roma, 1 marzo 2003

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Analog & Virtual Analog

PRIMO INQUADRAMENTO

Come dire: mettiamo a fuoco gli argomenti di cui parleremo nelle prossime pagine con una panoramica dei concetti indispensabili alla corretta valutazione del sintetizzatore hardware o software che sia.

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Primo inquadramento

Nozioni preliminari

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primi strumenti elettronici, ancora non identificati con il termine “sintetizzatore”, erano composti da più apparecchiature elettroniche originariamente sviluppate per svolgere un preciso compito all’interno dei laboratori: oscillatori e generatori erano stati prestati alla musica dal mondo della fisica; chi intraprendeva la ricerca musicale era consapevole che, parallelamente ad un nuovo linguaggio musicale, bisognava creare un nuovo metodo nell’impiego delle apparecchiature preesistenti.

Sintetizzatore modulare Come lascia intuire il termine, un sintetizzatore modulare è costituito da tante unità fisiche indipendenti, i moduli, appunto, che – al momento dell’assemblaggio per lo strumento definitivo – vengono scelti in base alle necessità oggettive dell’utente: il musicista X potrà desiderare otto oscillatori e quattro flitri nel suo sistema a dodici moduli, il musicista Y invece sceglierà quattro oscillatori, quattro filtri e quattro amplificatori, utilizzando lo stesso sistema a dodici moduli.

Questo approccio permette la massima flessibilità di utilizzo, nel senso che (tanto al momento dell’acquisto, quanto più tardi durante l’impiego), è possibile decidere di cosa si ha veramente bisogno, creando volta per volta il tipo di circui-

Don Buchla e Robert Moog (quest’ultimo dopo aver raccolto i desiderata espressi da G. Ciamaga, W. Ussachevsky e H. Deutch) intrapresero – operando in maniera tra loro indipendente, si badi bene – la realizzazione di circuiti che quasi per la prima volta avevano la loro ragione di esistere esclusivamente per l’applicazione musicale e non per la dimostrazione di leggi fisiche. Questi circuiti (il filtro, l’amplificatore ed il generatore di inviluppo per Moog, lo step sequencer per Buchla) erano unità autosufficienti nel funzionamento, meccanicamente indipendenti tra loro; in alcuni casi accomunabili per la comune necessità di alimentazione, potevano essere collegate insieme per creare un sistema più vasto, in grado di svolgere compiti musicali controllati dall’utente.

Era nato il sintetizzatore modulare.

LA STRUTTURA Nel corso del tempo, il sintetizzatore è stato realizzato seguendo diverse metodologie costruttive che, caso per caso, sono poi confluite in filoni genericamente riconoscibili. È quindi possibile una prima divisione concettuale, utile per le apparecchiature analogiche degli anni ’60 e ’70, ancora valida per le macchine virtual analog di oggi. In base alla sua costruzione, un sintetizzatore può essere definito: • modulare • semimodulare • integrato o non modulare Andiamo per ordine.

Fig 1. Il Moog Modular System Model 55 tazione più adatta allo scopo. Il concetto di modularità è riscontrabile nelle macchine hardware “storiche” come i vecchi Moog Modular (fig 1), e A.R.P. 2500, i nuovi Doepfer A-100, Wiard, Synthesizers.com, o le applicazioni virtuali come N.I. Reaktor 3.0.

I singoli moduli presenti nel sistema vengono ali-

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Analog & Virtual Analog LE INTERCONNESSIONI Le possibilità di collegamento tra i diversi moduli sono svariate e, nel corso degli anni, hanno visto una sensibile alternanza di soluzioni: patchcords da 1/4” veri e propri all’inizio degli anni ’60 (Moog Modular), matrici a selezione meccanica (A.R.P. 2500 – fig. 2), matrici ad incrocio circuitale (E.M.S. Synth V.C.S.3 – fig. 3), banana plugs (Serge Modular), mini jack da 1/8” (Roland System 100m – fig. 4 – e Doepfer), virtual patchcords (Reaktor e Nord Modular); in molti casi, l’aspetto finale dello strumento presenta sempre un intricato ammasso di cavi e cavetti che si aggrovigliano sul pannello comandi.

Fig 4. Roland System 100m: minipatchcords per le connessioni

Fig 3. E.M.S. Synth V.C.S. 3: la matrice a PIN Fig 2. A.R.P. 2500 Modular Synthesizer: si noti la matrice a selezione meccanica

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Primo inquadramento mentati simultaneamente dalla struttura che li ospita, ma se il musicista non si preoccupa di costruire fisicamente il collegamento tra loro, questi non sono in grado di emettere alcun segnale; all’atto pratico, sarà necessario prelevare il segnale dagli oscillatori, inserirlo nel filtro, dal filtro andare all’amplificatore e da questo all’uscita finale dell’apparecchio; poi bisognerà collegare la tastiera per il controllo delle intonazioni, gli inviluppi per l’articolazione timbrica, eccetera. Solo e solamente quando tutti i collegamenti necessari sono stati realizzati, il sintetizzatore modulare emetterà un segnale più o meno gradevole.

lare hardware dove basta pagare per continuare ad impilare moduli su moduli, nel nostro modulare virtuale non rimane che limitarsi ad usare quanto simultaneamente disponibile o affiancare a quello esistente un secondo computer su cui far girare un programma gemello… insomma, l’hardware costoso, superato ed ingombrante, può essere costantemente espanso, il software – sulla lunga distanza – deve fare continuamente i conti con la potenza dell’host computer. Comodità o economia d’esercizio…

Scegliete voi.

Sintetizzatore semimodulare Un sistema viene definito come semimodulare quando la sua struttura circuitale prevede una serie di percorsi sonori preconfigurati dal fabbricante e, contemporaneamente, la possibilità di crearne degli altri mediante patchcords o altri sistemi di prelievo-inserimento del segnale da e per altri punti del circuito.

Il sintetizzatore semimodulare può quindi essere suonato senza patchcords, magari limitandone le potenzialità sonore, o espanso con l’impiego di un numero progressivo di cavi e cavetti che collegano diversi punti del circuito.

In questo modo diventa possibile conciliare le esigenze di flessibilità timbrica con quelle di facilità nel trasporto; i più classici esempi di sintetizzatori semimodulare, l’A.R.P. 2600 (fig. 6) ed il KORG MS-20, erano apparecchiature che, su diversi livelli, coniugavano facilità di trasporto,

Fig 5. Una schermata del Clavia Modular Editor per controllare lo strumento via Mac/PC Virtual Modular

Fig 6. A.R.P. 2600 (prima serie b/w): il pannello di controllo

Anche se, da un punto di vista didattico e sperimentale, le macchine hardware modulari sono sicuramente le più adatte e divertenti con cui lavorare, non bisogna dimenticare i due grossi difetti che le caratterizzano: costo impegnativo, che (per quanto dosabile nel tempo, acquistando modulo dopo modulo) può arrivare a cifre particolarmente significative, e impossibilità di memorizzare il suono creato con ore e ore di esperimenti.

Da un certo punto di vista, i due difetti sono risolti nei sintetizzatori modulari software based, come Reaktor o Clavia Nord Modular (fig. 5): in questi casi il prezzo richiesto è sensibilmente ridotto rispetto alle versioni hardware e memorizzazione dei timbri con automazione MIDI dinamica dei parametri sono a portata di mano.

Ma, anche in questi casi, prima o poi, si raggiunge il tetto massimo previsto dal sistema (numero di moduli virtuali simultaneamente operativi, superamento della massima potenza di calcolo disponibile) e, a differenza di un modu-

semplicità di utilizzo (perlomeno ad un livello di intervento immediato, limitato alle operazioni sui potenziometri del pannello comandi) e grossa libertà operativa una volta arricchito il circuito

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Analog & Virtual Analog con i patchcords addizionali. La circuitazione di base (tre oscillatori nel 2600, due nel MS-20) poteva essere resa più intricata prelevando il segnale in diversi punti del percorso e reinserendolo, sia in audio che come modulazioni, su differenti destinazioni.

Il modello KORG PS-3100 forniva lo stesso approccio semimodulare ad una complessa struttura polifonica che, nei limiti di fondo del sistema, forniva comunque quarantotto canali indipendenti d’elaborazione sonora.

Inevitabilmente, la struttura semimodulare risulta più limitata di quella interamente modulare: prima o poi ci si rende conto che non è possibile alterare il numero dei componenti, ovvero che non si può aggiungere un filtro e togliere un oscillatore.

sità dei moduli desiderati), ma – una volta realizzato – il suo pannello monoscocca non poteva più essere modificato. Come dire: gestazione modulare ed attività semimodulare…

Come riconoscere (ammesso che ce ne sia bisogno) un modulare da un semimodulare?

Semplice: nel primo caso il pannello comandi risulterà composto da una quantità più o meno estesa di piastre metalliche tenute in posizione da numerose viti di fissaggio; nel secondo la scocca metallica sarà composta da un’unica superficie indivisa.

Sintetizzatore integrato All’inizio degli anni ’70, quando il sintetizzatore analogico era già stato in parte accettato dal mondo musicale, si iniziò a comprendere che la necessità di facilitare il trasporto e la vita on the road del musicista non poteva essere ulteriormente procrastinata.

Quasi contemporaneamente, Moog, A.R.P., ed altri commercializzarono degli strumenti che offrivano al musicista una selezione dei moduli, cioè dei circuiti, più comuni ed indispensabili, tralasciando (a diversi livelli) funzioni più esoteriche e meno richieste; videro la luce in quel periodo apparecchiature come il Moog Minimoog-D e l’A.R.P. Odyssey, due concentrati di circuiti che, con peso ed ingombro estremamente ridotto, mettevano a disposizione del musicista micidiali capacità foniche e, cosa ancora più importante, un’immediatezza di utilizzo che non trovava riscontro nelle precedenti realizzazioni modulari.

Confrontato con le macchine contemporanee, il canale di voce del Minimoog-D può sembrare oggi rozzo ed estremamente limitato: tre oscillatori (uno con funzioni di LFO), un filtro passa basso, due amplificatori in serie, due generatori di inviluppo a tre stadi, un generatore di noise… e basta! Questo sistema assolutamente essenziale era (ed è) in grado però di fornire un rapporto peso/prestazioni assolutamente vincente, con qualità timbrica ancora oggi utilizzata come metro di paragone per le altre macchine successive e con una facilità di impiego che permetteva, a tutti gli effetti, di suonare il pannello comandi senza alcuna difficoltà, mentre con l’altra mano si eseguivano i fraseggi musicali.

Immediatezza e facilità di spostamento erano altrettanto importanti nell’A.R.P. Odyssey (fig.

7), il grande antagonista del Minimoog-D: nel caso dell’Odyssey, la circuitazione più ricca e la maggior dotazione di controlli su pannello (sample & hold, sync, filtro passa alto, retrigger, inviluppo a quattro stadi, ring modulator, pulse

Fig 7. A.R.P. Odyssey: la risposta “on the road” al Minimoog

Il pannello comandi – e quello che nasconde – è stato disegnato in quel modo dal fabbricante e, una volta esauriti tutti i giri possibili con la patch bay, si ricade logicamente nei limiti del sistema.

Però, è sempre possibile muoversi con il semimodulare sotto braccio, prendere un autobus e raggiungere la sala prove, o lo studio di registrazione, privilegio negato alla maggioranza dei vecchi “armadi” full modular… È interessante ricordare come il vecchio e prestigioso Serge Modular Synthesizer venisse assemblato dal fabbricante rispettando tutte le richieste del musicista (per quantità, tipo e den-

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Primo inquadramento width modulation, estese capacità di interfacciamento, tastiera bifonica…) contrastava con un suono più sottile e penetrante, meno imponente di quello del Minimoog-D.

recchio – da un punto di vista “tastieristico” – è bifonico: non è possibile sfruttare il terzo oscillatore in maniera indipendente.

Ancora un altro esempio “storico”: il glorioso Moog Modular 3C possiede nove oscillatori audio indipendenti ed una tastiera cinque ottave monofonica… evidentemente, il musicista che volesse eseguire nove parti indipendenti simultaneamente sullo strumento, sarebbe costretto a ricorrere a sequencers esterni o ad altri controllers in grado di fornire tutta la potenza richiesta.

LA POTENZA Monofonia La quantità delle voci che si possono realizzare simultaneamente con uno strumento analogico è limitata principalmente da due fattori che hanno lo stesso identico peso concettuale e le cui implicazioni sono strettamente intrecciate: • il numero degli oscillatori residenti • il tipo di controller disponibile

Polifonia La conquista progressiva della polifonia è avvenuta per strappi, seguendo il naturale evolversi della tecnologia disponibile: le prime apparecchiature polifoniche che rientravano nella categoria dei sintetizzatori sfruttavano principalmente due tipi di modalità operativa: • circuiti a divisione di frequenza • circuiti di voce paralleli Nel primo caso, (basti citare la serie polifonica KORG PS, con i tre modelli 3100, 3300 – fig. 8 – e 3200) all’interno del sintetizzatore erano presenti fisicamente solo dodici oscillatori master, che generavano le frequenze richieste per l’ottava più acuta dello strumento, successivamente, dodici banchi di circuiti a divisione di frequenza provvedevano a generare le ottave più basse per tutti i semitoni richiesti.

Mancanza di risoluzione dinamica, limitazione nella tavolozza timbrica ed oggettiva fragilità erano spesso presenti in questo tipo di apparecchiature che avevano, si badi bene, il pregio della polifonia totale.

In alternativa, in strumenti particolarmente costosi come Moog Polymoog e Yamaha CS80 si preferì seguire la strada del “canale di voce”, ovvero si cercò di fornire al musicista un numero determinato di moduli sintetizzatore che, individualmente monofonici, fossero controllabili mediante tastiera adeguata, tanto in maniera univoca – un circuito indipendente per

Fig 8. KORG PS-3300: la tastiera era opzionale La quantità simultanea di oscillatori (reali o calcolati numericamente) permette di affrontare la richiesta di polifonia eventualmente avanzata dall’utente: all’interno del già citato A.R.P. 2600, i tre oscillatori residenti possono essere teoricamente controllati in maniera indipendente tra loro, per eseguire un corrispondente numero di voci separate tanto nella frequenza che nella scelta della forma d’onda. Chiaramente, l’eventuale richiesta per una quarta voce sarebbe destinata a cadere nel vuoto ( sempre che non si volesse dotare lo strumento di un banco esterno con oscillatori ausiliari…).

Ma la tastiera del 2600 è, nel migliore dei casi, in grado di emettere solo due segnali di controllo simultaneamente, pertanto il limite dell’appa-

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Indice 6

PRIMO INQUADRAMENTO 7 NOZIONI PRELIMINARI La struttura: Sintetizzatore modulare (Virtual Modular), Sintetizzatore semimodulare, Sintetizzatore integrato • La potenza: Monofonia, Polifonia, Politimbricità • La tecnica: Tecnologia analogica, Tecnologia digitale, Virtual Analog, Virtual Synth & Plug In 16 L’INTERFACCIA UTENTE (UNA PANORAMICA STORICA) La vecchia scuola analogica • Le prime macchine polifoniche • Semplificazione e depauperamento • Visual editing • Il ritorno dei potenziometri (…e non solo) • Strumento “virtuale” e programmer hardware • Lo stato di fatto

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CONCETTI BASE 20 IL SISTEMA NERVOSO DEL SINTETIZZATORE Teoria del control voltage: Control Voltage, Gate, Trigger (Cosa succede(va) in una tastiera analogica, Micro intervalli e macro intervalli) • Tastiere monofoniche e tastiere bifoniche: La conquista della tastiera “polifonica” • L’interfacciamento MIDI: Gestione monofonica nota on/of, Gestione dei parametri espressivi 25 COSA C’È DENTRO UN SINTETIZZATORE? Categorie funzionali: Ovvero… Le applicazioni, Patch Charts: gli appunti del sintetizzatore

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SIGNAL GENERATORS 28 OSCILLATOR Parametri fondamentali: Frequency, Waveform (Quante forme d’onda? Sine Wave, Triangle Wave, Sawtooth Wave, Square Wave, Pulse Wave: Pulse Width Modulation), Level, Synchronization (Hard Sync, Soft Sync), Frequency Modulation (Sidebands, FM come tecnica di sintesi, FM esponenziale in banda sub audio, FM esponenziale in banda audio, FM lineare) • Parametri operativi in breve 39 OSCILLATORI SPECIALI Sampling Oscillator • Wavetable Oscillator • Oscillator Driver/Oscillator • Oscillatori dedicati: Oscillator Sine Bank, Percussion Oscillator, Drum Synth Oscillator, Spectral Oscillator, Formant Oscillator 42 TRATTAMENTI SULLE FORME D’ONDA Generatori subarmonici e divisione di frequenza: Waveform processing (Clipping, Symmetry VCA, Distortion/Overdrive, Wave shaping, Wave wrapping) 45 NOISE GENERATOR Diversi colori: Differenza tra white noise e pink noise • Generazione di voltaggi casuali • Noise digitale • Trattamenti audio per il noise generator: Audio divider, Vocoding, Syncing

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AUDIO PROCESSORS 49 FILTRI Filtri statici e filtri dinamici • Funzionamento del filtro: Solo sintesi sottrattiva?, Phase shift • Parametri operativi: Mode (Low Pass Filter, High Pass Filter, Band Pass Filter; Band Reject Filter/Notch Filter), Cutoff Frequency, Resonance, Cutoff Slope, Keyboard Tracking • Audio Frequency Modulation • Resonance Modulation

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Analog & Virtual Analog 56 ANCORA FILTRI Equalizzatori: Equalizzatori grafici, Equalizzatori parametrici, Filtri formanti • Comb filter: Phaser, Flanger 61 FILTRI MULTIPLI Oberheim Xpander / Matrix 12 • Korg Z1 • Clavia Nord Lead 3 • Alesis A6 Andromeda • Moog Voyager • Doepfer A-107 64 MIXER Il mixer nel sintetizzatore: Gestione delle sorgenti sonore, Gestione dei voltaggi di controllo • Comportamento esponenziale e lineare • Integrazione funzionale • VC-Mixer • Controlli: Input Level, Ext CV Amount, Mix Out 67 VOCODER Funzionamento • Analysis/Synthesis • Slew/Freeze • Il segnale speech • Il segnale carrier 70 RING MODULATOR Ancora le sidebands • Amplitude Modulation vs. Ring Modulation • AC/DC Coupling 73 AMPLIFIER Comportamento lineare ed esponenziale • I controlli: Amplitude modulation, Linear/Exponential, Initial Gain, Output gain • Controllo dinamico • Pan Pot/Crossfader 77 TRATTAMENTI AUDIO Frequency Shifter • Digitizer/Down Sampling • Chorus • Shaper • Compressor / Expander

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CONTROL VOLTAGE GENERATORS 80 ENVELOPE GENERATORS Le origini: Switch Trigger • Definizioni: Numero degli stadi, Unipolarità e bipolarità, II tempi disponibili • Andamento lineare, logaritmico ed esponenziale • Gate e Trigger: Single Trigger/Multiple Trigger • Reset • Le “forme” dell’inviluppo: Inviluppi analogici, Inviluppi digitali • Modi: Freerun, Loop • Modulazioni: Intervento individuale e globale 88 LOW FREQUENCY OSCILLATOR Parametri operativi: Waveform, Frequency, Symmetry/Pulse Width, Delay/Fade In, Offset, Phase, Mono/Poly, Key Sync • Differenziazione funzionale 91 STEP SEQUENCER In teoria • In pratica • Il sequencer parametro per parametro: Controlli di avanzamento, Step / Step Number, Row, Gate buss e Gate input, Quantizer / Slew Limiter • Modi • Clock Modulation • Waveform Generator • Real time transpose: Sequencer in serie ed in parallelo • Sequencer dedicati

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I CONTROLLERS: CONTROL VOLTAGE PROCESSOR 97 SAMPLE & HOLD 98 QUANTIZER Scale selector 99 PUTTING ALL TOGETHER Il modo Performance: Controllo orizzontale delle timbriche Split/Layer (Esasperazione dello split mode), Controllo verticale delle timbriche (Velocity Switch/Crossfade) • Logiche di assegnazione voci: Comportamenti monofonici, Comportamenti polifonici

102 COME ORIENTARSI? 101

103 GLOSSARIO DEI TERMINI 102

113 INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE 111

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