Valsugana News n. 7/2015 Novembre

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TANIA CAGNOTTO l’angelo azzurro DORIAN GRAY

INTERVISTA a MONS. VIVIANI SCARANÒ 40esimo ANNIVERSARIO

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L’EDITORIALE

Vegani, Veganismo e genitori A

ncora una volta ho purtroppo letto di un bambino di 2 anni che è stato ricoverato nell'Ospedale San Martino di Belluno con una sintomatologia seria e preoccupante dovuta a una gravissima carenza nutrizionale tale da creare seri problemi di crescita. I medici del reparto pediatria, dopo approfondite indagini ed analisi cliniche, hanno accertato che i suoi genitori avevano applicato su di lui il “credo” alimentare basato sul veganismo (i vegani non si cibano di tutti quegli alimenti che derivano o sono legati al mondo animale) sottoponendolo ad una nutrizione che la stragrande maggioranza dei medici sconsiglia nei primi anni di vita e nel corso dello svezzamento. Per il piccolo, quindi, una alimentazione senza carne, latte, latticini, formaggi, uova, pesce, cacciagione e via discorrendo. Sono del parere che, nel rispetto della singola libertà, ogni adulto può decidere il proprio modo di vita e quindi anche quello di nutrirsi secondo scelte e motivazioni personali che egli ritiene più idonee alle proprie esigenze. Non credo, però, sia opportuno, e per certi aspetti giustificabile, che per mantenere fede al proprio convincimento, si imponga la stessa alimentazione ad un neonato o a un piccolo in tenere età e in fase di crescita. Il corpo del bambino deve formarsi in tutte le sue parti e quindi per farlo nella maniera ottimale necessita di tutti i principi alimentari, nessuno escluso. Poi, dopo questa importantissima fase, si potrà decidere e quindi scegliere come alimentarlo. Ed è stato proprio il primario del reparto di pediatria dell’ospedale a sottolineare, che “la carenza o la totale mancanza di elementi e principi alimentari fondamentali per la crescita può creare gravi e serissimi scompensi”. Opinione, la sua,

 di Armando Munaò

condivisa da moltissimi luminari della nutrizione, i quali, sempre di più, ribadiscono che i neonati e i bambini in tenerissima età abbisognano, per la loro crescita e formazione fisica, anche e principalmente dei principi alimentari contenuti nella carne, nei pesci e nel latte. Il veganismo è un tema di scottante attualità poichè da una parte posiziona i medici che affermano come la carenza e la totale mancanza di

elementi fondamentali per la crescita deve essere assolutamente evitata perché può creare danni seri, e dall’altra, invece, i vegani e le loro associazioni che la pensano in modo diametralmente opposto sostenendo che con questo tipo di alimentazione si può crescere sani, belli e forti. Personalmente non sono in grado di giudicare chi ha torto o ragione, ma credo che il “fai da te” nella alimentazione, specialmente in quella dei bambini, è sempre un rischio che potrebbe aprire le porte a patologie serie e dannose. Se veramente si vuole a tutti i costi “imporre” ai figli la propria filosofia di vita, perché prima di farlo non ci si rivolge ad un medico, ad un pediatra o ad un nutrizionista per verificare le condizioni fisiche del bambino e quindi la possibilità di applicare, anche a lui, il proprio credo alimentare, specialmente in questa delicata fase della sua crescita? Cari genitori cosa vi costa farlo?

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IL SOMMARIO L’editoriale ...................................................3 Alfredo Nobel .............................................14 Economia e felicità .....................................21 Le interviste impossibili...............................23 Il Centro studi di Levico Terme ....................35 Italia: mercato del lavoro ............................39 I disturbi dell’apprendimento.......................40 Il suicidio...................................................44 Levico Terme: la stagione culturale ..............47 SCARANO’ …40 anni di buona cucina ...........48 Da Borgo Valsugana a Melbourne ................50 La fabbrica delle idee..................................55 Le Calcare di Marter ...................................56 Il silenzi e il canto ......................................59 L’avvocato risponde ....................................60 Le cronache ...............................................62 Le pezate di agnelo ....................................64 Le cronache ...............................................67 L’ospedale di Borgo ....................................68 Le cronache ...............................................69 I mercatini di Natale ...................................70 Tutto buono alla 3TBike ..............................72 Le cronache ...............................................74 Auser in fermento ......................................76 Gli Alfa 48..................................................78 Le cronache ...............................................80 Gs Valsugana: un grande argento................84 Medicina e Salute: lo stress.........................86 Benessere e Salute .....................................88 Girovagando – La Grecia .............................90 ASTRONOMIA-ASTROLOGIA Lo Scorpione..............................................92 Il peperoncino............................................94

ANNO I – N° 7 – NOVEMBRE 2015

INTERVISTA ESCLUSIVA TANIA CAGNOTTO, l’angelo azzurro Giorgio Cagnotto, Klaus Dibiasi

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DIALOGO APERTO

C ON

MONS. VIVIANI

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Dorian Gray

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LA RIFORMA DEL SENATO

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I SANTINI PAG. 42

DIRETTORE Cristina Dellamaria DIRETTORE RESPONSABILE Armando Munao’ - 333 2815103 VICEDIRETTORE Roberto Paccher COORDINAMENTO EDITORIALE Enrico Coser COORDINAMENTO PUBBLICITARIO Cristina Dellamaria - 347 6475297 COLLABORATORI Luisa Bortolotti - Elisa Corni - Erica Zanghellini Alessandro Dalledonne - Mario Pacher - Franco Zadra Laura Fratini - Francesca Schraffl - Alessandro Voltolini Eleonora Oss Emer - Chiara Paoli - Tiziana Margoni Patrizia Rapposelli - Zeno Perinelli - Adelina Valcanover CONSULENZA MEDICO - SCIENTIFICA Dott.ssa Cinzia Sollazzo - Dott. Alfonso Piazza Dott. Giovanni Donghia - Dott. Marco Rigo EDITORE Edizione Printed srl Viale Vicenza, 1 - Borgo Valsugana IMPAGINAZIONE, GRAFICA Grafiche Futura STAMPA Tipografia Effe e Erre www.valsugananews.com info@valsugananews.com Registrazione del Tribunale di Trento: nr. 4 del 16/04/2015 Tiratura n° 7.000 copie Distribuzione: tutti i Comuni della Alta e Bassa Valsugana, Tesino, Pinetano e Vigolana compresi COPYRIGHT - Tutti i diritti di stampa riservati Tutti i testi, articoli, interviste, fotografie, disegni e pubblicità, pubblicati nella pagine di VALSUGANA NEWS e sugli Speciali di VALSUGANA NEWS sono coperti da copyright EDIZIONI PRINTED e quindi, senza l’autorizzazione scritta del Direttore, del Direttore Responsabile o dell’Editore è vietata la riproduzione o la pubblicazione, sia parziale che totale, su qualsiasi supporto o forma. Gli inserzionisti che volessero usufruire delle loro inserzioni, per altri giornali o altre pubblicazioni, possono farlo richiedendo l’autorizzazione scritta all’Editore, Direttore Responsabile o Direttore. Quanto sopra specificato non riguarda gli inserzionisti che, utilizzando propri studi o agenzie grafiche, hanno prodotto in proprio e quindi fatta pervenire, a EDIZIONI PRINTED, le loro pubblicità, le loro immagini i loro testi o articoli. Per quanto sopra EDIZIONI PRINTED si riserva il diritto di adire le vie legali per di tutelare, nelle opportune sedi, i propri interessi e la propria immagine.

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TANIA CAGNOTTO

ania Cagnotto, onore di Bolzano, della nostra Regione, dell’Italia, delle Fiamme Gialle, è una campionessa straordinaria che dopo una splendida carriera, all’età di 30 anni, ha fatto suo il titolo mondiale di tuffi ai recenti campionati di Kazan in Russia nella specialità del trampolino da un metro sconfiggendo le due cinesi Sha Tingmao e He Zi, grandissime favorite alla vigilia. Nella stessa rassegna ha vinto altre due medaglie di bronzo nel trampolino da 3 metri e nel sincronizzato misto 3 metri con Maicol Verzotto. E ancora, però con qualche delusione, il quinto posto nel sincro con Francesca Dallapè con la quale aveva conquistato la medaglia d’oro ai campionati europei di Rostock sempre di quest’anno e che da anni forma una coppia tra le più forti al mondo. Per la cronaca, in questi ultimi europei la nostra atleta ha ottenuto il record di tre ori nelle tre gare disputate e con il mondiale di Kazan è stata la prima donna italiana ad aver vinto una medaglia ai mondiali. Tania Cagnotto ha annunciato che dopo le Olimpiadi di Rio de Janeiro, che si disputeranno in agosto del 2016, chiuderà la carriera agonistica. E, purtroppo, quando lo farà, il nostro sport perderà la più grande tuffatrice italiana di tutti i tempi e una atleta che a ragione, e con pieno merito, può essere inserita in quella bakeca mondiale che annovera le atlete che hanno dato lustro e luce a questo sport. Questo il suo magico, straordinario, e crediamo insuperabile palmares: 17 titoli europei con altre 4 medaglie d’argento e 4 di bronzo, 1 titolo mondiale con 3 argenti e 6 bronzi, 5 titoli mondiali giovanili, 9 europei giovanili, 46 volte campionessa italiana nelle varie specialità. E la quantificazione non è finita perché a questi eccezionali, e crediamo insuperabili risultati, devono essere aggiunte le numerosissime medaglie d’oro, d’argento e di bronzo che la “nostra” Tania ha conquistato nella competizioni e manifestazioni internazionali quali i Diving World Series e Diving Grand Prix. Una atleta che onora lo sport e la nostra Italia. Il nostro giornale è lieto di ospitarla. Servizio di Armando Munaò e Giuseppe Facchini

i f f u t i e d o r r u z z a o l e g l’an V © LaPresse.phPiergiorgio-Pirrone

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L’INTERVISTA Dopo qualche settimana dalla vittoria ai campionati mondiali di Kazan in Russia e la conquista di altre due medaglie, quali sono le tue sensazioni ripensando a quei giorni magici? “Penso rimarranno sempre nella mia memoria e quando rivedo le immagini che hanno caratterizzato il mio successo, mi emoziono ancora. Conquistare una medaglia d’oro ai campionati mondiali è la massima aspirazione per ogni atleta perché non solo ti rende felice, ma gratifica coloro i quali sono a te vicini e ti hanno accompagnata in questa avventura.” In questi anni, oltre ad essere una vera regina dello sport italiano europeo e mondiale, sei diventata anche un punto di riferimento, un esempio di impegno e di serietà. Come vivi questa cosa? “Mi fa molto piacere essere un concreto esempio per molte persone che da anni mi seguono e tifano per me. Purtroppo lo sport dei nostri giorni non sempre evidenzia gli aspetti positivi che dovrebbero essere presenti nella sua essenza, e quindi cerco sempre di dare un giusta immagine anche per le aziende di successo che rappresento quali Vegetal Progress, Arena, Azienda Energetica, Tampax e Assobirra. Con loro, mi impegno costantemente per diffondere tutto il bello che c’è nel mio sport soprattutto tra i nuovi futuri campioni”. Prima della gara e durante la stessa come riesci a dominare la tensione

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© LaPresse.phPiergiorgio-Pirrone

e l’emozione e allo stesso tempo rimanere concentrata con la carica e la grinta necessaria? “Non è semplice. E’ per questo che a volte mi confronto con una con una psicologa, Daniela, che in questo mi aiuta molto. Affrontare una gara senza tensione è impossibile. Bisogna solo essere convinte delle proprie capacità e potenzialità, ma soprattutto a non farsi deconcentrare”. In questi anni è cambiato il tuo rapporto con papà Giorgio che è il tuo allenatore e commissario tecnico? “Si, negli anni è progressivamente cambiato considerato che sono anche cresciuta. Con lui ho sempre un ottimo e costruttivo rapporto. I suoi consigli sono preziosi e spesso mi aiutano a superare quelle difficoltà momentanee

che nel corso di una competizione, specialmente ad altissimo livello, possono manifestarsi ”. E in questi anni come sei cambiata? Noi ti vediamo ancora più determinata nel riuscire a gestire le gare. Un comportamento il tuo che, agli occhi degli spettatori e degli addetti ai lavori, ti rende speciale. “Gareggiando si acquisisce sempre più esperienza e ogni gara ti insegna qualcosa che accresce tuo bagaglio sportivo. Non si finisce mai di imparare specialmente quando un atleta è attratto dalle continue sfide e dalla crescente voglia dei risultati”. Sembra quasi impossibile pensare Tania Cagnotto fuori da una piscina. Ma come sei nella tua vita? “Sono una ragazza molto semplice, mi piace passare del tempo con gli amici e i miei cari, andare a ballare, al cinema e fare shopping. Insomma vivere la quotidianità come tutte le ragazze”. Come ti preparerai nei prossimi mesi in vista delle qualificazioni olimpiche nel sincro e nel percorso verso le Olimpiadi di Rio? “Adesso ho appena ripreso con la preparazione atletica. A febbraio io e Francesca Dallapè saremo a Rio alla coppa del mondo perché nel sincro dobbiamo ancora qualificarci per le Olimpiadi”. Cosa farà Tania dopo Rio? “Intanto mi sposo e vorrei crearmi una famiglia mia e poi si vedrà”. Hai realizzato tanti sogni nello sport facendoli diventare reali. Qual è il tuo prossimo sogno? “Godermi la mia ultima olimpiade di


Foto Giuseppe Facchini

Tania con papa’ Giorgio Quando ti guardi indietro come vedi il tuo percorso sportivo? Immaginavi di poter arrivare a questi traguardi? “No, il mio sogno era partecipare alle Olimpiadi a 15 anni, ma sinceramente non mi sarei aspettata tutte queste grandi soddisfazioni. E devo ringraziare i miei genitori, la federazione, i miei sponsor, le aziende che rappresento e tutti quanti mi sono stati vicini permettendomi di conseguire questi risultati”. E’ difficile conciliare la vita privata con quella sportiva di alto livello? “Non troppo anche se la tua quotidia-

Tania con Francesca Dallape’

Foto Giuseppe Facchini

Rio, Vivere le fantastiche emozioni che si provano quando si partecipa ad una gara che vede il confronto di tutte le migliori atlete al mondo”. Cosa rappresenta per te Bolzano? “Bolzano, il Sudtirol sono la mia città, la serenità e la casa. La base per tutto quello che è stato e che sarà”. Con Francesca Dallapè è nata una bella amicizia. E’ difficile nello sport provare questi sentimenti? “Si, non è semplicissimo perché spesso subentra la gelosia e non di rado anche una forma di competizione che a volte può creare tensioni. Tra me e Francesca,però, c'è un rapporto sincero da anni, un rispetto ed una stima reciproca che ci porta al conseguimento di ottimi risultati sportivi”. Ti capita mai di avere “paura” di un tuffo? “Certamente. La tensione ti è sempre “compagna” e il fatidico errore che può pregiudicare una gara è sempre dietro l’angolo”.

nità deve essere caratterizzata da impegno, voglia di fare. Adesso che posso allenarmi a casa ho una vita quasi normale”. Sei di Bolzano ma sei una cittadina del mondo attenta e sensibile a quello che succede? “Tutti gli atleti che si confrontano nel mondo sono caratterizzati da attenzione, sensibilità e desiderio di riuscire in un impegno non proprio facile. Credo che questi indispensabili elementi di vita le ho ricevute dalla mia terra, il Sudtirol”. Le sconfitte sportive cosa insegnano ad una atleta? “Insegnano di avere pazienza nella vita. Le cose non arrivano mai subito e spesso nemmeno se ci metti tutto l'impegno del mondo. La fortuna non deve mai mancare, ma sicuramente il lavoro e la continua applicazione pagano, specialmente se credi in te, nelle tua capacità e in quello che fai”. L’emozione più bella che hai provato nella tua carriera? “Sicuramente l'oro ai mondiali a Kazan, ma anche tutte le altre medaglie che ho conquistato occupano un posto particolare nel mio cuore”. Tania: Una vita per lo sport o uno sport per la vita? “Uno sport per la vita”. Cosa sono i tuffi per te? “La mia passione più grande. Una “amore” che mi ha accompagnato, mi accompagnerà e credo, anche quando smetterò, mi sarà sempre accanto”. Riesci ad andare a ballare qualche volta? “Sì, e sinceramente devo confessare

che adoro andarci. Mi piace vivere la quotidianità in allegria, sia con il mio fidanzato e con le amiche con le quali ho un meraviglioso rapporto”. Come vorresti che la gente ti definisca? “Semplice e solare ma grintosa”. In ogni caso, aggiungo io, sarai amata per sempre! “Grazie”.

© LaPresse.phFabio Ferrari

Un particolare ringraziamento a Dao Management, Arena Italia, a La Presse e ai fotografi per la gentile concessione delle foto e per la collaborazione.

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GIORGIO CAGNOTTO

una vita per i tuffi

Insieme a Klaus Dibiasi ha scritto pagine fantastiche nella storia di questo sport. La sua carriera agonistica iniziata nel 1964 (in gara alle Olimpiadi di Tokyo) è costellata di risultati importanti come le medaglie d’argento nel trampolino alle Olimpiadi di Monaco nel 1972 e di Montreal nel 1976, sempre a Monaco è medaglia di bronzo nella piattaforma 10 metri che ripete anche nel 1980 a Mosca. E ancora: campione europeo nel 1970 a Barcellona nel trampolino, medaglia d’argento agli europei nel 1974 e nel 1977, medaglie di bronzo nel 1966 e nel 1970, bronzo nei mondiali di Berlino del 1978, quattro volte medaglia d’oro ai Giochi del Mediterraneo. Dal 2000 Giorgio Cagnotto è Commissario Tecnico della nazionale italiana di tuffi. La moglie Carmen Casteiner è stata pluricampionessa italiana di tuffi negli anni 70’ vincendo l'oro per cinque anni consecutivi, (dal 1972 al 1976) dalla piattaforma di 10 metri) e ha conquistato anche 3 titoli italiani indoor nella stessa disciplina. Nel 1976 ha partecipato alle olimpiadi estive. Carmen, per la cronaca, è stata la prima allenatrice di Tania. Giorgio Cagnotto, dal 2000, è Commissario Tecnico della Nazionale Italiana di Tuffi e allenatore di Tania. Nel 1992 è stato inserito nella prestigiosa International Swimming All OF Fame degli sport acquatici.

L’INTERVISTA Klaus Dibiasi ha parlato di uno stile Cagnotto. E’ uno stile tecnico o anche di vita? “Non lo so, non ci ho mai pensato, per me c’era uno stile Dibiasi. In ogni caso ero un atleta esplosivo e con la mia statura da piccoletto ho anticipato gli atleti che gareggiano oggi. Avevo le gambe forti e possenti, la mia caratteristica era “o la va o la spacca” e qualche volta ho “spaccato” e fatto qualche “cagnottata”. Era un po’ il mio stile, andavo bene fino quasi all’ultimo ma poi qualche piccolo sbaglio si faceva. Alla fine però abbiamo ottenuto degli ottimi risultati”. L’intera tua vita nello sport e in piscina. “La nostra disciplina sportiva è di per sè un insegnamento di vita perché comunque non è sport di squadra, la squadra sei tu, devi essere capace di autogestirti da solo sul trampolino, puoi passare dal sorriso al pianto in pochi secondi, non sai mai come va a finire la gara, una volta può andar bene, un'altra volta meno. Devi prepa-

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rarti molto, concentrarti, a lunga scadenza, per anni, una gara importante la prepari 5 o 6 mesi prima e quindi è fatta di tante cose, non solo di piscina ma di saper gestire tutto, anche il modo di vivere, perché se ti strapazzi o fai cose strane i risultati non arrivano al momento giusto nel modo giusto. In ogni caso ti accorgi anche da solo se qualcosa non va”.

Con Tania stai vivendo un periodo splendido in una veste multipla che capita a pochi, padre, allenatore, commissario tecnico. Come la vivi? “Una esperienza sicuramente bella e fantastica. Sono contento perché siamo anche riusciti a piazzare sul podio dei mondiali anche un atleta della Bolzano Nuoto, Maicol Verzotto. Mi dispiace solo che a questo mondiale non ha raccolto quanto merita Francesca Dallapè, ma sono fiducioso per il futuro, a febbraio avremo le gare di Coppa del Mondo sempre a Rio de Janeiro valide per qualificazioni olimpiche per il sincro. Con Tania sto vivendo un momento sicuramente molto bello e piacevole, anche perché siamo alla fine di una carriera e quindi risultati di un certo spessore come la vittoria ai mondiali hanno un peso diverso. Alla fine potremmo anche non chiedere di più”. Un successo che si assapora. Per Tania l’esperienza e la capacità di adattamento contano più dell’età. “Tania è l’esempio di sapersi mettere in gioco continuamente. Le cose cambiano, non è più come 10-12 anni.


Tania è cresciuta, ha fatto scelte diverse, Oscar Bertone ci da una mano come allenatore, c’è uno staff qualificato come Sergio Bonvecchio di Trento che è preparatore atletico, l’ Europa Center che ci dà un grande supporto, Daniela Cavelli psicologa di Rovereto, e altre persone di valore”. Come si riesce a trasmettere all’atleta calma, grinta e sicurezza insieme? “Non devi farti vedere che sei agitato perché l’atleta lo è già di suo, poi dipende da gara a gara. Ai mondiali Tania ha saputo gestire bene la situazione fin dall’inizio, è uscita l’atleta matura, con la giusta esperienza e gestendo bene la situazione e quando entra in gara il merito è suo. Gli puoi stare accanto con sensazioni positive e questo aiuta. Se non si é positivi la cosa può infastidire”. Qual è il carattere di Tania? “Lei è una vera professionista nel significato più alto del termine. I risultati sono arrivati perché ha la testa dura, vuole avere intorno uno staff che funzioni e continuamente vuole provare, scoprire ed è sempre molto motivata. E’ molto seria e impegnata, così come anche Francesca. Sono da ammirare e questa etica alla fine paga”. Quando guardi indietro all’inizio della sua carriera agonistica. “Ogni tanto ci penso. Quando abbiamo iniziato, vedevo allenatori padri che volevano costringere i figli a fare per forza questo sport. Non volevo cadere in questo tranello, ho sempre volato basso, preferivo che Tania si

Tania con papa’ Giorgio e mamma Carmen

presentasse alle gare in modo dignitoso e semplice, senza fare chissà che cosa, sapevo che per fare strada devi fare determinate cose e lavorare, ma su di lei per me è stato un terreno facile perché aveva delle doti e quindi era un po’ come andare sul velluto e il salto di qualità è avvenuto in modo naturale”. Bolzano è un po’ la roccaforte italiana dei tuffi. Com’è la situazione nazionale di questo sport? “Finirà un ciclo prima o poi. Stiamo lavorando, non abbiamo un grande bacino, le altre nazioni sono più organizzate, hanno un programma tecnico politico, noi non ci avviciniamo nemmeno. Siamo un po’ come i pescatori di perle, ti butti sott’acqua, fai tante immersioni a vuoto ma qualche volta se si trova l’ele-

mento giusto, con i tecnici che abbiamo, sappiamo fare un buon lavoro. Ci mancano tante strutture, non solo piscine, una sorta di organizzazione, siamo di serie B ma sappiano diventare anche di serie A. E poi c’è il valore aggiunto delle persone. Bisogna sempre credere nelle proprie capacità. Il mio motto è “un buon allenatore è colui che non fa danni”.

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Tre medaglie d’oro nei tuffi dalla piattaforma 10 metri alle Olimpiadi di Città del Messico 1968, di Monaco di Baviera 1972, di Montreal 1976, due medaglie d’argento olimpiche a Tokyo nel 1964 e nel 1968 dal trampolino, due titoli mondiali a Belgrado 1973 e Cali 1975, tre medaglie d’oro e due d’argento ai campionati europei, due medaglie d’oro e tre d’argento ai Giochi del Mediterraneo, un palmares da brividi per il grande campione bolzanino, figlio di “papa’” Carlo, pluricampione italiano che partecipò anche ai Giochi olimpici di Berlino del 1936 e che, certamente, gli ha trasmesso la passione per i tuffi. Klaus è stato un campione sia nei tuffi dalla piattaforma che in quelli dal trampolino, ed è l’unico tuffatore ad aver vinto tre Olimpiadi consecutive nella stessa specialità. Nel 1981 è stato inserito nella International Swimming Hall of Fame internazionale degli sport acquatici. Nel 2000 è stato eletto consigliere federale della FIN. E’ stato portatore della bandiera olimpica nel corso della Cerimonia di chiusura dei XX Giochi olimpici invernali Torino 2006.

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KLAUS DIBIASI

il grande dei tuffi mondiali Klaus, come hai seguito da esperto la carriera agonistica di Tania Cagnotto? “Da quando ha iniziato, Tania ha avuto un incremento regolare e anche i risultati lo confermano. Ora è a massimo della sua forma, molto più che alle Olimpiadi del 2012. Ha cambiato alcuni dettagli tecnici nei tuffi, come la presa, la rotazione è migliore, gambe più tese, piccoli dettagli ma importanti. Fisicamente sta bene, è tonica, sempre allenata, non un filo di ciccia. La cosa bella è che a tutt’oggi ha ancora la voglia di migliorarsi, in giovane età è normale ma quando si cresce è una cosa non comune. Tanti atleti una volta raggiunto il top si adagiano, ripetersi diventa difficile, lei no e ogni volta che gareggia ha una responsabilità nei confronti di tutti. Sa benissimo che tutti gli occhi sono puntati su

di lei. Per altri questo può essere un problema, per Tania, invece, non lo è affatto. Quando affronta una gara importante è ancora più carica, vuole fare bene e sa gestirsi nel modo corretto”.


Come è cambiato il mondo dei tuffi? “Si sono aggiunte nuove specialità come il sincro misto. Ci sono più gare in ogni manifestazione. Ai mondiali di Kazan, Tania ha disputato 4 gare, una volta non succedeva, di solito si faceva una gara o due. Le gare durano 7 giorni, quando gareggiavo io in 3 giorni bisognava fare tutto. Ai miei tempi la competizione, pur essendo molto impegnativa era certamente meno stressante”. Quando Tania era agli esordi ti aspettavi per lei una carriera così importante? “Si è visto fin dall’inizio che aveva buone possibilità, per la sua volontà, il suo fisico, la sua eleganza, la linea di gamba con le punte, aveva la gamba del Cagnotto. L’eleganza nel movimento è una caratteristica eccezionale che la differenzia dalle altre atlete e se fa il tuffo bene esce sempre almeno il voto 9”. Si parla di Tania come portabandiera dell’Italia alle Olimpiadi di Rio. “Sarebbe una cosa molto significativa, su facebook c’è una petizione in tale senso carina e spontanea, ma sarà difficile viste anche le scelte che sono state

Klaus Dibiasi and Giorgio Cagnotto - 1972

fatte in passato. Tania però lo merita”. Di cosa ti occupi ora? “Collaboro con la Federazione, sono il coordinatore federale del settore dei tuffi. Ho fatto una carriera in Federazione, allenatore federale, direttore tecnico, coordinatore federale nella Fina, dalla mattina alla sera preparo le gare”. Cosa sono per te i tuffi?

“Una mezza professione. Anche Tania è cresciuta migliorando se stessa, preparandosi una vita per dopo. E’ stato così anche per me quando ho smesso con i tuffi a 30 anni. I tuffi sono stati una scuola di vita, ringrazio sempre il papà, il mio primo insegnante. Ed io, ora, cerco di trasmettere quello che hai imparato agli altri”.

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dall’infamia alla lode Ogni anno si ripete l’assegnazione dei Premi Nobel a scienziati, letterati e personaggi pubblici che con il loro ingegno hanno contribuito allo sviluppo dell’umanità. L’ideatore del prestigioso riconoscimento fu Alfred Nobel che, tuttavia, rischiò di essere ricordato dai posteri in maniera spregevole. A salvargli l’onore e la vita fu, paradossalmente, una presunta morte. Ecco la sua storia...

Il mercante di morte è morto”. Peggior necrologio non potrebbe esserci per uno scienziato che ha dedicato tutta la propria vita alla ricerca, collezionando oltre 360 brevetti e un conto in banca milionario. Eppure furono proprio queste le parole dell’epitaffio con cui, nel 1888, un giornale francese annunciò la scomparsa di Alfred Nobel, inventore della dinamite e della balistite. Un articolo davvero esplosivo, verrebbe da dire, tanto più che si trattava di una clamorosa gaffe poiché il defunto era Ludvig Nobel, fratello di Alfred. Quest’ultimo, difatti, era vivo e vegeto ed ebbe la sventura di leggere quell’articolo che lo turbò profondamente. Solo in quell’istante Alfred Nobel comprese che i posteri l’avrebbero ricordato unicamente in termini spregiativi e fu così che cominciò a riavvolgere il nastro della propria vita. Rampollo di una facoltosa dinastia di industriali svedesi, Alfred Bernhard Nobel, era nato a il 21 ottobre 1833 a Stoccolma. La sua infanzia, tuttavia, la trascorse a San Pietroburgo dove il padre si era trasferito per lavorare nell’imponente industria bellica russa. Qui il giovane Alfred ebbe modo di seguire le lezioni private di eccellenti insegnanti, fra i quali il chimico russo Zinin che lo avviò allo studio della chimica. Da questa passione scaturì l’incontro a Torino con Ascanio Sobrero, il primo ad aver sintetizzato la nitroglicerina, composto chimico che a piccole dosi serve per cu-

rare l’angina pectoris ma che a concentrazioni maggiori risulta devastante per via della sua natura estremamente esplosiva. Nobel scoprì che per innescare l’esplosione bastava della polvere da sparo e iniziò a vendere questo composto col nome di “olio esplodente”. La nitroglicerina, tuttavia, presentava un inconveniente non di poco conto: era estremamente instabile e sensibile alle scosse; pertanto il rischio di farla esplodere inavvertitamente era sempre assai elevato. A farne le spese fu Emi, il più giovane dei fratelli Nobel, che il 3 settembre 1864 rimase ucciso da un’esplosione mentre era intento a condurre degli esperimenti. In seguito a questo tragico episodio Alfred si impegnò a stabilizzare la nitroglicerina, riuscendovi grazie all’utilizzo di farina fossile: correva l’anno 1867 e nasceva così la dinamite che avrebbe avuto largo impiego nell’industria mineraria e nell’edilizia, ma anche in campo bellico. Da qui l’accusa a Nobel di essere un “mercante di morte”, proprio come recitava il necrologio scritto erroneamente in occasione della morte del fratello Ludvig. Da quel giorno, però, Alfred cominciò a interrogarsi sulle possibili

Premi Nobel

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Alfred Nobel conseguenze delle sue scoperte, tormentandosi la coscienza e chiedendosi che cosa avrebbe mai potuto fare per garantirsi un ricordo onorevole, nonché duraturo, nella storia dell’umanità. Fu così che il 27 novembre 1895 decise di istituire il premio Nobel, un’onorificenza che di anno in anno avrebbe premiato gli scienziati distintisi, nei rispettivi campi e a livello mondiale, per ricerche volte ad apportare “considerevoli benefici all’umanità”. Le disposizioni testamentarie di Alfred Nobel – morto il 10 dicembre 1896 a Sanremo e traslato nel cimitero di Stoccolma, sua città natale – furono attuate per la prima volta nel 1901 allorché vennero assegnati i premi per la Pace, per la Letteratura, per la Chimica, per la Medicina e per la Fisica. Il premio per l’Economia, invece, fu introdotto solo nel 1969 su iniziativa della Banca di Svezia. La nomina dei premiati tradizional-


mente avviene nel mese di ottobre, mentre la cerimonia ufficiale di consegna del Premio si svolge il 10 dicembre, anniversario della morte di Alfred Nobel, presso la Sala dei Concerti di Stoccolma, ad eccezione del premio per la Pace la cui assegnazione, invece, ha luogo sempre il 10 dicembre, ad Oslo. Tra i premiati più famosi ricordiamo Marie Curie, Madre Teresa di Calcutta, Nelson Mandela e Barack Obama, senza contare enti quali l’ONU o la Croce Rossa Internazionale. Anche l’Italia si è fatta valere. Per la medicina il Nobel è stato assegnato a Camillo Golgi (1906) per un lavoro sulla struttura del sistema nervoso, all’italo-svizzero Daniel Bovet (1957) per aver scoperto che i geni agiscono come regolatori di determinati eventi chimici, all’italoamericano Salvador E. Luria per le scoperte sul meccanismo di replicazione e la struttura genetica dei virus, all’italoameriacano Renato Dulbecco (1975) per le scoperte concernenti le interazioni fra virus tumorali e il materiale genetico della cellula, a Rita Levi Montalcini (1986) per l’individuazione di fattori di crescita cellulare, all’italoamericano Mario Capecchi per le scoperte del principio per introdurre specifici geni nei topi tramite cellule staminali embrionali. Il Premio per la Pace è stato assegnato a Ernesto Teodoro Moneta (1907) in qualità di Presidente dell’Unione lombarda per la pace. Per la Letteratura vinsero Giosuè Carducci (1906), Grazia Deledda (1926), Luigi Pirandello (1934), Salvatore Quasimodo (1959), Eugenio Montale (1975), e Dario Fo (1997). Il Nobel per la fisica andò a Guglielmo Marconi (1909) per la telegrafia senza fili, ad Enrico Fermi (1938) per la dimostrazione dell’esistenza di nuovi elementi radioattivi prodotti da irraggiamento neutronico e per la relativa scoperta delle reazioni nucleari indotte da neutroni lenti, all’italoamericano Emilio Gino Segrè (1959) per la scoperta dell’antiprotone, all’italo-svizzero Carlo Rubbia (1984) per il contributo decisivo al grande progetto che ha portato alla scoperta delle particelle W e Z, all’italoamericano Riccardo Giacconi (2002) per i contributi alla teoria dei superconduttori e superfluidi. Per la chimica il Nobel fu assegnato a Giulio Natta (1963) per gli studi sui polimeri. Per l’economia, infine, nel 1985 fu premiato l’italoamericano Franco Modigliani per la sua analisi del risparmio e dei mercati finanziari. Quest’anno il premio Nobel per la medicina è stato assegnato a tre scienziati: a William C. Campbell e a Satoshi Omura per una terapia contro le infezioni provocate da parassiti; Tu Youyou è stata premiata, invece, per una scoperta sulla terapia antimalaria. Per la Fisica, con uno studio sulle oscillazioni dei neutrini, sono stati premiati Takaaki Kajita e Arthur B. McDonald. Il Nobel per la Letteratura è andato alla scrittrice e giornalista bielorussa Svetlana Alexievich, quello per la Pace al Quartetto per il dialogo nazionale tunisino che ha contribuito a costruire la democrazia in Tunisia. Il premio Nobel per l’economia, infine, è stato vinto da Angus Deaton per “la sua analisi su consumi, povertà e benessere”. E così anche per il 2015 la memoria di Alfred Nobel è stata degnamente onorata. (J.G.)

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 di Franco Zadra

INTERVISTA ESCLUSIVA

Dialogo Aperto con

Mons.

Viviani Viviani mons. Giulio, nato a Pinzolo 16.11.1956, ordinato sacerdote a Trento il 26.6.1981.Vicario parrocchiale nella parrocchia di San Vigilio a Trento fino al 1987. Parroco di Nomi dal 1987 al 1993 dove è stato anche presidente della Casa di Riposo e dell'Asilo d'infanzia. Presso l'Ufficio delle celebrazioni liturgiche del sommo pontefice dal 1993 al 2010. Ora è Incaricato di curia presso l'Ufficio Diaconato Permanente; Direttore Stat; Docente straordinario di liturgia presso lo Stat; Maestro per le celebrazioni liturgiche dell'Arcivescovo; Assistente diocesano dell'Azione Cattolica; Collaboratore per la stampa cattolica e assistente Ucsi; Docente di liturgia presso l'Istituto di Musica Sacra; Rappresentante dell'Arcidiocesi presso l'Osservatorio Beni Culturali Pat; Assistente Unione Diocesana Sacristi e addetti al culto; Assistente Regionale Settore Adulti Azione Cattolica Italiana - Delegazione Regionale Triveneta. Dall’autunno del 2013 al settembre scorso è stato anche Amministratore parrocchiale presso la parrocchia del Santissimo Sacramento di Trento;

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o incontriamo presso lo Studio Teologico Accademico di Trento di cui è direttore e subito c'accoglie e ci mette a nostro agio. Ha il volto sorridente e bonario di una Chiesa alla quale si può dare del “tu”.

Negli ultimi due anni di parroco a Nomi, hai frequentato l'Istituto Benedettino di Liturgia pastorale a Padova. «Per me è stato un grande dono, dopo dodici anni da che ero prete poter riprendere a studiare. Si studia con un'altra consapevolezza. Eravamo diversi preti di varie parti d'Italia e la materia mi è piaciuta molto poiché a Padova si fa una liturgia pastorale. In occasione di quel corso incontrai un sacerdote che avevo conosciuto per caso anni prima alla Mendola, dove facevo il cameriere l'estate, il quale lavorava presso la Congregazione per le Chiese Orientali. Mi disse che mons. Marini dell'Ufficio delle celebrazioni del papa cercava un aiutante. Così iniziò la mia avventura

nel settembre 1993. 12 anni con Giovanni Paolo II che era già papa da 15 anni e poi altri 5 con papa Benedetto che conoscevo da cardinale. A Roma per 17 anni lavorando nell'ufficio delle celebrazioni del papa e fungendo anche da cerimoniere». Un detto sentenzia che “chi va a Roma perde la fede”. Hai avuto questa esperienza? «Questa frase la portavo con me e ogni tanto ci pensavo, ma in Vaticano, preti, laici e religiosi lavorano con serietà e impegno. Ogni tanto scoppia qualche scandalo e come in ogni ambiente di lavoro si incontrano carrieristi, gente poco onesta, ma vedendo quanta gente correva là per pregare, per incontrare il successore di Pietro, scoprii la fede della gente semplice e non l'ho persa ma in un certo modo mi è aumentata. Mi ha aiutato anche la fede dei grandi. Quando avevo qualche dubbio, mi chiedevo: se ci ha creduto uno come Giovanni Paolo II, se ci ha creduto e ci crede

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uno come Benedetto XVI, vuol dire che forse qualcosa di vero c'è e forse vale la pena spendere la propria vita per questo». Ti senti un po' testimone dell'invisibile? «Sì. In questo senso sì. Anche nei viaggi quando il papa andava dai più poveri e dai più semplici, quante volte ho visto che il papa diventava testimone dell'invisibile. Vedevano in lui qualche cosa di più che egli come ogni sacerdote deve mostrare qualcun altro, Gesù Cristo. E i papi che ho conosciuto lo hanno saputo fare». Ma non c'è il rischio del culto della personalità? «C'è questo rischio e si vede soprattutto ora con papa Francesco, anche se è quello che i mezzi di comunicazione sociale più fanno passare. I papi sono consapevoli di questo rischio ma riescono comunque a mostrare qualcun altro. Ricordo le battute di Giovanni Paolo II quando veniva applaudito, diceva, “Grazie, questo era per me, adesso fatene uno per il Signore”». Papa Francesco ci sta mostrando una sorprendente capacità di rin-

novare la Chiesa. È diverso dai suoi predecessori? «In questo periodo stanno cambiando parecchi parroci in diocesi e ricordo quello che diceva un vecchio parroco, “è bene che ogni tanto il parroco cambi, così la gente nel volgere di alcuni anni ha davanti la figura di Cristo Pastore”. Così anche i papi, ognuno di loro ha le sue caratteristiche. Ciò che mi fa più paura è la sovra esposizione mediatica alla quale è sottoposto papa Francesco, ma già mi spaventava con Giovanni Paolo II. Questo pericolo non credo faccia bene, né al papa né alla Chiesa. Un pericolo che il papa sa gestire, ma il rischio è d'identificare la Chiesa con il papa. Il papa è nella Chiesa e in questo momento sta facendole fare un cammino vivendo lui per primo quello che le propone. Le sorprese erano anche nello stile di Giovanni Paolo II che ne inventava sempre una. Sono un modo per mostrare che la Chiesa c'è, è viva ed è attenta all'uomo d'oggi, alle situazioni dell'oggi, non si ferma nel passato. Già Giovanni XXIII diceva che la Chiesa non è un museo da conservare ma un giardino da coltivare. Proporre cose nuove, diverse, per raggiungere sempre il medesimo scopo di annunciare Gesù Cristo

e far crescere il Regno di Dio nel mondo e nella storia. L'approccio di papa Benedetto è stato forse più culturale mentre quello di Francesco è forse più sociale, popolare. Ma le estrazioni sono ben diverse. Ogni papa, assieme ai propri limiti personali, porta con se una valenza pastorale e la capacità di dire alla Chiesa quello che serve in quel momento». Tra i tuoi incarichi sei anche Assistente diocesano dell'Azione Cattolica. Che cos'è oggi l'AC? «In diocesi non è così grande come era in passato quando si contavano decine di migliaia di aderenti. Oggi sono poco più di cinquecento in una ventina di parrocchie, però è una presenza significativa. Ogni mese facciamo per tutto un sabato la giornata di spiritualità e formazione e non siamo mai meno di 70-80 persone. Poi ci sono le giornate unitarie diocesane e i gruppi nelle parrocchie dove s'incontrano ogni quindici giorni. Non sono le masse di un tempo ma è una realtà che ancora funziona». Sei impegnato anche con il diaconato permanente. «Anche qui non sono grandi numeri.

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Abbiamo 30 diaconi permanenti e 5 in preparazione. Sarebbe un ministero da riscoprire. Per questo vorrei a breve passare nei decanati a riproporre questa figura che è il ministero della soglia, come mi piace dire, cioè non è che non sia né carne né pesce, né prete né laico, ma entrambe le realtà. Partecipa dell'ordine sacro ma vive la stessa realtà del mondo. La carenza di preti diventa quindi un'occasione per vivere quello che non abbiamo accettato per amore, lo accettiamo adesso per forza, una realtà laicale molto più ministeriale, diaconale. Il diaconato ha un valore in se, ma in questi anni la provvidenza ci costringe ad accettare quello che già il Concilio Vaticano II diceva, con “le cattive” invece che con “le buone”». Come interpreti questo tempo di carenza di vocazioni? «Viviamo un tempo di crisi di risposte, ma in ogni ambito, quello religioso, matrimoniale e qualche volta anche nel mondo del lavoro. Vedo che la ricerca del lavoro che non c'è, si riduce

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spesso alla ricerca di uno stipendio, che al di là del procurarsi il giusto mezzo di sostentamento per la propria famiglia fa però del lavoro una parentesi nera che se si potesse evitare sarebbe meglio. Non si cerca più di realizzarsi nel lavoro e questo è tristissimo. Qualche cosa di simile succede anche con le vocazioni. Gli ordini religiosi stanno scomparendo, ma dovranno emergere modalità nuove di risposta più in linea con le attese del mondo d'oggi, sia dal punto di vista sociale che religioso». Lo Stat sta formando tanti laici per queste modalità nuove di risposta? «L'esperienza dello Stat ha una dimensione familiare dato il numero ridotto che non è quello delle università, così anche tra studenti e con i docenti si ha un rapporto molto più umano. Poi c'è l'aspetto accademico che qui da noi è indirizzato più in senso pastorale, cioè capace di rispondere alle esigenze

della Chiesa. Formare laici e pastori che abbiano a cuore la Chiesa in cui vivono. È bello vedere i seminaristi insieme con gli altri studenti crescere insieme per la stessa Chiesa. La pastorale è infatti la scienza di Cristo che ama l'umanità».


Economia GI e Felicità

Società OG  di Luisa Bortolotti

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a correlazione tra felicità e reddito è un argomento moderno, soprattutto perché stiamo vivendo una fase di grande crisi finanziaria la cui durata è piuttosto insolita. Si può perciò parlare di un evento di dimensioni epocali in cui sono incerti anche i modelli di sviluppo delle economie occidentali e di conseguenza si discute nuovamente su quali dovrebbero essere gli obiettivi delle politiche dei governi di ciascuna nazione. Nella prima Giornata della felicità, celebrata il 20 marzo 2013, l’ONU afferma che “un cambiamento profondo di mentalità è in atto in tutto il mondo. Le persone riconoscono che il progresso non dovrebbe portare solo crescita economica a tutti i costi, ma anche benessere e felicità”. Per anni si è ritenuto che la felicità coincidesse con il benessere economico materiale, ma oggi questo concetto è entrato in crisi anche per gli economisti. Ci si sta rendendo conto che il Prodotto Interno Lordo, per più di 70 anni usato come indicatore di benessere, poco dice su come effettivamente viva la gente; quindi il PIL

dovrebbe essere affiancato da altri indicatori. Ma cos’è la felicità? E’ da sempre l’obiettivo dell’intero genere umano: non c’è essere umano che non la desideri. Tale obiettivo viene inoltre riconosciuto all’interno delle Costituzioni di diversi Paesi. Ad esempio, la Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti del 1776, considera una verità ovvia che il perseguimento della felicità sia un diritto inalienabile, così come la vita e la libertà. Ne consegue che i governi dovrebbero predisporre le condizioni affinché ogni individuo possa potenzialmente raggiungerla. Gran parte della filosofia ha cercato di dare una definizione di che cosa sia una vita felice. In realtà non c’è una definizione, è molto soggettiva ed ognuno è libero di definirla come meglio crede: invece di cercare il suo significato, si può chiedere agli individui quanto si sentano felici. Si può infatti ritenere che siano

gli individui stessi i migliori giudici nel valutare quanto sino felici o infelici. I risultati così ottenuti possono essere confrontati con alcune variabili economiche come il reddito, la sede di lavoro, la disoccupazione e l’inflazione, dando luogo a considerazioni che accentuano o svalutano gli effetti economici sulla felicità. Da queste considerazioni potrebbe risultare più ragionevole adottare politiche di governo basate sul livello di soddisfazione dei propri cittadini, invece di concentrarsi prevalentemente sullo sviluppo e sulla crescita economica. Può essere un esempio il regno del Bhutan, piccolo stato montuoso dell’Asia nella catena himalayana. Questo stato sta fondando la politica del proprio Paese sulla promozione della felicità attraverso sondaggi rivolti ai propri cittadini: stima annualmente l’indice della Felicità Interna Lorda e la persegue come obiettivo delle proprie politiche pubbliche. Nonostante si possa essere contrari all’approccio bhutanese, forse lontano dalla cultura occidentale, bisogna riconoscere che esso dimostra che la ricerca sulla felicità prova a superare la visione restrittiva dell’indagine empirica che si limita a studiare solo ciò che è osservabile.

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t ei s i v ibil r e i n tp o s s im

LA MAGA

CIRCE

 di Adelina Valcanover

Perse, sorella di Eeta e di Pasifae . di e Elio di figlia a, grec logia mito a dell nità Circe (in greco. Κίρκη) Divi , da Circe. poi izione antica fissò nel promontorio del Lazio trad la che ίη) (Αἰα Eea isola a mitic a nell Dimorava . L’eroe, i i compagni di Ulisse, mandati a esplorare l’isola porc in rma trasfo . Circe ssea, l’Odi Nel eo. detto Circ e. per un bianze umane, vive amorosamente con Circ sem i a pagn com dei e uzion restit la nuto se dopo aver otte ne leggende volevano che da Ulisse Circe. aves Alcu igli. cons suoi dai gnato mpa acco e part anno, dopo di che C. con l’origine di stirpi e città italiche; il gano colle nti rece più Miti e. padr il e uccis avuto Telegono , che poi nauti. (Tratto dall’Enciclopeida Treccani) Argo degli ciclo nel e part e anch ha gio onag pers

Kalimera ka Adelina. Kalimera ka… Buongiorno, signora… Mi perdoni, ma io proprio non la conosco e il suo saluto è l’unica cosa che so in greco. Non ho fatto il classico. Non importa, parlo in italiano e così ci capiscono. Vede, anzi vedi, Adelina io sono qui per una intervista. Vorrei una cosa informale, quindi diamoci del tu. Sono Circe. La maga Circe. Quella famosa per trasformare gli uomini in porci? Suvvia non essere banale, per favore! So che tu hai fatto ricerche anche sul poema di Omero: l’Odissea. Dove hai mai trovato scritto la definizione maga? Hai ragione, non sta scritto da nessuna parte, però tutti ti definiscono maga. Mi sorprendi, proprio tu fai questi commenti! Perché non dici invece che i canti IX-XII dell’Odissea sono i più belli, artisticamente parlando, per le immagini create, la sonorità del verso e proprio lì si introduce un nuovo schema narrativo del tutto originale? Sì, ma ammetti: in fondo tu fai magia, che non va confusa con la superstizione, che è altra cosa. Magia significa sapere. Per esempio i Magi... Che altro non erano che un gruppo et-

nico. Ma sarebbe storia lunga da spiegare e non credo che i lettori siano interessati a una conferenza su questo aspetto. Ammettiamolo pure anche se ci sarebbe da fare dei distinguo. Ne ha parlato Erodoto e ci hanno studiato sopra in tanti e poi ci si sono messe le religioni monoteiste a fare la loro parte osteggiando pesantemente la magia e a volte difendendola… Insomma di tutto e di più. Va bene racconta del tuo incontro di Ulisse. Com’era? Vedi, mia cara, era un uomo sul serio,

intelligente, molto! E io rispetto chi usa la testa con finezza. Lui passa per uomo astuto e questo termine ha una connotazione negativa, mentre Odisseo, permettimi di chiamarlo col suo nome originale, era un uomo vero. E avete avuto una grande storia, come racconta Omero. Sì, hai ragione, ma evitiamo di banalizzare. La nostra fu una gran bella storia e siamo stati bene insieme, ma come ogni cosa ha una fine, lui voleva tornare in patria e io l’ho lasciato andare, naturalmente. Saggia decisione, del resto era un re, di una piccola isola è vero, ma per lui Itaca era la sua casa, per non parlare della moglie che lo aspettava da tanto e il figlio che lo aveva visto partire che era un bambino. Ah, gli eroi! Quelli che vanno alla guerra scatenata per una sciocchezza! Miserie e piccinerie e grandezze eroiche… gli dei che mettono becco in tutto, anzi ci si sono divertiti a giocare, tanto loro erano immortali, e degli uomini si arrangiassero. Loro pensavano a regolare certe inimicizie. Un modo tragico e distruttivo di trattare l’umanità. Erano così: viziati, stizzosi, vendicativi, superbi, supponenti, fedifraghi… o ingenui e buontemponi, secondo l’estro del momento. Era l’Olimpo.

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Hai ragione, Ulisse, grande navigatore, racconta le sue avventure ad Alcinoo e Arete alla corte dei Feaci e parla dell’incontro con i Ciclopi, i Lestrigoni… Eolo il dio dei venti, i Lotofaghi che sono i morti-viventi, perché hanno perso la memoria e dunque la loro identità, per non parlare delle Sirene, e l’arrivo all’Isola del Sole dove si perderà definitivamente… Ah, Odisseo era un fantastico narratore. Ne so qualcosa! Ma anche di me ha raccontato in modo meraviglioso. Come sai quando arrivò alla mia isola, lasciò andare avanti i suoi uomini e lui si attardò sulla nave. Ma sappiamo anche che i suoi marinai erano indisciplinati e non sempre gli davano ascolto. Più volte si trovarono nei guai proprio per questo. Una di queste si potrebbe dire che fu quando arrivarono da te e li trasformasti in porci. Certamente. Ho la capacità di trasmutare gli uomini in animali e comunque di soggiogarli al mio volere. Sai qual era il mio divertimento in questo senso? Trasformarli secondo la loro natura. Secondo te, quale animale era maggiormente rappresentato? Il porco, evidentemente. Vorresti dire che gli uomini che arrivavano fino a te erano tutti degli emeriti… Te l’ho detto, io non facevo altro che

dare loro la forma animale, di quelle bestie che erano. Comunque, tutto porta a te. Un uomo acuto come Ulisse ha commesso anche leggerezze e imprudenze. Questi errori lo portano lontano dalla patria… Era un uomo! Comunque adesso ti racconto come andò quando venne da me. Dopo aver trasformato i suoi uomini in porci, aspettavo l’arrivo dell’eroe, ma Euriloco, uno di loro non era entrato da me aveva visto tutto e corse ad avvisare Odisseo. Inoltre incontra quel guastafeste di Ermete che gli da un’erba la “moly” che lo protegge dai miei filtri e in più lo avverte di quello che gli sarebbe successo. E quando lo toccasti e vedesti che non si trasformava allora tu a Ulisse hai detto: Ma orsù, riponi la lama nel fodero e tutti e due saliamo sul letto, perché congiunti nel letto e in amore ci si possa l’un l’altro fidare.

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E lui ha acconsentito evidentemente, del resto Omero ti ha descritta “dai riccioli belli”, “esperta in filtri”, “dea tremenda con voce umana”. Certamente, in fondo l’ho sedotto comunque, e sul mio letto ci è salito perché lo trovava straordinariamente “invitante”, ma prima mi ha fatto fare un solenne giuramento e cioè di liberare i suoi compagni. In altre parole lui ha avuto un vantaggio non indifferente se ci pensi, tramite Ermete e l’erba ‘moly’ ed io il giuramento l’ho mantenuto e anzi, ho ritrasformato i suoi compagni molto migliori di prima! “Dea tremenda”, ma con slanci di vera generosità e straordinariamente umana nel senso più grande del termine. Una gran donna. Sei riuscita a esserlo anche nella sconfitta. Davvero mi complimento con te. Grazie per avermene dato atto. Del resto quando se ne è andato l’ho aiutato con suggerimenti e indicazioni. Non si deve mai trattenere chi vuole andarsene. È stato bello finché è durato, come si dice. Adesso se permetti io mi congedo. Ti lascio un pizzico di magia. Ma non credo ti serva. Se qualche lettore di Valsugana News volesse passare da me, sarà il benvenuto. Odissea di Omero IX-XII cap. La ragione e l'occulto - La filosofia di fronte a scienza e magia di Federico Pastore

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RITRATTO DI

DORIAN GRAY Intervistando oggi per strada i trentini e chiedendo loro “cosa ne pensi di Dorian Gray?”, c’è chi risponderebbe “ è il protagonista del romanzo di Oscar Wilde”, oppure “è quel film il cui protagonista è un giovane ragazzo che non vuole invecchiare e stipula un accordo con il diavolo, per far invecchiare al suo posto la tela che lo ritrae”.Vorrei esistesse la macchina del tempo, per poter tornare indietro di poco più di mezzo secolo, per intervistare gli italiani dei primi anni ’60 perché loro risponderebbero in maniera decisamente diversa!

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hi ha vissuto negli anni ’50 e ’60 mi racconterebbe di una giovane ballerina che ha preso parte al teatro di Rivista, narrerebbe di una fascinosa diva del cinema, delle sue apparizioni sui giornali dell’epoca, dei suoi molteplici ruoli di attrice e dei cartelloni cinematografici che la vedevano protagonista. Dorian Gray è infatti lo pseudonimo dell’attrice Maria Luisa Mangini, nata a Bolzano il 2 febbraio 1928, il padre Attilio era dipendente statale, mentre la madre, Flora Divina era originaria di Borgo Valsugana. Si trasferisce nel ’38 a Pesaro, studia danza alla Scala e nel 1950 partecipa alla rivista “Votate per Venere” accanto a Macario e Gino Bramieri. Bellezza e talento la fanno notare, e nel 1952 Giovannini e Garinei la scelgono per accompagnare Wanda Osiris e Alberto Sordi nella rivista “Gran baraonda”, l’anno successivo le viene

 di Chiara Paoli

assegnato il titolo di "Diva dell'anno" dal Club della Passerella per la sua partecipazione a "Made in Italy", assieme alla coppia Osiris e Macario, dove l’attrice bolzanina canta “La postina della Val Gardena” di Kramer; continua con il teatro di rivista recitando assieme a Raimondo Vianello e Ugo Tognazzi in “Passo doppio”. E’ il 1951 quando compare nei panni di Vandina, la cantante del night club in “Amo un assassino”, film drammatico diretto da Baccio Bandini per la Lux Dorian Gray ritratta da Chiara Samugheo Film; dello stesso anno è la commedia “Il mago per forza” di Marino Girolami, Marcello Marchesi e lippo, dapprima recita nel film “Totò Vittorio Metz. Peppino e i fuorilegge”, poi Dorian Mario Mattoli nel 1951 la recluta per Gray veste i panni della fatale "sedutben tre film: il primo è “Vendetta... trice" in "Totò, Peppino e la... malasarda”, segue il ruolo di amichetta del femmina" e di cantante di night club commendator Cocciaglia in “Anema e in “Totò lascia o raddoppia?” tutti fircore” e quello di Margot, figlia del mati da Camillo Mastrocinque. Conte Borracilo che la vuole dare in L'anno seguente viene scelta da Fedesposa ad un principe indiano per recu- rico Fellini per interpretare Jessy, la belperare la ricchezza dissipata in “Acci- lissima amante di Alberto Lazzari, divo denti alle tasse!!”. del cinema interpretato da Amedeo Una doppietta cinematografica nel Nazzari in "Le notti di Cabiria". 1952 con la partecipazione al film bi- Nel film drammatico "Il grido" di Miblico “La regina di Saba” di Pietro Fran- chelangelo Antonioni è la benzinaia cisci e al film di Marcello Marchesi e Virginia, di cui si infatua Aldo, operaio Vittorio Metz “Lo sai che i papaveri”. lasciato dalla compagna che non riesce La svolta avviene nel 1956 in seguito al- più a trovare il suo posto nella comul’incontro con Totò e Peppino De Fi- nità e muore infine suicida. Nel 1958

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Franca Valeri insieme a Franco Delli Guanti e Ludovico Maillet Dorian Gray conquista il Nastro d'argento come migliore attrice non protagonista nel ruolo di Ornella in "Mogli pericolose" e l’anno seguente è con Walter Chiari nel cast di “Le sorprese dell’amore” entrambi di Luigi Comencini. Il 1960 vede l’attrice nelle vesti di Antiope, “La regina delle Amazzoni” di Vittorio Sala e recita a fianco dell’istrionico Vittorio Gassman ne “Il Mattatore” di Dino Risi. L’anno successivo è al fianco di Vittorio De Sica nei panni di Lauretta nel film “Gli attendenti”, e prende parte ad un cast di grande respiro in "Crimen" di Mario Camerini, commedia all’italiana del 1961 con Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Nino Manfredi e Silvana Mangano in cui Dorian Gray interpreta Eleonora, la moglie trascurata di Al-

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berto Franzetti, che ha dissipato al gioco buona parte dei suoi averi. E’ in questo periodo che viene stregata dal giornalista ed editore Arturo To-

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fanelli, che consacra l’attrice bolzanina, attraverso le copertine della rivista “Il Tempo” e sostenendo la sua carriera cinematografica partecipando con la Tempo Film alla produzione di diversi film nel cui cast compare Dorian Gray. E’ del 1962 “Marcia o crepa” di Frank Wysbar con Stewart Granger, produzione internazionale, che mette insieme Italia, Germania e Spagna, primo film a trattare apertamente lo scottante tema della guerra d'Algeria. Nel 1963 dalla relazione con il giornalista toscano, nasce un figlio, Massimo Arturo Tofanelli, Comparirà ancora in alcune pellicole, come nella commedia “Avventura al Motel” del 1963 con la celebre coppia Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, e ancora in “Thrilling” nel 1965 con i celebri Nino Manfredi, Walter Chiari e Alberto Sordi. La sua ultima compari-

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zione risale al 1965 quando interpreta “I criminali della metropoli”, diretto dal cugino Gino Mangini e a cui prende parte Giancarlo Giannini al suo debutto cinematografico. L’attrice fa costruire una villa a Torcegno, vicino al paese natale della madre, dove vive lo zio materno Ermete Divina e qui decide di ritirarsi dalle scene per crescere il figlio Massimo Arturo Toffanelli. Maria Luisa Mangini, dopo il grande successo ripudia completamente il mondo dello spettacolo e taglia ogni rapporto con i personaggi che ha conosciuto e con cui ha lavorato. Nel fiore degli anni e della bellezza, dopo tanti ruoli si rende forse conto di aver mancato l’unico ruolo importante della sua vita, quello di moglie. L’ineluttabilità del tempo, il vedersi invecchiare, nonostante lo pseudonimo scelto proprio per quell’ideale di bellezza e giovinezza che riesce a permanere a discapito di un ritratto, inducono la donna a togliersi la vita nella sua casa in località Mocchi il 15 febbraio del 2011.

Dorian Gray ritratta da Chiara Samugheo A memoria della grande diva del cinema, la mostra “Chiamatemi Divina” che il Centro culturale “La Firma” ha allestito a Riva del Garda, dal 22 agosto al 9 settembre nella galleria Civica “Craffonara” e che i curatori Franco Delli Guanti e Ludovico Maillet ripropongono a Torcegno, dal 24 ottobre all’8 novembre presso il Centro Lagorai Natura. Un sentito ringraziamento a Chiara Samugheo per la gentile concessione delle foto e a Franco Dalli Guanti per la cortese e preziosa collaborazione.

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La Riforma del Senato e le altre novità Con il disegno di legge (ddl) Boschi approvato in Senato nei giorni scorsi il via alla riforma del Senato e del titolo V della Costituzione. 179 i voti a favore, 16 i contrari e 7 gli astenuti della votazione che a Palazzo Madama ha dato il via alla riforma del Senato. Il ministro delle Riforme e dei Rapporti con il Senato, Maria Elena Boschi, ha definito questo ddl una legge costituzionale che darà origine a “un paese più semplice: meno parlamentari a Roma, meno soldi ai consiglieri regionali, meno poteri al Senato che non sarà più un doppione della Camera”.

Il Ministro Maria Elena Boschi

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ADDIO AL BI CAMERALISMO Ma in cosa si traducono queste novità e semplificazioni? Molti i punti toccati dal disegno di legge. Prima tra tutti la fine del bi Cameralismo perfetto, una condizione che ha accompagnato per decenni la storia della Repubblica Italiana e che giungerà al capolinea quando infine la riforma verrà attuata. Con la modifica dell’articolo 55 della Costituzione le funzioni di Camera e Senato si distingueranno nettamente. La Camera, composta da 630 deputati, avrà in esclusiva il compito di rappresentare la Nazione e sarà incaricata dei rapporti con il Governo. Sarà compito di quest’assemblea fornire l’indirizzo politico e controllerà il lavoro del Governo. Inoltre, la funzione legislativa e l’approvazione delle leggi saranno materia esclusiva della Camera. IL NUOVO SENATO Quale il nuovo ruolo del Senato rivisto e ridimensionato? Salta agli occhi, in primo luogo, la riduzione del numero dei senatori, che passeranno da 321 a 100. Compito di questi sarà la gestione del territorio. Materia legislativa del Senato - assieme alla Camera - saranno infatti le questioni territoriali, con la gestione dei rapporti tra regioni, Italia ed

 di Elisa Corni

Europa. Sempre in questa chiave di rappresentanza del territorio, il Senato si occuperà delle questioni relative alle minoranze linguistiche, ma anche delle leggi relative ai Comuni e alle Città Metropolitane. RAPPRESENTANZA DEL TERRITORIO Il Senato non perderà tutte le sue funzioni in merito all’approvazione delle leggi, ma si occuperà di ambiti specifici. Questo perché il nuovo Senato delineato nella Riforma Boschi, sarà composto dai rappresentanti territoriali. Dei 100 che sederanno nell’aula di Palazzo Madama, 74 saranno consiglieri regionali e 21 saranno sindaci di città italiane. Sulle norme di elezione di questi, il disegno di legge non è esplicito, anche perché è una delle questioni più controverse. In linea di massima per ora è stato stabilito che “i consiglieri sono eletti dai consiglieri regionali in conformità alle scelte espresse dagli elettori”. In sintesi, quindi, si seguiranno gli andamenti delle elezioni regionali per la rappresentanza in Senato. Gli altri 5 Senatori, invece, saranno di nomina del Presidente della Repubblica. Potranno sedere sugli scranni per 7 anni e non potranno essere rieletti. In merito ai Senatori a vita, le cariche di quelli nomi-


nati andranno ad esaurimento: Mario Monti, Elena Cattaneo, Renzo Piano e Carlo Rubbia manterranno la loro carica. Invece rimarrà invariata la carica di Senatore a vita per gli ex presidenti della Repubblica. Spariscono infine i 6 seggi previsti per gli attuali eletti all’estero. INDENNITÀ E RIMBORSI SPESE Oltre al numero di Senatori ridotto, un’altra novità permetterà di contenere la spesa pubblica. Infatti per chi occupa i seggi di Montecitorio le indennità rimarranno, mentre i Senatori dovranno dire addio alle indennità connesse al loro ruolo. I consiglieri regionali eletti a Palazzo Madama non riceveranno una ‘paga’ più alta. Non è ancora chiaro però se avranno accesso a rimborsi spese, per i quali si attingerà dai fondi del Senato stesso. CHI APPROVERÀ LE LEGGI Per quanto riguarda l’approvazione delle leggi, il Senato della Repubblica immaginato dal ministro Boschi mantiene un ruolo solo in alcuni ambiti: in

materia di regioni il voto del Senato è obbligatorio per l’approvazione delle leggi. Come pure per quanto riguarda le leggi di revisione della Costituzione, le leggi sulle minoranze linguistiche, quelle sui referendum popolari e quelle che determinano l’azione di Comuni e Città Metropolitane. I Senatori non avranno più il potere di bloccare il percorso di una legge approvata dalla Camera. Sarà invece loro potere proporre delle modifiche, purché approvate da almeno un terzo dei senatori e proposte entro dieci-quindici giorni dall’approvazione alla Camera. I deputati potranno però ignorare queste modifiche, ma in caso di competenze legislative delle regioni o leggi di bilancio, la Camera dovrà avere la maggioranza assoluta per rigettare le modifiche proposte dai Senatori. Infine, il nuovo Senato non avrà più potere nella dichiarazioni di stato di guerra, non potrà legiferare su amnistia e indulto e sarà escluso dai

A centro il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con il Presidente del Senato Pietro Grasso e la Presidente della Camera Laura Boldrini trattati internazionali che non riguardano l’Unione Europea; questa rimane materia anche del Senato. Insomma, l’approvazione delle leggi sarà in linea di massima compito della Camera dei deputati. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Con la Riforma Boschi cambiano anche le modalità di elezione e i compiti del Presidente della Repubblica. All’elezione del successore di Sergio Mattarella non parteciperanno i 59 delegati delle regioni coinvolti prima della ri-

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forma. Incaricati di questo compito saranno esclusivamente i deputati e i Senatori. Inoltre il quorum per l’elezione è stato alzato. Non nelle prime tre votazioni, dove rimane fissato al 66%, ma nelle successive: dalla quarta alla sesta viene alzato di dieci punti percentuali (dal 50 al 60%) e dal sesto scrutinio in poi non basterà più la maggioranza degli aventi diritto, ma si passerà alla maggioranza dei tre quinti dei votanti. Infine, per quanto riguarda i rapporti tra Presidente, Camera e Senato, la possibilità di sciogliere il Senato non sarà più uno dei poteri della prima carica dello Stato; il Presidente potrà sciogliere solo la Camera dei deputati.

CAMBIANO ALTRI ARTICOLI DELLA COSTITUZIONE Altri articoli della Costituzione sono stati modificati da questo disegno di legge. Ad esempio il 117, che determina i compiti dello Stato e quelli delle Regioni. Viene meno la sovrapposizione degli ambiti d’azione per le due entità. Lo Stato acquisisce la possibilità di legiferare su alcune delle competenze che prima erano regionali. Si tratta dei temi generali delle assicurazioni, della concorrenza, della previdenza complementare e integrativa, della tutela e sicurezza sul lavoro, della protezione civile, dei beni culturali e del turismo. Le Regioni, invece, manter-

ranno il ruolo di legislatori negli ambiti ristretti della salute, della sicurezza alimentare, delle politiche sociali e dell’istruzione. Anche l’articolo 71, in merito alle Leggi di iniziativa Popolare, ha subito pesanti modifiche. Non basteranno più cinquantamila firme, ma ne occorreranno centocinquantamila per proporre una legge. In compenso compare l’assicurazione che le proposte di legge saranno discusse e votate dalla Camera, clausola che prima non esisteva. Nell’articolo 55, invece, fanno la loro comparsa le quote rosa: le leggi di elezione di Camera e Senato dovranno “promuovere l’equilibrio tra donne e uomini”. PROVINCE E ITER Infine, con il ddl Boschi spariscono le Province: gli enti territoriali passano così da cinque a quattro - Comuni, Città Metropolitane, Regioni e Stato. Insomma, sono molti i cambiamenti in vista. Ma la strada è ancora lunga. Prima che il ddl diventi legge, dovrà tornare alla Camera per essere nuovamente discusso e approvato, per poi essere riletto tanto a Palazzo Madama quanto a Montecitorio - sedi rispettivamente di Camera e Senato - e infine, trattandosi di materia costituzionale, dovrà passare attraverso il necessario referendum confermativo.

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Inaugurata la Biblioteca del Centro Studi sulla

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Storia dell'Europa Orientale

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 di Elisa Corni

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uando si varca la soglia della nuova biblioteca del Centro Studi sulla Storia dell'Europa Orientale (CSSEO) sembra di fare un salto in un altra dimensione. Ogni superficie dell’appartamento di Viale della Stazione 18 a Levico Terme è letteralmente ricoperta di libri. Gli scaffali partono da terra e arrivano fino al soffitto. Nulla di nuovo, si potrebbe pensare, in fin dei conti è una biblioteca. Ma se ci si avvicina ad uno scaffale ci si rende conto che i libri sono scritti in lingue ‘strane’: dorsi in cirillico si accompagnano a libri ingialliti con gli ideogrammi cinesi o con titoli in polacco. Il CSSEO è nato sul finire degli anni Novanta. “Era il 1997 - spiega Fernando Orlandi, direttore del centro di ricerca quando assieme a Massimo Libardi e a Jan Woś siamo andati da un notaio e dato vita a questo centro di studi proprio a Levico Terme”. Un centro che negli anni ha realizzato molte attività: pubblicazioni, eventi, conferenze e convegni. Il più famoso è stato forse quello del gennaio del 2000 sulla Rus-

sia dopo Eltsin. Famoso e fortunato: organizzato già l’estate prima, coincise con le dimissioni, pochi giorni prima del convegno, dell’allora presidente russo. Come indica il nome, in quel di Levico ci si concentra sulla storia dell’Europa Orientale, ma non solo. La passione di Orlandi nasce in Cina; “Ero a Hong Kong a fare il dottorato e avevo bisogno di un dizionario. Ma all’epoca - erano gli anni Ottanta - gli unici due fatti bene erano quello di Giapponese-Cinese e di Russo-Cinese. Ho pensato che il russo fosse più semplice, e così ho imparato anche quella lingua”. Lingua che oggi gli è molto utile per proseguire i suoi studi e le sue ricerche. E che nella nuova biblioteca è quasi necessaria dato che moltissimi volumi sono proprio in russo. “Penso che qui ci siano testi scritti in almeno trenta lingue diverse. La nostra politica è sempre stata quella di raccogliere quanti più possibili testi in lingua originale”.

Fernando Orlandi Oltre cinquantamila i volumi della biblioteca, e alcune migliaia di libri e documenti digitalizzati o fotocopiati sono conservati negli armadi e sui ripiani delle librerie; molti sono difficili da reperire altrove. Ad esempio, sulla scrivania dello studioso spicca un testo in cinese, la copertina rovinata con il volto di Mao Tse-tung disegnata su sfondo rosso. “Questo esemplare è probabilmente l’unica copia di questo libro uscita dai confini della Cina”, spiega Orlandi. E non è l’unico esempio. Alla

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sua destra un armadio con all’interno decine e decine di volumetti con copertina monocromatica gialla, arancione o rosa. “Si tratta di un fondo molto raro. È il fondo del Foreign Broadcast Information Service (FBIS) voluto nel 1941 dal Presidente americano Roosevelt. Ogni giorno i servizi dell’intelligence americana raccoglievano articoli di giornale e trascrizioni di trasmissioni radiofoniche - alle quali con il passare degli anni si sono aggiunte le trasmissioni televisive e ciò che è pubblicato in

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rete - provenienti da tutto il mondo. Li traducevano e li raccoglievano e pubblicavano in questi volumi suddivisi per area geografica. Quando fu fondato il FBIS controllava la Germania Nazista, durante la Guerra Fredda si monitoravano la stampa e l’opinione pubblica dei paesi sovietici. Oggi la loro attenzione è tutta concentrata sui paesi islamici”. Il fondo che si trova nella nuova biblioteca copre gli anni dal 1974 al 1993, ed è molto utile per ricercatori e studiosi. Innanzitutto perché in pochi

volumi si ha la possibilità di trovare moltissime informazioni, già selezionate perché interessanti e disponibili già in lingua inglese. I libri della biblioteca sono stati acquistati dal team di studiosi nel corso degli anni, ma non solo. “Alcuni sono lasciti di fondi provati e personali. Forse riceveremo in donazione il fondo del giornalista Valerio Riva”. Insomma, conoscenti e amici, studiosi e ricercatori sono la linfa vitale della biblioteca, che con sempre meno fondi a disposizione ha dovuto ridurre drasticamente l’acquisto di libri. Scendendo due rampe di scale, si arriva alla cantina, dove in moltissimi compattatori si nascondono tesori inestimabili: intere collezioni di riviste e quotidiani, alcuni dei quali di stampa clandestina; libri e saggi sul comunismo; testi di propaganda. “Tutto dovrà essere catalogato e riordinato” continua lo storico “e ognuno di noi cerca di dare quanto può a questo progetto. Siamo volontari, guidati dalla passione. Sarebbe un crimine non continuare a raccogliere, preservare e rendere fruibile tutto questo materiale”.




ITALIA: mercato del lavoro

e differenza di genere D

ando uno sguardo al mercato del lavoro nel contesto italiano rispetto al restante quadro internazionale emerge una dinamica interessante, dove l’Italia si distingue per una situazione del mercato del lavoro caratterizzata da notevoli differenze di genere a svantaggio della popolazione femminile. In generale, il livello di partecipazione al mondo del lavoro è tra i più bassi d’Europa; parliamo di cifre pari al 62,5% contro per esempio il 79,8% della Danimarca. Interessante notare come il gap dell’Italia con gli altri Paesi

diviene ancora più evidente se si considera la componente femminile della popolazione, dove rispetto alla media europea la differenza “ tra i tassi di attività è di 3,2 punti percentuali per gli uomini e 12,1 punti percentuali per le donne (50,4 % per l’Italia contro il 62,5% delle media dei paesi dell’Unione Europea)”. Compare una problematica, che dall’avvento della società, da società agricola a società moderna e post-moderna, ha

contrassegnato il corso della storia del mercato del lavoro e dei ruoli di genere. Seppur non possiamo parlare propriamente di mercato del lavoro fino al tempo dell’industrializzazione, da sempre la storia dell’uomo, per natura e sopravvivenza, ha parlato di divisione del lavoro. Divisione che accompagna anche una diversificazione di ruoli a seconda del genere femminile e maschile, nonostante nel corso del mutamento sociale la linea occupazionale tra uomo e donna è andata a demarcarsi. L’Europa, all’inizio del millennio, si è presentata con società uniformi contraddistinte da un’attività economica basata sulla coltivazione di terre e allevamento di animali. E, in tale contesto, si è osservato una limitata divisione di lavoro tra il genere ( attività domestica e produzione sul mercato condivisa tra uomo e donna). Dal 1500 la società europea inizia a mutare. Si parla di lavoro salariato rurale (l’uomo esce dalla famiglia e lavora in un economia di mercato formale), di crescita del commercio, di innovazioni sociale e con ciò inizia ad emergere il modello “male-breadwinner”, rappresentante una divisione sostanziale tra uomo donna, dove il primo entra nel mercato

 di Patrizia Rapposelli

del lavoro, mentre la seconda è responsabile della gestione della vita domestica. Differenziazione di ruoli che diviene più marcata con la nascita dello stato moderno, in cui è evidente un economia formale esterna che si allarga ad ambiti più specifici, dall’istruzione alla produzione di prodotti, e un’attività domestica data dalla cura dei figli e della casa. L’uomo impegnato all’esterno e la donna nell’ambito famigliare creano un equilibrio che diventa sempre più precario nel momento in cui la donna entra nel mercato dell’occupazione e si trova a dover conciliare ruoli diversi e crescenti carichi di lavoro. Tutto questo per dire che osservando in generale il contesto internazionale, nonostante un ruolo moderno della donna, la quale deve conciliare, di norma, due attività, non nota un tasso di occupazione così diverso da quello dell’uomo. Cosi’ non è in Italia. Le donne hanno ottenuto la possibilità di limitare la differenziazione di ruolo, ma nonostante le politiche di “ conciliazione” il tasso di occupazione delle stesse nel mercato formale decresce all’aumentare del numero di figli in famiglia. Età post-moderna dall’assenza di divisione, ad un equilibrio, alle possibilità per le donne, a un mercato del lavoro caratterizzato da differenze di genere a svantaggio della popolazione femminile.

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I DISTURBI DELL'APPRENDIMENTO

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n Italia studi specializzati stimano che circa il 3-5% della popolazione in età scolastica presenta un disturbo dell'apprendimento. Se ci soffermiamo a pensare un attimo sembra facile ma,

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per imparare delle nuove abilità, memorizzare delle nuove informazioni, elaborare, utilizzare i dati che già sono nella nostra memoria è necessario far entrare in gioco più funzioni cognitive di quanto possiamo pensare. Essendo dei processi a cascata se un "passaggio" funziona male, ha delle ripercussioni sul resto dello svolgimento. E questo come si traduce nella vita quotidiana? Chiediamoci che cosa può succedere se oltre la normale complessità dell' avventura scolastica si affianca una reale difficoltà? Se non riesco a leggere correttamente, come farò a capire? E se non riesco a comprendere totalmente il brano che l'insegnante mi ha assegnato per casa, come farò a stu-

 di Erica Zanghellini

diarlo? I Disturbi Specifici dell'Apprendimento (DSA) possono riguardare un ambito specifico, come ad esempio l'ambito della lettura oppure della scrittura o ancora del calcolo e si manifestano come una difficoltà significativa nell'acquisizione e utilizzazione di quest'ultime. E' importante sottolineare però che spesso nell'ambito clinico si incontrano più frequentemente un'associazione di queste difficoltà, si tratta comunque di disturbi distinti, con caratteristiche ben definite. L' anomalia compromette il regolare apprendimento e ha dei risvolti oltre che scolastici anche nella vita quotidiana nel caso in cui sia richiesto l'uso di tali abilità. Non si devono poter identificare cause organiche che potrebbero spiegare meglio queste problematicità. Vanno infatti, escluse deficit sensoriali (ad esempio dell'udito o della vista) e ritardi cognitivi. Il processo diagnostico comprende test specifici volti ad accertare lo stato degli apprendimenti delle abilità strumentali, il funzionamento cognitivo e neuropsicologico nonchè l'ambito emotivo. Ricordiamoci che anche se due bambini/ragazzi presentano lo stesso disturbo la sua manifestazione può essere differente. Ogni situazione è diversa per


cui occorre fare un lavoro ad hoc di recupero per compensare gli ambiti di difficoltà. Le risorse del bambino, sono fondamentali e l'intervento deve essere unico e personalizzato. Non esistono ricette precedentemente confezionate o "bacchette magiche" che possono risolvere indistintamente qualsiasi difficoltà o situazione. Ma quali sono i disturbi dell'apprendimento che il bambino/ragazzo può incontrare: 1) Dislessia: la principale caratteristica è un disturbo della decodifica della lettura, sia per il parametro velocità che per quello dell'accuratezza. La lettura quindi apparirà lenta e/o con molti errori. 2) Disortografia: con questo termine si intende il disturbo specifico della scrittura in relazione alla correttezza di quanto prodotto, per esempio errori frequenti possono riguardare sostituzioni di specifiche lettere come "m" o "n" o errori nei raddoppiamenti ecc... 3) Disgrafia: anche in questo caso si parla di scrittura, ma il nodo centrale

sono le abilità grafomotorie che ci permettono di produrre un tratto grafico più o meno comprensibile, nel caso appunto di questa difficoltà la leggibilità di tale scrittura risulta molto faticosa se non incomprensibile. 4) Discalculia: difficoltà che i bambini incontrano con i numeri e la matematica in generale, nello specifico si fà riferimento a un disturbo del sistema dei numeri e del calcolo. Alcuni studi del settore hanno rilevato alcune caratteristiche che sembrano invece accumunare la maggiorparte dei bambini/ragazzi che presentano questi disturbi, sono difficoltà lievi o moderate di automatizzazione dei processi dei vari apprendimenti e spesso nella consapevolezza fonologica, cioè del suono delle parole. Altro punto importante riguarda la possibile presenza di difficoltà coordinative o di motricità fine, difficoltà organizzative, di comprensione del testo scritto e nell'acquisizione delle sequenze temporali.Un'osservazione attenta e mirata può permettere l'identificazione già

dai primissimi campanelli d'allarme. L'identificazione precocemente è un obiettivo fondamentale per la prevenzione. La terapia migliore in questi casi è quella multimodale, cioè mirata al bambino con riabilitazione neuropsicologica e dove ce ne sia necessità terapia supportiva/espressiva dell'autostima ed emotiva, attuazione di strategie specifiche e personalizzate su indicazione clinica per l'ambito scolastico e per casa.

Dott.ssa Erica Zanghellini Psicologa-psicoterapeuta Riceve su appuntamento Tel. 3884828675

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I SANTINI storia di una famiglia perginese emigrata in Brasile

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i sono viaggi che non sono partenze, ma dolorosi addii, in cui si abbandona tutto ciò che si ha – che alla fine era poco o niente – inseguendo la speranza di un futuro migliore, ma ancora interamente da inventare, in un luogo sperduto e spesso inospitale sull’altra faccia della terra. Era questa la dolorosa realtà dei numerosi trentini che nella seconda metà dell’800 lasciavano l’amata patria per rifarsi una vita in Brasile, stato grande quasi 29 volte l’Italia e all’epoca popolato solo da 10 milioni di abitanti. Il governo brasiliano, pertanto, incoraggiava l’immigrazione di contadini europei da utilizzare al posto degli schiavi nelle fazendas dove si coltivava il caffè, oppure nelle opere di disboscamento della foresta tropicale. I coloni trentini partivano alla volta del Brasile lusingati dalle tante promesse dei sensali che garantivano vitto e alloggio gratuiti per alcuni mesi, l’esenzione dal servizio militare e dal pagamento delle tasse, nonché – soprattutto – la possibilità di riscattare la terra lavorata a prezzi davvero modici, trasformando così quella massa di misera gente in piccoli proprietari terrieri. La realtà, tuttavia, non appariva così rosea nemmeno in quelle terre. Gli imbrogli erano tutt’altro che infrequenti, senza contare l’ostilità della gente autoctona – il 14 ottobre 1876, ad esem-

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pio, nella colonia Blumenau alcuni indigeni uccisero le due figlie di Adamo Paternolli originario di Villa Agnedo – o le insidie derivanti dalle epidemie, nonché dai serpenti velenosi che infestavano le foreste. Pertanto il sogno di molti fu irrimediabilmente infranto o, nella migliore delle ipotesi, riposto in un cassetto in attesa di tempi migliori, che di fatto non giunsero mai per tutti. Infatti, dei circa 8 mila trentini che fra il 1875 e il 1914 si stabilirono a San Paolo per lavorare nelle piantagioni di caffè, poco più del 10 per cento riuscì

Santini Enrica

a coronare il sogno di trasformarsi in un proprietario terriero. Tra le tante storie di emigrati trentini vi è quella della famiglia Santini, originaria della Valsugana. Angelo Santini, infatti, nacque nel 1834 a Pergine dove convolò a nozze con Maria Pallaoro nata a Costasavina nel 1839. Dall’unione arrivarono quattro figli: Angelo Giovanni Battista (1867), Emilio (1869), Albino (1872) ed Enrica (1875). Sarebbe stata proprio quest’ultima a raccontare, in un diario, l’epopea di questa famiglia la quale, come tante altre, nel 1878 fu costretta ad emigrare in Brasile dove avrebbe dato origine a una numerosa discendenza che un secolo dopo, nel 1978, già contava oltre mille persone. Nel memoriale Enrica, nota come Enrichetta, scrisse che la sua famiglia lasciò Pergine l’11 settembre 1878 alla volta di Verona per un rapido saluto a Francesco, fratello di papà Angelo, e proseguì quindi fino a Milano e da qui verso Genova dove il 15 settembre s’imbarcò sulla nave Isabela. Dopo 29 giorni di navigazione i Santini giunsero a Rio de Janeiro dove si fermarono un paio di giorni per regolarizzare i documenti degli emigranti. Quindi ripresero il viaggio raggiungendo São Sebastião do Caí nel Rio Grande do Sul, dove all’inizio furono alloggiati in baracche in pessime condizioni igieniche, che abbandonarono dopo due giorni attraversando la foresta incon-


Giunti ai nostri giorni, uno dei tanti nipoti di Enrichetta, Amarildo Santini nato nel 1964, figlio di Antonio (1919) e di Zulmira Antonia (figlia de Pedro Mezzomo e Maria Bianchi, originari della provincia di Belluno), ha inviato al perginese Aldo Beber alcune fotografie e una documentazione

fam. Santini Albino trando serpenti di ogni specie. Enrichetta nel proprio diario ricorda che, vedendo quei serpenti, la mamma Maria esclamava: “Maria Vergine, che brute bestie!”. Dopo questo inizio piuttosto traumatico, finalmente papà Angelo comprò un appezzamento di terra a São Valentim e la famiglia si dedicò all’agricoltura coltivando lattuga, cipolle, aglio, rapanelli, frutta. Nel 1899, all’età di 25 anni, Enrichetta sposò João Palavro (Giovanni Pallaoro) e si trasferì a Morro Gaúcho; la felice unione fu allietata da 9 figli (3 figlie e 6 figli).

circa la storia della loro emigrazione, chiedendo nel contempo di ricevere alcune fotografie della chiesa parrocchiale di Pergine dove furono battezzati il bisnonno Angelo e il nonno Albino. Attingendo dal suo vasto archivio fotografico, lo storico perginese Lino Beber ha così esaudito tale richiesta, per la gioia di tutti i discendenti Santini brasiliani che il 4 ottobre scorso a Caxias do Sul hanno dato vita a un grande raduno per ricordare il passato ma anche per guardare al futuro. (J.G.)

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Il suicidio...  di Patrizia Rapposelli

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l boom del suicidio! In alcuni momenti dell’anno i giornali, le radio e i telegiornali sembrano tempestarci di cronaca nera relativa a casi estremi di suicidio :” giovane madre muore suicida e porta con se due bambine …”a distanza di un breve periodo: “imprenditore muore suicida in seguito al fallimento della sua azienda” e potrei andare avanti all’infinito. Vi siete domandati perché solo in alcuni momenti? La tendenza generale porta con sé l’abitudine di concentrare l’attenzione su di un fatto nel momento in cui è eclatante e può fare notizia suscitando scalpori, drammi tra il pubblico, riflessioni, ma il tutto per un breve periodo di tempo : quello del picco di ascolti. E poi? Poi i tentati suicidi o quelle morti considerate di poco conto o perché no, fuori “tempo”, non sono nominati o meglio sono appena accennati. E il nostro riflettere sul problema segue conseguente-

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...urlo all’ egoismo mente questo corso. Ci siamo mai soffermati effettivamente a pensare al suicidio o ci siamo semplicemente fermati allo stupore del momento, a frasi banali di circostanza o ad avventate idee sulla causa che può spingere un uomo a porre fine alla sua vita? Non è facile trattare di questo argomento; infatti come per ogni fenomeno sociale possiamo sviscerarlo in molteplici ottiche diverse, dal punto di vista psicologico, a quello dell’opinione pubblica, a quello sociologico. Quando si tratta di un tema così complesso inutile è prendere in considerazione le cause specifiche che possono portare ad un simile atto ( ricordo come ogni problematica si manifesta con una serie di fattori multi dipendenti tra loro) , interessante invece è meditare sul rapporto tra la persona e la sua comunità; dove sociologicamente parlando il fattore della mancanza della coesione sociale della società assieme

alla disintegrazione sociale giocano un ruolo significativo. La parola chiave dai cui prende origine ciò è l’egoismo, quale stato di eccessiva affermazione della propria individualità nei confronti della società stessa; ci sono io e l’altro? Preda della frenesia lavorativa, delle preoccupazioni personali e dagli eventi della propria vita, raramente il cittadino post moderno, quale siamo noi, si rende conto dell’urlo di solitudine dell’altro. L’industrializzazione come l’odierna ondata di globalizzazione ci ha sbalzati nell’era dell’economia in espansione, si parla di società aperta, in cui le cupidigie si sollevano dall’alto come dal basso della scala, senza sapere dove arrestarsi. Un’incessante tendenza ad allargare la cerchia dei bisogni personali, una ricerca continua del piacere e una continua energia verso il progresso. Ma cosa accade quando ci si accorge che non siamo in grado o non possiamo


raggiungere questo standard imposto dalla maggioranza sociale? O meglio cosa succede se gli altri, troppo impegnati a raggiungere quel bene materiale, non si accorgono dell’altro e del suo malessere? Si è soli. Soli nell’ostacolo incontrato, bloccati in un limbo che non lascia seguire l’andamento di una società proiettata all’orda dell’innovazione, non ascoltati dal resto della comunità impegnata in quella vita caotica e frenetica della routine della quotidianità. Pongo una domanda : ciò che facciamo ha per noi un significato? Mi piace riprendere le parole di un libro:” Perché facciamo quello che facciamo?” L’abitudine del nostro vivere e la frenesia dei tempi stretti in cui viviamo fanno scordare spesso degli altri e di attribuire uno scopo a ciò che facciamo,così che ogni piccola azione o routine diviene gesto meccanico privo di significato. Lo stato che si crea porta inevitabilmente all’incapacità dell’uomo di ascoltare i bisogni degli altri; se l’attenzione ricade su se stessi poco ne rimane per le persone accanto a noi : l’era dei social - network e del guada-

gno per la bramosia e la sopravvivenza che abbia raffreddato le relazioni umani? Rifletterei se siamo ancora in grado di provare empatia per l’altro e se siamo capaci di ascoltare realmente il mondo che ci circonda. Direi che non lo siamo. Dico ciò perché il fenomeno del suicidio manifesta con brutalità la mancanza di ascolto e di coesione sociale, urla contro l’individualismo e quel senso di solitudine dettato dall’’egoismo. Impariamo a soffermarci a pensare all’atto del suicidio più delle volte di cui se ne sente parlare, perché esso rappresenta un problema in crescita, anche intorno a noi. I dati sono significativi dalle ultime ricerche Istat. Concluderei la nostra riflessione con le parole di un noto sociologo italiano :” se non hai qualcosa per cui sei disposto a morire, allora non hai neanche un vero motivo per vivere; ascoltami … io ho bisogno di te”.

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LEVICO TERME

LA STAGIONE CULTURALE È

già entrata nel vivo la stagione culturale promossa dal Comune di Levico. Il teatro e la storia sono i due filoni che caratterizzano il contenitore creato per promuovere la stagione teatrale 2015-2016 in collaborazione con la FiloLevico, l'associazione NonSoloTeatro, l'associazione Noi Oratorio e, novità di quest'anno, la Raumtraum dell'Aria Teatro di Pergine Valsugana. Protagnonisti della realizzazione di questa rassegna, con spettacoli di alto valore culturale, il consigliere delegato alla cultura per il Comune di Levico Terme dott. Guido Orsingher, l'Ufficio Cultura e la Biblioteca del comune. Nel corso dell'inverno e della primavera si susseguiranno vari spettacoli di teatro e cinema capaci di offrire un'ampia e diversificata possibilità di scelta alla cittadinanza di Levico. «L'obiettivo è quello di lavorare insieme – dice il sindaco Michele Sartori – così come vorremmo fare anche per gli anni futuri, consapevoli che solo con la collaborazione si possono ottenere validi risultati». Una delle due rassegne teatrali di questa stagione è già partita con i tre appuntamenti autunnali organizzati dalla FiloLevico, tenutisi in ottobre, che hanno fatto registrare il tutto esaurito. La seconda rassegna organizzata dal Comune di Levico inizia sabato 7 novembre con “Nel paese dei ciechi”, tratto dal romanzo di H. Wells, a cui faranno seguito

altri quattro appuntamenti: sabato 21 novembre, “Comedy Show” di e con Giorgio Donati e Corrado D'Elia; sabato 9 gennaio “Delirium vitae” di e con Giulio Federico Janni e Michele Vargiu e infine sabato 30 gennaio “Libere storie” di e con Andrea Castelli. Il secondo filone della rassegna sarà rivolto al pubblico delle scuole con quattro appuntamenti in orario mattutino: saranno coinvolte la Scuola dell'Infanzia, la Scuola Primaria e la Scuola Secondaria di Primo e Secondo grado. La stagione culturale proseguirà poi con la promozione di una rassegna di film sulla montagna, organizzata in collaborazione con l'Associazione Noi Oratorio, film che sono stati proiettati al FilmFestival della Montagna di Trento. L'Associazione Noi inoltre riproporrà la propria consueta stagione cinematografica per tutto il periodo invernale. In primavera le associazioni FiloLevico e NonSoloTeatro proporranno altri spettacoli teatrali. Altro elemento fondamentale sarà la prosecuzione degli eventi cen-

trati sulla storia locale, legata in particolare al centenario della grande guerra. «Già da un anno ferve l'attività in questo campo, - conclude il sindaco - grazie a una collaborazione riuscita fra il comune, l'Apt, l'associazione Levico in Centro e, elemento fondamentale, l'associazione culturale Chiarentana. Perno principale degli eventi è stato certamente il Forte Colle delle Benne, visitatissimo e aperto tutta l'estate grazie anche all'appoggio della Pat. Si vuole proseguire nel valorizzare l'offerta culturale nella crescita della conoscenza della storia, locale e non». Per informazioni rivolgersi presso la Biblioteca di Levico e info@teatrodipergine.it. (F.Z.)

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I titolari da sinistra Alessandro, mamma Bruna, Ezio, Daniele e Stefania Presentare ai nostri lettori l’albergo Ristorante SCARANÒ è compito veramente facile perché lo spunto del nostro scrivere ci viene dato dalle frasi che sono impresse nel loro completo depliant illustrativo. Frasi che sintetizzano ed evidenziano “l’armonia, la qualità e la cortesia che in un tutt’uno formano lo spirito dei titolari quando ricevono gli ospiti per soddisfarli completamente nelle loro esigenze, accogliendoli, si sottolinea, in un ambiente veramente familiare, facendoli sentire completamente a loro agio sin dal loro arrivo”. SCARANÒ è un funzionale HotelRistorante, con pensione completa e piscina esterna, per offrire un’ospitalità e “soggiorni decisamente rilassanti e per vivere un vero e completo relax alle pendici dei monti del Lagorai con lo sguardo sulla Valsugana”.

Scaranò 4

Hotel - Ristorante 1975. Un anno storico per la famiglia Libardoni di Levico Terme. Una data da incorniciare e che merita di essere conservata nel cassetto dei ricordi più belli. Fu infatti proprio in quel lontano anno che Ezio e Bruna, gli attuali proprietari e conduttori insieme alla figlia Stefania, Daniele e Alessandro, non solo coronarono il loro sogno più bello, diventando marito e moglie, ma divennero anche titolari di quel ristorante SCARANO' che, nel corso degli anni e grazie alla loro indiscutibile competenza e professionalità, sarebbe diventato vero punto di riferimento e in grado di coniugare, in Valsugana, la buona cucina con i principi della buona accoglienza. E il tempo ha dato loro ragione poiché oggi, il grande universo dell'ospitalità e della gastronomia trentina si è arricchito di un’insegna che brilla di luce propria. Un’insegna e un biglietto da visita che nelle sue scritte presentano una struttura come poche. Intanto lo staff “ dei cuochi” che quotidianamente si assume il compito di garantire un qualificato servizio: Ezio e Alessandro sono infatti i competenti chef che con i loro piatti documentano la vera e indiscutibile passione per la cucina e per quanto ad essa è legato dimostrando, sem-

La saletta

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pre di più, la loro preparazione e perfetta conoscenza dell’arte culinaria; Stefania e Daniele, i “maestri” e responsabili di sala, una accoppiata vincente la cui preparazione, gentilezza e cortesia sono elementi di una certa garanzia per un servizio in grado di soddisfare tutte le esigenze e le richiesta, anche quelle più particolari, che provengono dai loro clienti. Sono loro due, che bene riescono a dare il giusto tocco di “classe” quando portano e presentano agli ospiti le prelibate specialità preparati da papà Ezio e Alessandro.

Sala interna


40buonaanni cucina di

Sala ricevimenti e matrimoni

Da SCARANO’, i piatti non solo si identificano con la migliore tradizione della cucina tipica trentina, ma anche con quelle particolari specialità che hanno nella loro essenza una vena creativa che appartiene a chi di cucina è un vero maestro. Il pesce sempre fresco e la carne ed altre specialità sono cucinati nei diversi ed apprezzati modi che bene si sposano con altre “leccornie” quali le lumache, le rane, l’agnello, le costolette e tutto ciò che un menu succulento presenta e descrive.

La reception

Il viaggio gastronomico all’ interno di SCARANO’ è fatto per proporre piatti che derivano da vera maestria e da un impegno continuo, che in un completo abbinamento, deliziano il palato e concretizzano il gusto per le cose buone e genuine. Un vero matrimonio di sapori che nascono dall’abilità dall‘estro dalla fantasia e dalla passione che in Ezio e Alessandro sono elementi portanti del loro essere cuochi sopraffini. Una cucina a volte semplice o egregiamente lavorata, ma sempre appetitosa e che riesce ad esplodere in una fantasmagoria di colori e gusti in occasione dei banchetti nuziali, ricevimenti vari o quando gli ospiti desiderano festeggiare una particolare e gioiosa ricorrenza. SCARANO’ è oggi una struttura ideale perché con i suoi 300 mq. di planimetria utile e all’interno della quale si trovano la grande sala, sede ideale per tutte le cerimonie o avvenimenti importanti quali matrimonio, festa di laurea, cresima o battesimo o cene di classe; la saletta “azzurra” per incontri piacevoli e rilassanti. E infine, al piano sottostante, la spaziosissima ed accogliente sala creata apposta per riunirsi in una festa di compleanno, onomastico e ricorrenza

La Sala Giochi

L’ingresso varie o per continuare in allegria ciò che si era iniziato nelle sale superiori. E cosa dire del piccolo e funzionale spazio-giochi appositamente creato per permettere ai bambini di divertirsi mentre i genitori gustano le prelibatezze della “casa”. Insomma una struttura a 360° dove l’ospite si sente veramente a proprio agio e con la certezza di trascorrere momenti deliziosi all’insegna della buona cucina italiana. In chiusura, la famiglia Libardoni, ringrazia, da queste pagine, tutti i clienti che hanno onorato con la loro presenza l’Hotel-Ristorante SCARANO’. (P.R.)

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DA BORGO VALSUGANA

e n r u o b l e aM  di Armando Munaò Alessandro Dalsasso Alessandro, lei è oggi uno dei trentini nel mondo che decide di trasferirsi all’Estero. Perché proprio l'Australia? “Devo dire che il desiderio di viaggiare è sempre stato presente in me, ma soprattutto, dopo l’esperienza Erasmus, ho iniziato a pensare che la mia vita non avrebbe potuto essere limitata ad un unico luogo. Negli anni successivi, vissuti in Spagna ed Inghilterra, per studio e per lavoro, è cresciuta in me la passione per le lingue. Dopo il diploma DELE in lingua spagnola ho deciso che avrei dovuto migliorare anche la conoscenza dell’inglese. L’Australia era una delle mete a cui guardavo con più interesse anche perché, vista la crisi economica del 2008 che ha colpito a livello globale, era quella con la situazione lavorativa più stabile. E sempre di più cresceva

Alessandro Dalsasso, figlio di Mario, personaggio molto noto e conosciuto in Valsugana per la sua attività di assicuratore, ex docente e per aver ricoperto moltissime ed importanti cariche pubbliche (attualmente è presidente della Casa di Riposo), da parecchi anni vive in Australia, a Melbourne, dove collabora con uno dei più importanti e qualificati studi di architettura della città. Lo abbiamo intervistato per conoscere non solo le motivazioni del suo trasferimento o come si vive a Melbourne, ma anche per conoscere la sua esperienza e quali le sue opinioni in merito alla sua scelta.

l’interesse e la curiosità per questo incredibile paese”. Inizialmente la Sua sarà stata certamente una scelta dettata dalla necessità lavorativa. E ora? “Quando ho preso la decisione di partire, gli effetti della crisi sull’economia italiana e soprattutto su quella trentina non si erano ancora fatti sentire e il mio lavoro di architetto libero professionista mi stava dando ottime soddisfazioni. Certo, ripensandoci, credo di essere stato decisamente fortunato nell’intuire che l’industria delle costruzioni, avrebbe forse subito una forte crisi. Oggi, dopo sei anni, questa per me è diventata decisamente anche una scelta di vita”. E i familiari come hanno preso la sua decisione? Great Ocean Road “Senza dubbio questo è

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l’aspetto più complicato della mia esperienza australiana. Una persona può viaggiare, vedere posti meravigliosi, conoscere persone stupende, fare esperienze inimmaginabili, ma alla fine della giornata il “porto sicuro” rimane sempre la propria casa e anche se si fanno nuove amicizie e ci si fa una famiglia propria, le origini sono un legame inscindibile che rimane per tutta la vita. Devo dire che la mia famiglia mi è sempre stata vicina appoggiando le mie diverse scelte, anche quando non erano completamente condivise”. Certamente i primi periodi non sono stati facili. Come ha superato gli aspetti “duri” e negativi? “L’inizio non è stato per nulla semplice anche perché la vita in un paese nuovo, una lingua diversa e la necessità di ricrearsi un giro di contatti, professionali e non, mette indubbiamente alla prova. In Australia ci sono regole rigide, specialmente per quanto riguarda il visto che spesso ostacolano la permanenza per un periodo medio/lungo. Un


pizzico di fortuna, molta determinazione e le qualità professionali, richieste in quel momento dal mercato del lavoro australiano, mi hanno permesso di superare le molte le difficoltà”. Molti dei “nostri” migliori ragazzi sono costretti a trasferirsi all'estero. A Suo avviso a cosa è dovuto? “La voglia di viaggiare e fare esperienze nuove è un aspetto che, soprattutto in giovane età, è presente nella maggior parte degli individui. A volte si sceglie di rimanere in un paese straniero anche per qualche anno. Spesso lo si fa con la consapevolezza che si tratti di un’esperienza temporanea per poi reinserirsi nel mercato del lavoro italiano con maggior esperienza. e magari con la padronanza di una lingua straniera. Oggi invece la maggior parte di chi se ne va lo fa per la mancanza di alternative. E’ necessario dare più occasioni ai giovani, metterli alla prova e quindi formare, anche con il duro lavoro, la generazione che domani guiderà il paese”. Oggi, Lei è cittadino australiano a tutti gli effetti. Quali le differenze tra il lavoro in Italia e nel suo nuovo paese di adozione? “La mia sensazione è che all’estero ci siano più opportunità. In Australia non conta l’età, ma la proprie capacità. I giovani australiani entrano nel mercato

Il momento della Cittadinanza

E quali le diversità tra la quotidianità australiana e quella italiana? “Qui la vita non è poi molto diversa da quella italiana. Quello che però salta subito all’occhio è la semplicità della quotidianità, molta più sicurezza e un più elevato rispetto delle regole e pur vivendo in una città con più di quattro milioni di abitanti, la vita è molto simile a quella di una città medio-piccola italiana con un traffico relativamente contenuto, un trasporto pubblico efficiente e un sistema sanitario affidabile. E poi l’Australia è decisamente un paese bellissimo. Basti pensare che Melbourne anche quest’anno (per il quinto anno consecutivo) è stata nominata la città più vivibile al mondo. A questo aggiunga che la percentuale

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del lavoro in anticipo rispetto ai loro coetanei italiani e sembra siano più pronti, fin da subito, ad essere produttivi in azienda. Un aspetto che mi piacerebbe sottolineare è il differente significato della parola “raccomandazione”. In Italia il termine assume una connotazione negativa perché si considera quasi come un obbligo di assunzione. Qui, invece, è vista in maniera estremamente positiva, tanto che a volte viene data una provvigione alla persona che ha fatto la raccomandazione nel caso il colloquio vada a buon fine, perche’ dimostra interesse per il bene aziendale”.

di disoccupazione è molto bassa e il mercato del lavoro è estremamente flessibile”. Ha rimpianti per non aver realizzato le sue aspettative di lavoro in Italia? “La scelta di lasciare il proprio paese porta sempre con sé qualche piccolo rimpianto. Sono partito con l’idea di passare un periodo all’estero e di ritornare in Italia nel giro di un paio di anni. Le cose però sono cambiate e oggi, nel mio lavoro, ho ottenuto qualcosa che difficilmente in Italia avrei raggiunto”.

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CHI È

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Conclusi gli studi superiori, nel settembre del 1999, Alessandro Dalsasso si iscrive all’Universita’ di Architettura di Venezia. Nel capoluogo veneto trascorre i successivi tre anni prima di trasferirsi all’Universita’ di Las Palmas de Gran Canaria dove partecipa al programma Erasmus. Tornato a Venezia, nel 2005, consegue la laurea quinquennale in architettura e successivamente inizia a collaborare con lo studio dell’architetto Renzo Giovannini di Pergine Valsugana. Nell’anno successivo segue un master di secondo livello in architettura ecosostenibile all’università Mater Studiorum di Bologna e grazie a questo corso ha l’onore di collaborare per qualche tempo con l’architetto spagnolo Don Jaime Lopez de Asiain: ‘guru’ dell’architettura bioclimatica. Si trasferisce a Siviglia dove partecipa al progetto per l’Agenzia Andalusa dell’Energia. Ritorna in Trentino e inizia a lavorare come libero professionista. Progetta, assieme ad un team, la sopraelevazione ed ampliamento della scuola media di Borgo Valsugana e collabora con Habitat Ufficio per la realizzazione di progetti d’interni per banche ed uffici. Nel settembre del 2009 decide di trasferirsi a Sydney e la grande occasione arriva quando, durante un viaggio a Melbourne in visita all’architetto Clinton Murray, con il quale, in seguito, stringerà un rapporto di grande amicizia e collaborazione, riceve un’offerta di lavoro dallo studio DP Toscano che gli propone un contratto per tre anni con il quale arriva anche il tanto ambito ‘Sponsor Visa’. Dopo alcuni anni ottiene la cittadinanza australiana. Alessandro vive a Melbourne e attualmente collabora come “project leader” per lo Studio internazionale “Peckvonhartel” occupandosi della progettazione e della direzione lavori di progetti a varia scala: abitazioni unifamiliari, torri multi residenziali, edifici commerciali e governativi sia a scala architettonica che d’interni. Lo Studio “Peckvonhartel” fondato nel 1980 dagli architetti Robert Peck ed Yvonne von Hartel, ha sedi a Melbourne, Sydney, Camberra, Brisbane e Hobart, con un numero di collaboratori che varia tra 50 e 60. E’ ampiamente riconosciuto per la sua reputazione e dedizione nella realizzazione di progetti ‘senza tempo’, per qualità del design e per l’esperienza professionale. Per la cronaca tra i progetti che hanno avuto riconoscimento sia nazionale che internazionale ci sono: l’edificio per uffici al numero 1 e 333 di Collins Street a Melbourne, One National Circuit Barton e il National Museum of Australia. I due direttori Peck e von Hartel hanno ricevuto l'ambitissimo premio ‘Order of Australia” per il loro apporto al disegno urbano, all’architettura e al design.

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E alla luce, delle sue esperienze, quali consigli darebbe ai giovani italiani in cerca di una occupazione? “In questo momento, di grande incertezza e difficoltà del mercato del lavoro italiano, credo che un’esperienza professionale all’estero sia un’ottima possibilità per un futuro rientro in Italia. Purtroppo, attualmente, nel nostro paese non c’è posto per tutti: brutto da dire ma credo sia così! Partire non significa rinunciare, ma piuttosto fare una scelta alternativa alla rassegnazione. Non possiamo pensare che sia lo Stato a dover prendersi cura

Sydney - Opera House

di noi sempre e comunque. Cerchiamo opzioni e magari domani potremo tornare a casa con una valigia ricca di esperienza da utilizzare per dare il nostro contributo a rendere l’Italia un paese fantastico! Ancora oggi, pur tra mille difficoltà, siamo invidiati ed apprezzati in tutto il mondo. Il marchio ‘Italia’ ha ancora un forte appeal. Pensa di ritornare un giorno in Italia? “Mi sento sempre italiano e orgoglioso di esserlo, pur vivendo in un altro paese. Ogni anno torno a casa e decisamente non ho chiuso le porte ad un rientro definitivo”.


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anti momenti di incontro e confronto da cui i partecipanti hanno preso spunto, o lo potranno fare a breve, per immaginare nuove prospettive occupazionali. Partiamo dal progetto “Job@Up – La Fabbrica di idee” che ha concluso, nei mesi scorsi, la prima fase raccogliendo ben 35 idee, idee che possono diventare, nel tempo, 35 nuove opportunità, nuove imprese, nuove occasioni di auto impiego. Ora si va avanti, con una seconda fase che avrà una natura più operativa e fornirà alcune indicazioni pratiche per trasformare le idee selezionate in una azione concreta, per avviare una attività imprenditoriale e trovare una modalità di finanziamento. Le idee di impresa già presentate saranno messe a confronto e valutate da un team di esperti. Si svolgerà un primo incontro e, in questa fase, le idee che dimostreranno una fattibilità tecnica ed economica nel breve

Progetto “realizza la tua idea”

 di Alessandro Dalledonne

termine saranno affiancate nella redazione del proprio business plan ed accompagnate verso la forma di aiuto/finanziamento più congeniale. Le idee che non saranno seguite in questa prima fase, se ulteriormente affinate, potranno trovare assistenza in una fase successiva. L’incontro si

terrà lunedì 9 novembre a Borgo Valsugana e verrà elaborato un calendario personalizzato, a partire dalla seconda metà del mese di novembre, per l’attività di affiancamento ad ogni idea da valorizzare, promuovere e sostenere. Per ulteriori informazioni contattare il numero 0461.777070. Da pochi giorni si sono conclusi i primi tre incontri in aula (a Borgo, Strigno e Pieve Tesino) e, con il mese di novembre, entra nel vivo anche il progetto “Realizza la tua idea!”, un percorso che vuole coinvolgere i giovani della valle, età massima 29 anni, per mettere a confronto, ascoltare e capire come realizzare i loro buoni propositi in campo lavorativo. A volte basta anche solo una idea, avere una passione o semplicemente un sogno nel cassetto per sviluppare e portare a compimento un progetto in grado di creare nuove opportunità di reddito e di occupazione. Un percorso che vuole essere da stimolo per promuovere nuove forme di auto-imprenditorialità in tutti i campi: turistico, agricolo, dei servizi, del commercio, del sociale e dell'artigianato, incentivando in valle una vera e propria imprenditorialità alternativa. I ragazzi saranno accompagnati per mano da un pool di esperti coordinati dalle Acli. A novembre si entra nel vivo del progetto, reso possibile grazie al coinvolgimento dei comuni di Roncegno, Grigno, Strigno, Borgo, Pieve Tesino, della Cooperativa Lagorai, della Cooperativa Ecoopera e dell'APT Valsugana Laghi.

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LE CALCARE DI MARTER

 di Mario Pacher

La calce, agli inizi del secolo scorso, era la materia prima e pressoché l’unica usata in edilizia. Per questo, all’epoca, in varie zone del Trentino nacquero la cosiddette calcare per la produzione di questo importante elemento. Anche in Valsugana, alla fine della prima guerra mondiale, iniziarono l’attività alcune ditte ma la maggior parte di loro chiusero i battenti dopo pochi anni o al massimo qualche decennio. Una sola, la ditta Locatelli di Marter di Roncegno, riuscì ad imporsi veramente sul mercato divenendo la più conosciuta e preferita, che produsse calce fin dopo la metà degli anni ‘70.

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u nell’estate del 1919 che il bergamasco Elia Locatelli, salito sul treno in direzione di Trento per scrutare dal finestrino un luogo adatto ai suoi programmi di insediamento, non avendolo trovato nella zona della Vallagarina, prese il treno che porta in Valsugana con l’occhio sempre vigile per l’individuazione di una zona adatta ai suoi scopi. Arrivato a Marter di Roncegno fu colpito dal ghiaione bianco della località “Brustolai”. Sceso dal treno, esaminò più da vicino quel ciottolame riscontrandolo adatto per i suoi progetti. Trovato il proprietario, certo signor Fabris, ancora quel giorno combinò l’acquisto di quei circa quattromila metri quadrati di suolo, pagando la cifra allora esorbitante di mille lire.

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Elia era soddisfatto dell’affare e ancora più soddisfatto sembrò il venditore, al quale non parve vero di potersi liberare da quella inutile “masiéra”. Elia tornò a Bergamo per informare la moglie, la signora Angela, e pochi giorni dopo fece ritorno a Marter assieme a due suoi amici per dare inizio alla costruzione di una sia pur rudimentale fornace, che subito caricò con dei ciottoli bianchi raccolti in quel fondo appena acquistato. Dopo quattro settimane da quella fornace si vide uscire del fumo e sei giorni più tardi la prima cotta era pronta. Alla presenza di non pochi curiosi del posto vennero sfornate ed immesse sul mercato alcune

Le calcare di Marter e, nel riquadro, Elia Locatelli decine di quintali di calce. Il prezzo era modesto ma, a detta degli esperti, quel prodotto poteva essere uno fra i migliori esistenti sul mercato. Le richieste si moltiplicarono e la calce di Elia Locatelli incominciò a farsi nome. Qualche mese più tardi, nel dicembre 1919, anche la moglie signora Angela, si trasferì, con i suoi tre figli, a Marter di Roncegno per essere a fianco del marito e andò ad abitare in una casetta, quasi una baracca, che Elia aveva acquistato dal Genio Militare situata vicino al cantiere e dove


nacquero altri due figli. La calce della ditta Locatelli fu sempre più apprezzata tanto in zona che fuori provincia sia per impasto che per imbiancatura. I coniugi Locatelli lavorarono sodo per anni in mezzo a molte inevitabili difficoltà, e con i loro risparmi riuscirono a realizzare nei pressi delle calcare una modesta abitazione in muratura, dove poi la famiglia si trasferì. Dopo la seconda guerra mondiale con i figli ormai tutti maggiorenni, Elia dovette modernizzarsi introducendo nuovi sistemi di lavoro e produrre ancor più di fronte alle crescenti richieste, facendo fronte però ad un debito rilevante presso banche. E così nel 1947 fu realizzata la prima moderna calcara capace di sfornare quasi cento quintali di sasso cotto al giorno. Una fornace a fuoco continuo alimentata prima a legna e poi a segatura, con sistemi meccanici di carico e scarico che dava lavoro a una decina di operai del luogo di cui quattro “fuochini” che dovevano badare giorno e notte per 365 giorni al-

l’anno, che il fuoco fosse sempre acceso e che mantenesse costantemente la giusta temperatura. Gli altri avevano il compito di estrarre il sasso cotto e ricaricare le calcare. Tutto procedeva bene. Elia e Angela erano soddisfatti perchè la loro tenacia e la loro serietà con la quale avevano iniziato quel duro lavoro, stavano dando i loro frutti. Per tanti anni un buon numero di operai trovò lavoro in questa piccola, ma provvidenziale azienda. Dopo la morte dei coniugi Locatelli, la produzione continuò sotto la guida dei figli Elia ( nome come il padre ) e Lorenzo che, con pari serietà ed impegno, portarono avanti per anni ancora l’attività dell’azienda dando sempre lavoro ad un buon numero di operai del posto. E per far fronte alle tante richieste, a fianco della prima calcara ne fu costruita una seconda con le stesse caratteristiche di produzione. L’attività andò avanti fino al 1976 quando, a causa soprattutto della

concorrenza di altre fornaci alimentate a gas metano che immettevano sul mercato lo stesso prodotto a costi inferiori e anche per l’introduzione di nuovi sistemi di costruzione nel settore dell’edilizia, venne decisa la chiusura definitiva dell’azienda. Elia Locatelli, scomparso nel 2003, fu l’ultimo titolare della ditta e il suo nome era tanto conosciuto e stimato dalle imprese edili del Trentino e anche fuori provincia, non solo per la bontà del prodotto ma anche per la sua onestà e correttezza. Il ricordo di Elia, di quest’uomo tanto bonaccione e sempre carico di umanità, non è svanito nel tempo e la gente ancora lo ricorda con profondo senso di gratitudine e di affetto.

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Il Silenzio ed il Canto L

a presentazione del volume d’Ermellino Mazzoleni / Livio Bosco “IL SILENZIO ed il CANTO” ha avuto recentemente un’ eccezionale riscontro di pubblico in sala consigliare a Levico Terme Erano presenti due cori: gli “Angeli Bianchi “ ed il Coro parrocchiale “PIO X “ con i propri presidenti e direttori, molte personalità della cultura trentina, tanti conoscenti ed amici. La gente di Levico è accorsa per rendere onore sia al Maestro compositore Livio Bosco, come al Poeta don Mario Bebber, nonchè al relatore Ermellino Mazzoleni, poeta e scrittore bergamasco, legato da profonda amicizia alla famiglia di Marta e Livio Bosco. Dopo il saluto del sindaco Michele Sartori, Luciano De Carli ha ricordato la loro vita professionale di Livio Bosco e di Ermellino Mazzoleni, le mete raggiunte dai due cori sotto la direzione di Livio Bosco, la storia di fondazione degli “Angeli Bianchi” su un’idea del Poeta don Bebber, con l’aiuto di famiglie cittadine e degli amministratori del tempo. Per il Coro PIO X la signora Lucia Libardi ha ricordato precedenti fondativi lontani: fotografie fatte nel 1915 nei baraccamenti di Braunau, documentano già la passione per il canto della cittadinanza locale, con mons. don Matteo Holzhauser presidente e col direttore Gigi Avancini. La signora Sandra Pohl ha ricordato per gli “Angeli Bianchi” i fondatori, le direzioni dei maestri Bosco, Vettorazzi e Matassoni. Alcuni aneddoti letti anche dall’ultranovantenne poeta “levegan” Bepi

 di Luciano De Carli

Polacco hanno chiarito ancor più quale fosse lo spessore ed il carattere delle persone che si volevano ricordare. Ermellino Mazzoleni, vincitore della 2° edizione del Premio di Poesia, intitolato a “don Mario Bebber”, è stato un prezioso critico ed interprete di tutta la poetica bebberiana con alcuni saggi, e volumi pubIl poeta Ermellino Mazzoleni blicati per interessamento dell’Amministrazione Comunale. Il volume “Il silenzio e d il canto” raccoglie ora tutte le presentazioni fatte specificamente da don Mario Bebber per i due Cori. Erano state conservate gelosamente dal maestro Bosco e consegnate “come testamento “ a Mazzoleni perché le ordinasse e li pubblicasse. Il Coro Angeli Bianchi con la maestra Matassoni La bibliotecaria dr.ssa Elena Libardi e l’attuale presidente signora Marta e dei dell’Ass. Chiarentana, Gianbeppe della Moschen, hanno letto le varie pre- famigliari,ha ringraziato, con una sentazioni dei sei pezzi musicali che punta di commozione, tutti i presenti sono stati presentati per l’occasione. che hanno favorito la riuscita della I due cori hanno fatto la loro parte splendida serata, ricca di ricordi, d’ con una massiccia presenza, ma aneddoti, di presentazioni e di otancor più con la bellezza ed interpre- tima musica....”come se il Maestro Livio e don Mario Bebber fossero lì in tazione dei canti in programma. Il figlio dr. Andrea Bosco, a nome sala”.

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I contratti stipulati tra consumatori e professionisti LE CLAUSOLE VESSATORIE Con il decreto legislativo 206/2005 dd. 06.09.2005 e successive modifiche sono state introdotte nel nostro sistema una serie di norme a tutela e salvaguardia del consumatore (c.d. “codice del consumo”, nell’ipotesi di contrattazione con l’imprenditore professionale. Innanzitutto la norma in esame definisce espressamente chi deve considerarsi consumatore: “la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta.”, mentre si qualifica professionista: “la persona fisica o giuridica che agisce nell'esercizio della propria attivita' imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario.” Il Codice si compone di 146 articoli suddivisi in sei parti, all’interno delle quali sono previste sia nozioni, precetti di carattere generale e di indirizzo per i professionisti ed i produttori di beni, sia vere e proprie norme a garanzia diretta del consumatore in fase di stipula del contratto di acquisto. Nel presente articolo ci soffermeremo ad analizzare le parti della norma che tutelano maggiormente il consumatore nel momento in cui si accinge a stipulare un contratto con un venditore professionale previste nella parte III del codice del consumo. Il legislatore, in prima battuta, ha voluto tutelare il contraente più debole inserendo una particolare disciplina per le clausole vessatorie, ossia quelle condizioni che, se inserite nel contratto firmato tra le parti, possono creare un forte squilibrio a favore del

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venditore professionista. Tra le più importanti troviamo le clausole che: a) tendono ad escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un'omissione del professionista; b) escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista o di un'altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista, c) consentire al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest'ultimo non conclude il contratto o recede da esso, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta se e' quest'ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere. d) Imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell'adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d'importo manifestamente eccessive. Sono altresì vessatorie le clausole che e) sanciscono, a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facolta' di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell'autorita' giudiziaria, limitazioni all'adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell'onere della prova, restrizioni alla liberta' contrattuale nei rapporti con i terzi, f) stabiliscono come sede del foro competente sulle controversie localita' diversa da quella di resi-

L’AVVOCATO RISPONDE

 di Zeno Perinelli

denza o domicilio elettivo del consumatore. Un elenco dettagliato è previsto nell’art. 33 parte III del Codice del Consumo, mentre nell’art. 36 è previsto uno speciale regime di nullità, infatti, si ritengono come non apposte, anche se oggetto di specifica trattativa, le clausole in precedenza indicate ai punti a) e b) e le condizioni che prevedano l'adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto. La nullità opera soltanto a vantaggio del con-


sumatore e può essere rilevata d'ufficio dal giudice ed opera solo in relazione alla singola clausola, restando invece valido il contratto. Al fine di valutare la vessatorietà o meno di una clausola è necessario tener conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto, facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione ed alle altre clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende. E’ bene evidenziare che, a parte le nullità sopra evidenziate, non sono considerate vessatorie le clausole o gli elementi della stessa che siano stati oggetto di trattativa individuale. Nel contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, incombe sul professionista l'onere di provare che le clausole, o gli elementi di clausola, malgrado siano dal medesimo unilateralmente predisposti, siano stati oggetto di specifica trattativa con il consumatore. E’ bene inoltre sottolineare che, a maggior tutela del consumatore, nel caso di controversie tra quest’ultimo e il venditore professionista il foro competente (ad esempio Tribunale, Giudice di Pace etc…), inderogabile, è quello del consumatore. In quest’ultimo caso però non si tratterebbe di una clausola nulla, bensì derogabile in base al principio della trattativa individuale, ma spetterà sempre al venditore professionale dimostrare lo svolgimento di una specifica trattativa con l’acquirente consumatore sul punto (In tal senso Cass. Civ. n. 17083 dd. 10.07.2013).

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L E V IC O T E R M E

L E V IC O T E R M E

DI FESTA della ZUCCA L’ATTESA ADELIA ANTONIOLLI

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ttimo successo ha fatto registrare a Levico Terme il “Festival della zucca” con degustazione e vendita di prodotti. Lungo le principali vie del centro si sono avute diverse manifestazioni ed intrattenimenti con musica dal vivo ed animazione per bambini, nonché grande esposizione di zucche. Ed ancora una mostra di sculture in legno presso la sala ex cinema. Ma non solo. Nella giornata di venerdì 18 settembre si è tenuta una conferenza sulle zucche ed altre cucurbitacee del mondo, “biodiversità, usi e storia”, e inoltre un laboratorio creativo in compagnia di Patch Point. Ed ancora spettacolo di danza ed altri intrattenimenti. Stesso programma, sostanzialmente anche nei giorni di sabato 18 e domenica 19 settembre che ha attirato alcune migliaia di persone venute da tutto il Trentino accanto ai tanti turisti che ancora erano presenti nella città termale, attratti dalla presenza di centinaia di zucche in esposizione di varie qualità, dimensioni e spesso originali, tutte prodotte da coltivatori non solo della Valsugana ma venuti anche da altre vallate del Trentino. (M.P.)

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È

stato presentato, presso la sala consiliare di Levico Terme, il romanzo di Adelia Antoniolli Cesareo “L’attesa”. Al tanto pubblico presente in sala, ha portato il saluto dell’amministrazione comunale il consigliere delegato alla cultura Guido Orsingher, quindi Ferdy Lorenzi ha intonato con la sua chitarra una nostalgica canzone, seguita dalla presentazione del romando da parte della bibliotecaria Elena Libardi e Carlo Pacher. La signora Adelia, nata a Levico Terme, è tra quanti hanno vissuto la dolorosa esperienza del sisma che, la notte del 6 aprile 2009 ha colpito la città di L’Aquila, dove abitava. Colpita dal dolore per la perdita dell’amato figlio, ma sorretta da tanta fede, compie varie attività di volontariato e non smette di guardare con speranza e fiducia al mondo della politica. “L’attesa” è il suo quarto romanzo, dopo “Petali di rosa” (2011), Rebecca. Viaggio nella memoria (2013), ed “Il Tronco” (2014), che conferma la preziosa validità della scelta del narrare come efficace antidoto contro le amarezze e le pene della vita. In questo romanzo la scrittrice parla di Teresa, un’anziana mamma che è giustamente in pensiero per non aver più ricevuto notizie del proprio figlio Emanuele da troppo tempo, sicché decide di mettersi alla ricerca del ragazzo, e solo facendo ciò inizia a comprendere appieno il valore ed il significato dell’attesa, di un’attesa prolungata dal susseguirsi di un complesso incrocio di eventi e situazioni che la donna non avrebbe mai immaginato potessero presentarsi, fin da quando, avuta qualche indicazione circa il luogo di permanenza del figlio, decide coraggiosamente di partire dal Trentino per New York, sfidando tutto e tutti e dimostrando, con il felice esito delle sue speranze, che nella vita è importante, anzi fondamentale, lottare con grande coraggio, almeno finchè non s’intravvede il tanto agognato profilarsi della meta. (M.P.)


ITO SAN V

 di Mario Pacher

SAN VITO DI PERGINE

EDO NOVAL

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D

aniele Gozzer e Concetta Maragna di Novaledo, ma da qualche tempo ospiti dell’APSP “Piccolo Spedale” di Pieve Tesino, hanno festeggiato il 60° anniversario del loro matrimonio, con tutti i parenti ed alcuni compaesani che, tutti assieme, hanno assistito ad una S. Messa celebrata da don Augusto Pagan e da don Bruno Ambrosi. La festa, organizzata dal servizio di animazione dell’Istituto, in particolare dall’animatrice Silvana Gecele, è proseguita con dolci e brindisi augurali.

le brevi

iverse centinaia di persone hanno raggiunto nella giornata di domenica 20 settembre, San Vito di Pergine, per la ricorrenza della festa della Madonna Addolorata. Un momento tanto atteso dalla gente, che viene organizzata dal locale Gruppo Alpini guidato da Vittorio Bernardi in collaborazione con il comune di Pergine. Una associazione particolarmente numerosa ed attiva quella delle Penne Nere di San Vito che vanta, fra iscritti e simpatizzanti, più di 230 aderenti, che è il secondo gruppo Alpini dell’alta Valsugana, dopo quella di Levico. La sagra è iniziata con una solenne S. Messa nella parrocchiale solennizzata dai canti del coro parrocchiale, a cui ha fatto seguito la tradizionale processione per le vie principali della frazione, partecipata di tante persone venute anche da Susà, Canale e Santa Caterina che, al termine, tutte hanno potuto accostarsi a gustare un buon “menù alpino”. Fra le opere volute e realizzate da quel Gruppo Alpini, è il caso di ricordare il grande crocifisso “Il Cristo degli Alpini” alto più di 12 metri e ricavato da un grande castagno dallo scultore Bruno Lunz, inaugurato nel lontano 26 aprile 1992. Un’opera straordinaria questa che è stata inserita nel Guiness dei primati essendo il più alto in Italia. Con il passare del tempo però e a causa delle intemperie, necessitava di alcuni interventi secondo il progetto dell’architetto Modena. E così quelli alpini, con il sostegno anche del Comune di Pergine, hanno in questo ultimo tempo, provveduto a metterlo in sicurezza con copertura in laminato e rafforzamento con tre tiranti.

TELVE

URE LE FOGNAT i quasi 10 mila una spesa d

Con al dotta ha affidato euro la giun P i ergine Facchinelli d tor Stefano il proologica per la perizia ge ere di ritivo delle op getto esecu ento e m e, adegua strutturazion fognate re delle to n e m ta le p com . ria comunale

MADRANO

LEVICO TERME

La Giunta com unale di Levico ha affidato alla Tecn oenergia srl, fin o all’agosto 2017 , il servizio di tele monitoraggio, sorveglianza, gestione e ottimizzazion e allarmi delle ce line idroelettr iche Pizzo di Le ntravico e Santa Giuliana , per una spes a di 34.580 euro pi ù Iva.

BORGO

vinciale di La Giunta Pro rovato recen p Trento ha ap riante temente la va degual’a r e 1bis/2015 p e di attuarm o n mento alle no regolatore zione del pia udi Borgo Vals del comune gana.

Per garantire la sicurezza ai pe doni, il comune di Pergin e ha deciso ch e l’impianto semaforico po sto sulla strada provinciale del lago di Canz olino in prossi mità della tortuosa strett a di Madrano, d’ora in poi sarà stabile. Co ntemporaneam ente su quella strada è stato istituito in via definitiva il senso un ico alternato, regolato anche qui da im pianto semafor ico, in corrispondenza de l pericoloso re stringimento.

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A Castelnuovo la Sagra di San Leonardo

LE “PEZATE DI AGNELO”  di Alessandro Dalledonne

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a degustazione delle “pezate de agnelo” durante la sagra di San Leonardo a Castelnuovo è oramai una tradizione affermata e conosciuta in Valsugana. Il racconto orale ci dice che da oltre cent’anni le “pezate” finiscono nei piatti durante la sagra di novembre. Il piatto veniva dapprima cucinato in famiglia e solo in un secondo momento riproposto anche dai luoghi di ristoro pubblici. La stessa macelleria di Castelnuovo ha da sempre offerto la carne d’agnello macerata pronta per essere cucinata: prima lo faceva Silvio Bertoldi, poi ci ha pensato Mario Simonetto. Tradizione ora proseguita anche dal figlio Stefano. Erano almeno quattro le locande che la servivano cotta: la Locanda al Vapore (gestita dalla famiglia Campestrin), la Trattoria alla Vigna, la Trattoria della Marta ed il Circolo Dopolavoro dell’Enal. Le fonti assicurano che i degustatori, sempre soddisfatti, a quei tempi giungevano a piedi fin da Olle, Borgo e Telve. Maurizio Andriollo, 70 anni, è il figlio di Marta, la proprietaria dell’omonima trattoria in attività in paese fino agli ultimi anni ’60. Dal 1980 al 1985 Andriollo ha anche ricoperta la carica di sindaco di Castelnuovo. “Mi ricordo – ci racconta – che iniziavamo a preparare la sagra un mese prima, dall’inizio di ottobre e tutto

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il paese era coinvolto”. Dai suoi racconti emerge anche un fatto davvero particolare, una storia nella storia che Maurizio Andriollo non dimenticherà mai. “Nel 1966 c’è stata la disastrosa alluvione che ha sconvolto la Valsugana e gran parte del Trentino. Quell’anno, ovviamente, la sagra del paese è stata rimandata, le famiglie aveva ben altro a cui pensare in quei giorni. Ma mia madre – continua Andriollo – aveva già preparato un migliaio di porzioni di pezate di agnello. Qualcosa come 200 chili di carne e noi, ragazzi, ricordo ancora oggi che per diversi mese, sicuramente fino alla Pasqua dell’anno successivo, abbiamo sempre visto pezate de agnelo sulla tavola di casa”. Con la chiusura delle locande, c’era da risolvere anche il problema della preparazione della sagra, una tradizione che, come sottolinea Bruno Stevanin, è stata portata avanti dal locale coro parrocchiale Concordia. “Le settimane prima della sagra, quindi tutto il mese di ottobre – prosegue Stevanin – le pezate venivano cucinate in molte famiglie della comunità. Poi, tutte quante, venivano conservate a casa di Gigio

Brendolise per poi essere cotte e servite. E la distribuzione, allora, avveniva negli spazi dell’ex teatro. Ero io l’addetto alla consegna delle carne cruda nelle case e sempre io mi occupavo del loro ritiro”. Per un decennio, per tutti gli anni '70, l’incombenza è stata portata avanti dai volontari del coro parrocchiale, poi la gestione della festa è passata nelle mani della locale Pro Loco. Ancora oggi, in paese, molti ricordano quando Guido "del Vapore", il lunedì successivo alla sagra, nella sua trattoria serviva anche il denso brodo di cottura opportunamente allungato con acqua: niente si perdeva "sti ani". C'era anche chi lo conservava per usarlo come condimento durante


l'inverno. Dopo la tragica parentesi della seconda guerra mondiale, con il razionamento imposto e la tessera per il cibo, i più hanno via via abbandonato la consuetudine di cucinare le pezate. Gli ingredienti base, sale e carne d’agnello, inducono a collocare sicuramente in un passato remoto le origine oscure di questo gustoso piatto. Il sale, da sempre usato per conservare, fin da epoche prive delle moderna tecnica frigorifera e la carne d’ovino, disponibile in valle durante il periodo di transumanza dei greggi dagli alpeggi estivi alla pianura invernale. Una pietanza, le pezate de agnelo, che anche in questi giorni viene consumata in molte famiglie di Castelnuovo e dei paesi limitrofi. Si chiamano “pezate” perché letteralmente sono parti di ovino adulto di circa 250 grammi, messi a macerare nel sale, pepe, alloro…e altri aromi naturali, in recipienti cilindrici (mastei) muniti in alcuni casi di “torcello”, per non meno di tre settimane, a temperatura tra i 10 ed il 12 gradi. Dopo la salamoia, vanno poi bollite, senza lavarle, per almeno due ore e poi preferibilmente servite con crauti e purè. In passato era consuetudine conservare il “mastelo” delle pezate nel volto. Ancora oggi Bruno Stevanin e Maurizio Andriollo ricordano con nostalgia quei tempi ed ogni anno partecipano alla tradizionale sagra di San Leonardo. Negli ultimi decenni, oltre alla Pro Loco, sono rimasti solo la Locanda al Vapore e la macelleria Simonetto a portare avanti la tradizione. Nei tre giorni di sagra, come consuetudine, sono circa 8 i quintali di “pezate de agnelo” consumati, tra vendute crude e servite cotte. Tanto che un decreto ministeriale del 18 luglio 2000 riguardante un primo censimento nazionale dei prodotti tradizionali, pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale il 21 agosto, inserisce tra i 60 prodotti tipici della Provincia Autonoma di Trento le "Pezate de agnelo o pezate". Un passo importante che attua un precedente decreto (del 30/04/1998, n. 173) per la valorizzazione del patrimonio gastronomico (art. 8 "allo scapo di promuovere e diffondere le produzioni agroalimentari italiane tipiche e di qualità e per accrescere le capacità concorrenziali del sistema agroalimentari nazionale, nell'ambito di un programma integrato di valorizzazione del patrimonio culturale artistico e turistico nazionale".

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GANA U S L A V BORGO

RICORDO DI EGIDIO CASAGRANDE  di Mario Pacher

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a qualche anno ormai accanto alla targa posta sul ponte del fiume Brenta all’ingresso di Borgo, in ricordo del grande maestro del rame Cav. Egidio Casagrande, viene deposta una rosa con a fianco una scritta per esprimere gratitudine verso quell’uomo che, grazie al suo ingegno, procurò lavoro a tante famiglie della valle. Sono tutti segni di riconoscenza da parte di ex dipendenti che spesso amano mantenere l’anonimato. Questa volta però porta un nome: è quello di Prospero Dalvai, un grande estimatore del Cav. Casagrande di cui vogliamo riportare una parte della scritta: “Un sentito grazie da tanti amici al pioniere dell’artigianato del rame cav. Egidio Casagrande, per aver dato lavoro e benessere al paese di Borgo e alla Valsugana, creando opere di pregevole valore nella lavorazione artistica del rame. Un grazie particolare anche alla signora Gemma che accompagnò e sostenne sempre e in ogni momento l’uomo e l’artista”. In quell’azienda artigiana infatti trovarono lavoro complessivamente più di 160 persone della Valsugana e quando Egidio nel 1962,

all’età di soli 51 anni lasciò questa vita, la vedova signora Gemma si mise a capo dell’azienda e la portò avanti per parecchi anni. Anche l’amministrazione comunale, nel 2008 in occasione della Festa del Lavoro, aveva voluto esprimere gratitudine al Cav. Casagrande intitolandogli quel ponte e ponendovi una targa opera dell’artista Ferruccio Gasperetti con la scritta: “Questo

 di Mario Pacher

ponte è per grata memoria intitolato al Cav. Egidio Casagrande maestro artigiano del rame”. Ma l’opera più grandiosa del Cav. Casagrande, fu la costruzione di una statua della Madonna che ora si trova ad Alpe Motta Campodolcino di Sondrio, sul monte Serenissimo a quasi 2000 metri di altitudine. Una statua della Vergine alta ben 16 metri che fu tenuta a battesimo nel 1958 dal Cardinale Montini, divenuto poi Papa Paolo VI^. Nel 1995 la scultura fu restaurata e nuovamente benedetta e quel luogo proclamato “Santuario dell'Europa Unita” alla presenza di Ezio, figlio del cav. Casagrande, del presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, del Cardinale Maria Martini vescovo di Milano, del Prefetto di Milano, del Presidente delle ACLI Previti e di Ermanno Olmi amico da molti anni di Ezio. Circa un anno fa, alcuni ex dipendenti, accompagnati anche da famigliari, hanno raggiunto, per una visita, Monte Serenissima ad Alpe Motta. Nella foto la grande statua della Madonna con i visitatori valsuganotti e, nel riquadro, il Cav. Casagrande.

AUGURI PER I VOSTRI 70 ANNI DI MATRIMONIO

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on sempre capita di vedere marito e moglie festeggiare le nozze di diamante, ovvero i 60 anni di matrimonio. Ma ciò quando accade, è un avvenimento decisamente straordinario da vivere in maniera straordinaria. Quando però si ha la fortuna di assistere al taglio della torta sopra la quale si trovano le 70 candeline che illuminano i 70anni di vita vissuta, guardandosi ancora negli occhi, magari mano nella mano, allora si vive un qualcosa che merita di veramente essere ricordato. E ci sarà stata grande emozione

e commozione quando Pietro Mario Anesi e Elsa Pancher, di Baselga di Pinè, classe 1922 (attualmente sono ospiti della Casa di Riposo di Pergine), hanno tagliato il dolce delle loro “nozze di ferro” rivedendo il momento quando, nel lontano 20 ottobre del 1945, hanno coronato il loro sogno più bello. E noi di Valsugana News desideriamo unirci e condividere con i familiari il messaggio di affettuosi AUGURI che i loro parenti, figli, nipoti e pronipoti hanno dedicato loro: “ Carissimi Elsa e Mario Vi ringraziamo di cuore per l'esempio di amore,

fede, coraggio e sacrificio che ci avete dato per superare le difficoltà della vita in serenità. Firmato dai figli Renzo e Bruna, dai nipoti Stefania Loris Massimiliano Laura e dai pronipoti Andrea Nico Anita e una bambina in arrivo”.


Da parte del Comitato a Difesa dell'Ospedale San Lorenzo di Borgo Valsugana, ci giunge questa lettera che volentieri pubblichiamo.

Crownfunding per l'Ospedale San Lorenzo:

UN’ESPERIENZA BELLISSIMA N

onostante non abbia raggiunto la cifra prefissata l'operazione di Crowdfunding (nella formula delle promesse di donazione) ha avuto un grande successo mediatico e ha contributo in maniera determinante a tenere vivo l'interesse dell'opinione pubblica sul futuro del glorioso ospedale "San Lorenzo di Borgo Valsugana" da sempre punto di riferimento insostituibile per tutti gli abitanti della Valsugana e del Tesino. Il Comitato a Difesa dell'Ospedale San Lorenzo di Borgo Valsugana, concluse le operazioni di contabilizzazione delle promesse di donazione si sente in dovere di ringraziare i 567 cittadini che direttamente su internet o attraverso i pagherò cartacei sottoscritti nel corso delle serate di presentazione dell'iniziativa svolte sul territorio, hanno aderito generosamente a questa iniziativa e hanno contribuito a raggiungere la considerevole cifra di 50.240,00 euro. Semplici cittadini che, assistendo alla proiezione del video nel corso degli appuntamenti organizzati in Valsugana e Tesino o sul sito internet dailymotion (ad oggi più di 1100 visualizzazioni e il video è ancora fruibile), hanno compreso lo spirito dell'iniziativa messa in campo dal Comitato spontaneo. A parte poche encomiabili eccezioni (la Giunta comunale di Borgo al completo e un solo rappresentante delle minoranze, un gruppo delle minoranze del Comune di Ospedaletto) hanno invece quasi completamente ignorato l'iniziativa gli esponenti politici che erano stati chiamati in causa prima della contesa elettorale dello scorso maggio, per dare

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forza a questo nuovo patto tra amministratori e cittadini nello spirito del 1952. Probabilmente l'ennesima occasione persa dalla politica, non ha permesso all'iniziativa di raggiungere la cifra prefissata che corrispondeva in euro a quanto impegnato da illustri concittadini più di 60 anni fa, quando grazie ad un'azione che si può definire eroica, amministratori e cittadini, strinsero un patto e avallarono una cambiale che risultò determinante per l'arrivo all'Ospedale di Borgo della prima bomba al cobalto in Europa, considerata all'epoca la cura più efficace nella cura delle patologie tumorali. Ora, come previsto dall'atto costitutivo, i sottoscrittori debbono considerarsi liberi dal vincolo della promessa di donazione, ma il Comitato di difesa dell'Ospedale San Lorenzo rispettoso degli sforzi compiuti da un numero considerevole di persone e nonostante questa iniziativa abbia raggiunto solo parzialmente il risultato prefissato, ha

comunque deciso di continuare la propria attività di sensibilizzazione sul tema, a fianco di tutti questi cittadini della Valsugana e del Tesino che hanno dimostrato di avere a cuore la sorte dell'Ospedale di Borgo e che non si rassegnano al suo declino.


LEVICO TERME

Ricordato Dalla Chiesa Il sacrificio del Prefetto di Palermo generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e della moglie Emanuela Setti Carraro, barbaramente uccisi dalla mafia 33 anni fa, è stato ricordatO a Levico Terme nel corso di una significativa cerimonia organizzata dall’Associazione Carabinieri in collaborazione con l’amministrazione comunale. Davanti al monumento fatto erigere nel 1987 dal Comune per ricordare il loro sacrificio, con la contemporanea intitolazione di quella piazza al Generale, è stata deposta al suono del silenzio d’ordinanza da parte del trombettista Simone Francescatti e benedetta dall’arciprete di Levico don Ernesto Ferretti, una corona d’alloro a cura della locale Sezione Carabinieri. Alla cerimonia hanno presenziato, oltre ai Carabinieri di Levico con il comandante Gianluca

Trentin e di altre Stazioni CC della Valsugana, i Fanti, gli Alpini, Finanzieri, Marinai e delegati di altre associazioni. Dopo l’intervento del Sindaco di Levico Terme Michele Sartori è seguito quello comandante Trentin, del presidente dei Fanti di Levico e presidente provinciale cav. Enzo Libardi che ha riaffermato con forza i valori della pace, del capitano CC Filippo D’Alessandro, del tenente Mauro Tranquillini coordinatore provinciale ANC e del capogruppo degli alpini di Levico Walter Pohl. (M.P.)

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Festival del mais

i è conclusa con grande successo a Levico Terme la 3^ edizione del “Festival del mais” e dei cereali, una tre giorni che ha attirato centinaia di visitatori valsuganotti e tanti turisti ancora presenti nella città termale. Ai lati delle centralissime vie Dante, Marconi e Regia, erano state allestite tante bancarelle dove, oltre a presentare i loro prodotti, venivano illustrati i segreti delle farine locali ed offerti pure degli assaggi. Una manifestazione organizzata dal Consorzio Levico Terme in Centro che comprendeva pure conferenze per spiegare le tipologie, i

tipi di macinazione e i suoi utilizzi. Nelle giornate di sabato e domenica della settimana di metà settembre, si è svolta anche la “gara delle polente” dove gli espositori si sono sfidati nella preparazione della migliore polenta con rispettivi contorni, fatta assaggiare e votare dai clienti ospiti. Interessante anche la presenza di laboratori creativi per insegnare come cuocere il pane e realizzare fiori e bambole utilizzando le foglie del mais e le pannocchie. Le tre giornate sono state caratterizzate anche da una esposizione di libri sull’argomento presso la pubblica biblioteca comunale. Hanno fatto da cornice alla manifestazione le musiche proposte dal coro Kirchekor di Hausham, cittadina germanica gemellata con Levico, le melodie latino americane nonchè gli “Iron Boots” con un ballo in piazza.(m.p.)

Banda Sociale di Pergine

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l concerto della Banda Sociale di Pergine sotto la direzione del maestro Claudio Dorigato ha concluso come da tradizione la “Festa Granda”. Lo spettacolo denominato “Voci dal mondo” ha spaziato in lungo e in largo proponendo brani molto suggestivi provenienti da ogni parte del pianeta: Arabia (Arabian dances), Israele (Shalom Alechem), Russia (Moskov 1941), Stati Uniti (New York e What e wonderful world), Argentina (Libertango), Spagna (El relicario e Plaza de Toros), Germania (Berliner luft), Irlanda (The lord of the dance) , Giappone (Sakura), Africa ( Swahili folk hymn) America (Fires of Madama), Italia (Sul ponte di Bassano). Nella seconda parte la Banda è stata affiancata dal Gruppo Giovanile. A conclusione l’immancabile “Inno di Pergine” musica da Giovanni Serra su testo di Angelo Valdagni. (G.F.)

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La tradizione dei

Mercatini diNatale novembre prendono il via in Valsugana ed in moltissime città i mercatini di Natale che come ogni anno ci accompagneranno e allieteranno nel periodo dell’Avvento: quello di Pergine verrà inaugurato il 14 novembre mentre a Levico le porte del parco secolare si apriranno ai turisti il 21 novembre, ed il 28 sarà la volta di Borgo

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Valsugana. Il periodo dell’Avvento, scandito da luci colorate che illuminano a giorno le vie dei centri urbani e le vetrine dei negozi, le musiche e gli eventi correlati ci fanno apparire questo periodo come un momento magico dell’anno e così nei secoli è stato, anche se con espedienti diversi. Questa, che a molti di voi può apparire come una tradizione recentissima e puramente commerciale, è invece in realtà una tradizione nordica tardo medievale, che ha avuto origine nel XIV secolo tra Germania e Alsazia, sotto il nome di .“Mercato di San Nicola”. La prima testimonianza scritta risale all’epoca di Federico II di Sassonia ed è datata 1434, tale documento riporta la concessione del regnante per l’allestimento di uno “Striezelmarkt” (cioè mercato dello Striezel) che venne allestito a Dresda nella piazza del Mercato Vecchio (Altmarkt) il lunedì precedente il Na-

tale. Lo Striezel è un dolce tipico di Dresda, anticamente era un dolce povero, una sorta di pane dolce che tra gli ingredienti annoverava soltanto farina, olio, lievito e latte, per onorare la tradizione religiosa del digiuno nel periodo d’Avvento. E’ del 1490 la cosiddetta “Lettera del burro”, emanata da papa Innocenzo VIII che consente l’utilizzo del burro, avviando il dolce ad una nuova ricetta più ricca e più simile a quella odierna. Questo dolce natalizio è oggi noto come Stollen o Christstollen, si tratta di un pane dolce con canditi o frutta disidratata, noci e spezie e decorato con glassa di zucchero, ha una forma affusolata che mira a richiamare alla mente il corpicino in fasce di Gesù. Quando nel ‘500 si diffonde nell’Europa del Nord la dottrina Luterana, per influenza della riforma protestante anche il mercato di Natale muta il proprio nome e viene ribattezzato “Christkindlmark”, cioè “Mercato del Bambin Gesù”. A Strasburgo il Christkindelsmärik è tradizione fin dal 1570, anch’esso precedentemente noto come mercato di San Nicola, ha mutato il suo nome per effetto della riforma protestante ed è a tutti gli effetti il mercatino di Natale più antico di Francia. In Germania si trova un altro dei più antichi mercati natalizi sviluppatosi molto probabilmente a partire dal 1610 dal normale mercato cittadino, si trovano infatti menzionate a partire da questa data parole natalizie nei documenti del con-


siglio comunale. La prima testimonianza certa del mercatino è conservata al Germanisches Nationalmuseum e risale al 1628, si tratta di una scatolina di legno di pino che riporta tale data e la scritta Kindles-Marck (mercato dei bambinelli). Anche Monaco in questo periodo vede il sorgere dei mercatini, testimoniati nella Kaufinger Strasse presso la “Schöner Turm“ (Torre Bella) a partire dal 1642 con l’appellativo di Nikolaidult. Trasforma anch’esso in seguito il suo nome in Christmarkt, come nel resto della Germania e trova la definitiva e storica sede come "Münchner Christkindlmarkt" in Marienplatz, proprio nel cuore della cittá. In Italia, il mercatino di Natale giunge dapprima a Bolzano nel 1990, nella rinomata piazza Walther per poi diffondersi a macchia d’olio; a Trento il primo mercatino di Natale viene inau-

gurato il 15 dicembre 1993. Anche la Valsugana negli anni ha visto il sorgere dei suoi mercatini Natalizi, a Levico nel caratteristico parco secolare Asburgico, a Caldonazzo, dove ha avuto sede per alcuni anni nella storica Corte Trapp e poi per le vie del centro storico di Pergine con il neologismo PerzenLand e da quest’anno anche nel paese di Borgo Valsugana che con i suoi portici si affaccia sulle sponde del fiume Brenta. Attrazione turistica, ma non solo i mercatini di Natale sono per ciascuno di noi luoghi magici, traboccanti di luci ed atmosfera, in cui si dispensano musiche e si assaporano profumi, ricchi di prodotti artigianali che ci rimandano alle tradizioni e ci allontanano dal consumismo odierno fatto di prodotti realizzati in serie. Un luogo di fiaba, tutto da esplorare e da vivere.

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Tutto Buono alla 3TBIKE I

l Buono (Vito), il brutto (tempo), il cattivo (fondo stradale). C’erano davvero tutti gli elementi da kolossal per l’ottava edizione della 3TBike, ultima tappa di Trentino MTB presented by crankbrothers, andata in scena il 4 ottobre scorso nella suggestiva location di Telve e della Valsugana. Benché i rumors della notte precedente preannunciassero una corsa dominata da Giove pluvio, tanto che molti iscritti hanno preferito dare forfait scoraggiati dalle previsioni meteo, subito dopo il via s’è capito che il tempo sarebbe stato molto... Buono, in ogni senso. Già, perché fin dai primi chilometri dello splendido tracciato predisposto dagli organizzatori, reso pesante e difficoltoso dalla pioggia caduta nel corso della notte precedente, è emersa tutta la classe di Vito Buono, rimasto al comando dall’inizio alla fine della gara. Buono ha fatto la differenza soprattutto in salita, rendendo vana anche l’alleanza tra Andrea Zamboni e Andrea Ri-

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ghettini che hanno dato tutto il possibile per riprendere il leader. E anche i tentativi di Deho, Vieider, Antonello e Fontana non hanno impensierito Buono che ha dettato la sua legge ed è andato a conquistarsi anche il Gran Premio dello Scalatore, tratto cronometrato poco sopra Torcegno che il biker lucano ha coperto nel notevole tempo di 6’3”. Sul traguardo finale Vito Buono ha fermato il cronometro su 1h27’48”, nuovo tempo di riferimento della gara visto che il tracciato di questa edizione della 3TBIKE è stato rivisitato dai dirigenti del GS Lagorai Bike per renderlo ancora più avvincente. Alle spalle di Buono sono giunti, nell’ordine, Zamboni, Righettini, Deho, e Vieider. Sono poi seguiti lunghi minuti di suspense per conoscere il vincitore assoluto di “Trentino MTB presented by crankbrothers 2015”: infatti Ivan Degasperi, leader della classifica generale, era stato vittima di una rovinosa caduta e per questo risultava piuttosto attar-

dato. Zamboni, secondo, controllava uno ad uno gli arrivi. Poi, dopo oltre 8 minuti, Ivan Degasperi seppur con la bici visibilmente danneggiata dal gran volo compiuto, giungeva sul traguardo e poteva così indossare la maglia di vincitore del circuito. Nella categoria femminile a dominare la gara è stata la veronese Lorena Zocca che ha tagliato il traguardo in due ore esatte, staccando Chiara Mandelli e Patrizia d’Amato. Con questa impresa Zocca ha conquistato anche il titolo della Trentino MTB 2015. Da sottolineare, infine, come tutti i partecipanti abbiano corso portando un fiocco rosso in memoria di Giovanni Vesco, scomparso per un malore proprio durante l’edizione 2014 della 3TBike. Un bel gesto che fa onore agli appassionati di questo sport, avvincente ma al tempo stesso anche molto faticoso, nel quale i veri valori contano ancora molto più di una vittoria sul traguardo finale. (J.G.)


LA BIRRA LAGORAI... ... bontà del bere

Foto di Daniele Costa

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a birra Lagorai nasce nel 2008 da un idea di Claudio Smaniotto che insieme alla figlia Sabrina coltivano il sogno di creare una birra di qualità che rispetti le ricette e le tradizioni delle prime birre di bassa fermentazione create in Baviera nel 1400. Keller Bier leggera, fresca e molto digeribile, Lagorai vuole essere una birra dai profumi fruttati, dal sapore maltato e con una gradevole nota luppolata. Una fresca e dissetante bevanda da consumare sia da soli che tra amici, anche in un allegro incontro conviviale. Lagorai, infatti, è una birra adatta a più svariati momenti di consumo: da un aperitivo in compagnia, ad un primo leggero, anche se, nella sua personalità di bevanda per

ogni occasione, ha abbastanza carattere per accompagnarsi ad una bella grigliata di carne. La ricetta é frutto dell'esperienza internazionale di Christine Dujardin, ingegnere birraio, una delle prime a laurearsi in questa disciplina nei anni 60 in Belgio, con la quale Smaniotto “senior” ha lavorato per tanti anni in Africa. Claudio e Sabrina Smaniotto con la “loro” Lagorai vogliono perseguire la convinzione che la birra artigianale é quella che di più, non solo rispetta la cura del prodotto e la lunga tradizione birraia, ma anche chi, con attenzione e amore, seleziona materie prime di qualità e le trasforma rispettando i tempi di produzione naturale.

Sabrina e Claudio Smaniotto

SPACCIO: Località Broletti - CASTELNUOVO (TN) Telefono ufficio: 0461 759 938 Smanioitto Claudio: 348 7054229 Smaniotto Sabrina: 3482369023

Mail: claudiosmaniotto@unikapartner.it Social: facebook.com/birralagorai ORARIO: 8.00 - 12.00 / 14.00 - 18.00


SPERA

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NUOVA SEDE ALPINI

stata inaugurata a Spera in Valsugana, la nuova sede di tutte le associazioni del paese realizzata dal locale gruppo Alpini guidato dal capogruppo Tullio Vesco. Una costruzione nuova, nata nel parco urbano, che ha visto l’impegno degli oltre 50 appartenenti al gruppo delle Penne Nere dedicando, come ci ha testimoniato il componente il direttivo Iginio Ropelato, per ben due anni e in maniera del tutto gratuita, il loro tempo libero. La festa per questo evento è iniziata ancora sabato sera con un concerto all’interno della chiesa parrocchiale, del coro Cima Tosa di Fiavè. Poi domenica la parte più significativa della festa che è iniziata con l’ammassamento e la sfilata con tanta popolazione e gli oltre cinquanta gagliardetti in rappresentanza di altrettanti gruppi non solo alpini provenienti dal Trentino e da

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fuori provincia, ma anche di altre associazioni combattentistiche e d’arma. Presso il Capitello “Sogno di Carzano” il lungo corteo ha sostato per una commemorazione e la successiva deposizione di una corona al monumento ai Caduti all’interno del cimitero di Spera. Quindi la celebrazione di una S. Messa da parte del parroco don Armando Alessandrini, l’alza bandiera e la benedizione della nuova struttura. Sono seguiti i vari interventi delle autorità: il capogruppo Vesco ha tracciato una cronistoria del locale Gruppo che è stato costituito 52 anni fa ed intitolato alla memoria di Giuseppe Purin, caduto in guerra. Ha ricordato poi le varie attività di cui il Gruppo si rende promotore, in collaborazione anche con altre

associazioni del posto. Il primo cittadino Alberto Vesco: “non capita tutti i giorni che un’associazione chieda di poter costruire direttamente una struttura destinata a fini ricreativi e di aggregazione per la propria comunità, ma quando si parla di Alpini tutto diventa possibile”. Per l’intera giornata ha fatto da cornice musicale la fanfara alpina STAR OF ALPS di Villanuova Sul Clisi in provincia di Brescia.


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’associazione “Amici dell’Armonica a Bocca” di Trento, come è successo negli ultimi anni, si presenterà al pubblico della Valsugana con la manifestazione “suona con noi l’armonica” martedì 1 dicembre alle ore 21. Ad accogliere questo incontro aperto a tutti, sarà lo splendido salone delle feste al PALACE HOTEL di Roncegno, che chiuderà la Stagione 2016 quale ultimo appuntamento dei “Concerti del martedì” che attraggono numerosi spettatori da tutta la Valle. Questa esibizione pubblica rappresenta un punto importante di arrivo ed un riscontro verso l’esterno di tutta l’attività svolta con i corsi di armonica diatonica e di armonica cromatica tenutesi nella sede di Trento ed anche di Borgo Valsugana. In questa serata si confrontano modi di suonare lo strumento che dimostrano la versatilità dello stesso affrontando testi di vario genere, dal classico al folk, dalla musica popolare alla canzonetta sentita magari al Festival di San Remo, al blues. Certo lo strumento, per la sua configurazione, lascia molto spazio alla fantasia nell’esecuzione dei diversi testi musicali, se poi aggiungiamo la creazione di effetti particolari, che ai più a volte sembrerebbero impossibili, come non riconoscere a questo piccolo strumento la funzione di far avvicinare tra loro gli amanti della musica? Quest’anno, tra l’altro, suonerà al saggio un ragazzo undicenne che ha frequentato quest’anno il corso di diatonica a Borgo Valsugana, che Giovanni, ormai un noto personaggio che forse presenterà qualche sorpresa, per movimentare il tutto. Dietro a questo saggio c’è l’armonicista Santo Albertini, Presidente dell’associazione, che con molta dedizione insegna, indica, consiglia, corregge e riprende se necessario i “suoi alunni “per “ricavarne “il meglio, e presentarcelo dopo mesi di esercizi su un piatto d’argento.

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Pergine Valsugana

 di Chiara Paoli

AUSER… anziani in fermento

Dire che propongono l’invecchiamento attivo degli anziani è dire poco! La sezione perginese dell’associazione Auser, presieduta da Elia Bernardi con l’aiuto della carismatica Maria Sartori, fa molto di più, organizza eventi culturali e gite e rende partecipi gli anziani di progetti interessanti e innovativi, e lo fanno anche grazie ai molti volontari che si rendono partecipi.

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no dei progetti che sicuramente tutti ricordano è quello della “Sciarpalonga”, una grande opera di solidarietà e di volontariato che ha visto la collaborazione di associazioni, casa di riposo, scout e alpini. 3.150 m di lunghezza, 25.000 ore di lavoro, 1.100 km di filato, 4,5 quintali di pesi, questi i numeri di quanto è stato realizzato a partire da un’idea di Marisa Fontanesi, un’immensa opera realizzata con i ferri che è stata “srotolata” lungo le vie di Pergine durante la festa Granda. Quest’iniziativa è una notevole opera di beneficienza; il ricavato della vendita delle sciarpe è stato infatti devoluto a favore del Villaggio del Fanciullo SOS di Trento. Da questa incredibile esperienza è scaturito un volume edito nel 2014 con il sottotitolo “Ricordi

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sul filo di lana”, che ripercorre le tappe di questa incredibile esperienza; quasi come una reliquia un pezzo della Sciarpalonga è custodita in ogni sede italiana del Villaggio Sos. Ma le attività proposte da Auser sono tantissime, dal 2012 presso l’RSA Santo Spirito viene organizzata l’iniziativa “Ballando con il cuore” in collaborazione con l’associazione Danzamania e sostenuta da Cooperazione Reciproca (CR Pergine), un modo per allietare le giornate, per socializzare ma anche per tenersi in forma e riattivare le funzioni cardiache e gli apparati vascolare e muscolare. Un’altra ormai consolidata proposta dell’associazione sono i “Venerdì del Moro”, pranzo organizzato per banchettare in compagnia; gli anziani infatti spesso si sentono soli e non hanno voglia di cucinare soltanto per se stessi e preferiscono condividere il pranzo con gli amici al Ristorante. L’associazione ha organizzato in primavera e riproposto visto il grande successo per il mese di ottobre, i “Matinée musicali” che allietano le do-

menica mattina al teatro delle Garberie nel centro storico di Pergine. L’estate è stata come sempre ricca di eventi per i soci che hanno potuto godere delle domeniche pomeriggio organizzate al Parco Tre Castagni con musica dal vivo e dell’immancabile “Festa d’estate” organizzata domenica 9 agosto nella palestra della Scuola Primaria di Canale in collaborazione con il Comitato Adulti e Anziani dell’ACS Canale ed il Circolo Comunale Pensionati e Anziani, che ha visto la partecipazione di circa 200 persone. Apprezzatissime sono le feste in maschera che in questi anni l’Auser ha organizzato in occasione del carnevale presso il Lidò di San Cristoforo, ma anche le iniziative per la festa della mamma con la vendita dei fiori al mercato di Pergine, arricchite da una poesia in dialetto trentino. Il volontariato offerto in occasione dei mercatini di Natale di PerzenLand hanno visto alternarsi i soci Auser per l’apertura delle mostre allestite presso palazzo Hippoliti, ma i tesserati sono anche sempre pronti a partecipare attivamente alle molte iniziative organizzate dal Comune, come la Festa dei Porteghi e dei Spiazi o la Cena BiancoRossa. Un’associazione sempre in fermento, con un occhio di riguardo anche per il


riuso, in collaborazione con l’Associazione Gruppo Famiglie Valsugana e con la cooperativa CS4 da settembre 2013 i volontari collaborano per le aperture di questo Centro di Riuso permanente inizialmente finanziato dalla Provincia che ha sede in via Cesare Battisti. Qui vengono raccolti quegli oggetti che per qualunque motivo non si usano più, ma ancora in buono stato ed ai quali è quindi possibile dare una seconda vita. Nel negozio, arredato con elementi di riuso è possibile trovare vestiario adulto e bambini, oggettistica e tessili per la casa, giocattoli e libri di seconda mano che sono acquistabili a prezzi contenuti. I giovedì mattina l’associazione è presente al Teatro delle Garberie per il Punto d’incontro, ma anche per offrire un angolo solidale, dove gli oggetti ed il vestiario che viene “scartato” da Pergine Crea, magari perché alla maglia manca semplicemente un bottone, ma comunque ancora in buono stato, viene donato a chi è più bisognoso. Auser si caratterizza però soprattutto come associazione di auto-mutuo aiuto

ed uno dei servizi più richiesti è proprio quello di accompagnamento alla persona per visite, terapie e servizi in genere. Le finalità dell’organizzazione Auser, dal sito internet dell’Auser regione Trentino: “L’Auser si propone attraverso l’esercizio del diritto degli anziani ad organizzare ed a valorizzare le proprie capacità ed esperienze per diventare protagonisti di una nuova stagione di solidarietà, di favorire e sviluppare la cultura e la pratica dell’attività di volontariato per azioni di solidarietà verso le persone anziane, disagiate, o non autosufficienti ed offrire occasioni di attività socialmente utili.” Bellissima que-

RISTORANTE PIZZERIA

sta dichiarazione di intenti che è sicuramente e pienamente condivisa dall’associazione di territorio, che si fa promotrice anche dell’organizzazione di gite e di eventi culturali, con un attenzione particolare alle usanze di un tempo, quelle che gli anziani sanno tramandare tanto bene e che li lega alle loro origini, al loro passato, alla loro storia.

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ALFA 48 STORIA DELLA MUSICA

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 di Alessandro Dalledonne

utto nasce il 30 luglio del 1967. Una storia, quella degli Alfa 48, che quest'anno compie.....48 anni! Da quasi mezzo secolo insieme, un percorso, quello della band levicense, festeggiata nei giorni scorsi con una serata davvero particolare. C'era il tutto esaurito al Teatro Caproni di Levico alla serata dal titolo “Alfa 48...48 anni giocando con la musica”. Ricordi, aneddoti, ripercorsi con la partecipazione dei diretti interessati che, nel corso degli anni, hanno suonato nel gruppo. Era il primo appuntamento della stagione di prosa, organizzata anche que-

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Alfa 48 campo sportivo di Levico 30 luglio 1967 con Pippo Baudo

st'anno in paese, dalla locale Filolevico. Con gli Alfa 48 che hanno messo anima e cuore, dopo settimane e settimane di prove. E, per l'occasione, si sono rifatti vivi anche alcuni vecchi componenti del gruppo. C'è chi ha lasciato la band da tempo, altri, invece, oggi salgono ancora sul palco con la stessa voglia di suonare, la stessa energia e passione di allora. Gli Alfa 48, ieri come oggi, profondamente legati ai Nomadi. La loro storia nasce al campo sportivo di Levico, in una calda serata d'estate. Sul palco un conduttore emergente, che sta portando in giro per l'Italia il programma «Sette note per sette voci» per cercare nuovi talenti: Pippo Baudo. Sono impauriti e timorosi Vinicio Tais (batteria), Franco Gennari (tastiere), Paolo Acler (voce), Pino Mazzon (basso) e Ferruccio Brida (chitarra). Tante volte, al Lido, hanno ascoltato ed ammirato i Nomadi con Augusto Daolio. Ma sul palco si sciolgono e con la canzone «Noi non ci saremo» riescono ad aggiudicarsi l'ambito premio. «Per noi è stata una serata indimenticabile - ci raccontano quando li incontriamo a Levico - l'inizio di una bellissima e lunga avventura che dura da ben 47 anni». Dopo la serata del debutto gli Alfa 48 iniziano ad esibirsi nei vari locali della Valsugana. Da Levico a Borgo, e in altre valli

del Trentino. In quel periodo, in Valsugana, i ragazzi della band di Levico erano emergenti e, nello stesso tempo, a Borgo era in voga il gruppo delle Lanterne. Una amicizia, tra i due gruppi, durata nei decenni tanto che oggi, in occasione di ogni concerto, Vinicio “the voice” Tait non manca mai di ricordare gli amici, purtroppo oggi tutti scomparsi. Ma torniamo all'estate del '67. Nella band entra anche Flavio Angeli (chitarra) e per diversi anni il gruppo riscuote successi, concerti uno dietro l'altro fino al 1971 quando, per diverse ragioni, gli Alfa 48 sospendono l'attività. Ma solo per pochi anni. «La passione ha ripreso il sopravvento e, pur con i nostri impegni di lavoro e familiari, siamo tornati a suonare». A Vinicio, Franco e Flavio si uniscono Ugo Pallaoro (basso) e Marco Rover (chitarra). Ricomincia l'avventura. Con lo stesso entusiasmo, la stessa grinta e tanta, tanta voglia di cantare e suonare i Nomadi. Nel repertorio anche qualche canzone di altri gruppi italiani. Negli anni '80 gli Alfa 48 aprono le porte a Franco Rover (batteria) e Mario «Cico» Gaigher (chitarra) e tornano ad esibirsi dal vivo. Spesso lo fanno anche fuori regione e verso la metà degli anni '90, in collaborazione con l'Agenzia Musica Show Production, sono impegnati in brevi tour estivi. Con i Nomadi sempre nel cuore. Arrivano i capelli bianchi, e nel 1999 anche il loro cd «Ego», registrato e mixato presso la Sonica Studio's di Ro-


vereto. «Per noi è stato un traguardo, un momento importante che abbiamo affrontato senza grandi pretese ma con la stessa voglia di musica e d'amicizia che da sempre ci lega». Gli Alfa 48 continuano ancora a suonare. Le uscite sono centellinate, soprattutto a Levico ed a Borgo. Sul palco con Vinicio (voce), Franco, Mario, Marco e Franco anche il bassista Simone Magri e la voce di Roberto Pa-

Alfa 48 - Bosentino 1969

squini. Buon compleanno Alfa 48! A quelli di oggi ed a tutti quelli che hanno suonato, cantato o collaborato nei vari decenni: Paolo Acler, Pino Mazzon, Ferruccio Brida, Flavio Angeli, Ugo Pallaoro, Saverio Sartori, Alessandro Gabrielli, Sandro Pinamonti e Paolo Boccher. Con loro Gianpaolo Marcellis che ha curato il mixer e le due “cori-

ste” Emma Acler e Rita Gabrielli che hanno accompagnato, nei primi anni, la band. Arrivederci tra due anni per festeggiare insieme, magari con un grande concerto, il mezzo secolo d'attività in Valsugana. Tanti anni trascorsi e vissuti....giocando con la musica!

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ME R E T O IC LEV

I cent’ anni della Grande Guerra

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l “Cenacolo Valsugana di Poesia“ ha recentemente iniziato la serie d’incontri per ricordare il “Centenario della Grande Guerra”. Un prologo c’è stato presso il restaurato forte del Colle delle Benne con la presentazione di volumi storici, poi un successivo incontro-recital e mostra presso l’Hotel Cristallo di Levico Terme, con illustrazione di tanti eventi bellici che hanno riguardato Levico, il Trentino e le zone di confine con l’Austria, l’Ungheria e l’Italia. Rosa Maria Campregher e Rosanna Gasperi, Stefano Borile e Diego Orecchio, Sergio Balestra e Luciano De Carli hanno presentato, letto ed illustrato, i momenti del profugato dei valsuganotti, la disperazione delle famiglie per la partenza di un congiunto verso l’Austria, la Boemia, la Moravia ed altre ignote località per un lungo esilio, du-

rato 1500 giorni. Sono stati proposti molti aneddoti che riguardavano i viaggi dell’andata e del ritorno su carri bestiame, i lavori offerti occasionalmente durante l’espatrio, gli studi presso le scuole boemo-morave, gli incontri delle comunità trentine presso i santuari, la fede dimostrata sempre dalle donne ormai diventate capofamiglia, perché mariti e figli erano a fronte. Sono state così evidenziate per la riflessione, storie e cronache che riguardavano anche i lager di Braunau e Katzenau, di Pottendorf e Mitterndorf, le cosiddette città di legno, di baracche che hanno pure ospitato persone sospette di italianità o solo famiglie allo sbando per la guerra. Roberto Murari e Saverio Sartori hanno fornito gli intermezzi musicali per momenti di riflessione fra un episodio e l’altro, fornendo un tocco culturale im-

Timori per la guardia medica di Pieve Tesino

Animali sulla SP47, allarme sicurezza

La riorganizzazione del servizio sanitario provinciale potrebbe comportare, fra i vari provvedimenti, anche la chiusura della guardia medica di Pieve Tesino. Tale ipotesi preoccupa non poco i residenti della conca tesina, tanto che è stata avviata una petizione popolare che ha raccolto oltre 1300 firme. Anche sul fronte politico vi sono state varie interrogazioni in Consiglio provinciale sia da parte della maggioranza che della minoranza.

Messa in sicurezza della SP 47 nel tratto Grigno-Ospedaletto e creazione di un by pass dedicato agli animali con una sorta di sottopasso. È quanto chiede il consigliere provinciale Claudio Civettini con un'interrogazione al Presidente della Provincia, Ugo Rossi, a seguito dell'incidente automobilistico di cui è stato vittima il consigliere della Comunità di Valle Giuseppe Corona che ha rischiato serie conseguenze investendo un cervo di grandi dimensioni. Peraltro l'attraversamento di ungulati di varie specie sulla SP 47 non sarebbe una novità nella zona.

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Una recite presso l’hotel Cristallo portante ed opportuno. Esplicative sono state le letture de il “Bollettino diocesano dei profughi” diretto da don Luigi Cetto di Selva di Levico nonché i ricordi del vescovo mons. Celestino Endici e di mons. Rauzi, figure carismatiche per i profughi “Fòr per le Austrie”. Una mostra opportunamente allestita ha accompagnato questo primo incontro-recital suscitando, fra il pubblico presente, attenzione e numerose domande sulla Levico di cent’anni fa, sulla nascita del termalismo e del turismo, sull’artigianato ed agricoltura di un tempo, sulle strutture alberghiere, turistiche, scolastiche e sociali d’inizio 1900. (M.P.)

Ex Villa Rosa: “Riutilizzo difficile” Nei mesi scorsi erano state presentate varie interrogazioni sul degrado che colpisce l'area ex Villa Rosa di Pergine, struttura sanitaria – oltreché architettonica – di grande importanza nella storia della città che, tuttavia, negli tempi appare in balìa di vandali e senza fissa dimora. Ora l'assessore provinciale competente, Mauro Gilmozzi, ha fatto sapere che nonostante nel giugno 2014 sia stato deliberato dalla Giunta provinciale lo svincolo dalla destinazione sanitaria, l'area è ancora di proprietà dell’ApSS. L'assessore afferma inoltre che dopo la cessazione dell’immobile, avvenuta il 19 luglio 2013, si è provveduto alla chiusura dei tre varchi di accesso e al bloccaggio delle porte del perimetro esterno della struttura. Anche dopo i furti degli impianti elettrici si è provveduto più volte al ripristino delle chiusure esterne ed interne. In merito al riutilizzo dell'edificio, comunica infine Gilmozzi, non appare semplice, vista anche la congiuntura economica, mentre per una destinazione dell'area ad un uso diverso da quello previsto dal PRG, serve un confronto con il Comune di Pergine Valsugana.


GANA U S L A V BORGO

IL VERO FAI DA TE

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bolis Bruno, classe 1952, è quello che, senza tema di smentita, potremmo definire un bravo artista “fai da te”. E sono le sue originalissime opere e le sue creazioni che lo etichettano tale. In possesso di particolari capacità manuali e di una personale creatività evidenziate sin da piccolo, oggi Bruno, dopo trentasei anni di qualificato lavoro alla Coster di Calceranica è riuscito Abolis Bruno a realizzare, essendo ospite da 2 anni nella Casa di Risposo di Borgo, e quindi con tanto tempo a disposizione, una mostra di disegni, un castello, ma soprattutto una piccola città in miniatura con tanto di stazione ferroviaria e treno. E lo ha fatto usando non costosi materiali o attrezzi particolari bensì povero turaccioli, sughero, carta, cartone, rotoli di carta igienica e chi più ne ha più ne metta. E alla fine, grazie al suo estro ed alla propria inventiva, ne è venuta fuori una vera autentica opera d'arte che indiscutibilmente merita di essere visitata. E a nostro modesto avviso potrebbe essere anche interessante, come esempio agli alunni e studenti, permettere che tale creazione possa essere anche esposta nelle varie scuole, specialmente alle elementari e medie. Ed ora aspettiamo le prossime opere del “nostro” Bruno che a suo dire dovrebbero essere un albero di Natale per il concorso di Castelnuovo e un originalissimo presepio da esporre al Centro Commerciale Le Valli.

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L'ABBIGLIAMENTO per ogni età U

n tempo esistevano negozi di abbigliamento con un target ben preciso: elegante, casual, classico, moderno, per giovani o per una clientela più avanti nell'età. Tante etichette che, inevitabilmente, finivano per identificare l'insegna di un negozio con un'unica tipologia di clientela. I giovani si servivano da un determinato commerciante perché era molto trendy, gli adulti preferivano fare i propri acquisti da un altro perché ritenuto “specializzato” per la loro fascia d'età. Oggi, fortunatamente, queste distinzioni così settoriali non esistono più per due ragioni fondamentali: un'evoluzione dei costumi della nostra società da un lato, e dall'altro – di pari passo – un diverso approccio da parte degli esercenti al cosiddetto “pianeta moda”. Per quanto riguarda l'evoluzione dei

costumi si può pensare, ad esempio, al successo avuto nell'ultimo mezzo secolo dal jeans, prima capo d'abbigliamento prediletto dai giovani che volevano porsi in maniera anticonformistica rispetto ai costumi tradizionali, poi fenomeno di massa che ora affascina e veste tutte le generazioni, dai bambini fino ai pensionati. Una rivoluzione socioculturale, quella sviluppatasi negli ultimi cinquant'anni, che non poteva di certo lasciare indifferenti i gestori di negozi d'abbigliamento, i quali hanno subito compreso come la clientela non sia più catalogabile in classi d'età. E anche chi compra un capo d'abbigliamento ormai sa perfettamente che può trovare tutto ciò che cerca anche presso negozi rinomati per vestire solo una determinata categoria di persone. È il caso, ad esempio, di negozi che nel corso dei decenni hanno

saputo crearsi una vasta clientela adulta, offrendo qualità, prezzo e consulenza: ebbene, oggi quei negozi non solo continuano a servire egregiamente questa determinata categoria, ma in più sanno offrire ottime soluzioni anche ai giovani, i quali – oltretutto – potranno anche usufruire della sicurezza e della competenza che solo le insegne con una lunga e consolidata esperienza alle spalle sono in grado di garantire ai clienti di ieri, di oggi e sicuramente anche di domani.

ABBIGLIAMENTO E INTIMO DA 0 A 99 ANNI

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ABBIGLIAMENTO TECNICO: tra moda e tecnologia O

rmai è risaputo quanto lo sport sia apportatore di grandi benefici per il nostro corpo e la nostra salute. Una costante attività, anche modesta e non agonistica, unita a una sana alimentazione, è in grado di scongiurare molte patologie, anche gravi, tipiche della nostra società che tende ad essere troppo sedentaria. Chi pratica sport, però, sa bene quanto sia importante anche l'attrezzatura, che varia molto a seconda della disciplina prescelta. Alcuni, tuttavia, sottovalutano ancora l'acquisto di abbigliamento sportivo adeguato alle proprie necessità, accontentandosi di semplici surrogati che, oltre a lasciare molto a desiderare sotto il profilo estetico, paiono non del tutto efficaci e poco performanti, se non addirittura talvolta pericolosi, dal punto di vista tecnico. Oggi, difatti, l'abbigliamento sportivo

segue tutti i dettami della moda ed è in grado di soddisfare qualsivoglia desiderio per quanto riguarda forme e colori, ma è soprattutto all'atto pratico che sa offrire a chi lo indossa quella sicurezza e quella comodità cui vanno aggiunte le prestazioni altamente performanti in caso di utilizzo agonistico. Non è un caso, quindi, se tutti i campioni delle più svariate discipline sportive seguono con cura quasi maniacale la scelta dei propri vestiti, tute e accessori di gara. Se, come si suol dire, l'abito non fa il monaco, è altrettanto

vero che un abbigliamento tecnicosportivo adeguato è in grado di fare quella piccola differenza in gara che forse non permetterà a di diventare dei veri campioni, ma di certo agevolerà tutti nello svolgimento della propria pratica sportiva prediletta in maniera divertente, efficace e sicura.

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G.S. VALSUGANA: O T N E G R A E D N A R UN G

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Abigail Gyedu

Elisa Zanei e Giada Palezza sul podio insieme a Simona La Mantia

La staffetta 4x100

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l GS Valsugana ha stravinto la Finale Argento Femminile Nazionale di atletica leggera per società che si è disputata a Matera a fine settembre raggiungendo l’ambito traguardo di tornare il prossimo anno nella Finale Oro con le migliori società italiane. Le ragazze della società trentina con una splendida prova hanno letteralmente dominato la competizione totalizzando ben 106 punti lasciando la società seconda classificata, il Cus Cagliari, a 73 punti con 23 punti di vantaggio, terza la Libertas Udine a 67, a seguire il Cus Torino, il Quercia, la Pro Sesto, Libertas Perugia, Cus Palermo, Sisport, Bologna, Empoli, Trieste. La trasferta in terra lucana ha visto la presenza insieme alle atlete del Presidente Mauro Andreatta, del vice Mattia Gasperini, di alcuni dirigenti e allenatori. Questi i risultati delle nostre ragazze: primo posto assoluto nel salto in lungo con Giada Palezza (5.97) davanti a Elisa Zanei (5.73), la stessa Zanei ha ottenuto il terzo posto anche nel salto triplo (12.57). Vittoria nei 100 metri ostacoli di Abigail Gyedu nel tempo record di 13”96. Grande

 di Giuseppe Facchini vittoria anche della staffetta 4x 100 nel tempo di 47”30 quartetto composto da Gyedu Abigail, Marinella Maggiolo, Monica Lazzara e Silvia Corbucci. Secondi posti per Luisa Sinigaglia nel lancio del giavellotto 47.95), per Greta Zin sia nel lancio del disco (46.67) che nel martello (55.85), per Laura Dalla Montà nei 3000 siepi in 10’49”00. Terzo posto per Anna Padovan nel salto in alto (1.61) e ancora di Laura Dalla Montà negli 800 metri (2’13”19). Ottimi risultati per Silvia Corbucci sesta nei 100 metri, di Marinella Maggiolo quarto posto nei 400 metri, Sonia Marongiu nona nei 5000 metri, di Anna Generali undicesima nei 400 ostacoli, di Yohely Luna IJmenez quarta nel peso, di Noa Ndimurwanko quinta nel martello, di Paola Padovan quarta nel giavellotto, della staffetta 4x400 con Monica Lazzara, Marinella Maggiolo, Elena Ioriatti, Laura Dalla Montà. Una grande prestazione che premia il lavoro svolto dalla società valsuganotta.


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MEDICINA&SALUTE

conosciamo

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e dovessimo chiedere a una decina di persone cosa si intende col termine stress, probabilmente otterremmo dieci definizioni diverse. Lo stress è uno stimolo negativo per chi lo prova, produce una risposta psicologica e neurovegetativa specifica, ma diversa per ogni individuo. Non esiste quindi una definizione di stress precisa comune per tutti e infatti ciò che può essere stressante per un soggetto può essere piacevole per un altro. Ma tutti prima o poi si trovano in una situazione che provoca loro stress: il comune denominatore è la sensazione spiacevole che trasmette una situazione in cui si manifesta

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 di Laura Fratini questo stato emotivo. Il nostro organismo reagisce ad una richiesta esterna o interna al soggetto, alla quale il corpo deve adattarsi o cambiare in risposta ad esso. C'è una prima fase di allarme, dove l'organismo inizia a preoccuparsi o a notare che ci sono nuove richieste a cui deve dare una risposto, alla quale segue la fase in cui l'organismo cerca di reagire al cambiamento riportando il corpo e la mente in equilibrio. Si tratta quindi, in origine, di un meccanismo naturale, che dovrebbe servire al corpo per adattarsi ad una situazione che richiede di essere affrontata. Esiste dunque la parte positiva dello stress, in quanto una situazione stressante ci comunica che sta avvenendo un cambiamento e se di breve durata, può migliorare le nostre capacità di strategia, migliora le nostre prestazioni e può essere stimolante. Se però lo stimolo stressante ha una durata prolungata nel tempo o cresce d'intensità, l'organismo fa fatica a reagire allo stimolo e viene a mancare la capacità di adattarsi. Per questo il soggetto esaurisce le sue energie fisiche e mentali, provocando una situazione di

''stress'', uno stato di malessere a cui spesso non si sa come reagire: ci saranno persone che reagiscono a stimoli stressanti mangiando troppo, altri si arrabbieranno, altri ancora si preoccupano etc. Il livello di cortisolo rilasciato in questa ultima fase è tale che l'organismo modifica il metabolismo degli zuccheri, delle proteine e dei grassi aumentando la richiesta di energia per l'organismo, fino ad arrivare ad arrivare ad abbassare le difese immunitarie provocando emicranie, mal di pancia, influenza. Quali sono gli eventi positivi che possono provocare ''stress''? Una promozione lavorativa, il matrimonio, iniziare una nuova esperienza lavorativa. Chiaro che esistono eventi che creano situazioni di stress negative (definito distress) come la perdita di una persona cara, ricoveri ospedalieri, disoccupazione, rottura del legame di coppia. Minimizzare i sintomi provocati dallo stress può essere un problema, perchè spesso quando il livello di stress si alza esponenzialmente è più facile che si presentino: attacchi di panico, ansia generalizzata, ma anche depressione.


notte) quindi anche l'insonnia contribuisce ad alimentare situazioni stressanti. Infine, i genitori dovrebbero sforzarsi di lasciare fuori dalla porta di casa tensioni, stress e arrabbiature: i figli assorbono come spugne i malumori di mamma e papà, senza che questi se ne rendano conto. Anche i bambini, quindi, possono essere facili bersagli di stress, devono essere gli adulti a creare un ambiente sereno e armonioso dove crescere.

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La dott.ssa Laura Fratini è specializzata in Psicologia clinica (laurafratini.psicologa@gmail.com) La dottoressa Fratini riceve su appuntamento: tel. 339 2365808

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OMEOPATIA

Cos'è la Mindfulness? La mindfulness è una forma di meditazione applicata all’attività clinica. È una pratica di "attenzione consapevole", intenzionale, dove il soggetto, guidato da un esperto, impara a stare nel momento presente con le sue sensazioni e con quello che ha dentro, cercando di avere un atteggiamento non giudicante ma accettando ciò che succede nel presente. Si tratta di una potente strategia per fronteggiare lo stress emotivo e ha come obiettivo principale quello di sviluppare una relazione “decentrata” con i nostri pensieri, riuscendo a vederli solo come semplici prodotti della nostra mente, come interpretazioni della realtà

e non come la realtà stessa. Se riusciamo ad accorgerci di avere un’emozione o un pensiero depressivo o ansioso, sarà più facile riuscire ad evitare di entrare, in modo automatico, nella modalità dell’agire, cadendo così in circoli viziosi sempre più stretti e soffocanti. Questa disciplina, praticata da alcuni di noi professionisti, rappresenta un forte contributo alla gestione dello stress. Sembra che una fascia molto colpita dai disturbi legati allo stress sia proprio quella degli adolescenti e sempre più soggetti soffrono della sindrome di burn out: i ragazzi, e non solo, accumulano un elevato livello di stress, fino a superare il limite massimo di sopportazione. Non bisogna trascurare l’attività fisica: lo sport è un valido antistress, aumenta l’autostima, è un momento di gratificazione e divertimento. È importante anche dormire a sufficienza (9-10 ore a

FITOTERAPIA

Riuscire a conoscerlo, comprendere le modificazioni dell'organismo e le emozioni che entrano in gioco permette di gestirlo in modo più funzionale. Lo specialista può aiutare a gestire il momento stressante che il soggetto sta vivendo non solo con la psicoterapia ma anche con pratiche specifiche come la Mindfulness.

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BENESSERE&SALUTE

MONTATURE E LENTI PER BAMBINI

 di Rolando Zambelli Rolando Zambelli è titolare dell’Ottica Valsugana con sede a Borgo Valsugana in Piazza Martiri della Resistenza. È Ottico, Optometrista e Contattologo.

Una scelta delicata

Le più opportune indicazioni della medicina ci dicono che in età scolare e prescolare è utile, anzi raccomandabile, sottoporre il bambino ad una visita oculistica, in modo tale da poter diagnosticare e curare tempestivamente eventuali difetti visivi. Indicazioni che spiegano e suggeriscono anche gli appropriati consigli sul giusto modo di far portare al bambino gli occhiali.

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ar indossare gli occhiali al vostro bambino, in caso di necessità, non deve essere vissuto come un dramma, anzi bisogna comprendere che è una opportunità in più! Grazie ad essi, infatti, potrò sviluppare correttamente la visione e, in alcuni casi, evitare di doverli portare più avanti. La montatura per i bambini, sia da vista che da sole, non sono una replica di un prodotto da adulti costruito a “misura di bimbo”, ma sono il risultato della ricerca tecnologica più avanzata che risponde a criteri di qualità, sicurezza e comodità per i bambini che giocano e si muovono tutto il giorno. A tal proposito è utile ricordare che circa il 60% dei bambini, nell'arco dell'anno, rompono la montatura benchè questa

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abbia un elevato standard qualitativo: questo perchè l'età, le attività, i giochi e la personalità di ogni singolo bambino rendono probabili inconvenienti del genere. Quindi, quella della montatura degli occhiali, è e deve essere una scelta ponderata fatta insieme all'esperto.

Così come per la montatura, anche per le lenti si dovrà prestare molto attenzione alla scelta del materiale e ai trattamenti. In ogni caso buona regola è che le lenti, oltre ad essere di materiale organico (plastica) e non di vetro, devono avere una giusta consistenza, ovvero indurite per renderle più resistenti all'usura e all'abrasione e, se è possibile, con un trattamento antiriflesso per aumentare il contrasto ed avere quindi un maggior stimolo visivo. Una buona visione può mantenersi nel tempo anche con una corretta manutenzione degli occhiali. Per questo bisognerà educare il bambino a tenere le lenti ben pulite e ben posizionate sul viso; infine una giusta manutenzione ed un periodico controllo da parte di oculi-


sti ed ottici, oltre alla eventuale regolazione di aste e naselli, potranno evidenziare graffi sulle lenti che possono alterare la visione e di conseguenza la postura del bambino. Altri consigli specifici riguardano sia l'appoggio nasale che il modo di uso degli occhiali. L'appoggio nasale dovrà essere molto basso per permettere una migliore visione frontale e superiore: se il margine superiore della lente supererà di poco il sopracciglio si eviterà che il

bambino”sbirci sopra la montature” annullando l'effetto correttivo della lente. Inoltre il bordo inferiore della montatura non deve toccare le guance, sia per consentire una centratura delle lenti stabile, sia soprattutto per evitare che d'estate la pelle si irriti. Ed a proposito d'estate anche per gli occhi dei bambini devono essere protetti dal sole e dal vento. Il tutto con occhiali di qualità. Forse non tutti i genitori sono a conoscenza che l'80% dell'esposizione dell'intera vita ai raggi UV avviene prima dei 18 anni. Il che significa che bambini ed adolescenti sono particolarmente esposti alle insidie per la vista, trascorrendo buona parte del loro tempo all'aperto. Ecco perchè è anche utile sapere che, per quanto riguarda l'occhiale da sole, la forma della montature deve essere ampia e sempre con lenti organiche, soprattutto se gli occhiali sono utilizzati durante lo sport. Per quanto riguarda la colorazione si può far scegliere al bam-

bino tra quelli utili a filtrare i raggi solari: verde, marrone, grigio. L'assorbimento dovrà essere tra il 50 e il 70%. In casi particolari, per esempio escursioni in alta quota con presenza di innevamento e riverbero, è bene utilizzare assorbimenti anche fino all'85% seguendo i consigli dei professionisti e degli esperti del settore. (Tratto dalla pubblicazione di OPTO IN)

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LAGRECIA ELESUEISOLE

 di Tiziana Margoni

Lalaria Beach

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uest’ultimo anno la Grecia ha fatto stare tutti col fiato sospeso. Ha attirato l’attenzione sul referendum che chiamava a decidere le sorti, più che altro direzioni, da adottare per la propria economia. A torto o a ragione ha reso l’idea dell’espressione vera di democrazia: un gesto degno della antica Grecia, dei Padri della democrazia che la fondarono; nata dal pensiero filosofico e civile di quella grande cultura sorta su miti ed archetipi. Verso Ferragosto, ed anche in settembre, per gli sbarchi a Kos di migranti dalla Turchia e dalla Siria, e poi per le an-

Tempio di Afrodite

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nunciate dimissioni e il rinnovo del governo da settembre, nuovamente il nostro sguardo è andato al Mediterraneo in quella direzione. La Grecia che si cerca con maggiore frequenza, però, è la distesa di luce riflessa sul mare intorno alle sue isole, dei blu profondi e cangianti dell’Egeo e dei bianchi dei muri abbagliati dal sole, delle piccole case caratteristiche lungo vicoli stretti e ombrosi, e dei monasteri dalle cupole azzurre. Grecia: bianco e azzurro, anche nella bandiera! Santorini, sorta per difendersi dai pirati del mare in tempi antichi, ne è affascinante esempio architettonico, coi suoi villaggi arroccati sulla cima di dirupi alti centinaia di metri, e le grotte scavate nella cenere vulcanica, in cui trovare il fresco d’estate e il tepore d’inverno. Come del resto non si può disgiungere dal ricordo dei terremoti e dalla caldera del suo vulcano! Erte le stradine, a Santorini, buone solo per i muli con i loro carichi … Gli stessi animali si usavano per l’interno montuoso della penisola, e nelle

campagne di ulivi dal terriccio arso. Anche le greggi, nei luoghi montuosi, sono simbolo della Grecia e dei prodotti che esporta oltre i confini: feta, yogurt, oltre a olio, vino, patate, frutta. Restano da gustare i dolci mielosi e speziati, la baclava, il caffè fatto alla loro maniera e il pescato fresco, fritture e zuppe, in qualche taverna caratteristica davanti al mare. E’ infatti di turismo, di servizi e strutture ad esso collegate, che vive l’economia greca: di tipo culturale e delle bellezze naturali e variegate delle sue isole! Risulta complesso nominarle tutte, tantissime, divise in piccoli e grandi arcipelaghi: Ioniche, Cicladi, Dodecanneso, del golfo di Saronico e Argolico, Sporadi e dell’Egeo settentrionale e orientale. Meravigliose e sparse queste ultime si estendono davanti e intorno al Peloponneso, penisola protesa nel Mediterraneo, dove è situata Atene, la capitale. E Atene, vuol dire in assoluto Acropoli: attraverso i portici marmorei dei Propilei che conducono intorno al Partenone, si accede ad una vista panoramica sulla città, e all’Eretteo, dalle sinuose cariatidi


femminili, del tempio dedicato ad Atena e a Poseidone. Basta questo per essere nella storia: davanti al Tempio di Atena Nike, l'Odeon di Erode Attico e il Teatro di Dioniso. Anche nei musei, restiamo immersi in quell’atmosfera che appartiene alla bellezza classica e i suoi canoni dettati da Fidia, Prassitele, Policleto, Skopas, e Lisippo, con opere che animano il marmo. E ancora, i Musei dell'Acropoli e dell'Antica Agorà, il Museo Archeologico Nazionale così ricco di reperti da essere uno dei più importanti del mondo e da dover essere visitato più volte. E il Museo d'arte popolare e Benaki, Galleria Nazionale e Museo Bizantino. Così fitti i luoghi narranti di filosofi come Socrate e Platone che tanto hanno contribuito con i loro discorsi nell’agorà al pensiero morale e civile attuale di tutto l'Occidente! Perché questo si sente in Grecia, anche da turisti: l’appartenenza ad una stessa cultura, ad una stessa storia! Visitando ancora Atene, a Monastiraki si andrà per gli acquisti; non possono mancare il tipico rione della Plaka; il Pireo, da sempre importante porto di Atene; i Giardini Nazionali dai capitelli corinzi e mosaici, col teatro all'aperto. Fra sculture e soggetti di atleti si ricorda anche che le prime Olimpiadi sono nate qui, pure quelle moderne a fine '800. Innumerevoli le chiese e i monasteri bizantini, in questa città dal traffico caotico e

poco rispettoso delle regole. Indimenticabili, le sentinelle che stazionano e si danno il cambio della guardia, camminando col passo militare, nel costume tradizionale col corto gonnellino. Sono gli Evzones presso il Parlamento nella grande Piazza Syntagma, davanti alla tomba del milite ignoto. La seconda città importante è Salonicco antica Tessalonica-snodo per comunicazione e trasporti. Delfi è la storica città sulle pendici del monte Parnaso, in Grecia centrale; nell’antichità “ombelico del mondo”, sede del famoso oracolo del dio Apollo. Ora sono visitabili il sito archeologico con i resti del tempio sulla via sacra, lo stadio dei giochi pitici -da Pizia, la sacerdotessa che pronunciava gli oracoli in nome di Apollo. L’architrave del portale del santuario, sempre con la fiamma accesa, riporta il motto “Conosci te stesso”, che poi Socrate farà suo fino al “So di non sapere”.

Tempio di Zeus - Olimpo

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LO SCO

astronomia la costellazione

23 Ottobre -

Lo Scorpione, in latino Scorpius, è posizionato tra la Bilancia (ad ovest) e il Sagittario (ad est) e si trova al centro della Via Lattea. E’ una delle costellazioni più brillanti abbastanza estesa e quindi ha una estrema facilità di individuazione perché si trova in basso all’orizzonte. Lo costellazione somiglia molto ad uno scorpione reale specialmente dove le stelle che lo compongono sembrano formare una coda ad uncino ed è senza dubbio quella che di più si avvicina e rappresenta il proprio nome. Come tutte le altre costellazioni della volta celeste, anche lo Scorpione ci appare piatto e ben caratterizzato dalla presenze delle sue stelle, siano esse molto o poco luminose. Lo Scorpione presenta dodici stelle molto brillanti. La principale di esse è Antares, detta anche Alpha Scorpi, una supergigante di colore rosso molto ben visibile e individuabile e rappresenta il cuore della costellazione. Antares dista da noi oltre 550 anni luce e da moltissimi è stata associata a Marte. Se questa stella viene confrontata al nostro sole la sua dimensione è paragonabile ad un pallone da calcio rispetto ad una biglia di vetro. Secondo calcoli proporzionali Antares è almeno 500 volte più grande. Accanto ad Antares si trovano Sigma (ad ovest) e Tau (ad est). Altra stella brillante, che è anche una delle più luminose, è Shaula. E ancora, Sargas, Dschubba (molto luminosa), Wei, Girtab, dista da noi circa 485 anni luce) e Graffias. Oltre a queste stelle, nella costellazione dello Scorpione si trovano anche quelle doppia che sono facilmente visibili con piccolo cannocchiale o strumenti ottici. Due di queste stelle doppie si possono individuare ad occhio nudo e sono la coppia formata da μ1e μ2 Sco e ω1 e ω2 Sco. Nella costellazione dello Scorpione sono state altresì scoperte stelle che hanno un proprio sistema planetario nonchè alcuni grandi ammassi stellari e diverse nebulose. Tra gli ammassi dello Scorpione quello più conosciuto è M7 noto anche come Ammasso di Tolomeo o coda dello Scorpione Secondo la mitologia lo Scorpione è legato a quella del cacciatore Orione. E fu proprio il veleno di questo animale a causare la morte dell'eroe che invaghito della dea cacciatrice Artemide tentò di possederla con forza. La dea, infuriata, gli mandò contro uno scorpione che lo morse.

curiosità Anche per la costellazione dello Scorpione la Repubblica di San Marino ha emesso un francobollo commemorativo da 20 lire che simboleggio l’immagine


ORPIONE

astrologia lo zodiaco ABBIGLIAMENTO GIOCATTOLI

- 22 Novembre

LIBRI

Insieme al Cancro e ai Pesci, lo Scorpione, forma i tre segni d’acqua. Gli appartenenti a questo segno sono caratterizzati dall’aver un buona capacità di sintesi perché sono pieni di molte risorse. Il loro carattere è decisamente autoritario e non perdona un torto subito. Di solito, come l’animale scorpione, tendono a non manifestare mai la loro contrarietà, ma colpiscono quando il suo avversario, meno se l’aspetta. Sono ottimi psicologi e quindi in grado di individuare ipocrisie e momenti di opportunità. Tutti i nati sotto questo segno dimostrano particolari doti quali, un buon linguaggio, una pronta intelligenza ed una passione a volte fuori dai limiti e una grande volontà. Sono però molto presuntuosi e desiderano vivere la loro quotidianità in maniera molto indipendente da tutto e da tutti anche se, non di rado, quando trovano i giusti amici, sanno essere di buona compagnia e sano dare il meglio di loro stessi. Magari sono restii a concedere la loro amicizia, quando però lo fanno sono sinceri e molto affidabili. Ma come tutti gli altri segni, anche lo Scorpione evidenzia molti difetti quali: arroganza, molta gelosia nei confronti della persona “ del cuore” con la quale, però, riesce a stabilire stabilisce un buon rapporto basato anche sull’eccessiva passionalità, ma anche e soprattutto sull’amore. E in questo rapporto di sentimenti gli scorpioni sono caratterizzati da grande sensualità. Per questo motivo la donna dello scorpione si concede con tutta se stessa e per vedere soddisfatte tutte le sue aspettative. La donna Scorpione ama le persone decise, vuole essere preda, anche se non di rado preferisce essere lei a condurre il gioco. I nati dello Scorpione, per il loro carattere che riguarda le faccende di cuore sono spesso accusati di un’estrema freddezza e non di rado mancanza di sensibilità nei confronti del partner o della persona amata. Tuttavia gli appartenenti a questo segno zodiacale sono veri conquistatori che non arretrano di fronte agli ostacoli, più o meno grandi. Amano lottare per raggiungere l’obiettivo fissato. Nel campo del lavoro lo Scorpione è sicuro e certo delle sua capacità e di solito riesce a fare le giuste ed opportune scelte per raggiungere il traguardo. Nei rapporti lavorativi tende a far emergere tutte le sue qualità professionali non lasciando nulla al caso.

curiosità Colore da portare: il viola Pietra Portafortuna: il rubino. Metallo: il Ferro in quanto domina Marte. Giorno Favorevole: il Martedì, giorno di Marte.

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Il PEPERONCINO

allunga la vita

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manti dei cibi saporiti, del peperoncino e del piccante buone notizie: questa passione potrebbe allungarvi la vita. A dirlo la scienza. La notizia arriva dalla Cina; qui l’accademia per le scienze ha riportato i risultati di uno studio durato 4 anni. Un gruppo di studiosi si è concentrato proprio sui cibi piccanti che, secondo ricerche precedenti, hanno una serie di proprietà benefiche. Tutto grazie alla capsaicina, la molecola che produce l’effetto infuocato quando mangiamo certi alimenti. Questa, a quanto pare, è ottima alleata per combattere l’obesità, ma avrebbe anche principi anti-ossidanti e combatterebbe il cancro. Un sacco di benefici per i quali forse si potrebbe resistere al bruciore. I ricercatori cinesi hanno dimostrato questi benefici osservando le abitudini alimentari di 480 mila persone tra il 2004 e il 2008. Questi individui avevano tutti tra i 39 e i 70 anni, e per anni ogni loro pasto è stato monitorato, registrato e catalogato. Inoltre, a tutti questi dati si sono aggiunti quelli raccolti attraverso una serie di questionari sulle abitudini di vita - consumo di alcol, assunzione di carne, verdure e cibi piccanti - cui tutti i partecipanti all’esperimento hanno dovuto rispondere. Inoltre nei quattro anni dell’esperimento i ricercatori hanno tenuto sotto controllo le condizioni di salute degli individui che hanno partecipato alla ricerca. Molti altri i fattori presi in considerazione durante lo studio. In primo luogo la storia clinica: infatti, dal gruppo sono state escluse le persone che avevano avuto problemi come malattie cardiache, casi di cancro o infarti. E poi altri

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ALSUGANA NEWS

 di Elisa Corni

fattori, come l’attività fisica o il grado d’istruzione, sono stati tra gli elementi presi in considerazione per una complessa analisi statistica. Perché, finito il periodo di osservazione, i ricercatori asiatici hanno iniziato ad analizzare e incrociare tutti i dati raccolti durante la prima fase dello studio. E la conclusione che è saltata loro agli occhi, era appunto la connessione tra decessi, buona salute e abitudini alimentari ‘hot’. Entrando più nel dettaglio, secondo lo studio i consumatori moderati di piccante - 1 o 2 pasti piccanti a settimana - hanno mostrato un’incidenza dei decessi del 10% inferiore rispetto ai palati più delicati. Invece, a quanto pare, i più appassionati dei sapori forti - peperoncino o simili 3, 5, 6 o 7 volte a settimana - hanno mostrato un’ulteriore riduzione: -14% di decessi rispetto a chi il peperoncino proprio non lo digerisce. Inoltre, come emerso dallo studio, peperoncini, chili, pepe e altre spezie con la capsaicina sembrerebbero essere anche ottimi nemici di cancro e ischemie. «È ancora presto per affermare in maniera definitiva che si dovrebbe mangiare più cibo piccante per migliorare la nostra salute» ha commentato la dottoressa Nita Forouhi dell’Università di Cambridge, a capo del gruppo di ricerca. In ogni caso da questi esperimenti osservativi possono partire nuove ricerche per determinare se effettivamente il peperoncino possa allungare la nostra vita.

à t i s o i r u C

Il peperoncino è una pianta autoctona delle americhe. Reperti archeologici dimostrano che nel Messico veniva coltivata e utilizzata già nel 5.500 a.C. sia in Perù che in Messico, dove era l’unica spezia esistente. Arrivò in Europa grazie a Cristoforo Colombo e la sua adattabilità a tutti i climi la rese una spezia economica e di ampia diffusione.

La capsaicina è ciò che rende piccanti i peperoncini. Si tratta di un composto chimico derivato da acidi grassi altamente irritante per le mucose dei mammiferi come l’uomo. Se vi siete spinti troppo oltre e vi brucia tutta la bocca, non bevete acqua, ma latte o birra. Latticini e alcol sono entrambi efficaci contro il piccante.

Il chimico americano Eilbur Scoville (1865-1942) è noto ai posteri per aver classificato la piccantezza. Da lui prende infatti il nome la Scala Organolettica che determina quanto è piccante una cosa. Si passa dai 100-1.000 del peperone dolce, ai 2.000.000 2.200.000 punti del Carolina Reaper, un peperoncino ibrido che è anche l’ultimo commestibile. La capsaicina pura ha 16.000.000 punti sulla Scala di Scoville.




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