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Impaginazione: Francesca Centuori Progetto grafico di copertina: Gian-Paolo Zeccara Proprietà per tutti i Paesi: Edizioni Curci S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2021 by Edizioni Curci S.r.l. – Milano Tutti i diritti sono riservati EC12224 / ISBN: 9788863953411 www.edizionicurci.it Prima stampa in Italia nel 2021 da INGRAF Industria Gra ica S.r.l., via Monte San Genesio, 7 - Milano
Ai miei figli Samuele, Davide, Miriam, Giovanni, Simone che hanno riempito i miei occhi di stupore
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Introduzione Qualcosa di misterioso, a ben pensarci, si colloca nell’orizzonte di ogni lavoro di ricerca. C’è qualcosa che pare rimanere indefinito, benché si cerchi a più riprese di afferrarlo, nell’instancabile lavoro che convoglia le forze dell’attenzione verso una meta che, mentre già viene intravista, pare farsi d’un tratto più distante quando sorge, come spesso accade, un’ennesima nuova traccia da seguire; e si procede a lungo, così, su percorsi sempre nuovi, che si rimandano l’un l’altro spalancando allo sguardo orizzonti più vasti e inaspettati: finché si deve poi accettare di racchiudere il proprio lavoro entro confini definiti, che pure, appena raggiunti, non smettono di invitare il viandante a proseguire il cammino. Quell’impeto umile e tenace che costituisce il nucleo più profondo dell’atteggiamento che la ricerca richiede, quell’impeto teso a voler trarre le cose dall’oblio, rappresenta forse la componente più affascinante di questo mistero: una premura interiore che si rivolge, in ultima analisi, agli orizzonti della bellezza stessa; una tensione appassionata e al medesimo tempo velata da un accento di malinconia, in quanto volta a una meta che, pur facendosi continuamente intravedere, mai si fa afferrare in modo definitivo. In diverse occasioni, durante questa lunga ricerca, sono tornato a chiedermi quale ne fosse l’obiettivo adeguato e quale valore, in ultima analisi, potesse giustificare l’impresa. Il proposito di custodire un’importante pagina di storia della musica ripercorrendo le opere che essa racchiude, la volontà di mostrare le dinamiche di un fenomeno artistico di così grande rilievo e il desiderio di approfondire la figura del protagonista indagando l’influenza del suo itinerario sulla storia della chitarra, sono aspetti di un impegno che, agli occhi di chi lo ha portato avanti per alcuni anni, ha mantenuto l’orientamento verso un orizzonte più ampio e generale: quella dimensione di contemplazione, di studium che 5 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2021 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati
consiste nell’essere sempre e nuovamente tesi nell’osservazione di una bellezza che, nelle sue tante e diverse declinazioni, resta la meta ideale di ogni intrapresa. Si tratta, in realtà, di un impegno caratterizzato non dall’ardore che, nell’immaginario comune, accompagna le grandi imprese di ricostruzione storica, ma piuttosto da quella pazienza che – sola – continuamente si educa assai più alla contemplazione che all’azione, in un atteggiamento simile a quello di colui che, volendo osservare un cielo stellato, ha il solo desiderio – lungi dal “fare luce” su alcunché – di creare le condizioni adeguate affinché quella meraviglia possa mostrarsi in tutto il suo splendore. Quello di creare i presupposti affinché tale bellezza, che sempre – e troppo spesso in silenzio – la storia musicale custodisce, possa pienamente riemergere mostrandosi al presente, appare come il fulcro dell’impegno del ricercatore. Egli sa che l’avvenimento hic et nunc dell’arte si nutre di storia e che è sempre, perciò, la dimensione storica a porsi come fattore essenziale per una fruizione adeguata dell’opera: priva di questa consapevolezza storica, ogni esecuzione perde inesorabilmente spessore. È a questo livello che credo si collochino le ragioni di un impegno che ha trovato fin dall’inizio la sua ragion d’essere in un’immedesimazione nel passato che sappia illuminare il presente, favorendo una consapevolezza storica che oggi – anche là dove la tecnica brilla d’un abbagliante splendore – appare a volte incerta e traballante. Non è stato, in tal senso, un mero interesse compilativo a determinare l’iniziativa di queste ricerche, né una curiosità collezionistica, ma l’attenzione per un passato prezioso che germoglia e porta i suoi frutti in un presente che diventa, così, più consapevole del valore di ciò che lo ha preceduto. L’idea di una ricostruzione sistematica dei concerti di Andrés Segovia in Italia è apparsa fin dall’inizio un’impresa non semplice, data la grande quantità di eventi da considerare e la diversa provenienza delle fonti (custodite in archivi ed emeroteche a volte 6 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2021 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati
fra loro molto distanti); tuttavia, dopo lunghe riflessioni su un progetto che mi appariva ora entusiasmante ora spaventevole, ho deciso di tentare l’impresa, confortato anche da precedenti, analoghe esperienze andate a buon fine. I primi mesi sono stati dedicati a una lenta raccolta d’archivio, realizzata attraverso un’accurata gestione dei contatti con le emeroteche di decine di città italiane, ai cui responsabili devo gratitudine per l’aiuto che in molti casi mi hanno voluto accordare. Contemporaneamente portavo avanti l’appassionante ricerca dei programmi di sala, per comprendere l’evoluzione storica delle scelte di repertorio del maestro: in alcuni casi non è stato difficile, grazie alla generosa collaborazione degli archivisti, recuperare gli originali; in altri – specie nel caso delle città in cui Segovia si era recato una sola volta o comunque saltuariamente – il lavoro è stato più arduo, e non sempre i programmi sono stati recuperati. Diversi recital ebbero luogo in teatri oggi non più esistenti, o che – avendo attraversato significativi cambiamenti di gestione – non hanno mantenuto un archivio: a volte, perciò, ho dovuto accontentarmi della trascrizione del programma sui quotidiani dell’epoca, il cui contributo sta soprattutto nella possibilità di verifica degli eventi stessi. In più di un caso, infatti, è grazie ad essi che ho potuto precisare la data di un concerto (talora riportata da altri in modo erroneo) o identificare il teatro in cui si tenne, potendo così muovermi con più determinazione nella ricerca del programma di sala. Benché oggi, a lavori ultimati, non sia possibile offrire al lettore un elenco sistematico di tutti i programmi, credo che l’esito della ricerca abbia permesso una ricostruzione sufficientemente dettagliata, utile a fornire un’idea esatta del percorso che Segovia venne realizzando nel nostro paese. Quella della raccolta dei dati è stata una fase di grande intensità e interesse: il fascino di recuperare documenti da tanto tempo nascosti nel silenzio degli archivi, lo stupore per la cura con cui tale memoria è spesso conservata, la disponibilità 7 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2021 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati
appassionata delle persone che mi hanno aiutato nella ricerca, hanno reso quei mesi entusiasmanti. Mi sono chiesto a lungo, all’abbrivio di queste pagine, come fosse opportuno procedere, e più volte ho prolungato l’attesa, davanti a enormi pile di fotocopie, articoli e documenti accatastate sulla mia scrivania. Capivo che procedere di getto, iniziando a riversare freneticamente in ordine cronologico le testimonianze raccolte, non era la cosa giusta da fare. Avevo davanti a me decine di programmi di sala e centinaia di pagine di quotidiani riemerse dagli archivi di circa cinquanta città d’Italia: come organizzare tutto questo materiale? In che modo riproporlo al lettore, per non tediarlo con una fredda elencazione compilativa? Come permettere a tutte queste pagine di tornare a parlarci? Mi diedi del tempo. Lessi e rilessi quelle pagine, le cronache, le testimonianze, osservai a più riprese i programmi dei concerti cercando di immedesimarmi nel pubblico di allora, nelle considerazioni della critica e tentando di “entrare” persino in quelle espressioni un poco ingenue che più di una volta nelle recensioni si trovano, e che però manifestano la sensibilità di quel contesto storico e culturale di fronte ad un fenomeno artistico inaspettato. Così, progressivamente, notai che emergevano dei punti di più evidente rilievo: delle costanti, delle linee comuni riecheggiavano da un anno all’altro, da una cronaca all’altra; soprattutto emergeva lo stupore, in chi fu presente, per la scoperta di uno strumento ancora poco conosciuto, che tra le mani del maestro andaluso pareva svelarsi in una inedita, inimmaginata identità. Segovia, come pochi altri, ha saputo trarre dalle sei corde la poesia, e certamente come nessun altro ha offerto al mondo questo strumento dai colori tenui, delicati, incline al sussurro più che al grido, ma capace di farsi veicolo di una bellezza sconosciuta, di quel quid misterioso che rende l’arte ciò che essa è. La affascinante memoria di quel suono da molti considerato inimitabile vorrebbe, se mai fosse possibile, irradiarsi nelle pagine 8 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2021 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati
che il lettore ha tra le mani, e dar conto di quell’espressività, sempre tesa al lirismo e alla cantabilità, che si nutriva di contrasti timbrici, di varietà dinamiche, di un fraseggio che si arricchiva di un uso spontaneo e sapiente ora del legato ora dello staccato, ora d’un rubato di memoria chopiniana, ora di quel tipico vibrato attraverso cui il maestro valorizzava d’un tratto una singola nota donandole rilievo imprevisto e, verrebbe da dire, assoluto. Benché non basti un mazzetto di vocaboli a descrivere la misteriosa concomitanza di fattori che generarono quella indecifrabile bellezza che era la chitarra di Segovia, ci paiono questi i caratteri essenziali di quell’arte. E sono, non a caso, quegli elementi di cui avrei ascoltato a lungo parlare il suo più illustre allievo, Alirio Díaz, che in tali fattori esecutivi individuava il fulcro dell’iniziativa che spetta all’interprete, affermando che «l’interprete deve cercare quegli espedienti che rendono il brano bellissimo», in quanto «nello spartito è scritto tutto, tranne l’essenziale». Era certo la lezione di Segovia, assunta come per osmosi nel periodo di Siena, una lezione incentrata non sulla chitarra («Bisogna pensare più alla musica che alla chitarra», diceva lui stesso) ma sulla bellezza, e su una bellezza che emergeva, come mai prima, attraverso la chitarra. Di fatto, non è possibile identificare un anno – curioso fenomeno con cui la chitarra sempre continuerà a fare i conti – in cui si spenga lo stupore, in chi assista ad un concerto del maestro, per la scoperta delle potenzialità di uno strumento, su un palcoscenico, inaspettato: la missione di Segovia di una nobilitazione della chitarra pare non aver un punto d’arrivo ma solo un progressivo, continuo perfezionamento. La chitarra è arte, e Segovia continua a dimostrarlo dal 1909 fino al 1987. Con tutto ciò, resta egualmente vero che Andrés Segovia, intraprendendo il vasto itinerario di cui qui richiameremo i frangenti italiani, mosse i suoi passi su una strada tracciata da altri chitarristi che prima di lui, ancorché con minore ardore, avevano portato avanti la stessa missione. Quando, nel 1924, 9 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2021 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati
egli tenne il famoso debutto a Parigi, si rivolse a un pubblico che pochi anni prima aveva ascoltato il catalano Miguel Llobet, il quale nella capitale francese aveva soggiornato per un decennio, facendo conoscere la chitarra nel milieu musicale parigino ed entrando in rapporto con musicisti del calibro di Ravel, Stravinsky, Debussy (il quale, proprio ascoltando Llobet, aveva definito la chitarra un clavicembalo espressivo). Che quella di Segovia non fosse una rivelazione, del resto, è confermato dalla stampa dell’epoca, là dove, per esempio, si commenta l’esibizione del giovane maestro affermando: «Simile meraviglia accolse l’arrivo di Miguel Llobet, quando egli fu ascoltato qui per la prima volta (…). (…) Nessuno ha saputo, come Segovia sa, come rinnovare e intensificare l’emozione che Llobet ci ispirò nel suo debutto». È opportuno, in questo senso, notare come il rapporto tra la figura di Andrés Segovia e quelle degli altri maestri – Tárrega e Llobet in primis – può essere messo a fuoco attraverso qualche precisazione: Segovia, forte di un’autorità guadagnatasi con una carriera senza precedenti e di un naturale carisma che pareva investirne la figura, avrebbe omesso di riconoscere qualsiasi debito verso i maestri della generazione precedente (dalle cui trascrizioni, per citare solo un aspetto, avrebbe attinto a piene mani) promuovendo invece un’immagine assolutamente autonoma e autoreferenziale della sua stessa figura di concertista. Et bien pour cause – si potrebbe dire – considerando i meriti che possono essergli attribuiti. Meriti enormi, certo, ma che non giustificano in alcun modo l’imponenza con cui egli ha incentrato su di sé i contenuti della rinascita chitarristica del ventesimo secolo, né tanto meno l’ingenua identificazione tra l’immagine stessa della chitarra e il nome del maestro, che pure è luogo comune diffusamente professato. Il ruolo di Segovia, invero, trova il suo fulcro non in una presunta “paternità” della chitarra, ma – questo, sì, deve essergli riconosciuto – nell’aver affiancato alle eccezionali 10 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2021 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati
doti artistiche una iniziativa personale portata avanti con energia ed efficacia del tutto inedite, sia sul piano dell’attività concertistica sia su quello del rapporto con i compositori che avrebbero donato allo strumento un nuovo e prezioso repertorio, benché strettamente vincolato, nelle sue fattezze, agli orientamenti estetici del committente. L’autorevolezza con cui il carisma dell’artista si innesta nella storia della chitarra si accompagna, perciò, a due fattori concomitanti: certamente la rivalutazione unanime e senza precedenti dello strumento, che grazie a lui ottiene un riconoscimento del tutto inedito nei più importanti teatri del mondo, e vede un notevole incremento del repertorio originale; al contempo quella stessa autorevolezza – che si situò forse come condizione per il realizzarsi dell’impresa – pose d’altro canto le basi per il radicalizzarsi di un’estetica, e più precisamente di una concezione stessa della chitarra che, negli anni successivi, rimase per lo più circoscritta alla sua personale visione. Ciò vale, in particolare, per l’atteggiamento che il maestro ebbe nei confronti dei compositori e segnatamente nella scelta di quali autori coinvolgere nella sua nobilissima iniziativa; scelta dettata dalla sensibilità culturale di un uomo che si sentiva affine a un’estetica ancora saldamente legata al tardo romanticismo e, com’è noto, poco incline ad avvicinarsi alla creatività dei grandi compositori delle avanguardie storiche. Proprio cento anni fa, nel 1919, giungeva a Segovia la prima pagina per chitarra a lui dedicata, quella Cançó en el mar del catalano Jaume Pahissa, a cui avrebbe fatto seguito, l’anno successivo, una Danza di Federico Moreno Torroba, prima opera del repertorio che egli avrebbe promosso per tutta la carriera. È lecito pensare che se il maestro, con l’impeto e l’energia che ha dimostrato, si fosse rivolto a Schoenberg o a Stravinsky, a Webern o a Hindemith – oltre che a Ponce, Castelnuovo-Tedesco o Moreno Torroba – il repertorio chitarristico avrebbe assunto sembianze assai differenti. Egli preferì, invece, 11 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2021 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati
rivolgersi ad autori ancorati alle istanze di un linguaggio tardo romantico di matrice folclorico-nazionalista affascinato – per così dire – dalle influenze dell’impressionismo francese. Accadde così che, per fare un solo esempio eloquente, le Quatre Pièces Bréves che Frank Martin volle dedicargli rimanessero ineseguite per poi finire, come decine di altre opere preziose, nel famoso baule attraverso cui, in ciò con squisita intelligenza, il maestro volle affidare al nuovo secolo le pagine che egli, allora, preferì accantonare. Tema a lungo dibattuto, e particolarmente sottolineato da Angelo Gilardino che in proposito scrive: «Tra le due grandi correnti che si erano delineate all’inizio del secolo nelle avanguardie storiche (quella viennese, basata sulla scala cromatica, poi sulla serie dodecafonica e iscritta nelle tendenze dell’arte espressionista; e quella francese, basata sul diatonismo, sulla scala esatonale e formatasi nell’ambito dell’impressionismo, del post-impressionismo e del simbolismo), la chitarra era collocata in una sorta di equidistante privilegio, e avrebbe potuto, con un’azione veramente illuminata da parte dei maggiori chitarristi del momento, cogliere frutti copiosi nell’uno e nell’altro campo. Le scelte di Segovia determinarono invece il prevalere di una tendenza secondaria e periferica della musica moderna, quella che, muovendo da presupposti culturali di tipo nazionalistico (…) si aggiornava in un contatto con la musica francese, più o meno propriamente detta impressionista (...)». È importante rilevare, a questo proposito, il fatto che le posizioni assunte da Segovia avrebbero avuto poi la tendenza – proprio in forza dell’autorevolezza descritta – a cristallizzarsi, radicando nei decenni seguenti una concezione della chitarra troppo spesso vincolata al suo modello. L’itinerario di Segovia si colloca sulla linea del tempo come un capitolo di grande fascino che, con i suoi grandi splendori e le sue inevitabili debolezze ha avuto, di fatto, enorme incidenza sulla successiva storia della chitarra.
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PARTE PRIMA (1926-1949)
«La nuova venuta di Segovia in Italia ci induce a qualche considerazione (…) io credo che tutti condivideranno con me l’opinione che il suo passaggio fra noi abbia contribuito non poco a risollevare il prestigio del nostro istrumento (…)». (L’Arte Chitarristica, luglio 1936)
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1. Andrés Segovia e il contesto chitarristico italiano Nell’estate del 2013, trovandomi a Roma, ebbi modo di consultare diverse annate di quotidiani romani del primo ’900. Pur occupandomi in quella circostanza di altro argomento, colsi l’occasione per gettare uno sguardo sulle pagine della cronaca concertistica all’indomani di uno storico concerto di Andrés Segovia nel 1932. Non si trattava del primo concerto tenuto dal maestro spagnolo nella capitale (il debutto romano risale, com’è noto, al 1927), ma la breve recensione – poche righe che apparentemente scomparivano nella fittissima pagina – destò il mio interesse, suggerendomi la possibilità di una più approfondita ricerca relativa ai concerti di Segovia in ambito italiano. Uscii dall’archivio con una copia del documento e con il proposito di tornare sul tema. Nei mesi successivi, osservando più attentamente alcuni recenti contributi relativi al contesto chitarristico italiano del primo ’900, mi resi conto che non sarebbe stato inutile perseguire il progetto. Non lo sarebbe stato, in particolare, in considerazione del fatto che l’ambiente chitarristico italiano trovò, nell’incontro con i chitarristi spagnoli e con Andrés Segovia in modo particolare, un punto di svolta importante per la sua storia. Diedi dunque inizio a una lenta raccolta d’archivio, con lo scopo sommario di cogliere aspetti dell’apporto di Segovia, e dunque della scuola chitarristica spagnola, nel suo graduale manifestarsi nel vivace contesto chitarristico italiano dell’epoca. Apporto che diviene più evidente quanto più si chiariscono le caratteristiche del contesto stesso, che alla grande vivacità culturale ed artistica affiancava in quell’epoca un’ultima fragilità identitaria, una eterogeneità da più voci autorevolmente documentata. La storia della chitarra in Italia nel primo Novecento, infatti, appare all’osservatore come un mondo vasto e affascinante, ricco di luci e al contempo di anfratti ancora oscuri, un caleidoscopio capace di attirare lo sguardo senza lasciarsi afferrare in modo ben definito. Come ogni epoca, a ben vedere, racchiude in sé una ricchezza 16 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2021 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati
inafferrabile che sempre sfugge allo sguardo troppo sommario, così anche qui ci troviamo di fronte a un mondo articolato e complesso, segnato da una grande vitalità dei suoi protagonisti e al contempo dalle problematiche tipiche delle epoche di transizione. Nella prima metà del secolo la chitarra, in Italia, attraversa un decisivo passaggio del suo cammino storico: non solo la stessa struttura dello strumento, che vede ormai tramontare, consegnandolo al fascino della storia, il modello ottocentesco per accogliere, non senza indugi, le innovazioni del modello spagnolo; ma il repertorio, la tecnica e – potremmo dire – la concezione stessa dell’arte chitarristica sono in fermento. Osservando i documenti degli anni ’30 emergono immediatamente i termini della questione: nell’ambito dei convegni chitarristici promossi da Romolo Ferrari nel periodo precedente la guerra (anni 1933-39) emerge la problematica relativa all’identità chitarristica italiana. Le discussioni attorno alla struttura organologica dello strumento, alle corde da preferire, alla tecnica da utilizzare, documentano una oggettiva difformità del mondo chitarristico italiano e al contempo il desiderio di una maggiore unità: il tentativo è dunque quello di giungere, negli aspetti generali della materia, ad una identità condivisa. Il primo aspetto notevole è la mancanza di una scuola unitaria. Mario Dell’Ara, riferendosi grossomodo a quest’epoca, scrive: «Le tante discussioni sulla didattica e sulla metodologia nacquero dalla constatazione che non esisteva una scuola unitaria italiana. L’unica considerazione comune era il rispetto e l’amore per le opere del passato, ma i chitarristi premiati in numerosi concorsi palesavano stili e modalità molto diversi tra loro»1. Lo conferma la testimonianza di Benedetto Di Ponio che, nel 1940, all’indomani di un concorso svoltosi a Bolzano, scriveva: «Il problema centrale, sul
M. Dell’Ara, La didattica nella prima metà del Novecento, in Romolo Ferrari e la chitarra in Italia nella prima metà del Novecento, Mucchi, 2009, p. 123.
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quale verte la base della tecnica chitarristica vera e propria (…) non è mai stato risolto da chicchessia. Lo testimonia il fatto che nei tre concorsi effettuati a Bolzano, tutti i concorrenti suonavano ognuno a modo proprio. Insomma ho potuto notare che si trattava o di autodidatti, o di allievi di insegnanti pietrificati su le norme dettate dai vecchi metodi che, purtroppo, hanno generato tanto arbitrarismo e tanta confusione»2. Queste affermazioni, schietta istantanea fotografica del contesto, costarono al maestro una presa di distanze da parte di diversi colleghi. Lo stesso Segovia ancora a fine anni ’40, alla vigilia dell’apertura del corso di chitarra all’Accademia Chigiana di Siena, in una lettera al conte Chigi si mostrerà consapevole di questo problema: “Bisognerà tenere in debito conto, però, questo fatto importantissimo: (…) è probabile che gran parte degli iscritti non avranno seguito uno studio sistematico della chitarra»; e accentuando un poco i termini della questione giungerà ad affermare: «Il mio bello strumento è stato privo, finora, di qualunque pedagogia razionale. Sarà forse il punto di partenza per un avvenire più ricco e logico dell’insegnamento della chitarra». Altrettanto significativo è il dibattito che in Italia si sviluppa sulla liuteria. Leggiamo in un articolo del 1938: «La chitarra non ha ancora trovato il suo Gaspare da Salò, che ne determini in via definitiva la forma (…). Tutti i liutai (…) ne hanno sempre più o meno variata la forma, per raggiungere lo scopo che ancor oggi ci tormenta»3. La chitarra in quest’epoca non gode di una struttura univoca: il termine stesso designa strumenti invero assai diversi sul piano costruttivo, sintomo di una inesausta ricerca che si declina in questa fase in una tenace sperimentazione costruttiva. Le discussioni che si protraggono tra gli anni ’30 e ’40 circa i pregi e i limiti delle diverse tradizioni sono l’espressione di una fase di transizione di grande interesse storico. Nell’itinerario organologico che Il Plettro, XXXIV, n. 7, 1940, p. 5, in G. Balestra, Benedetto Di Ponio. Profilo artistico e didattico, Centro Culturale Fernando Sor, p. 21. 3 G. Vio, Liuteria nostra, in La Chitarra, V, 7-8, luglio-agosto 1938, p. 51. 2
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caratterizza il primo Novecento italiano, segnato da una vivace propensione alla ricerca di nuove soluzioni, si colloca la progressiva affermazione del modello costruttivo spagnolo, che stava diffondendosi sia per l’influenza esercitata da Segovia, sia per il merito di tanti liutai iberici che, a differenza di molti colleghi italiani, si dedicavano esclusivamente alla produzione di chitarre. Sta di fatto che, fatta salva l’importanza della tradizione italiana, la tendenza sarà gradualmente quella di assumere e far propri i criteri costruttivi della tradizione spagnola. Un ulteriore ambito in cui il ruolo di Segovia sarà decisivo è quello del repertorio. Ferma restando l’importanza delle composizioni originali dei maestri italiani, la decisiva influenza della scuola spagnola sul repertorio chitarristico appare evidente: gradualmente emerge il valore inestimabile di molte musiche che rinnovano il repertorio dello strumento, attraverso trascrizioni – realizzate da Tárrega, da Llobet o dallo stesso Segovia – volte a farne un inaspettato quanto efficace veicolo delle grandi musiche del passato. I primi recensori italiani di Segovia parlano, per esempio, di «un Minuetto di Haydn e una Fuga e una Gavotta di Bach, rese magistralmente» (1927), scrivono che «notevole assai è apparso l’adattamento per chitarra di pagine clavicembalistiche (…) di G.S. Bach» (1932), e sottolineano con stupore che «Bach, Granados, Albéniz (…) passarono deliziosamente sull’esile strumento». Dunque, si sta con gli occhi sgranati di fronte al giovane chitarrista che, con esiti sorprendenti, «può osare di affrontare una Fuga di Bach ed altre composizioni di autori classici fra i più austeri» (1955). Se poi al valore di questo repertorio trascritto si aggiunge, col passare degli anni, quello che veniva via via composto dai compositori che furono appunto detti “segoviani”, la conclusione è presto detta: il maestro spagnolo diviene un riferimento imprescindibile per ogni chitarrista. Il carisma di Segovia si imbatte dunque in un ambiente, quello italiano, fervente di stimoli e interesse e non privo di 19 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2021 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati
personalità di rilievo, ma che soffre al contempo il travaglio della ricerca di una più definita e stabile identità. Emergeva infatti, ancora negli anni ’40 «l’urgenza di riqualificare l’immagine della chitarra attraverso l’elaborazione di principi razionali e codificati». E tale rinnovamento, come la storia dimostra, avverrà proprio «alla luce dei nuovi processi di rinnovamento aperti dalla scuola spagnola con Llobet, Segovia, a cui va aggiunto il prezioso apporto musicologico di Emilio Pujol»4. Nelle pagine seguenti intendiamo ripercorrere i passi dell’itinerario di Andrés Segovia nel nostro paese, riportando i documenti emersi in diverse ricerche d’archivio, con un duplice intento: da una parte, osservare le reazioni di pubblico e critica alla sua arte, che svelano lo stupore per uno strumento che appare nuovo; dall’altra, cogliere alcuni riflessi dell’influenza del maestro sul contesto chitarristico dell’epoca. Tale influenza fu in alcuni frangenti storici particolarmente evidente, ma è naturalmente da considerarsi, in senso più generale, implicita negli eventi stessi, in occasione dei quali schiere sempre più folte di chitarristi riempivano i teatri. Un’influenza, in ultima analisi, che poggia le sue radici sulle dinamiche già accennate: quelle, in Italia, di un mondo chitarristico che, in un’epoca segnata da grande vivacità ma anche da fattori di criticità e transizione, è alla ricerca di una più definita identità, e trova nella scuola chitarristica spagnola le indicazioni per il proseguimento del cammino.
2. 1926. Il debutto Andrés Segovia tiene il suo primo concerto italiano il 28 dicembre 1926. Veniva da un anno intenso, nel quale aveva dato numerosi concerti in Unione Sovietica, poi in Francia, Svizzera e 4 G. Balestra, Benedetto Di Ponio. Profilo artistico e didattico, Centro Culturale Fernando Sor, p. 22.
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Germania. Giunto nel Nord Europa, teneva ritmi sostenutissimi che lo avrebbero portato il 7 dicembre a Londra, il 16 in Belgio, il 21 nei Paesi Baschi e il 28 al debutto in Italia. Il concerto fu organizzato dalla Società del Quartetto ed ebbe luogo presso la sala maggiore del Conservatorio “G. Verdi” di Milano. Ecco dunque il primo dei tanti documenti che mostreremo al lettore, passo iniziale del vasto itinerario che nelle prossime pagine intendiamo ripercorrere: nemmeno Segovia, allora, avrebbe potuto immaginare quali ne sarebbero stati gli sviluppi.
Nell’importante occasione il programma fu corredato da una nota storica scritta dal giovane maestro Benvenuto Terzi (18921980), che dopo aver richiamato i più illustri nomi dei chitarristi spagnoli e italiani, ricorda i tanti compositori che nei confronti della chitarra avevano manifestato stima e ammirazione, 21 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2021 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati
e lamenta il fatto che «la chitarra venisse presso di noi ingiustamente trascurata». È un efficace punto di partenza per il nostro percorso, che intende mettere in luce il decisivo impatto della presenza di Segovia sui successivi sviluppi storici del contesto chitarristico italiano. Terzi, infatti, significativamente conclude: «È dunque giusto e doveroso che in Italia si rimetta in onore la chitarra, che, tra le mani di un abile artista, affascina con una speciale e suggestiva penetrazione di suono». Il Corriere della Sera, il giorno successivo, pubblicava la seguente recensione5:
«Con abilità più unica che rara il chitarrista spagnuolo Andrés Segovia ha ieri intrattenuto gradevolmente i soci del 5
Corriere della Sera, 29/12/1930, p. 5.
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Quartetto raccolti nella sala maggiore del Conservatorio. E li ha anche talvolta portati all’ammirazione della sua perizia, cavando dallo strumento effetti sorprendenti che non andarono perduti malgrado la sproporzione esistente fra la vastità della sala e l’esile tintinnio dei suoni della chitarra. Il Segovia ha risvegliato echi di musiche trapassate e di strumenti d’un tempo, limitati di facoltà espressive, come furono il clavicordo e il liuto, ma non totalmente inespressivi se suonati da mano maestra. E questo, per la chitarra, è oggi veramente il caso del Segovia. Perché se egli predilige i giuochi dinamici degli echi contrastanti, delle mutazioni di colore dei suoni, dei portamenti di voce e delle maniere eleganti care al pretto stile rococò, il Segovia mira anche al polifonismo di cui il suo strumento è capace. Così Bach, rappresentato da una partita in quattro tempi, che si ritiene composta in origine per liuto, ebbe nel programma la parte centrale, e piacque come solida composizione in confronto a parecchie altre di più recente data».
Degno di nota, in particolare, appare il passo relativo al rapporto tra l’ampiezza della sala e la sonorità della chitarra. Come sappiamo, Segovia si era posto proprio l’obiettivo di mostrare come il suo strumento non temesse i grandi spazi, ed è perciò significativo riscontrarne il risultato positivo. Il recensore, poi, pone l’attenzione sulle musiche di Bach presenti nel programma: lo stupore destato dalle esecuzioni bachiane sarà una costante dei concerti segoviani dell’epoca, e avrà grande rilievo nella riqualificazione di uno strumento generalmente sottovalutato. Chi scrive, infatti, sottolinea la capacità della chitarra di riproporre con efficacia «musiche trapassate e strumenti d’un tempo», e nota «il polifonismo di cui lo strumento è capace». Non che in Italia, certo, mancassero illustri chitarristi. Mancava, forse, l’esperienza di uno strumento capace di calcare i grandi palcoscenici riproponendo con efficacia la grande musica degli autori del passato. Caratteristica della scuola spagnola – da Tárrega in poi – è del 23 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2021 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati
resto proprio questa tensione a fare della chitarra un veicolo della grande musica, e non appena lo strumento cui affidare le brevi pagine evocative che costituiscono buona parte del repertorio italiano dell’epoca. A questa circostanza risale anche l’incontro tra Segovia e il concertista e liutaio Luigi Mozzani (1869-1943), come documenta una dedica rilasciata da Segovia al collega italiano. È il primo passo di una relazione che sarebbe proseguita negli anni seguenti, portando tra l’altro alla commissione di uno strumento che Segovia avrebbe utilizzato in diversi concerti nel 1937, prima di accordare allo strumento di Hauser la sua definitiva preferenza.
Il giorno successivo, 29 dicembre, Segovia si recò a Bergamo, ospite della associazione culturale Estudiantina Bergamasca. Il concerto si tenne al Teatro di via S. Orsola, in un salone non particolarmente adatto ai concerti, ma assai capiente. Si colloca 24 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2021 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati
qui l’inizio del rapporto tra Segovia e il chitarrista bergamasco Benvenuto Terzi, una delle figure più note del panorama chitarristico italiano.
In questa occasione, il giovane Terzi rimarrà così colpito dall’arte di Segovia che il riferimento al maestro spagnolo sarà una costante del suo percorso artistico. Non passa inosservato, in proposito, il fatto che poco tempo dopo Terzi avrebbe acquistato una chitarra spagnola (costruita nel 1929 da Hermann Hauser) destinata a sostituire la Guadagnini che compare in diverse fotografie scattate in gioventù6. Con entusiasmo lo stesso Terzi, nel febbraio del 1932, racconterà a Benedetto Di Ponio, in una lettera, di aver mostrato a Miguel Llobet la sua nuova chitarra, «una Hauser di Monaco, tipo spagnolo Torres, molto buona epperò anche un poco cara»7. Gli allievi Lo stesso farà a Roma Benedetto Di Ponio, che troverà un decisivo confronto, a partire dal 1930, anche nel rapporto con Miguel Llobet. 7 Lettera di Benvenuto Terzi a Benedetto Di Ponio, 9/2/1932, archivio privato Balestra, Nettuno (Roma). 6
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di Terzi successivamente ricorderanno, con unanime emozione, le lezioni nella sua casa di Piazza Pontida, a Bergamo, prolungarsi molto oltre l’orario previsto, nell’ascolto dei dischi di Segovia che il maestro spesso proponeva. Ancor più interessante è il racconto che ho avuto la possibilità di ascoltare in modo diretto dalla figlia del maestro Terzi, relativamente a questo evento: lui stesso le avrebbe raccontato, anni più tardi, che quella sera uscì dal concerto scosso a tal punto che non toccò la chitarra per diverse settimane. Solo più tardi, gradualmente, riprese a studiare, conservando nell’animo una stima per Segovia che non sarebbe mai venuta meno. Lo documenta un altro curioso aneddoto riferitomi dai figli del maestro: essi ricordano bene il loro stupore perplesso, quando, da bambini, videro un ritratto di Segovia che il padre incorniciò, e ricordano di avergli domandato perché volesse tenere in salotto la fotografia di quell’uomo «che non era neanche un parente…»8. Ecco dunque il programma di sala del concerto di quella importante serata:
8 Testimonianza rilasciata da Grazia Terzi in data 12/11/2013. Il legame di Benvenuto Terzi con la scuola spagnola non si colloca, comunque, solo nel rapporto con Segovia, ma si esprimerà, qualche anno più tardi, anche nell’amicizia tra il chitarrista bergamasco e Miguel Llobet, che intratterrà con Terzi una cordiale e interessante corrispondenza epistolare.
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TAVOLA CRONOLOGICA DEI CONCERTI Secondo i dati che ho potuto raccogliere, Andrés Segovia compie in Italia, dal 1926 al 1985, più di venti tournée di concerti, a cui vanno aggiunti numerosi soggiorni più brevi. Vengono di seguito elencati i concerti che è stato possibile confermare con documentata certezza e che sono stati descritti o richiamati nel corso del testo. In certi casi, per mancanza di adeguate fonti, non è stato possibile identificare la sala che ospitò alcuni eventi, che qui vengono pertanto richiamati con il solo nome della città. Nel riassumere i dati raccolti in diversi anni di ricerche, credo che l’elenco presentato possa mostrare, pur senza la pretesa di una precisione definitiva, una dettagliata panoramica degli itinerari del maestro nel nostro paese. ANNO
DATA
CITTÀ
SEDE
1926
28 dicembre
Milano
Conservatorio “G. Verdi”
29 dicembre
Bergamo
Salone della Società Artisti, Operai e Professionisti
1927
13 maggio
Roma
Accademia Nazionale di Santa Cecilia
1928
10 marzo
Modena
Sala di San Vincenzo
17 marzo
Firenze
Palazzo Pitti
19 marzo
Pisa
23 marzo
Roma
Accademia Nazionale di Santa Cecilia
26 marzo
Genova
Teatro Nazionale
27 marzo
Milano
Sala del Convegno
1930
16 aprile
Roma
Accademia Nazionale di Santa Cecilia
1931
13 marzo
Roma
1929
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INDICE
Introduzione ���������������������������� 5 Parte Prima (1926-1949) 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.
Andrés Segovia e il contesto chitarristico italiano �� 1926. Il debutto ��������������������� 1927. Segovia a Roma ������������������ La tournée del 1928 ������������������� Il primo recital all’Accademia Chigiana di Siena ��� Negli anni ’30 ���������������������� Difficili tempi di guerra ����������������� Verso la metà del secolo �����������������
16 20 28 34 40 46 57 68
Parte Seconda (1950-1964) 1. «Micat in Vertice» �������������������� 84 2. L’iniziativa del Conte Chigi Saracini ���������� 86 3. Verso gli anni ’50 �������������������� 89 4. 1950. Il primo corso all’Accademia Chigiana ���� 94 5. Roma, Siena, Arezzo, Napoli, Venezia, Parma... e la Ciaccona di Bach ������������� 97 6. 1951. Il secondo corso e il Quintetto di Castelnuovo-Tedesco ���������������� 108 7. 1952. Il terzo corso all’Accademia Chigiana ���� 117 8. 1953. Estudio sin luz ������������������ 123 285 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2021 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati
9. «Sono le undici e cado dal sonno...». La tournée invernale del 1953 ������������ 10. 1954. Il quinto corso all’Accademia Chigiana ��� 11. 1955. «Un’altra arte, quella di Segovia» ������� 12. Il sesto corso a Siena ������������������ 13. «L’anima di un interprete non comune» ������� 14. Nell’aula di Segovia ������������������ 15. 1956. Il settimo corso e altri concerti �������� 16. L’eredità di Alirio Díaz ���������������� 17. La tournée invernale del 1957 ������������ 18. Lungo tutta l’Italia. La tournée del 1958 ������ 19. 1959. Il decimo corso a Siena e i concerti in dicembre ���������������� 20. Le tournée dei primi anni ’60 ������������ 21. L’Accademia Chigiana negli anni ’60. Il ricordo di alcuni allievi ��������������� Parte Terza (1965-1985) 1. «L’acqua che corre e si muove è sempre giovane» �������������������� 2. 1965. L’invito a Stresa e una breve tournée invernale �������������������� 3. 1967. L’amore per Firenze e altri concerti ������ 4. «Solo l’oceano della musica resta» ����������� 5. L’ultima lunga tournée: «Se la chitarra ha trovato il posto che merita...» ������������� 6. I viaggi del ’72 e ’73. Segovia saluta l’Italia ����� 7. Un evento unico. Venezia, settembre 1980 ����� 8. L’ultimo viaggio. La benedizione di Giovanni Paolo II ��������
129 145 148 152 155 160 168 174 176 183 197 203 215
222 224 228 236 242 254 260 263
Tavola cronologica dei concerti ��������������� 275 286 Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: EDIZIONI CURCI S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2021 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati
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