4 minute read

LA TERRA DI TUTTI

Next Article
PRIMA DI SCENDERE

PRIMA DI SCENDERE

NO MAN’S LAND, NEL PESCARESE, È UN GRANDE MUSEO A CIELO APERTO DOVE SI SONO DATI APPUNTAMENTO MOLTI ARTISTI DEL CONTEMPORANEO. CHE CON LE LORO OPERE HANNO VOLUTO TESTIMONIARE UNA PERSONALE IDEA DI LIBERTÀ

di Cesare Biasini Selvaggi cesarebiasini@gmail.com

Un museo d’arte contemporanea senza pareti, solo antiche porte che si dischiudono sul suolo e misteriosi simboli impressi su oltre 200 alberi, un luogo accessibile 24 ore su 24 a ingresso libero, senza sorveglianza alcuna. No Man’s Land è un museo a cielo aperto che non ha regole e funziona secondo la responsabilità di ognuno, una terra dell’immaginazione disponibile a chiunque, dove le utopie si rivelano realizzabili. E non si tratta di un universo parallelo come quelli tratteggiati da Lewis Carroll in Alice nel paese delle meraviglie o da J.K. Rowling nella saga di Harry Potter. Benvenuti nella “terra di tutti” a Rotacesta, una frazione del pittoresco borgo di Loreto Aprutino incastonata tra la costa pescarese e il Gran Sasso. Tutto ha inizio una manciata di anni fa. I protagonisti di questa storia sono una delle coppie più famose dell’arte contemporanea, Mario Pieroni e Dora Stiefelmeier, che hanno trascorso mezzo secolo di vita intensa a stretto contatto con gli artisti, da Gino De Dominicis a Jannis Kounellis, da Gerhard Richter a Meret Oppenheim fino a Carla Accardi e Michelangelo Pistoletto, solo per citarne alcuni. Mario e Dora hanno un terreno di famiglia a Rotacesta. Sono due ettari in una specie di dirupo: nel punto più alto c’è un bel prato di circa 6.000 m² da dove si scende attraversando un bosco di noci e, infine, si giunge in una radura nei pressi del fiume Tavo. Nulla di panoramico né di eccezionale. Ma non per gli occhi di Yona Friedman, il grande architetto visionario interpellato da Mario e Dora a Parigi. Gli mostrano delle fotografie del luogo. È il 2015. E davanti agli scatti del piccolo bosco Friedman prorompe: «Bellissimo! Sugli alberi edifichiamo un museo senza pareti». La galleria pensile non si è mai realizzata ma al suo posto è stata costruita a terra una grande struttura di bambù, una “città spaziale”. «Questo noceto è meraviglioso, sembra la cisterna di Istanbul!», aggiunge Yona, «perché non creiamo una biblioteca?

Ho un dizionario, realizzato nel 1956, basato su 240 icone per aiutare le persone che non parlano la stessa lingua a comprendersi».

Ci sono 220 alberi di noce, Mario e Dora sono entusiasti. E così su ogni tronco viene impresso un ideogramma di Friedman per accogliere chiunque, con simboli universali, nella terra di tutti. L’architetto è morto nel febbraio del 2020 lasciando a Rotacesta una parte significativa del suo testamento spirituale, in installazioni progettate insieme all’artista francese Jean-Baptiste Decavèle. «Mi piacerebbe che trovaste delle pietre fluviali per tracciare un disegno che rifletta, dall’alto, un po’ della mia mitologia personale», aveva chiesto un giorno a Mario e Dora. Così, poco tempo dopo, sono arrivati dei camion carichi di sassi dalla Puglia, bianchi e levigati dall’acqua, ed è nata No Man’s Land l’opera site-specific da cui prende nome il luogo e la fondazione omonima. Un grande disegno e la suggestiva visione di Yona: la fiducia nelle utopie realizzabili in piccole comunità che saranno, domani, la maggioranza. Le sorprese per chi giunge in visita a Rotacesta sono però solo all’inizio, perché qui, nel tempo, si sono dati appuntamento alcuni dei più grandi talenti del contemporaneo. E hanno lasciato una loro straordinaria testimonianza dell’idea di libertà a cui ognuno anela nella propria vita. È il caso del compositore e performer Alvin Curran che ha realizzato un progetto che aveva in mente già da tanti anni: far cadere un pianoforte a coda nel bosco come se fosse precipitato dal cielo e, attraverso un meccanismo, farlo suonare giorno e notte con un brano composto per l’occasione. Mentre la musica rimane sempre giovane, il pianoforte – sono già passati quasi cinque anni – si sta disintegrando nella natura. A No Man’s Land una volta c’erano anche le pecore. Questo mondo pastorale è finito, non ci sono più le transumanze, le migrazioni stagionali delle greggi. È quanto avverte con nostalgia Gianfranco Baruchello, immenso artista che ci ha lasciati lo scorso gennaio. Nel 2018 ambienta nel noceto la sua Adozione della pecora. Lezione n. 1. Porta con sé delle sagome in legno di ovini e, insieme ai bambini della scuola primaria di Loreto Aprutino, esegue una performance con un gregge ideale.

Un altro lavoro, concepito sui fondamenti della nostra cultura decostruendo idee e categorie consolidate all’insegna della visionarietà, è quello eseguito dall’artista e attivista politico Cherokee Jimmie Durham nel 2019, due anni prima della sua scomparsa.

L’opera consiste in una grande porta, molto complessa, a due ante e insolitamente non in verticale, poggiata sul terreno. È una porta antica, napoletana, del ‘700. «È stato interessante osservare che qualcuno ogni tanto tira le maniglie per vedere cosa ci sia sotto», raccontano Mario e Dora. «Come tutto il resto, anche questo portone diventerà polvere che verrà riassorbita dalla natura. Jimmie l’ha chiamata Solid Ground, cioè terreno solido, dando valore a questa terra quasi come se la tenesse nascosta, rispettosamente. È un’idea bellissima, no? Di solito una porta chiusa nasconde, custodisce un segreto, qualcosa; nel nostro caso protegge la terra», proseguono. Passeggiando qui capita di imbattersi in tanti altri “miracoli”. A partire dalla suggestiva Private Moon, un’opera luminosa che fa capolino tra i noci, emblema del russo Leonid Tishkov. Dal 2003, l’artista porta questo spicchio di luna privata con sé in giro per il mondo, dall’Europa alla Nuova Zelanda, passando per la Cina e il Giappone, componendo una sorta di poema visuale in movimento. Mentre il belga Honoré d’O ha trasformato la sua automobile, che ha all’attivo più di 500mila km, in una vettura d’arte e l’ha guidata dalla città di Gent, in Belgio, fino a Loreto Aprutino. Durante il lockdown ha deciso di farne uno strumento di condivisione mettendola a disposizione della comunità aprutina, dando vita al progetto No Man’s Car. Quando lascio questo luogo d’arte e incontro, vengo salutato dalla stessa targa in marmo realizzata dall’artista Alberto Garutti che mi aveva accolto all’inizio della giornata. È del 2020 e porta la scritta ”tutti i passi che ho fatto nella mia vita mi hanno portato qui”. In pratica, vuol dire «tu sei qui ora», commentano Pieroni e Stiefelmeier congedandosi da me. «È un modo di assumersi la responsabilità della propria presenza e di dare valore a un luogo». E che luogo… nomanslandfoundation.org

This article is from: