Giochi d'orchestra (anteprima)

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Questo volume è corredato di contenuti digitali disponibili con accesso riservato, attraverso CurciCode. Le istruzioni su come accedere sono riportate in fondo al libro.

Per il volume Artwork di copertina: Marina Giaccio, Francesco Leonini Redazione: Paola Pacetti Collaborazione alla redazione: Jansan Favazzo Realizzazione: Anna Cristofaro Per i video JuniOrchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Auditorium Parco della Musica di Roma, giugno 2018 Riprese: Riccardo Musacchio, Flavio Ianniello, Chiara Pasqualini Registrazione e montaggio audio: Giacomo De Caterini Proprietà per tutti i Paesi: Accademia Nazionale di Santa Cecilia - Fondazione, Via Vittoria 6, 00187 Roma / Edizioni Curci S.r.l., Galleria del Corso 4, 20122 Milano © 2021 by Accademia Nazionale di Santa Cecilia - Fondazione / Edizioni Curci S.r.l. - Milano Tutti i diritti sono riservati Accademia Nazionale di Santa Cecilia - Fondazione ISBN: 9788832079012 per informazioni sulle pubblicazioni dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia: editoria@santacecilia.it Edizioni Curci S.r.l. EC 12176 / ISBN: 9788863953428 http://www.edizionicurci.it

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Prefazioni

Ci sono molti modi per descrivere un’orchestra: uno di questi è di immaginarla come una città ideale. In mezzo il centro storico, con gli strumenti ad arco, poi i quartieri residenziali: i legni, l’arpa. Intorno ci sono le zone dove ci si diverte con i locali notturni e le feste insieme a ottoni e percussioni. Come in ogni città c’è un sindaco (o un direttore d’orchestra) e un piano regolatore (o una partitura) che, con le ordinanze comunali, coordina e regola lo scorrere della vita della comunità. Se la città è ben costruita, se il sindaco è capace, se le regole (o le parti sui leggii, con arcate, diteggiature, articolazioni) sono proficuamente condivise prospera il benessere. Non a caso sin dalle prime pagine di questo libro Simone Genuini parla di “organizzazione dello spazio”, di “ascolto reciproco” e, cosa più importante di “cuore condiviso”. Cosa c’è di meglio per avviare dei giovanissimi a una prassi di convivenza civile basata sul rispetto delle regole e degli altri, sulla partecipazione collettiva, sulla consapevolezza del proprio ruolo in una società dove il contributo di tutti è prezioso e al servizio di un bene comune? C’è poi il grande privilegio, una volta comprese le regole del gioco, di dialogare a distanza ravvicinata con i grandi fondatori del pensiero e della civiltà contemporanea come Beethoven, Bach, Mozart, Verdi o Rossini. Di entrare nella maniera più immediata nei loro processi creativi attraverso le idee che diventano suono e poi sostanza del nostro sentire etico, emotivo, intellettuale. Un nutrimento di istantanea assimilabilità che passa attraverso l’allenamento del corpo (impegnarsi sullo strumento), del cervello (capire cosa sta dicendo Brahms) e del cuore (l’emozione profonda e duratura che diventa sentimento). Di quanto abbiano bisogno di queste cose le migliaia di giovani (dai 4 ai 20 anni circa) che hanno animato e oggi animano le orchestre e i cori dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ce ne accorgiamo quotidianamente guardandoli © 2021 by Edizioni Curci S.r.l. - Milano. Tutti i diritti sono riservati.


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negli occhi. In quegli sguardi brilla la gioia di confrontarsi, grazie alla musica, con sfide concrete: la valorizzazione del merito, il rafforzamento della propria identità, il valore delle relazioni umane e professionali, il confronto in un contesto di riconosciuto livello artistico, l’incontro con tutor e maestri dell’Accademia, il conseguimento di importanti risultati ottenuti con durissimo lavoro e rigorosa disciplina. In buona sostanza: nei loro occhi, anche tra coloro che non faranno della musica il loro mestiere, vediamo un’idea di futuro. Il merito va di certo a Gregorio Mazzarese, lo storico “padre” del Settore Educational dell‘Accademia e ai magnifici docenti che collaborano con lui e ovviamente alle ragazze e i ragazzi che, con le loro famiglie, dimostrano di credere in questo progetto. Ma una speciale menzione deve essere riservata a Simone Genuini che da più di dieci anni si occupa in prima persona delle diverse orchestre e che in questa pubblicazione (la prima di una serie che l’Accademia di Santa Cecilia vuole dedicare alla didattica musicale e che proporrà anche una serie di materiali originali per la musica d’insieme) raccoglie idee, spunti ed esperienze nate dalla pratica diretta e dal contatto quotidiano con giovani e giovanissimi musicisti in erba. Questo testo non solo è il racconto di un percorso per certi versi straordinario ma un vero manuale per chi vuole avvicinarsi a questo mondo attraverso un proprio progetto personale, una classe di conservatorio o una scuola. L’idea è di collaborare alla formazione musicale di questo Paese con contributi “aperti”, schiusi al mondo, alla sperimentazione, al cambiamento, a modifiche, a continue proliferazioni di idee utili perché il fare musica insieme diventi un diritto e non un privilegio. Aggiungere una vera e propria “guida” alla costruzione di questa città ideale ci è sembrato un buon punto di partenza. Buon lavoro. Michele dall’Ongaro Presidente−Sovrintendente dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

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CA P I TO LO

Spazio sonoro e geografia orchestrale

Entrare in una sala da concerto quando i riflettori sono spenti e il pubblico assente, percorrere a passi lenti il corridoio di una scuola deserta, passeggiare in un giardino all’alba in compagnia solo del frusciare delle foglie: tre istantanee che ci riportano a momenti in cui lo spazio è svuotato dai suoni che abitualmente lo riempiono. Attimi in cui possiamo cogliere ciò che durante il giorno è soffocato dal rumore quotidiano. In situazioni come queste è possibile andare con l’immaginazione a suoni che ci piacerebbe ascoltare conferendo loro spazialità. Sabato mattina, finalmente, forse per la prima volta dall’inizio dell’anno, ho raggiunto il luogo delle prove in largo anticipo e posso concedermi il tempo di organizzare il materiale, sistemare le sedie, predisporre i leggii. La sorpresa è trovare un ambiente di ampie dimensioni non allestito, molto luminoso. Una superficie da riempire dei respiri, desideri e pensieri dei giovani musicisti che di lì a poco si incontreranno. Lo spazio, in cui i suoni nascono e si diffondono, ha i connotati di un nido, in cui coltivare e alimentare la passione musicale di chi è coinvolto nella sua condivisione.

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CAPITOLO 1

1.1 Analisi e organizzazione dello spazio sonoro Per una migliore riuscita del momento di orchestra1 è di grande importanza un’attenta indagine e un’accurata organizzazione dello spazio in cui ci troviamo. In questo capitolo verranno proposti spunti per: • • •

incoraggiare l’esplorazione dello spazio al fine di individuare problemi di acustica; considerare eventuali modifiche per un migliore allestimento; riflettere sul rapporto tra spazialità e suono e sulle conseguenze della disposizione dei musicisti per la loro interazione e per il rendimento musicale.

Lo spazio contribuisce alla definizione del suono che in esso nasce e che gradualmente prende forma, con percorsi che raggiungono gli ascoltatori con intensità e rapporti timbrici variabili anche in relazione alla posizione occupata. Ogni musicista ricorda episodi in cui la sala che ha ospitato concerti di gruppi orchestrali o da camera, ha messo in crisi parte del risultato sonoro. Molti rammenteranno esperienze musicali all’aperto, in piazze trafficate o all’interno di sontuose chiese nelle quali l’acustica non idonea ha compromesso l'ascolto e l’esito complessivo del concerto. Purtroppo, solo occasionalmente è possibile scegliere il posto in cui fare musica insieme e molto raramente palestre o teatri scolastici, sale parrocchiali o spazi all'aperto, offrono la possibilità di interventi, anche piccoli, per un miglioramento acustico. Nonostante le oggettive difficoltà, questo aspetto non va trascurato. L’esigenza di una ricognizione preliminare è determinata dal fatto che i suoni hanno una resa differente per intensità, attacco e rilascio, in punti diversi della sala anche in base a come questa è allestita. Dobbiamo tenere a mente che la musica è l’arte dei suoni nel tempo, nel quale essi sono iscritti, ma anche e soprattutto nello spazio, inteso come superficie e volume che accoglie la Questa espressione si riferisce al tempo trascorso in orchestra non solo a provare brani scelti dal direttore o concordati insieme, ma a esplorare le condizioni per uno scambio e un ascolto reciproco. Nell’esperienza d’insieme si impara dalla complessità degli stimoli che si ricevono. Una lettura accurata del testo musicale e delle sue componenti dà vita a un laboratorio nel quale, senza schemi predefiniti, si affronta un percorso musicale articolato ed elaborato con gradualità.  1

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loro produzione. Ogni nota da noi pensata ed emessa con lo strumento, trova infatti la sua compiutezza nel luogo che ospiterà il momento musicale, che dovrà essere allestito tenendo conto dell’analisi della resa acustica ma anche della facilità, per i musicisti, di potersi guardare e ascoltare. Tali elementi sono fondamentali per l’esperienza di condivisione musicale dell’orchestra.

1.2 L’organizzazione dello spazio Poiché l’orientamento delle sedie e dei leggii contribuisce a determinare differenti prospettive d’ascolto e stimola il potenziamento della comprensione, è di fondamentale importanza valutare tutte le possibilità che un ambiente può offrire, giocando con i bambini e i ragazzi per realizzare diverse sistemazioni dello spazio alle quali corrisponderanno esecuzioni non uguali tra loro. Seguiamo insieme la traiettoria del suono nell’ambiente, il tragitto che esso intraprende prima di spegnersi nell’aria, il suo movimento intorno a sedie e leggii, chiediamoci come giungerà ai ragazzi e come questi potranno entrare in relazione tra loro e con il direttore. È il percorso dei suoni nel luogo delle prove a suggerirci se stare in piedi o seduti; se preferire una condizione di reciproca osservazione, grazie a una disposizione in cerchio o quadrato, in file parallele o libera. La formazione attraverso la pratica orchestrale corre lungo un sentiero che porta alla costante ricerca di contatto, inteso come sviluppo della capacità di entrare in relazione gli uni con gli altri dal punto di vista dell’osservazione, dell’ascolto, dello scambio verbale e corporeo, mantenendo in allerta la reciproca percezione. Al mutare della disposizione nello spazio, l’attitudine all’ascolto cambia, così come la facilità di stare in contatto. G I OCO 1.1 SPAZ I DA CO STRU I RE Obiettivo: organizzare lo spazio per suonare insieme Nel luogo in cui si terrà la prova, invitiamo tutti a riflettere sulla migliore disposizione di sedie e leggii, prendendo in considerazione anche l’ipotesi di restare in piedi. Ognuno dovrà contribuire alla sistemazione migliore per l’ascolto e la resa del suono.

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CAPITOLO 1

Alla luce di queste considerazioni le sedie potranno essere organizzate in funzione: •

dell’osservazione, in modo che tutti gli esecutori, anche di strumenti diversi, possano guardare i compagni e il direttore (esempio 1.1 e 1.2 sedie disposte in cerchio e a quadrato);

Esempio 1.1

Esempio 1. 2 © 2021 by Edizioni Curci S.r.l. - Milano. Tutti i diritti sono riservati.


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dell’ascolto, tra file delle stesse sezioni (violini con viole e violoncelli; fiati; pianoforti e percussioni) o tra file appartenenti a diversi strumenti (violini con clarinetti; violoncelli con percussioni ecc.), vedi esempio 1.3.

Esempio 1.3

La disorganizzazione delle sedie e dello spazio esemplificata nell’esempio 1.4, proietta il nostro ascolto in un contesto sonoro casuale nel quale i riferimenti timbrici sono confusi, indefiniti e non contestualizzati.

Esempio 1.4 © 2021 by Edizioni Curci S.r.l. - Milano. Tutti i diritti sono riservati.


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CAPITOLO 1

L’organizzazione dello spazio quindi, interferisce costruttivamente sul modo stesso di viverlo al fine di migliorare il modo di suonare insieme. L’esecuzione del canone dell’esempio 1.7 e del pattern degli esempi 1.5 e 1.6 offrono l’occasione per un esercizio sul cambiamento di ascolto, e in generale sulla qualità dell’insieme musicale in relazione alla mutata disposizione dei musicisti. Gli esempi 1.5 e 1.6 mostrano due possibili sequenze (la prima ritmica, la seconda anche melodica), che il direttore può proporre all’orchestra attraverso il canto o uno strumento, chiedendo di essere imitato. Benché entrambe abbiano un’articolazione ritmica definita, l’esempio 1.5, che ribatte lo stesso suono, consente ai ragazzi di isolare l’ascolto solo sul ritmo, contrariamente all’esempio 1.6, che porta l’attenzione anche sulle differenti altezze. Per acquisire una maggiore consapevolezza riguardo le conseguenze – sul piano esecutivo e percettivo – delle diverse combinazioni, chiediamo ai ragazzi di eseguire gli esempi alternando la loro posizione (vedi esempi 1.1, 1.2, 1.3 e 1.4). Gli esempi proposti 1 sono due frammenti che consentono di CAPITOLO Partitura suonare a memoria guardandosi. Con lo stesso proposito il direttore potrà ESEMPIO 5 elaborare altre sequenze ritmiche e melodiche:

   

  

Partitura

A B

      

CAPITOLO 1

Partitura

   

 

    

ESEMPIO 6 Esempio 1.5

CAPITOLO 1 Esempio 1.6 Es. 7

   

   

   

    Esempio 1.7

   



   

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1.3 In piedi o seduti? Quella di suonare in orchestra o in ensemble seduti è prassi condivisa, poiché stare in piedi comporta, per alcune categorie di strumentisti – come violoncellisti, chitarristi e pianisti – evidenti limitazioni, per scomodità e per la difficoltà di emissione dei suoni. Suonare in piedi consente, tuttavia, di muoversi e spostarsi durante l’esecuzione e offre occasioni di ascolto mutevoli oltre alla possibilità di esplorare il proprio suono. Oltre a ciò, la modifica della disposizione usuale dell’orchestra rompe la staticità di lunghe ore trascorse seduti, e libera un’energia aggiuntiva a quella determinata dalla musica, alla quale si aggiunge la possibilità di potersi muovere in maniera creativa. Ciò arricchisce l’esperienza di una componente liberatoria molto produttiva per la musicalità dei ragazzi. Attraverso il movimento è possibile esprimere la direzione della frase e i suoi punti di tensione e distensione. Con spostamenti del corpo laterali, ascendenti e discendenti, oscillazioni in avanti o indietro, potremo dare espressione alle dinamiche presenti nel brano, un canovaccio tutto da costruire al quale lavorare insieme vincendo inibizioni e pudori.

1.4 Importanza dello sguardo: guardarsi per condividere Nel rapporto tra individui, lo sguardo è un mezzo importante, sebbene non l’unico, attraverso il quale la comunicazione acquisisce profondità ed espressività, e costituisce il canale che rende possibile entrare in relazione con gli interlocutori. Potersi guardare significa comprendersi in modo più profondo e avere la possibilità di cogliere meglio le sfumature del linguaggio parlato e non, altrimenti non sempre chiaramente esplicite. L’osservazione reciproca e il contatto sono alcuni degli elementi che contribuiscono a trasformare un gruppo di ragazzi con lo strumento in un ensemble o in un’orchestra. Stabilire un contatto visivo durante l’esecuzione collettiva vuol dire creare un collegamento che permetta, in molte circostanze, di rendere più veloce ed efficace lo scambio di informazioni e la condivisione dei suoni, indipendentemente dalla disomogenea capacità di lettura della parte. Lo sguardo determina il contatto tra direttore e orchestra, che dovrà diventare contatto percettivo, in cui “vedere” e “ascoltare” siano arricchiti dal “sentire” anche con il corpo. Tuttavia, potersi guardare mentre si suona, © 2021 by Edizioni Curci S.r.l. - Milano. Tutti i diritti sono riservati.


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CAPITOLO 1

presuppone la capacità di ridurre l’attenzione dal controllo tecnico, ovvero, di essere in grado di suonare slegando parzialmente lo sguardo dalla partitura. Guardarsi e ascoltarsi sono le condizioni che favoriscono una relazione tra coloro che partecipano all’esercitazione secondo una condivisione veicolata attraverso i sensi e dalla posizione assunta da ognuno. Partendo dal presupposto della massima cura delle esigenze posturali richieste da ciascuno strumento, ricordiamo che il corpo contribuisce allo scambio di informazioni, accogliendo gli stimoli e gli spunti sonori che provengono dagli altri musicisti. Attraverso lo sguardo e il movimento corporeo è ad esempio possibile esprimere un’intenzione ritmica. Suonare con la possibilità di stabilire un contatto conferisce a un gruppo di musicisti il senso di un insieme musicale che partecipa allo stesso progetto e che mira al raggiungimento di obiettivi comuni. Quando l’allestimento della sala è casuale (esempio 1.4) i partecipanti saranno nell’impossibilità di guardarsi e di cogliere in modo analitico le sonorità che li circondano, trovandosi così in una condizione che indebolisce il potenziale di ricerca di cui il momento d’orchestra è implicitamente dotato. Il modo di suonare di musicisti disposti liberamente sarà diverso da quello di un ensemble distribuito in modo più organizzato (esempi 1.1, 1.2, 1.3). Al contrario, stare in contatto visivo rafforza il senso di appartenenza a un progetto caratterizzato dalla pluralità, e stabilisce un canale di comunicazione immediato, rendendo progressivamente più incisiva la partecipazione di tutti. Al variare della disposizione corrisponderanno differenti possibilità di interazione e scambio, mentre una corretta organizzazione dello spazio determinerà le migliori condizioni per chi suona. Durante la prova, la direzione dello sguardo può intervenire su alcuni parametri contribuendo alla trasmissione della pulsazione e al suo mantenimento, alla qualità del suono, e a quella generale dell’insieme. L’osservazione reciproca, inoltre, consente di incentrare l’attenzione sull’attacco e sul gesto necessario affinché esso possa aver luogo. Ascoltiamo se il nostro suono è sempre lo stesso al variare della posizione che si occupa. Cosa cambia e cosa resta invece immutato? In che modo e in che direzione? Ma soprattutto, in quale delle sistemazioni esplorate, il vostro ascolto è migliore e indirizzato a uno scambio più efficace con gli altri?

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G I OCO 1. 2 AL L A RIC ERC A DE L P OSTO P E RDUTO Obiettivo: riconoscere e ascoltare il variare dei suoni nello spazio Le sedie saranno disposte in ordine sparso, senza un criterio preciso. Su indicazione del direttore tutti emetteranno la stessa nota ad altezze differenti, concentrandosi su uno dei timbri diversi dal proprio. Successivamente, la stessa cosa verrà chiesta solo a due esecutori, invitando gli altri ad ascoltare in silenzio. Al termine del gioco tutti i presenti si alzeranno e cambieranno di posto, per ripetere da capo l’esperienza.

Il gioco 1.2 focalizza l’attenzione sulle differenze di percezione del suono, per una prima considerazione sul rapporto tra suono e spazio, e consente di acquisire coscienza della pluralità di timbri che compongono l’orchestra. Uno degli obiettivi della pratica orchestrale risiede, infatti, anche nell’opportunità di ascolto dell’ampio ventaglio di sonorità che ogni strumento è in grado di produrre.

G I OCO 1. 3 SG UARDI SONO RI Obiettivo: adeguare lo spazio per un migliore contatto visivo Lavoriamo insieme per migliorare lo spazio potenziando il contatto visivo tra i partecipanti. A ogni cambiamento di posizione (vedi esempi 1.1 e 1.2) questi saranno invitati a suonare brevi e semplici frammenti melodici (esempi 1.5, 1.6, 1.7 o altri) o pattern proposti dal direttore. Quest’ultimo chiederà ai ragazzi di concentrare l’attenzione sull’ascolto e sulle differenze da loro percepite nel suono, relativamente alle diverse disposizioni assunte dai compagni.

Il respiro preparatorio – di cui si parlerà a lungo nel capitolo 3 – ha origine proprio dalla necessità di ricercare con urgenza un punto di avvio comune, che consenta di gestire l’intensità, la tipologia di attacco, la velocità della pulsazione, le caratteristiche dell’articolazione dei suoni prodotti insieme. Il contatto visivo, in unione con il respiro, esprime un senso di “comunione” e conferisce all’emissione del suono un significato di incontro e scambio.

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INDICE Prefazioni di Michele dall'Ongaro e Carlo Delfrati

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Introduzione di Simone Genuini

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Capitolo 1 Spazio sonoro e geografia orchestrale 1.1 Analisi e organizzazione dello spazio sonoro 1.2 L’organizzazione dello spazio 1.3 In piedi o seduti? 1.4 Importanza dello sguardo: guardarsi per condividere 1.5 Il suono prodotto senza contatto visivo 1.6 Dinamica e spazio 1.7 L’ascolto reciproco

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13 14 15 19 19 22 23 25

Capitolo 2 Il cuore condiviso: la gestione della pulsazione in orchestra 2.1 "Andare a tempo", ovvero condividere la pulsazione ritmica 2.2 Condivisione del ritmo senza supporto esterno 2.3 Organizzazione del ritmo: testo e articolazione 2.4 Body Percussion: il corpo “conta” 2.5 Ritmo pensato e ritmo suonato 2.6 Mantenere la pulsazione 2.7 Condivisione della pulsazione e del ritmo 2.8 Alla ricerca del “cuore ritmico” 2.9 Il suono tenuto 2.10 Suoni in contrattempo

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29 30 33 36 43 47 50 57 68 81 84

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Capitolo 3 Il respiro del suono 3.1 Il respiro per “preparare” il suono 3.2 Il respiro iniziale 3.3 Ritmo iniziale e respiro 3.4 Il levare musicale

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87 88 92 103 108

Capitolo 4 Orizzontalità e verticalità: le direzioni del suono condiviso 4.1 Orizzontalità polifoniche e politimbriche 4.2 Ascolto analitico e consapevolezza armonica 4.3 Verticalità: Canone primo 4.4 Verticalità: Canone secondo 4.5 Profilo armonico

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113 115 125 127 136 146

Conclusioni

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Ringraziamenti

p. 163

Bibliografia

p. 165

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