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Tanti cari Auguri di Buone e Liete Feste Cari lettori e cari inserzionisti, con questo numero di Valsugana News, siamo giunti alla fine del 2015. Un anno, per noi, foriero di vere ed autentiche soddisfazioni il cui merito, permettetemi di sottolinearlo, è stato principalmente Vostro. Sin dal primo numero, infatti, ci avete seguiti, dapprima con curiosità, e poi, vogliamo e ci piace crederlo, con grande interesse supportando la nostra iniziativa, sia gratificandoci per i gli articoli del giornale sia sostenendoci con le vostra inserzioni e contribuendo, di fatto, a far crescere e migliorare, nei contenuti e nella grafica il nostro periodico. E di questo noi tutti, redazione, collaboratori e addetti, ancora una volta, Vi ringraziamo Come potete ben vedere, all’interno di questo numero, oltre alle pagine d’informazione, troverete un insieme di articoli, curiosità e notizie varie, dedicate alle prossime festività e che hanno come soggetto il tema del Natale, per tutti noi la festa più bella e più sentita dell’anno. Tematiche che spaziano in una particolare informazione che mette in luce non solo argomenti legati a questo particolare periodo dell’anno, ma anche molti di quei personaggi, reali o creati dalla nostra fantasia, che ci auguriamo, possano essere per Voi di grande interesse e in grado di coinvolgerVi in una piacevole e quanto mai rilassante lettura. Articoli pensati anche per i più piccini, per i Vostri cari , che avranno così modo, attraverso le vostre parole, di conoscere Babbo Natale, La Befana, San Nicola, Santa Lucia e tutto ciò, che da millenni, fa parte della nostra quotidianità e della nostra storia “natalizia”. Un qualcosa che inizia con la natività e con quel presepe che in tutte le case dei credenti veglia e protegge e che è l’indiscutibile segno, mai passato, del bene e della pace tra gli uomini di tutti i popoli. In chiusura, insieme a tutta la redazione di Valsugana News, ai collaboratori e addetti ai lavori, permettetemi di porgere a tutti Voi e alle Vostre famiglie i nostri migliori AUGURI DI BUON NATALE E FELICISSIMO ANNO NUOVO, con la speranza che il 2016 sia per Voi un anno di gioia e serenità. Armando Munaò
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IL SOMMARIO L’editoriale ...................................................3 Ieri avvenne- Pearl Harbor ............................7 Intervista a Fabio Nones .............................10 Il Natale a scuola .......................................13 EITSA, associazione stellata ........................15 La ex macera di Levico Terme .....................19 Genitori e figli ............................................20 Scavo Brenta .............................................23 Lettera di una mamma ...............................25 Disturbo di attenzione e iperattività .............27 MOD’ART…personal trainer della bellezza .....56 Il libro di Simona Raspelli............................70 I figli delle Stelle ........................................72 1° Trofeo Skiroll a Garniga ..........................79 Ricordo di Nono Dellagiacoma .....................80 Il libro di Massimo Dorigoni.........................81 Andrea Braito il chitarrista della buona musica ....83 Levico Terme: serata sul profugato trentino..88 Giacomo Tomio, da Olle in Europa ...............90 Associazione LiberaMENTE ..........................92 Consorzio Levico in Centro ..........................93 Gelateria Bibas, la nuova apertura ...............95 Autoripatori Alta Valsugana .........................96 La medicina estetica ...................................98 Benessere e Salute - I pesci dottori............101 Benessere e Salute - Le lenti a contatto .....102 Medicina e Salute - Co-sleeping .................104 Girovagando - La Finlandia ........................106 ASTRONOMIA-ASTROLOGIA Il Capricorno ............................................108 G.S. Ausugum ..........................................110
SPECIALE NATALE Intervista a Babbo Natale....30 Natale nel mondo..................33 Perché il Natale si festeggia il 25 dicembre........35 Ecco i simboli del Natale ....36 San Nicola Vien di Notte ....37 Natale nel mondo..................38 La leggenda della Befana ......40 Natale nel mondo..................43 Natale a Scurelle....................44 La tregua di Natale nella Grande Guerra ............47 El paes dei presepi ................49 La storia del pandoro ..........51 Il vischio ..................................52 Un connubbio ad arte ..........53 Natale nel mondo..................55 La banda di CastelloTesino..59 Curiosità natalizie..................61 Letterina a Babbo Natale ....62 Natale a Grigno ....................65 Natale a Novaledo ................67 La sequoia, pianta secolare....68
ANNO I – N° 8 – DICEMBRE 2015 DIRETTORE Cristina Dellamaria DIRETTORE RESPONSABILE Armando Munao’ - 333 2815103 direttore@valsugananews.com VICEDIRETTORE Roberto Paccher COORDINAMENTO EDITORIALE Enrico Coser COORDINAMENTO PUBBLICITARIO Cristina Dellamaria - 347 6475297 COLLABORATORI Luisa Bortolotti - Elisa Corni - Erica Zanghellini Alessandro Dalledonne - Mario Pacher - Franco Zadra Laura Fratini - Francesca Schraffl - Alessandro Voltolini Eleonora Oss Emer - Chiara Paoli - Tiziana Margoni Patrizia Rapposelli - Zeno Perinelli - Adelina Valcanover CONSULENZA MEDICO - SCIENTIFICA Dott.ssa Cinzia Sollazzo - Dott. Alfonso Piazza Dott. Giovanni Donghia - Dott. Marco Rigo EDITORE Edizione Printed srl Viale Vicenza, 1 - Borgo Valsugana IMPAGINAZIONE, GRAFICA Grafiche Futura STAMPA Tipografia Effe e Erre www.valsugananews.com info@valsugananews.com Registrazione del Tribunale di Trento: nr. 4 del 16/04/2015 - Tiratura n° 7.000 copie Distribuzione: tutti i Comuni della Alta e Bassa Valsugana, Tesino, Pinetano e Vigolana compresi COPYRIGHT - Tutti i diritti di stampa riservati Tutti i testi, articoli, interviste, fotografie, disegni e pubblicità, pubblicati nella pagine di VALSUGANA NEWS e sugli Speciali di VALSUGANA NEWS sono coperti da copyright EDIZIONI PRINTED e quindi, senza l’autorizzazione scritta del Direttore, del Direttore Responsabile o dell’Editore è vietata la riproduzione o la pubblicazione, sia parziale che totale, su qualsiasi supporto o forma. Gli inserzionisti che volessero usufruire delle loro inserzioni, per altri giornali o altre pubblicazioni, possono farlo richiedendo l’autorizzazione scritta all’Editore, Direttore Responsabile o Direttore. Quanto sopra specificato non riguarda gli inserzionisti che, utilizzando propri studi o agenzie grafiche, hanno prodotto in proprio e quindi fatta pervenire, a EDIZIONI PRINTED, le loro pubblicità, le loro immagini i loro testi o articoli. Per quanto sopra EDIZIONI PRINTED si riserva il diritto di adire le vie legali per di tutelare, nelle opportune sedi, i propri interessi e la propria immagine.
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Ieri avvenne
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PEARL HARBOR:
storia di un attacco ritenuto impossibile
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ici “operazione Hawaii” e t'immagini una lunga distesa di palme lussureggianti a fare da corona a spiagge di sabbia bianchissima, baciate da un meraviglioso mare color turchese. Insomma, la classica cartolina con la quale tutti noi identifichiamo l'immagine di un arcipelago da sogno, luogo di bella vita e non certo di tragedia. Eppure “operazione Hawaii” fu uno dei tanti efferati massacri perpetrati dall'uomo nel corso della seconda guerra mondiale. Siamo, infatti, alla fine del 1941. Da due anni l'Europa è insanguinata dal folle piano di Hitler al cui fianco, dopo un'iniziale neutralità, si è schierata pure l'Italia e qualche mese dopo anche il Giappone. Ed è proprio un giapponese, Takeo Yoshikawa, che il 27 marzo 1941 sbarca a Honolulu, capitale dello stato delle Hawaii. E non si tratta, ovviamente, di un viaggio di piacere. Il suo curriculum racconta di una brillante laurea conseguita nel 1933 all'Accademia navale imperiale giapponese, ma dai referti medici emerge anche un disturbo allo stomaco che nel 1934 gli impedisce di concludere la sua formazione di pilota navale. Inevitabile,
Il 7 dicembre 1941 i giapponesi sferrarono un quindi, il congedo durissimo attacco alla base americana di Pearl dalla Marina impeHarbor ritenuta inespugnabile. Le vittime furono riale giapponese oltre 2500 e l'episodio determinò l'entrata in avvenuta nel 1936. guerra dell'America... Ma la preparazione di Yoshikawa è indiscutibile e nel 1937 gli viene offerto Insomma, una base che gli americani di entrare nei servizi segreti nipponici, ritengono inespugnabile sia per i siruolo che accetta di buon grado, spe- stemi di sicurezza di cui è dotata e le cializzandosi soprattutto sulla United forze armate dispiegate sul campo, sia States Navy. Ora l'obiettivo è chiaro. per la capacità offensiva del Giappone, Yoshikawa si trova alle Hawaii come giudicata assai modesta e comunque spia e la ragione della sua presenza non del tutto inadeguata per sferrare attacpuò essere ricercata che nel porto mili- chi complessi e a così largo raggio. tare di Pearl Harbor, nell'isola di Oahu, Un ottimismo del tutto mal riposto, dove sorge un'importante base della verrebbe da dire, considerando che i marina militare americana. Qui, infatti, giapponesi pensano di attaccare Pearl è di stanza una considerevole flotta Harbor fin dalla primavera del 1940. È composta da 127 navi, 50 bombardieri l'ammiraglio Isoroku Yamamoto, coleggeri e medi, 12 bombardieri pesanti, mandante della flotta combinata nip13 ricognitori e 152 caccia, cui si ag- ponica, che all'inizio del 1941 presenta giunge la presenza nell'arcipelago di un piano il cui nome in codice è “opecirca 43 mila uomini. Un presidio mili- razione Hawaii”. Un progetto segretistare che nella strategia statunitense ha simo, ma qualcuno a Tokyo ne viene il compito di agire da deterrente contro comunque a conoscenza. Si tratta di Rieventuali mire espansionistiche nippo- chard Sorge, un quarantenne nato in niche verso Malesia, Filippine, India. Armenia, ma con passaporto tedesco, Pearl Harbor dispone inoltre di un si- che di professione fa il giornalista. La stema difensivo aereo-terrestre al- sua attività, tuttavia, è una perfetta col'avanguardia, con postazioni radar e pertura poiché anch'egli è un agente sistema di controllo aereo centralizzato. segreto al soldo dell'Unione Sovietica.
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Sorge, che lo scrittore Tom Clancy avrebbe in seguito definito “la migliore spia di tutti i tempi”, è ben introdotto in Giappone, tanto da scoprire il piano e, il 15 novembre 1941, riferirlo a Stalin. Due giorni dopo anche l'ambascia americana di Tokyo viene informata di un probabile attacco da parte dei giapponesi. Benché i canali diplomatici fra i
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due Paesi siano molto attivi da mesi, l'opzione militare sembra inevitabile e ormai sempre più vicina. Così il 26 novembre dalla baia di Hitokappu partono sei portaerei. A guidarle è il viceammiraglio Chuichi Nagumo e la navigazione avviene nel più assoluto silenzio radio. La destinazione è Pearl Harbor. Per ironia della sorte nel pomeriggio dello stesso giorno gli Stati Uniti inviano al Giappone una proposta di soluzione diplomatica, la “Hull note”, che però ha tutti i toni dell'ultimatum. I nipponici la giudicano umiliante, ma si prendono qualche giorno di tempo per rispondere. Il 27 novembre il segretario della Marina, Knox, dirama un comunicato nel quale allerta tutti circa un possibile attacco giapponese. Ma l'allarme è troppo generico e a Pearl Harbor lo registrano come uno dei tanti scenari possibili in periodi di guerra. A Tokyo, nel frattempo, si discute, ma la voce delle armi appare quella decisamente più forte. Anche l'imperatore Hirohito toglie ogni riserva
e così alla flotta, già in navigazione, giunge la conferma del piano di attacco. Il 2 dicembre il presidente americano Roosevelt capisce che ormai il dado è tratto, tuttavia tenta un'ultima mossa per scongiurare il conflitto scrivendo una lettera molto conciliante all'imperatore giapponese in cui ripercorre la storica amicizia tra i due popoli. Ma il conto alla rovescia è inesorabilmente cominciato e la missiva giunge a Tokyo solo nella tarda serata del 6 dicembre. Troppo tardi! I nipponici nel frattempo hanno già inviato all'ambasciata di Washington la prima parte della dichiarazione di guerra. Altre ne seguono nel corso della notte. Il 7 dicembre 1941 su Pearl Harbor si scatena l'inferno. Le forze messe in campo dai giapponesi, con due divisioni navali (una di attacco, l'altra di scorta) sono impressionanti: 6 portaerei sulle quali si trovano 389 velivoli composti da bombardieri d'alta quota, bombardieri in picchiata, aerosiluranti. La flotta di scorta presenta due corazzate, due incrociatori pesanti, nove cacciatorpediniere, tre sommergibili e 8
navi cisterna per rifornimento in mare. Inoltre vi sono 28 sommergibili di cui 5 tascabili cioè con equipaggio ridotto a 2 o 3 unità. Benché consapevoli di una possibile e imminente azione armata nipponica, gli americani vengono colti di sorpresa e le perdite che si contano a fine giornata sono davvero ingenti: 5 corazzate affondate e 3 danneggiate, 2 cacciatorpediniere affondati e uno danneggiato, una nave affondata e 3 danneggiate, 3 incrociatori danneggiati, 188 aerei distrutti e 155 danneggiati, 1.247 militari feriti e ben 2.402 militari morti cui si aggiungono 57 vittime civili. Un'ecatombe che lascia il mondo sgomento e che il giorno dopo, 8 dicembre 1941, porta l'America a dichiarare guerra al Giappone. “Ieri, 7 dicembre 1941, una data che entrerà nella storia
come il giorno dell'infamia – afferma il Presidente statunitense Roosevelt in un discorso alla nazione – gli Stati Uniti d'America sono stati improvvisamente e deliberatamente attaccati dalle forze aree e navali dell'Impero del Giappone”. Come spesso avviene di fronte a fatti così eclatanti – vedasi l'11 settembre 2001 – nei decenni seguenti cominciarono a fiorire teorie cospiratorie sull'accaduto, secondo le quali il presidente americano Roosevelt avrebbe permesso l'attacco da parte dei giapponesi in modo tale da poter poi entrare in guerra con il favore dell'opinione pubblica americana. Ma questa è davvero tutta un'altra storia. Pearl Harbor, invece, rimane la cronaca di un attacco ritenuto impossibile sulla carta. Tuttavia la realtà spesso sa essere più dura della teoria. (j.g.)
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FABIO NONES… Al servizio della Rivelazione
di Franco Zadra
Fabio Nones (1961) è nato a Sover (TN). Dopo la Maturità Classica al liceo Arcivescovile nel 1980, completa gli studi di teologia presso il seminario diocesano di Trento. A Trento dirige il laboratorio di arte sacra “Santi Martiri”. Ha insegnato iconografia a Padova e Siracusa e tuttora insegna a Trento e Roma con allievi provenienti dall’Italia e dall’estero. Incontriamo Fabio Nones nel suo laboratorio di vicolo Dallapiccola a Trento e lui ci accoglie tra barattoli di vernice, tele di angeli e santi, icone di Cristo, in un'atmosfera un po' antica, quasi sacra, ma della sacralità del lavoro quotidiano. “Faccio questo lavoro dal 1990, ci dice, quando ebbi l'opportunità di seguire un corso istituito da un prete, ora morto, don Ezio Cadonna, lo zio del sindaco attuale di Trento. Organizzava allora dei corsi estivi di iconografia vicino a Padova, a Monselice. Mi sono appassionato così a questo tipo di arte sacra. Sono stato conquistato dalla spiritualità delle icone. Per spiritualità intendo che in quest'arte trovi nutrimento per il tuo spirito, riesci a prenderti cura della tua vita spirituale, della fede, perché viene rappresentata con le immagini la fede nella madre di Dio, in Gesù, negli angeli, nei santi... e quindi il tuo spirito viene rafforzato, viene nutrito guardando le immagini, pensando al significato dei simboli. Viene rafforzato anche l'amore verso Gesù e Maria. Viene rafforzata la speranza nella vita futura, nell'aldilà”. Fabio, ti definiresti un artista? “Chiariamo subito una cosa, io non sono un artista, non firmo le mie opere, ma sono un iconografo. L'iconografo lavora nel campo dell'arte cercando di mettere in luce quelle che sono le verità della fede. Gli artisti avrebbero ragione di dire che io non sono “originale”, ed è vero. Seguo una tradizione, delle regole, ma è una scelta che ho fatto. Non m'interessa essere originale e fare a tutti i costi qualche cosa di nuovo, di inedito. Sono grato a Dio che mi ha chiamato su questa strada, poiché penso si tratti di una vocazione, che è quella di diffondere la fede, la spiritualità, la preghiera, attraverso le immagini. Non mi interessa
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di mettermi in mostra, anche se in passato ho fatto anche qualche mostra ora ne faccio molte meno. Anche nelle mostre che faccio però è l'icona al centro, non tanto l'iconografo che all'interno della Chiesa è al servizio della rivelazione”. Nelle tradizioni cristiane ci sono però vari atteggiamenti verso le immagini. “La Bibbia dice, «Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo» che fa parte dei dieci comandamenti e che portò fin da subito ad accesi dibattiti, anche sanguinosi, nella Chiesa, come nel caso della controversia iconoclasta che si poneva la questione se fosse o no lecito introdurre le immagini nelle chiese e farne oggetto di venerazione. La spiegazione più grande della spiritualità delle icone che
potrei dare per esempio ai nostri fratelli evangelici, viene dall'incarnazione di Gesù. Gesù ha assunto un volto umano, è diventato vero uomo, non una parvenza di uomo, non faceva finta di essere uomo. Era vero uomo e quindi aveva un viso, dei connotati, aveva una madre dalla quale ha preso i suoi connotati fisici, essendo figlio solo di Maria e non di Giuseppe ha preso da Maria. Il suo vero padre era Dio stesso, lo Spirito Santo. Noi possiamo dipingere Dio perché lui si è fatto rappresentabile. In Gesù si è mostrato come un uomo. Invece non sarebbe corretto rappresentare Dio Padre come un vecchio dalla barba bianca, ecc., perché Dio Padre non lo abbiamo visto. Quindi è forse giustificato l'atteggiamento di questi fratelli protestanti vedendo che alle volte l'arte ha avuto anche degli abusi.
Quando rappresentano Dio con la barba, come se fosse un vecchio, anche se di per se Dio non ha età. Invece si può rappresentare Gesù, Maria, i santi, o anche gli angeli, perché nel racconto biblico a volte si sono manifestati alle persone, come a Maria per esempio, sotto forma di figure riconoscibili, anche se sono puri spiriti. Il punto fondamen-
tale di questa possibilità di rappresentarli è l'incarnazione”. A che cosa stai lavorando adesso? “Ora sto lavorando per la chiesa di san Gaetano, a 5 chilometri da Caorle, dove avevo già eseguito dei dipinti in una chiesa del rione santa Margherita. Una delle mie prime icone è a san Zeno in val di Non, ho lavorato a Bolzano nella chiesa dei tre santi, a Nave san Rocco, a Trento ho dei lavori nella cappella del battistero di sant'Antonio, ho fatto una cappella intera a Rovereto, al Pian del Levro. Ho fatto dei mosaici per un capitello a Borgo Sacco. Ho lavorato a Dorsino, a Tavodo e in altre parti del Trentino”. Come ti prepari al tuo lavoro, per fare una icona per esempio, dovendo sottostare alla legge del mercato, consideri il tuo metodo più commerciale di quello di un monaco ortodosso? “Cerco anch'io di coltivare la preghiera ogni giorno. In più quando lavoro
ascolto molto delle meditazioni, la musica adatta che mi aiuta a coltivare l'unione con Dio alla quale tengo molto. Quasi tutti i giorni, se posso, vado anche alla messa, recito le preghiere delle lodi, dei vespri, ovviamente quando è possibile, ma cerco di tenere fede a questi momenti compatibilmente con la vita familiare. Sono sposato e abbiamo tre figli e quindi ho bisogno anche del sostentamento materiale. I monaci non avevano questa preoccupazione e potevano impiegare anche tanto tempo per fare le cose. Io devo rispettare dei tempi di consegna, ho un laboratorio e ci sono tante spese”.
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IL NATALE
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gni anno la "questione Natale" si ripropone in ogni scuola di ogni ordine e grado: come festeggiarlo? Nelle classi si comincia presto la programmazione e la preparazione della festa di Natale, che coinvolge tutti gli allievi, di qualsiasi appartenenza religiosa. Negli ultimi anni con l’avvicinarsi delle festività natalizie sono aumentati i casi di scuole dove, per non turbare la sensibilità dei numerosi alunni atei o non cristiani e appartenenti ad altre confessioni religiose, vengono aboliti canti, recite, presepi ed ogni sorta di simbolo che richiami alla cristianità del Natale. La strada più seguita è forse quella del buonismo spicciolo: diventa così la festa della solidarietà, del “vogliamoci bene”, del “le differenze non contano”, del “siamo tutti uguali”, dello “spacchettamento di regali”. Non voglio dire che non sia utile ed interessante una riflessione su questi temi, ma per ora attuo una sospensione del giudizio a questo proposito e torno allegramente a pensare ai “festeggiamenti” di un Natale che nelle scuole viene sempre festeggiato, perché si può scegliere se avvalersi o meno dell’insegnamento della religione, ma non si può scegliere di “non avvalersi” di questa festa. Si può immaginare che venga festeggiato in modi diversi ma non che non venga festeggiato affatto, che non esista nell’orizzonte culturale degli alunni. Sembra infatti che viviamo nell’idea che in fondo si tratti di una
a scuola
di Luisa Bortolotti
festa “divertente”, che fa fine, rivelarsi anche molto interessante parte della “nostra” cultura, per lo sviluppo delle capacità creative e dopo tutto non può far di bimbi e ragazzi. male: un po’ di luci, regali, Se la scuola dà l'autorizzazione in albuoni sentimenti, nelle cuni casi vengono allestiti per il giorno scuole così come anche nelle fissato anche una specie di mercatino case e nei posti di lavoro. Lo e/o un rinfresco: con il fondo classe di spirito natalizio ci pervade solito si comprano panettoni e bibite, tutti e non solo il giorno di pizzette o dolci vari, oppure anche i geNatale ma per un periodo ben nitori possono essere disposti a prepapiù lungo. Lasciamo quindi da rare loro qualcosa da offrire durante la parte la questione controversa festa. della preparazione di canti, recite e pre- L’idea però che la scuola possa semplisepe, e ci soffermiamo invece su alcune cemente fare a meno della festa di Naaltre attività che in tutte le scuole di tale, che è comunque protagonista delle vacanze più lunghe del calendario certo, ogni dicembre, non mancano. Innanzitutto, bisogna pensare alle de- scolastico dopo quello estivo, e che è corazioni per rendere la classe più alle- onnipresente nelle nostre città, non gra e festosa. Sicuramente sono stati trova grandi favori. preparati dei semplici lavoretti pensando ad oggetti che possano essere Allora, per tutti, … festa sia ! utilizzati come addobbi per l'aula: festoni colorati a forma di alberello o Babbo Natale, ghirlande da apFelici feste a tutti da... pendere alla ROSANNA MUSSATI porta e alle fineMAGLIE di QUALITÀ stre. In secondo Direttamente dal produttore con luogo, bisogna SPACCIO AZIENDALE pensare ad addobbare l’immancabile albero. Al posto delle solite palline colorate, si possono proporre altri oggetti, di vario genere, da appendere ai rami; Sconti lasciandosi guisu campionario dare dalla fantaNUOVA COLLEZIONE Sconti sia si può essere INVERNO originali, e ciò Cismon del Grappa (VI) - Via Vittorio Veneto 29 - Tel 0424 92159 potrebbe, alla
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un’associazione stellata
di Elisa Corni
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uesto è anche quello che fanno i tre ragazzi valsuganotti da più di 5 anni. “Abbiamo cominciato tra di noi a fare qualche uscita nel 2009-2010. Poi abbiamo pensato di diffondere questa pratica e di coinvolgere altre persone in questa nostra passione” racconta Federico, tra i fondatori dell’associazione che ormai conta una settantina d’iscritti. “Non avevamo idea risultato avremmo potuto ottenere – spiega Adriano, tra le altre cose artista – oggi siamo piacevolmente stupiti dall’interesse e dalla partecipazione; abbiamo un gruppo di soci molto attivi, circa 15-20 persone, che partecipa con costanza a tutte le attività”. Che genere di attività organizza un’associazione come questa? Di base, ovviamente le serate osservative che culminano, come spiegano i tre appassionati, nel cosiddetto Star Party, una grande festa per astrofili e appassionati. “Quest’anno ne abbiamo organizzati due – racconta Andrea, dottorando all’Università di Trento – uno in inverno e uno in estate. Al-
Il gruppo a Vetriolo per l’eclissi di sole l’evento hanno partecipato numerose persone da tutta Italia”. La versione invernale ha avuto luogo in Panarotta, località ideale per un panorama mozzafiato: le montagne del Trentino che incorniciano il cielo stellato. “Quest’anno – prosegue Adriano – siamo stati molto impegnati anche con
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le attività sociali e conviviali: dalla Sbicerada in piazza del primo dell’anno, dove agli auguri si sono alternate osservazioni del cielo, alla gita sociale ad Asiago dove c’è il più grande osservatorio della nostra penisola”. Ma ai ragazzi non manca certo la fantasia. Ad esempio hanno costruito una
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cucina solare con una vecchia parabola. Con questa, al parco di Caldonazzo hanno cucinato marshmallow e würstel per i presenti. Oppure, sulle orme del loro idolo Galileo Galilei, hanno ricostruito il telescopio usato dal famoso scienziato italiano. Infine, hanno costruito una scatola speciale per osservare il sole senza bruciarsi gli occhi. Il sole è grande protagonista delle attività dell’associazione. Sembrerà strano perché anima il giorno e non la notte, eppure, come ricorda Andrea, è la stella più vicina, ma anche la più difficile da osservare. “In occasione dell’eclissi del 20 marzo i media hanno dato consigli utili ma anche raccontato alcune inesattezze. Noi abbiamo organizzato un’osservazione a Vetriolo, per la quale ci siamo attrezzati con strumenti adeguati: abbiamo proiettato il sole su delle superfici, abbiamo comperato occhialini speciali –non quelli da saldatore che non proteggono dai raggi UV e IR- e abbiamo messo i filtri giusti ai nostri telescopi”. Insomma, EITSA fa moltissime attività, alcune assieme ad altre realtà astrofile
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d’Italia, ma non solo. Sono convinti che fare rete sia la via giusta da percorrere per offrire spunti nuovi al pubblico: “Alle volte gli eventi più interessanti sono proprio quelli realizzati insieme ad altre associazioni, quando l’astronomia si affianca alla storia o alla musica” spiegano. Ma la loro passione rimangono le stelle: guardarle e fotografarle. “Abbiamo realizzato un corso teorico e pratico di astrofotografia a Caldonazzo che è andato bene” racconta Federico. Qualche consiglio per le foto notturne? “Quando si vuole fare fotografia notturna bisogna innanzitutto valutare il luogo da dove si vuole fotografare. Poi bisogna trovare un buon cielo con poche luci artificiali. Questa è la parte più difficile: può stupire quanto sia difficile trovare luoghi incontaminati nel boscoso Trentino. E poi bisogna tenere conto della Luna: quando è piena con la sua luce non aiuta fotografi e astrofili” spiega Andrea, protagonista di una mostra fotografica qualche anno fa a Caldonazzo. Questo il passato. E il futuro? I ragazzi continueranno nel loro intento: quello di “far avvicinare a questa passione chiunque abbia la curiosità di guar-
La luna fotografata da Andrea Conci dare in uno dei nostri strumenti. Mettere un telescopio lungo un marciapiede, in piazza, fuori da un Pub, e far vedere a chi passa qualcosa che non ha mai osservato: ecco la Sidewalk Astronomy. E noi vogliamo condividere questi momenti, queste emozioni, queste visioni con più persone possibile”. EITSA è un’associazione di Caldonazzo. Per contatti e informazioni: info@eitsa.tk
Eclissi di sole fotografata da Andrea Conci
La ex macera - tabacchi di Levico
NON È UN ECOMOSTRO DA ABBATTERE di Luciano De Carli
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n Provincia di Trento capita spesso che certe parole vengano usate perchè di moda e così si perde di vista il significato del vocabolo stesso. Non contano più nulla la storia, la memoria, il possibile riuso di un bene. Ai tempi di Mons. Domenico Caproni gli amministratori di Levico dichiaravano che la nuova chiesa del S.S. Redentore era un "ecomostro". Oggi a distanza di quasi due secoli tutti ne andiamo fieri e la gente che aveva sottoscritto "le azioni" aveva visto nel giusto modo quanto Mons. Domenico Caproni aveva pensato, previsto, desiderato per la sua gente. La chiesa del SS. Redentore è bella spaziosa ben inserita nel contesto storico e spesso usata anche a livello diocesano. Chiediamoci poi se Borgo Valsugana o Pergine Valsugana hanno abbattuto le loro vecchie filande. No: A Borgo è stata trasformata intelligentemente in sede di scuola superiore - biblioteca pubblica-teatro e cinema. A Pergine invece è stata ristrutturata in sede di Comunità Alta Valsugana e Bersntol e di molti uffici del Comune di Pergine. La
DI TOLLER DEBORAH E PACCHER ROBERTO
Cassa Rurale di Pergine ha inoltre ristrutturato l'allora cadente palazzo Tomelin creando una sede raffinata. La ristrutturazione dell'ex macera-tabacchi di Levico a sede di tutte le scuole professionali divenne, a suo tempo, merce di scambio per la chiusura dell'ospedale di Levico. Esiste su questo in Comune una documentazione in proposito ed anche un progetto per una destinazione scolastica con un dispendio di notevoli capitali. Ora perchè dover seguire le scorciatoie urbanistiche suggerite dalla PAT? Se ora non ci sono idee per l' utilizzo specifico ad uso delle diverse scuole professionali in loco e per una ristrutturazione ade-
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guata, si faccia un concorso d'idee per i giovani professionisti che escono a frotte dalla Università di Trento. Anche la palestra tra i due "vecchi" edifici scolastiche, un tempo si voleva abbattere, salvata con una raccolta di firme serve ancora da decenni elegantemente per diverse funzioni ed ha trovato anche l'attenzione del Piano Giovani con significativi pannelli esterni. Ai privati si prescrivono tamponamenti, consolidamenti, ristrutturazioni, conservazioni, progetti conservativi, perchè "il pubblico" può abbattere invece di ristrutturare. La ex macera è un pezzo di storia come lo sono i forti della Grande Guerra, recentemente ristrutturati. Per la ex macera di Rovereto nessuno si fida a proporre l'abbattimento. Fino a pochi decenni la nostra ex macera fa occupava molte cosiddette "tabacchine", creava occupazione. I muri dell'edificio sono solidissimi, dentro tutto è realizzato in travature di legno per favorire l'essiccazione del tabacco. Può essere quindi svuotato facilmente ed utilizzato come meglio si vuole.
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di Patrizia Rapposelli
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in dal momento della nascita ogni bambino racchiude in sé un potenziale, il quale non è immediatamente visibile, ma può emergere nel corso della crescita personale ed esperienziale. Tale attitudine è racchiusa in ognuno come elemento caratterizzante la persona stessa e necessita di un’educazione per poter fuoriuscire, riprendendo le parole di un pedagogista tedesco :”… per far scintillare la scintilla che è in noi”. Ruolo decisivo lo ha la famiglia. Inizierei la nostra riflessione partendo da un espressione usata comunemente: “gli sono state tappate le ali”. Per un momento pensiamo al suo significato, poche parole, ma che coinvolgono una serie di questioni che vanno a scapito dei bambini, degli ado-
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GENITORI: Rischiate di credere ai vostri figli
lescenti e dei giovani adulti i cui genitori non sono stati in grado di ascoltarli. Tale concetto non vuole essere un giudizio negativo sul ruolo genitoriale, ma un momento di riflessione che tradurrei nella domanda:” vengono ascoltati veramente i bisogni, le predisposizioni e i potenziali dei vostri figli?”. Il pensiero che si fa agio è semplice e non fa altro che domandarsi se il genitore riesce a comprendere ed assecondare il sogno di un bambino; spesso ciò non accade e il problema è ben visibile dai tassi di frustrazione già nella scuola della prima infanzia, senza tralasciare atteggiamenti devianti come richiesta di ascolto. Non capire i bisogni si fa portatore di cattive riuscite nella vita di un figlio, costringendolo a delusioni, infelicità, carenze di autostima, che non fanno altro che reprimere le sue inclinazioni, rilegandolo a una “non-esistenza”. La quale o comporta un momento di ribellione manifestante condotte per la maggior parte dei casi negative o una vita all’insegna della repressione del proprio vero essere, accomodando il volere di aspirazione dei cari.
Perché tutto questo? Semplice, da un lato vediamo genitori immersi in una società che limita all’impegno costante al di fuori delle mura domestiche e dall’altra bambini sempre più sollecitati a “fare” dalle istituzioni scolastiche e dall’ambiente in cui vivono, purtroppo è superficiale fermarsi a questo fattore ben evidente; infatti fondamentale è il ruolo genitoriale in tutto questo. Non è la società che può aiutare a far emergere i potenziali di un ragazzo, essa da solo degli stimoli che possono essere sfruttati, ma è il genitore che dovrebbe accompagnare il figlio alla scoperta del suo potenziale, di quella capacità unica che si nasconde in ognuno di noi. Emerge il fulcro della nostra riflessione dato dal rendersi conto che in mancanza dell’ascolto sono i padri e le madri stessi a tappare le ali ai propri ragazzi, anteponendo le proprie aspirazione e i propri traguardi mancati ai veri desideri e capacità degli stessi. Per molti adulti, rammentando le parole del noto psichiatra e sociologo Paolo Crepet, educare significa controllare. Questa frase si può semplicemente spiegare con un esempio pratico: per un genitore è più facile pensare che il proprio figlio sarà uno studioso, frequenterà la scuola di
pianoforte, andrà all’università e diventerà medico; più difficile è assecondare un figlio che fatica a scuola, che del pianoforte poco gli importa perché predilige la chitarra elettrica e che da grande vorrà fare il musicista. Educare controllando vuole dire pretendere di programmare la vita di un bambino dalla nascita alla giovinezza, fare di lui un ragazzo che esprima l’aspirazione del proprio genitore. Chiediamoci se questo vuol dire ascoltare e cercare di scoprire assieme a lui il potenziale. Sembra banale, ma spesso ce ne dimentichiamo: l’ambizione, quel senso di realizzazione e di soddisfazione si provano quando possiamo esprimerci in ciò che sappiamo fare meglio; cosa accade quando veniamo ostacolati e allontanati dai nostri effettivi desideri? Comprendiamo dunque che educare significa ex - ducere, ovvero tirar fuori il talento di ogni bambino, non costringendolo in una gabbia
mentale; comporta coraggio e capacità di rischiare. Troppo facile dire “ bravo!” a un figlio quando realizza un volere del genitore (mi riferisco sempre all’ambito del potenziale racchiudente capacità creative, sogni lavorativi e desideri di vita). Mediterei sul fatto che bisognerebbe fidarsi di lui quando ancora non
ha costruito nulla, ascoltando nell’attenzione di capire i suoi desideri e le sue capacità in quello che fa, senza precluderne alcuna strada. Educare nell’ottica di riuscire a scoprire il potenziale nascosto significa dunque rischiare di credere nei figli.
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SCAVO BRENTA:
di Mario Pacher
un’opera che ha segnato la nostra storia.
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l fiume Brenta, fino all’inizio degli anni ’30, costituiva un vero e costante pericolo per le coltivazioni del fondo valle. Nei momenti di piena, che quasi annualmente si ripetevano, le acque tracimavano allagando le campagne circostanti e compromettendo così, spesso irreparabilmente, il raccolto che, all’epoca più di adesso, era costituito principalmente dal granoturco e la farina serviva, come tutti sanno, per il quotidiano piatto del giorno: la polenta. Inoltre il fiume era soggetto alle traversie impostegli dai torrenti laterali, come Centa e Larganza, che scendevano precipitosi dalle pendici dei monti circostanti, trasportando acqua e detriti che ne acceleravano gli allagamenti. Alcuni anziani ricordano ancora oggi di aver visto “portar via” dalle piene, i ponti, allora in legno, della “Betona”, dei “Mori” e della stazione di Novaledo. E fu così che venne redatto un progetto di sistemazione del tratto iniziale del Brenta, da Levico a Borgo, studiato proprio per aumentare la portata di piena e di promuovere la bonifica dei vasti terreni di fondovalle. In questo caso le centinaia di ettari, prima sempre a rischio e spesso incoltivabili lungo tutto il corso del fiume, si sarebbe potuto renderli produttivi senza più rischi di allagamento. I lavori che furono eseguiti per conto dello Stato dal Genio Civile, iniziarono il 28 ottobre del 1931 e durarono diversi anni. Vi furono alcuni appalti consecutivi sul tratto
Levico - Borgo affidati ad imprese diverse. In Bassa Valsugana erano stati assegnati dapprima all’impresa Depaoli che però fallì, e successivamente all’impresa Marco e Guido Battisti di Borgo e, successivamente, all’impresa Mayer. Poi, per il restante tratto fino al ponte dei Chiocchetti di Levico, all’impresa Chiesa. Su tutto il tratto era assistente tecnico e sorvegliante, con piena facoltà anche di assumere gli operai, il già dipendente del Genio Civile di Trento geometra Emanuele Silvio Pacher di Novaledo. Anche per questo paese i lavori dello “Scavo Brenta” costituirono, per diversi anni, una vera e propria manna. Complessivamente circa 500 persone furono occupate ed almeno un centinaio erano di Novaledo. Una fonte di guadagno importante per le famiglie dato che altrimenti gli unici introiti venivano dalla campagna, dalla coltivazione non sempre felice
del baco da seta, dal tabacco e dal graspato (il “brascà” come dicevano i nostri nonni). E qui forse è anche il caso di ricordare quanti fiorenti vigneti si coltivavano soprattutto nella parte nord del paese, fino a metà montagna. L’uva migliore veniva venduta ai commercianti
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mentre i nostri contadini mettevano nelle loro botti l'uva di seconda qualità e gli scarti. Bisognava fare così se si voleva avere qualche soldo per campare. Date le peculiari caratteristiche del fiume, per ritornare al Brenta, il tracciato planimetrico è stato ricavato in modo da usufruire dell’alveo già esistente. Solamente in qualche tratto il percorso si dovette abbandonare, come nei pressi del torrente Larganza e nella parte immediatamente a monte dell’abitato di Borgo. Durante l’esecuzione dei lavori, le acque vennero fatte obbligatoriamente confluire nella “Brenta Vecchia”, peraltro già in difficoltà in alcuni momenti dell’anno per far defluire le proprie acque. Il compito degli operai era quello di scavare la ghiaia, trasportarla con le carriole ed accatastarla. Poi per lo scavo veniva utilizzata una macchina di allora recente concezione portata dalla Germania, la
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“Bagermaschine”, soprannominata la “Pàchera”. Fra i lavoratori c’erano anche molti ragazzi di 14 - 15 anni chiamati i “bocia dei ferri“ e i “bocia dell’acqua”. I primi portavano e riportavano al fabbro ferraio le cosiddette “punte” che si erano mozzate durante la lavorazione dei sassi, mentre i secondi avevano il compito di portare l’acqua, con secchio e cazzotto, per dar da bere agli operai. Fra le opere complementari che hanno completato la regolazione del Brenta superiore, è da ricordare la sistemazione dello sbocco del torrente Larganza con la costruzione di una vasca di deposito delle materie solide. La parte di fiume che attraversa Borgo centro e quella a ovest del paese, furono terminate per prime ed inaugurate il 30 ottobre del 1933. Quel giorno fu una grande festa per tutta la Valle e lungo quel tratto di Brenta si erano radunate centinaia di persone per assistere allo storico momento. Su molte finestre sventolava la bandiera tricolore. Anche ai lati della strada che porta verso Roncegno, prima ancora che giungessero le autorità, vi fu un vero e proprio ammassamento di per-
sone: dai sindaci dei vari paesi (gli allora Podestà) alle altre autorità civili, religiose, militari e scolastiche, ragazzi delle scuole. Poco prima di mezzogiorno di quel lontano 30 ottobre, giungeva in automobile il prefetto di Trento con il segretario federale e l’ingegnere Gualtiero Adami, capo del Genio Civile di Trento. Al loro arrivo la Banda Sociale di Borgo intonava l’inno nazionale. Al Prefetto venivano offerti diversi mazzi di fiori mentre una scolaretta pronunciava, ad arte, brevi parole di benvenuto. Seguiva la visita ai lavori dell’alveo del Brenta con particolare attenzione a quelli più difficili nella realizzazione, vale a dire il tratto che attraversa il centro abitato di Borgo. Tanto il Prefetto che l’ingegnere Adami elogiarono l’operato dell’impresa Battisti per la serietà dimostrata in questa realizzazione fatta con grande professionalità. Infine, dopo essersi intrattenuti con le autorità locali, le autorità trentine partirono per il rientro mentre la Banda riprendeva a suonare altri inni. Gli altri lotti di lavori, di minore entità, furono portati a termine in epoche successive e completati nel 1937.
Lettera aperta di una mamma
Grazie Levico Terme, grazie Amici
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atrizia Rapposelli si chiedeva, scrivendo sullo scorso numero di Valsugana News, «se siamo ancora in grado di provare empatia per l'altro e se siamo capaci di ascoltare realmente il mondo che ci circonda». La lettera di una madre, scrittrice, da qualche anno residente a Levico Terme, testimonia, facendone regalo a tutti noi, che questa dimensione è ancora viva nei nostri paesi e in alcuni casi può agire la sua influenza “terapeutica”. “Mi spiego. Intanto: chi è Vittorio? Vittorio è mio figlio maggiore, un ragazzo di particolare sensibilità e riconosciuto come disabile. Giù, al paese di provenienza, egli, per questa sua particolare sensibilità, si era chiuso in casa da oltre vent'anni e non era mai più uscito. Il mondo di fuori non aveva saputo fornirgli rassicurazioni e certezze, o forse solo la necessaria e opportuna accoglienza.
Ebbene da dopo solo un anno, poco più, che ci troviamo a Levico Terme, Vittorio ha iniziato a uscire di nuovo, a parlare con la gente, a raccontarsi. Perché? Perché non ha incontrato dei semplici concittadini, ma cari amici che accoglienti e sorridenti hanno saputo e sanno prestare affettuosa e sorridente partecipazione. Chi sono questi amici? Troppi per poterli enumerare tutti: a cominciare dai sensibili vicini di casa, per proseguire con i commercianti del centro, per finire anche con alcuni semplici e abituali avventori dei bar nei quali egli si reca nonché le occasionali amicizie fatte al parco durante le sue mattutine passeggiate. Il suo primo, acuto psicoterapeuta, aveva accortamente evidenziato che se Vittorio avesse abitato in un paese nel quale l'edicolante, il barista, il cartolaio, il libraio, ecc., fossero stati non solo tali, ma anche sensibili e acuti
amici, egli sarebbe automaticamente guarito. Ma aveva anche aggiunto un po' sconsolato: purtroppo un paese così non esiste. Ebbene, si sbagliava. Quel paese ideale noi l'abbiamo trovato a Levico. Ora, non posso certo affermare che Vittorio sia effettivamente guarito, ma mi sento tuttavia di dire: «Grazie Levico. Grazie amici», non senza concludere con uno dei miei primi aforismi: «il tuo paese non è quello che ami ma quello che ti ama»”. (Laura Trevisan)
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Disturbo di attenzione e iperattività N
ella nostra società sempre più spesso le richieste che mi arrivano dall’ambito scolastico sono di due tipi: o difficoltà negli apprendimenti, oppure consulenze per la gestione di comportamenti di bambini iperattivi e/o disattenti. In questo articolo analizzeremo più approfonditamente il caso in cui i bambini o ragazzi presentano un Disturbo da Deficit d'Attenzione e Iperattività (ADHD). Ma che cos’è l’ADHD? Per prima cosa diciamo che è un disturbo ad esordio infantile, il quale include precise difficoltà dell’attenzione, dell’ iperattività e dell’impulsività. Se ascoltiamo i genitori nella storia dello sviluppo dei propri figli, si ritrova spesso molta fatica nel regolare il ciclo sonno-veglia durante il primo anno, oppure frequentemente eccessiva irrequietezza motoria al risveglio, più evidente quando il bambino comincia a camminare da solo. Durante la scuola dell’Infanzia si distingue dai suoi compagni a causa della sua “rigidità” nel comportamento e per la resistenza al cambiamento, impiegherebbero più tempo ad apprendere e condividere alcune regole modificando così i loro at-
teggiamenti iniziali. All’ingresso della Scuola Primaria, il bambino con questa difficoltà si nota per le sue caratteristiche comportamentali. Le richieste dell’ambiente come i livelli attentivi, la responsabilità, l’impegno, l’autonomia e la costanza nel sviluppare nuove abilità richiedono sforzi cognitivi, comportamentali e non solo, che alla Scuola dell’Infanzia non erano richiesti. Spesso è in questa fase che è più facile individuare gli allievi con questo disagio, in quanto l’aumento di richieste mette in luce ancor di più lo sforzo nello stare al passo. Una cosa importante da tener presente è che non si parla di una fase evolutiva transitoria, ne risulterebbe premeditata o volontariamente impiegata dal bambino per vantaggi secondari. Le componenti che caratterizzano questa sindrome non sono mai uguali l’una con l’altra sia per quanto riguarda la rilevanza
di Erica Zanghellini
del sintomo che la manifestazione o l’importanza. Ricordiamoci che anche se due bambini hanno lo stesso disturbo ognuno ha le sue specificità e la sua manifestazione caratteristica. Detto questo possiamo dire che i nuclei centrali di questo disturbo sono: • L’alterazione della capacità di attenzione. Condiziona molto la vita del soggetto, in quanto ad esempio non permette un adeguato apprendimento, e si riversa sull’acquisizione delle abilità cognitive e comportamentali. Dall’esterno posso sembrare assorti nei loro pensieri, sulle nuvole o ancora assenti. Il bambino mostra
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interesse verso gli oggetti del suo ambiente senza però riuscire a soffermarsi su di essi per un tempo prolungato, questo può portare i genitori a dire che il figlio non si appassiona a un gioco o una attività congrua alla sua età. Quando viene loro richiesto di stare attenti per un tempo prolungato si possono sentire stanchi e annoiati. Risulta ulteriormente complicato organizzare le attività, portare a termine quanto iniziato e l’elaborazione delle informazioni memorizzate risulterebbe spezzettata e superficiale. L’essere distratto continuamente da stimoli esterni, facilita la perdita di oggetti personali ad esempio un bambino può andare ad allenamento di calcio e ritornare a casa senza la felpa, oppure i calzini ecc...
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• Per quanto riguarda l’iperattività possiamo definirla come la quasi impossibilità a rimanere fermi con il proprio corpo, comprese le mani e i piedi. Spesso vengo definiti come “motorizzati”. Sono quei bambini che in classe si devono alzare continuamente, che giocano con la penna o con i piedi in modo ripetitivo o che ancora si dondolano sulla sedia. • Infine l’ultimo tema centrale di questo disturbo è l’impulsività intesa come l’incapacità a fermarsi a pensare prima di agire. Per loro risulterebbe molto faticoso riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni. Manca la capacità di autoregolarsi, vige la regola del tutto o niente. Esempi pratici possono essere che il bambino risponde ancor prima che sia finito di porgli una domanda, oppure il non rispettare i turni nei giochi. C’è un’ incapacità ad attendere e ritardare la gratificazione. Una sfaccettatura conseguente a questo disturbo da non sottovalutare è l’incappare in problemi relazionali con i coetanei, e l’ instaurarsi di processi di esclusione e di emarginazione, nonché
di conseguenza lo stabilizzarsi di comportamenti problema (come l’isolamento, disinteresse e l’ opposizione). Le difficoltà si ritrovano in tutti gli ambiti di vita,rendendo così questo disturbo pervasivo e per questo di fondamentale importanza è l’identificazione precoce. Come per tutti i disturbi specifici dello sviluppo, la formulazione corretta della diagnosi appare indispensabile per poi pianificare un intervento di trattamento efficace.
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BABBO NATALE
di Adelina Valcanover
vigilia di ibuisce i doni ai bambini, di solito la sera della distr che re cultu e molt in nte prese a figur una Babbo Nat ale è lizia della civiltà occidentale, oltre che in nata zione tradi della te ortan imp ento elem un è Natale. Babbo Natale dell'Asia orientale . America Latina, in Giappone ed in altre parti si anglofoni, derivano principalmente dallo pae nei us Cla Santa ato chiam rno, mode le Tutte le versioni del Babbo Nata di cui per (oggi Demre, città situata nell'odier na Turchia), Myra di ovo vesc ola, Nic San co: stori gio onag stesso pers o era iulli, rapiti ed uccisi da un oste , e che per quest fanc e cinqu vita in tò ripor e vò ritro che nta esempio si racco a da Sinterklaas, nome olandese di San Nicola. deriv s Clau ta San tivo pella i. L'ap bimb dei re considerato il Protetto Oh-oh-oh, Oh-oh-oh Toh, un babbo natale! Ma certo, siamo ormai a dicembre. No, Adelina, non un babbo natale, ma IL BABBO NATALE! Un momento, prima di tutto babbo natale è una figura inventata di sana pianta e in questo periodo se ne vedono in giro a bizzeffe. Oh-oh-oh! Senti, senti la saputella! Io sono l’originale. Da brava, guardami, e cerca di ricordare. Io sono Babbo Natale, dovresti riconoscermi. Non si offenda caro signore, ma per mettersi un vestito rosso bordato di pelliccetta bianca… insomma un travestimento facile, non significa nulla, insomma come si dice: l’abito non fa il monaco. Oh, che sorpresa! Ho trovato la scettica blu! E invece sono proprio io e sono qui per farmi intervistare da te. Non dirmi che rifiuti. Mah, non saprei. Sa intervistare Babbo Natale mi fa un po’ sorridere. Visto che ami citare proverbi eccotene servito uno che mi pare proprio adatto a te: Gente allegra il ciel l’aiuta. Suvvia, animo! Sono sicuro che se ti impegni ce la puoi fare. Certo, certo, se mi impegno ricevo il regalo? Ma io non ho scritto la famosa letterina. Mai scritta. Neanche a Santa Lucia. Lascia perdere la concorrenza, per ora. Parliamo di me. Anzi, so che di solito lo
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fai con tutti coloro che intervisti, diamoci pure del tu. D’accordo, chissà che non esca qualcosa di curioso. Comincio con una domanda semplice: da dove vieni? Ho tre siti ufficiali, uno a Rovaniemi in Finlandia, che si trova nel Circolo polare; a Tomteland in Svezia e a Drøbak sul fiordo di Oslo. Però basta scrivere a: Babbo Natale, Polo Nord e le poste di tutto il mondo inoltrano. Poi ce ne sono altri naturalmente; anche Santa Claus… Ma da noi Santa Claus è il 6 dicembre! Qui le date non collimano. Sta buonina, cara. Mi hanno identificato con lui, ma io poi sono diventato io, come dire. Insomma non confondiamoci. Lo sapevi che nel Medioevo la settimana fra Natale e Capodanno era dedicata alle “feste dei folli”. Da lì sono nate molte tradizioni, come quelle della Stella, per esempio, per ricordare la nascita del Salvatore. Insomma per dirtela
in breve questa festa si evolve in vari modi e non solo religiosi. Mi pare che tu abbia molte provenienze e patrie. E che, ora come ora, sei passato attraverso molte sovrapposizioni di personaggi. Su questo hai ragione, per essere una che non si interessa di me ne sai parecchio. Oh-oh-oh! Sì, dai genietti dei miti nordici a un paio di santi cristiani… Ma è logico benedetta Adelina! Del resto io ho antenati in tutta la Scandinavia! Parlami di questi antenati, sono proprio curiosa. I tomten (Svezia) i nissen (Norvegia) e Joulupukki (Finlandia) per esempio i primi sono folletti della mitologia vichinga che tradizionalmente vivono sotto le abitazioni degli umani e si nutrono dei loro avanzi. Lo sapevi che nelle campagne dei Paesi scandinavi, ogni giovedì sera i bambini mettono fuori dalla porta i resti della cena? E i folletti in inverno ricambiano la cortesia portando loro dei regali? Che idea simpatica! E Joulopukki? Raccontami. Naturalmente porta doni anche lei, secondo un’antichissima leggenda lappone vivrebbe in un posto particolare un altura, chiamata Korvatunturi, un’altura a forma di orecchio, vicinissima al confine russo. Ah, dimenticavo, è una capra. Ma i portatori di doni che ti hanno preceduto della tradizione cristiana?
San Basilio, di provenienza slava e san Nicola del mondo germanico. Va detto però che il primo non girava per le case a Natale, ma a Capodanno e ancora adesso il secondo porta doni il 6 dicembre, e gira vestito da vescovo... Infatti quel santo, in vita, era il vescovo di Mira in Turchia… Da brava, non interrompermi, che se poi perdo il filo non posso dirti tutto quanto. Dicevo che gira vestito da vescovo accompagnato in compagnia di un diavolo (Krampus). Ovviamente come puoi ben capire sono figure ben diverse dei folletti e la capra nordici. Va bene, ma dimmi, dove è nato veramente quello che definiamo adesso Babbo Natale? In America a inizio 800, pensa che una traccia certa si trova in una poesia pubblicata un giornale (Sentinel) dedicata a Santa Claus che somigliava molto a un nissen e che viaggiava su una slitta tirata da renne. Ti viene in mente qualcosa? Ma il tuo costume rosso? Da dove viene? Ferma lì, fammi spiegare… bambina!
Dunque dicevo, nel 1875, una pittrice svedese, dipinse delle cartoline augurali con le immagini di un Babbo Natale moderno, ma vestito di verde! Oh-oh-oh! Stavolta lo dico io, ma quello rosso? Non darmi la baia e ascolta. Fu nel 1930 opera di un illustratore americano, a codificare il costume così come mi vedi. Rosso, perché il committente del ‘ritratto’ era la Coca-Cola e usò i colori delle lattine che conteneva la bibita. A dirtela tutta, a me piace moltissimo. Adoro il rosso! Pure io! Naturalmente evidentemente piace un po’ a tutti. Hanno scritto, fatto film con te come protagonista, ma anche la politica… Ah, so a cosa ti riferisci. Nei paesi ex comunisti come a Russia hanno contrapposto la figura di Ded Morož (Nonno Gelo), in realtà sono poi sempre io… Comunque la tradizione di portare doni ai bambini è bellissima e poetica, che siano figure di santi, come S. Basilio, S. Martino, (sì anche lui), S, Lucia, o come altre entità come i morti, (Sicilia), la Befana… Trovo sia un particolare modo di
coccolare i bambini creando un’atmosfera di attesa diversa dalle solite. Hai ragione, ma io ho avuto qualche delusione da bimba. E con me tanti altri. Comunque ti ringrazio per aver raccontato tanto di te. Posso capire quello che vuoi dire, ma in fondo anche questo fa crescere, non credi? Ad ogni modo auguro tante belle cose a te e a tutti i lettori di Valsugana news, e che conservino sempre dentro di sé una speranza di futuro pacifico e prospero.
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NATALE NEL MONDO
Tradizioni natalizie dell'Europa centrale
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n Austria il periodo natalizio prende il via il 5 dicembre con l'apparizione di Krampus, uno spiritello malvagio che si palesa accompagnato da un gran frastuono di catene e da un assordante dindon di campane. Il giorno seguente è la volta di San Nicola, la cui figura si confonde con quella di Santa Claus e Babbo Natale. Fare il presepio appare un’usanza ben radicata e trasmessa di generazione in generazione, al punto tale che alcune famiglie hanno raggiunto un’elevata notorietà in virtù del mercato “del Natale” piuttosto florido. A Steyr, nella parte superiore del Paese, si trova il presepio più grande del mondo, composto da ottocento figure disposte su tre piani, raffiguranti anche tutte le arti e i mestieri. Molto diffuse e di notevole interesse paiono le statue meccaniche, il cui funzionamento deve molto all’industria degli orologi. Vi sono poi delle figure che si muovono, mediante una serie di ingranaggi, sfruttando la forza motrice dell’acqua come avviene nei giardini di Hellbrunn. Il presepio vivente più celebre è quello che si svolge ogni quattro anni a Bad Ischi, centro termale dell’Austria superiore molto conosciuta alla fine dell’Ottocento e residenza estiva della corte dell’imperatore Francesco Giuseppe, al quale fu concesso veramente di tutto. In Germania le festività natalizie cominciano il 4 dicembre, giorno di Santa Barbara, con la messa a dimora di un rametto di forsizia che fiorirà circa 20 giorni dopo, proprio in concomitanza
con il Natale. Per San Nicola vi è l'usanza che i bambini pongano le proprie calzature fuori dalla loro cameretta per ritrovarle il giorno dopo piene di dolci. Tipicamente tedesca è anche la tradizione di addobbare l'abete, operazione che di solito viene effettuata dai genitori in gran segreto, mentre i bambini lo possono ammirare soltanto la sera della Vigilia quando avviene anche lo scambio dei doni. Piatto tipico della tradizione culinaria natalizia tedesca è l’oca guarnita con miele, purea di patate e bietole. In Svizzera le festività natalizie cominciano il 6 dicembre per San Nicola. Numerose le processioni e le fiaccolate, come quella di Kussnacht, sul Lago di Lucerna, durante la quale personaggi vestiti di bianco portano copie di mitre vescovili realizzate in cartone a ricordo del fatto che San Nicola fu vescovo. I bambini, vestiti da Re Magi, angeli e pastori, bussano alle porte delle case per ricevere un dolcetto o qualche spicciolo. Nella regione del Glarnerland gli scolari sfilano per le strade suonando delle campanelle, mentre a Zeifen la processione è guidata dagli scapoli. Anche nel piccolo Granducato di Lussemburgo i festeggiamenti per il Natale hanno inizio il 6 dicembre con San Nicola, qui conosciuto con il nome di Kleeschen. Immancabile la messa di mezzanotte, come le Sacre Rappresen-
tazioni, soprattutto il giorno di Natale. Dolce tipico della tradizione natalizia lussemburghese è la Bûche de Noël, dolce dalla forma di tronco. In Belgio la tradizione natalizia presenta due figure portanti, la cui presenza varia a seconda della regione. Il primo personaggio è l'immancabile San Nicola che però qui arriva una prima volta il 4 dicembre per individuare i bambini buoni e poi ritorna il 6 dicembre per consegnare i doni ai bimbi meritevoli e un semplice ramoscello a quelli che non si sono comportati bene. L'altro personaggio molto in voga è Pere Noel (Babbo Natale) che va di casa in casa a portare doni ai bambini, accompagnandosi con Pere Fouettard, figura barbuta e dall'aspetto poco rassicurante. Il suo compito, infatti, è quello di porgere il ramoscello ai bimbi che non hanno meritato il regalo di Natale. (j.g.)
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Ecco perché il 25 dicembre si festeggia il Natale Il 25 dicembre la Chiesa celebra la nascita di Gesù Cristo. Tale data, tuttavia, appare puramente convenzionale, poiché della venuta al mondo del Salvatore non conosciamo né il giorno, né il mese, né tantomeno l’anno.
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er la tradizione Gesù avrebbe visto la luce 753 anni dopo la fondazione di Roma. In realtà non può essere nato in quell’anno perché Erode il Grande, che secondo il Vangelo di Matteo ordinò la famosa strage degli innocenti, morì 749 anni dopo l’edificazione dell’Urbe, vale a dire nel 4 a.C. Gesù, quindi, nacque presumibilmente 748 o 749 anni dopo la fondazione della Città Eterna, il che equivale al 5 o al 4 a.C. L’errata collocazione temporale circa la nascita di Cristo sarebbe imputabile a Dionigi il Piccolo il quale, nel VI secolo, formulò tale ipotesi tramandandola poi ai posteri. Anche il mese di nascita, dicembre, è tutt’altro che credibile. Anzi, ciò sembra possa essere escluso proprio dalla lettura dei Vangeli, in particolare quello di Luca, dove si narra come a Betlemme nella notte in cui Gesù vide la luce vi fossero molti pastori intenti a custodire le loro greggi. Si sa per certo che i pastori partivano per i pascoli non prima dell’inizio della primavera e rientravano con l’arrivo della stagione autunnale. Gesù, quindi, dovette nascere in un giorno compreso tra la fine di marzo e gli inizi di ottobre e ciò appare suffragato anche dal fatto che, in molte località e almeno fino al IV secolo, il Natale veniva celebrato il 28 marzo o il 18 aprile o ancora il 29 maggio. Ma, allora, da dove scaturì l’usanza di festeggiare il Natale il 25 dicembre? Nei primi secoli dell’era cristiana i fedeli erano soliti festeggiare la nascita di Cristo il 6 gennaio, ricorrenza che all’inizio
del IV secolo fu però spostata al 25 dicembre. Perché proprio in quella data? La questione è piuttosto complessa e necessita di alcune considerazioni di carattere storico. Nel 46 a.C. Giulio Cesare aveva riformato il calendario romano, assumendo come lunghezza dell’anno un periodo di 365 giorni, ai quali bisognava aggiungere un altro giorno ogni quattro anni; si trattava, in pratica, dell’istituzione dell’anno bisestile. In base a tale calendario, detto giuliano dal nome del suo ideatore, il 25 dicembre coincideva con il solstizio d’inverno, considerato – visto che le giornate cominciavano ad allungarsi – il giorno della rinascita del sole. Per i popoli dell’antichità la rinascita del sole rappresentava un momento assai significativo, che in molte zone della Siria e dell’Egitto si svolgeva secondo rituali ben codificati. Tutti i celebranti, infatti, si radunavano nei santuari e a mezzanotte uscivano gridando: “La Vergine ha partorito. La luce cresce”. In quel contesto la Vergine era identificabile con la grande dea orientale che presso i semiti veniva chiamata Dea Celeste o Vergine Celeste, mentre presso gli egizi vi era addirittura l’usanza di raffigurare il “neonato” sole con l’immagine di un bambino che, proprio nel giorno del solstizio d’inverno, veniva esposto al popolo. Nel III secolo d.C., in una fase di profonda crisi sia economica sia culturale dell’Impero romano, anche nella città di Roma avevano trovato una certa diffusione molti culti misterici, fra i quali spiccava quello di Mithra, altra divina
orientale legata alla venerazione del sole. L’imperatore Aureliano istituì addirittura una festa in onore del sole, denominata Natalis Solis Invicti, cioè Natale del Sole Invitto, ricorrenza che cominciò ad essere celebrata proprio il 25 dicembre, richiamando sempre una gran folla. I Dottori della Chiesa, fortemente preoccupati per il dilagare di quell’usanza pagana, decisero allora di festeggiare anche loro la nascita di Gesù il 25 dicembre, collocando al 6 gennaio l’Epifania. Sull’origine pagana del Natale troviamo un’autorevole conferma in S. Agostino, il quale esortava i cristiani a celebrare il 25 dicembre non come la festa del sole, bensì come la festa di colui che aveva creato il sole. Illuminanti risultano anche le parole del pontefice Leone Magno che, nello stesso periodo, osservava: “Alcuni cristiani prima di entrare nella basilica di San Pietro, dopo aver salito la scalinata che porta all’atrio superiore, si volgono verso il sole e piegando la testa si inchinano in onore dell’astro. Siamo angosciati per questo fatto che viene ripetuto in parte per ignoranza e in parte per mentalità pagana”. Ma, alla fine, il 25 dicembre passò alla storia come il giorno della nascita di Cristo. (j.g.)
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Tradizioni antiche che rivivono ancor oggi nelle festività
Ecco i simboli del Natale L
a luce del cero natalizio simboleggia Gesù, luce del mondo. Una luce è nata nel mondo sono le parole della liturgia, e il cero con la sua fiamma richiama proprio questo significato. In Francia e in Gran Bretagna fa parte della tradizione accendere tre ceri fusi insieme alla base, come segno di adorazione alla Trinità. L’uso della Corona d’Avvento, invece, è da collegarsi ad un’antica consuetudine germanico-precristiana, derivata dai riti pagani della luce, che si celebravano del mese di Yule (dicembre). Nel XVI secolo si diffuse tra i cristiani divenendo un simbolo di questo periodo che precede il Natale. La Corona d’Avvento è un cerchio realizzato con foglie di alloro o rametti di abete (il loro colore verde simboleggia la speranza, la vita) con quattro ceri. Durante il Tempo di Avvento (quattro settimane) ogni domenica si accende un cero. Secondo una tradizione, ogni cero ha un suo significato: c’è il cero dei profeti, il cero di Betlemme, quello dei pastori e quello degli angeli. La corona può venire appoggiata su un ripiano o appesa al lampadario. L’accensione di ogni cero è accompagnata da un momento di preghiera. Si conclude con un canto alla Madre di Gesù. L’Helleborus, è una pianta che cresce spontaneamente nelle zone di montagna (ma si acclimata con facilità anche in pianura e nelle aree temperate) e i cui fiori sbocciano in pieno inverno. Per tale caratteristica, una sua varietà, l’Helleborus niger, è anche conosciuta come Rosa di Natale. Quest’ultima presenta un rizoma nerastro e grandi fiori bianchi a cinque petali con sfumature tendenti al rosa. Gli abitanti dell'antica Roma erano soliti scambiarsi, in occasione di feste e a capodanno, dei regali chiamati strenne. Tale consuetudine si ricollegava ad una tradizione secondo la quale, il primo giorno dell’anno, al re veniva offerto in dono un ramoscello raccolto nel bosco della dea Strenna (dea sabina della salute?). Questo rito augurale si diffuse tra il popolo e, ben presto, i rametti di alloro, di ulivo e di fico vennero sostituiti da regali vari. Tale tradizione, presente ancora ai nostri giorni, si riveste in occasione del Natale di nuovi significati richiamando, attraverso il gesto del dono, l’amore di Dio che ha donato suo Figlio all’umanità intera.
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San Nicola vien di notte Da San Nicola al classico dispensatore di doni in abito rosso, la vicenda del personaggio più amato da tutti i bambini del mondo.
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uando Haddon H. Sundbolm, grafico pubblicitario, creò nel 1931 il “suo” Babbo Natale, per conto della Coca-Cola Company, non avrebbe mai immaginato l’enorme successo che quel robusto e rubicondo personaggio, in giubba rossa dai risvolti di pelliccia, avrebbe ottenuto in tutto il mondo. La familiare figura del Babbo Natale appena descritto, con tanto di scampanellante slitta trainata da renne, pur essendo certamente di stampo americano, è tuttavia frutto del lento evolversi di una tradizione tutta medievale, che nasce con San Nicola di Mira, un “multiforme” eroe cristiano riuscito
quasi per miracolo ad adattarsi a ogni mutamento intervenuto nella lunga storia del cristianesimo occidentale. San Nicola è protettore di bambini, studenti e fanciulle, tutti coprotagonisti dei suoi miracoli, il più conosciuto dei quali, nell’iconografia europea, è quello narrato dal greco Michele Archimandrita (sec. IX). Egli racconta di un padre che, ridotto alla disperazione dalla grave indigenza nella quale viveva, decide di far prostituire le tre giovani figlie. San Nicola interviene per tre volte di notte, lanciando all’interno della casa, attraverso la finestra aperta, un sacchetto d’oro. Grazie ai provvidenziali interventi notturni del santo, che diffonderanno la sua fama di elargitore di beni, il padre riuscirà a maritare tutte e tre le figlie, allontanandole dal peccato. Ancora protettore di studenti, San Nicola appare nel racconto, rappresentato in vari drammi latini almeno dall’XI secolo in area tedesca, conosciuto come i Tre chierici, in cui tre giovani, derubati e uccisi da un oste, vengono resuscitati dal santo. Il destino di San Nicola/Santa Claus sembra spesso es-
sere legato ai mass media, e fu proprio una historia composta da Reginoldo di Eichstätt (sec. X) - corredata da una melodia gregoriana che all’epoca riscosse notevole successo e valse all’autore la nomina a vescovo, nel 966 - che contribuì a decretare la supremazia del santo. Da allora Nicola e la sua liturgia cominciarono a entrare prepotentemente nelle scuole, nei cori, nei monasteri. Chi si opponeva poteva essere punito dal santo stesso, come accadde al priore Iterio, del monastero di Sens. Questi, narra un manoscritto dell’XI secolo, attribuito a un monaco dell’abbazia di Bec in Normandia, si oppose con fermezza alla richiesta dei suoi cantori di introdurre la nuova liturgia, da lui considerata “opera da menestrello”. Ma una notte venne visitato da San Nicola che cominciò a percuoterlo “nel modo al quale al solito ricorrono i maestri per insegnare l’alfabeto a un ragazzo svogliato”. Sono già presenti qui, nel loro pieno sviluppo, le caratteristiche di Nicola, un santo che compare di notte, spesso in volo, e può elargire doni e punizioni. Dopo la traslazione delle sue reliquie dall’ormai musulmana Mira alla cristiana Bari, nel 1087, aumentarono a dismisura in tutta Europa sia i bambini chiamati Nicola, sia le chiese a lui dedicate. Nel 1130 l’immagine del santo finirà – per un lontano accostamento con le transazioni commerciali già in nuce nelle doti elargite alle tre fanciulle – sulle monete di Ruggero II. Per lo stesso motivo ritroviamo tre palle, tre sacchetti stilizzati, sugli stemmi dei Monti di Pietà.
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NATALE NEL MONDO
Tradizioni natalizie dei Paesi mediterranei
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n tempo le tradizioni natalizie della Grecia erano fortemente condizionante dall'ambito geografico e climatico. Pertanto era quasi impossibile vedere alberi di Natale addobbati come nelle città tedesche o austraiche. Le decorazioni, invece, venivano riservate alle navi. Oggi però, in un'epoca di globalizzazione, l'albero di Natale svetta in molte località elleniche, dove la Vigilia i
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ragazzi sono soliti andare di casa in casa cantando la Kalanda, ricevendo in cambio frutta e piccoli doni. Altra tradizione greca legata al Natale è la benedizione delle case al fine di proteggere le famiglie dai folletti malvagi, conosciuti come Killantazoroi, che, dopo essere entrati dai camini, si divertono a compiere scherzi anche di cattivo gusto. In Francia le tradizioni legate al Natale sono molteplici e cambiano da regione a regione. Come in molti altri Paesi anche qui i bambini ricevono i doni già il giorno di San Nicola. Père Noel, ovvero Babbo Natale, di norma arriva accompagnato da Pere Fouettard, personaggio barbuto che ha il temuto compito di indicare i bambini disubbidienti e che, pertanto, non riceveranno i doni. Uno degli eventi clou del Natale francese è “le reveillon”, ovvero il cenone che si
svolge dopo la messa di mezzanotte. Il menu ovviamente cambia, ma immancabile appare la torta decorata con figure di zucchero legate alla Natività. In Francia l'usanza di addobbare l'albero è molto diffusa, ma alcune piccole comunità hanno sviluppato dei rituali propri assai originali. In Provenza, ad esempio, nei paesi sul mare vi è l'usanza, al termine della messa di mezzanotte, di organizzare una processione durante la quale pescatori e pescivendoli depositano ai piedi dell'altare un cesto di pesce fresco. Altra tradizione provenzale è quella legata alla realizzazione delle figurine dei santi in argilla, chiamate “antouns”, da collocare nel presepio. Anche in Spagna la tradizione presepistica è molto radicata, sia con rappresentazioni viventi – spesso organizzati per raccogliere fondi a favore dei biso-
NATALE NEL MONDO gnosi – sia nella forma classica delle statuite. Ben 500 sono quelle che compongono il presepio della città di Murcia, il più grande del Paese. Decisamente più pagana, ma ugualmente famosa, la tradizione della Lotteria di Natale che si svolge in diretta radio-tv il 22 dicembre. Il cenone della Vigilia di solito si svolge a base di prodotti tipici locali come Mariscos, Cordero, Pavo e Cava. Spesso si cantano i Villancicos, canti natalizi che raccontano la nascita di Gesù con delle varianti a seconda delle zone. Poi il momento più atteso da parte dei bambini: la consegna
dei regali che tradizionalmente viene effettuata da Babbo Natale, ma non in Catalogna dove al suo posto arriva “tio”, lo zio. Anche il 6 gennaio è un giorno di festa per tutti i piccini: non per la Befana, bensì per “Los Reyes Magos”, i Re Magi, che sono soliti lasciare i loro regali nelle scarpe dei fanciulli. In varie città iberiche vi è anche l'usanza di organizzare sfilate con carri molto decorati su cui siedono i Re Magi che hanno il compito di elargire dolciumi e piccoli doni a tutti i bambini, passando pure per ospedali e orfanotrofi.
Nel vicino Portogallo la figura più amata dai bambini è “O Pai Natal”, che è solito lasciare i propri doni nelle calze appese al caminetto. Prima dell'immancabile Messa di Mezzanotte – qui conosciuta come la Missa do Gallo” – ha inizio il cenone che varia a seconda delle zone. Il piatto forte è la “consoada”, baccalà cotto con i legumi, ma tra le principali pietanze natalizie figura pure il merluzzo con patate e cavoli, pollo arrosto, molluschi, selvaggina e, per dessert, ciambelle al liquore oppure frittelle, azevias e felhozes (biscottini tipici) e il Bolo Rei, dolce ripieno di canditi dalla suggestiva forma a corona. Se sin qui le tradizioni portoghesi assomigliano molto a quelle di tanti altri Paesi europei, assai più curiosa appare l'usanza di lasciare la tavola imbandita per tutta la notte affinché gli spiriti dei defunti che aleggiano nell'aria possano placare la loro fame. Per tenere a bada gli spiritelli maligni, invece, ci pensa il ceppo, che viene acceso la Vigilia e che, per avere efficacia, deve continuare ad ardere fino a dopo l'Epifania. (j.g.)
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Befana
Leggende della
di Adelina Valcanover
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a Befana è un personaggio avvolto nelle leggende, collegata spesso ai riti precristiani con riferimento al sole e al solstizio d’inverno e di conseguenza all’allungamento della luce del giorno. Il proverbio più noto riferito a questo: “De Nadal en pass de en gal, del prim del’an en pas de en cagn e del’Epifania en pas de na stria” che tradotto, a Natale già i giorni si allungano un poco, a Capodanno già un po’ di più, (un passo di cane) e dell’Epifania il passo di una strega, più lungo ancora. La Befana si sovrappone quindi a figure magiche, ma hanno anche riferimento alle feste appena trascorse (Epifania tutte le feste si porta via). Tanti i riti, come quello di bruciare una vecchia su una pira nella piazza del paese. Tornando alle leggende, vorrei raccontarne un paio, la prima abbastanza conosciuta, è la seguente: Quando i Re Maggi, grandi sapienti che venivano dai Monti Zagros, a Oriente, guidati da una stella cometa si recarono a cercare il neonato Re dei Re, con ricchi doni: oro, incenso e mirra. Lungo il loro cammino quando ormai erano quasi a Gerusalemme cominciarono a bussare alle porte e invitare a seguirli per andare a omaggiarlo. Bussarono anche alla porta di un vecchia. Costei però non
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volle seguirli, accampando la scusa che aveva da fare, non aveva tempo da perdere lei! E si rimise a sfaccendare. Ma un pensiero, come un tarlo la rodeva. Forse era stata precipitosa, forse era meglio andare, forse aveva perso un’occasione unica per una sciocchezza. Non erano poi tanto urgenti le faccende. Ad un certo punto si decise, prese una cesta con della frutta e piccoli giocattoli e uscì, cercando di vedere dove si fossero diretti quegli strani personaggi sopra dei cammelli, i Magi. Ma non li vide da nessuna parte e nessuno sapeva indicarle dove si erano diretti. Allora cominciò a bussare a tutte le porte e dove c’erano bambini regalava loro qualcosa, sperando che uno di loro fosse il Re dei Re. Da quel momento ogni anno arriva la vecchia, chiamata Befana, e porta ai bambini piccoli doni e dato che viaggia di notte, entra nelle case per la cappa del camino e, nelle calze appese ad asciugare, mette i suoi regali. L’altra leggenda è più drammatica e l’ho trovata su un libro di lettura degli anni ’50. Quando i Magi, che credevano che il Re dei Re nascesse a Gerusalemme, andarono a chiedere nella reggia di Erode. Costui disse che secondo gli scritti sarebbe nato a Betlemme. Desiderava, qualora lo avessero trovato, si fos-
sero fermati da lui per dirgli chi fosse e dove di preciso si trovasse il Bambino. I Magi ripartirono e, come è noto, avvertiti di non tornare da Erode che aveva cattive intenzioni, presero un’altra strada. Erode si avvide di essere stato giocato e crudelmente ordinò di uccidere tutti i bambini sotto i due anni. Pianti e disperazione si levarono in quella terra, una donna che si chiamava Rachele, tentò di fuggire e mettere in salvo il suo piccolo, ma venne intercettata da un soldato che glielo uccise tra le braccia. Per il dolore, impazzì. E andò per anni vagando dappertutto cercando il suo bambino. Il Signore, davanti a tanto strazio, volle che avesse una consolazione. Ogni anno, il sei gennaio, porta doni, frutta e giocattoli ai bambini, in questo modo può illudersi la gioia negli occhi dei piccoli, fosse quella del suo, perduto tragicamente una notte.
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Tradizioni natalizie nel Nord Europa
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el Regno Unito la tradizione dell'albero di Natale fu introdotta dal marito della regina Vittoria, il principe Alberto, che era di origine tedesca. Usanza tipicamente inglese, invece, è quella di appendere alla parete tutti i bigliettini d'auguri ricevuti durante le feste. Sulla tavola natalizia la tradizione pretende il tacchino farcito, mentre il dessert per eccellenza è il pudding. I più piccoli mettono la calza sul proprio letto per ricevere i doni portati da Babbo Natale al quale, sotto l'albero, viene lasciato un bicchiere di Porto rosso. I bambini irlandesi, invece, lo accolgono con un bicchiere di whisky, mentre per Maria e Giuseppe vengono messi sul tavolo pane e latte. Il giorno di Santo Stefano in Irlanda si svolge la Wren Boys Procession, una processione di ragazzi spesso mascherati che, suonando e cantando, bussano alle porte per chiedere qualche spicciolo. In Islanda i festeggiamenti iniziano il 23
dicembre giorno di Thorlakur Thorhallsson, vescovo di Skálhot. Piatto tipico natalizio è lo Hangikjöt, a base di carne di montone affumicata. Una tradizione islandese molto antica è quella degli Jolasveinar, i folletti di Natale che un tempo erano noti per i loro scherzi impertinenti, mentre oggi paiono più gentili e dediti a distribuire regali ai bimbi assieme a Babbo Natale. In Danimarca per il Natale si presta molta attenzione all'addobbo della casa. Il cenone inizia verso le sei e termina con la distribuzione di una ciotola di riso al latte in cui è nascosta una mandorla. Chi la trova viene ricompensato con un dolce dalla forma di un maialino portafortuna. Altro piatto della tradizione è il budino di riso che si offre a Julnisse, un folletto che si diverte a giocare brutti scherzi. In Svezia è molto importante la festa di Santa Lucia, il 13 dicembre. Anche qui, come in Danimarca, si dedica molta cura all'addobbo della casa. Per il cenone la tradizione richiede il prosciutto arrosto, mentre per quanto riguarda la consegna dei regali, Babbo Natale o Santa Claus hanno ormai soppiantato la figura di Jultomten, il folletto che un tempo si credeva portasse i regali chiamati Joklappar. Le festività natalizie terminano il 13 gennaio quando la famiglia si riunisce per l'ultima volta attorno all'albero. In Norvegia il Natale risente molto di antiche usanze pagane che celebravano
il solstizio d'inverno come la rinascita del sole. In cucina si preparano cialde a forma di cuore e piatti a base di carne di maiale. A consegnare i regali è San Nicola, figura che talvolta si confonde con l'autoctono e più antico personaggio di Julesvenn. La Finlandia, infine, è il paese per antonomasia legato alla figura di Babbo Natale – secondo la tradizione questa figura sarebbe originaria della Lapponia, territorio compreso tra Norvegia, Svezia e, appunto, Finlandia – al quale ogni anno vengono indirizzate oltre 500 mila lettere da parte di bambini di tutto il mondo. Qui l'albero non può mancare, così come nella fatidica notte è d'obbligo che un Babbo Natale entri in ogni casa per consegnare un dono ai bambini buoni. (j.g.)
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Natalea Scurelle L
a tradizione si ripete ogni anno dal 1999. Con la piazza di Scurelle che ospita il presepe allestito, nelle ultime settimana, da decine e decine di volontari che non voluto mancare, anche in questo 2015, all’appuntamento che coinvolge l’intero paese. Non solo persone ma anche varie associazioni impegnate a far rivivere la sacra rappresentazione della Natività, una vera e propria opera d’arte. “Se, dal dal punto di vista artistico, il nostro presepe – ricorda il sindaco Fulvio Ropelato - ha raggiunto un livello davvero eccellente, riconosciuto anche fuori provincia, sotto l’aspetto umano e sociale costituisce per la comunità di Scurelle un qual-
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cosa di ancora più importante e speciale. Sono iniziative come che queste fanno riscoprire ancora l’anima dei nostri paesi e che fanno crescere il senso di appartenenza ad una Comunità”. Tutto è partito nel gennaio del 1979 quando, partecipando alla sua prima Marcialonga, Ivo Tomaselli ha avuto l’idea di realizzare il presepe in piazza. Per vent’anni, quell’idea, rimase chiusa in un cassetto. Fino al novembre del 1999 quando, durante la castagnata organizzata dagli alpini di Scurelle, Tomaselli chiese al capogruppo Renato Girardelli, dato che c’erano a disposizione le vecchie “scandole” della Chiesa di San Valentino, le travature recuperate della Malga di Caserina e diverse travi, se era possibile costruire una capanna per allestire in piazza, nei pressi della fontana, un presepe a grandezza naturale. Da lì,
poi, è partito tutto. Dalle vecchie scandole alla capanna e, l’anno successivo, dopo un viaggio in Palestina, il presepe iniziò a prendere, edizione dopo edizione, sempre più vita. Nel 2001 nasce anche il comitato Amici del Presepio ed il presepe si anima sempre più. Nel 2004 lo visita anche l’arcivescovo Luigi Bressan ed oramai è diventata una tappa fissa per tutte le famiglie che, durante le feste di fine anno, vogliono assaporare il clima natalizio. Quest’anno l’inaugurazione è in programma sabato 13 e domenica 14 con una grande festa in piazza che coinvolgerà associazioni, bambini e le famiglie del paese. Canti, animazione e benedizione del presepe per una sedicesima edizione che si concluderà, come da tradizione, il giorno dell’Epifania. (A.D.)
IlNatale e le antiche tradizioni UNA MONETA NEL BUDINO In molte parti d’Italia, soprattutto in Sardegna, il dolce di Natale è confezionato con miele, mandorle, noci, zibibbo, cumino e prende forme di animali, di chiese e di edicole di campagna. Anche il budino è considerato un tipico dolce natalizio. Nel budino, o negli altri dolci, in alcune regioni viene nascosta una moneta, possibilmente emessa in un anno bisestile. Colui che la trova può considerarsi fortunato e sperare in un anno di successo. IL CEPPO AUGURALE Fino a pochi decenni fa in tutta l’Europa si iniziava la veglia natalizia mettendo sul focolare un grosso ceppo che doveva ardere tutta la notte. Questo atto era un chiaro “simbolo di augurio e di fecondità per la casa e per i campi”. In molte province italiane c’era anche la consuetudine di accompagnare l’accensione del ceppo con un canto eseguito da tutta la famiglia. Il canto diceva: “Si rallegri il ceppo, domani è il giorno del pane, ogni grazia di Dio entri in questa casa; le donne facciano figlioli, le capre capretti, le pecore agnelletti, abbondi il grano e si riempia la conca del vino”. LE STREGHE SI RIPOSANO Sotto il monte Gridone, nel territorio di Domodossola, in provincia di Novara, esiste una zona pianeggiante denominata “pian di strì”, o piano delle streghe. Maghi, folletti e streghe, secondo la credenza popolare, si riuniscono in quel luogo fin dai tempi più antichi in alcuni giorni della settimana. Solo nell’imminenza del Natale il ‘pian di strì’ rimane deserto. Infatti, le streghe si ritirano per non disturbare le festività natalizie e ognuno può tranquillamente passare in quel luogo senza timore di cattivi incontri. IL CANTO DEL GALLO A Olbia, in Sardegna, tra le credenze natalizie ve n’era una che si richiamava agli avvenimenti pasquali. Se durante la vigilia di Natale un gallo cantava tre volte prima della mezzanotte, in sette case del paese sarebbero accaduti fatti dolorosi. Però se il gallo avesse di nuovo cantato mentre le campane, con dodici rintocchi, annunciavano la messa natalizia, le sette famiglie potevano ritenersi salve. LA FIORITURA DEI ROVI A BRA A Bra, in provincia di Cuneo, la notte di Natale una giovane e bella contadina dopo aver distribuito come al solito il latte nelle varie fattorie, si fermò a pregare presso una grotta dove si venerava una statua della Vergine. Due soldati le si avvicinarono per usarle violenza ed essa invocò la Madonna. I rovi cresciuti attorno alla grotta si misero subito a fiorire e i soldati, spaventati, fuggirono. La leggenda racconta che ogni anno i rovi della Madonna dei Fiori rifioriscono per brevi minuti la sera di Natale. (Leggenda piemontese)
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Cento anni fa la Tregua di Natale C
ento anni fa, nel dicembre del 1915, da più di un anno il mondo intero era scosso dalla prima guerra moderna. Milioni di uomini si fronteggiavano armati dei più moderni strumenti di morte. Un conflitto che ben presto si trasformò in una guerra lenta e inumana, fatta di paura, di logoramento e di condizioni di vita disumane. Nelle trincee si aspettava di uccidere o di morire. Eppure fu proprio lungo le trincee del forte occidentale che, nel Natale del 1914 avvenne il miracolo: la Tregua di Natale. Con l’arrivo dell’inverno e la fine della prima battaglia di Ypres le truppe tedesche e quelle inglesi si trovavano ferme lungo il fronte delle Fiandre. La guerra di movimento si era inesorabilmente tramutata in guerra di posizione.
Erano passati pochi mesi dall’inizio del conflitto, eppure i caduti avevano già superato il milione, giovani uomini le cui vite erano state spezzate con una violenza inaspettata. E i settecento chilometri di trincee che correvano dal Mare del Nord alle Alpi erano l’unico umido rifugio dall’odioso nemico, dipinto con colori truci dalla propaganda. Proprio per questo quanto accadde il 24 dicembre di quel nevoso 1914 lasciò tutti sbigottiti. Dal silenzio della terra di nessuno, una alla volta, si innalzarono le voci dei soldati che cantavano inni natalizi e si scambiavano auguri da un lato all’altro del fronte. Lungo i parapetti delle trincee comparvero candele e altre decorazioni. Poi un cartello venne alzato dalla trincea tedesca: “noi non spariamo, voi non sparate” riportava semplicemente. Un gesto che fece, come si dice, scoppiare la pace. Per un po’ tutte le Fiandre tacquero e non si udirono più colpi d’arma da fuoco ma solo canti e risa.
di Elisa Corni
Addirittura tra sassoni e scozzesi ebbe luogo la celeberrima partita di calcio, ben narrata dal tenente Johannes Niemann nel suo diario. “Un camerata entrò di corsa nel mio ricovero dicendomi che soldati tedeschi e scozzesi erano usciti dalle loro trincee fraternizzavano tra loro lungo la linea del fronte. Afferrai il mio binocolo e, guardando con cautela, vidi l’incredibile scena dei nostri soldati che si stavano scambiando sigarette, grappa e cioccolata con il nemico. Più tardi comparve un soldato scozzese con un pallone da calcio e pochi minuti dopo si disputò una vera partita di calcio”. Era il 25 dicembre 1914, nella terra di nessuno tra Basseville e St. Yvon.
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Il soldato inglese e noto fumettista Bruce Bairnsfather, testimone degli avvenimenti, scrisse nelle sue memorie: "Non dimenticherò quello strano e unico giorno di Natale per niente al mondo... Notai un ufficiale tedesco, una specie di tenente credo, ed essendo io un po' collezionista gli dissi che avevo perso la testa per alcuni dei suoi bottoni della divisa... Presi la mia tronchesina e, con pochi abili colpi, tagliai un paio dei suoi bottoni e me li misi in tasca. Poi gli diedi due dei miei bottoni in cambio". Nei giorni successivi inglesi e tedeschi deposero le armi lungo tutto il fronte occidentale. Recuperarono i cadaveri dei loro compagni, improvvisarono momenti conviviali con il nemico, fecero pausa dalla guerra. Forse spinti dalla necessità di rinforzare le proprie difese in vista della ripresa del conflitto la primavera successiva, forse sperando che la guerra finisse lì, migliaia di uomini smisero di combattere. La stampa dell’epoca si trovava nell’imbarazzante situazione di dover riportare i fatti. Però la guerra era ancora in corso, e così i fronti interni vennero tenuti al-
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l’oscuro. Finché il 31 dicembre il New York Times pubblicò la notizia. Da quel momento in poi nessuna testata del Vecchio Continente poté esimersi dal dare la notizia. Primo tra tutti The Daily Mirror, che pubblicò le famose fotografie scattate dal fuciliere inglese Turner. Se l’opinione pubblica accolse anche con entusiasmo quanto accaduto, lo stesso non avvenne nei reparti. Nessun accordo ufficiale era stato siglato, eppure oltre 100 mila uomini disobbedirono agli ordini. Le ripercussioni non furono però così dure: per lo più ufficiali e sottufficiali vennero degradati. In quel momento, probabilmente, tutti speravano che di lì a qualche mese la guerra sarebbe finita. Ma non andò così. Il conflitto anzi si inasprì, e così, il Natale successivo, quello del 1915, fu tutt’altro che ricco di festeggiamenti. Ufficiali e soldati non deposero le armi. Gli ordini erano precisi, nessuna tregua con il nemico. Le minacce di punizioni molto severe fecero sì che, cento anni fa, il fronte non fu luogo di pace e di tregua, ma anche durante le feste ri-
mase un luogo di guerra. Nell’immaginario collettivo la Tregua di Natale occupa un posto saldo. Grazie alle lettere, ai racconti, ai diari e alle fotografie. Come quelle del fuciliere Turner. Dalle pagine del suo diario sono scaturiti romanzi, video e spettacoli teatrali. Come “Quinto non uccidere”, uno spettacolo multimediale nel quale attraverso le musiche originali di Andrea Lorusso, i testi di Giliola Galvani e i suggestivi disegni di Marco Filippone la Tregua di Natale va in scena. Lo spettacolo, già proposto con successo la scorsa estate a Vigolo, andrà in scena la sera dell’11 dicembre presso il Forte delle Benne di Levico Terme. Per non dimenticare la “Piccola Pace nella Grande Guerra”.
di Chiara Paoli
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a oltre vent’anni sull’altopiano di Piné, a Miola rivive la magia dei presepi, collocati in portici, avvolti, finestrelle e fontane, sono realizzati con materiali e tecniche diverse. E’ possibile percorrere questo itinerario sino all’epifania, che con i re magi e la scopa della befana, tutte le feste spazza via. Questo splendido evento annuale, che ci invita a riflettere sulla Natività, è possibile grazie alla partecipazione della comunità; gli abitanti del paese sono i mastri costruttori, che realizzano con
cura e passione nelle pertinenze della propria casa, affinché siano visibili esternamente, i presepi che il visitatore ha il piacere di osservare. Più di cento le rappresentazioni della natività di Gesù che con tecniche diverse ripercorrono la storia biblica di Maria e del falegname Giuseppe, costretti ad accogliere il loro primogenito in una mangiatoia. Il centro abitato si trasforma in un mondo di luci e la magica atmosfera avvolge tutto d’intorno. Nelle giornate del 5, 6, 7, 8, 12, 13, 19 e 20 dicembre e dal 26 dicembre al 6 gennaio 2016, sono molte le proposte di contorno per questa ormai storica manifestazione, a partire dallo spettacolo medievale con intermezzi di canti natalizi che avrà luogo il 5 dicembre, giorno dell’inaugurazione della manifestazione. Ma qui si pensa anche e soprattutto ai più piccoli, con gli animali del presepe e l’Avvolto dei bimbi, dove Babbo Natale e i suoi aiutanti offrono gratuitamente zucchero filato e dove è possibile partecipare a giochi e laboratori creativi. I piccoli visitatori hanno inoltre la possibilità di partecipare a un simpatico gioco, che li vedrà impegnati per individuare almeno 20 dei 30 oggetti misteriosi riportati sulla cartina con delle fotografie. Contrassegnando con il punzone l’apposito riquadro della car-
tina e facendo corrispondere il simbolo all’immagine di ciascun oggetto trovato, potrete ritirare un piacevole omaggio. Si alterneranno poi dimostrazioni, come quella che il 7 dicembre vede protagonisti nella piazze di San Rocco la sezione SAT di Piné, il Soccorso Alpino di Pergine e la Croce Rossa di Pergine, mentre il 12 dicembre sarà la volta dei Vigili del Fuoco Volontari di Baselga di Piné Il giorno dell’Immacolata verrà allietato dal concerto del Coro Castel Rocca di Madrano ed il giorno di Santa Lucia la musica sarà a cura del Gruppo Bandistico Folk Pinetano. Presso il punto ristoro sito in piazza San Rocco è possibile assaggiare le specialità tipiche locali e riscaldarsi con aromatici vin brulé, cioccolato o the caldo. A completamento dell’offerta, una piccola rassegna gastronomica per poter degustare sia a pranzo che a cena ( con una modica spesa) i piatti della tradizione trentina, pensati in collaborazione con diversi ristoranti del territorio. Sul lungolago di Serraia, a Baselga di Piné per completare la visita con una passeggiata sulla sponda del lago ghiacciato, mostra-mercato di oggetti di artigianato artistico locale dell’Altopiano di Piné e della Valle di Cembra (con orario 14-18, domenica e festivi 10-18).
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Buon Natale e Felice anno nuovo!
La dolce storia del
Pandoro…
La versione più recente sull'origine del pandoro vede il dolce come prodotto della tradizione pasticciera della Casa reale degli Asburgo, quest'ultima però influenzata a sua volta dalle tradizioni gastronomiche pasticciere francesi della Casa reale del periodo di Luigi XIV Re di Francia.
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l Pandoro, il dolce tradizionale di Verona, deriva molto probabilmente il suo nome dal caratteristico color giallo oro, conferito dalle uova alla sua pasta; dal nome stesso è facilmente intuibile che questo dolce raffinato, a lievitazione naturale, sia frutto dell'antica arte della panificazione. In Italia non troviamo tracce della sua produzione, se non verso la fine dell'800. Si hanno però notizie, spesso di tono leggendario, che fanno pensare ad origini ben più lontane. Per i francesi per esempio la "brioche", che può essere considerata antesignana del pandoro, si può far risalire addirittura ai tempi di Plinio quando, nel primo secolo dopo Cristo, si cita l'esistenza di un pane preparato con “delicato fior di farina, impastato con uova, burro e olio”. Virgilio e Tito Livio citano lo stesso pane con il nome di "libum". In Francia la brioche ha sempre rivestito un ruolo molto importante tanto che per più di 300 anni ha rappresentato il dessert della corte. Per alcuni l'origine del pandoro sarebbe tutta italiana ed esattamente la sua patria di nascita sarebbe la Repubblica Ve-
neta del Rinascimento, allora prospera fino all'esibizionismo, grazie al commercio marittimo con l'oriente, tanto che sulle sue tavole si offrivano cibi ricoperti di sottili foglie di autentico oro zecchino, tra i quali un dolce a forma conica, chiamato appunto "pan de oro". E infatti ritroviamo la prima documentazione di un dolce uguale al pandoro nelle cucine dell'aristocrazia veneziana del '700. La versione più recente sull'origine del pandoro vede in realtà il dolce come prodotto della tradizione pasticciera della Casa reale degli Asburgo, quest'ultima però influenzata a sua volta dalle tradizioni gastronomiche pasticciere francesi della Casa reale del periodo di Luigi XIV Re di Francia. Ancor prima dei tempi di Francesco Giuseppe, infatti, i pasticcieri viennesi sapevano esattamente come preparare la "brioche" francese; anzi, sono loro stessi che insegnano ai francesi come preparare un dolce nuovo: il croissant, che originariamente si chiamava "Pane di Vienna". Fin dal '700-'800 erano quindi note le due tecniche del croissant e del "Pane di Vienna" che sono rimaste alla base della metodica del pandoro di Verona
fino al secondo dopoguerra. In particolare la lavorazione della "brioche" francese consisteva nell'alternare due o tre fasi d'impasto con pause di lievitazione, mentre quella del "Pane di Vienna" prevedeva di completare l'impasto aggiungendo una maggiore dose di burro con il sistema della pasta sfoglia, dove diversi strati di pasta vengono alternati a strati di burro, con il risultato che durante la cottura il dolce acquista volume. Accanto alle origini nobili del pandoro c'è inoltre chi sostiene una versione più umile e che lo fa risalire a un antico dolce familiare che era tradizione per i veronesi consumare a Natale: il "nadalin", un dolce a forma di stella, decorato superiormente con dadetti di dolce secco, zucchero, pinoli e liquore all'anice. E infatti la storia "vera" del pandoro che conosciamo ora, si perfeziona a Verona a fine '800. Allora la scuola pasticciera per antonomasia era quella viennese e fino a pochi decenni fa le più vecchie pasticcerie del centro storico di Verona impiegavano pasticcieri austriaci, mentre i pasticcieri veronesi andavano a fare tirocinio a Vienna.
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Il VISCHIO
è il simbolo portafortuna di capodanno LA LEGGENDA DEL VISCHIO l vecchio mercante si girava e rigirava, senza poter prendere sonno. Gli affari, quel giorno, erano andati benissimo: comprando a dieci, vendendo a venti, aveva fatto un bel mucchietto di denari. Si alzò e li volle contare. Erano monete passate chissà in quante mani, guadagnate chissà con quanta fatica. Ma quelle mani e quella fatica a lui non dicevano niente. Non potendo dormire uscì di casa e vide gente che veniva da tutte le parti e andava verso lo stesso luogo. Pareva che tutti si fossero passati parola per partecipare a una festa. Qualche mano si tese verso di lui. Qualche voce
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Nella notte di Capodanno e nel corso delle festività natalizie, il vischio non manca in nessuna casa. E’ una pianta portafortuna e di buon auspicio sotto cui scambiarsi baci e auguri. Il vischio è un piccolo arbusto, sempreverde, i cui rametti, carichi di bacche bianche o gialle, vengono utilizzati per addobbare porte o creare decorazioni.
si levò: “Fratello, gli gridarono, non vieni con noi”? Fratello, a me? Ma chi erano questi matti? Lui non aveva fratelli. Era un mercante e per lui non c'erano che clienti. Ma dove andavano? Si mosse un po’ incuriosito ma si unì a un gruppo di vecchi e di fanciulli. Fratello! Oh, certo, sarebbe stato anche bello avere tanti fratelli, pensò. Ma il suo cuore gli sussurrava che non poteva essere un loro fratello. Quante volte li aveva ingannati!? Comprava a dieci e rivendeva a venti. E rubava sul peso. E piangeva miseria per vender ancora più caro. E speculava sul bisogno dei poveri. E mai la sua mano si apriva per donare. No, lui non poteva
essere fratello di quella povera gente che aveva sempre sfruttato, ingannata, tradita. Eppure tutti gli camminavano a fianco. Ed era giunto, con loro, davanti alla Grotta di Betlemme. Ora li vedeva entrare e nessuno era a mani vuote. Anche i poveri avevano qualcosa. E lui che era ricco, niente. Entrò nella grotta insieme con gli altri. S'inginocchiò insieme a loro e scoppiò in pianto. E piangendo lentamente il suo cuore cambiò. Alla prima luce dell'alba quelle lacrime splendettero in mezzo a delle foglioline. Sembravano piccole perle lucenti. E così per incanto, era nato il vischio. (m.p.)
connubio ad arte! Un
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rea Arte la Musa & Studio d'Arte Astrid Nova, è il connubio tra due artiste, Viviana Puecher e Maria Giovanna Speranza, la prima presidente dell’associazione Area Arte La Musa e la seconda titolare dello Studio d’Arte Astrid Nova. Le due artiste condividono lo spazio in Piazza Pacini (Spiaz de Le Oche) e la voglia di promuovere le arti nelle sue diverse forme. Molte sono le iniziative che le due realtà propongono: mostre, corsi, laboratori e workshop. Scuole e privati possono partecipare ai laboratori artistici con tecniche dalla matita al carboncino, pittura ad olio ma anche ad acrilico e ad acquerello e ancora fumetto ed illustrazione. Le insegnanti possono avviare gli allievi anche all’arte della ceramica, del mosaico e della doratura e sono sempre attivi laboratori tematici o per apprendere le tecniche del decoupage, del country style e dello stencil. A tutto ciò si affiancano laboratori sulle arti femminili: taglio e cucito, ricamo, maglia, uncinetto, macramè, chiacchierino e non solo. Una vera e propria officina d’arte e due artiste impegnate per promuovere la propria produzione artistica attraverso mostre ed esposizioni: come la collettiva “All places contain all other”, che ha avuto luogo a Pergine in sala Maier dall’ 1 all’8 agosto; un’indagine artistica dello spazio in tutte le sue forme ed estensioni, patrocinata dal Comune. Per il periodo natalizio le due realtà hanno pensato a due giornate di laboratori gratuiti dedicati alla neve, con “White Christmas” che si avrà luogo il 15 e 17 dicembre e vedranno i partecipanti all’opera per la realizzazione di un dipinto scandito dalle diverse sfumature del bianco. Asrtid & Musa saranno presenti anche ai mercatini di Natale di Pergine, dal 26 al 30 dicembre.
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NATALE NEL MONDO
Tradizioni natalizie nell'Europa Orientale
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n Estonia e Lettonia le festività natalizie rappresentano un mix fra tradizioni cristiane e antiche usanze pagane che celebravano la rinascita del sole. In Lituania esistono molte leggende legate al Natale. Una di queste narra che il 25 dicembre l'acqua dei pozzi si trasformi in vino e chi riuscirà a berla avrà poi un anno molto fortunato. In Bulgaria il momento più importante del Natale è il pranzo durante il quale vengono servite portate esclusivamente vegetariane. In una pagnotta si nasconde una moneta: chi la trova diventerà ricco entro un anno. Nella Repubblica ceca il cenone di Natale vede molte portate a base soprattutto di pesce, insalata, patate, uova e dolci alle mandorle. A tavola non si può essere in numero pari e si crede che il
primo ad alzarsi morirà entro l'anno seguente, pertanto ci si alza sempre tutti contemporaneamente. Una superstizione, quest'ultima, che resiste anche in Polonia, paese peraltro molto cattolico e per questo la tradizione del Natale è assai sentita. Qui l'albero, detto choinka, viene addobbato con noci, mele e cioccolatini prima di Natale e rimane esposto addirittura fino al 2 febbraio, giorno di Santa Maria delle candele. Il cenone, benché di base vegetariana, è assai impegnativo: sono infatti 12 le portate servite, proprio come il numero degli apostoli. Fra i dolci ricordiamo soprattutto il Pierniki, dolce al miele dalle varie forme e l'Oplatek una pagnotta che riporta una figura natalizia. In Romania durante le festività si svolgono processioni aperte da bambini che portano una stella di legno addobbata, detta Steaua, al cui centro vi è un dipinto della Sacra Famiglia. Il dolce tipico del Natale è una specie di ciambella chiamata Turta. In Slovacchia i doni sono consegnati il 6 dicembre da San Nicola. Le festività natalizie in Ungheria iniziano con il giorno di Santa Lucia (Luca Napja). A tavola dominano i piatti a base di pesce, mentre il dolce tipico si chiama Beiglie ed è fatto con noci e semi di papavero. Solo dopo la caduta dell'URSS in Russia si è ripreso a festeggiare il Natale che, però, ufficialmente cadrebbe il 7
gennaio poiché la chiesa ortodossa non ha mai accolto la riforma gregoriana. Tuttavia è ormai accettata l'usanza di festeggiare il 25 dicembre, anche se il 6 gennaio, che per noi è l'Epifania, i russi preparano il cenone natalizio con piatti a base di carne, formaggi, dolci e bevande forti. Il piatto tipico è il Sočivo preparato con un mix di cereali. Anche in Ucraina, come in Russia, il Natale si festeggia il 7 gennaio, mentre lo scambio dei doni avviene il giorno di San Nicola. Il cenone si compone di 12 portate e nel menu non devono figurare piatti a base di carne o di latte in segno di rispetto dell'allevamento, voce importante nell'economia ucraina. (j.g.)
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ANNAROSA PASA PERSONAL TRAINER DELLA TUA BELLEZZA
Ma ciao! Mi ha parlato di Te Babbo Natale e mi ha detto che secondo lui sarebbe bello che Noi ci conoscessimo! …e così ho pensato di dirti chi sono e presentarti il mio salone... Sono Annarosa Pasa. Dall'esperienza e dalla tradizione tramandata dalla madre, mi sono diplomata nel 1990, presso la Scuola per stilisti Cam-Gandini. Nel 1998, apro il primo salone come piccola attività, per diventare successivamente il marchio “Mod'Art”. Da subito collaboro con il Gandini Team (gruppo stilistico riconosciuto a livello mondiale), del quale sono diventata punto di riferimento con la soddisfazione di seguire per più di dieci anni il concorso di bellezza Miss Italia e successivamente Miss Mondo. Ho partecipato a ben sei alternative “Hair Show” (a Bologna, Londra, Seul e Chicago). Un’esperienza straordinaria quest’ultima per poter
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esprimere la massima creatività del mio lavoro e poter donare il ricavato in beneficienza per la lotta contro la leucemia dei bambini. Sono stata, inoltre, parrucchiera nel Back-Stage di Sanremo e Premio Regia TV. Sono stata invitata dal Governo cinese come formatrice e ad oggi sono presente su pedane nazionali e internazionali in tutta Europa, in Thailandia, Argentina, Twain, Colombia e Dubai. Nel maggio del 2008 apro il nuovo salone Mod'Art a Borgo Valsugana in Via 20 settembre. Nel corso degli anni, al mio fianco, si è formato e cresciuto un “Team” di professionisti appassionati che,
grazie al continuo aggiornamento, hanno sviluppato ed affinato il loro talento. Insieme, in una sinergia di intenti e di azione, assicuriamo l’azione dinamica e coerente dello stile Gandini, che coniuga la femminilità con l'eleganza, l'alta artigianalità italiana con la ricerca, la passione con il metodo. Il nostro impegno è di migliorare sempre questi strumenti, per trasformare le nostre clienti in donne meravigliose ed entusiaste della loro unicità. La nostra “magnifica ossessione” è di creare il tuo stile e far si che sia immediatamente riconoscibile. Il nostro talento si esprime al meglio nel “Cut e Color”, grazie alle tecniche di, “taglio in sospensione”, studiato per valorizzare e rendere più facile la gestione dei capelli ricci, o il “taglio perime-
4 Sorrisi 8 Mani
i r u g u A 1.000 trico” che valorizza la forma dei capelli lisci e le innovative tecniche di colorazione con i “pannelli passanti”, diventando così la nostra arma vincente. Quando taglio i capelli faccio un viaggio alla scoperta del Tuo essere che vuole manifestarsi e che spesso non viene ascoltato quando tenti di assomigliare a… ma non a te. Quando taglio parlo con i tuoi capelli (e non prendermi per matta), li ascolto e loro fanno ciò che gli dico, a patto che li lascio liberi “ di camminare” nella loro
direzione. Quando taglio i capelli mi innamoro, mi emozioni, faccio festa. Quando taglio i capelli non parlo, ma dialogo con Te attraverso quell’empatia energetica che s’innesca grazie alla Tua fiducia. Quando taglio i capelli assumo un’espressione strana, quella concentrazione che crea silenzio denso, piacevole, che Ti avvolge e Ti accarezza. Quando taglio i capelli entro in un mondo tutto mio che diventa anche Tuo. E tutta una magia, un
teatro in cui la vera protagonista sei Tu, per un taglio speciale, quel taglio che più ti assomiglia, quel taglio, ancora più Tuo. I nostri valori sono etica, efficacia e responsabilità che esaltiamo anche nella scelta dei prodotti utilizzati rigorosamente Made in Italy. Nei vari steep di lavorazione sarà per noi un vero piacere confidarTi i nostri segreti per la gestione del tuo look a casa e farti diventare la migliore parrucchiera di te stessa. (P.R.)
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La banda folk di
Castello Tesino L
a tradizione musicale bandistica di Castello Tesino risale al 1901, ma già nel 1889 esisteva una banda di ottoni in paese. Da verbali di inizio 1900 si legge che grazie all’acquisto di strumenti da parte di Martino Braus fu possibile costituire un complesso che partecipò nel 1903 a un concorso musicale a Trento durante le Feste Vigiliane. Fu quella la prima uscita ufficiale, che fruttò alla Banda “pergamena e bandiera”. Nel 1909 fu redatto il primo Statuto che venne approvato dall’Imperial Regia Luogotenenza di Innsbruck. Nel 1946 Carlo Deflorian e Bruno Zanettin ripresero l’attività della banda portando la sede all’Oratorio. Nel 1981 il sodalizio venne dotato dei tradizionali e antichi costumi del Tesino e rinominato Banda Sociale Folkloristica. L’intensa attività, con il maestro Lele Lauter, trovò il meritato coronamento nell’incisione di un LP. Nel 2001 la Banda, diretta dal maestro Claudio Dorigato, ha festeggiato il suo primo centenario di fondazione attraverso un’apprezzata rassegna, alla quale hanno partecipato numerosi complessi bandistici trentini. Dal 2003 è guidata dal maestro Ivan Villanova e il presidente in carica è Claudio Costa. Il complesso possiede un gustoso repertorio di Blasmusik e questa caratteristica, unita all’autenticità e bellezza dei costumi tradi-
zionali della Valle del Tesino, la porta a essere invitata spesso in numerose località nazionali. Nel 2008 ha rappresentato a Roma il Trentino nella “Festa della Musica Popolare” in onore di Santa Cecilia, promossa dal Ministero dei Beni Culturali. Nel 2009 è stata ospite al Raduno bandistico nazionale promosso dal comune di Gubbio. Di recente ha partecipato alla Rassegna “Arcadia musica e sapori” e all’Internazionale Blasmusikertreffen di Wolfsberg (Austria). Nel 2012 è stata invitata, unica banda trentina, alla ”Traubenfest” di Merano. A oggi il sodalizio conta 35 bandisti e una ventina di allievi. Per ulteriori notizie: www.bandacastellotesino.it. Per la Banda Sociale Folkloristica di Castello Tesino il 2015 è un anno da incorniciare che non solo gratifica i bandisti e gli organizzatori, ma rende davvero gioiosi i moltissimi simpatizzanti e chi, della banda, è un vero tifoso e appassionato. Molte le uscite e le trasferte che hanno visto protagonisti i “maestri” di questo insieme musicale. Il 31 maggio e l'1 e 2 giugno la banda ha partecipato al Festival Internazionale di Giulianova (Abruzzo), vivendo tre splen-
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dide giornate di musica tra note, sole e mare. È stata un’esperienza unica, soprattutto per i nuovi bandisti che hanno avuto l’opportunità di ascoltare bande eccezionali, nazionali e non e di sperimentare un’esibizione sul palco di un festival internazionale, con tanto di giuria e ripresa in diretta proiettata su maxi schermo. Martedì 2 giugno gran finale con la parata di tutte le bande e i complessi partecipanti sul lungo mare. Quella fatica è stata ricompensata dal
premio per il miglior costume, un importante riconoscimento che va a premiare una volta di più l’unicità e la bellezza del loro costume tradizionale e che porta vanto alla loro valle e alla sua storia. Per la cronaca, il premio città di Giulianova è andato all’orchestra Model dell’esercito dei carabinieri del Ministero Affari Interni della Moldavia, quello per la miglior banda giovanile è andato ex equo a 2 bande della Bulgaria. Altra uscita memorabile
è stata quella del 30 agosto a Cortina (BL) alla festa di “ Re de bandes”, una partecipazione di 30 bande in una cornice di montagne e di pubblico meravigliosi. Anche là, sfilata per le vie del paese con concertone finale di tutti i bandisti partecipanti e concerto di ogni singola banda in vari luoghi della cittadina. Altre manifestazioni da ricordare sono, la sfilata e il concerto alla birreria Pedavena (BL) il 5 luglio alla festa dell’orzo e alla festa del fagiolo a Lamon (BL) il 19 settembre. A Castello Tesino la banda ha partecipato al “Biagio delle Castellare”, alla festa del Santo Patrono, al concerto all’osservatorio astronomico del Celado, ai concerti d’estate a luglio e agosto, per paesani e ospiti, nonché alla sfilata e concerto per la consegna della reliquia del beato Carlo d’Austria. Anche gli allievi hanno dato dimostrazione delle loro potenzialità con un saggio-concerto alla fine di maggio. Vi saranno poi le uscite per i mercatini natalizi, mentre è in preparazione l’ultimo concerto dell’anno, attesissimo, quello della notte di Natale.
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CURIOSITÀ
Natalizie
UN SUPER BABBO NATALE Babbo Natale per consegnare tutti i regali a tutti i bambini della Terra dovrebbe volare più veloce di Superman. Infatti, secondo l’ingegnere Larry Silverberg dell’Università del North Carolina, per consegnare oltre 200 mila pacchetti su una superficie di 517 milioni di chilometri quadrati nelle 24 ore del giorno di Natale dovrebbe andare a 8.180.296 chilometri all’ora. Non la velocità della luce, ma comunque qualcosa di stupefacente: gli aerei militari più veloci non hanno superato i 30.000 km/h. E IN ITALIA? Un Babbo tutto per lo stivale avrebbe vita più facile, ma senza esagerare. Nella nostra penisola ci sono infatti più di 10 milioni di bambini e ragazzi tra 0 e 18 anni, che vivono in circa 10 milioni di famiglie. Ovvero 33 per chilometro quadrato. Per superare la distanza media di 174 metri tra una casa e l’altra e consegnare tutti i doni prima del mattino successivo, il buon Santa dovrebbe viaggiare a 72 mila chilometri orari. AIUTANTI DA RECORD Le renne non sono sempre state le fedeli compagne di Babbo Natale. Compaiono per la prima volta nel 1823, in una poesia inglese. Da allora, però, le vediamo sempre raffigurate mentre trainano la slitta carica di regali. E lo fanno molto bene: sono animali molto forti, in grado di percorrere fino a 5 mila chilometri in un anno e di correre alla mirabile velocità di 80 chilometri all’ora. NATALE = REGALI In Italia nel 2014 si sono spesi in media 320€ per 11 regali a testa. In media si è speso poco: circa 30€. Eccezioni sono il compagno/compagna di vita e la mamma, per i quali si spende mediamente di più. Il 30% degli italiani si è dimenticato di fare almeno un regalo, e il 60% almeno una volta nella vita ha riciclato impunemente un regalo altrui. Statisticamente, quasi metà dei giocattoli regalati ai bambini per Natale, entro marzo sono rotti.
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to anni. Alcuni “ Caro direttore, ho ot che Babbo Natale dei miei amici dicono mi ha detto :” se lo non esiste. Mio papà rà vero”. La vedi scritto sul Sun, sa à: esiste Babbo prego di dirmi la verit Natale? Virginia O’Hanlon
di Patrizia Rapposelli
“… Si Virginia, i tuoi amici si sbagliano. N on credono in nulla se in quello che vedono. non Credono che niente po ssa esistere se non è co prensibile alle loro pi mccole menti. Si, Virgin ia, Babbo Natale esist Esiste come esistono e. l’amore, la generosità e la devozione, e tu sa abbondano per dare al i che la tua vita bellezza e gi oia. Come sarebbe tri il mondo se non esistes ste se Babbo Natale! Sare bbe triste anche se no esistessero delle Virgin n ie. Non ci sarebbe ne ssuna fede infantile, né poesia, né romanticism o a rendere sopportabi le la nostra esistenza. grazie a Dio lui è vivo … e vivrà per sempre. An che tra mille anni, Vi nia, continuerà a far rg ifelici i cuori dei bambi ni”. Francis Pharcellus Ch urch
Letterina a Babbo Natale:
far volare i sogni in cerca di fortuna
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’incantata tradizione di scrivere la letterina a Babbo Natale che da generazione a generazione si tramanda, la si vede nascere in svariati modi, ma l’accaduto più bizzarro vede la sua origine nella storia di un editoriale del 1897. Nel 1897 il dottor Philip O’Hanlon di Manhattan si sentì domandare dalla sua bambina Virginia se Babbo Natale esistesse davvero. Suo padre, esasperato dai suoi mille dubbi, suggerì di scrivere al New York Sun, un quotidiano importante del tempo, assicurandole che “ se lo dice il Sun, allora è vero”. Uno dei direttori del giornale, un certo Francis Pharcellus Church, decise di rispondere a quella insolita richiesta, non consapevole che da quel momento, la sua risposta sarebbe stata ristampata ogni anno ai primi di dicembre in una cerimonia prenatalizia: “ Yes, Virginia, there is a Santa Claus” (“si, Virginia, Babbo Natale esiste”). Così come questa lettera ogni hanno rivenne pubblicata, anche i bambini di tutto il mondo scrivono tutt’ora una letterina a Babbo Natale; tradizione che accomuna tutti noi, un’emozione che nata da bambini brilla nel cuore di ogni adulto nel ricordo di quel tempo passato e tanto atteso. Nelle sere di dicembre, tra gli
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addobbi nelle case e le luci del calore natalizio, le letterine vengono lasciate sugli alberi di Natale nella speranza che Babbo Natale se le porti via. Ogni bam-
bino racchiude un piccolo desiderio :” Caro Babbo Natale, potresti portarmi una bambola gigante?”, “Caro Babbo Natale, potresti far smettere di litigare i miei genitori?”, “Caro Babbo Natale, non ho il camino, vieni a trovarmi lo stesso? mi svegli con le tue renne? Sono davvero buone, come me?” (tracce raccolte da: letterine di bambini di Ferrara). Sono infiniti i sentimenti che si celano dentro il cuore di un bambino che scrive una letterina: emozioni, paure, desideri racchiusi in fogli colorati e disegnati, sogni nell’ attesa di trovare un piccolo dono sotto l’albero. Scrivere a Santa Claus per far volare i sogni in cerca di fortuna, per aiutare i più piccoli a vivere nell’atmosfera del Natale assieme alla propria famiglia, per regalargli il dono più grande; momenti ed emozioni che da adulto saranno custoditi gelosamente in lui. Francis Pharcellus Church ha aiutato la piccola Virginia a godere delle bellezze della magia natalizia, perché rovinare la fede infantile? Ogni sogno sembra sempre lontano, ma a Natale è più vicino di quello che pensiamo e la tradizione vuole dare gioia ed emozioni a ogni piccolo cuore; in fondo chi non ha sognato assieme alla letterina di Babbo Natale?
DRIOGHE ALA STELA… LA CANTA DELLA STELLA
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arà un Natale davvero particolare per le frazioni presenti nel comune di Grigno. Dopo un periodo di assenza, infatti, il coro parrocchiale di Tezze torna a proporre “Drioghe ala Stela…La canta della Stella”, un evento che porterà tutti i cantori a passare casa per casa, frazione per frazione con i loro canti natalizi e beneauguranti. La prima data è fissata per domenica 20 dicembre: i partecipanti, vestiti con i tradizionali costumi ed accompagnati dalla Stella, partiranno alle 17 dalla località Belvedere e, tra un canto e l’altro, faranno tappa a Masi Ornè, Pianello di Sotto, Pianello di Sopra per finire, qualche ora più tardi, in località Martincelli. Ad ogni tappa, ad attenderli, come da tradizione, tanta gente che li accoglierà con gioia ascoltando i loro messaggi di pace, gioia e felicità. Una tradizione, quella della Canta della Stella, che in paese si tramanda di generazione in generazione e che ogni volta viene arricchita da qualche elemento di novità. Sarà così anche quest’anno. Risale alla metà del Cinquecento, nel pieno della Controriforma, l’usanza di cantori che vanno di frazione in frazione ad annunciare col canto l’arrivo dei Re Magi alla grotta di Betlemme. Una usanza diffusa per tutto l’arco. Il Canto della Stella consiste in canti a soggetto religioso che rievocano il viaggio dei Magi. Questi canti vengono eseguiti da cantori itineranti muniti di una stella, simbolo della Stella Cometa, costituita da una struttura in legno o metallo e rivestita di carta colorata, illuminata da lampadine elettriche. Il secondo appuntamento è in programma domenica 27. Questa volta i cantori ed i loro accompagnatori gireranno per le vie e le piazze della frazione di Tezze. La partenza è fissata alle 17 dalla canonica per arrivare, poco dopo, in località Borghetto, a Masetto Vecchio per proseguire lungo via Tormeni, in località San Rocco, in via Stefani. L’edizione 2015 di “Drioghe ala Stela…La canta della Stella” si concluderà in piazza 24 Maggio. La manifestazione è organizzata dal Coro Parrocchiale di Tezze in collaborazione con le associazione presenti nelle frazioni, l’Autonoleggio Voltolini e con il patrocinio del comune di Grigno. (A.D.)
Natale a
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Grigno
ono ormai vent’anni da quando Orlando Minati, presidente della Pro Loco di Grigno all’epoca, e il suo vice Elio Morandelli istituirono il “Natale soto i Porteghi” nel comune di Grigno. Come tradizione anche quest’anno la storica festa verrà riproposta sabato 19 dicembre, come ideato dai fondatori, tradizionalmente il sabato precedente al Natale. La manifestazione nacque principalmente con lo scopo di incentivare i numerosi porteghi del borgo e portare dell’animazione in paese. Visto il grande successo ottenuto si decise di impegnarsi maggiormente e con l’aiuto delle varie realtà associazionistiche del territorio organizzare una festa paesana. Tutt’oggi sono 20 le associazioni presenti nell’organizzazione, affiancate da quest’anno dal “Comitato Nadale soto i Porteghi” e la sua presidentessa Cinzia D’Agnese. Sabato 19 dicembre si celebrerà il ventennio con il solito spirito natalizio che ha da sempre contraddistinto la manifestazione, pietanze tipiche e bevande che verranno distribuite ai visitatori. Per celebrare al meglio l’occasione, oltre alla lotteria di Natale al termine della festa, alle ore 20 la Pro Loco organizzerà uno spettacolo pirotecnico. Ricordiamo inoltre che alle ore 16 presso la vecchia Chiesa di S. Giacomo si terrà prima una rassegna di canti natalizi proposti dal coro parrocchiale di Grigno, successivamente verranno presentati i presepi di Natale. (A.D.)
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. . . i o n i t t u Da t di Caldonazzo
o v o u n e l a t a Un N a Novaledo di Franco Zadra
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n presepio vivente molto particolare andrà in scena in piazza del Municipio alla vigilia di Natale. L'Assessorato alla cultura, guidato da Lorenzo Angeli propone una sceneggiatura inaspettata curata dal presidente della Filo Levico, Claudio Pasquini. «Un evento – dice l'Assessore – dedicato prima di tutto ai bambini. Sono dieci anni che non viene riproposto un Presepe vivente e saranno in molti a poter apprezzare il messaggio di fratellanza e unione che il Natale riesce a trasmettere». Nel testo scritto a due mani tra gli assessori Angeli e Gasperazzo, «non vi saranno l'Annunciazione, la Visitazione, il sogno di Giuseppe e tanti altri riferimenti della tradizione evangelica, – precisa Angeli – per far spazio a concetti e suggestioni più comprensibili ai bambini, con richiami a tematiche attuali come la solidarietà e la tolleranza». All'ombra di un abete di 10 metri, illuminato da centinaia di luci colorate e ricco di addobbi preparati dai bambini delle elementari e materne, la piazza del paese diverrà un teatro vivente. Sarà presente il “presepe fotografico”, originale e unico nel suo stile, organizzato per il secondo anno consecutivo e creato dalle mamme e dai papà che hanno coinvolto 95 bambini e rimarrà in esposizione fino al termine delle feste natalizie. L'accompagnamento musicale della manifestazione sarà garantito dalla presenza del Coro Piccole Colonne, formato da una trentina di bambini e bambine di età compresa fra i 4 e i 13 anni, diretti da Adalberta Brunelli. I bambini del paese potranno prendere visione in rassegna anche degli antichi mestieri di un tempo at-
traverso i vari personaggi del presepe. Il rispetto per le credenze di ciascuno, in questa versione “laica” del Presepio inventato da san Francesco, è assoluto, anche se s'intuisce una certa propensione allo spirito natalizio che, di fatto, coinvolge tutti volenti o nolenti dentro questa “bontà diffusa”. D'altra parte, se è vero come si racconta che a Natale Dio si è fatto uomo, un qualche effetto l'avrà pur prodotto. Perché stupirci tanto se una volta all'anno ci sentiamo tutti più buoni? «L'entusiasmo caloroso – conclude Lorenzo Angeli – di tutto il Gruppo Presepe, il supporto delle associazioni, la preziosa collaborazione del Corpo dei Vigili del Fuoco volontari di Novaledo e del gruppo Alpini, la collaborazione tecnica e l'esperienza artistica di Claudio Pasquini, la partecipazione e l'aiuto della Cassa Rurale di Levico Terme e del BIM Brenta, con tutte le persone che si sono messe in gioco, faranno di questa prima edizione, dopo tanti anni, del Presepe vivente di Novaledo un appuntamento destinato a durare nel tempo e a stimolare valori di amicizia e unità nel segno del Natale».
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SEQUOIA,
PIANTA SECOLARE
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on sono molti i parchi o giardini che possono vantare la presenza di speciali e gigantesche piante, come la sequoia. Da noi se ne trovava una all’ingresso del parco asburgico di Levico Terme che però è morta improvvisamente nel 2007 a “soli” 125 anni di età. La “Sequoiadendron giganteum Buchh”, questo il suo vero nome, è una conifera che cresce molto lentamente e può raggiungere e superare anche i 3000 anni di età. Per il parco di Levico Terme rappresentava uno degli alberi più speciali che però, a causa della fungosi che si portava dietro da tempo, non ha retto ad un inverno, quello del 2006, insolitamente caldo e secco. Ma quella pianta della circonferenza alla base di circa 9 metri e 35 di altezza, anche se ormai insecchita, non poteva essere tagliata e bruciata e così otto anni fa è stata riportata a “nuova vita” su idea dell’artista americana-olandese Mari Shields, appassionata e competente di sequoie, che ha diretto per più di tre mesi i lavori voluti dal Servizio Conservazione della Natura e Valorizzazione Ambientale della Provincia e materialmente eseguiti da una quarantina di operai. E’ stata
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trasformata in un’opera d’arte collocata nel medesimo posto dove aveva vissuto per oltre un secolo. Dalla dozzina di pezzi di circa 3 metri ciascuno cui era stata tagliata, sono state ricavate delle assi che circondano la parte più bassa del tronco e che vediamo in questa foto. Ma quasi per incanto, una tiepida sera di ottobre, percorrendo la strada che da Pochi di Salorno porta alla frazione di Cauria, abbiamo notato un gigantesco albero vicino ad una colossale casa di abitazione, che, in quanto a dimensioni, nulla aveva da invidiare alle consorelle piante del vicino bosco. In detta località, a 833 metri di altitudine, si trova il Maso Leitachhof, divenuto poi Laita. Un maso che, attraverso vari pas-
di Mario Pacher
Sequoia Cauria saggi, nel 1998 fu acquistato per metà dalla signora Claudia Tabarelli originaria della valle di Cembra, che lo abita con i figli. A distanza di qualche metro da quel grande fabbricato, padroneggia una maestosa Sequoia Gigantea (Mammutbaum) che sarebbe stata messa a dimora nel 1898 da certo dottor Anton Profanter, per festeggiare il 50° anniversario di governo dell'Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe,
marito di Elisabetta di Baviera ( la bellissima Sissi ). Una pianta che sarebbe giunta a Laita, secondo le affermazioni di uno storico botanico dei giardini di Bolzano, attraverso un veliero carico di 57 Sequoie Gigantee della California che furono piantate in alcuni parchi, dell’Alto Adige in particolare, e quella di maso Laita sarebbe una delle poche sopravvissute nel tempo, probabilmente perché piantata sopra una falda d’acqua che ancora oggi l’alimenta. Qualche ulteriore notizia fornitaci sempre dalla signora Claudia, che appunto abita proprio all’ombra di quella pianta: “ Nel 2002 la Sequoia misurava 9 metri di circonferenza, 4 di diametro e circa 50 metri di altezza. Rimane verde e rigogliosa tutto l'anno, cambia il suo manto ad inizio estate, diventando un po' arancione mentre d'inverno presenta riflessi argentei. Nel 1973 un fulmine l’avrebbe tranciata, per la seconda volta, di ben 12 metri di punta. Fino agli anni '80 venivano raccolte le sue pigne ancor verdi ed inviate, tramite ferrovia, a Verona per poi
ricavarne farmaci di natura omeopatica. Il 29 gennaio 1979 sarebbe stata proclamata dalle autorità competenti Altoatesine “Monumento Naturale della provincia di Bolzano” e quindi posta sotto tutela come “Sequoia Gigantea”. Tuttora sono molte le persone, anche del Trentino, che transitando si fermano per ammirarla. Qualche anno fa vi fu anche la proposta dei paesani di illuminarla per Natale, ma data la sua maestosità, l’idea non si è potuto realizzarla”. Pure noi avremmo voluto constatarne le sue attuali dimensioni, ma abbiamo dovuto limitarci a verificarne solo la sua circonferenza alla base: 12 metri e 75 centimetri. Il diametro e l’altezza lasciamoli immaginare ai nostri lettori, dopo aver osservato questa foto scattata lo scorso inverno.
Sequoia Levico
ABBIGLIAMENTO E INTIMO DA 0 A 99 ANNI
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“LUNA CAPOVOLTA” di Simona Raspelli
Un padre “ingombrante”, volto noto del piccolo schermo, una carriera già consolidata nonostante la giovane età, una vita agiata in un mondo, quello occidentale, ricco di beni e certezze materiali... Ad un certo punto Simona Raspelli, psicologa milanese primogenita del noto critico televisivo Edoardo Raspelli, decide di mettere in stand by la propria vita e di partire alla volta di Burundi e Palestina come volontaria. Da questa esperienza è nato il libro “Anche la luna è capovolta”.
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el mondo ci sono luoghi che si trovano a poche ore di volo da noi, ma che distano anni luce dalle comodità e dalle certezze del nostro modo di concepire la vita. Sono luoghi dove ogni giorno si vive nel dramma e si tocca con mano la tragedia, dove tutto appare irreale, rovesciato, talvolta perfino... la luna. “Anche la luna è capovolta”, difatti, è il titolo del primo libro di Simona Raspelli, giovane psicologa milanese che per qualche mese ha deciso di lasciarsi alle spalle il mondo occidentale per immergersi come volontaria nella vita di tutti i giorni di due paesi molto
diversi fra loro, Burundi e Palestina, ma accomunati dalla tragicità del quotidiano. Con l’aggiunta del sottotitolo “Una volontaria tra Burundi e Palestina”, il libro “Anche la luna è capovolta” appare un piccolo gioiello che racconta le esperienze vissute in prima persona da questa giovane donna dal cognome famoso e dalla vita professionale curiosa ed intensa. Infatti Simona Raspelli, nata a Milano nel 1980, è la figlia maggiore del giornalista critico gastronomico e conduttore su Canale 5 di Melaverde, Edoardo Raspelli. Psicologa, dottore di ricerca, studiosa
Simona Raspelli del mondo drammatico legato al binomio ”Ottimismo e lutto” che ha studiato a fondo, Simona Raspelli ci racconta come è nato questo piccolo libro di 109 pagine intense, commoventi, emozionanti, che fanno pensare e riflettere. Dott.ssa Raspelli, com'è nata l'idea per questo suo primo libro? “Nel 2012, a trentadue anni, decido di mettere in stand by la mia vita europea e il mio lavoro di psicologa e ricercatrice e di partire per qualche mese verso due paesi molto lontani dal nostro modo di vivere occidentale”.
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Raspelli Edoardo, Clara, Simona, Matteo. Quali? “Prima, col VISPE (Volontari Italiani Solidarietà Paesi Emergenti), sono partita per il Burundi dove ho conosciuto la povertà, la miseria, la vita breve condizionata dalle mal curate malattie”. Come si è trovata? “In una terra che parla di sé già mentre ci si cammina sopra, mentre si lotta con la stanchezza e s’incontra la sua gente, si sperimentano i suoi cibi, animali, tempi...in quella terra una giovane donna bianca fa l’esperienza dell’essere straniera”. Poi? “Poi sono ripartita per un viaggio di conoscenza in Palestina, tra campi profughi e villaggi sotto assedio militare, una società più ricca rispetto a quella del Burundi, ma dove odi secolari si mescolano dando vita a una guerra strisciante implacabile che sembra non dover finire mai”. Che esperienza è stata? “In quel pezzettino di terra ho raccolto molte testimonianze di volontari internazionali e nel libro le racconto al di là di tutte le teorizzazioni sul conflitto arabo-israeliano”. Se dovesse spiegare ai lettori che tipo di libro è “Anche la luna è capovolta”, come lo definirebbe? “È il racconto di ciò che “due occhi qualunque” hanno visto e due orecchie qualunque hanno ascoltato durante queste esperienze in Africa e Medio Oriente, al di là delle conoscenze storiche, politiche, economiche o religiose, al di là delle competenze tecniche e di prese di posizione, al di là di tutto...”. Insomma, un racconto vero, in prima persona... “Sì, sono andata, ho visto, ho vissuto, ho incontrato persone, uomini e donne comuni, bambini. Ho memorizzato e ora racconto per condividere queste mie esperienze con altri”. (j.g.)
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Noi siamo i
“FIGLI DELLE STELLE” C
hi non ricorda la celebre canzone di Alan Sorrenti, correva l’anno 1977 quando si iniziò a parlare dei figli della notte, gli eroi di un sogno, ed è proprio questo che ha ispirato il nome di questa associazione, che è quasi una famiglia, unita da un’unica e travolgente passione. Come ci rivela la regista Lorena Guerzoni il nome è nato durante le prove di “High School musical”, rivisitato in chiave anni ’70 e ascoltando le musiche di quegli anni è giunta l’ispirazione che ha dato il nome all’associazione. I figli delle stesse erano attivi già come gruppo dal 2002 e facevano capo all’associazione Orizzonti, associazione che si occupa della promozione dello sport e della danza. Nel 2007 il Comune di Ospedaletto, decide di affidare una ventina di bambini di età compresa fra i 6 e i 15 anni agli insegnamenti di Lorena Guerzoni per la recitazione e di Silvia Pesente per il ballo, con l’intento
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di realizzare uno spettacolo e dopo quasi un anno di prove viene messo in scena il primo musical “Sister Act”. Visto l’entusiasmo che questo spettacolo ha suscitato, il gruppo ha continuato a seguire questo percorso, puntando sempre più in alto e scegliendo di istituirsi come associazione teatrale nel gennaio 2009. Nel corso di questi anni l’associazione si è allargata, aprendo le sue braccia ad una quarantina di associati; Gli attori sono suddivisi in diversi gruppi: un gruppo che comprende ragazzini dai 7 ai 14 anni, due gruppi di adolescenti delle superiori ed un gruppo di giovani (dai 20 ai 29 anni). Con anni si sono formati in questo settore: Deborah Russo, Veronica Gianello e Manuel Zanetti. I tecnici che si occupano di audio e video sono Lorenzo Mattrel e Diego Ropele, mentre la regia ed i testi sono curati dalla carismatica guida di questo affiatatissimo gruppo, Lorena Guerzoni. In questi anni si sono avviate molte collaborazioni con le scuole del territorio, con laboratori teatrali curati dall’associazione nelle scuole elementari e medie di Telve, alle medie di Borgo Valsugana, Torcegno e Telve di Sopra, cui si aggiunge anche Enego. Grazie all’appoggio e al sostegno del Comune di Ospedaletto l’associazione ha posto la sua sede nel teatro locale, dove ha la
di Chiara Paoli
possibilità di effettuare le prove per gli spettacoli. La biblioteca ed il Comune di Borgo permettono all’associazione di realizzare uno spettacolo nel corso della rassegna teatrale, così che possano autofinanziarsi e sostenersi. Anche i Comuni di Telve, di Enego e di Romano d’Ezzelino danno ospitalità all’associazione e propongono i loro spettacoli. Dal 2012 i testi sono curati da Lorena, che abbiamo già nominato e che dapprima si è cimentata in una rielaborazione del famosissimo Titanic con il testo “L’inaffondabile”, molte le tematiche toccate, storiche, come l’opera “Voglio restare onesto”, dedicato ad Alcide Degasperi e Francesca Romani. Il gruppo non manca poi di toccare le tematiche sociali, che con la collaborazione di AIDO affronta in “Ciao…una storia d’amore oltre la vita”, la toccante vicenda di una vita spezzata da un tragico incidente; è solo grazie alla donazione di organi che il protagonista riesce a tornare alla vita e all’amore (in scena il 30 dicembre ad Enego). Ma c’è anche la voglia di dedicarsi all’attualità, in scena il 28 novembre al teatro di Borgo Valsugana “Tacco 12”, dedicato
alla tematica della violenza sulle donne. Anche spettacoli dedicati ai bambini come quello che verrà presentato a Telve il 5 dicembre alle ore 17.00, che narrerà le vicende di un gruppo di gatti che diventano amici per affrontare insieme le difficoltà della vita da randagi. Impegnati anche sul fronte storico per commemorare il centenario della Grande Guerra l’associazione sarà in piazza a Borgo il 7 dicembre (ore 15.30 e 17.00) con “La nostra Grande Guerra”. Il 15 dicembre “La forza di un sogno”, sul rapporto genitori e figli e legato alla scelta della scuola da intraprendere, andrà in scena a Telve, mentre il 19 dicembre viene riproposta ad Ospedaletto la “Notte del teatro” con mostra fotografica a partire dalle 15.00 e dalle 20 spettacoli, proiezioni, improvvisazioni, trailer e una piccola anticipazione dello spettacolo “Come Romeo e Giulietta” che debutterà il 13 febbraio 2016 ad Ospedaletto (con panettone e the caldo per tutti!). Questa associazione non è una scuola di teatro dove si apprendono tecniche e dizione; è una vera e propria scuola
di vita, che aiuta i ragazzi ad esprimere i loro sentimenti e a trasmettere le loro emozioni; un modo per conoscersi meglio e per scavare a fondo nell’animo. Un gruppo ed un impegno teatrale che aiuta a crescere, che vuole trasmettere messaggi importanti, che lasciano il segno. Accomunati da una immensa passione per il teatro e per quello che comporta, il sentimento traspare negli spettacoli e riesce a catturare l’attenzione degli
spettatori, riuscendo a far trapelare un messaggio, di volta in volta diverso, ma sempre di grande spessore. Per informazioni sugli spettacoli: www.figlidellestelle.wordpress.com
Vorrei fare i miei personali complimenti ai ragazzi che quest’estate hanno messo in scena lo spettacolo alla Rocchetta sul dosso di San Giorgio: quando la passione c’è, si vede e si sente!
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Un Natale ricco di magia
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nche quest’anno la Bottega delle Meraviglie si è preparata al Natale con tantissime novità per la gioia di grandi e piccini create dalle migliori marche del settore. La più magica è la linea Oid Magic che presente una gamma di trucchi di magia professionale adatti , però, ai bambini perché risveglia in loro l’immaginazione e il potenziale artistico. Tutti i giochi, di altissima qualità, presentano dei funzionali kit proposti per i bambini dai 4 ai 7 anni. I kit per i più grandi contiene anche un dvd (in italiano) di spiegazione. Altra azienda è la Yookidoo per il mondo della prima infanzia. L’ora del bagnetto, per i più piccoli, è da sempre divertimento e gioco. E allora perché
non unire anche l’apprendimento con questi nuovi giochi che, grazie a un esclusivo sistema di pompaggio per il ricircolo dell’acqua, creano un’esperienza unica che aiuta lo sviluppo della coordinazione mani-occhi. La linea prima infanzia comprende anche sonaglini, tappetini e molti altri giochi musicali. Per la fascia d’età prescolare c’è Tibò con gli interessanti Kit in cartone ondulato presagomato, facilmente costruibile senza forbici e colla. Oppure il set di disegni da colorare, in modo semplice, grazie alla speciale stampa a rilievo in velluto. Ogni bimbo, colorando dentro le porzioni delimitate dallo spessore delle linee, affina e migliora la propria capacità “artistiche” divertendosi e seguendo un percorso educativo. E che dire degli aerei in carta. Intramontabile gioco che coi kit da montare, pie-
Dicembre è il mese più magico dell’anno. Si addobbano le strade, le case, si prepara l’albero e presepe. E, per la gioia di tutti i bambini, si scrive la lettera a Babbo Natale per ricevere i regali desiderati.
gando manualmente le linee guida stampate sul foglio, creerà aerei bellissimi. Tre diverse fasce di difficoltà, stimolante per grandi e piccini. E a Natale come non parlare dei giocattoli in legno. La bottega delle Meraviglie quest’anno affiancherà, all’intramontabile Janod, un’altra linea di giocattoli in legno francese: la Boikido. E per i più grandi? Nessun problema: arriva Science4you, un’azienda portoghese che crea giocattoli educativi con l’obiettivo di far imparare ai bambini giocando, grazie alla combinazione di apprendimento e divertimento, risvegliando la curiosità e l’interesse per la sperimentazione e l’imparare.
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ANIMATORI DI PIAZZA
uante volte in una pubblica piazza abbiamo visto manifestazioni organizzate per il piacere, il divertimento e la gioia dei bambini. E quante volte, con i nostri figli, abbiamo partecipato ai simpatici giochi ed attrazioni varie mirate a rendere allegri ed indimenticabili i momenti creati per loro. I burattini, i palloncini, le bolle giganti, i trucca bimbi e altre originali “invenzioni”, sono una piccola parte degli elementi che spesso si usano quando si vuole animare una festa i cui attori principali sono i bambini. In questi ultimi anni il compito dell'animatore, sempre di più acquista spazio e potenzia la sua dimensione operativa. Sempre di più, grazie ai nuovi ritrovati della tecnologia, è in grado di soddisfare tutte le richiesta per rendere veramente indimenticabile una festa, una particolare ricorrenza, un compleanno, un
onomastico o più semplicemente rendere allegra e gioiosa una riunione tra piccoli e meno piccoli. Una volta si usava portare i figli al circo e vivere con loro le attrazioni e gli spettacoli che del circo facevano e ancora fanno parte. Purtroppo la tradizione circense sempre più è venuta a mancare dalle nostre piazze, specialmente quelle di periferia. E ciò che una volta riusciva a radunare sotto il tendone, e le feste e sagre paesane erano il loro punto di riferimento, ha perso la sua indiscutibile attrazione. Per fortuna, oggi, sono arrivati “loro”, gli animatori, coloro i quali riescono ad organizzare, appunto nelle piazze di periferia e anche in quelle delle grandi città, spettacoli gioiosi in grado di coinvolgere, con vera allegria, intere famiglie. Sono loro che con l’esperienza maturata, con verve creativa e con un linguaggio semplice pienamente compreso dai bambini,
creano nuovi interessi e nuove possibilità di svago sia per i piccoli che per i grandi. Si, perché il fare di questi organizzatori, è in grado di soddisfare anche le molteplici richieste dei grandi , di coloro i quali, per trascorrere un momento diverso della loro quotidianità del solito tran tran, cercano un qualcosa di “unico” da conservare nel cassetto dei ricordi.
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Natale in
Valsugana I
l Mercatino di Natale di Levico Terme ha il sapore di una favola antica che prende vita nel Parco secolare degli Asburgo. Un’oasi naturale che nel periodo natalizio abbraccia con calore le tradizionali casette di legno nascoste tra gli alberi secolari tinti di bianco dai fiocchi di neve. Un’ambientazione unica dove risuonano le melodie natalizie e il profumo delle spezie si fonde con quello del vin brulè, mentre mani sapienti con destrezza riportano in vita l’artigianato tradizionale sotto gli occhi dei visitatori che possono degustare i prodotti di questa terra come la polenta cucinata da esperti “polentari” armati del tipico paiolo di rame o il formaggio di malga lavorato secondo le antiche usanze. Un Mercatino di Natale
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per tutti, dove famiglie e bambini possono lasciarsi trasportare dalle emozioni. Possono accarezzare i piccoli animali della fattoria, incontrare Babbo Natale che raccoglie personalmente le letterine di tutti i bimbi mentre nel Bosco degli Elfi i suoi aiutanti si danno da fare per esprimere tutti i loro desideri. Da questo luogo incantato ci s'incammina verso il piccolo centro di Levico Terme, alla scoperta nei suoi angoli più sug-
o e c i m v r e e T L Levico Terme - Forte Verle gestivi del “Presepe vizin a cà” e oltre cento presepi di artigianato locale e nazionale raccolti in una mostra allestita per l’occasione. Accanto il Mercatino di Natale, ma nella stessa oculata regia del Consorzio Levico in Cento, è aperto il forte austroungarico del Colle delle Benne, ogni sabato e domenica, il 7 e 8 dicembre e l’1 gennaio dalle 13.30 alle 16.30. Oltre alle visite guidate, verranno organizzate attività per i più piccoli (7 dicembre L’albero di Natale al Forte, 2 gennaio caccia al tesoro), ma anche spettacoli e concerti musicali come l’esibizione dei cori Calicantus e Costalta il 22 novem-
bre e lo spettacolo teatrale “Quinto non ammazzare, la piccola pace nella grande guerra”, la sera dell’11 dicembre. Per informazioni: Consorzio Levico Terme in Centro, www.visitlevicoterme.it, info@levicotermeincontra.com, Azienda per il Turismo Valsugana (0461 727700), info@visitvalsugana.it.
Buon Natale e Felice Anno Nuovo
Tullio e Dolores Bosco al 65^ di matrimonio
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SKIROLL GARNIGA Il 24 e 25 ottobre scorsi si è svolto il 1° Trofeo Skiroll Garniga per la finale di Coppa Italia e della “Km sprint” a skating. Una manifestazione che ha visto sfidarsi oltre 160 atleti nella tecnica classica in salita lungo 11 km di percorso, con un dislivello di 721 metri da Garniga alle Viote del Bondone.
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ittoria maschile assoluta per Luca Orlandi davanti a Richard Tiraboschi e al terzo posto Bruno Carrara. Tra gli over 60 ha vinto Guido Masiero. C'è stato poi anche l'esordio dell'innovativa gara “Km sprint”, con partenze a cronometro ogni minuto su un percorso di 1000 metri leggermente in salita, da Zobbio a Garniga, assoluta anteprima di quanto si vedrà l'anno prossimo in Coppa del Mondo. «C'è molta soddisfazione - dice Enrico Coser, ideatore della gara e sponsor del Team Futura - per aver portato un evento di caratura nazionale a Garniga. Si è infatti conclusa nel migliore dei modi la gara finale di ski roll di Coppa Italia in una cornice di tempo, spettacolo, emozione e tracciato unici. Grazie alla fiducia e collaborazione del Comune di Garniga, del sindaco, Valerio Linardi, che ha creduto in questa manifestazione. Grazie a tutte le associazioni di volontariato presenti. Grazie a tutti quanti hanno contribuito al buon esito dell'evento. Siamo stati supportati anche da Elda Verones, direttrice dell'Azienda di Promozione Turistica di Trento, Monte Bondone e Valle dei Laghi. Da ricordare l'ottima regia tecnica e organizzativa di Silvano Berlanda, del Team Futura, che si è adoperato per preparare un percorso e presentare al meglio un tracciato adatto all'evento. Abbiamo dimostrato che il comune di Garniga è attivo, che il luogo presenta un pacchetto di tutto rispetto per of-
frire in futuro l'altopiano anche per altre gare di livello, perché la zona,non solo turisticamente, è appetibile. Invito tutti gli sportivi a fare passa-parola e a voler considerare il comune di Garniga una palestra di prova e zona di allenamento qualificati dove saranno sempre i benvenuti. La nostra ospitalità, il nostro dinamismo e il nostro fare non sono passati in secondo piano. A fine ottobre l'Albergo Miramonti e Malga Albi erano al completo di atleti, una cosa che ha cambiato il target turistico di Garniga. Non più solo anziani, ma sportivi, giovani, famiglie e quanti al seguito. La manifestazione è riuscita a cambiare e aumentare la fiducia nelle persone, nei residenti di Garniga che ora possono a buon diritto credere in uno sviluppo turistico possibile, che non deve farci riposare sugli allori ma darci l'impulso per cercare nuovi eventi. Voglio infine ringraziare, conclude con piena soddisfazione Enrico Coser, le aziende della zona che hanno presenziato alla due giorni, attraverso le quali siamo riusciti a far cono-
scere i nostri prodotti e a valorizzare tutta la filiera agricola locale. Arrivederci alla prossima edizione».
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LEVICO TERME
IN RICORDO DI NINO DELLAGIACOMA Sabato 19 dicembre alle 17, presso la Sala Consiliare del Comune di Levico, presentazione del libro “Ensieme”, a cura di Claudia e Romana Dallagiacoma, in ricordo del Poeta levicense e loro padre, Nino Dallagiacoma.
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Una sera d'estate, il 19 agosto 2015, serenamente, come serenamente ha vissuto tutta la sua vita, si è spento in Casa di Riposo, nostro padre, Nino Dallagiacoma, ospite da quasi tre anni e mezzo. Fra i tanti interessi che ebbe durante la sua vita, uno solo non lo abbandonò mai e lo accompagnò fino alla fine: la passione di scrivere poesie nel dialetto del suo paese, raccontandone le usanze, le tradizioni, la devozione religiosa dei tempi andati, i personaggi che ne fecero la storia, gli angoli più suggestivi, i vissuti, il paesaggio, i momenti più tristi, le emozioni più coinvolgenti. Anche negli ultimi tempi, con la vista compromessa e il tremito alla mano, non desisteva ad abbozzare su un foglio
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bianco qualche rima, una strofa, un verso. Perché quelle parole gli sgorgavano con naturalezza da dentro, dal cuore, senza alcuno sforzo o fatica e lui doveva imprimerle sulla carta, per se stesso, per gli altri, per tutti. Il suo lascito culturale, ben tre libri di poesie e racconti, pubblicati dal 1978 dal 1993, arricchito dagli ultimi suoi scritti alquanto recenti, lo abbiamo raccolto in un unico volume dal titolo molto eloquente, “Ensieme”, la cui copertina e il titolo li aveva abbozzati proprio lui pochi anni fa. Esso è a suo modo l'ultimo saluto di questo umile artista alla sua gente, alla sua “città”, alla sua terra. A tutti i “levegani”, di vecchia e nuova generazione che per distrazione o scontata abitudine
non si accorgono di quanto possiedono, affinché con queste rime riescano ad apprezzare quello che il paese natio offre loro, senza pretendere riconoscenza o gratitudine alcuna in cambio”.
Noi figlie siamo quindi liete di invitarvi alla presentazione del libro Ensieme». (Claudia e Romana)
Massimo Dorigoni, l’autore del libro, dona i proventi al Nepal
“LA TOR DE BABELE”
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n pomeriggio intimo e molto partecipato quello trascorso giovedì 5 novembre 2015 presso la sala polivalente dell’APSP “Fondazione Montel” a Pergine Valsugana. All’evento “ ’Na poesia per el Nepal ” erano presenti i residenti della struttura, parenti, operatori ed esterni. A fare gli onori di casa il direttore della struttura, dott. Giovanni Bertoldi che ha introdotto l’iniziativa. Si sono poi susseguiti i discorsi dei rappresentanti istituzionali: Il vice sindaco di Pergine Valsugana Daniela Casagrande, Il rappresentate delle Comunità di Valle Alberto Frisanco ed il Rappresentante del consiglio regionale Lorenzo Baratter che hanno avuto parole di elogio. Lo scrittore-poeta Massimo Dorigoni ha letto qualche poesia ed ha parlato del significato del titolo della sua ultima fatica letteraria “La tor de Babele” il cui ricavato è e sarà devoluto ai popoli nepalesi: Amicizia e Solidarietà contraddistinguono ancora le piccole comunità nonostante i cambiamenti della società e le guerre nel mondo. E’ stato infine proiettato un filmato sull’attività dell’associazione Ciao-Namastè da parte del presidente della stessa, sig. Mario Corradini, a cui sono stati donati 1000 euro
che porterà personalmente in Nepal al fine di aiutare i terremotati. Dorigoni, operatore sanitario presso l’APSP di Pergine Valsugana non è nuovo nel dimostrare il proprio amore per la montagna. Pochi mesi fa si era messo in evidenza, in un contesto un po’ diverso e molto prestigioso. Durante il Trento Film Festival 2015, si è svolto anche il consueto appuntamento con il GISM, il Gruppo Italiano Scrittori di Montagna, di cui Dorigoni fa parte. In questa cornice è stata presentata la collana di quaderni di Etica dell’Alpinismo, edita dal GISM in collaborazione con Luglioeditore di Trieste e realizzata con il contributo di numerosi autori Accademici del GISM, che portano la loro voce sui temi etici dell’alpinismo. Ebbene, il nono quaderno di questa collana porta la firma di Massimo Dorigoni e si intitola “Il silenzio, custode di poesia”. Nel suo scritto, Dorigoni trasporta le sue riflessioni sul tema e quelle dei grandi poeti, ispirati proprio dal silenzio e dalla montagna.
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L'hotel inoltre dispone di 28 camere dotate di televisione sat, telefono, bagno, cassaforte e collegamento wifi. L'hotel come il ristorante è accessibile a portatori di handicaps. Cucina tipica e tradizionale. Possibilità di piatti vegetariani e senza glutine. Forno a legna per meravigliose pizze.
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ANDREA BRAITO,
il chitarrista della buona musica Unico, inimitabile Andrea Braido. Il grande chitarrista Andrea Braido è tornato nella sua Pergine per un concerto al Teatro comunale con la formazione “Jazz organ trio”. E noi di Valsugana News lo abbiamo intervistato per conoscerlo meglio e per presentarlo ai nostri lettori
di Giuseppe Facchini
L’INTERVISTA Andrea, quando torni a Pergine quali sono le tue sensazioni? “Mi vengono in mente tanti ricordi, le persone, gli inizi musicali con Luciano Olzer, i posti che ho frequentato, dove sono cresciuto e ho cominciato a suonare e a insegnare musica. Una sensazione non di appartenenza ma molto positiva. Mi sento sempre Perginese quindi quando mi dicono “Perzenaitro” sono contento”. A un certo punto, se uno vuol fare l’artista ad un certo livello deve andar via dal Trentino. “Per un musicista, un artista in generale è fondamentale andare e muoversi, soprattutto per confrontarsi con realtà diverse, per crescere e migliorarsi. Io ho avuto coraggio, ho capito che tutto quello che potevo fare in Trentino l’avevo sperimentato e sono andato altrove”. Non ti sei mai fermato o adagiato e invece sei sempre alla ricerca di
nuovi stimoli artistici. La cosa che continuo a fare con la medesima disciplina, amore e passione è quella della pratica dello strumento, di suonare ogni giorno un certo numero di ore. Questa è una delle mie peculiarità. Tanti, dopo anni che suonano, si sentono arrivati e io invece mi sento un eterno allievo. Suono una cosa ed è magari venuta bene ma domani posso fare ancora meglio. E’ una sfida e sarà così per tutta la vita. Ormai sono 37 anni che suono e più vado avanti più capisco che quello che già sai lo puoi reimparare in modo diverso e più maturo. La musica è inspiegabile e di un grandezza immensa”. Quale ambiente hai trovato nel mondo musicale? “Nell’ambiente sia pop che soprattutto jazz ho trovato una notevole chiusura, e poca apertura a nuovi talenti e così lavorano sempre gli stessi o quasi. La Musica ha bisogno di nuove energie, di
nuove idee. Personalmente dal Tentino ho imparato ad essere molto duro con me stesso ma anche con gli altri. Purtroppo quando trovi barriere, politiche e altro è difficile. In ogni caso vado avanti perché quello che ho fatto rimarrà per sempre a disposizione di chi vuole ascoltarlo, studiarlo ecc. I miei assoli, la mia musica sono on-line. La cosa più bella per un musicista è lasciare qualcosa e migliorare. Essere musicista è un modo di essere e di pensare, non semplicemente un mestiere”.
TANTI AUGURI DOTTORESSA Presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Trento, si è brillantemente laureata in Mediazione Linguistica, LINDA VITTI di Campiello di Levico discutendo la propria tesi su “doppiaggio cinematografico”. Alla neo dottoressa vive felicitazioni dalla nonna Corinna, da mamma Rosetta e dal fratello Lorenzo.
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Hai suonato con gli artisti italiani storici. Cosa ti ha dato e cosa ti ha tolto? “E’ importante dare sempre il massimo al di là delle situazioni. Se tu lavori bene anche con personaggi storici come possono essere Mina o Celentano questo ti torna indietro positivamente. Suonare insieme a loro e molti altri mi ha dato esposizione mediatica e popolarità ma anche tante emozioni, con la memoria vado indietro a canzoni come “Azzurro” o “Pazza idea” di Patty Pravo, c’era un sentimento in quelle canzoni e suonarla insieme a lei è stata una cosa speciale. Come aspetto negativo, spesso a livello umano sono stato un po’ deluso. Intorno all’artista esiste una fauna di persone sempre timorosa che tu debba chiedere qualcosa allo stesso... Ma non siamo tutti uguali e più idee e creatività possono dare nuova linfa!”| Si può dire che ora fai quello che ti piace senza condizionamenti. “Si, cerco di essere libero più possibile quando suono e lasciare che la mente viaggi. Ritengo un risultato importante
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essere diventato una fonte di ispirazione per molti musicisti. Tanti chiedono mi come si diventa musicisti. Ci vogliono anni, dedizione, disciplina, sacrificio e serietà.. Ogni concerto poi dovrebbe differenziarsi dal disco. Inoltre consideriamo che in America e in Inghilterra hanno dentro qualcosa di fortemente patriottico mentre in Italia non riusciamo a valorizzare quello che di buono abbiamo se non in direzioni sempre simili oppure in figure stereotipe. Credo che dovremo smettere di essere colonizzati in modo così massiccio. Sembra veramente che nel nostro paese si faccia di tutto per auto danneggiarsi e nella gestione della cultura ci sono molte ragnatele”.
La musica attuale potrà essere un riferimento come lo è stata quella degli anni 70? “Potrà esserlo per le persone disposte ad ascoltarla, capirla, suonarla. Negli anni passati la musica era molto più importante a livello di ascolto e percezione. Per questo il passato va studiato, rispettato e imparato, per poi rivivere modificato nel presente. Io sono una elaborazione di quello che ho vissuto in passato, ma vivendo il presente”.
I R U G U A I T TAN
Angela
È con vera gioia che noi di Valsugana News ci uniamo ai figli Giampaolo e Renato per porgere, alla sig. Angela Filippi, dell’Albergo- Ristorante al Brenta, di Levico Terme, i nostri più sentiti AUGURI in occasione del suo 85esimo compleanno.
Corsi per Armonica a Bocca2016 L’associazione “AMICI DELL’ARMONICA A BOCCA “comunica che con Gennaio 2016 Inizieranno i corsi per armonica cromatica ed armonica diatonica. I corsi avranno sede si terranno a Trento e a Borgo Valsugana. Le date saranno concordate con gli iscritti ai corsi. Chi fosse interessato potrà avere ulteriori informazioni al seguente nume. Tel. 340-5026235, o sul sito www.armonicaamica.it.
ANNUNCIO Vendesi vigneto di 2.300 metri quadrati in località Brenta di Caldonazzo con 850 vigne in piena produzione, per metà bianco e metà rosso. Per informazioni: 333.6677490
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ei racconti degli anziani, quando vogliono comunicarci come era il loro paese una volta, capita si imbattersi nell'espressione “el tizio l'aveva messo su botega”, oppure, per spiegare di un luogo particolare o una strada da fare, hanno spesso riferimenti negli esercizi commerciali dei loro tempi, che forse non esistono più, “Ero sta zo dal Nane che el giustava le bici vizin ala botega del paroloto...”. Nella loro memoria quei luoghi e quella atmosfera industriosa di un tempo, sono ancora presenti e costituiscono tuttavia il loro relazionarsi con il territorio. Come è per loro, anche noi abbiamo bisogno di riferimenti certi per sentirci parte di un qualche cosa, di una cultura, per sentirci a casa nostra dove abitiamo. Per questo molti esercizi commerciali di Levico Terme che rispondo ai requisiti giusti, portano ben visibile all'ingresso la targa che li designa come “Bottega storica trentina”. Spesso gli avventori possono trovarvi esposti alcuni elementi, strumenti, attrezzature o documenti di particolare interesse storico, artistico, architettonico, ambientale e culturale, molto significativi per la tradizione e la cultura locale. La targa di Bottega Storica è un segno di riconoscimento voluto dalla Provincia Autonoma di Trento che con una particolare delibera del 2011 ha voluto ufficializzare gli esercizi presenti sul territorio da almeno 50 anni, istituendo un vero e proprio
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di
Levico Terme
Albo delle Botteghe Storiche, a prescindere dagli eventuali mutamenti di denominazione, insegna, gestione o di proprietà, a condizione che siano state mantenute le caratteristiche originarie dell’attività. Molte di queste Botteghe Storiche a Levico sono ancora nella loro sede originale. Di questi tempi non è certo poca cosa per un negozio potersi iscrivere tra quelli presenti da più di mezzo secolo. Fanno ormai parte del paesaggio e ispirano fiducia nel consumatore che può aspettarsi di trovarvi un commercio di qualità e una sicura tradizione che trasmette valori della propria terra temprati dal passare degli anni e che hanno costruito e continuano a produrre la cultura di fare impresa. Le Botteghe Storiche, con la loro continuità lavorativa sul territorio originata nel secolo e addirittura nel millennio scorsi, sono vetrine delle tradizioni, della cultura, della ricchezza del luogo in cui operano. Servizi presso questi negozi può fare la differenza.
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LEVICO TERME
Una serata sul profugato trentino
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evico Terme ha ospitato due storici trentini in una serata dedicata al profugato durante la Grande Guerra organizzata dall’Associazione Chiarentana. Di fronte a un pubblico attento lo storico Emanuele Curzel, professore di Storia medievale presso l’Università di Trento, e Francesco Frizzera, dottorando in Storia contemporanea, hanno presentato l'ultimo volume di “Studi Trentini. Storia”. La pubblicazione, come ha spiegato il direttore, “si occupa da decenni di Storia del Trentino. Il primo volume uscì negli anni Venti, e con la prossima pubblicazione si entrerà ufficialmente nel 95° anno di edizione”. Saggi e rassegne stampa sulla storia del Trentino vengono raccolte ogni sei mesi in volumi ricchi di contenuti. “Non ci sono molte fotografie a colori -ha spiegato il medievalista scherzando con il pubblico- ma è una lettura ricca di spunti di riflessione”. All’interno di questo volume trova inoltre posto il contributo del giovane dottorando, vincitore del “premio Onestinghel” come miglior tesi storica, sul ritorno dei profughi trentini alla fine della Grande Guerra. Sì, perché se tanto si è detto e scritto sulla partenza e la vita dei trentini profughi, altrettanto non si può dire del rimpatrio. Non solo nella
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storiografia ufficiale, ma anche nelle scritture popolari -lettere, diari e cartoline dei profughi- ben poche pagine sono dedicate ritorno a casa. “Questo studio è un’ottima occasione per capire l'influenza del conflitto sulla popolazione. Circa un terzo dei trentini è infatti costretto a lasciare la regione”. Nonostante le differenze, i profughi, che hanno vissuto nei campi o sfollati nei villaggi della Moravia o dell'Austria, hanno un pezzo di vita in comune: il ritorno. Un ritorno difficile e faticoso, durante il quale non trovarono appoggio e organizzazione dal vecchio stato -l’AustriaUngheria ormai in difficoltà. Né più tolleranti furono le popolazioni ospitanti, affamate e in aperto conflitto con i profughi per la distribuzione delle risorse sempre più scarse. E poco fu riconosciuto anche dalla loro nuova patria, l’Italia. Tornati a casa, molti non poterono rientrare nelle loro case perché distrutte. “A Caldonazzo, semidistrutta dai bombardamenti -racconta lo storico- per i profughi rientrati furono predisposte delle
di Elisa Corni
baracche di legno. Acquistate dal governo austriaco non arrivarono mai in Valsugana perché l’Impero non aveva più treni per trasportarle”. Questa è solo una delle tante vicende che Frizzera ha estrapolato dagli archivi governativi e dai documenti ufficiali. “La bellezza di questo studio -ha commentato il professor Curzel dopo le numerose domande del pubblico- sta nel fatto che non ci racconta una storia diversa ma offre un nuovo punto di vista. Non quello dei singoli drammi, ma quello globale della risposta delle autorità all’emergenza. In questo contesto non è importante che ci fosse una sola stufa per vagone durante il ritorno, ma capire che in quel momento il governo aveva a disposizione solo 700 stufe, che non basteranno mai per tutti i profughi”.
GIACOMO TOMIO… da Olle in Europa di Alessandro Dalledonne Per questo numero di Valsugana News abbiamo avuto l’opportunità di intervistare un giovane ciclista dal futuro molto promettente, Giacomo Tomio. Il ventenne di Olle, passato under 23 nella stagione scorsa con il team veneto Marchiol e dal 2015 in forza al team elvetico Roth-Skoda. Nel corso della sua carriera ha ottenuto ottimi risultati sin dalle categorie giovanili – ex atleta del Veloce Club Borgo – come la maglia di miglior giovane nel “Giro della Lunigiana”, gara internazionale riservata a Juniores, e la convocazione in maglia azzurra. Quest'anno hai debuttato nel mondo professionistico con un team molto giovane. Ti ritieni soddisfatto della stagione 2015? “Da quest’anno corro con la Roth Skoda, una compagine svizzera con sede nel cantone tedesco di Solothurn. Ho corso molto in Europa, specialmente in Francia, Olanda e Belgio e anche se non ho portato a casa molto in termini di risultati, posso dirmi soddisfatto per l’esperienza maturata. Correre gare internazionali importanti, con buoni compagni di squadra e grandi professionisti come avversari, è stata un'esperienza che mi ha dato molto, sia dal punto di
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vista sportivo che umano”. Negli ultimi anni hai cambiato casacca e categorie, quali sono state le maggiori difficoltà nel passaggio da Juniores a Under e, quest'anno, da quasi professionista? “L’anno scorso, nel passaggio da Juniores ad Under ho dovuto fare i conti con l'esame di maturità e con alcuni problemi fisici che hanno rallentato la preparazione atletica. All'inizio di quest'anno invece ho forse un po’ sofferto una sorta di timore reverenziale nei confronti degli avversari: correre spalla a spalla con i grandi campioni mi frenava parecchio. Poi, fortunatamente, ci si abitua e si corre senza farsi condizionare dal nome degli avversari che, anzi, diventa uno stimolo a fare meglio”. Da poco è stato ufficializzato il passaggio di Roth-Skoda nella Continental Pro, un grande passo per te e per il tuo team. Questo "salto di livello" comporterà anche delle aspettative maggiori? “Sicuramente. Le corse saranno tutte di alto livello e sarà forte anche la concorrenza tra compagni di squadra per partecipare alle corse migliori. L'obiettivo è farmi trovare pronto ad inizio stagione, consapevole comunque di essere uno
tra i più giovani e di dover lavorare per le punte della squadra”. Hai trovato differenze tra un team estero e quelli in cui avevi militato in Italia? “A livello dilettantistico correre in una squadra estera dà più possibilità di aperture internazionali: correre in nazioni diverse allarga l'esperienza, mentre le squadre italiane gareggiano quasi esclusivamente in Italia e questo può essere un limite piuttosto forte, a meno che non si corra in Nazionale”. Quest'anno hai corso molto, quali gare ti sono piaciute di più? “Sicuramente la Liegi-Bastogne-Liegi U23 dove sono arrivato nel primo gruppo e la Parigi-Roubaix U23, anche se per cadute e problemi meccanici non sono riuscito a finire la corsa. Ho comunque una gran voglia di ritornare a correrle entrambe. Anche l'Olanda mi è
piaciuta molto, sia per le gare molto impegnative che vi si corrono, sia per il paesaggio, molto bello e curatissimo”. Correndo a fianco ad atleti di alto livello, sia nel tuo team che in gruppo, ritieni che questa nuova esperienza sia migliore rispetto alla gavetta "classica" fra gli Under 23? “Fra gli Under 23 avrei potuto essere più competitivo e portare a casa qualche risultato. Ho scelto di fare un'esperienza internazionale, misurandomi in gare più lunghe e impegnative, con avversari sicuramente superiori al mio livello, rinunciando quindi ai risultati e alla visibilità. Credo che solo con il tempo si potranno tirare le somme e giudicare la bontà o meno della scelta. Al momento sono felice di quanto sto vivendo e non tornerei indietro. Poi si vedrà”. Quali sono i tuoi obiettivi per la stagione 2016? “Spero di partire bene per ritagliarmi fin da subito i miei spazi visto che la concorrenza in squadra è molta. Punto a migliorare ulteriormente dal punto di vista fisico e tecnico per essere d'aiuto
ai miei compagni anche nei finali di corsa”. Cosa vuoi dire ai giovani che vogliono raggiungere il mondo che conta del ciclismo? Quali sono i tuoi "segreti"? “Non ho segreti. Direi loro di inseguire con costanza e caparbietà i propri sogni e obiettivi, facendosi consigliare dalle persone che vogliono loro bene, da chi, guardandoli, vede ragazzi e non occa-
sioni da sfruttare per il proprio tornaconto. Nel mio caso ho avuto la fortuna di poter contare sui preziosi consigli e l'appoggio dei direttori sportivi e dirigenti delle mie squadre giovanili, il Veloce Club Borgo e l'UC Valle di Non. Bisogna inoltre avere pazienza: i momenti in cui la fatica è tanta e i risultati latitano ci sono per tutti ma bisogna tener duro”.
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Associazione LiberaMENTE D
a alcuni mesi è nata una particolare associazione sociale che trai suoi compiti principale vi è l’organizzazione e la promozione di eventi culturali, specialmente quelli musicali. E lo fa coinvolgendo sia artisti di fama nazionale che internazionali. Un progetto , quelle degli iscritti a LiberaMENTE (per la cronaca sono tutti ragazzi di qualsiasi estrazione e ceto sociale) che concretamente inizierà nel 2016 e si prefigge, nel tempo e con il tempo di realizzare. Ed è per raccogliere i fondi,
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necessari per la realizzazione di questo importante progetto, che il direttivo ha deciso di organizzare l'evento di Capodanno 2016 denominato "2016 NEW YEAR PARTY" che si terrà al Palasport di Borgo Valsugana e al quale tutti sono inviatati a partecipare e quindi a contribuire al raggiungimento degli obiettivi sociali di LiberaMENTE. Presidente dell'Associazione è Alessandro Giaccio, il Vicepresidente Davide Battisti e il tesoriere è Francesco Dandrea
Una Associazione di giovani che mira ad un crescente socializzazione e un migliore scambio culturale per potenziare e rafforzare i rapporti di amicizia di vita in comune dei giovani che vivono e risiedono nel nostro territorio. L’appuntamento in festa è con l’evento musicale 2016 NEW YEAR PARTY di Borgo Valsugana
Consorzio Levico in Centro…
il motore di Babbo Natale!
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l sindaco di Levico Terme, Michele Sartori, lo ha definito di recente «Il motore locale dell'economia e della cultura». Parliamo del Consorzio dei commercianti Levico in Centro, presieduto da Gianni Beretta. Grazie al lavoro di questo gruppo di commercianti, che si avvale spesso anche di contributi volontari nelle varie iniziative, è assicurata l'animazione della città per tutto l'anno. Basterebbe solo vedere che cosa hanno combinato per questo inverno. Da sabato 21 Novembre e fino a mercoledì 6 Gennaio 2016 vi sarà il tradizionale Mercatino di Natale nella magnifica cornice del Parco secolare degli Asburgo. Da venerdì 4 dicembre fino a martedì 8, un
fine settimana lungo e pieno di eventi per tutti i gusti. Sabato 5 dicembre alle 21.30 Spettacolo pirotecnico nel Parco degli Asburgo, un'ambientazione unica da assaporare sorseggiando un caldo vin brulè. Domenica 6 alle 15 lungo le vie del Parco, Festa della Polenta, per imparare a cucinare questo tipico piatto trentino fatto con il tradizionale mais Spin della Valsugana, con l'aiuto di esperti “polentari”. Domenica 20 dicembre l’appuntamento è ancora nel parco, dove in un enorme paiolo si cuoceranno vari tipi di polenta di farina di mais selezionato, con luganega, formaggio e burro fuso. Giovedì 31 dicembre il tradizionale rito per salutare
la fine del 2015 e l'inizio del nuovo anno con la suggestiva Fiaccolata dei Quartieri, il tradizionale Processo Teatrale di Fine Anno e Brusar la Vecia. La manifestazione si concluderà con un grande spettacolo pirotecnico e, a mezzanotte e mezzo, tutti a festeggiare il Capodanno con tanta musica, balli e grande brindisi in compagnia! Mercoledì 6 Gennaio nel Parco alle 15 la Befana, in sella al suo asinello distribuirà dei simpatici pacchetti regalo ai bambini che la staranno aspettando! E dietro tutto questo? Il Consorzio Levico in Centro che lavora nel silenzio per l'animazione della città. Solo un fatto commerciale, direte, ma se non ci fosse?
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A Pergine la nuova apertura
Gelateria Biba’s perché scegliere noi
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affaele e Biba con le figlie Nella ed Elena, sono lieti di presentare la nuova gelateria a Pergine Valsugana per offrire e far conoscere tutte le specialità preparate con vera maestria da Matteo, il bravo e competenze “artista” del gelato. Una struttura dove, per tutto l'anno, è possibile trovare un grande assortimento di gelati, di torte semifredde dai più svariati gusti, (sia intere che in monoporzioni per chi vuole assaggiare di tutto un po’) e gustosi biscotti gelato e sfiziosi magnum. OBIETTIVI Oramai è risaputo che con gli anni le esigenze dei clienti sono cambiate, e sempre di più si cerca una qualità alta, con prodotti naturali ad un prezzo accessibile. In questa ottica il nostro obbiettivo, quindi, non è solo quello di offrire un prodotto che sia il più artigianale possibile, ma anche quello di preparare un gelato genuino e sano, senza coloranti, conser-
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vanti e addensanti chimici. PARTICOLARITÀ INTOLLERANZE Purtroppo, nel nostro quotidiano, molti sono i problemi dovuti a intolleranze o scelte di nutrizione. La nostra gelateria, grazie ai prodotti usati e ai particolari ingredienti, non solo propone gelati senza lattosio e senza glutine, ma, per coloro i quali hanno cambiato la alimentazione, eliminando dalla loro tavola i prodotti di origine animale come latte, panna, uova, anche la possibilità di gustare una grande varietà di gelati “vegani”, fatti con latte di origine vegetale, nonchè i classici sorbetti alla frutta nei più svariati gusti. LE RICORRENZE Per compleanni, anniversari, battesimi o per gustarle in compagnia di amici, una nostra specialità, è possibile prenotare le nostre torte semifreddo e anche le monoporzioni. E per farlo basta una telefonata al 0461 538 794 o se preferite, veniteci a trovare a Pergine Valsugana, in Viale Venezia, 28. NON SOLO GELATO! Le proposte della Gelateria BIBA’S, però, non sono solo queste, perché anche nel periodo invernale , è possibile deliziarsi con le varie centrifughe e con le gustosissime coppe d’asporto alla fragola, al pistacchio e nocciola, all’amarena e tantissime altre. E per tutte le nostre novità durante tutto l’anno visita il nostro sito: www.bibashause.it (P.R.)
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oda mente seduti Se Vi pia ce gustare il gelato com * e la CARTA FEDELTÀ a cas a vostra basta ric hieder Ter me e a da uti lizzare a Pergin e a Lev ico tte d’aspo rto, una Ca lceran ica: ogn i die ci vas che noi ! da mezzo chi lo te la offria mo orto * Vale solo per il gelato d'asp
Fino al mese di febbraio Vi proporremo un ASSAGGIO GRATUITO di un gelato a nostra scelta per farVi conoscere gusti nuovi e particolari! E ad ogni BAMBINO SOTTO IL METRO, accompagnato da un genitore che prenderà una consumazione, gli verrà offerta UNA PALLINA DI GELATO!
CONSORZIO AUTORIPARATORI DELL'ALTA VALSUGANA
INAUGURATA LA NUOVA SEDE
È
stata inaugurata la nuova struttura del Consorzio Autoriparatori Artigiani dell'Alta Valsugana, a Cire' di Pergine Valsugana. Una simpatica e applaudita cerimonia nel corso della quale il presidente Luciano Fraizingher ha sottolineato sia la validità di questa nuova struttura sia la storia del Consorzio. «Questa nuova sede, che inauguriamo con la benedizioni di don Franco Pedrini, ha il prioritario l'intento di continuare il lavoro che per anni ha caratterizzato il nostro operare che è quello di garantire , attraverso i controlli, la sicurezza di autovetture e motocicli. Era il 1998 quando 13 officine con 50 addetti si sono associate per dar vita al C.A.A.A.V. E oggi il numero è aumentato a 18 unità lavorative. La prima sede storica nasce a Calceranica al Lago nel 1998 e poi, visto l'aumento di revisioni, nel 2004 viene aperta una seconda sede presso il BIC - ex ISI - nel
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polo tecnologico di Pergine. Nel novembre 2008 altra trasformazione e la sede di Calceranica si sposta a Caldonazzo, in una zona molto più visibile e accessibile a tutti. Diciassette anni sempre in crescita – ha precisato Fraizingher – con una media di 8500 revisioni annue che evidenziano il grande lavoro svolto e non solo come revisioni. Per la cronaca con gli altri dieci Consorzi, formiamo una rete di 150 imprese che è il grande Consorzio Autoriparatori Artigiani Trentini. Fare gruppo, ha continuato , non solo si è dimostrata un'idea vincente che ci porta a gestire un fatturato di quattro milioni di euro l'anno, ma ha permesso agli associati di operare con una vera sinergia d'intenti potenziando il dialogo costruttivo che esiste tra di noi. Riusciamo a organizzare in continuazione corsi di aggiornamento per far fronte alle novità del mercato auto,
trovando anche il tempo di un comune divertimento con gite per gli associati e preparandoci, ha concluso Fraizingher, ad affrontare altre sfide future». Sono seguiti i ringraziamenti per il Geom. Francesco Peghini, per il vice Mauro Giacomini, i tecnici Fabry, Ivan, Daniele e Stefano, per tutti quelli che hanno lavorato all'adeguamento della struttura, e per la Cassa Rurale di Levico per l'aiuto finanziario.
Da sinistra il vicepresidente Giacomini, il presidente Fraizingher; Seduti Fraizingher Fabrizio e Moser Stefano
. . . e h c e t a v e p a s Lo PULIRE LE SEDIE IN PAGLIA Per pulire le classiche sedute in paglia delle sedie è sufficiente lavarle bene con molta acqua e poco detersivo per bucato a mano. Lavate sotto e sopra la seduta. Lasciate asciugare al sole in modo che la paglia ritirandosi ritorni ben tesa. Per la pulizia di sedie rivestite in paglia di Vienna il procedimento potrebbe essere simile a quelle in paglia tradizionale. Tuttavia si può fare anche in un altro modo: spolverate bene con un pennello. Quindi lavate solo la paglia e non il legno, usando sempre un pennello, con soluzione di acqua calda, circa un litro, e una manciata di sale grosso. Finita la pulitura lasciate asciugare. Se volete schiarire il colore usate una soluzione di acqua calda e acqua ossigenata in proporzione di 1/10. Però prima fate delle prove nella parte sottostante la seduta per non avere sgradite sorprese! PULIZIA DI OGGETTI IN RAME Preparate 250 grammi di farina, 200 grammi di sale fino, 1/4 di litro di aceto...mescolate in modo da ottenere una soluzione densa e a "pastosa". Stendete la soluzione sull’oggetto in rame strofinando con movimenti lenti e circolari. Lasciate asciugare e sciacquate con acqua. Lucidate con un panno morbido. PULIZIA DI OGGETTI IN ORO Mettete in un piccolo barattolo di vetro le vostre collane, bracciali, anelli, orecchini ecc. Con dell’acqua e un pizzico di bicarbonato di soda, agitate delicatamente. Con uno spazzolino da denti pulite le zone dove vi è dello sporco. Rimettete nella soluzione acqua-bicarbonato e risciacquate con acqua pulita. Asciugate con panno morbido. SCARPE COME NUOVE Bagnate la spazzola delle scarpe con dell’aceto. Poi prendete la ceretta e spazzolate le scarpe. Attendete 2-3 minuti e strofinate con un panno di lana e le scarpe brilleranno. Per le scarpe color cuoio provate con la parte interna della banana. In mancanza della banana provare con la parte interna dell’arancia. SCARPE “DURE” Le scarpe nuove hanno le suole dure ...e volete ammorbidirle? Un metodo semplice è quello di mettere all’interno della scarpa del cotone idrofilo imbevuto di alcol del tipo normale disinfettante al 90% per tutta la notte. Ripetete l’operazione più volte. VASI SPLENDENTI Se ai vostri vasi di vetro o di cristallo è rimasto il segno dell’acqua, passate una spugnetta di liquido anticalcare, sciacquate e asciugate utilizzando un panno che non lasci pelucchi.
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A Levico Terme l’alternativa ideale alla chirurgia estetica tradizionale
LA MEDICINA ESTETICA DEL FUTURO NON INVASIVA E PREVENTIVA La bellezza della donna sotto una nuova luce
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Nello studio del dr. Fausto Boller, a Levico Terme, vengono usati nuovi e moderni sistemi GENOTECNOLOGY grazie ai quali, attraverso specifiche applicazioni con diversi dispositivi, assolvono e garantiscono precise soluzioni estetiche che riguardano, da una parte il viso, gli occhi, la bocca e dall'altra il fotoringiovanimento, l'epilazione permanente, l'attenuazione delle rughe ottenuta attraverso il miglioramento strutturale della pelle con l’ottenimento di risultati immediati e duraturi nel tempo. I trattamenti di medicina estetica non invasiva e i dispositivi usati, dal dr.Boller, rappresentano l’alternativa ideale alla chirurgia estetica tradizionale.
n questi ultimi anni la tecnica e tecnologia applicata ai trattamenti estetici e curativi hanno fatto passi da gigante. I nuovi ritrovati sempre di più si avvicinano alle esigenze, sia delle donne sia degli uomini, e sempre di più sono un grado di soddisfare le richieste, anche le più particolari. La salute, la bellezza e il benessere della propria persona sono oramai affermati concetti che fanno parte della nostra quotidianità, non di rado disturbata dallo stress e dal solito tran tran. Per fortuna la scienza ci viene sempre in aiuto proponendoci soluzioni ottimali a quelli che ogni singolo individuo considera come “personali” e che in questa particolare ottica si diversificano tra di loro. Infatti, sono tante e diverse le possibilità e le applicazioni per giungere ai risultati desiderati. Oggi, alla luce dei continui progressi, l'estetica moderna sembra non avere limiti perché il fare degli operatori, dei medici, degli esperti e di tutti gli addetti al lavoro, indiscutibilmente ha raggiunto alti gradi di
specializzazione, impensabili anni fa. Ed è innegabile che la bellezza del nostro fisico e il suo benessere, a tutti i livelli, quindi anche quelli estetici, influiscono positivamente sull’equilibrio psicologico dell’individuo. A Levico Terme, è operativo uno studio medico che, attraverso una sperimentata metodologia e le sue specifiche applicazioni, è in grado di migliorare l'aspetto fisico, in tutte le sue parti (viso, occhi, bocca, corpo), e di contrastare efficacemente i segni dell'invecchiamento. Il tutto con l’uso di appropriati macchinari derivati da studi approfonditi e da continue verifiche EXEA. Il voluto riferimento è per l'ambulatorio del dott. Fausto Boller con sede in Via Marconi, 8 (accanto il Municipio), all'interno del quale egli si avvale di funzionali dispositivi in grado di garantire quanto la paziente desidera. Dispositivi che nascono da una tecnologia all’avanguardia, e grazie ad una costante attività di ricerca e di studi, ha permesso alla Exea (azienda leader nel settore) di fornire, agli studi medici e ai loro pazienti, gli idonei strumenti, innovativi e certificati, per garantire risultati in tutta sicurezza. La cura e l’attenzione per i dettagli, la qualità che contraddistinguono tutti i processi, dalla progettazione alla produzione, sono certezza di un prodotto finale in grado di soddisfare appieno le esigenze di chi si rivolge allo studio Boller.
Genotechnology nasce per soddisfare i bisogni dei clienti, sempre alla ricerca di un trattamento realmente personalizzato, rifacendosi al campo medico ed individuando alcune porzioni di DNA che rendono assolutamente unico
ogni individuo. Il sistema Genotechnolgy parte proprio da questo presupposto e si prefigge di essere il perfetto connubio tra quattro elementi: test genetico, dermoattivo, dispositivo e, infine, manualità specifiche.
I TRATTAMENTI ESTETICI BOCCA I dispositivi Exea contrastano efficacemente i segni dell’invecchiamento riducendo le tipiche rughe del volto come il “codice a barre”, le rughe nasogeniene fino a ridefinire l’ovale del volto. I risultati sono amplificati grazie all’utilizzo dei dispositivi in sinergia con principi attivi veicolati in profondità. OCCHI Il contorno occhi risulterà disteso conferendo più luminosità allo sguardo. Grazie ai dispositivi Exea, migliora il microcircolo sanguigno rivitalizzando la zona trattata, migliorandone notevolmente l’aspetto e distendendo le rughe dell’area perioculare (borse e occhiaie, rughe frontali e glabellari) VISO La pelle del viso risulta più tonica e luminosa, tutto l’ovale apparirà più disteso e compatto. I dispositivi Exea, in sinergia con prodotti specifici, agiscono in modo mirato sugli inestetismi conferendo alla pelle maggior salute e risultati duraturi nel tempo. I risultati saranno visibili fin da subito e consolidati con i successivi trattamenti.
I VANTAGGI PROVA GRATUITA: Telefona allo studio medico Dr. Boller (0461 707677) e prenota, senza alcun impegno, la tua prova gratuita. STUDIO MEDICO dr. FAUSTO BOLLER LEVICO TERME - Via Marconi, 8 - fboller@libero.it
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TECNOLOGIE ALL’AVANGUARDIA INTERVENTI NON INVASIVI E ALTAMENTE EFFICACI RIDUZIONE DEGLI INESTETISMI RIDUZIONE DEL RILASSAMENTO CUTANEO RISULTATI DURATURI NEL TEMPO PELLE PIÙ LUMINOSA E TONICA
BENESSERE&SALUTE
I PESCI DOTTORI E LA
“Fish pedicure e manicure”
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ono conosciuti come “i pesci dottori” per la loro principale caratteristica che è quella di mordicchiare sia i piedi che le nostre mani e di nutrirsi delle cellule morte e delle “pellicine” che ricoprono la pelle dei nostri arti. La “fish therapy, come viene chiamata oggi, è una particolare metodologia indicata e consigliata per chi ha particolari problemi o soffre di dermatite o psoriasi o per avere un originalissimo trattamento cutaneo. E tutto questo è dimostrato da numerose ricerche scientifiche che attestano anche come, grazie alla loro azione, si genera un effetto distensivo e rilassante. Oggi numerosi sono i centri di estetica che si avvalgono dei “Garra Rufa” (è il
nome di questi simpatici pesciolini) i cui risultati della loro azione oramai sono documentati. E’ utile anche sapere che questi pesciolini, non essendo dotati di veri e propri denti ma particolari ventose, non riescono ad intaccare la parte sana della pelle sulla quale intervengono, pertanto il loro effetto è puramente benefico. Il trattamento con i “pesci dottori” è però sconsigliato a chi ha abrasioni, ferite o particolari patologie cutanee. I “Garra Rufa”, nel rimuovere tutta le pelle secca producono e rilasciano un particolare enzima “ il Dithranol, presente in molte creme di bellezza” che oltre ad agire positivamente sulla rigenerazione cutanea aiuta la rinascita di una pelle più liscia e più delicata. A que-
sto si deve anche aggiungere, ed è utile sottolinearlo, che questo particolare trattamento estetico non è una recente trovata o una invenzione del momento, bensì un qualcosa che esiste da moltissimo tempo perché questi pesciolini (prevalentemente diffusi nel Medio Oriente in Turchia, Siria, Giordania e nel bacino idrico del Tigri e dell’Eufrate), da anni vengono utilizzati non solo allo scopo descritto, ma anche perché con i loro delicatissimi sfioramenti, favoriscono il miglioramento della microcircolazione sanguigna liberando i pori ostruiti della pelle
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BENESSERE&SALUTE
LE LENTI A CONTATTO L
e aziende produttrici di lenti a contatto hanno raggiunto in questi anni elevati standard tecnologici con un importante ampliamento della gamma di prodotti disponibili. La varietà di prodotti presenti attualmente sul mercato ci permette infatti di soddisfare una larga parte delle esigenze visive. Esistono, infatti, lenti a contatto che correggono adeguatamente tutti i difetti visivi, inclusi l’astigmatismo. Ora, inoltre, è possibile correggere più facilmente anche la presbiopia, una modificazione fisiologica che compare attorno ai 45 anni e comporta la difficoltà a focalizzare particolari vicini. Le nuove lenti multifocali attualmente sul mercato offrono al portatore una visione di qualità garantendo una buona performance visiva alle varie distanze di sguardo. Le lenti a contatto più diffuse sono quelle morbide, costruite cioè con polimeri idrofili a percentuale variabile di idratazione. Sono disponibile con varie modalità di sostituzione : ricambio gior-
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di Rolando Zambelli Rolando Zambelli è titolare dell’Ottica Valsugana con sede a Borgo Valsugana in Piazza Martiri della Resistenza. È Ottico, Optometrista e Contattologo.
naliero (monouso), settimanale, quindicinale, mensile, trimestrale, semestrale e più raramente annuale. La lente viene scelta dal contattologo previo esame preliminare, in ragione del difetto visivo da correggere, della fisiologia oculare e delle esigenze del portatore. L’utilizzo potrà essere infatti quotidiano come occasionale o finalizzato all’attività sportiva. Nella pratica dell’attività sportiva le lenti a contatto morbide sono molto utili, offrono una visione chiara con ampio e naturale campo visivo e ovviamente si elimina il rischio di rottura o incidente con l’occhiale. Le lenti a contatto rigide gaspermeabile (RGP) hanno la caratteristica, a differenza delle morbide, di essere costruite con un polimero a struttura rigida non idrofilo. La scelta di queste lenti è motivata dalla alta qualità ottica e dalla possibilità di correggere al meglio anche
importanti irregolarità corneali. Un utilizzo particolare delle lenti RGP, grazie ai nuovi materiali altamente permeabili all'ossigeno, è quello dell'utilizzo notturno nelle applicazioni di ortocheratologia. In conclusione l'applicazione e la scelta del tipo di lente va fatta tenendo conto di tutti i fattori, quali età, difetto visivo, caratteristiche bio fisiologiche dell'occhio ed esigenze del portatore.
MEDICINA&SALUTE
CO-SLEEPING,
quando il bambino dorme tra mamma e papà
di Laura Fratini
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ortare nel proprio letto i bambini che non dormono, è una pratica molto comune: esasperati dalle notti in bianco, si fa qualsiasi cosa pur di guadagnare qualche minuto di sonno. Attenzione però: è una pratica che aiuta nelle prime fasi della vita familiare, ma che può avere molte controindicazioni, soprattutto quando si potrae troppo a lungo nel tempo! Il termine cosleeping , letteralmente “dormire insieme”, viene utilizzato per indicare tutte quelle situazioni della prima infanzia in cui il bambino dorme insieme a uno o entrambi i genitori per l’intera notte o parte di essa. Tale termine è generale e può riferirsi sia alla condivisione della stanza (room sha-
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ring) sia alla condivisione del letto (bed sharing). In letteratura vengono descritte differenti categorie di cosleeping, distinte in base all’età di insorgenza del fenomeno: ciascuna di essa definisce il cosleeping primario, secondario, e tardivo. Il cosleeping primario, che fa riferimento al primo anno di vita, è una scelta dei genitori ed è collegato all’allattamento al seno; quello secondario o reattivo, inizia di norma dopo i dodici mesi e si protrae fino al compimento del secondo-terzo anno di vita, in risposta a un disturbo del sonno del bambino o a cattive abitudini dei genitori; infine quello tardivo definisce i casi in cui il bambino, in età scolare, dorme in maniera stabile e
continuativa con uno o entrambi i genitori e questa abitudine si protrae fino all’adolescenza. La nascita di un bambino comporta dei cambiamenti nella relazione di coppia ed un ruolo significativo lo riveste la relazione simbiotica che si va a creare tra la mamma e il bebè. Il papà ha un compito complesso ma importantissimo: essere presente, sostenere e proteggere! Si creala triade madre-bambinopadre. Può accadere che il papà si viva come escluso dalla diade madre-bambino e per questo possa sentirsi geloso, non ha più la sua compagna tutta per sé. La neomamma invece è totalmente assorbita dal piccolo indifeso e bisognoso. Questo è quanto di più normale possa accadere e, a volte, diventa causa di fraintendimenti. il cosleeping agito e non discusso tra i neogenitori può aumentare le sensazioni di esclusione da parte del padre e di incomprensione da parte della madre. Se da una parte favorisce l’allattamento materno grazie alla vicinanza tra mamma e bambino, dall'altra può favorire il riposo di tutta la famiglia. Il sonno dei bambini, infatti, può diventare un grosso problema per i genitori. Esistono bambini che dormono ovunque, per tutta la notte, e in quel caso
FARMACIA COMUNALE DI CASTELNUOVO
La dott.ssa Laura Fratini è specializzata in Psicologia clinica (laurafratini.psicologa@gmail.com) La dottoressa Fratini riceve su appuntamento: tel. 339 2365808
Piazza Municipio 13/B - CASTELNUOVO (TN) Tel. 0461 751300 - Orario: dal lunedi al sabato 7.30 / 13.00 e 15.00 / 19.00
CONTROLLO E PREVENZIONE
RIMEDI NATURALI
• misurazione della prevenzione arteriosa • controllo rapido di: glicemia, colesterolo totale e frazionato, trigliceridi
ALLOPATIA
Cibi e alimenti dietetici e surgelati per CELIACI
OMEOPATIA
un segnale di questo tipo di problematica di coppia, il figlio si ritrova tra mamma e papà che in questo modo evitano inconsapevolmente di affrontare i conflitti coniugali: il bambino piange, non vuole stare nella sua cameretta, quindi dorme con la mamma e il papà si trasferisce sul divano. Ogni relazione d’amore tra due partner ha la sua storia e dei punti di fragilità, che con la nascita di un figlio possano emergere in modo lampante. E’ importante che i neogenitori siano consapevoli di questo processo e che non venga additato il figlio di responsabilità che non ha, ma che essi possano riappropiarsi delle proprie dinamiche relazionali e crescere rispetto a queste. Curare la relazione di coppia, vuol dire anche ritagliarsi giornalmente una
quantità di tempo, suddividere i lavori domestici e familiari in modo che nessuno dei due partners senta il sovraccarico, conservare un’intima complicità e riconoscere e rispettare sia i bisogni individuali sia di coppia. I partners devono saper affrontare la sfide di nuove relazioni parentali, il posto dei figli in famiglia deve sempre essere con mamma e papà e non tra loro, pertanto durante la crescita è opportuno limitare le loro eventuali incursioni nel letto genitoriale e favorire la capacità di elaborare la separazione dalle figure di attaccamento e l’instaurarsi di una progressiva autonomia. Naturalmente se una coppia di genitori si accorge di essere in difficoltà può chiedere aiuto, sia rispetto alla ricerca di una rete di relazioni di supporto sociale, sia di un professionista con cui approfondire ciò che sta accadendo.
FITOTERAPIA
la questione non si pone. Ci sono, però, altri bambini che si svegliano frequentemente: in questo secondo caso mettere il piccolo nel lettone con i genitori può rassicurarlo e aiutarlo a riposare meglio e di più. Inoltre, la condivisione del letto può aiutare a gestire con più tranquillità da parte dei genitori i risvegli notturni del bambino. È una coccola, aiuta a sentirsi più vicini, soprattutto quando si trascorrono molte ore distanti durante il giorno. D'altra parte può influire negativamente sull’intimità di coppia. O almeno questo sostengono alcuni detrattori della pratica del co-sleeping. In realtà, l’effetto che il co-sleeping può avere sull’affiatamento della coppia ha una notevole componente soggettiva. Ci sono poi casi in cui la coppia ,essendo già molto instabile, dove il legame tra la diade genitoriale già prima non era ben saldo, il co-sleeping con il figlio può, oltre che accentuare i problemi di relazione con il coniuge, anche essere capro espiatorio per starne lontano. Il cosleeping tardivo può essere infatti,
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FINLANDIA EROVANIEMI
di Tiziana Margoni
È
ai primi posti secondo le statistiche mondiali per la miglior qualità della vita! In Finlandia sono infatti rari gli scandali politici; zero criminalità; progetti e realizzazioni all’avanguardia e a misura d’uomo; stile di vita semplice che sfocia nel minimalismo, nell’essenzialità di forme e materiali naturali nelle costruzioni, in architettura, design, arredi; funzionanti i servizi per i cittadini. I Finlandesi passano molto tempo all’aria aperta in qualsiasi stagione e orario, per camminare, o in bici, su piste ciclabili presenti in qualunque ambiente, reagendo anche così ai tanti mesi invernali di buio. Molta influenza in questo stile di vita hanno gli spazi ampi: la taiga dai numerosi laghi e boschi di sempreverdi o di betulle dorate in autunno; i colli lapponi dove si fa trekking, tra odore di legno e funghi; lungo i fiumi con kayak, canoa e pesca. L’amore e il rispetto per il territorio portano i Finlandesi a curare ecosistemi e biotopi per le future generazioni: circa trenta i Parchi Nazionali, venti le Riserve Naturali Protette e un centinaio le zone
Turku
di protezione degli eriofori, erbe delle aree glaciali. I parchi nel complesso lacustre di Saimaa, il più grande e fra i più belli, sono: Kolovesi -con pitture rupestri- e Linnansaari - con isole di foreste di pini. La fauna: oltre all’orso, cervi, lupi, linci, gufi reali, lontre, castori, il ghiottone, lo scoiattolo volante e gruppi di foche dagli anelli, in via di estinzione. Altro grande parco nazionale è quello di Oulanka, con le più imponenti rapide della Finlandia e Rouka, nota località sciistica! La Finlandia è fra le zone a minor densità di popolazione. Gli abitanti, per le difficili condizioni climatiche al nord, sono concentrati a sud nelle grandi città. La capitale Helsinki, piacevole nei ritmi e vivace nell’offerta culturale, è città di mare dal timbro distintivo: architetture affascinanti, ricca di musei, teatri, orchestre e filarmonica, caffè e ristoranti eleganti. Dalla città in breve si arriva al Parco Centrale o in traghetto sull’isola Suomenlinnao, con la sua Roccaforte, patrimonio Unesco. La città medievale è Porvoo: ha mail villaggio di Babbo Natale gazzini di legno rosso che si riflet-
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tono in acqua, acciottolato nelle vie centrali, e moderni ristoranti e caffè. A Turku molti giovani europei fanno esperienze Erasmus. Il panorama di Koli, sull’isola di Utӧ, dove si osserva la migrazione degli uccelli, ha ispirato il pittore Eero Järnefelt. E fra gli artisti: lo scrittore Juhani Aho, il compositore Jean Sibelius -col suo poema sinfonico Finlandia. Interessante il monumento a lui dedicato, a Helsinki. Un Paese da fiabe, da La regina delle nevi, indotte dalla tundra gelida verso il Circolo Polare Artico, dal lungo periodo invernale scuro, dalle luci particolari dei cieli di neve, di luoghi dove i Lapponi hanno condotto renne e slitte trainate da cani, affumicato pesci e carni, essiccato pellami: un mondo difficile, che si perde in echi di lastre solcate da navi rompighiaccio. La Finlandia confina con Norvegia, Russia e Svezia. Facili, quindi, i richiami alla mente di aria gelata, acque gelate, sport sul ghiaccio o lunghe scie di fondisti che si snodano fra i boschi. E prove individuali contro il freddo, di certi bagni in pozze gelide dove tuffarsi seminudi e beneauguranti a Capo-
Il Palazzo Presidenziale Helsinki
Paasitorni danno, salvo poi crogiolarsi in saune fumanti di stanze di legno, scaldarsi presso caratteristiche stufe, mangiando cibi a base di salmone, aringhe o le tipiche torte ripiene di mirtilli, panna acida e yogurt. E’ sempre d’inverno che la Finlandia esprime al meglio le sue peculiarità, con le Feste dei portatori di doni, dalla Santa Lucia, che esattamente come in Svezia vede cortei di giovani ragazze, vestite di bianco con copricapi di corone sempreverdi e candele, distribuire dolcetti di casa in casa. Da qui alla Vigilia ci sono festeggiamenti sui luoghi
di lavoro con scherzi, brindisi, assaggi. Alla Vigilia c’è il Piccolo Natale, dichiarato ufficialmente con la Pace di Natale, dal sindaco della città- risalente storicamente al secolo XVIII- per sancire un periodo di serenità durante il periodo natalizio, e che in passato vedeva la proibizione dell’uso di armi da fuoco, fra le varie regole, e che si chiude con l’inno nazionale, ma... E’ in Finlandia, però, che l’Aurora Boreale appare con le sue luci incredibili occupando il cielo, come un segno magico. E Babbo Natale? Dove abita il “Grande Vecchio” dalla bianca barba?
E’ domiciliato qui, a Rovaniemi. Nella sua casa, sempre aperta, si preparano i giocattoli per i bambini di tutto il mondo! Folletti e aiutanti di ogni tipo raccolgono dalla cassetta rossa della posta le loro richieste e desideri, perché Babbo Natale possa esaudirli. Da Rovaniemi, nonostante il periodo di crisi, Babbo Natale a tratti esplode felice nella sua sonora risata o si gratta preoccupato la lunga barba bianca, ma continua a far sognare, da sotto i cieli lucenti finnici, presso pini innevati che respirano l’aria di neve che sta per cadere dal cielo.
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IL CAPR
astronomia la costellazione
22 DICEMBR
La costellazione del Capricorno, in latino Capricornus, si trova tra il Sagittario ad ovest e l’Acquario a nord e a est. E’ molto visibile da metà estate a metà autunno. Il Capricorno è la più piccola costellazione dello zodiaco ed una delle più deboli come luminosità. Il Capricorno possiede inoltre un buon numero di stelle di quarta grandezza concatenate e relativamente vicine fra loro, che ne facilitano l'individuazione anche in cieli non troppo bui. La costellazione del Capricorno appare come un triangolo e alcuni studiosi di astronomia l'hanno descritta anche come gli slip di un bikini Le sue stelle più importanti del sono: Deneb Algedi (la coda del capro) una stella bianca, distante da noi circa 40 anni luce (da ricordare che un anno luce corrisponde a 9.460 miliardi di Km) 39 anni luce da noi ed è posizionata all’estremità nord-orientale della costellazione; Dabih, una stella bianca multipla, distante 344 anni luce e si trova nella parte occidentale; Algedi ( che significa capro o stambecco) è una stella doppia, composta dalle due componenti primarie di colore giallo e arancio pallido; Nashira (detta anche la fortunata), una stella stella bianca che dista dalla Terra 140 anni luce. È utile ricordare che l’ anno luce è la misura astronomica kilometrica che quantifica la distanza percorsa da un raggio di luce in un anno. La luce si muove con una velocità, oggi accertata, di 299.792,5 chilometri al secondo, per cui un anno luce equivale a 9,460 milioni di milioni di chilometri. Nel Capricorno è visibile anche l’ammasso globulare M30, mentre le galassie sono poco presenti. In questa costellazione si trova anche una stella nana, chiamata HD 202206, che possiede un sistema planetario dove si trova un pianeta che ha una massa oltre due volte superiore a Giove. Il capricorno è un animale che esiste veramente ed è un ruminante della famiglia dei Bovidi molto simile ad una capra selvatica. I capricorni sono alti circa 80/90 centimetri e lunghi circa un metro e mezzo con un potente collo sopra il quale si trova la testa con corna di forma conica, curvate all'indietro e molto lunghe. Sono animali poco conosciuti, molto timidi e paurosi vivono nelle zone montuose più impervie dai gradini di roccia più scoscesi.
curiosità Il corpo celeste più lontano dalla Terra è quasi certamente una quasar. ovvero “radiosorgente quasi stellare. Il record di distanza dal nostro pianeta, secondo le misure indirette finora effettuate, potrebbe essere di 14 miliardi di anni luce.
RICORNO
astrologia lo zodiaco
RE – 20 GENNAIO
Il Capricorno, insieme al Toro e alla Vergine formano i segni di Terra. I nati sotto il segno del Capricorno presentano caratteristiche particolari quali la responsabilità delle loro azioni, delle scelte che fanno e, non ultimo il fatto che, nel lavoro, desiderano raggiungere vette alte e posti di comando nella società. La loro costante pazienza gli permette di coltivare rapporti solidi di amicizia e non di rado raggiungono i loro scopi attraverso contatti che nel tempo hanno saputo stabilire grazie alloro comportamento sempre positivo. Non sono mai impulsivi e non di rado si dimostrano in possesso di buona educazione che li aiuta a raggiungere quanto si sono prefissati. Nella vita amorosa tendono a rimanere celibi in quanto la loro personalità evidenzia egoismo e riservatezza, elementi questi che poco si addicono alla vita coniugale. I nati sotto il Capricorno sono sicuri di sé e nel dialogo lo evidenziano a volte anche in maniera sfacciata. Le donne Capricorno sono molto simili all’uomo nel quotidiano e nei comportamenti sociali. A volte possono apparire fredde e distanti dal legame intimo, altre invece si dimostrano molto disinibite e profondamente sessuali. Cercano sempre un partner economicamente molto indipendente in quanto amano la bella vita e i divertimenti. Spessissimo dimostrano di essere sono molto possessive e non di rado si dimostrano anche dotate di un egoismo calcolato e a volte anche immorale. Il Capricorno, sia uomo o donna, sono dell’idea che le promesse di vita, una volta fatte e dette, devono essere sempre mantenute e, ad ogni costo rispettate e realizzate. In questo senso sono persone non volubili che tengono molto alla parla data e alla fiducia accordata. Nelle amicizia sono molto diffidenti e non è facile per loro stabilire un rapporto duraturo. Quando però ci riescono sono affidabilissimi e si dimostrano persone oneste e concrete. Per l’uomo Capricorno la donna ideate oltre ad una buono fisicità deve dimostrare una certa classe ed una buona predisposizione ai rapporti sociali e lavorativi. Per la donna Capricorno invece, il partner deve possedere una straordinaria simpatia, essere brillante e solare.
curiosità Il pianeta dominante è Saturno. Il colore da portare: il nero. La pietra Portafortuna: l'onice. Il metallo: il piombo. Il giorno favorevole: il Sabato.
Ausugum di Borgo Valsugana G.S.
Il Gruppo Sportivo Ausugum di Borgo Valsugana ha iniziato la nuova stagione agonistica nel settore della pallavolo presentando al via dei vari campionati una nutrita pattuglia di atleti e atlete divise in 10 squadre.
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di Giuseppe Facchini
Serie C maschile
a società valsuganotta è tra le più antiche del panorama regionale con oltre 43 anni di attività e non sente l’età, anzi gode di ottima salute impegnata in tante attività ed iniziative. Presidente è Willy Cia, vice Vittorio Piacentini, segretario Ferruccio Perini. Ma vediamo le squadre nei vari campionati iniziando dalla serie C sia la squadra maschile che quella femminile. La squadra maschile è allenata da Claudio Segnana e conta su una ossatura solida con tanti atleti che giocano insieme da diversi anni. Dirigente è Dario Bastianello. Questa la rosa della squadra: Alessio Segnana, Alessandro Capra, Alberto Sartori, Nicola Pecoraro, Mattia Bosetti, Alfred Caushi, Diego Sandonà, Antonino Boean, Ivan Patton, Marco Berlanda, Ubaldo Capra, Eliano Forti, Fabrizio Pecoraro. Fernando Nesler e Marco Dalsasso guidano invece l’ottima squadra femminile con questa formazione: Alessandra Lucente, Alessia Pittalis, Barbara Facchini, Federica Scandella, Giulia Dalfollo, Giulia Pedri, Sara Ganarin, Sara Orsingher, Sara Peretti, Selene Borgogno, Silvia Sandri, Veronica Cerbaro, dirigente Maurizio Iobstraibizer. Marco Dalsasso è anche allenatore di una squadra che disputa ben due
campionati, quello Under 16 e di Seconda Divisione. Le atlete sono: Benedetta Andreatti, Elisa Ballin, Anna Burlon, Arianna Trentin, Martina Biasion, Martina Candela, Arianna Costa, Serena Dellamaria, Marta Garilli, Lodovica Gosetti, Silvia Iobstraibizer, Cristiana Modena, Roberta Nicoletti, Giada Peretti, Micol, Rozza, Marta Sartori, Rosangela Roncador. Vittorio Piacentini e Nadia Montibeller guidano invece la formazione Under 14 Csi. Il settore femminile è completato con la formazione Under 13 allenata da Manuela Divina e Barbara Facchini e l’Under 12 di Michele Degaudenz che disputa il campionato CSI, dirigente Paola Andriollo. L’Ausugum collabora anche quest’anno con l’ASD Genzianella di Telve di Sopra, Torcegno e Ronchi del Presidente Matteo Trentin che disputa il campionato di Terza Divisione con la squadra allenata da Mario Marchi e Lara Campestrin. In campo maschile è presente la squadra Under 14 di Mariano Caumo e Luca Ballin. Dario Bastianello è l’allenatore della squadra degli Amatori. Da non dimenticare il folto gruppo dei bambini e bambine impegnati nel Minivolley che si allenano oltre che a Borgo anche a Grigno, Ospedaletto e Scurelle.
Serie C femminile
Ausugum Seconda Divisione
Ausugum Under 14 CSI
Ausugum Under 14 maschile Foto di Giuseppe Facchini
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a C s a s r a t s R o v u a l r l a o i a r d u i le g u F a D e o li er c n i s n U
ci Fes te
SEDE - BORGO
SEDE STRIGNO
SEDE RONCEGNO
GRIGNO
BORGO
CASTELLO TESINO
TELVE DI SOPRA
CASTELNUOVO
OLLE
MARTER
PIEVE TESINO OSPEDALETTO
SCURELLE
SAMONE
TORCEGNO
CARZANO
CINTE TESINO
BIENO
TELVE SPERA
VILLA AGNEDO
TEZZE