Crediti dei brani musicali: Adios nonino; Oblivion, Che tango che: © by A. Pagani Edizioni Musicali SRL Le grand tango: © by Edizioni CURCI SRL Meditango, Violentango, Libertango, Twenty years after (Veinte anos después), Anos de soledad, Zita, Muerte: © by Edizioni CURCI SRL / A.PAGANI SRL Direzione editoriale: Laura Moro Curatore editoriale: Pino Pignatta Redazione: Jansan Favazzo Artwork di copertina: Marina Giaccio, Francesco Leonini Progetto grafico e impaginazione: Anna Cristofaro Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: Edizioni Curci S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2021 by Edizioni Curci S.r.l. – Milano Tutti i diritti sono riservati EC 12254 / ISBN: 9788863953572 www.edizionicurci.it Prima stampa in Italia nel 2021 da PressUp S.r.l. - Roma
Non è semplicissimo, per gli autori, essere riconoscenti verso i loro editori (musicali o meno): ci sono sempre ragioni di malcontento. È perciò con grande soddisfazione che io, Laura E. Piazzolla, ringrazio le Edizioni Curci e mi congratulo con loro. Persone serie, professionisti specializzati, che rendono possibile la diffusione della musica di mio marito, Astor Piazzolla, con la classe e il sigillo di qualità che merita. Le Edizioni Curci hanno saputo interpretare, durante i lunghi anni trascorsi dall’inizio di questa collaborazione, l’essenza dell’opera di Astor Piazzolla. Affettuosamente, Laura Escalada Piazzolla Presidente Fundación “Astor Piazzolla”
Molti scrittori hanno tentato di catturare, nelle loro pubblicazioni, la complessità e la grandezza dell’eredità artistica di Astor. Senza dubbio, l’autore di questo grande libro riesce a trasmettere, attraverso la sua analisi precisa e minuziosa, il processo evolutivo che ha attraversato l’opera del Maestro Astor Piazzolla. Paolo Picchio, musicologo specializzato proprio nello studio della fisarmonica (parente stretta del bandoneon), ci offre un materiale di studio fondamentale sulla vita e sull’opera di Astor Piazzolla. Daniel Villaflor Piazzolla Vicepresidente Fundación “Astor Piazzolla”
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La musica di Piazzolla ha fatto parte di tutta la mia vita e non potrei essere più orgoglioso dell’eredità che oggi ho l’onore di amministrare insieme alla casa editrice Curci che, prima e dopo l’incontro fondamentale tra Pagani e Piazzolla, ha intrecciato la sua storia con la nostra, contribuendo alla realizzazione di tante opere simbolo dell’eccellenza musicale italiana. La collaborazione tra Curci e Pagani ha fatto in modo che tutte le opere di Piazzolla, anche quelle antecedenti a questa sinergia, ottenessero il riconoscimento che avrebbero sempre meritato. Paolo Picchio è stato tra i protagonisti di questo percorso, dando per anni un contributo importante al faticoso lavoro di divulgazione ostinatamente voluto da mio padre per questo meraviglioso repertorio. Alain Pagani A. Pagani Edizioni Musicali
Spesso si parla di autori, compositori o artisti che oltre al loro genio, alla loro arte e creatività, in cui riescono a dare il meglio di sé, non sono altrettanto speciali nella quotidianità o nella vita privata. Tutto questo non vale per Astor Piazzolla. Il maestro è stato anche un uomo giocoso, pieno di entusiasmo, gioia di vivere e, soprattutto, riconoscente nei confronti delle persone che lo hanno sostenuto, consentendogli di vivere con serenità la propria esistenza, libero di concentrarsi sulla propria musica. Le Edizioni Curci sono state aiutate e facilitate dal sempre propositivo, amichevole appoggio e dalla totale fiducia della famiglia Piazzolla, della cui stima li ringrazierò per sempre. Il mio riconoscente pensiero va, inoltre, al M° Aldo Pagani che, credendo nello straordinario talento di Astor Piazzolla, lo introdusse a mio padre, Giuseppe Gramitto Ricci. Insieme proiettarono la musica e l’arte del compositore argentino oltre i confini nazionali, contribuendo a quel successo mondiale che ancora oggi non conosce limiti. Leggere le pagine di questo libro è ripercorrere le tappe di questa appassionante vicenda artistica. Esserne fautori e protagonisti è motivo di orgoglio e onore. Alfredo Gramitto Ricci CEO Edizioni Curci © 2021 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati
Introduzione
Il tango è una forma espressiva costituita da danza, musica e poesia o, come qualcuno più prudentemente sostiene, danza, musica e canzone. Il fatto che tre diverse arti siano in gioco in questo genere musicale è certo uno degli elementi del suo successo. Il suo luogo di nascita è l’estuario del Rio de la Plata e la data indicativa è il 1880; l’etimologia del termine è dubbia, forse di derivazione africana. Questa sua prima fase di vita è detta “rioplatense”, a sottolinarne con forza l’origine. E ancora oggi si studia questo ventennio alla ricerca del carattere più genuino di questa forma d’arte. Buenos Aires era all’epoca richiamo di molti immigrati, a seguito degli appelli dell’Assemblea Costituente della Confederazione che miravano allo sviluppo del Paese1. L’intera Argentina aveva una popolazione di 1.700.000 abitanti nel 1870, che diventeranno 7.800.000 nel 19142. Il contatto tra le “diversità”, per una volta una ricchezza e non un impedimento, è l’humus in cui nasce il tango. Si deve pensare dunque a una realtà di mescolamento etnico e culturale con l’apporto di tre continenti (Africa, America, Europa) che riversano nel tango usanze, stati d’animo e aspirazioni, e rispecchiano in esso il nuovo assetto sociale che si stava generando. Dall’incontro dei creoli argentini e uruguaiani con gli immigrati (in modo particolare gli italiani, avvezzi al ballo popolare) nasce il tango, inteso come danza, che risente fortemente dell’apporto di quattro balli locali: la milonga, l’habanera, il candombe e in parte la zamacueca (da cui viene mutuato il gioco di seduzione tra i danzatori). Lo stesso vale per Montevideo, sull’altra sponda dell’estuario. Cfr.: Rémi Hess, Le Tango, PUF, Paris, 1996 (Tango, Besa Editrice, Nardò, 2001, traduzione di Fulvio F. Palese).
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Dal punto di vista musicale il ritmo del tango nasce sotto l’influenza della milonga, dell’habanera e del candombe nero; da questi ultimi due deriva lo spostamento d’accento (sincope) tipico del suo andamento. Le prime formazioni strumentali sono costituite da chitarra, violino e flauto, a volte anche arpa. Il tango è davvero una grossa novità, e dal punto di vista della danza rappresenta addirittura una rivoluzione: è infatti un ballo dove si improvvisa, dove si “crea” al momento. Nasce nelle aree rurali e in zone adiacenti alle città3, poi, urbanizzandosi, affascina tutte le classi sociali delle metropoli – Buenos Aires e Montevideo – ma, inevitabilmente, si diffonde anche tra gli strati più bassi della popolazione, nei pressi del porto (da cui deriva il termine porteño), ambiente nelle mani della malavita, dove si ripetono rituali con gesti prestabiliti e si sviluppa un gergo dialettale specifico (il lunfardo, utilizzato anche per non farsi capire dai poliziotti). Nelle milongas (i luoghi dove si balla) il danzatore si deve lasciar trasportare dalla musica, deve attendere quanto gli suggerirà la linea melodica del brano; il ritmo c’è, ma da esso non scaturiscono mai figure ripetitive. Si è davvero lontani, ad esempio, dalla più diffusa danza di coppia, il valzer, arrivato con gli immigranti europei, in cui domina un gioco di ripetizione continua, che rispecchia un ben determinato ordine sociale. Il tango, lontano da ogni esteriorità, libera invece la propria carica di sensualità, di passione, ma anche di crudezza: dal punto di vista culturale funge da anello di congiunzione tra le diverse etnie che popolano i barrios, i quartieri di Buenos Aires, contribuisce al processo di integrazione e diviene il genere musicale in cui queste si identificano. Con questo percorso il tango assurge a forma d’arte nazionale, in cui il Paese intero ritrova la sua più intima essenza. Ben presto i giovani benestanti della città si appassionano, dando così vita a quel processo culturale che farà entrare il tango nelle academias (dove già si ballava la milonga), nelle casas de baile, nei cabaret porteños. Ma non tutta la buona società dell’epoca è disposta ad accogliere questa novità: per alcuni il nuovo genere musicale diventerà “accettabile” solo dopo che avrà conquistato Parigi e l’Europa.
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Queste zone, con la cosiddetta alluvione migratoria, diventeranno in breve tempo sobborghi.
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introduzione
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La crescita del tango nel Novecento è testimoniata da vari fattori; tra di essi vi è l’ampliamento delle formazioni: così nasce l’orchestra tipica, a quest’epoca un quintetto o sestetto composto da violino, talvolta flauto, contrabbasso, pianoforte4, talvolta chitarra. Ma il nuovo grande protagonista è il bandoneon. Questo strumento viene importato in Argentina dagli immigrati tedeschi, si afferma subito per il timbro tagliente, per la duttilità nell’eseguire gli accenti ritmici, ed è protagonista della trasformazione del tango in una direzione maggiormente sentimentale-drammatica. La “voce” del bandoneon è capace di piangere, ruggire, bramare, minacciare, mordere, supplicare, graffiare; non di trasmettere allegria e ironia. Tuttavia, è uno strumento che sa modulare il suono in modo impressionante. Lo sviluppo del tango in Argentina è dimostrato anche dalle nuove opportunità di fruizione della musica: sempre più spesso ci si reca nei locali non solo per ballarlo, ma anche per ascoltarlo. Lo studioso francese Rémi Hess5 ne individua tre generi: il tango-milonga (strumentale, ritmico), il tangoromanza (strumentale o vocale, lirico e melodico con testo romantico) e il tango-cancíon (vocale accompagnato, drammatico, pessimista, fatalista). Il successo della danza e della sua ricchezza musicale non poteva fermarsi all’interno dei confini nazionali. Dai primi del Novecento sbarca a Parigi (meta mitica e idealizzata da ogni argentino), nelle altre capitali europee e negli Stati Uniti. Così il tango porta la cultura argentina nel mondo, ma al prezzo della sua ibridazione. Gli europei desiderano conoscere nuove danze, le vogliono imparare e per questo le codificano; ma come “formalizzare” una danza che si improvvisa? Per i rioplatensi il tango è una tradizione trasmessa oralmente, lo si potrebbe quasi pensare come una “cultura del corpo”: impossibile immaginare una codificazione. Scrivere una coreografia di tango significa ucciderlo.
4 Nei locali frequentati dalle classi più facoltose, è molto più facile trovare un pianoforte a disposizione. Inoltre in questi anni d’inizio secolo l’Argentina sarà un paese importatore di un numero consistente di pianoforti. 5 Rémi Hess, op. cit.
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L’ibridazione europea porta alla nascita del tango francese o francesizzato prima (sobrio, senza eccessi, un po’ più lento), e inglese poi, fino al “tango internazionale”. Stravolto e mutilato, un ballo nato tra i barrios di Buenos Aires diventa per forza “decente”, ridotto nella sua carica di sensualità, addomesticato per consentire ai maestri di ballo di svolgere con impostazione professionale la loro opera (distruttrice). Questo processo degenerativo produrrà il “ballo da sala” internazionale e la “danza sportiva”, che nulla hanno a che fare con quello delle milongas. C’è di più: rientrando in patria dopo il favore conseguito nel mondo, il tango inevitabilmente sarà oggetto di un vero e proprio scontro tra i depositari della autentica tradizione rioplatense e i maestri di ballo desiderosi di apprendere ciò che va di moda all’estero. Rispetto alla forma originaria, balza all’occhio la voglia di esotico troppo spesso “mistificato” dell’Europa di inizio secolo: basti pensare ai musicisti che suonano il tango vestiti come gauchos (gli eroi delle sconfinate pampas dediti all’allevamento del bestiame); un altro esempio davvero stridente lo si trova nell’esotismo che l’attore italo-americano Rodolfo Valentino metteva nel suo tango parodiato cinematografico6, che nulla aveva a che fare con quello autentico. Se negli anni Venti, Trenta e Quaranta del Novecento, sul versante della danza il tango si trova di fronte a queste contraddizioni, dal lato musicale si appresta invece a vivere un’epoca d’oro. Il favore che riscuote nei locali più prestigiosi si tramuta in un benessere economico per i musicisti; e inoltre porta a investire denaro per ingrandire le orchestre. Il tango è in radio, nelle academias, nel cabaret, a teatro, al cinema e, cosa più importante, nell’industria discografica. È questo il periodo di massimo splendore per il tango cantato, indissolubilmente legato al più celebre esponente nella storia di questo genere: Carlos Gardel. Il cantore nazionale, soprannominato “usignolo criollo”, sfrutta bene le proprie doti in un momento in cui al tango arrivano i contributi di ottimi musicisti, poeti ben ispirati per i testi, intellettuali affascinati, ed esalta la bella voce in un’intensa attività concertistica internazionale e in una produzione discografica in cui interpreta soprattutto
6 Anche se paradossalmente non si può negare che la figura di Valentino abbia contribuito al successo mondiale del tango, pur con una immagine fortemente distorta.
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le proprie canzoni; non mancano poi la recitazione nei lungometraggi e nei cortos. La figura di Gardel entra nella storia e viene mitizzata – oltre che per l’emozione di una scomparsa tanto tragica e improvvisa7 – perché impersona l’uomo dall’origine incerta (di sicuro immigrato) che sfonda nella vita, arriva alla celebrità, e si realizza8. Vicino al sentire popolare, Gardel canta un tango fatalista, dell’amore impossibile o perduto, con una interpretazione sentita, e sembra aver immaginato per sé il ruolo di ambasciatore mondiale del tango (escludendo dal modo di cantare il gergo dialettale). Sarebbe impossibile menzionare tutti i protagonisti di questa epoca d’oro. Bisogna però ricordare almeno Julio De Caro, violinista, compositore e direttore d’orchestra: un musicista capace di trasferire nel tango importanti principi di polifonia e di valorizzazione timbrica degli strumenti, con una concezione che prevedeva per il contrabbasso, per la mano sinistra del pianoforte e per i bandoneon parti armoniche ritmicamente incisive, mentre per la mano destra del piano e per i violini parti melodiche da eseguire legate. Altri grandi dell’epoca sono stati: Osvaldo Fresedo, bandoneonista, compositore e leader di orchestre in cui ha incluso arpa e vibrafono; Juan Carlos Cobián, pianista e compositore a cui si deve l’introduzione del tempo di 4/8 e una sincera ammirazione per il jazz; Osvaldo Pugliese, pianista, compositore e leader di una delle più importanti orchestre nella storia di questo genere musicale, inimitabile per il modo di fraseggiare, ammirato dai ballerini perché creatore di un tango appropriato alla danza. Infine, virtuoso di bandoneon, compositore e direttore di una orchestra che ha coinvolto celebri strumentisti e cantanti è Aníbal Troilo, che ha tenuto concerti e inciso come pochi, e ha conciliato evoluzione musicale (concedendo spazio ai cantanti), raffinatezza interpretativa e ballabilità. Proprio in questi anni di grande fermento, un giovane bandoneonista di nome Astor Piazzolla inizia a muovere i suoi primi passi nel mondo del tango…
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Carlos Gardel muore il 24 giugno 1935 a Medellín (Colombia) in un drammatico incidente aereo. Egli realizzerà anche quello che è il sogno di ogni argentino: andare a Parigi e “trionfare”.
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1921-1955: da Buenos Aires a Parigi, passando per New York
Astor Piazzolla nasce l’11 marzo 1921 da Vicente Piazzolla e Assunta Manetti. Gli viene dato anche un secondo nome, Pantaleón, ereditato dal nonno paterno. I Piazzolla sono originari di Trani, i Manetti della provincia di Massa-Carrara. Figli di emigranti, entrambi i genitori di Astor sono nati a Mar del Plata, e il futuro compositore ama chiamarli Nonino e Nonina1, per prendersi gioco della loro età: una certa goliardia è di famiglia. Vicente Piazzolla si stabilisce a New York con la famiglia dal 1924 al 1929 e poi nuovamente dal 1931 al 1936, quando fa definitivamente ritorno in Argentina. Durante il primo dei due periodi newyorkesi, Astor intraprende lo studio della musica: ha soltanto sei anni quando suo padre, appassionato di tango, decide di regalargli un bandoneon acquistato al banco dei pegni e pagato diciotto dollari2. Don Vicente non può neanche immaginare che quell’evento cambierà per sempre la storia della musica argentina. A partire dal 1934, il giovane Piazzolla (ormai tredicenne) inizia a frequentare assiduamente una delle stelle del Tango-Canción, Carlos Gardel. Il celebre cantante e attore lo porta spesso con sé in occasione dei suoi spettacoli, ricevendone in cambio un valido aiuto con la lingua inglese. La più nota
Natalio Gorín, Astor Piazzolla – A manera de memorias, Atlantida, Buenos Aires, 1990. Cfr. Diego Fischerman, Abel Gilbert, Piazzolla el mal entendido – Un estudio cultural, Edhasa, Buenos Aires, 2009; Natalio Gorín, op. cit. Fischerman e Gilbert asseriscono che Astor riceve il bandoneon all’età di otto anni. Gorín, che stila le memorie del compositore traendole da una serie di interviste, riporta l’età di sei anni e racconta anche della sua delusione dal momento che si aspettava dei pattini. 1 2
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immagine che li ritrae insieme è un fotogramma dal film El día que me quieras (1935), in cui Astor interpreta il canillita, un ragazzo che vende i giornali per la strada3. Di lì a poco, tuttavia, i loro destini si separeranno: il 24 giugno 1935, all’aeroporto di Medellín, Gardel muore tragicamente in uno scontro tra due velivoli. Le scene del suo funerale, facilmente reperibili sul web, danno un’idea del livello di popolarità raggiunto dall’usignolo “criollo”, ambasciatore del tango nel mondo. Al rientro della famiglia Piazzolla in Argentina, nel 1936, l’influenza di Gardel sul giovane Astor è ancora vibrante. A fare di lui un musicista di professione saranno però due novità decisive: l’acquisto di un pregiato bandoneon Alfred Arnold – in gergo “Doble A” – e la scoperta del sestetto strumentale del violinista Elvino Vardaro (ad accendere la passione, in particolare, è il suo arrangiamento del tango Arrabal di José Pascual)4. Mar del Plata non è certo il posto giusto per fare esperienza e Astor si trasferisce ben presto a Buenos Aires, dove tenta un provino come bandoneonista per l’orchestra di tango di Francisco “Tano” Lauro. Per l’occasione, nel tentativo di impressionarlo, esegue brani di Mozart e Gershwin, ma Lauro smorza bruscamente il suo entusiasmo: più che certe arditezze esecutive sul fueye5, alla sua orchestra servono ritmo e accento! Insomma, vuole sentire un tango. Astor lo accontenta e ottiene così il suo primo contratto6. Lo studio dei compositori classici darà i suoi frutti più avanti. L’orchestra di Lauro si rivela presto uno spazio troppo angusto per le qualità e le ambizioni del giovane Piazzolla. Finalmente, nel 1939, entra a far parte dell’ensemble di Aníbal Troilo, uno dei migliori bandoneonisti in circolazione, ma non è ancora soddisfatto: vuole comporre, arrangiare, maturare musicalmente. Ha già scritto un pezzo per pianoforte, che lui chiama Concerto, e un bel giorno si presenta da Arthur Rubinstein, in visita a Buenos Aires, per farglielo ascoltare. Il grande pianista polacco, che a quel Si può trovare in Natalio Gorín, op. cit., p. 145. Sul sito taringa.net, nella pagina dedicata a Piazzolla e Gardel, ci sono il fotogramma, un frammento video della scena e una lettera che Astor indirizza all’ormai scomparso Gardel nel 1978, ben quarantaquattro anni dopo il loro incontro. 4 Natalio Gorín, op. cit. 5 Dallo spagnolo “fuelle”, ovvero “mantice”. Nel linguaggio popolare di Buenos Aires indica il bandoneon. 6 Natalio Gorín, op. cit. 3
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1921-1955: DA BUENOS AIRES A PARIGI, PASSANDO PER NEW YORK
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tempo ha cinquantatré anni ed è all’apice del suo successo, soggiorna in una delle residenze aristocratiche più belle della città: il Palacio Álzaga Unzué. Pur non aspettando alcuna visita, accoglie con gentilezza il giovane Astor e, dopo aver suonato allo Steinway il suo Concerto, gli fa notare che il titolo è inappropriato, dal momento che si tratta di un pezzo per pianoforte solo. Ad ogni modo, intuito il suo appassionato desiderio di studiare, lo mette subito in contatto con il compositore argentino Juan José Castro. Prima di congedarsi, però, Astor ha ancora una richiesta: vorrebbe sentire un brano di Maurice Ravel suonato da Rubinstein, e il maestro lo accontenta. Ora può tornarsene a casa, felice, con in tasca foto e dedica7. Castro, che è molto impegnato, indirizza il giovane Piazzolla ad Alberto Ginastera8. Il grande compositore porteño gli insegnerà le basi della composizione e dell’orchestrazione, ma anche l’importanza di ampliare il più possibile i propri orizzonti culturali e frequentare le altre espressioni artistiche (dalla pittura al teatro alla letteratura). Nelle orchestre di tango, invece, si parla soltanto di calcio, corse e gioco d’azzardo. È il 1944 quando Astor Piazzolla abbandona l’ensemble di Troilo per diventare il direttore dell’orchestra di Francisco Fiorentino. Qui ha l’occasione di tentare qualche sperimentazione, e – per esempio – scrive un arrangiamento piuttosto originale del tango Copas, amigos y besos di Mariano Mores: l’inizio è affidato, in maniera sorprendente, a un assolo di violoncello. Una scelta così ardita non può esser vista di buon occhio da un tradizionalista come Fiorentino, ma soprattutto dagli avventori dei locali che la deridono apertamente mimando in chiave satirica un balletto classico9.
Gorín, op. cit., riporta la data del 1941; Fischerman e Gilbert, op. cit., quella del luglio 1940. Secondo Fischerman e Gilbert, op. cit., il rapporto didattico tra Piazzolla e Ginastera si interrompe nel 1945. 9 A quel tempo nei locali si andava solo per ballare: lo stimolo musicale generato dal suono isolato di un violoncello non rappresentava una sfida difficile ma culturalmente inaccettabile, e perciò risibile. Al giorno d’oggi l’operazione di rivoluzione del tango è stata portata a termine e, così, i ballerini si cimentano nelle composizioni piazzollane con orgoglio, maggiormente stimolati dai passaggi musicali più innovativi. 7 8
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Queste circostanze spingono Piazzolla a fondare un’orchestra tutta sua: per la prima volta, nel 1946, un ensemble di tango porta il suo nome. L’accoglienza del pubblico, tuttavia, non cambia. Il suo stile è troppo moderno e complesso. I suoi brani e i suoi arrangiamenti, che presentano elementi fugati, contrappuntistici e strutture armoniche inusuali, non sono funzionali alle necessità dei locali da ballo – ma vengono elogiati da Aarón Copland e Igor Markevitch, di passaggio a Buenos Aires sul finire degli anni Quaranta, per il loro elevato livello musicale10. Nel 1949, Piazzolla scioglie la sua orchestra e si dedica esclusivamente alla composizione e all’arrangiamento su commissione. Con il brano Buenos Aires – Tres movimientos sinfónicos (inizialmente intitolato Sinfonia Buenos Aires e perfezionato grazie ai consigli di Castro) vince, nel 1953, il Prix Fabien Sevitzky, e Sevitzky in persona ne dirige l’esecuzione presso l’Auditorium della Facoltà di giurisprudenza della capitale argentina11. È il 16 agosto 1953. Il premio consiste in una borsa di studio per un corso di perfezionamento, a Parigi, con la celeberrima didatta Nadia Boulanger. Astor e Dedé, la sua prima moglie, arrivano in Francia nell’autunno del 1954. In un primo tempo, Piazzolla mostra alla Boulanger soltanto le composizioni classiche e le colonne sonore che ha scritto negli ultimi anni: i suoi lavori vengono giudicati ben scritti ma «senza spirito». Con fine intuito pedagogico, Nadia Boulanger comincia a indagare nell’inquietudine e nelle ambizioni del nuovo allievo finché non le viene rivelato finalmente il suo passato di bandoneonista e arrangiatore nelle orchestre di tango. Bisogna dunque che Astor le suoni un suo tango12: a metà dell’esecuzione di Triunfal, quindi, lei lo ferma e, con tutta la dolcezza dei suoi sessantasette anni, gli sussurra: «Qui c’è il vero Piazzolla, non lo abbandoni mai»13. Inizia così la storia del Nuevo Tango.
Natalio Gorín, op. cit. Sul sito della “Fundación Astor Piazzolla” (https://fundacionastorpiazzolla.org.ar/es/institucional) si trova una fotografia che ritrae Piazzolla e Sevitzky insieme subito dopo l’esecuzione. 12 Al pianoforte, quindi con una sonorità ben diversa da quella originale del tango. 13 Natalio Gorín, op. cit. 10 11
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Contaminazione e identità sembrano termini antinomici; sono invece, neanche a dirlo, le due facce della stessa medaglia. L’origine del tango è triplice: Africa, America ed Europa. Un effetto del fenomeno dell’immigrazione, dunque: Rémi Hess ha definito questo genere musicale «una forma espressiva scaturita da un mescolamento umano, etnico, culturale e sessuale»14. Eppure il tango è diventato il più rigoglioso tratto dell’identità nazionale argentina, esportato poi in tutto il mondo. Alla ricerca della propria identità artistica, con il desiderio di scrivere musica d’ascolto – o, per meglio dire, da concerto – Piazzolla aveva iniziato a pensare che la soluzione fosse proprio rinnegare il tango. Ma Nadia Boulanger è ben consapevole che la contaminazione senza identità fa poca strada: lo capirà presto anche Astor. A marzo del 1955, i soldi della borsa di studio finiscono e i coniugi Piazzolla fanno ritorno in Argentina.
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Rémi Hess, op. cit.
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Bandoneon, il tango triste che graffia e prega Il giovane Astor è convinto che il bandoneon sia più difficile degli altri strumenti perché l’esecutore non può guardare le proprie mani sui bottoni (a differenza, ad esempio, di pianisti, violinisti e contrabbassisti). Forse non ha ancora scoperto la più grande peculiarità di questo strumento: il suono, così caratteristico da far dire allo scrittore Last Reason (pseudonimo di Máximo Sáenz) che «il bandoneon frigna, geme, brama, piange, graffia, ruggisce, minaccia, morde e prega; ignora il riso e non sa permettersi un momento di gioia…»1. Astor si sente fortemente motivato dal possedere un bandoneon di grande qualità. Il “Doble A”, ovvero lo strumento contrassegnato dalla sigla “A-A”, è ritenuto il miglior bandoneon esistente al mondo. “A-A” sta per Alfred Arnold, il titolare e fondatore della fabbrica tedesca, con sede a Carlsfeld, che dalla sua fondazione (1911) alla Seconda guerra mondiale ha esportato circa 30.000 bandoneon tra Argentina e Uruguay. I dati statistici dell’epoca rilevano che, nel 1933, la fabbrica del “Doble A” produce circa seicento strumenti al mese con circa cento dipendenti. Il bandoneon, come la fisarmonica, esiste in due tipologie, a seconda del rapporto bottone2/emissione del suono: unitonico (se premo un certo bottone ottengo lo stesso suono, ovvero la stessa nota, sia in apertura del mantice sia in chiusura) e bitonico (se premo un certo bottone, aprendo il mantice ottengo una certa nota, chiudendolo ne ottengo un’altra). La tipologia più difficile è certamente la seconda.
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Cfr. Rémi Hess, op. cit. Ovvero il tasto di forma rotonda.
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Cronologia e guida all’ascolto 1921
Astor Pantaleón Piazzolla nasce a Mar del Plata il giorno 11 marzo alle due di notte da Vicente Piazzolla e Assunta Manetti. Il nome Astor viene scelto dai genitori per omaggiare forse un loro amico violoncellista, Astor Bolognini. Pantaleón è invece il nome del nonno paterno.
1924
La famiglia Piazzolla si trasferisce a New York andando a vivere al Greenwich Village.
1927
Vicente, suo padre, regala ad Astor un bandoneon usato acquistato al banco dei pegni.
1929
Ritorno temporaneo in Argentina con rientro a New York nel 1930 (alcuni testi sostengono nel 1931). La famiglia si trasferisce a Little Italy.
1934
Il giovane Astor conosce Carlos Gardel: lo accompagna spesso a fare acquisti e a volte suona il bandoneon durante i suoi spettacoli. A causa dell’età, Astor non può accettare un invito di Gardel che lo vuole con sé ad Hollywood.
1935
A 14 anni Astor Piazzolla viene ingaggiato con un compenso di 25 dollari per un piccolo ruolo (il “canillita”, ovvero il venditore di strada di giornali) nel film El día que me quieras con Carlos Gardel.
1936
La famiglia Piazzolla rientra a Mar del Plata.
1938
Astor si trasferisce a Buenos Aires nella speranza di avere successo con il bandoneon.
1939
Entra come secondo bandoneonista nell’orchestra di Aníbal Troilo. © 2021 by EDIZIONI CURCI S.r.l. – Tutti i diritti sono riservati
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1941
Si fidanza con Dedé Wolff (Odette Maria Wolff), conosciuta nel 1940.
1941
Scrive per l’orchestra di Troilo l’arrangiamento di Azabache su testo di Homero Expósito e musica di Enrique Francini e Héctor Stamponi.
1941
Avendo saputo che Arthur Rubinstein è a Buenos Aires, Piazzolla lo incontra per mostrargli una propria composizione. Rubinstein fa subito presente al giovane la necessità di andare a lezione da un valido insegnante per crescere musicalmente; così nascerà, dopo poco tempo, il rapporto didattico con Alberto Ginastera.
1942
Astor e Dedé si sposano il 31 ottobre.
1943
Piazzolla compone un Preludio n. 1 per violino e pianoforte.
1943
A luglio nasce la prima figlia: Diana Irene.
1943
Per la nascita della figlia Astor compone Suite para cuerdas y arpa op.1.
1943
Scrive per l’orchestra di Troilo l’arrangiamento di Inspiración, brano di Peregrino Paulos che verrà registrato su disco; successivamente, nel 1947, questo stesso arrangiamento sarà registrato dallo stesso Piazzolla.
1944
Piazzolla lascia l’orchestra di Troilo per diventare il direttore dell’orchestra del cantante Francisco Fiorentino.
1944
Compone Suite para piano op. 2 (Preludio – Siciliana – Toccata tritonale).
1944
Per Fiorentino arrangia En las noches e Noches largas.
1944 Compone Cuatro piezas breves para piano op. 3 (Paisaje - Titeres -
Pastoral – Toccata).
1944
Compone i Tres piezas breves para cello y piano op. 4 (Pastoral Serenade – Siciliana).
1944
Compone la Obertura dramática op. 5.
1945
Compone la Sonata n. 1 op. 7 per pianoforte (Presto; Coral con variaciones; Rondó). Nel 1968 dichiarerà a Speratti che Alberto Ginastera la faceva studiare ai suoi allievi.
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1956-1992: CRONOLOGIA E GUIDA ALL’ ASCOLTO
Ascolto – ADIÓS NONINO Il brano è stato composto nel 1959, l’anno della morte di Vicente (Nonino). Astor riceve la notizia mentre è in tour nell’America centrale, precisamente a Puerto Rico. Finito il tour, rientra a New York e lì – solo in una stanza e avvilito – abbozza il notissimo tema iniziale. Per completare tutto il brano Piazzolla riprende la parte ritmica di un precedente lavoro del 1954 intitolato Nonino, ma in questo caso lavora molto sulle due melodie (quella più veloce e quella più lenta) rendendole meravigliosamente struggenti. Piazzolla ha sempre avuto una predilezione per questo brano e lo ha inserito molte volte nelle produzioni discografiche, probabilmente anche a testimonianza dell’affetto per il padre che lo aveva indirizzato verso lo studio del bandoneon. Nei concerti dal vivo Astor inserisce questo brano spesso, anche nei suoi ultimi anni di attività. Le versioni di maggior durata – ad esempio quella del Festival di Montreal del 1984 – sono precedute da bellissimi assolo iniziali al pianoforte (nell’occasione Pablo Ziegler). Il brano presenta alcune delle caratteristiche tipiche delle composizioni di tango, come il dualismo generato dalla presenza di due temi di carattere contrastante (che spesso nei tanghi sono diversi per tonalità, per andamento, per struttura melodica). Ad esempio, i due temi portanti di Adiós Nonino si identificano con due ritmi tipici della storia del tango. Dobbiamo ricordare che diversi elementi culturali hanno influito su questo genere musicale: africani, europei e americani. I ritmi che sono confluiti nel tango sono l’habanera, il candombe e la milonga. Habanera
Milonga
Candombe
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46
Il ritmo tradizionale del tango era “squadrato” (ovvero regolare). Tango
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L’influenza poi esercitata dalle evoluzioni che ci sono state nel corso del XX secolo hanno portato a definire il ritmo del tango contemporaneo (o, per dirla con Piazzolla, del Nuevo Tango) come 3+3+2. Nuevo Tango
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Il notissimo tema iniziale di Adiós Nonino è basato sulla struttura ritmica del tango “regolare”:
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Mentre il secondo tema – quello più dolce e melodico – prende le sembianze della milonga:
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Ascoltando il brano emerge anche come Piazzolla insista molto nel contrapporre il suono più tagliente del manuale destro del bandoneon, a cui affida le melodie principali, a quello più cupo e scuro del manuale sinistro, a cui assegna elementi ritmici di risposta alla melodia. Comunque sia, il suo bandoneon è sempre protagonista assoluto. Nella versione del Festival di Montreal del 1984 si noterà come invece tutto è costruito sul dialogo bandoneon/violino (Fernando Suárez Paz in quell’occasione).
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Indice analitico delle composizioni citate* 1964, 85, 158 500 motivaciones, 96 Acentuado (Cinco Piezas), 109, 182 Adiós Nonino, 43, 44, 45, 46, 47, 52, 60, 61, 72, 77, 78, 84, 98, 106, 108, 115, 124, 130, 134, 137, 138, 139, 140, 141, 142, 143, 146, 147, 149, 150, 151, 153, 169, 187 A Don Nicanor Paredes, 54, 144, 158 A intrusa, 101 Al compas de los tamangos, 55 Alevare (da María de Buenos Aires), 57 Alfredo y Beatriz, 103 Alguien le dice al Tango, 54, 55, 144, 158 Allegro tangabile (da María de Buenos Aires), 57, 62 Amelitango, 78, 139 Amanecer y Final, 101 Años de soledad (in lingua inglese Years of solitude), 85, 86, 87, 113, 139, 148, 153, 164 Aplazado, 44 Aria de los analistas (da María de Buenos Aires), 57 Armaguedon, 97, 185 As ilhas (in lingua spagnola Las islas), 85, 94, 95, 160 Ausencias, 115 Ave Maria (Tanti anni prima), 111, 112, 147 Bailongo, 123 Baires 72, 76 Balada para él, 69, 70, 84, 159 Balada para mi muerte, 69, 70, 76, 84, 93, 94, 112, 139, 152, 159, 163, 164, 185 Balada para un loco, 58, 59, 60, 62, 63, 69, 70, 84, 93, 94, 103, 106, 113, 139, 148, 150, 153, 155, 162, 164, 179 Balada para un organito loco (da María de Buenos Aires), 57
*
In grassetto le proposte di ascolto.
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194
Ballet-Tango, 130, 134, 168 Bandò, 26, 27, 44 Bandoneón, 90, 91, 92, 139 Bandoneón, guitarra y bajo, 52 Barrio Marais, 97 Bidonville, 89 Biyuya, 100, 108, 120, 146, 149, 150 Bordel 1900 (da Histoire du Tango), 114, 115, 116, 141, 182, 185 Boricua, 43 Bruno y Sarah, 95, 97 Buenos Aires Hora Cero, 49, 71, 76, 77, 137, 138, 139, 140, 142, 144, 154 Buenos Aires – Tres movimientos sinfónicos (inizialmente Sinfonia Buenos Aires op. 15), 14, 23, 25, 181 Butcher’s death, 123 Café 1930 (da Histoire du Tango), 114, 115, 116, 141, 182, 185 Calambre, 44, 47, 106, 144 Caliente, 52, 108, 146, 149 Calle de Londres, 97 Caminata, 103 Campeón (Tango Blues), 99 Campero (Cinco Piezas), 102, 109, 182 Campo, camino y amor, 88 Canal de Ostende 1 e 2, 97 Canción de la venusinas, 69, 73, 159 Canción para un hombre triste, 97 Canto de Octubre (Melodia en La menor), 39, 53 Canto y Fuga, 96 Carta a los arboles y las chimeneas (da María de Buenos Aires), 57 Casapueblo, 72, 172 Cavalcata, 111 Celos, 101 C’est l’amour, 55 Chanson pour un amour inachevé (Hay una niña en el alba), 102, 164 Chau Paris, 26, 27 Che tango che, 113, 153, 164 Chin Chin, 100, 142, 146, 149, 150 Chiquilín de Bachín, 58, 59, 62, 69, 70, 94, 103, 106, 150 Cierra tus ojos y escucha (in lingua inglese Close your eyes and listen), 85, 86, 102, 174 Cité Tango (in lingua spagnola Ciudad Tango), 96, 97
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Bibliografia
Natalio Gorín, Astor Piazzolla – A manera de memorias, Atlantida, Buenos Aires, 1990 (tradotto in italiano nell’edizione Astor Piazzolla, Di Giacomo Editore, Roma, 1995, traduzione di Hugo Aisemberg, Cecina Cutini e Luisa Majone) Diego Fischerman e Abel Gilbert, Piazzolla el mal entendido – Un estudio cultural, Edhasa, Buenos Aires, 2009 (tradotto in italiano nell’edizione Piazzolla – La biografia, minimum fax, Roma, 2012, traduzione di Natalia Cancellieri) María Susana Azzi, Astor Piazzolla, Editorial El Ateneo, Buenos Aires, 2018 (tradotto in italiano nell’edizione Astor Piazzolla. Una vita per la musica, Sillabe, Livorno, 2021, traduzione di Giulia Sadun) Testi monografici su Piazzolla Le principali monografie su Astor Piazzolla possono essere suddivise in: libri scaturiti da interviste con il compositore, libri scritti da persone che hanno vissuto (familiarmente o lavorativamente) con lui, libri scritti da studiosi. 1. Libri scaturiti da interviste con il compositore:
Alberto Speratti, Con Piazzolla, Galerna, Buenos Aires, 1969
Natalio Gorín, Astor Piazzolla – A manera de memorias, Atlantida, Buenos Aires, 1990
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206
2. Libri scritti da persone che hanno vissuto con Piazzolla: Diana Piazzolla, Astor, prima edizione Emecé, Buenos Aires, 1987, seconda edizione Corregidor, Buenos Aires, 2005 Oscar López Ruiz, Piazzolla, loco, loco, loco. 25 año de laburo y jodas conviviendo con un genio, Ediciones de la Urraca, Buenos Aires, 1994
Horacio Malvicino, El Tano y yo, Corregidor, Buenos Aires, 2008
3. Libri scritti da studiosi:
Carlos Kuri, Piazzolla, la música límite, Corregidor, Buenos Aires, 1992
María Susana Azzi e Simon Collier, Le Grand Tango. The life and music of Astor Piazzolla, Oxford University Press, New York, 2000 Omar García Brunelli, Estudios sobre la obra de Astor Piazzolla, Buenos Aires, Gourmet Musical, 2008 Diego Fischerman e Abel Gilbert, Piazzolla el mal entendido – Un estudio cultural, Edhasa, Buenos Aires, 2009
Marcelo Gobello, Astor Piazzolla, su ciudad y su mondo, Corregidor, Buenos Aires, 2015
María Susana Azzi, Astor Piazzolla, Editorial El Ateneo, Buenos Aires, 2018 Altre fonti I riferimenti discografici sono principalmente tratti dal sito www.discogs.com, quelli filmografici dal sito IMDb (www.imdb.com).
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Indice
Introduzione 5 1921-1955: da Buenos Aires a Parigi, passando per New York Cronologia e guida all’ascolto Discografia commentata 1956-1992: il Nuevo Tango
Cronologia e guida all’ascolto
11 19
28 33 39
Dal 1993 a oggi: un successo senza fine
137
ASTOR PIAZZOLLA E... La poesia Il canto Il jazz Il cinema La danza I musicisti classici
157 161 166 170 177 180
Conclusioni
185
Le formazioni di Astor Piazzolla
189
Indice analitico delle composizioni citate
193
Bibliografia
205
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