L’immagine a pagina 134 è di proprietà della Fondazione Teatro alla Scala, Milano, per gentile concessione.Tutte le altre immagini sono tratte dagli archivi degli eredi di Pietro Mascagni. L’editore, esperite tutte le pratiche per acquisire i diritti di riproduzione delle fotografie prescelte, è a disposizione degli aventi diritto per eventuali lacune o omissioni.
Direzione editoriale: Laura Moro Impaginazione: The Sky Designers Redazione: Jansan Favazzo, Samuele Pellizzari Proprietà per tutti i Paesi: Edizioni Curci S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2022 by Edizioni Curci S.r.l. – Milano Tutti i diritti sono riservati EC12331 / ISBN: 9788863953954 www.edizionicurci.it Prima stampa in Italia nel 2022 da Ciscra S.p.a. - Villanova del Ghebbo (RO)
Preludio Nulla mi stupisce di Mascagni! Non lo ritengo cattivo, anzi tutt’altro: ma è come una pila elettrica non ancora completa, per modo che se ne hanno scosse, scintille, schioppettate così a casaccio, di sorpresa! Speriamo che platino, rame, zinco e acidi trovino poi il giusto equilibrio ed allora la pila funzionerà bene. Giulio Ricordi, 1896 La fisionomia per un osservatore disattento pare non dica nulla: ma guardandolo bene, ha ogni tanto, negli occhi chiari un po’ velati, un improvviso bagliore, come il balenare silenzioso in certe stellate notti di grande calura. Eugenio Cecchi, 1890
Improvvisamente, nella nostra vita, c’è un momento in cui si avverte la sensazione di rivivere qualcosa che qualcun altro ha già vissuto – qualcosa che, nello scorrere delle generazioni, si è sedimentato nel nostro cuore: un’idea, un motivo di ricerca, un sogno o un’ispirazione. Da quel momento, la sensazione si ripete nella nostra mente e il percorso nostro (o dei nostri figli) viene messo al confronto con quello di parenti antichi: si ritrovano così similitudini inaspettate, anche se sono passati cento anni. Cicli e ricicli storici, si diceva a scuola. Ma rimane una sorpresa, un bel gioco animato dalla ricerca di una identità familiare ed esistenziale. Nei periodi più bui, può essere di conforto riconoscere un percorso già tracciato, ritrovare gli stessi sentimenti di paura verso il presente o il futuro, insieme alla speranza che il male, prima o poi, passi. Ci si immedesima nelle grandi delusioni, nei grandi amori, negli immensi dolori e inganni della vita, nelle tappe tormentate e drammatiche della Storia o nei piccoli avvenimenti quotidiani, scoprendosi alla fine come parte di un lunghissimo filo di vita che dura e durerà ancora.
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LE DONNE DI PIETRO MASCAGNI
Il racconto che state per leggere non è altro che la ricerca di uno di questi fili sottili, che si srotolano lungo le generazioni di ogni famiglia e non si spezzano mai. Il filo c’è sempre, perché c’è sempre una motivazione profonda a orientare le nostre scelte: il carattere o la casualità degli eventi è certo determinante, ma la predisposizione “atavica”, “genetica” della nostra mente lega tutto insieme. È in questa luce che riscopriamo un personaggio, un vero artista, che ha lottato per la sua passione con tutte le sue forze, ricercando e sperimentando il nuovo: è caduto nello sconforto dell’incomprensione, ha vissuto periodi drammatici per sé e per la storia dell’umanità, ha ottenuto la gloria del successo e donato al mondo pagine struggenti. Queste musiche vengono eseguite in ogni angolo del pianeta e instaurano ogni volta un coinvolgimento emotivo, un legame profondo tra le tante generazioni che le hanno vissute e amate, e che le amano tuttora. Pietro Mascagni (1863-1945) è stato accompagnato, lungo tutta la sua vita, da alcune donne, figure femminili che lo hanno sostenuto, consolato, rimproverato, incoraggiato: per amore filiale o passionale, ma anche talvolta per l’ammirazione incondizionata verso una genialità e un temperamento artistico che hanno generato indimenticabili universi sonori. Maggio 2020
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1970
Emy (I)
Il fuoco è affascinante e ingannevole insieme. La luce che emana è calda, sembra volerti accogliere ma sai che fa male. Il fuoco s’infila nelle stoffe, nei legni, nelle carte, nei libri, mangia tutto quello che si trova davanti in modo imprevedibile, strisciando, divorando, alzandosi in fiamme grandi e rosse o crepitando con piccole scintille. Uccide ricordi, immagini, storie in pochi attimi. Il fuoco arrivò il 7 dicembre del 1970 in una serata come tante altre: lunedì freddo e grigio, quartiere Parioli. Un vento gelido, insolito per Roma, soffiava portando via le foglie secche. La gente camminava veloce con il bavero del cappotto rialzato, le luci dei fari delle poche macchine che passavano illuminavano i mulinelli di polvere. Quella sera Guia si sentiva strana, un po’ agitata. Chissà perché, aveva voglia di piangere – ma ormai era grande, come le ripeteva sempre la mamma. Ogni tanto le sarebbe piaciuto fare qualche piccola follia, scappare di casa, correre per le strade senza meta. Poi, però, rimaneva immobile, come se una mano la trattenesse per le spalle, e l’impeto di ribellione svaniva. Forse era ancora troppo piccola per scappare; prima o poi, ne era convinta, l’avrebbe fatto.
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LE DONNE DI PIETRO MASCAGNI
Minuta di corporatura, una frangetta ribelle e capelli castani arruffati, broncio perenne, carnagione scura che rivelava l’origine siciliana della mamma; i tratti del viso, invece, ricordavano quelli del suo affascinante papà, ormai via di casa da quando lei aveva due anni e sposato con un’altra donna. La mamma, artista, non l’aveva educata a regole rigide o formali; anzi, aveva sempre incoraggiato la sua indipendenza. Qualche volta veniva presa in giro dai compagni di scuola perché si vestiva con quello che capitava e si pettinava quando lo decideva lei. Qualcuno la chiamava “selvaggia”, ma non lo era: si sentiva solo al di fuori delle regole e voleva manifestare così la sua libertà. Guia1 tese l’orecchio. Sentiva una musica provenire dall’appartamento della sua nonna paterna, Emy, appena sopra il suo, e provò a indovinare: «Questo è il Preludio di Parisina, vero, mamma? È un pezzo che le piace molto, lo mette spesso. Certo il volume del giradischi è altissimo, speriamo non disturbi i vicini…». Guia sospirò. «Povera nonna, è completamente sorda da un orecchio sin da quando era piccola, per via di quell’otite non curata di cui mi ha parlato tante volte». Guia aveva ormai imparato a riconoscere i pezzi più famosi del bisnonno, che la nonna le aveva fatto ascoltare decine di volte. Era una bambina di undici anni, molto matura per la sua età, abituata a vivere solo con persone adulte, con la mamma, la sorella, il fratello più grandi di lei e con la nonna, che abitava al piano di sopra. Il suo appartamento era una sorta di casa museo, tutta dedicata alla memoria del padre, dai pianoforti agli spartiti, dai quadri alle foto. Per nonna Emy, Pietro Mascagni era stato un babbo affettuoso, protettivo e sensibile, ma dal carattere forte e volitivo. In lei aveva lasciato un’impronta 1 “Guia” è la variante femminile di “Guido”, nome del nonno paterno: Guido Farinelli, marito di Emy Mascagni.
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Emy (I), 1970
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indelebile, un misto di amore e ammirazione che era giunto fino a Guia: ormai, anche i suoi grandi occhi scuri brillavano quando si parlava di musica. «Buonanotte, mamma, vado a dormire». Camminando verso la sua stanza, avvertì un odore acre che proveniva dalla tromba delle scale. “Chissà, forse qualche vicino ha bruciato la cena”, pensò. Ma l’odore diventava solido, si trasformava rapidamente in fumo, insinuandosi sotto la porta, sempre più denso. Guia si avvicinò all’ingresso, e in quel momento sentì un urlo fortissimo, lacerante. Qualcuno stava strillando dalla tromba delle scale: ma chi? Mentre la mamma, spaventata, chiamava i vigili del fuoco, Guia cominciò a intuire che il fumo proveniva dall’appartamento della nonna. Le nuvole nere avvolgevano le scale del palazzo fino all’ultimo piano, ma non tornavano giù: rimanevano a galla nell’aria in lentissimi vortici. Guia vedeva tutto al rallentatore, come nella moviola di un film, le voci dei vicini si allontanavano e si avvicinavano con uno strano rimbombo. Un’atmosfera rarefatta di sogno, come il preludio di una tragedia che sta per compiersi ma ancora non si vede. Passò qualche minuto, forse anche di più, e finalmente dalla finestra si scorsero le luci blu dei vigili del fuoco. Quando li vide correre su per le scale, Guia si riprese da quello stato di trance. «C’è mia nonna Emy di sopra», urlò, «fate presto, vi prego!». I vigili sfondarono la porta dell’appartamento e, dopo qualche istante, comparve Emy dallo sgabuzzino. Era terrorizzata, smarrita. Il fuoco stava già divorando tutto – libri, spartiti, dischi, fotografie – ed era giunto fino allo studio dove Emy teneva il pianoforte, la scrivania e un bel mobile di fine ’800 che era stato appena restaurato a mano con spirito e gommalacca. Sotto la scrivania, il tappeto era ormai in fiamme. Le zampe del mobile
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10
LE DONNE DI PIETRO MASCAGNI
bruciavano; il ripiano, pieno di documenti e di cornici, era tutto nero, cosparso di frammenti di carta bruciata che svolazzavano. Piccole sagome nere facevano dei mulinelli. Due vigili, intanto, erano entrati dal balcone attraverso una lunga scala e avevano cominciato a bagnare tutto con le pompe. Emy venne portata via dall’appartamento, ma non trovava pace: bisognava salvare i suoi ricordi, le musiche, le lettere del babbo. «Ma avete capito chi era il mio babbo?», urlava ai vigili con un’aria da attrice melodrammatica, il trucco sciolto sul viso, il rimmel che le colava dagli occhi, una vestaglia di broccato bruciacchiata dalle scintille. Guia, lentamente, era salita al piano di sopra, spaventata e incuriosita insieme. L’immagine che si trovò di fronte l’avrebbe accompagnata per tutta la vita: nonna Emy, sempre in ordine, sempre elegante e ben truccata, le appariva adesso come una vecchietta spaventosa. Guia e la nonna si abbracciarono in modo quasi forsennato. Un vigile le prese insieme per mano e le guidò velocemente giù fino alla strada. Erano scesi anche i vicini, che non avevano mai visto di buon occhio quella signora anziana un po’ stramba e sorda che spostava i mobili nel cuore della notte e ascoltava la musica ad alto volume. Guia venne colta da un senso profondo di vergogna per il disastro combinato dalla nonna. Emy cercava di spiegare, come a scusarsi, che aveva lasciato una sigaretta accesa sul posacenere per andare a scaldare la minestra: «Due minuti, non più di due minuti…». Una volta tornata, la poltrona era già in fiamme insieme con il libro che stava leggendo. Era andata a prendere la brocca dell’acqua in cucina ma ormai era troppo tardi: anche il tappeto era andato a fuoco e non sapeva più cosa fare. Si era chiusa nello sgabuzzino, sperando che il fuoco si spegnesse da solo. “D’altra parte”, pensò Guia, “mamma lo aveva detto a papà che la nonna da sola non può più stare, ma papà non se n’è preoccupato…”.
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Emy (I), 1970
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E intanto si consumavano tutti quei ricordi, quei cimeli, come se le fiammelle azzurrognole stessero cancellando una vita, una storia intera.
Emy Mascagni, figlia di Pietro, nel 1924
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1874-1886
Mamma Emilia
Poco meno di un secolo prima, Pietro aveva undici anni. Un bambino precoce, come dicevano sempre i suoi zii quando venivano a trovarlo. Occhi chiari, intensi, ti guardava serio per qualche secondo prima di rispondere, sempre immerso nei suoi pensieri. A Livorno, quello che gli piaceva di più era passeggiare di fronte a casa, in piazza Cavallotti, intorno ai banchi del Mercato delle Erbe. Anche oggi aveva deciso di farlo. Livorno è la più giovane delle città toscane, e sicuramente la meno toscana di tutte. Benché fondata dalla famiglia dei Medici nel ’500, era stata governata con misure straordinarie: una sorta di paradiso fiscale che attirava mercanti e genti di ogni provenienza. Era diventata fin da subito l’unica città mediterranea di tipo “americano”, anticonformista per eccellenza, che trovava la sua cifra di genialità nell’iperbole e nell’esagerazione: «A Livorno, come dice un vecchio adagio, non si parla, si grida, non si accenna, si gesticola, non ci si confronta, si attacca, non si spende ma si sperpera…»2. Così allegra, così divertente, una città di mare aperta a ogni nuovo arrivo, a ogni colore e religione, miscuglio di culture e 2
Cfr. Santini, Scianna.
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Mamma Emilia, 1874-1886
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di etnie. A Pietro piaceva andare alla sua scoperta. Spesso camminava verso il porto, chiacchierava con i pescatori che ormai lo conoscevano, andava a vedere i grandi bastimenti che attraccavano al molo turistico. Qualche volta, quando era più malinconico, passeggiava sul lungomare, sempre da solo, perché il suono delle onde che si infrangevano sugli scogli gli dava un senso di eternità; tutti i problemi quotidiani diventavano minuscoli in confronto alla vastità del mare. Gli sarebbe piaciuto tanto viaggiare, andare a scoprire da dove venivano quelle navi immense. Livorno era una grande casa, con tanti amici di ogni provenienza e di ogni classe sociale, con cui scambiare sorrisi arguti e battute di spirito. Ma quel giorno era un giorno triste, terribile, perché era appena morta la mamma Emilia. Una terribile tisi se l’era portata via a soli trentadue anni. Il padre e i suoi quattro figli erano rimasti a casa, ma Pietro non ce la faceva a stare fermo ed era uscito. Voleva rifare lo stesso percorso che tante volte aveva fatto con la mamma: passavano per il mercato, e lei scherzando gli descriveva verdure e carretti, colori e suoni caratteristici. Che strano! Gli sembrava di sentire adesso, come un’onda, le lacrime che venivano direttamente dal cuore e gli riempivano gli occhi – e allora pensava a quelli della mamma, quando lo consolava, lo stringeva forte e lui era felice. Sentiva i suoi colpi di tosse sempre più forti, il suo affanno, ma con una mano si stropicciò gli occhi per scacciare il ricordo dalla mente. Voleva invece evocarne un altro: quella volta che le aveva confessato di aver comprato per pochi spiccioli un piccolo pianoforte a cristalli in un mercatino delle pulci. Vedendo che esitava a mostrarglielo, la mamma aveva commentato: «Deve essere proprio una cosa preziosa, se vuoi che nessuno la veda. Ma se è il tuo segreto, lo rispetto».
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LE DONNE DI PIETRO MASCAGNI
Era riuscito a nasconderlo per qualche tempo sotto al letto, neanche i fratelli l’avevano mai visto. Di primissima mattina, quando uscivano tutti per andare a lavorare al forno, lo tirava fuori e provava a suonare qualcosa. La mamma un giorno era entrata in camera all’improvviso e gli aveva sussurrato: «Ecco il grande segreto! Mi piace, puoi suonarmi qualcosa?». Che momento di felicità! D’un tratto, mentre camminava e ricordava, sentì una melodia affiorargli nella testa, un suono dolcissimo che si espandeva avanti e indietro, come le onde. Forse, riprendendo le poche nozioni di musica che aveva appreso nella chiesa di San Benedetto, sarebbe riuscito a fissarla con le note; erano suoni che si sviluppavano, facendosi più intensi e più forti. “Devo tornare a casa e scriverli sul quaderno”, pensò, “meglio accelerare il passo”. Una volta appuntate le note su un foglio di carta, Pietro le osservò, le cancellò, le riscrisse. Poi prese la pianola e cominciò a suonare la melodia. Soddisfatto, infilò il foglio in una piccola busta e scrisse: “A babbo, in ricordo di mamma, Duolo eterno”. Quando arrivò in chiesa per il funerale, il babbo lo guardò con aria triste ma non aprì la busta. Solo accarezzò per un attimo la testa riccioluta del figlio con la sua grande mano forte, abituata a impastare il pane per ore. Pietro si avvicinò al piccolo altare laterale, accese una candela e la ripose nella piccola molla di metallo. Nelle orecchie gli risuonavano le ultime parole che la mamma gli aveva rivolto: «Fai il bravo e studia, che diventerai importante. Vai avanti per la strada che sentirai più tua, ma studia! Sei l’unico di noi che potrà farlo». Non voleva dimenticare niente della mamma e avrebbe conservato il suo monito nel cuore. Come un fiore in un libro, come un diamante nella roccia.
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Mamma Emilia, 1874-1886
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Emilia Reboa, mamma di Pietro, nel 1870
Pietro era un bambino diligente. I suoi fratelli più grandi avevano preferito lavorare, mentre lui frequentava brillantemente il ginnasio. Il babbo voleva che diventasse avvocato e non aveva mai visto di buon occhio la sua propensione per la musica. Unica concessione: cantare in chiesa, nella schola cantorum, come fanciullo cantore. Una volta, su una bancarella, aveva trovato un libretto intitolato Zilia, un nome di donna. Il soggetto riguardava però Cristoforo Colombo che, di ritorno dall’America, fa naufragio su un’isola di barbari selvaggi e viene catturato insieme al figlio. Così Pietro, con il suo piccolo pianoforte, aveva composto la sua prima opera. Seguirono, di nascosto, le lezioni di contrappunto. Appena finiti i compiti, andava di corsa in chiesa e cercava
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Cronologia essenziale delle opere Opere liriche Cavalleria rusticana, melodramma in un atto, 1890 L’amico Fritz, commedia lirica in tre atti, 1891 I Rantzau, opera in quattro atti, 1892 Guglielmo Ratcliff, tragedia in quattro atti, 1895 Silvano, dramma marinaresco in due atti, 1895 Zanetto, bozzetto in un atto, 1897 Iris, melodramma in tre atti, 1898 Le maschere, commedia lirica in una parabasi e tre atti, 1901 Amica, dramma lirico in due atti, 1905 Isabeau, leggenda drammatica in tre parti, 1911 Parisina, tragedia lirica in quattro atti, 1913 Lodoletta, dramma lirico in tre atti, 1917 Sì, operetta in tre atti, 1919 Il piccolo Marat, opera in tre atti, 1921 Pinotta, idillio in due atti, 1932 Nerone, opera in tre atti, 1935
Musica cameristica e sinfonica Duolo eterno!, romanza, 1878 In filanda, cantata per soli, coro e orchestra, 1881 Sinfonia in fa maggiore, 1881 Alla gioia, cantata per soli, coro e orchestra, 1882 Il re a Napoli, romanza per tenore e orchestra, 1884 L’addio di Palamidone, strofette satiriche, 1894 A Giacomo Leopardi, poema per orchestra e soprano, 1898 Guardando la Santa Teresa del Bernini, visione lirica, 1923
Musica per il cinema Rapsodia satanica, regia di Nino Oxilia, 1915 La canzone del sole, regia di Max Neufeld, 1934
Musica sacra Ave Maria per canto e pianoforte, 1880 Messa di Requiem, 1887 Messa di Gloria in fa maggiore per soli, coro e orchestra, 1888
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Bibliografia Bellincioni, Gemma, Io e il palcoscenico: trenta e un anno di vita artistica, Milano, Società Anonima Editoriale R. Quintieri, 1920 Colette, En pays connu, Paris, Éditions Fayard, 1986 De Carlo, Salvatore, Mascagni parla. Appunti per le memorie di un grande musicista, Milano-Roma, De Carlo Editore, 1945 Iovino, Roberto, Mascagni, l’avventuroso dell’opera, Firenze, Camunia, 1987 Mallach, Alan, Pietro Mascagni and his Operas, Northeastern University Press, 2002 Mascagni, Pietro, Epistolario, voll. 1 e 2, a cura di Mario Morini, Roberto Iovino e Alberto Paloscia, Lucca, Libreria Musicale Italiana, 1996 Morini, Mario (a cura di), Pietro Mascagni, Milano, Casa Musicale Sonzogno, 1964 Nicolodi, Fiamma, Musica e musicisti nel ventennio fascista, Fiesole, Discanto, 1984 Orselli, Cesare, Pietro Mascagni, Palermo, L’Epos, 2011 Paganelli, Roberta, Maria Farneti nel cielo di Puccini e Mascagni, Edizioni Grafikamente, 2015 Perni, Giulia (a cura di), Mascagni forever: l’autore, gli interpreti, la critica, Livorno, Sillabe, 2013 Pompei, Edoardo, Pietro Mascagni nella vita e nell’arte, Roma, Tipografia Editrice Nazionale, 1912 Ricci, Luigi, 34 anni con Pietro Mascagni, Milano, Edizioni Curci, 1976 Santini, Aldo e Scianna, Ferdinando, Livorno, Livorno, Belforte Editore, 1986 Venturi, Fulvio, Mascagni e Livorno. Un caso internazionale, Pisa, DreamBook Edizioni, 2019 Per ulteriori approfondimenti, si invita a visitare il sito www.pietromascagni.com
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Indice Preludio 5 Emy (I) 7 Mamma Emilia 12 Emy (II) 20 Giuseppina 24 32 Emy (III) Lina 37 Gemma, Suzel, Emma 45 Emy e Gemy 58 Iris e Maria 63 Anna 77 Guia 94 Alba, Lodoletta, Santa Teresa 98 Mitì e Francesca 108 Egloge e Atte 116 126 Francesca e Guia Le donne di Pietro 130 Ringraziamenti 135 Albero genealogico della famiglia Mascagni
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Documenti storici
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Cronologia essenziale delle opere
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Bibliografia 150
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