Le Categorie – Chi sei qui ed ora? – La tua home base
Struttura del libro
JAMES GANDOLFINI – Devo proprio ammetterlo... ogni volta che vengo qui ne esco sempre sentendomi molto meglio di come sono arrivato
NICOLE KIDMAN – Pensi che io sia in grado di cantare per davvero?
– Singing Seduction
MARILYN MONROE – Happy Birthday Mr. President
PARTE II – TUTTI GLI ESERCIZI VOCALI
2024 by Edizioni Curci S.r.l. - Milano. Tutti i diritti sono riservati.
PREFAZIONE
a cura di Serena Autieri
L’artista è un navigante che si muove tra emozioni altalenanti, idee, lampi di genio e momenti difficili. Attraversare queste tempeste emotive richiede competenza, disciplina e la fiducia in un riferimento certo come una sorta di Nord. Mary Setrakian mi ha aiutata a trovare il Nord e i suoi insegnamenti rappresentano ancora oggi la mia bussola.
Da piccola ho frequentato diversi corsi e stage ricercando nella tecnica la chiave per affermarmi; poi ho capito che la tecnica era solo uno strumento, necessario ma non sufficiente, e che quello che mi serviva davvero per passare emozioni al pubblico era farla divenire una seconda natura, un istinto, non subirla.
Performare rende felici, ma fa anche paura, paura di non farcela a raggiungere quella nota, di non essere in armonia con le tue emozioni, di non riuscire a mettere in connessione il suono della voce con l’interpretazione e con la gestione del corpo sul palcoscenico. A un’artista serve equilibrio e sicurezza nei propri mezzi per affrontare il viaggio di scoperta che inizia ogni volta che si apre il sipario; serve consapevolezza, sfrontatezza, conoscere sé stessi a fondo e in condizioni di stress per abbandonarsi alla performance e poter entrare in empatia con il pubblico.
Nel corso dei numerosi workshop che ho frequentato, più o meno interessanti, conobbi Mary e fu da subito un incontro adrenalinico, carico di energia, di umanità e di arte che in poco tempo mi fece capire quello di cui avevo bisogno. Con minime indicazioni ebbe la capacità di insegnarmi come rendere unica ogni parola, ogni virgola, come mettere a frutto i miei trascorsi di sofferenza o dolore, di estasi e di felicità, di continua ricerca e tormento interiore.
Il lavoro straordinario di Mary consente di far convivere le personalità più svariate, accomunate dalla passione e dal talento; prendono parte ai suoi corsi intensivi il cantante professionista, il professore universitario appassionato di musica, l’avvocato in cerca di emozioni, l’attore di fama che vuole affinare la tecnica del canto. Ed è proprio lì che l’ascolto, lo scambio, la ricerca della verità, l’unicità, il mettersi a nudo rivelando la propria personalità, abbattono i muri emotivi che la vita costringe a costruire.
È stato un bel viaggio arricchire il mio bagaglio artistico insieme a lei, e sono orgogliosa di scrivere la prefazione a questo strumento di navigazione, nel quale troverete una fonte di ispirazione e delle risposte concrete.
PREFAZIONE
a cura di Sierra Boggess
Cantare è la forma d’arte più gioiosa al mondo. La sensazione di liberazione che proviene dal creare musica attraverso il suono che produciamo da dentro, quel suono che è unico per ognuno di noi, può davvero guarire e cambiare la vita di chi canta e di chi ascolta.
Ma l’idea di cantare può anche terrorizzarci. Ogni volta che lo facciamo, infatti, ci viene richiesto di esporre qualcosa di noi stessi, raccontare storie attraverso il suono della nostra voce, fidandoci delle note che lasciano il nostro corpo per raggiungere le orecchie del nostro pubblico. Poiché cantare ci rende vulnerabili, abbiamo spesso bisogno di qualcuno al nostro fianco che ci capisca, che sia affidabile, che ci supporti e sappia come guidarci. Per me quella persona è Mary Setrakian.
Ho conosciuto Mary quando avevo solo diciassette anni. Insegnava in un corso intensivo di due settimane sul teatro musicale a Breckenridge, in Colorado.
Io ero una studentessa liceale, ossessionata dal musical, terrorizzata e determinata allo stesso tempo, combattuta tra insicurezze e autostima. Non avevo ancora idea di quanto tutto il mio mondo sarebbe cambiato dopo quell’incontro.
Ricordo chiaramente la prima volta che vidi Mary lavorare con uno studente in una delle sue masterclass. Non avevo mai visto nessuno, prima, trasudare così tanta passione e genuino entusiasmo nell’osservare i progressi di un allievo. Era così compassionevole, vera, empatica, divertente e disinteressata verso qualsiasi cosa che non fosse autentica. Ti sfidava a esplorare luoghi profondi di te e scavare dentro la tua vulnerabilità. Riusciva a tirare fuori interpretazioni emozionanti da persone abituate fino a quel momento a eseguire con freddezza le note di uno spartito. Ho iniziato a desiderare ardentemente quel processo. Mi aveva conquistato. Così imparai in fretta che non dovremmo cercare la perfezione nell’emissione del suono, ma la nostra verità interiore. Questo mi mancava. Nessuno mi aveva mai fatto pensare che si potesse cantare così.
Lavorando con Mary mi sono innamorata del canto come mezzo per raccontare storie. Adesso so come raccontare una storia, dedicando ogni nota a qualcuno in particolare, decidendo sempre con cura a chi sto cantando e perché proprio a quella persona. È un modo di lavorare talmente dal profondo della tua anima, che è quasi come se Mary ti guidasse nel ricordare chi sei veramente. Con lei nessuna nota è buttata via. Il riscaldamento vocale non è mero esercizio, ma qualcosa pregno
di significato. «Hai trovato la persona a cui cantare?», «Di che cosa sei consapevole in questo momento?», «Vai fino in fondo adesso»: sono solo alcune delle frasi che lei ti chiede di cristallizzare prima ancora di cantare una scala. Si comincia sempre dalla consapevolezza che le tue esperienze ti hanno reso quello che sei come essere umano, perciò perché non usarle anche per cantare?
Verità e tecnica procedono mano nella mano nel metodo di Mary. In particolare, ricordo una masterclass in cui si sforzava di correggere la nostra recitazione finta e sopra le righe e la gestualità eccessiva nell’interpretazione dei brani. A un certo punto, quasi per caso, le scappò la frase: «Sei abbastanza, basti già così tanto che è incredibile quanto tu sia abbastanza». Mi lasciò senza fiato. Era la frase più intelligente e allo stesso tempo buffa che avessi mai sentito. Era come se ci stesse implorando di avere fiducia in noi stessi prima di aggiungere qualsiasi altra cosa. In effetti, se prima non ci rendiamo conto di essere già abbastanza, come potremo mai essere puri e vulnerabili come cantanti? Come farà il pubblico a rivedersi in noi se noi per primi ci vergogniamo di chi siamo? Nella stessa lezione, Mary ci fece notare che in inglese la parola “intimacy” (“intimità”) suona come “into me, see” (“guarda dentro di me”). Come performer, cantanti, attori, chiediamo alle persone di guardarci e vedere sé stesse attraverso di noi. Solo poggiando sulle fondamenta di questa consapevolezza, è possibile costruire la nostra identità di interpreti e lavorare in modo autentico. Lavoro con Mary da anni. È al mio fianco come insegnante, sostenitrice e amica, in ogni momento della mia carriera. La sua tecnica mi ha salvato quando debuttai a Broadway nel ruolo di Ariel nella Sirenetta e più tardi, quando interpretai una cantante d’opera, ancora a Broadway, nel revival di Master Class. Quando ero nervosa al pensiero di dovermi misurare sia con colorature classiche sia con il belting rock in School of Rock, Mary era lì accanto a me, a ogni pausa pranzo, a ricordarmi di concentrarmi sulla respirazione e sul Revolutionary Send. Mary è la prima persona che chiamo ogni volta che ho un’audizione a Broadway, un callback o durante le prove. I suoi metodi hanno un valore inestimabile per chiunque abbia mai lavorato con lei. La sua tecnica è essenziale per ogni performer.
Sono entusiasta del fatto che, con questo libro, potrete tutti scoprire ciò che Mary insegna da decenni. Sono sicura che, sia che tu stia iniziando adesso, sia che tu canti da tutta la vita, questo libro risveglierà qualcosa dentro di te. Credo, come lo crede Mary, che siamo tutti capaci di cantare. Dobbiamo solo cominciare da qualche parte.
Perciò, perché non provare? Del resto… tu sei abbastanza!
2024 by Edizioni Curci S.r.l. - Milano. Tutti i diritti sono riservati.
PROLOGO
Prima, una breve storia
Più volte all’anno, a New York, tengo un corso di canto. Chiunque può partecipare. Le pareti della stanza in cui insegno sono pitturate di nero. È quello che comunemente viene chiamato un black box theater: dentro non ci sono distrazioni, solo lavoro: delle panche, un pianoforte, una lavagna, uno sgabello alto e io.
Vi chiederete chi viene a questi corsi. Con mia grande gioia, c’è sempre gente di ogni tipo. C’è chi canta a Broadway e vuole ulteriormente affinare la sua arte, così come ci sono ballerini e attori che vorrebbero aggiungere il canto al proprio bagaglio tecnico. Tuttavia, questo corso non attrae solo professionisti. Come sapete, riuscire a cantare può essere il desiderio segreto di molti tra noi. Resto sempre sorpresa da chi si presenta.
Tra i partecipanti c’è stata una madre di famiglia che desiderava tanto cantare nel coro della chiesa ma era troppo spaventata per chiedere un’audizione e poi un giovane professionista che non voleva più vergognarsi alle serate di karaoke, cantando in modo stonato insieme ai colleghi. Tra gli studenti ho avuto anche una dirigente della Warner Brothers, perché il suo lavoro le richiede di parlare molto in pubblico e lei sentiva che, se la sua voce fosse migliorata nel canto, anche la sua capacità di parlare in pubblico si sarebbe perfezionata di conseguenza: ce l’ha fatta.
Una volta un grosso banchiere si è concesso una lunga pausa pranzo pur di seguire la mia lezione e mi ha confidato che, quando era ragazzo, i suoi genitori lo avevano convinto che non sarebbe mai stato capace di avere successo nel mondo dello spettacolo. Com’è triste. Era proprio ciò che amava veramente, ma per fortuna ha da poco ottenuto il ruolo di Re Artù in Camelot presso il teatro comunale della sua città e adesso ha bisogno del mio aiuto. Ho avuto delle adorabili liceali con una bellissima luce negli occhi e il sogno di interpretare Christine nel Fantasma dell’Opera, altre che dicono di cantare solo sotto la doccia ma adesso vogliono trovare il coraggio di farlo in pubblico. C’era anche chi diceva di non sopportare affatto il suono della propria voce parlata, ma il mio motto è il canto nasce dal parlare, perciò ritrovare prima una voce parlata gradevole e sana è la priorità.
Quando gli studenti si presentano a lezione, noto il loro nervosismo e la loro apprensione, probabilmente perché in quel momento si rendono conto che, essendo questa una lezione di canto, gli verrà presto chiesto di cantare. Al fine di rassicurarli, li accolgo sulla porta e li saluto uno a uno. Gli chiedo della loro esperienza nel canto e perché sono venuti.
A essere sinceri, questa mia accoglienza ha un fine ulteriore: sto analizzando di nascosto il suono della loro voce e, attraverso l’essenza di ogni personalità, verifico se risuona libera oppure hanno dei blocchi emotivi, se hanno delle insicurezze e se sono pronti a esprimere la loro vulnerabilità. Cantare, così come ho dovuto scoprire su me stessa, non è solo questione di “prendere” le note giuste. Non fraintendetemi, anche quello è importante; ho passato due anni al New England Conservatory perché non ero a mio agio con le note più acute. Senza le corrette informazioni tecniche, le note alte sono molto difficili, ma ancora più difficile è fare i conti con il fatto che cantare significa molto di più che intonarle perfettamente. Una voce autentica, non importa con che timbro o estensione vocale, deve scaturire da un’emozione vera.
In parole povere: se non riusciamo a connetterci con le nostre emozioni, alla nostra voce mancherà quel “qualcosa di magico” che fa sì che la gente si fermi ad ascoltarci.
La prima cosa che faccio è osservare. “Osservo” i miei allievi per verificare come respirano. Osservo il loro petto. Si solleva? Inspirare con la parte superiore dei polmoni, sollevando il petto e le clavicole, non è un modo sano di respirare e infatti mi dà subito un segnale d’allarme: stanno cantando “al di sopra delle loro vere emozioni”, stanno scappando dalle loro emozioni dolorose. Io li chiamo “respiri di panico”.
Il caso più evidente di questi respiri di panico che io abbia mai visto fu quello di una giovane attrice che si present ò co n cos ì ta nto entusiasmo che non vedevo l’ora di sapere di pi ù su di lei. «Ciao, sono Nina!», squittì suonando come Minnie, la fidanzata di Topolino. «Beh, dimmi», dissi io, cercando di non dare a vedere che stavo già osservando come il suo petto si sollevasse violentemente a ogni respiro, «come vorresti modificare la tua voce?», le chiesi e, con mia enorme sorpresa, mi rispose senza pensarci, davanti a tutti: «Sono qui perché quando ero piccola mia madre tentava spesso il suicidio. So che qualcosa non va con la mia respirazione e la mia voce. Puoi aiutarmi?». Sapevo di poterlo fare, ma sapevo anche che ci sarebbero volute lacrime e molto dolore per curare un trauma così profondo.
2024 by Edizioni Curci
S.r.l. - Milano. Tutti i diritti sono riservati.
capitolo uno RESPIRO
UNDICI ANNI E ALTA DUE METRI
Perché mi sento come se stessi per morire?
Ho avuto il privilegio di lavorare con un gruppo di giovani talentuosi, una ventina di adolescenti provenienti da St. Maarten e venuti a New York per studiare all’interno di un corso dal titolo Art Saves Lives, “L’arte salva la vita”.
Nel momento stesso in cui li vidi varcare la soglia, mi fu evidente che erano pronti a dedicare l’intera giornata a cantare insieme a me, mentre si precipitavano felici verso i loro posti a sedere. La studentessa più giovane di tutta la classe aveva solo undici anni ed era alta un metro e novanta, quasi due metri. Era estremamente garbata, gentile e sembrava ansiosa di imparare esattamente come i compagni di classe diciottenni.
Iniziai il workshop come faccio ogni volta, partendo dal primo elemento, il respiro (in particolare, la fase dell’inspirazione). Prima ancora di cominciare a spiegare il funzionamento dei polmoni, notai immediatamente nei ragazzi uno dei problemi che si presentano più comunemente nell’affrontare il respiro: un’inspirazione tutta nella parte alta del petto, su fino alle clavicole, quello che io chiamo “respiro di panico”. Fortunatamente, seguendo le mie istruzioni, riuscirono tutti a passare dal “respiro di panico” alla respirazione che il corpo usa naturalmente, ovvero nella parte bassa dei polmoni, con la pancia che si muove in dentro e in fuori (esattamente come accade quando dormiamo la notte), che io chiamo “respiro efficiente”.
Una volta corretta la respirazione, eravamo pronti a passare al secondo elemento, il sostegno. Improvvisamente, la ragazzina più giovane scattò in piedi:
«Mary…».
«Sì?».
«Perché mi sento come se stessi per morire?».
(Pausa)
«Oh, ti senti come se stessi per morire?».
«Sì», rispose tranquillamente.
«Beh...», iniziai a dire mentre riflettevo sulle sue parole, «pensiamoci insieme. Hai undici anni, giusto?».
«Sì».
«E sei piuttosto alta per la tua età, quasi due metri, giusto?».
«Sì».
«Immagino non sia sempre facile, vero?».
«Già».
«Prima che lavorassimo sul respiro efficiente respiravi completamente nella parte alta dei polmoni, vero?».
«Sì».
«Quando respiriamo nella parte alta dei polmoni, con il “respiro di panico”, stiamo evitando di affrontare come ci sentiamo davvero. Il respiro efficiente ci mette invece in contatto con le nostre emozioni profonde. Non vuoi provare sentimenti dolorosi, quindi trattieni lo stomaco e respiri al di sopra delle tue emozioni, su in alto nel petto. Adesso che stai respirando attraverso il respiro efficiente, hai scoperto esattamente come ti senti davvero: attraversi la vita sentendoti come se stessi per morire».
«Oh».
«La buona notizia è che no, non stai per morire! Stai respirando nella maniera di cui il tuo corpo ha bisogno, che è anzi molto salutare. Qui sei al sicuro e sei speciale esattamente così come sei: alta quasi due metri. Man mano che continuerai a respirare correttamente, il tuo corpo piano piano abbandonerà l’idea che stai per morire e, anzi, capirà che sei al sicuro. Aspettiamo e vediamo che altro succede! Abbiamo altre quattro ore di lezione insieme oggi, continua a respirare correttamente e vediamo come ti senti alla fine della lezione. Ti va?».
«Ok, ci sto!».
Alla fine della lezione andai da questa ragazzina adorabile:
Mary Setrakian è nata a San Francisco, in California. Vive a New York da quarant’anni, dove si è esibita professionalmente, in parallelo alla carriera di Master Voice Teacher di artisti e studenti a New York, a Los Angeles e in Italia, Australia, Inghilterra, Portogallo, Russia e Armenia.
Nel corso della sua carriera di insegnante di tecnica vocale, Mary ha preparato Nicole Kidman per il suo ruolo nel film di Baz Luhrmann Moulin Rouge che le è valso un Golden Globe e una nomination agli Oscar. Nel corso della sua carriera, ha avuto fra i suoi allievi i premi Oscar Forest Whitaker e Kate Winslet, i vincitori dei Grammy Award Michael Bolton e Mary J. Blige, la vincitrice dell’Emmy Award Kerry Washington e le star del film musicale di John Turturro Romance & Cigarettes James Gandolfini, Mandy Moore e Bobby Cannavale. Mary ha preparato Bella Thorne per il suo debutto in un ruolo cantato sul grande schermo nel film Midnight Sun ed è stata chiamata dalla Disney a Broadway per insegnare ai protagonisti degli spettacoli di Elton John Aida , Billy Elliot , The Lion King e per il Tarzan di Phil Collins. È stata vocal coach di Ben Daniels nel ruolo di Ponzio Pilato in Jesus Christ Superstar Live on NBC con John Legend ed è l’insegnante di canto della star di Broadway Sierra Boggess sin da quando Sierra aveva diciassette anni.
In Italia Mary è l’insegnante di Serena Autieri, Filippo Timi, Marco Ligabue, Baby K, Roberta Gambarini, Gala, Andrea Osvart, Violante Placido, i Sei Ottavi e i cantanti di X Factor, Sanremo e The Voice Italia.
Mary è stata in scena a Broadway in Hello, Dolly! insieme a Carol Channing, ha partecipato alle tournée di spettacoli di Broadway con Il fantasma dell’Opera (interpretando Madame Giry), Les Misérables, Hello Dolly! e ha partecipato alla tournée mondiale di Evita (interpretando Eva Peron a Duisburg, in Germania). Alla Carnegie Hall ha partecipato al Jubilee diretto da Herbert Ross.
Fra i ruoli che le sono valsi il premio come Miglior Attrice nei regional tour , ci sono Fanny Brice in Funny Girl , Trina in Falsettos , il Narratore in Joseph and the Amazing Technicolor Dreamcoat e il suo one woman show , A New York Romance , acclamato dalla critica e che il “Los Angeles Times” ha descritto così: «La chanteuse Setrakian è... splendida!».
Mary si è laureata con lode in Voice Performance al New England Conservatory e alla Stanford University in Musica e Voce. Ha studiato al Tanglewood Music Festival con Phyllis Curtin ed è stata allieva di Joan Heller, Mark Pearson, Marie Gibson e Corinne Swall. Da oltre trent’anni studia recitazione con la sua mentore Susan Batson.