Come si insegna oggi nella scuola italiana | Report

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COME SI INSEGNA OGGI NELLA SCUOLA ITALIANA?

Dario Ianes, Benedetta Zagni & Francesco Pacenza

In collaborazione con Sofia Cramerotti, Sara Franch, Francesco Zambotti (Ricerca & Sviluppo Area Educazione – Centro Studi Erickson)

Introduzione

La Ricerca & Sviluppo Erickson - in occasione del convegno Didattiche.2024 - Avere Cura, Orientare, Liberare (15 e 16 novembre 2024 - Rimini) - ha condotto uno studio nazionale per indagare le pratiche didattiche d’aula in Italia.

L’obiettivo dello studio era quello di fotografare come si insegna oggi nella scuola italiana, per poter avere un dato su cui basarsi, aggiornando i pochi che ci sono disponibili (le varie indagini IARD a cura di Argentin; la più celebre del 2010 con Cavalli, in attesa di quella prevista per il 2025). Non solo lo studio mirava anche a comprendere quali fattori (principalmente demografici) si intrecciano dietro all’uso di ciascuna metodologia (per esempio, l’età, il livello di istruzione ecc.).

Comprendere che cosa accade nelle aule italiane oggi è essenziale per individuare bisogni e risorse, oltre che per tracciare un quadro di riferimento concreto su cui basare politiche educative e percorsi di aggiornamento per gli insegnanti. Dunque, il sondaggio rappresenta un’opportunità per riflettere sull’evoluzione delle pratiche didattiche italiane, fortemente influenzate dai rapidi cambiamenti sociali, tecnologici e culturali. Di fronte a una popolazione scolastica sempre più diversificata, è fondamentale capire come gli insegnanti stiano rispondendo alla sfida di rendere la didattica maggiormente inclusiva ed efficace, integrando pratiche che promuovano pari opportunità di apprendimento attivo, di benessere e di sviluppo delle competenze trasversali.

L’indagine IARD del 2010 (Cavalli & Argentin) mostra come la didattica frontale sia metodologia didattica più utilizzata, insieme al lavoro individuale. Di poca rilevanza emergeva l’uso delle tecnologie e, in modo vago, anche il lavoro di gruppo (diverso dall’apprendimento cooperativo in gruppi strutturati). Seppure di minore spessore scientifico, anche l’opinione comune e uno sguardo nella quotidianità delle nostre classi può confermare questo dato. La scuola italiana insegna principalmente tramite la metodologia del lavoro di spiegazione al gruppo classe (didattica frontale) e del lavoro individuale tramite schede e/o libri didattici. È ormai chiaro e condiviso in letteratura, come la scuola non possa più basarsi su un tipo di apprendimento passivo e “riempitivo” come accade durante la lezione frontale. Morin ci direbbe: i nostri studenti e le nostre studentesse li vogliamo con le teste ben fatte o con le teste ben piene? La letteratura è ormai concorde nell’affermare come l’apprendimento attivo aumenti il rendimento degli studenti in media del 6% rispetto alla lezione tradizionale (Freeman et al., 2021). Non solo, l’eterogeneità delle nostre classi ci mostra sempre di più la necessità di differenziare e personalizzare le attività, pratica difficilmente sostenibile con l’utilizzo della metodologia frontale. Secondo uno studio del 2022, l’approccio della differenziazione didattica, che adatta le lezioni ai diversi stili di apprendimento e livelli di abilità degli studenti, si è dimostrato efficace per il 78% degli insegnanti che lo applicano, con un impatto positivo in classi eterogenee (Tomlinson, 2022). Questa spinta verso classi più inclusive non può prescindere, però, dal benessere di tutte e tutti (insegnanti compresi) in classe e dallo sviluppo di competenze sociali ed emotive. Un rapporto del Collaborative for Academic, Social, and Emotional Learning (CASEL) del 2022 ha evidenziato che l’integrazione delle competenze SEL in aula può aumentare il rendimento accademico del 13%, con un miglioramento significativo nella gestione dello stress e delle emozioni. Questi dati supportano l’idea di come – a livello internazionale - l’evoluzione delle metodologie didattiche stia mirando sempre di più a personalizzare l’apprendimento e a sviluppare competenze trasversali, rispondendo alle esigenze di una scuola inclusiva e orientata al futuro. Ma che cosa succede, invece, nel contesto italiano? La grande mole di risposte ricevute ci consente ora di costruire una percezione condivisa della realtà di un contesto così sfuggente: come sono davvero le pratiche didattiche usate nelle nostre classi? È opinione comune che la didattica frontale sia la metodologia più utilizzata: è davvero così? Quant’è grande la differenza nelle pratiche didattiche tra gli ordini di scuola? C’è differenza tra docenti giovani e docenti con più anni di esperienza?

Lo studio

Le domande di ricerca

Come riportato, l’obiettivo dello studio era quello di indagare come si insegna oggi nella scuola italiana e di cogliere eventuali differenze rispetto ad alcune variabili demografiche in relazione alle metodologie didattiche.

Pertanto, le domande di ricerca che hanno guidato lo studio sono state le seguenti:

1. Quali sono le metodologie didattiche più/meno utilizzate?

2. C’è differenza in base all’età dei/delle docenti?

3. C’è differenza in base al livello di istruzione dei/delle docenti?

4. C’è differenza in base agli anni d’esperienza dei/delle docenti?

5. C’è differenza in base all’ordine e al grado scolastico?

I materiali

Il questionario è stato costruito ad hoc dalla Ricerca e Sviluppo dell’Area Educazione del Centro Studi Erickson (Dario Ianes, Benedetta Zagni, Sofia Cramerotti, Sara Franch, Francesco Zambotti). Le metodologie didattiche sono state scelte in base alla diffusione che hanno nella scuola italiana.

Lo strumento, anonimo e destinato a docenti di tutti gli ordini e i gradi scolastici, era composto da due sezioni principali: una dedicata alle pratiche didattiche e una alle variabili demografiche.

Nella prima sezione, i docenti sono stati invitati a indicare la frequenza con cui utilizzano una serie di metodologie didattiche, incluse sia pratiche ampiamente conosciute sia due metodologie inesistenti (didattica teorico-induttiva e didattica dialettica individuale), inserite intenzionalmente per sondare la tendenza dei rispondenti a dichiarare familiarità con metodi fittizi. Le metodologie proposte (in ordine random) comprendevano:

• Apprendimento cooperativo (gruppi eterogenei con ruoli e materiali definiti)

• Peer tutoring (insegnamento reciproco tra pari)

• Lavoro in gruppi informali

• Didattica laboratoriale

• Lavoro e compiti individuali tramite il libro di testo e/o schede didattiche

• Didattica aperta/a stazioni

• Project-based learning (didattica per problemi reali o per progetti)

• Spiegazione al gruppo classe1

• Debate (discussione strutturata con ruoli e regole precise)

• Flipped classroom (insegnamento capovolto)

• Didattica in contesti reali (uscite, esperienze pratiche)

• Outdoor education

• Game-based learning (es. escape room)

• Apprendimento interattivo con tecnologie

• Progettazione didattica tramite Universal Design for Learning (UDL)

• Didattica teorico-induttiva (fake 1)

• Didattica dialettica individuale (fake 2)

1 Nella formulazione della domanda Spiegazione al gruppo classe si è scelto di evitare la dizione Lezione frontale per evitare bias di (in)desiderabilità sociale eventualmente presenti nel campione dei rispondenti

Nella sezione sulle pratiche didattiche, ai docenti è stato chiesto di indicare quanto spesso adottano ciascuna metodologia, utilizzando una scala Likert a 7 punti con le seguenti opzioni:

1. Non la conosco

2. In nessuna delle mie lezioni

3. In alcune delle mie lezioni

4. In buona parte delle mie lezioni

5. Nella maggior parte delle mie lezioni

6. In tutte le mie lezioni

7. Non la utilizzo, ma ho intenzione di utilizzarla prossimamente

La seconda sezione del questionario ha raccolto dati demografici dei partecipanti, tra cui genere, età, anni di esperienza, livello di istruzione, ruolo scolastico, ambito disciplinare, grado di insegnamento e regione di appartenenza.

La procedura

Il questionario è stato somministrato online tramite il software Qualtrics© (2020). La raccolta dati è iniziata in luglio e si è conclusa in ottobre (2024). I dati sono stati raccolti in modo anonimo. Le analisi sono state realizzate con il software RStudio (Version: 2024.09.1+394).

Il

campione

Sono state raccolte 3320 risposte. Sono stati eliminate le risposte incomplete o i soggetti che presentavano troppi valori mancanti. Il campione finale è quindi di 1965 insegnanti (1018 curricolari). A livello descrittivo, il campione copre uniformemente tutti i gradi scolastici e le regioni italiane, ha età media 45.83 anni (deviazione standard = 10.03) e, infine, 1508 sono femmine e 130 maschi.

Le analisi

Per lo studio, abbiamo seguito un processo di analisi così strutturato2: inizialmente, abbiamo pulito il database per garantire la qualità e l’affidabilità dei dati. Successivamente, abbiamo condotto analisi descrittive per ottenere una panoramica delle caratteristiche principali del campione. Abbiamo poi costruito un sottocampione che considerava solamente le risposte 5 e 6, per cogliere i valori ad alta frequenza d’uso (nella maggior parte e in tutte le lezioni). Abbiamo quindi elaborato ranking per identificare le metodologie didattiche più usate. Successivamente, tramite test del chi quadro, con correzione del p-value con metodo Benjamini-Hochberg) sono state testate le didattiche per far emergere eventuali percentuali significativamente diverse tra vari sottogruppi del campione, separati in base ad una caratteristica demografica. Infine, per le didattiche con percentuali significativamente diverse (della quale non vengono presentati i risultati specifici con i relativi p-values per alleggerire il testo) è stata eseguita un’analisi post hoc confrontando i gruppi due a due (con un test del chi quadro per ogni coppia, con correzione del p-value con metodo di Holm). Solamente per la rilevazione delle didattiche “costanti” (si veda nei prossimi paragrafi) è stato considerato il campione per intero, quindi tutti i valori da 2 a 6.

2 Le analisi sono state condotte in collaborazione con il Dott. Francesco Pacenza.

I risultati

La Tabella 1 riporta le analisi descrittive di ogni metodologia didattica (media e deviazione standard) in ordine dalla più utilizzata alla meno utilizzata (considerando solo i valori compresi tra 2 e 6). I dati evidenziano come la spiegazione al gruppo classe sia la metodologia predominante, con una media di 4.83 (DS = 0.78), seguita dalla didattica laboratoriale (M = 4.67, DS = 0.84) e dal peer tutoring (M = 4.65, DS = 0.83). Al contrario, metodologie più recenti o innovative, come la flipped classroom (M = 3.84, DS = 0.71) e il game-based learning (M = 3.70, DS = 0.76), risultano meno frequentemente utilizzate. Con una media di 4.56 (DS = 0.79), l’apprendimento interattivo attraverso l’uso di tecnologie mostra una frequenza di utilizzo relativamente alta rispetto ad altre pratiche innovative. Questo dato potrebbe riflettere l’influenza della pandemia di COVID-19, che ha incentivato l’uso delle tecnologie digitali in aula, insieme ai fondi PNRR ricevuti dalle scuole. Metodologia

Apprendimento interattivo attraverso l’uso di tecnologie

Lavoro e compiti individuali tramite libro di testo/ schede didattiche

in gruppi informali

dialettica individuale (fake)

Progettazione didattica attraverso Universal Design for Learning (UDL)

teorico-induttiva (fake)

aperta / a stazioni

(discussione strutturata in classe)

classroom

learning (es: escape room) 3.70 0.76

Tabella 1 Media e deviazione standard di ciascuna metodologia didattica

1. Quali sono le metodologie didattiche più/meno usate?

Figura 1 Ranking globale. Per ogni didattica, percentuale di docenti che utilizza tale didattica “nella maggior parte delle mie lezioni” o “in tutte le mie lezioni”.

La prima domanda che ci siamo posti, in generale, riguarda la frequenza con cui sono usate le 17 metodologie nelle pratiche quotidiane dei docenti della scuola italiana. Il grafico mostrato in Figura 1 mostra il ranking delle didattiche, ovvero, per ogni didattica, viene mostrata la percentuale di docenti che utilizza tale didattica “nella maggior parte delle mie lezioni” o “in tutte le mie lezioni”. Come risulta evidente la prima è la spiegazione al gruppo classe (la cosiddetta lezione frontale): risultato atteso, mentre sicuramente meno prevedibile, è il secondo posto della Didattica Laboratoriale e il terzo del Peer Tutoring. Segue l’Apprendimento interattivo con le tecnologie, probabilmente anche per effetto delle politiche di innovazione tecnologica del PNRR. Interessanti anche gli ultimi posti: Flipped Classroom, Outdoor Education e Game based learning, metodologie con un livello più alto di innovazione, anche se presenti ormai da alcuni anni nella scuola italiana. In questo ranking globale sono rappresentati tutti gli ordini di scuola e tutti gli insegnanti, sia curricolari, la maggioranza, che di sostegno. Esaminando solo il sottocampione degli insegnanti curricolari, senza quelli di sostegno, la classifica è la stessa.

2. L’età fa la differenza?

La variabile individuale dell’età anagrafica degli insegnanti rappresenta un elemento significativo nel creare una differenza che abbia un valore statisticamente solido? Dalle analisi statistiche effettuate risulta chiaro che l’età influisce significativamente sulla differenza d’uso di due metodologie. Nella Figura 2 (con i valori in Tabella 2) si vede come gli insegnanti della fascia d’età fino ai 29 anni usino più di tutti gli altri le tecnologie, il cui utilizzo cala sistematicamente con l’avanzare dell’età.

Figura 2 Per ogni gruppo di età, percentuali relative alla didattica apprendimento interattivo attraverso l’uso di tecnologie.

vs 30-39

vs 30-39

50-59 vs 40-49

60+ vs 50-59

60+ vs 40-49 0.94

Tabella 2 Per ogni coppia d’età, differenza tra le percentuali relative alla didattica apprendimento interattivo attraverso l’uso di tecnologie e significatività del dato.

Più sorprendente è la rappresentazione dei risultati nella Figura 3 (con i valori in Tabella 3), che riguarda l’uso della spiegazione al gruppo classe. Come intuitivamente prevedibile, gli insegnanti più anziani la usano più frequentemente, ma risulta anche statisticamente significativo (e sorprendente) l’altissimo uso anche da parte degli insegnanti giovanissimi e giovani.

Questo dato, controintuitivo, è coerente però con un risultato emerso da un’altra ricerca Erickson condotta nel 2023, dove rilevammo che gli insegnanti più giovani erano meno inclusivi di quelli più anziani (Ianes et al., 2024).

CONFRONTO

50-59 vs 30-39

vs 30-39

vs 0-29

vs 0-29

60+ vs 40-49

50-59 vs 40-49 2.12 6.81e-01

30-39 vs 0-29 2.45 9.52e-01

60+ vs 0-29 2.20 9.52e-01

60+ vs 30-39 0.25 1.00e+00

3 Per ogni coppia d’età, differenza tra le percentuali relative alla didattica spiegazione al gruppo classe e significatività del dato

Tabella
Figura 3 Per ogni gruppo di età, percentuali relative alla didattica spiegazione al gruppo classe.

3. Il livello di istruzione fa la differenza?

Nella scuola italiana abbiamo docenti con storie di formazione molto differenti, dal diploma di scuola secondaria di secondo grado al dottorato di ricerca e specializzazioni post-laurea. Il livello di istruzione formale raggiunto determina dunque un significativo cambiamento nelle pratiche didattiche? Nella Figura 4 (con i valori in Tabella 4) vediamo che risulta evidentemente significativo l’impatto del livello più alto di istruzione sull’uso della progettazione didattica con l’Universal Design for Learning e nella Figura 5 (e Tabella 5) sull’uso dell’apprendimento interattivo attraverso l’uso di tecnologie.

Figura 4 Per ogni coppia d’età, differenza tra le percentuali relative alla didattica Universal Design for Learning e significatività del dato

CONFRONTO

Specializzazione post laurea vs Laurea magistrale 8.98 1.57e-05 ***

Specializzazione post laurea vs Diploma 5.49 1.02e-01

Laurea magistrale vs Diploma 3.49 2.03e-01

Specializzazione post laurea vs Laurea triennale 5.99 2.54e-01

Laurea magistrale vs Laurea triennale 2.99 4.99e-01

Laurea triennale vs Diploma 0.50 1.00e+00

Tabella 4 Per ogni coppia di gruppi di livello di istruzione, differenza tra le percentuali relative alla didattica Progettazione didattica attraverso l’Universal Design of Learning.

Figura 5 Per ogni gruppo di livello di istruzione, percentuali relative alla didattica Apprendimento interattivo attraverso l’uso di tecnologie.

Specializzazione post laurea vs Laurea magistrale 5.23 6.25e-02 Laurea triennale vs Diploma

Specializzazione post laurea vs Laurea triennale 5.61 3.24e-01

Laurea magistrale vs Laurea Triennale 0.38 1.00e+00

Tabella 5 Per ogni coppia di gruppi di livello di istruzione, differenza tra le percentuali relative alla didattica Apprendimento interattivo attraverso l’uso di tecnologie.

Tale trend di influenza positiva del livello di istruzione sulle due metodologie sopra citate si conferma anche per il Peer Tutoring (Figura 6, Tabella 6), ma in questa metodologia si può osservare anche l’influenza positiva dei percorsi di laurea per la scuola primaria, nella figura nominati come laurea triennale, intendendo il percorso quadriennale vecchio ordinamento di Scienze della Formazione (abbiamo verificato che i rispondenti con questa laurea sono infatti insegnanti di scuola primaria quasi esclusivamente).

CONFRONTO Differenza (%) p val

Specializzazione post laurea vs Laurea magistrale 8.69 2.87e-03 **

Specializzazione post laurea vs Diploma 6.69 1.03e-01

Laurea magistrale vs Laurea triennale 5.90 4.40e-01

Laurea magistrale vs Diploma 2.00 6.35e-01

Laurea Triennale vs Diploma 3.91 6.35e-01

Specializzazione post laurea vs Laurea Triennale 2.78 6.48-01

6 Per ogni coppia di gruppi di livello di istruzione, differenza tra le percentuali relative alla didattica Peer tutoring.

Figura 6 Per ogni gruppo di livello di istruzione, percentuali relative alla didattica Peer tutoring.
Tabella

4. Gli anni di esperienza fanno la differenza?

Sarebbe lecito aspettarsi una qualche relazione tra le modalità con cui si insegna e la durata della carriera nella scuola, ma le analisi statistiche ci indicano che ne esiste solo una realmente solida e cioè gli insegnanti con le carriere più brevi (fino a 10 anni) sono quelli che usano maggiormente la Progettazione didattica attraverso l’Universal Design for Learning. Il grafico è mostrato in Figura 7 e i valori nella Tabella 7.

Figura 7 Per ogni gruppo di anni di esperienza, percentuali relative alla didattica Progettazione didattica attraverso l’Universal Design of Learning.

Più di 20 anni vs Da 5 a 10 anni

Più di 20 anni vs Meno di 5 anni 9.39 3.38e-04

Da 10 a 20 anni vs Meno di 5 anni

Più di 20 anni vs Da 10 a 20 anni

Da 10 a 20 anni vs Da 5 a 10 anni

Da 5 a 10 anni vs Meno di 5 anni 1.16 7.68e-01

Tabella 7 Per ogni coppia di gruppi di anni di esperienza, differenza tra le percentuali relative alla didattica Progettazione didattica attraverso l’Universal Design of Learning.

5. L’ordine e il grado scolastico fanno la differenza?

Come prevedibile, questa variabile produce diverse differenze molto significative (si vedano i valori nella Tabella 8).

Outdoor education

9.98e-26

Didattica in contesti reali 6.10e-14

Didattica laboratoriale 5.12e-13

Didattica aperta/ a stazioni 1.69e-05

Apprendimento interattivo attraverso l’uso di tecnologie 1.69e-05

Lavoro e compiti individuali tramite il libro di testo e/o schede didattiche 6.83e-04

Peer tutoring 3.26e-03

Apprendimento cooperativo 3.67e-03

Lavoro in gruppi informali 7.46e-03 **

Didattica teorico-induttiva (fake) 2.24e-02 *

Debate 4.32e-02 *

Progettazione didattica attraverso l’Universal Design of Learning 3.51e-01

Project-based learning 4.42e-01

Spiegazione al gruppo classe 4.42e-01

Game-based learning 4.42e-01

Didattica dialettica individuale (fake) 7.59e-01

Flipped classroom 9.96e-01

Tabella 8 Per ogni didattica, significatività delle differenze di percentuali tra gruppi relativi alla caratteristica grado scolastico di insegnamento.

La prima, in Figura 8 (Tabella 9), riguarda l’Outdoor Education, largamente usato nella scuola dell’infanzia e pochissimo negli ordini successivi. La situazione migliora per quanto riguarda la Didattica in contesti reali (Figura 9 – Tabella 10), più largamente usata nella scuola dell’infanzia, ma presente anche negli altri ordini. Molto simile anche l’utilizzo della Didattica laboratoriale (Figura 10 – Tabella 11), molto frequente nella scuola dell’infanzia, con declino significativo negli ordini successivi. La Didattica aperta/a stazioni evidenzia, come prevedibile, un analogo andamento declinante dalla scuola dell’infanzia a quella secondaria di secondo grado (Figura 11 – Tabella 12). Il primato della scuola dell’infanzia su queste quattro metodologie cede il passo a quello della secondaria di primo e secondo grado per quanto riguarda l’Apprendimento interattivo attraverso l’uso di tecnologie (Figura 12 – Tabella 13): interessante il fatto che la secondaria di primo grado superi quella di secondo grado. Significative sono anche le differenze nell’uso del Lavoro e compiti individuali tramite il libro di testo e/o schede didattiche (Figura 13 – Tabella 14): come prevedibile continua il dominio della secondaria, ma anche nella primaria si registra un largo uso di questa metodologia didattica.

Figura 8 Per ogni gruppo di grado scolastico di insegnamento, percentuali relative alla didattica outdoor education.

Tabella 9 Per ogni coppia di gruppi di grado scolastico di insegnamento, differenza tra le percentuali relative alla didattica Outdoor education. CONFRONTO

Secondaria di II grado vs Secondaria di I grado

Secondaria di II grado vs Primaria

Figura 9 - Per ogni gruppo di grado scolastico di insegnamento, percentuali relative alla didattica Didattica in contesti reali.

CONFRONTO

Secondaria di I grado vs Infanzia

Secondaria di II grado vs Infanzia

Secondaria di I grado vs Primaria

Secondaria di II grado vs Primaria 2.22 3.23e-01

Secondaria di II grado vs Secondaria di I grado 0.86 7.53e-01

Tabella 10 Per ogni coppia di gruppi di grado scolastico di insegnamento, differenza tra le percentuali relative alla didattica Didattica in contesti reali.

Figura 10 Per ogni gruppo di grado scolastico di insegnamento, percentuali relative alla didattica Didattica laboratoriale.

Secondaria di II grado vs Primaria

Secondaria di II grado vs Secondaria di I grado

Secondaria di I grado vs Primaria 0.89 7.87e-01

Tabella 11 Per ogni coppia di gruppi di grado scolastico di insegnamento, differenza tra le percentuali relative alla didattica Didattica laboratoriale.

Figura 11 Per ogni gruppo di grado scolastico di insegnamento, percentuali relative alla didattica Didattica aperta / a stazioni.

CONFRONTO

Secondaria di I grado vs Infanzia

6.68e-05 *** Primaria vs Infanzia 9.47 2.08e-04 ***

Secondaria di II grado vs Infanzia 10.82 2.58e-04 ***

Secondaria di I grado vs Primaria 1.72 3.60e-01

Secondaria di II grado vs Primaria 1.35 5.32e-01

Secondaria di II grado vs Secondaria di I grado 0.37 9.64e-01

Tabella 12 Per ogni coppia di gruppi di grado scolastico di insegnamento, differenza tra le percentuali relative alla didattica Didattica aperta / a stazioni.

Figura 12 Per ogni gruppo di grado scolastico di insegnamento, percentuali relative alla didattica Apprendimento interattivo attraverso l’uso di tecnologie.

CONFRONTO

Secondaria di I grado vs Infanzia

Secondaria di I grado vs Primaria

Secondaria di II grado vs Infanzia

3.01e-04

6.40e-04

Secondaria di II grado vs Primaria 7.06 1.66e-02

Primaria vs Infanzia 7.85 3.49e-02

Secondaria di II grado vs Secondaria di I grado 2.37 5.43e-01

Tabella 13 Per ogni coppia di gruppi di grado scolastico di insegnamento, differenza tra le percentuali relative alla didattica Apprendimento interattivo attraverso l’uso di tecnologie.

Figura 13 Per ogni gruppo di grado scolastico di insegnamento, percentuali relative alla didattica Lavoro e compiti individuali tramite il libro di testo e/o schede didattiche.

CONFRONTO

Secondaria di I grado vs Infanzia

Secondaria di I grado vs Primaria 4.16 6.40e-04

Secondaria di II grado vs Infanzia 14.52 9.57e-04

Secondaria di II grado vs Primaria 3.64 1.66e-02

Primaria vs Infanzia 10.88 3.49e-02

Secondaria di II grado vs Secondaria di I grado 0.52 5.43e-01

Tabella 14 Per ogni gruppo di grado scolastico di insegnamento, percentuali relative alla didattica Lavoro e compiti individuali tramite il libro di testo e/o schede didattiche.

Se ci chiediamo poi se esistono delle costanti tra gli ordini e gradi scolastici, prendendo in esame tutte le risposte e non solo quelle “nella maggior parte – in tutte le mie lezioni”, abbiamo riscontrato che la Spiegazione al gruppo classe, l’Apprendimento cooperativo e l’Apprendimento con le tecnologie sono presenti in modo simile, senza differenze significative tra ordini e gradi scolastici.

Le due metodologie inventate (fake)

Per pura curiosità, un paio di considerazioni sulle due metodologie inventate. Nel questionario, infatti, sono state inserite anche due metodologie inserite di sana pianta (la Didattica teorico-induttiva e la Didattica dialettica individuale) come dispositivo di controllo della tendenza a rispondere in modo scarsamente affidabile. Le percentuali degli insegnanti che hanno risposto di usare spesso/sempre tali metodologie fake sono rispettivamente 8,5% e 5,4%. L’analisi delle caratteristiche degli insegnanti che “cadono in queste due trappole” rivela, in modo significativo, che la maggior parte sono maschi. Sempre rispetto alla caratteristica maschio/femmina, risulta anche i maschi sono significativamente diversi dalle femmine nell’uso meno frequente di tre metodologie: Peer tutoring, Didattica Laboratoriale e Outdoor Education.

Conclusioni

La dominanza della Spiegazione al gruppo classe conferma purtroppo le aspettative riguardo alle metodologie didattiche maggiormente usate nella nostra scuola, ma si intravedono elementi positivi. Il fatto che la metodologia che si è classificata come seconda in termini di frequenza d’uso sia la Didattica Laboratoriale in tutti gli ordini e gradi di scuola promette bene in termini di efficacia didattica per lo sviluppo di competenze e per l’inclusività. Le stesse considerazioni, in positivo, valgono per la terza classificata, il Peer tutoring, che valorizza la risorsa compagni/e di classe in una didattica partecipativa e prosociale. La Didattica con le tecnologie è presente come quarta metodologia in generale e particolarmente nella secondaria: questo effetto positivo potrebbe essere attribuito alle azioni effettuate con i fondi PNRR. Per quanto riguarda le caratteristiche che maggiormente incidono sulle prassi didattiche si evidenziano la giovane età, con effetti sia positivi sull’uso di metodologie innovative che probabilmente negativi (il grande uso della spiegazione al gruppo classe), mentre gli anni di esperienza non sembrano avere effetti particolarmente interessanti. Un dato che va segnalato riguarda invece il livello di istruzione, dove risulta chiaro che a livelli alti di formazione corrispondono usi più alti di metodologie innovative e tecnologiche. La scuola dell’infanzia si conferma come il segmento pedagogicamente più attivo, che utilizza in modo significativamente maggiore didattiche attive e creative, mentre la scuola secondaria si conferma un segmento ancorato non solo alla spiegazione al gruppo classe ma anche all’uso individuale del libro di testo e/o schede didattiche, anche se si classifica come la scuola più tecnologica. Da tutto ciò alcune implicazioni generali:

• Il dominio della lezione frontale potrà essere rovesciato a breve potenziando la Didattica Laboratoriale, il Peer tutoring e l’Apprendimento cooperativo,

• L’innovazione didattica sarà prodotta investendo sulla formazione universitaria dei futuri docenti,

• L’innovazione didattica sarà prodotta contaminando tutti gli ordini di scuola con il “scuola dell’infanzia approach”.

Limiti

Questo studio presenta alcuni limiti che ne riducono la generalizzabilità e richiedono cautela nell’interpretazione dei risultati. In primo luogo, il campione di partecipanti si basa su volontari, introducendo un possibile bias di autoselezione: è probabile che abbiano risposto soprattutto docenti motivati o interessati alle metodologie innovative, limitando così la rappresentatività complessiva. In secondo luogo, il campione si è ridotto enormemente a causa delle risposte interrotte o lasciate a metà. Per questo, nelle prossime rilevazioni, conserveremo tutte le risposte allo scopo di effettuare un’eventuale single-item analysis. Per garantire la misurazione della frequenza d’uso effettiva, abbiamo escluso i valori “Non la conosco” e “Non

la utilizzo, ma ho intenzione di utilizzarla prossimamente”, restringendo però la variabilità e ignorando risposte che riflettono la conoscenza o l’intenzione senza la pratica. Sarà nei nostri prossimi obiettivi di ricerca considerare anche queste risposte. In aggiunta, le analisi hanno evidenziato differenze significative tra gruppi demografici (età, livello di istruzione, esperienza), ma alcune di queste variazioni potrebbero derivare da fattori non controllati. Sebbene il test del chi quadro con correzioni multiple riduca il rischio di falsi positivi, rimane possibile che alcune associazioni siano spurie. Un ulteriore limite dello studio riguarda la modalità di somministrazione online del questionario, che può aver influenzato il campione e la qualità delle risposte. La distribuzione online tende a escludere i docenti meno abituati o meno accessibili a strumenti digitali, limitando così la rappresentatività dei risultati, specialmente tra i docenti meno giovani o con minore familiarità tecnologica. Inoltre, la compilazione autonoma online può aumentare il rischio di risposte incomplete o meno riflessive, poiché i partecipanti non hanno potuto ricevere chiarimenti immediati sulle domande. Infine, trattandosi di dati auto-riferiti, basati sulle percezioni personali dei docenti circa il loro utilizzo delle metodologie, esiste il rischio di bias di desiderabilità sociale, che potrebbe amplificare la frequenza dichiarata di pratiche considerate innovative o desiderabili, come l’apprendimento cooperativo o l’uso di tecnologie interattive.

Riferimenti

Cavalli, A., & Argentin, G. (2010). Gli insegnanti italiani: come cambia il modo di fare scuola: terza indagine dell’Istituto IARD sulle condizioni di vita e di lavoro nella scuola italiana.

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