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In ricordo di un amico
GINO CAPPELLO, esempio di vita L uigi Cappello, per tutti “Gino” non è più tra noi. Un crudele destino lo attendeva dietro una curva su quella strada che da Ronchi porta a Desene e che lui conosceva bene perchè da anni la percorreva. Secondo le prime ricostruzioni sembra che, a causa di un improvviso malore, Gino abbia perso il controllo della sua auto che, uscita dalla sede stradale, è letteralmente volata per oltre cinquanta metri causando l’immediato decesso del nostro “carissimo” amico. Aveva da poco compiuto 79 anni. Lascia la compagna Miriam, i due figli Carlo e Fulvio e i tre fratelli Paolo, Piero e Francesco. Il “nostro” Gino è stato uno di quei personaggi che per il loro modo di fare, per la loro simpatia, per i rapporti umani e per l'impegno nello sport e nel sociale (ultimamente sosteneva la raccolta fondi per i bimbi dell'Africa), hanno caratterizzato la nostra quotidianità ed etichettato una parte di storia di Borgo e della Valsugana. Da tutti era conosciuto e stimato e non solo per essere stato proprietario dell'azienda di trasporti Cappello (per la
DI TOLLER DEBORAH E PACCHER ROBERTO
di Armando Munao'
cronaca i Cappello sono stati i primi a effettuare il servizio di corriera) o esperto troticoltore a Borgo, Grigno, nel vicentino e Friuli, ma anche per essere stato uno dei personaggi di spicco nella direzione del Veloce Club Borgo (è stato anche un dinamico Presidente), colonna portante e punto di riferimento del Manghen Team di Borgo e uno degli appassionati nel grande universo delle macchine d’epoca. Uomo di spirito e di cultura (è stato uno dei fondatori del Museo Bonfanti di Romano d’ Ezzelino), ha fatto parte di quel gruppo di amici che diede vita al giornale satirico “ El Prospereto” che per anni è stata la pubblicazione delle simpatiche e pungenti “prese in giro”, della satira “paesana” e della piacevole ironia. Per tutti, specialmente per i giovani che si avvicinavano allo sport o a una qualsiasi attività agonistica, Gino è stato un vero maestro di vita, sempre pronto a sostenere, aiutare nella crescita e dare sempre buoni consigli. Un vero esempio da imitare. E sono in tanti a ricordarlo: da Matteo Trentin a
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Tutta la comunità di Borgo si è stretta intorno ai parenti per significare la stima, la riconoscenza, ma soprattutto l’affetto per Gino Cappello, un uomo “vecchio stampo” che con la sua quotidiana positiva e attiva presenza, ha caratterizzato la vita sociale e sportiva della Valsugana.
Stefano Casagranda, campioni rappresentativi del Veloce Club Borgo, da Fabio Dalledonne (sindaco di Borgo) a Marco Rigo, figlio di quel Giancarlo che con Gino ha condiviso momenti unici nel mondo delle quattro ruote. Come unico, e noi ne siamo certi, sarà il ricordo di Gino Cappello, un “grande uomo” che tanto ha dato e fatto per la comunità e che indiscutibilmente, al pari di altri “veri” personaggi, lascerà il segno nel nostro vivere.
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IL SOMMARIO In ricordo di un amico ..................................3 Di tumore si può guarire .............................11 Tumore al seno e utero...............................12 Infografica sui tumori .................................13 Sempre più poveri ......................................14 Il debito pubblico .......................................15 QUI ITALIA, numeri e dati...........................17 Pil, UE e USA .............................................18 La tassa sui rifiuti .......................................19 Sondaggio italiani-immigrati ........................20 Accoglienza in Italia....................................21 Webcam girl...............................................24 Prostituzione minorile .................................25 I NO che fanno crescere .............................26 I videogiochi ..............................................58 Rompiscatole al telefono .............................59 Il “Laboratorio estivo” .................................60 Il Museo della polenta ................................62 Storia e tradizioni: la serenata siciliana.........63 Luci e ombre del legno ...............................66 Le cronache ...............................................67 La vita di Clemente Cristelli .........................68 Le cronache ...............................................69 Fond senza glutine .....................................70 Le cronache ...............................................70 Le cronache ...............................................71 Danza e musica in scena.............................72 L’artista Picone ...........................................73 Lo “Ius primae noctis” ................................74 La ragazza immagine..................................76 Un triangolo di donne in campo...................78 La miniera di Calceranica ............................80 Salute e benessere .....................................82 Le cronache ...............................................83 Campioni provinciali ...................................84 Auguri Paolo ..............................................85 La pagina dei giochi....................................86
KATIA RICCIARELLI LA SIGNORA DELLA LIRICA pag. 7 FATTI DI STORIA
IN 1.000 NON TORNANO pag. 28
LO SPECIALE Pianeta Donna La comparsa......................................31 Le Diaconesse..................................33 Ora e Veglia ......................................34 Le giornalista del ‘700 ....................36 Le Vestali ............................................37 Madre Teresa di Calcutta ..............38 Il suffragio universale ......................40 Le 21 donne della Costituente ....41 La medicina estetica del futuro ....44 La scienza al femminile ..................46 La storia di Irene Dalser................48 Margherita Hack..............................50 Rete al femminile ............................52 Mostra “Madri Costituenti”..........54 Le erbe ..............................................56 I consigli si Carla..............................57
ANNO 2 - SETTEMBRE 2016 DIRETTORE RESPONSABILE Armando Munao’ - 333 2815103 direttore@valsugananews.com VICEDIRETTORE Roberto Paccher COORDINAMENTO EDITORIALE Enrico Coser COLLABORATORI Luisa Bortolotti - Elisa Corni - Erica Zanghellini Francesco Cantarella - Maurizio Cristini Alessandro Dalledonne - Mario Pacher - Franco Zadra Laura Fratini - Francesca Schraffl - Sabrina Mottes Eleonora Oss Emer - Chiara Paoli - Tiziana Margoni Patrizia Rapposelli - Zeno Perinelli - Adelina Valcanover CONSULENZA MEDICO - SCIENTIFICA Dott.ssa Cinzia Sollazzo - Dott. Alfonso Piazza Dott. Giovanni Donghia - Dott. Marco Rigo EDITORE Edizione Printed srl Viale Vicenza, 1 - Borgo Valsugana IMPAGINAZIONE, GRAFICA Grafiche Futura STAMPA Grafiche Futura PER LA PUBBLICITÀ SU VALSUGANA NEWS info@valsugananews.com www.valsugananews.com info@valsugananews.com Registrazione del Tribunale di Trento: nr. 4 del 16/04/2015 - Tiratura n° 7.000 copie Distribuzione: tutti i Comuni della Alta e Bassa Valsugana, Tesino, Pinetano e Vigolana compresi COPYRIGHT - Tutti i diritti di stampa riservati Tutti i testi, articoli, interviste, fotografie, disegni e pubblicità, pubblicati nella pagine di VALSUGANA NEWS e sugli Speciali di VALSUGANA NEWS sono coperti da copyright EDIZIONI PRINTED e quindi, senza l’autorizzazione scritta del Direttore, del Direttore Responsabile o dell’Editore è vietata la riproduzione o la pubblicazione, sia parziale che totale, su qualsiasi supporto o forma. Gli inserzionisti che volessero usufruire delle loro inserzioni, per altri giornali o altre pubblicazioni, possono farlo richiedendo l’autorizzazione scritta all’Editore, Direttore Responsabile o Direttore. Quanto sopra specificato non riguarda gli inserzionisti che, utilizzando propri studi o agenzie grafiche, hanno prodotto in proprio e quindi fatta pervenire, a EDIZIONI PRINTED, le loro pubblicità, le loro immagini i loro testi o articoli. Per quanto sopra EDIZIONI PRINTED si riserva il diritto di adire le vie legali per di tutelare, nelle opportune sedi, i propri interessi e la propria immagine.
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Katia
Ricciarelli signora lirica
la della
Nostra intervista di Franco Zadra
Una serata memorabile, sabato 27 agosto scorso in piazza della chiesa a Levico Terme, con Katia Ricciarelli che ha presentato un suo libro di fiabe, scritto assieme a Marco Carrozzo, padre di una delle bambine protagoniste del libro, in dialogo con Paolo Ghezzi, in veste di presidente del conservatorio di musica F. A. Bonporti. Nel testo, edito da Piemme nella collana “Il Battello a vapore”, consigliato a partire dagli 8 anni, ma godibilissimo anche a una lettura “adulta”, sono raccontate a dei ragazzi in varie occasioni di vita quotidiana sei tra le opere liriche più belle come fossero delle favole. L’elisir d’amore, Il barbiere di Siviglia, Il flauto magico, La Cenerentola, Falstaff, Hänsel e Gretel, accompagnano i lettori in un mondo meraviglioso fatto di musica, divertimento e magia. Un “Levico Terme incontra gli autori” davvero speciale, organizzato da La Piccola Libreria e l’Associazione Chiarentana, con l’accompagnamento musicale di “Corde all’Opera”, Alessia Pallaoro al violino e Matteo Scovazzo alla chitarra, e la partecipazione delle piccole allieve dell’Associazione Sincronia Danza che hanno danzato sulla musica di Mozart nel Flauto magico.
K
atia, per quasi tre ore, era dappertutto, nella folla assiepata nella piccola piazza e sulle gradinate della chiesa, nelle piccole danzatrici, giocose e professionali, nel violino e nella chitarra che magistralmente hanno creato l’atmosfera giusta per parlare del melodramma, nei numerosi bambini tra il pubblico che l’hanno circondata di abbracci e domande, a dimostrazione che il suo intento di avvicinare i ragazzi all’Opera è felicemente riuscito fin da questo esordio. Katia era persino nelle case che circondano la piazza. Soprattutto in una casa sulla quale una targa di marmo ricorda che Giacomo Puccini venne a cacciare il camoscio in cima Vezzena nel 1897. «Di Puccini che ha scritto poche opere – dice Ricciarelli – ho cantato quasi
tutte le opere, a parte la Manon Lescaut, e mi è sempre piaciuto il personaggio di Liù della Turandot». Come ti è venuta l’idea di raccontare l’Opera ai bambini? «Esiste un pregiudizio sull’Opera lirica che ce la fa immaginare noiosa e poco adatta ai bambini. Invece, e l’ho scoperto di nuovo nell’incontrare i bambini e le bambine di cui scrivo in questo libro, se si sanno scegliere le Opere giuste e si raccontano loro, magari come una fiaba come ho fatto io, diventano degli interlocutori formidabili e diffusori a loro volta di quel patrimonio immenso che è il melodramma». Che i bambini vadano a Teatro quindi? «Quello che desidererei è che questi bambini potessero un giorno far parte
del nostro pubblico, il pubblico che va a teatro a vedere le opere, che questo sia l’inizio per far capire loro quanto bello sia il melodramma e che un giorno potessero andare a Teatro di loro volontà e scegliere le opere che hanno voglia di vedere. Perché abbiamo bisogno di un pubblico giovane. A teatro di giovani ce ne sono pochi, quindi, nonni portate a teatro i vostri nipoti! Occorre che avvenga questo passaggio generazionale». L’Opera raccontata così ai ragazzi fa sembrare anche la vita una sorta di fiaba. «La vita è un melodramma. I bambini sanno cogliere molto bene che viviamo sul grande palcoscenico del mondo e conservano ancora quella capacità che noi adulti abbiamo forse perso di mera-
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Katia Ricciarelli è il teatro d’Opera nell’immaginario collettivo degli italiani. Giovane studente al Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia, studia con il celebre soprano Iris Adami Corradetti. Debutta a Mantova nel 1969 con La Bohème ed è Imogene ne Il pirata di Vincenzo Bellini in un concerto per il Teatro La Fenice. Sale alla ribalta nel 1971 dopo aver vinto il Concorso Internazionale Voci Verdiane della Rai insieme al tenore Beniamino Prior e all'allora baritono, Giuliano Bernardi, interpretando un'aria da “Il corsaro”. Nello stesso anno debutta nel ruolo di Desdemona, sempre al Comunale di Treviso. Negli anni ‘80 inizia una collaborazione decennale col Rossini Opera Festival di Pesaro coronata da successi notevoli, anche clamorosi. E’ e rimane la cantante lirica più conosciuta e amata in tutto il mondo, campione e indiscussa rappresentante della grande tradizione italiana dell’Opera. Katia Ricciarelli da una parte e Luciano Pavarotti, dall’altra, hanno rappresentato e tuttora rappresentano gli indiscussi “attori” della musica lirica e di ciò che a essa può essere abbinato. E si deve a loro, a questi due magnifici e “unici” interpreti se la lirica, sempre di più, si è avvicinata al grande pubblico. Dotata di una voce di timbro etereo, morbida e luminosa, sonora, ma anche agile e penetrante, Katia Ricciarelle ha una personalità artistica che non ha eguali. Come non ha eguali la sua carriera artistica. Insignita del titolo di Kammersangerin a Vienna e di Grande Ufficiale Ordine al merito della Repubblica Italiana nonché Medaglia d’oro ai Benemeriti della Cultura e dell’Arte, Katia è promotrice di molte attività benefiche (è madrina dell'Associazione Talassemici e della Fondazione Trentina per l’Autismo Onlus), presiede l’Accademia Lirica Internazionale “ Katia Ricciarelli” da lei fondata nel 1991 di cui è anche docente. Dal 1998 al 1999 è direttrice artistica del Teatro Politeama Greco di Lecce e dal 2003 al 2005 ha ricoperto la stessa carica per lo Sferisterio di Macerata.
vigliarsi così da apprendere più agevolmente i valori che ci sostengono. Io stessa ho provato emozioni che non provavo da tanto e ho come riscoperto attraverso gli occhi di queste bambine e bambini, la bellezza di ciò che sono andata facendo in tutta la mia carriera». Quando hai capito che con la tua voce potevi fare la strada che hai fatto? «Già dall’età di otto anni ho capito che il canto era la mia vita. Quando qualcuno mi chiede: “se tu non fossi cantante che cosa avresti voluto fare?”, rispondo sempre “la cantante”. Credo che con la determinazione, la forza di volontà e lo studio si possa arrivare dove si vuole arrivare. La mia insegnante, Iris Adami Coradetti, morta a 95 anni, mi ha sempre accompagnato nel mio impegno e non ho mai voluto cambiarla perché mi trovavo bene con lei». Avevi dei modelli di soprano di riferimento? «Nella mia formazione avevo Renata Tebaldi e poi, nella maturità, Maria Caballé». Quali sono oggi le grandi cantanti che vanno ascoltate per capire la bellezza dell’Opera lirica? «Approfitto per ricordare una mia carissima collega morta a 59 anni,
il 20 agosto 2016, Daniela Dessì. È stata una delle più grandi cantanti degli ultimi vent’anni. Però preferisco che le persone vadano a Teatro e si scelgano le cantanti e i cantanti preferiti. Il gusto per la lirica è soggettivo. Ci sono poi dei cantanti italiani giovani ai quali vorrei arrivasse la mia preghiera: non abbiate fretta di arrivare. Ci vuole tempo e tanto studio e non è apparendo una volta in televisione che si riesce ad avere il successo. Bisogna fare la pratica sul palcoscenico». Un aneddoto che ricordi e che non hai raccontato nella tua biografia. «Un giorno a un ricevimento in America, i così detti Party, è arrivato Pavarotti e si è “sdravaccato” su un divanetto e non aveva visto che sotto c’era uno Yorkshire. La padrona di casa è diventata bianca e di tutti i colori, ma non voleva offendere il grande divo, e alle scuse mortificate di Pavarotti ha risposto “non importa, non importa”. Ma il cagnolino intanto è volato in cielo». Finita la presentazione, una ressa di persone, moltissimi bambini, hanno circondato Katia che ha avuto il suo bel daffare a firmare dediche sul suo libro, quasi increduli di poter avvicinare quella grande artista fino ad allora vista ammirata solo in televisione.
Katia con Lisa Orlandi e Paolo Ghezzi
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65 ANNI DI STORIA IN VALSUGANA Ferramenta Segnana, un'azienda che indiscutibilmente fa parte della storia commerciale della Valsugana e che, senza tema di smentita, ha pochi eguali nella nostra zona. Una storia che inizia 65 anni fa e che nel tempo e con il tempo ha saputo illuminare e potenziare la sua qualificata insegna diventando vero punto di riferimento per commercianti, artigiani e privati. Dapprima nel negozio storico in Corso Ausugum, poi in quello di Viale Vicenza ed infine nell'attuale sede di Via Temanza, operativa da oltre vent'anni. Una struttura, quest’ultima, come poche e che, con i suoi circa 2mila mq. di planimetria utile (di cui oltre 400 riservati ai numerosi reparti vendita), è in grado di soddisfare qualsiasi esigenza e richiesta legata al grande universo “ferramenta” e a tutto ciò che ad esso ruota. Una completa esposizione che comprende grande e piccola utensileria, materiale elettrico, articoli tecnici, fai da te, ferramenta, abbigliamento da lavoro e stufe. Una professionalità e una competenza quella maturata da Maurizio Segnana che insieme ai suoi validi collaboratori e collaboratrici ha saputo caratterizzare e dare una dinamica svolta al modo di operare della sua azienda. E lo ha fatto non solo inserendo nel suo negozio le migliori marche del settore, ma anche e principalmente seguendo i progressi della moderna tecnologia per offrire alla clientela quanto di meglio oggi offre il mercato ovvero prodotti innovativi, funzionali e decisamente all’avanguardia.
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DI TUMORE
SI PUò GUARIRE Il cancro, nelle sue diverse forme, è ancora, purtroppo, la seconda causa di morte (il 30% di tutti i decessi) dopo le malattie cardiovascolari, ma chi sopravvive cinque anni dalla diagnosi ha, per alcuni tumori (testicolo, corpo dell'utero, melanoma, linfomi di Hodgkin e in misura minore colon-retto), prospettive di sopravvivenza vicine a quelle della popolazione che non ha mai avuto una neoplasia.
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na delle ultime statistiche che ha presentato l'Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM) riferita alla fine del 2015 evidenzia come nel nostro paese, ogni giorno si scoprono oltre 1000 nuovi casi di tumori con esclusione, di quelli della pelle per i quali è prevista una diversa classificazione. I numeri ci dicono anche che al 2015 sono oltre 3 milioni le persone che hanno avuto una diagnosi di tumore nel corso della loro vita (1 milione 150mila uomini(45%) e 1milione 400mila donne (55%) con un incremento del 17% rispetto al 2010 (+20% per gli uomini e +15% per le donne). Sempre la stessa ricerca evidenzia il fatto che negli ultimi anni, grazie alla diagnosi precoce e cure specifiche, si
sono ottenuti notevoli miglioramenti nelle percentuali di guarigione ed esattamente il 63% circa delle donne e il 58% degli uomini. A questi dati si deve aggiungere e sottolineare che per effetto di una sempre crescente attenzione verso questa patologia si è allungata la vita dopo la diagnosi della malattia. Di particolare significato è la sopravvivenza dopo un quinquennio in tumori frequenti come quello del seno (87%) e della prostata (91%). E' indiscutibile che grande merito di questi risultati è il fatto che la popolazione ha maggiormente aderito alle varie campagne di screennig che permettono di individuare la malattia nello stadio iniziale e quindi una maggiore efficacia nelle terapie. Screennig che nello
specifico riguarda i tumori della mammella, del colon-retto, della cervice dell'utero, della vescica e della prostata. I dati ci dicono anche che, nel corso dell'anno preso in esame ovvero dei 360mila nuovi casi (circa 195mila interessano gli uomini e 169mila le donne) e circa un uomo su 2 e una donna su 4 hanno, purtroppo, la possibilità di ammalarsi di una forma di tumore, anche benigno nel corso della loro vita. E la ricerca effettuata dall'AIRTUM quantifica anche che, considerato l'intera popolazione, escludendo i carcinomi della cute, il tumore in assoluto più frequente è quello della mammella (14%), seguito dal tumore del colonretto (13%), della prostata (11% solo nel sesso maschile) e del polmone (11%). In merito invece alla diagnosi precoce tra i cinque tumori i più frequentemente diagnosticati fra gli uomini sono il tumore della prostata (20%), il tumore del polmone (15%), il tumore del colon-retto (14%), il tumore della vescica (11%) e quello dello stomaco (5%); e tra le donne, il tumore della mammella (29%), il tumore del colonretto (13%), il tumore del polmone (6%), il tumore della tiroide (5%) e quello del corpo dell'utero (5%). (A.M.)
(Fonte dati e riferimenti: AIOM (Associazione italiana di oncologia medica) e AIRTUM (Associazione Italiana Registri Tumori)
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Tumore al seno e al collo dell’utero D
ue sono i tumori al femminile per eccellenza: la neoplasia alla mammella e i tumori al collo dell’utero. Il primo infatti con il 29% dei casi è in cima alla classifica dei tumori che colpiscono il gentil sesso, mentre il secondo, con il 5% delle insorgenze, si classifica comunque tra i primi cinque, dietro a colon-retto (13% dei casi registrati nel 2015) e al polmone (6%). Dopo i problemi all’apparato cardio-vascolare, i tumori, con il 30% dei decessi registrati lo scorso anno, sono la seconda causa di morte nel nostro paese. In particolare, un uomo su tre e una donna su sei in Italia muore a causa di un tumore. Eppure soprattutto negli ultimi anni le cose sono migliorate. Infatti nel 2015 la sopravvivenza nei cinque anni successivi alla diagnosi del tumore al seno in Italia era dell’87%, con un miglioramento di 19 punti percentuali rispetto al 2010. Questo perché si sono affinate le tecniche di terapia, tra chemio, radio e protonterapia, che si sperimenta ad esempio a Trento. Ma anche perché sono migliorati i sistemi di diagnosi precoce. Innanzitutto attraverso lo screeniing, ovvero il controllo periodico presso le strutture mediche designate. Infatti, grazie all’individuazione precoce del tumore le terapie tradizionali e quelle moderne sono più efficaci e le probabilità di guarigione aumentano. In particolare, dopo i 40 anni le donne dovrebbero sottoporsi a controlli periodici, perché la fasce 40-49 è quella più delicata. L’incidenza delle neoplasie alla mammella tende ad aumentare proporzionalmente con l’età. Attorno ai 50 anni vi è un calo, ma con la menopausa l’incidenza aumenta di nuovo, probabilmente a causa delle variazioni ormonali. Fattori che riducono l’incidenza dei tumori al seno sono le gravidanze precoci
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e l’allattamento, fenomeno questo che non ha ancora trovato una spiegazione scientifica. Scientifica è invece una nuova terapia, da applicare durante e dopo le terapie convenzionali. Recenti studi hanno infatti dimostrato come l’alimentazione influenzi anche l’efficacia delle cure. Le donne in terapia o quelle che l’hanno seguita, secondo una ricerca internazionale, dovrebbero seguire diete alimentari particolari. Sì, perché soprattutto un tumore come quello al seno fortemente dipendente dai livelli ormonali, non è immune al nostro stile di vita. Cibi sani, una dieta mediterranea, diete e regimi alimentari specifici per ogni paziente: ecco alcuni degli ingredienti di questa medicina innovativa e, a quanto pare, efficace. Ad esempio durante tutto il percorso le pazienti che seguono questo tipo di terapie devono spesso dire addio ai grassi -formaggi, fritti, salumi- perché sono un ottimo substrato per gli estrogeni, che favoriscono l’insorgere e lo svilupparsi dei tumori come quello alla mammella o alla prostata. Altra regola base è quella di bere molto, dato che il tumore al seno porta molto spesso alla ri-
di Elisa Corni
tenzione idrica, compromettendo la salute delle singole cellule. E poi l’importantissimo ruolo degli anti-ossidanti, che soprattutto nel decorso riducono la possibilità di recidive, ovvero dell’insorgere nuovamente della malattia. La scienza viene ci in contro anche con importanti innovazioni in campo genetico. Qualche tempo fa aveva fatto scalpore la notizia che l’attrice Angelina Jolie era ricorsa all’asportazione di entrambi i seni, onde evitare l’insorgere della neoplasia alla mammella. Detrattori e non hanno a lungo discusso a questo proposito, non tenendo conto di alcuni dati oggettivi. Infatti solo il 57% dei tumori al seno sono dovuti a fattori genetici; sono la tipologia e l’analisi genetica a determinare i singoli casi. Ci sono infatti tipologie di tumori che difficilmente si trasmettono, e altre, come quella che ha colpito buona parte della famiglia dell’attrice, che si presenteranno nelle generazioni successive con alta probabilità. Quello dell’analisi genetica è un settore in rapida e costante crescita. Alcuni numeri del cancro al seno, al collo dell’utero e all’incidenza dei tumori in Italia nell’infografica a lato.
Dati: AIRTUM, 2014 e 2015
TUMORI IN ITALIA
INCIDENZA DEI TUMORI IN ITALIA...
uomini
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donne
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... E SOPRAVVIVENZA
a cinque anni dalla diagnosi uomini
57
dati in %
donne
63
ogni giorno si registrano circa 1.000 nuovi casi di tumore, tra benigni, maligni, rari e meno rari
4,9%
quasi il 5% degli italiani ha avuto un tumore
i due tumori ai quali si sopravvive di piĂš sono anche tra quelli che piĂš colpiscono la popolazione prostata incidenza 15% sopravvivenza seno incidenza 29%
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Siamo sempre pi poveri in ITALIA T
ra i primati negativi che pataccano l’Italia vi è quello della povertà assoluta che riguarda più di 4 milioni e mezzo di persone, il massimo dal 2005. Un record che si deve principalmente all'aumento delle difficoltà economiche tra le famiglie con 4 componenti, una coppia e due figli: da 6,7 del 2014 all'attuale 9,5%. Triplicati, rispetto agli anziani, i giovani indigenti, tra i quali un minorenne su 10. Nel 2015 vivevano in povertà assoluta in Italia, secondo Istat, 1 milione e 582 mila famiglie, pari a 4 milioni e 598 mila, il numero più alto dal 2005. Questo andamento nel corso dell'ultimo anno, spiega ancora l'Istituto di statistica, si deve principalmente all'aumento della condizione di povertà assoluta tra le famiglie con 4 componenti (da 6,7 del 2014 a 9,5%), soprattutto coppie con 2 figli (da 5,9 a 8,6%) e tra le famiglie di soli stranieri (da 23,4 a 28,3%), in media più numerose. In aumento al Nord, in particolare per gli stranieri, la povertà colpisce le famiglie numerose, chi vive in città, e molti più giovani accanto agli anziani. Parliamo di persone e nuclei familiari che, secondo la definizione stessa dell'Istat, hanno difficoltà a «conseguire uno standard di vita minimamente accettabile», «non
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accedono a beni e servizi che, nel contesto italiano, vengono considerati essenziali». Tra le persone coinvolte 2 milioni 277 mila sono donne (7,3% l'incidenza), 1 milione 131 mila sono minori (10,9%), 1 milione 13 mila hanno un'età compresa tra 18 e 34 anni (9,9%) e 538 mila sono anziani (4,1%). Un minore su dieci, quindi, nel 2015 si trova in povertà assoluta (3,9% nel 2005). Negli ultimi dieci anni l'incidenza del fenomeno è rimasta stabile tra gli anziani (4,5% nel 2005) mentre ha continuato a crescere nella popolazione tra i 18 e i 34
anni di età (9,9%, più che triplicata rispetto al 3,1% del 2005) e in quella tra i 35 e i 64 anni (7,2% dal 2,7% nel 2005). L'incidenza della povertà assoluta aumenta al Nord sia in termini di famiglie (da 4,2 del 2014 a 5,0%) sia di persone (da 5,7 a 6,7%) soprattutto per l'ampliarsi del fenomeno tra le famiglie di soli stranieri (da 24,0 a 32,1%). Segnali di peggioramento si registrano anche tra le famiglie che risiedono in area metropolitana (l'incidenza aumenta da 5,3 del 2014 a 7,2%) e tra quelle con persona di riferimento tra i 45 e i 54 anni di età (da 6,0 a 7,5%). L'incidenza di povertà assoluta diminuisce all'aumentare dell'età della persona di riferimento (il valore minimo, 4,0%, tra le famiglie con persona di riferimento ultrasessantaquattrenne) e del suo titolo di studio (se è almeno diplomata l'incidenza è poco più di un terzo di quella rilevata per chi ha al massimo la licenza elementare). Si amplia l'incidenza della povertà assoluta tra le famiglie con persona di riferimento occupata (da 5,2 del 2014 a 6,1%), in particolare se operaio (da 9,7 a 11,7%). Rimane contenuta tra le famiglie con persona di riferimento dirigente, quadro e impiegato (1,9%) e ritirata dal lavoro (3,8%). (F.Z.)
Il debito pubblico AUMENTA,maDIMINUISCE U
n debito pubblico “olimpionico” quello rilevato dalla Banca d’Italia a giugno 2016 che è arrivato a sfiorare i 2249 miliardi di euro, 7 miliardi in più in un solo mese, come dimostra Bankitalia nel supplemento al bollettino
statistico Finanza pubblica, fabbisogno e debito. Un altro allarmante balzo in avanti che nei primi sei mesi del 2016 è arrivato a 77 miliardi di euro in più rispetto l'anno scorso. «L'incremento del debito - si legge nel report di Bankitalia è inferiore a quello delle disponibilità liquide del Tesoro (19,8 miliardi a 92,5 miliardi), riflettendo l'avanzo di cassa (12,0 miliardi) e l'effetto complessivo dell'emissione di titoli sopra la pari, della rivalutazione dei titoli indicizzati all'inflazione e della variazione del tasso di cambio dell'euro (0,8 miliardi)». Se si va a guardare nel dettaglio dei sottosettori, il debito delle Amministrazioni centrali è aumentato di 9,3 miliardi,
quello delle Amministrazioni locali è diminuito di 2,3 miliardi. Nei primi sei mesi del 2016, il debito delle Amministrazioni pubbliche è aumentato di 77,2 miliardi. L'incremento riflette il fabbisogno (24,8 miliardi) e l'aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (56,8 miliardi) che dovrebbe preservarci dal ripetersi di attacchi speculativi, già attenuati dalla disposizione “quantitative easing” della Banca Centrale Europea; complessivamente gli effetti dell'emissione di titoli sopra la pari, della rivalutazione dei titoli indicizzati all'inflazione e della variazione del tasso di cambio dell'euro hanno ridotto il debito per 4,4 miliardi. inoltre a giugno «le entrate tributarie sono state pari a 45,1 miliardi (41 miliardi a giugno 2015)», cioè, lo Stato nei primi sei mesi 2016 ha incassato il 5,5% in più del primo semestre 2015, 197,4 miliardi di euro.
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Conosciamo il nostro paese
QUI ITALIA numeri e dati
L’Italia è un Paese di vecchi, almeno a guardare le statistiche. Pochi matrimoni, pochi figli e tanti anziani. Al 1 gennaio 2015 - dice l’ultimo rapporto Istat «Noi Italia» - sono 157,7 gli anziani per ogni 100 giovani e 55,1 persone in età non lavorativa ogni 100 in età lavorativa con un trend di crescita in continua espansione nell’ultimo decennio. Per la prima volta negli ultimi 10 anni in Italia si vive meno a lungo. Secondo le prime stime relative al 2015 la speranza di vita alla nascita arretra, con un decremento di 0,2 punti per gli uomini che muoiono in media a 80,1 anni, e 0,3 per le donne (84,7). Nel Mezzogiorno i valori della speranza di vita si confermano al di sotto della media nazionale. In Italia non ci si sposa più. Solo 3,2 matrimoni ogni mille abitanti ci fanno uno dei paesi dell’Ue a 28 in cui si va meno a nozze. Nel 2014 dappertutto una stasi o un calo, a parte il TrentinoAlto Adige. Una certa resistenza si registra nel Mezzogiorno con la nuzialità più alta mentre il Nord-ovest è l’area con meno matrimoni rispetto alla popolazione. Pochi divorzi in Italia, solo 8,6 ogni 10mila abitanti nel 2014. Ma Irlanda e Malta registrano valori inferiori (anno 2013). Le separazioni sono più omeno le stesse nelle varie aree del Paese (14,8 e 14,6 ogni 10mila abitanti nel Centro-Nord e nel Mezzogiorno), mentre il divario Nord-Sud per i divorzi resta ancora evidente (rispettivamente 9,8 e 6,6). In Italia, dice il rapporto Istat «Noi Italia», continua a diminuire il numero
medio di figli per donna. Nel 2014 si attesta a 1,37 figli per donna, a fronte della necessità, a garanzia del ricambio generazionale, di circa 2,1 figli. Se si considera l’età della madre, le regioni del Mezzogiorno si confermano, mediamente, quelle con le mamme più giovani. Dove sta andando l’Italia? Il Pil pro capite ai minimi da 10 anni, con soli 25.256 euro a testa, e una totale spaccatura tra Nord e Sud. Recessione dagli effetti ridotti al Nord, con qualche esempio positivo, un disastro da Napoli in giù. Il reddito medio del Nord Ovest è di 30.821 euro, a fronte di un Pil pro capite nel Mezzogiorno di soli 16.761 euro. Nella fascia di età 20-64 anni sono occupati oltre 6 italiani su 10, ma le donne sono più penalizzare. Sono occupati 70,6% uomini, ma solo 50,6% donne. Forte il divario tra Centro-nord e Mezzogiorno. In calo il tasso di disoccupazione, ma il 58,1% dei disoccupati lo è da oltre un anno. Più di 2,3 milioni tra i 15 e i 29 anni non studiano e non lavorano. Sono oltre 2,3 milioni (il 25,7% del totale) i giovani 15-29enni che nel 2015 non sono inseriti in un percorso scolastico e/o formativo e non sono impegnati in un’attività lavorativa. Più tra le donne (27,1%) e nel Mezzogiorno (in Sicilia e Calabria sfiora il 40%), ma in calo per la prima volta nella crisi, nel 2014 i co-
siddetti Neet erano il 26,5%. Nel 2014 l’Italia si conferma il quarto paese per importanza demografica dopo Germania, Francia e Regno Unito. Ma oltre un terzo della popolazione è concentrata in Lombardia, Lazio e Campania. Il Mezzogiorno è l’area più popolata del Paese anche se è cresciuta meno dal punto di vista economico nel periodo 2004-2014. Al Nord il Pil è il doppio che al Sud. Omicidi e rapine in calo (0,78 e 64,5 per 100mila abitanti), in aumento i furti in appartamento (420,9 per 100mila abitanti). La Calabria mantiene il primato degli omicidi, la Campania quello delle rapine, il Centro-Nord quello di furti denunciati. Il 31,1% delle vittime di omicidio sono donne, e nel 55% dei casi l’assassino è il partner o l’ex partner.
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el secondo trimestre del 2016 il Prodotto interno lordo è rimasto invariato rispetto al trimestre precedente ed è aumentato dello 0,7% nei confronti del secondo trimestre del 2015. Lo rende noto l’Istat. La variazione acquisita per il 2016 è pari a +0,6%. La variazione congiunturale è la sintesi di un aumento del valore aggiunto nei comparti dell’agricoltura e dei servizi e di una diminuzione in quello dell’industria. Dal lato della domanda, vi è un lieve contributo negativo della componente nazionale (al lordo delle scorte), compensato da un apporto positivo della componente estera netta. Nello stesso periodo preso in esame dall’Istat il Pil è aumentato in termini congiunturali dello 0,6% nel Regno Unito e dello 0,3% negli Stati Uniti, mentre ha segnato una variazione nulla in Francia. In termini tendenziali, si è registrato un aumento del 2,2% nel Regno Unito, dell’1,4% in Francia e dell’1,2% negli Stati Uniti. Nel complesso, secondo la stima diffusa il 29 luglio scorso, il Pil dei paesi dell’area Euro è aumentato dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dell’1,6% nel confronto con lo stesso trimestre del 2015. Il pil nell’area dell’euro ha registrato, nel secondo trimestre dell’anno, una crescita dello 0,3% rispetto al trimestre precedente. Nell’Ue a 28 è in crescita dello 0,4%, secondo fonti Eurostat, e nel primo trimestre il pil è cresciuto rispettivamente dello 0,6% e dello 0,5%. Rispetto al secondo trimestre del 2015 il pil è cresciuto dell’1,6% nell’area dell’euro e dell’1,8% nell’Ue a 28 dopo +1,7% e +1,8% rispettivamente. Nel secondo trimestre del 2016 il pil negli Usa è cresciuto dello 0,3% rispetto al primo trimestre dell’anno (+0,2% nel primo trimestre 2016). Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente il pil è cresciuto dell’1,2% (+1,6% nel trimestre precedente). (F.Z.)
TASSA STELLARE DEI RIFIUTI S
econdo un recentissimo studio effettuato dalla Cgia di Mestre in merito alle varie tasse sui rifiuti emerge che le famiglie e le imprese italiane (suddivise nei vari settori) pagano quasi 8,8 miliardi di euro l'anno. Lo stesso studio sottolinea, e a chiare lettere, che i maggiori e più consistenti aumenti riferiti agli anni compresi tra il 2010 e il 2016, sono stati a carico di negozi di frutta e verdura (+ 49,5%), ristoranti e trattorie (+ 41,4%), e bar (+ 30,95). I parrucchieri e saloni per uomo-donna registrano un + 24,5% mentre gli alberghi, sempre nello stesso periodo, hanno subito aumenti di circa il 14%.
L'analisi sulla quantificazione degli aumenti è stata effettuata tenendo conto della planimetria media e degli immobili strumentali presenti nell'azienda. Per le famiglie invece la crescita delle tasse sui rifiuti è stata più contenuta e come riferimenti per il conteggio sono state considerate tre tipologie di abitazione: una di circa 70 mtq con una famiglia di due componenti (aumento di circa 33,5%), la seconda di 90 mtq con tre persone (aumento del 36%), e la terza di 120mtq per quattro persone (aumento di circa 33%).
La Cgia di Mestre chiarisce inoltre che «con il pagamento della bolletta non copriamo solo i costi di raccolta e di smaltimento dei rifiuti, ma anche le inefficienze del sistema. Tra le oltre 10mila società controllate o partecipate dagli enti locali che forniscono servizi pubblici, tra cui anche la raccolta dei rifiuti, circa il 30% sono stabilmente in perdita». (F.Z.)
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Indagine sull`immigrazione
ITALIANI VORREBBERO CHIUDERE LE FRONTIERE!
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Secondo un sondaggio della Ipsos Mori, un importante istituto inglese di ricerca, su 22 Paesi (i principali Paesi europei, Stati Uniti, India, Giappone Messico, Turchia, Sudafrica, e altri) su immigrazione e rifugiati, gli italiani sono ai primi posti nella classifica di quelli che hanno la peggiore opinione dell'immigrazione. Una opinione appunto “opinabile”, ma che non riflette certo la linea di Laura Boldrini, presidente della Camera, aperta all'accoglienza dei migranti nella considerazione dell’emergenza umanitaria nella quale si ritrovano in molti che premono alle nostre frontiere, anche se spesso e solo per una questione di transito verso l’Europa. Una impostazione qualificata dal pensiero “di destra” come «la via breve verso un incremento di razzismo e intolleranza». Per Ipsos in pochi, solo il 10%, italiani pensano che l' immigrazione abbia un effetto positivo, mentre il 65% percepisce la presenza di “troppi immigrati”; il 63% pensa invece che l'immigrazione stia cambiando il Paese in negativo; il 52% degli italiani, un dato in crescita relativo all’aumento del numero dei profughi arrivati in
Italia, vorrebbe addirittura chiudere i confini; il 77% suppone che i terroristi si stiano infiltrando tra i rifugiati, il 38% non crede che la maggior parte di chi arriva nel nostro Paese potrà realmente integrarsi. In generale, su 16mila persone intervistate il 45% afferma che i migranti hanno un effetto negativo sul proprio Paese, mentre solo il 20% li considera in modo positivo. In Stati come Turchia, Italia, Russia, Ungheria, Francia e Belgio, la percentuale negativa sale al 60%. Circa la metà del totale degli intervistati si lamenta per il numero eccessivo di migranti nel proprio territorio. Bobby Duffy, direttore del centro Ipsos Mori, ha pubblicato per email una dichiarazione in cui si legge: «L'immigrazione è un problema globale, ma al momento pochissimi Paesi riescono a gestire il livello del flusso e a controllare l'impatto dei movimenti di massa delle persone». L' indagine, poi, mette in luce il fatto che nei confronti degli emigranti è il sospetto il sentimento predominante. Il 40% degli intervistati si dichiara favorevole alla chiusura dei Locanda confini, mentre il 60% è sicuro che i
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di Franco Zadra
terroristi entrino nei Paesi stranieri fingendosi migranti. In Turchia quest' ultima percentuale sale all' 83%. Vi è inoltre l’appello lanciato da mons. Nicolas Djomo, vescovo di Tshumbe e presidente della Conferenza episcopale della Repubblica Democratica del Congo (Cenco), a Kinshasa, rivolto ai giovani: «Non fatevi ingannare dall’illusione di lasciare i vostri Paesi alla ricerca di impieghi inesistenti in Europa e in America». Come a dire, piuttosto che andare a fare i disoccupati in Europa rimanete in Africa a costruire un mondo migliore. E su questo tasto della disoccupazione si potrebbe scatenare un’ulteriore ridda di negatività a rinforzare ulteriormente la statistica di Ipsos Mori su l’incremento dei peggiori sentimenti degli italiani verso i rifugiati.
Il LABIRINTO dell’accoglienza Si fa presto a dire “accoglienza”, ma per esempio a Padova, su 3600 richieste d'accoglienza, la Commissione prefettizia ne ha ritenute idonee solo 108, nemmeno il 3%. Solo una minima parte dei richiedenti, quindi, avrebbe diritto all'aiuto se di diritto fosse il caso di parlare. Sono moltissimi però quelli che non otterranno lo status di rifugiato. Dopo lo sbarco sulle nostre coste, si viene presi e portati in un Cpsa (Centro primo soccorso e accoglienza),per esempio a Lampedusa. Accompagnati poi nelle varie strutture temporanee e nelle questure dove viene compilata una richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato. Si passa quindi per la commissione territoriale composta da quattro membri, il Comune, la Prefettura, la Polizia, e l'Unhcr (l'Alto commissariato per i rifugiati dell'Onu).
Se si ottiene asilo si ha diritto al permesso di soggiorno, necessario per cercare lavoro, la tessera sanitaria e chiedere il ricongiungimento, in un secondo tempo, con la famiglia di origine. Lo status di rifugiato si ottiene solo potendo dimo-
strare di fuggire da una persecuzione per motivi razziali, di etnia o religione. In alternativa si potrà comunque ottenere la protezione sussidiaria o umanitaria. Sempre nel caso di Padova, la sussidiaria è andata a 144 migranti, quella umanitaria a 540. Tutti gli altri 2808 rimangono in sospeso. Per ricorrere contro il rifiuto si ha tempo 30 giorni, ma serve un avvocato per cui si può chiedere il gratuito patrocinio e la pratica rimarrà sospesa fino alla sentenza del tribunale competente, da attendere all’interno di una struttura di accoglienza. In caso di espulsione, a carico del Prefetto, si dovrà invece lasciare l'Italia entro quindici giorni. Nel caso della Corte d'Appello di Venezia, le prime sentenze arrivate a marzo scorso hanno ribaltato, nella maggior parte, il rifiuto delle commissioni.
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giocare con me? di Patrizia Rapposelli
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ebcam girls: una storia di rete, un racconto attuale, un mondo che tocca e strega la società d’oggi. Si tratta di un business milionario della nostra epoca, dove lo spogliarsi e il compiere atti di autoerotismo in rete prefigurano un sesso su internet sicuro e redditizio; e come i concetti opposti di yin e yang o bene e male poggiano le basi per una moralità o un’immoralità, in egual modo tale pratica fa del giusto e sbagliato la sua ambiguità. Così tra forma di esibizionismo, prostituzione e garanzia di reddito questo business on-line tra le mura domestiche spopola inserendosi nello scenario di fenomeno sociale. Un tema che fa parlare di sé tra le discussioni di chi lo considera esperienza ludica e di profitto da un lato e dall’altra vista dalla legge italiana come un mestiere alla stregua della prostituzione. Tale fatto sociale di portata globale non può che lasciar spazio ad un’ampia riflessione che mette in crisi i valori che dalla tradizione si sono strutturati nella nostra società. Nella comune il mondo webcam gils può trovare una giustificazione per certi versi? Lascio ai lettori la valutazione. Da una ricerca sul web emerge l’idea che “lavorando” otto ore al giorno da casa possa considerarsi un lavoro normale, etichettandolo come forma di esibizionismo, un mestiere che dia la
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possibilità di arrotondare il bilancio famigliare e un modo puntante alla ricerca di guadagni facili. I soggetti coinvolti nel teatrino sessuale sono rilegati nella sfera femminile, donne di età compresa tra i 18 e i 40 anni, da un’utenza maschile giovane, la quale approfitta di siti porno non a pagamento, e di adulti disposti a sborsare cifre non indifferenti per momenti di sesso virtuale con la performance desiderata. Secondo Clinton cox, fondatore della “CammingCon”, analizzando i dieci siti più famosi di cam, in qualsiasi momento del giorno, si possono vedere in attività circa 20.000 modelle. Donne sempre più disposte a una sensualità svincolata dai confini morali, dove il corpo è merce e il sesso viene consumato senza alcuna implicazione emotiva; un’utenza che vede nella figura femminile la sua strumentalizzazione e mercificazione. Interessante è conoscere il meccanismo antistante lo spettacolo hard delle web cam che tra tariffe, sistemi di crediti, domanda e offerta danno origine ad un vero e proprio mercato di sesso online che quantifica cifre milionarie. Dare i propri dati, inserire un nickname, munirsi di pc e webcam, avere una connessione internet e creare un video di presentazione e
per la “ragazza” il gioco è pronto. Se questo è il semplice percorso iniziale cui una futura cam girls deve intraprendere, dall’altra il consumatore, avendo a disposizione “una vetrina”, ha la possibilità di scegliere la model preferita e poi, tramite un pagamento per posta pay o carta di credito, lo spettacolo può avere inizio. Ogni donna ha le sue tariffe in base al livello del servizio che può offrire, generalmente vanno da 1 euro a 2,50 euro al minuto come offerta base, la quale può aumentare in base alle richieste fatte dal cliente stesso, così che il reddito in base al numero di richieste e le ore dedicate può andare dagli 800 ai 2000 euro mensili. Un mondo dalle molteplici interpretazioni perchè l’uso della web cam non dipenderebbe solo dal bisogno estremo di guadagno, ma anche piuttosto da una forma di esibizionismo, da una parte, e, dall'altra, da un rapporto con l’attrice, immaginando di “giocare con lei” in ogni modo.
PROSTITUZIONE MINORILE…
... piccoli schiavi invisibili
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arliamo di un fenomeno che sembra non riguardarci da vicino, ma che in una realtà nascosta è in rapida evoluzione: la prostituzione minorile. Trattiamo di minorenni italiani e stranieri, piccoli schiavi invisibili, prede di una società d’ombra di adescamenti e sfruttamento di corpi, rilegati nel circuito della prostituzione. Un tema che rimane tra le righe dell’argomento generale dello smercio di corpi e che nell’Italia della crisi c’è, ma spesso non si vede; troppo impegnati ai grandi problemi dell’economia e della politica, non ci si accorge di quelle “zone d’ombra” che vedono il consumo di corpi svilupparsi in diverse direzioni e un’utenza maschile sempre più richiedente che fa evaporare il senso etico nel nulla. Da un lato la rotta dell’adescamento e lo sfruttamento tramite internet, il quale comprende l’età tra i 12 e i 14 anni; dall’altra gli adolescenti implicati nel giro della prostituzione per un eccesso di leggerezza e un non controllo genitoriale: forme di consumi compulsivi, nell’ottica del fare sesso per svago e guadagno, sfiorando il patologico in alcuni casi. Tale evoluzione ha un senso per la sfera italiana, mentre per lo straniero si parla d’altro; in questo caso ragazze adolescenti vengono arruolate, traferite e controllate in altri Paesi da organizzazioni criminali, che siano esse singoli o famiglie, l’Italia è uno di questi. Ad oggi i minori prostituti provengono maggiormente dalla Nigeria, la Cina, la Tailandia, la Moldavia, la Romania, l’Albania e l’Ecuador. La situazione critica, così come si presenta, mette in luce una problematica ancor maggiore, legata al fatto che tale fenomeno non si riesce a circoscriverlo, si sta proliferando nelle piazzole autostradali e stan-
no crescendo i luoghi di prostituzione minorile negli appartamenti rispetto la strada, senza tralasciare la difficoltà nell’identificazione della reale età della squillo in via. In termini generali si potrebbe parlare di effetto globale: idea di un processo non controllato, trainato da meccanismi automatici dell’economia di mercato? Se vediamo l’allargarsi del problema baby squillo in modo globale ci rendiamo conto della doppia facciata del problema, da un lato la brama del potere e del guadagno, dall’altra un’utenza preda di un rapporto malato con il sesso. Mi piace ricordare il pensiero di Bauman, il quale spiega che nella società globalizzata il tipo umano che la popola può essere immaginato come un flaneur, un vagabondo, un turista, figure allegoriche di condizioni che tendono a promuovere una distanza tra l’individuo e l’Altro, e considerano l’Altro come oggetto di valutazione estetica, non morale. Mette in luce un radicalizzarsi della tendenza alla individualizzazione che è tipica della nostra epoca. Vendere piccoli corpi, frutto di un mercimonio, ecco che appare come fatto sociale emergente, parliamo di oltre settemila baby prostitute e altrettante inserite nei circuiti veri e propri della prostituzione. Nel chiuso o nell’adrone di un condominio, tutte in tiro in locali notturni e club privati o nelle aree di sosta negli autogrill, appare spesso invisibile ai nostri occhi, ma c’è e il consumatore non manca. Ricercare le cause è impresa difficile, potremmo sviscerare l’argomento sotto più punti di vista e
di Patrizia Rapposelli
con l’ottica di più scienze umane, ma ciò che di più evidente emerge dalle ricerche è un legame stretto tra aumento prostituzione minorile e consumismo, il quale crea una particolare classe adolescente (uso il corpo per una disponibilità di denaro e sicurezza) e una classe di mezza età che ripaga fantasie sessuali malate.
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CHE FANNO CRESCERE
di Erica Zanghellini
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el mondo attuale dove la parola d'ordine è l'eccesso, spesso i genitori si trovano a dover fare i conti su che cosa è giusto negare o limitare i propri figli. Di sicuro anche se, con le più sincere e nobili intenzioni, soddisfare sempre e qualsiasi richiesta dei minori non è la strada giusta. I bambini fin da piccoli hanno bisogno di limiti, ricordiamoci che loro amano e si sentono sicuri in un ambiente routinario. Creare un ambiente sicuro, significa crescere con aspettative e prevedibilità ambientale ma, soprattutto è importante averla nella "disponibilità" delle figure di riferimento nel momento del bisogno, sia esso pratico oppure emotivo.
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Uno dei motivi perchè questo obiettivo viene minato, è il mettere al primo posto il bisogno degli adulti di essere amati dai loro figli. Per raggiungere questa metà, alcuni sono disposti a tutto, anche evitare qualsiasi frustrazione al bambino. Il problema è che spesso, i genitori, non sono coscienti di questo meccanismo e lo agiscono in modo automatico, tanto da non rendersi conto poi delle conseguenze inevitabili. Ricordiamoci che anche se, questo bisogno è legittimo, non può sostituire l'autorevolezza necessaria per svolgere il ruolo di genitore. Altri motivi per cui spesso è difficile dire di "no", possono essere la paura di apparire poco disponibili agli occhi dei figli, o ancora il timore dei conflitti o infine il pensiero di poter ferire emotivamente i nostri figli. Essere autorevoli non significa essere autoritari, ma è importante tenere a mente che il ruolo del genitore è educare, e come dice la parola stessa che deriva da “educere”, significa guidare. L'affetto e i limiti necessari al bambino sono le due facce della stessa medaglia. Riuscire a dire di "no", cioè a porre dei limiti, significa trasmettere al proprio figlio un modello che gli permetterà di diventare autonomo, lo aiuterà infatti a sviluppare le risorse che sono lui, ma soprattutto lo farà sentire parte della
famiglia (Asha Philips, 2009). Se ci si rende conto di non riuscire mai a dire "no" alle richieste del figlio o nelle situazioni in cui è coinvolto, forse meglio aprire una riflessione e cercare di capire perchè avviene. Dobbiamo tener presente che fissare delle regole non vuol dire maltrattare i nostri figli anzi, lo facciamo per il loro bene e questo dobbiamo continuare a ripetercelo. Più siamo in difficoltà e più potrebbe essere utile ribadirlo dentro di noi. I "no" detti dai genitori possono far arrabbiare, frustrare il bambino però, dall'altra parte, sono necessari per farlo sentire al sicuro e protetto. Sta a noi adulti accompagnare il piccolo ad una gestione delle emozioni efficace. Verbalizziamogli che cosa è successo, spieghiamogli perchè abbiamo preso quella decisione e normalizziamo la sua reazione "Capisco che tu sia arrabbiato perchè ecc... ma, è necessario per la tua sicurezza." Ricordiamoci che i limiti servono anche a proteggere da eventuali pericoli, che lui o lei non riesce a prevedere, perchè come naturale che sia, i bambini non riescono a calcolare tutte le conseguenze delle loro azioni. Noi dobbiamo fare da modello per i piccoli e accanto alla nostra decisione di negare qualcosa dobbiamo spiegarlo in maniera semplice e chiara, in modo
che il bambino pian pianino possa interiorizzare la motivazione e quindi la regola. I "no" vanno dati fin da piccoli e vanno calibrati per l'età del bambino. Per un fanciullo di 2-3 anni potrebbe essere adeguato fornirgli massimo cinque-sei regole che riguardano la quotidianità. E' importante dire questo, perchè un errore che frequentemente si commette è quello di pensare che il minore sia troppo piccolo per rispettare delle regole. In realtà è controproducente questo comportamento, nei primi anni di vita i divieti sono importanti per lo sviluppo psicologico, affettivo ed evolutivo del bambino e se un limite viene spiegato con le parole giuste possono capirlo tranquillamente. Una delle accortezze da usare è spiegare con calma che i divieti che gli stiamo impartendo, sono condivise dagli adulti e che non sono delle nostre convinzioni personali. Il senso delle regole e che cosa rappresentano vanno esplicitate, ad esempio spiegargli che per la sua sicurezza non può usare un determinato utensile, oppure che non si picchiano le persone e che questa regola vale anche per la legge Italiana, lo aiuterà a capire il perchè e l'oggettività di tale scelta. Attenzione però a non passare più e più volte a giustificare del perchè di quella regola, dopo essersi assicurati che il bambino ha compreso la motivazione, possiamo chiudere l'ennesima richiesta con un semplice "te l'ho già spiegato il perchè". Anche se è vero, soprattutto in alcune situazioni, che imporre un divieto è dif-
ficoltoso, è nello stesso tempo necessario in quanto parte naturale del rapporto genitorifigli. Le regole devono essere decise in un primo momento assieme come genitori e poi comunicate ai propri figli. Teniamo ben impresso nella testa che vale di più l'esempio che mille parole. Se decidiamo una regola che vogliamo insegnare a nostro figlio ad esempio quella di mangiare a tavola seduti e senza giochi e distrazioni intorno, non possiamo consumare il nostro pasto frettolosamente in piedi o presentarsi a tavola col cellulare e rispondere a messaggi o controllare le email. Se il limite non viene rispettato, è corretto farlo presente al bambino e prendere eventuali provvedimenti. Il farlo sedere per un tempo corrispondente alla sua età e chiedergli di riflettere su quanto avvenuto potrebbe essere un buon modo di rimandargli l'errore compiuto. Il fermarsi e dar spazio alla riflessione invece, risulta essere positivo per potenziare appunto, la capacità riflessiva del bambino. Qualora il piccolo non riesca da solo possiamo accompagnarlo, quando
possibile, nel capire la relazione causaconseguenza. E infine ricordiamoci che i bambini si affidano ad adulti che ai loro occhi hanno una credibilità, cioè ad adulti coerenti. Non cambiamo idea sull'imporre un limite perchè il minore fa i capricci, sosteniamolo emotivamente, comunicategli apertamente di capire le sue emozioni, ma che una regola è una regola e non può essere cambiata davanti ai capricci perchè importante.
Dott.ssa Erica Zanghellini Psicologa-Psicoterapeuta Riceve su appuntamento Tel. 3884828675
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la storia in valsugana
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di Alessandro Dalledonne
1000 non tornano
Nove anni di ricerche. Per ridare nomi e volti a circa mille valsuganotti e tesini caduti nel corso della Grande Guerra. Un lavoro, una ricerca storica, quella realizzata da Stefano Delucca che, uniti alle migliaia di profughi ed alla distruzione di quasi tutti i paesi di una valle contesa tra i due eserciti (italiani ed austro-ungarici) costituiscono il prezzo da pagato da una terra di confine alle ragioni del nazionalismo di inizio secolo. Ora esiste anche un sito internet - www.valsugana14-18.it – per dare un nome, un volto ed una dignità a tante persone. Una banca dati in continua evoluzione, un progetto aperto alla collaborazione di tutti affinchè ogni scheda possa via via arricchirsi e prendere vita. Caduti ed inumati nei cimiteri di mezza Europa (Galizia, Russia, Italia ed Austria). Nelle scorse settimane la ricerca, che porta l’emblematico titolo “In 1000 non tornarono”, è stata presentata con una due giorni.
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partire dalla presentazione storica a Borgo con lo stesso Delucca e lo storico Luca Girotto che hanno ricordato il certosino lavoro di ricerca ripercorrendo la storia della Prima Guerra Mondiale e delle sue ripercussioni in Bassa Valsugana e Tesino. “Il mio lavoro non è finito, tutt’altro, c’è ancora tanto da fare – ci racconta - per disegnare una mappatura completa e veritiera di quanto successo un secolo fa”. Dal 2007 Delucca ha girato in lungo ed in largo la valle. Ha bussato a tante porte, rovistato in molti archivi. “Volevo avere notizie sulla sorte del fratello del nonno – ricorda – Armenio Delucca, mai tornato a casa dalla prigionia russa. Poi, giorno dopo giorno, mi sono incuriosito sempre più. Ho recuperato tutti i nomi dei caduti del mio paese, poi la ricerca si è via via allargata ed ora siamo arrivati a questo risultato”. Per anni si è dedicato a certosine ricerche presso le fonti più disparate, dagli archivi parrocchiali a quelli comunali, dai bollettini delle perdite ai registri diocesani, dai giornali dell’epoca ai monumenti commemorativi. Ha visitato anche tutti i cimiteri comunali della valle, raccogliendo uno per uno tutti i nomi dei caduti descritti sui vari monumenti. “Complessivamente ne ho contati
843 ma, una volta terminata la ricerca, basati su documenti e materiale storici e di archivio, i caduti che abbiamo recuperato sono 1.014. Ben 171 in più e la ricerca non è ancora finita”. Non sono solo riemerse, da un buio secolare, le vicende di valsuganotti di cui si sapevano solo che erano morti in guerra, ma si sono materializzati anche degli eori sconosciuti, militari di cui era ignota persino l’esistenza e dei quali nessuno ignorava la sorte. Una curiosità. Nell’elenco recuperato da Stefano Delucca figurano anche 49 soldati, originari della Valsugana, residenti nel Voralberg. Allo scoppio della guerra erano residenti in Austria, dove vivevano e lavoravano. Anche loro saranno ricordati domenica prossima in località Barricata, nell’altopiano della Marcesina a Grigno. “Abbiamo aderito convintamente a questa iniziativa – prosegue il sindaco di Grigno Leopoldo Fogarotto – in quanto ci permette di ricordare, senza nessuna distinzione, tutti i caduti. Siamo convinti che la conoscenza della nostra storia costituisca il presupposto indispensabile su cui basare la realizzazione del futuro della nostra comunità, per far sì che tutti si impegnino a costruire un futuro di pace, consapevoli delle diffi-
coltà, delle devastazioni e del dolore che la guerra porta con sé”. Come ricorda ancora lo stesso Delucca “potevamo limitarci a scrivere un libro ma alla fine abbiamo preferito realizzare un sito, aggiornabile di volta in volta, e posizionare alcuni totem nel comune di Grigno. Una scelta, quest’ultima, che ci ha portato a posizionare diverse tabelle lungo la strada che dalla frazione Selva porta in Barricata, una di queste troverà posto anche presso la stazione ferroviaria di Grigno. Totem – rimarca Fogarotto – che raccontano com’era il territorio all’epoca delle vicende belliche e chi erano le persone che hanno combattuto e lavorato in quei luoghi”. Come quei 19 prigionieri russi, catturati in Galizia dagli austro-ungarici, impegnati nella costruzione della strada della Barricata, morti e sepolti a Grigno. In occasione della cerimonia di commemorazione in località Barricata il sindaco Fogarotto ha consegnato una
targa ricordo al presidente del Centro Russo Borodina di Merano Bianca Morosini ed al direttore Andreay Pruss. Quella domenica, sull’altopiano della Marcesina, è arrivata tanta gente. Accanto a Stefano Delucca e Manuela Sartori anche Mattia Berti, giovane laureato in scienze storiche di Telve di Sopra. E’ toccato a lui ricordare perché gli organizzatori (Comune di Grigno, Comunità, Provincia e Ecomuseo Valsugana) hanno scelto la Barricata per dare un nome ed un volto a tutti i caduti. “Fin dal 1913 il Comando di Stato Maggiore austroungarico aveva deciso la costruzione della strada che da Selva porta in Barricata. Il progetto era pronto, poi è scoppiata la Guerra. Solo verso la fine del 1917 si decise la realizzazione, lavori avviati nel febbraio del 1918. Parliamo di un punto strategico, soprattutto per gli austriaci che però dovettero abbandonarla in tutta fretta il 27 ottobre dello stesso anno”. La giornata commemorativa si era aperta con la Messa, celebrata da don Bruno Ambrosi, proseguita con il saluto del sindaco di Grigno e di Giuseppe Corona, consigliere delegato della Comunità Valsugana e Tesino. Dopo la benedizione dei 21 pannelli, con tutti i nomi dei caduti (non solo austroungarici ma anche di 10 irredentisti di Roncegno, Strigno, Scurelle e Borgo). “Oggi non saranno suonati i tradizionali inni nazionalisti, come succede in queste occasioni. Abbiamo deciso tutti
insieme – ha concluso Giuseppe Corona – di ricordare il sacrificio di tanti innocenti con l’Inno alla Gioia di Beethoven e di onorarli con l’esposizione della bandiera europea. Perché l’incomprensione del presente – gli ha fatto eco Mattia Berti – nasce spesso dall’ignoranza e dalla scarsa conoscenza del nostro passato”. Alpini, arrivati da tutta la Valsugana, e Schutzen hanno salutato insieme i 1.014 caduti con la deposizione di una corona, la salva d’onore ed alcuni colpi di cannone dell’Associazione Storica Kaiserarteillerie di Pinè. I caduti ricordati sono stati oltre un migliaio: di questi 118 erano residenti a Borgo, 28 di Olle, 42 di Castelnuovo, 27 di Spera, 41 di Scurelle, 14 di Carzano, 91 di Telve, 28 di Telve di Sopra, 67 di Strigno, 29 di Ospedaletto, 24 di Villa Agnedo, 15 di Ivano Fracena, 33 di Samone, 36 di Novaledo, 68 di Roncegno, 26 di Marter, 14 di Santa Brigida, 26 di Ronchi, 29 di Torcegno, 32 di Bieno, 25 di Cinte Tesino, 65 di Castello Tesino, 25 di Pieve Tesino, 58 di Grigno, 33 di Tezze e 3 di Frizzon, piccola frazione di Grigno.
NB: le fonti utilizzate da Stefano Delucca per la sua ricerca sono state l’Archivio Storico di Trento, l’Archivio Diocesano di Trento, il Landessarchiv di Innsbruck, i fogli degli annunzi legali del Tribunale Civile e Penale di Trento, le liste delle perdite “Verlustlisten”, il Bollettino del Segretariato Rifugiati e Profughi e le liste degli inumati nei vari sacrari e cimiteri militari.
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Comparsa di Chiara Paoli
La donna più conosciuta al mondo è certamente lei, la Vergine Maria, scelta da Dio per portare in grembo suo figlio Gesù. L’immacolata in questi secoli si è più volte mostrata a coloro che devotamente l’hanno pregata e venerata. Domenica Targa è nata il 9 agosto del 1699 nella vicina frazione di Guardia; è una pastorella, che fin da piccola ammira l’immagine sacra della Madonna di Caravaggio che il contadino Giacomo Moser ha fatto realizzare in seguito ad uno dei suoi pellegrinaggi al santuario lombardo. E’ il 14 maggio 1729 quando la Vergine vestita di luce si mostra per la prima volta a Domenica Targa in quella che oggi i trentini conoscono come conca della Comparsa. La pastorella sta recitando il santo rosario mentre tiene d’occhio le bestie che pascolano nella radura. Qui nel 1887 viene benedetto dal vescovo Eugenio Carlo Valussi il gruppo scultoreo di Pietro Vermazze, che ancora oggi ricorda ai fedeli la prima apparizione mariana di Montagnaga, cui ne seguirono altre quattro. La seconda apparizione avviene a pochi giorni di distanza, il 26 maggio, all’in-
Opera dei Madonnari realizzata in occasione della manifestazione Antichi mestieri ai fregoloti - 6 agosto 2016
terno della chiesa di Sant’Anna, durante la celebrazione per l’Ascensione del Signore. La voce delle apparizioni si diffonde e nel piccolo borgo sopraggiungono numerosi i pellegrini; le offerte permettono a Giacomo Moser di commissionare alla pittrice trentina Elena Marchetti Zambaiti un’opera raffigurante la Madonna di Caravaggio. La tela consegnata il 26 luglio del 1729 è l’immagine che ancora oggi si venera all’interno del santuario mariano. L’8 settembre ha luogo la terza apparizione, proprio quando una processione sta per benedire la nuova pala e l’altare edificato per custodirla, a spese del conte Bucceleni. Il 10 settembre la Madonna appare nuovamente alla pastorella, che non aveva avuto modo due giorni prima di raccontare al pievano di Pinè la sua visione. La madre di tutte le madri, apparendo in località Pralongo, dove la giovane stava pascolando il bestiame, la invita a parlare con il suo padre spirituale Don Michele Bernardi, che pazientemente ascolta e stende un resoconto per l’Ufficio Spirituale di Trento. L’ultima comparsa avviene il 26 maggio 1730, nella chiesa di Sant’Anna dove la celestiale donna benedice i fedeli presenti. Domenica Targa vive ancora per lungo tempo nella casa natale di Guardia, dove si spegne con tutti i conforti religiosi il 24 ottobre del 1764; una targa commemorativa è posta su una parete dell’abitazione, acquisita e restaurata dall’Amministrazione del Santuario. Questa è la storia di una donna devota, di una figura scelta per portare un messaggio più grande, ma è soprattutto una storia di devozione che conduce a
Gruppo scultoreo nella Conca della Comparsa Montagnaga innumerevoli pellegrini che fanno visita al santuario, che si rivela insufficiente per ospitare la moltitudine di fedeli che accorrono da ogni dove. Nel 1751 il santuario ampliato viene consacrato da monsignor Leopoldo Ernesto Firmian, ed un secolo dopo si rendono necessari ulteriori lavori di ampliamento, realizzati tra il 1880 e il 1887, su disegno dell'architetto Luigi Liberi per volere di don Francesco Maria Setti. Sulla strada che conduce alla Comparsa viene realizzata la Grotta del Presepio, terminata nel 1898, custodisce il terzo mistero gaudioso del Santo Rosario, la nascita del Bambino Gesù. L’ultima fatica innalzata a Montagnaga per ospitare i fedeli, è il monumento a Gesù Cristo Redentore, i cui lavori prendono avvio all’aprirsi del XX secolo, per terminare nel 1906. All’interno di questa splendida architettura, elaborata dall’ingegnere Emilio Paor è riprodotta la Scala Santa di San Giovanni in Laterano che custodisce ad ogni gradino un po’ di sabbia proveniente dalla Terra Santa. Montagnaga con il santuario della Madonna di Caravaggio e la Comparsa, si presenta come il fulcro della devozione mariana in Trentino, rimanendo a tutt’oggi l’unico luogo della provincia dove risulta essere apparsa la Vergine. Luogo di preghiera e di riflessione, dove ritrovare la fede e la spiritualità.
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Le diaconesse che
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verranno...
apa Francesco lo ha fatto davvero: ha istituito una commissione di studio sul diaconato femminile nella Chiesa primitiva, come aveva promesso a una religiosa in presenza de l'Unione Internazionale delle Superiore Generali. Una commissione composta da 5 donne e 8 uomini che dovrà cercare di superare la lettera apostolica di Giovanni Paolo II del 1994, Ordinatio Sacerdotalis, peraltro confermata anche da Bergoglio, che ammetteva il sacerdozio «esclusivamente riservato agli uomini». Un altro bel colpo di riforma della Chiesa a 500 anni dalla riforma luterana. L’arcivescovo di Trento aveva smorzato gli entusiasmi suscitati da quella boutade del papa. «È una provocazione – aveva detto il prelato – perché la chiesa trovi delle modalità di fare più spazio alle donne». Come bene ci ricorda Wikipedia, è nella lettera ai Romani (16,1) che compare il termine "diacono" ap-
plicato a una donna: «Vi raccomando Febe, nostra sorella, diacono della Chiesa di Cencre», aggiungendo però che il termine era utilizzato in un contesto in cui i diversi ministeri all'interno delle chiese stavano ancora strutturandosi, perciò sarebbe scorretto riferirlo a un grado della gerarchia ecclesiastica. Di fatto però san Paolo manifesta una prospettiva di pensiero molto avanzata rispetto alle differenze di genere e alle discriminazioni che tuttora persistono, non solo in ambito ecclesiastico. Scrive, infatti, «Non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28). Un’indicazione che avrebbe dovuto sbaragliare qualsiasi pregiudizio, ma che incontrerà sempre la ritrosia maschile, detentrice del potere “sacro”, fin dal primo concilio di Nicea nel 325, dove si tiene a precisare che «le diaconesse [...] non avendo ricevuto alcuna imposizione delle mani, devono essere computate senz'altro fra i laici», (canone XIX). Il problema era (è) il sesso di Gesù, quasi non si potesse pensare una “imitatione Cristi”, una perfetta conformazione a lui per il genere diverso. Che si trattasse di una vera ordinazione sembra indicarlo al negativo Il Concilio di Calcedonia del 451 quando al canone XV prescrive che, «Non si ordini diacono una
donna prima dei quarant'anni, e non senza diligente esame. Se per caso, dopo aver ricevuto l'imposizione delle mani e avere esercitato per un certo tempo il ministero, osasse contrarre matrimonio, disprezzando con ciò la grazia di Dio, sia scomunicata insieme a colui che si è unito a lei». Per potersi conformare al Cristo non occorre essere dello stesso sesso del Gesù storico. Questa mentalità sessista ha inibito, a mio avviso, lo sviluppo e la creatività delle comunità cristiane, soprattutto cattoliche. Non si vorrebbe però clericalizzare le donne, piuttosto semmai de-clericalizzare i ministeri ordinati, anche se questo è solo uno dei problemi della Chiesa cattolica. Una questione importante, ma del tutto secondaria rispetto a quella dell’infondatezza del dogma del peccato originale, così come denunciata dal teologo Vito Mancuso nel suo libro “Il principio passione”, mediante il quale la Chiesa ancora oggi interpreta tutto ciò che infrangerebbe il supposto ordine originario di Dio, come peccato, finendo per generare inevitabili e infiniti sensi di colpa. (F.Z.)
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Ora e Veglia di Chiara Paoli
Partigiani dopo la liberazione
Ci sono donne che non hanno nulla da invidiare agli uomini in quanto a coraggio, Clorinda Menguzzato e Ancilla Marighetto, nomi in codice rispettivamente Veglia e Ora, sono certamente da annoverare fra queste. Nascono entrambe a Castello Tesino, Clorinda il 15 ottobre 1924, Ancilla il 27 gennaio 1927, e alla fine del 1944, le due donne entrano a far parte del Battaglione Gherlenda, nato per svolgere attività di resistenza contro gli occupanti nazisti in Valsugana e Tesino. Menguzzato Clorinda - Veglia
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otto il comando di Isidoro Giacomin detto Fumo, la Compagnia inizia ad operare con i 28 membri iniziali, nell’agosto del 1944, stanziandosi presso Costabrunella. Il 14 settembre la compagnia circonda la caserma del Corpo di Sicurezza Trentino (CST) di Castello Tesino, catturando ben 55 prigionieri e requisendo moltissime armi; così la Compagnia viene innalzata al grado di Battaglione. Gli elogi al Battaglione Gherlenda
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non mancano in seguito a questa azione che verrà lodata anche da Radio Londra, ma la reazione del nemico non tarda a manifestarsi. I tedeschi, assieme ai membri del CST e ai mongoli del Turkestan, si dirigono verso Costabrunella per compiere operazioni di rastrellamento. In questo frangente perde la vita il loro comandante, e i partigiani si riparano a malga Cima d'Asta per poi fissare il Comando presso malga Tolvà. Gastone Velo, detto Nazzari prende il comando, ma l’8 ottobre i tedeschi operarono un ulteriore rastrellamento, inducendo il gruppo a dividersi: alcuni partigiani si dirigono sull'altopiano del Celado mentre Veglia e Nazzari scelgono di procedere verso località “Zuna”, dove la famiglia di Clorinda ha una casa di campagna. Ma il compagno è ferito e lungo il tragitto vengono fermati da una pattuglia del Comitato di Sicurezza, vengono portati quindi al Municipio di Castello Tesino,
dove vengono interrogati e torturati. Tra l'8 e l'11 di ottobre Veglia viene seviziata costantemente, lo stesso comandante Hegenbart scatena contro la giovane il suo cane lupo; ma Clorinda mantiene il silenzio e nonostante le terribili violenze subite, si rifiuta di rivelare i nomi dei suoi compagni. A soli vent’anni si spezza in una maniera orribile la vita di Clorinda Menguzzato, in un dirupo nella zona di Pieve Tesino, viene gettato il suo corpo trucidato, qui ora si trova un cippo, in suo ricordo: “Clorinda ha vinto i nazisti con il silenzio, il martirio e la morte”. Ancilla Marighetto, detta Ora che per l’inverno si era nascosta con un piccolo gruppetto nell’impervia Val Caora nella zona del passo Brocon, ma a metà febbraio dell’anno seguente, il gruppo si sposta verso malga Vallarica di Sotto, dove vengono assaliti da una pattuglia di tredici uomini del Corpo di sicurezza trentino guidata dal capitano delle SS austriaco Karl Julius Hegenbart. Nell’intento di fuggire
Ora non riesce ad infilarsi gli sci ai piedi, utilizzati poco prima dal fratello "Renato", gli attacchi non sono stati regolati nuovamente per lei. La ragazza si avvia di corsa nella neve, verso Lamon, con il compagno "Raul"; quando i nazisti con gli sci ai piedi si stanno approssimando, decidono di arrampicarsi su due abeti per celarsi alla vista del nemico. Nei pressi del Col del Toc, nel comune di Lamon, Ancilla viene scoperta e decide di consegnarsi al capitano Hegenbart, interrogata risponde con il silenzio. Viene quindi dato l’ordine di sparare alla testa di Ancilla, ad uno dei soldati trentini facenti parte della pattuglia, un sottufficiale di Cavalese. Rimasto solo "Raul" scende per riparare sotto la neve il corpo esanime della compagna, che viene recuperato due giorni dopo da due giovani di Lamon, che la tumulano sotto un cumulo di sassi presso il rifugio Croset. Dopo la Liberazione la salma viene condotta a Castello Tesino dove il 16 giugno 1945 si celebrano i funerali dei partigiani Ancilla Marighetto "Ora", Isidoro Giacomin "Fumo", Clorinda Menguzzato "Veglia", Gastone Velo "Nazzari", Luigi Parer "Pronto" e Dario Zampiero "Mosca", Dorimberto Rocco Dallemule. Il soldato che sparò ad "Ora" fu condannato a 22 anni di carcere; uscì scontandone appena cinque,
Ancilla Marighetto - Ora perché la famiglia Marighetto concesse la grazia; mentre il capitano Hegenbart, condannato all'ergastolo in Italia per crimini di guerra, visse indisturbato in Austria, dove morì nel 1993. L'episodio del 19 febbraio 1945 segna la fine del battaglione "Gherlenda; Veglia è stata onorata della medaglia d’oro al valor militare alla memoria, assieme alla compagna di Resistenza Ora, la più giovane insignita di tale onorificenza. I tedeschi ne hanno violato il corpo, ma non sono riusciti a piegarne l'impetuoso spirito e l'irriducibile coraggio; sono queste due donne un immenso esempio di eroismo italiano, a cui vogliamo rendere onore.
Bibliografia: Ora Veglia, il silenzio e la neve, a cura di ariaTeatro, introduzione storica di Lorenzo Gardumi e testo teatrale di teatroBlu
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Le giornaliste inglesi del '700 F
are la giornalista all'inizio dell'Europa moderna richiedeva uno straordinario coraggio, per essere «donne in carriera» in un'epoca in cui tale scelta non era approvata e per sperare di essere prese sul serio dai contemporanei di entrambi i sessi nell'esercitare una professione indipendente e dignitosa. A quell'epoca la società si aspettava dalle donne un contributo solo nella sfera domestica e riproduttiva o che avessero almeno una fuzione ornamentale, non certo che aspirassero a dimostrare le loro capacità come giornaliste, nel conquistarsi un pubblico e mantenerlo. In inghilterra, la prima donna a pubblicare un giornale fu Mary de la Rivière Manley, il “Female Taler”, nel 1709,
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adottando lo pseudonimo di Mrs Crackenthorpe. Un giornale satirico che attaccava i leader whig al potere. Fu arrestata per diffamazione e ridotta al silenzio, costretta a indirizzare il suo giornale a «una società di semplici signore», cioè, del tutto insulso. Dopo il carcere fu incaricata da Jonathan Swift di dirigere il suo “Examiner” e rischiò di essere processata come diffamatrice perché credeva di contribuire con i suoi scritti a salvare il suo paese dalla corruzione. Per sopravvivere come scrittrice si dedicò a temi femminili dichiarando che la politica non era una questione da donne. Anche Ann Dodd che nel 1721 era la principale distributrice del giornale di opposizione “London Journal”, passò i suoi guai con la giustizia, ma si difendeva dichiarando d'ignorare i contenuti dei giornali che vendeva. Era però convinta che i lettori di entrambi i sessi dovessero sviluppare indipendenza di giudizio a proposito di chi li governava. Lady Mary Wortley Montagu, nel 1737 iniziò a pubblicare un foglio politico settimanale chiamato “The Nonsense of Common Sense”, scrivendo anonimamente in quanto aristocratica che riteneva sconveniente intraprendere una professione per guadagnare denaro. Si batteva a favore dell'istruzione femminile, propagandando l'importanza delle donne istruite e at-
Nina Rattner Gelbart, per gli Editori Laterza, nel volume “Duby e Perrot. Storia delle donne. Dal Rinascimento all'età moderna”, a cura di N. Zemon Davie e A. Farge, ha pubblicato un interessante saggio su “Le donne giornaliste e la stampa nel XVII e XVIII secolo”, dal quale traiamo notizie per questo articolo. tive nel mondo. Eliza Haywood ebbe così tanto successo con il suo “Female Spectator” (174446) che gli scrittori maschi cercarono di diffamarla come «donna stupida, infame e imbrattacarte». In un suo giornale successivo, “Epistles for the Ladies”, (1749-50), Mrs Haywood sottolineava come lo studio scientifico fosse salutare e naturale per le donne, incoraggiando l'uso del microscopio e del telescopio, anche se gran parte dei suoi scritti furono dedicati a come trovarsi un compagno adatto. Charlotte Lennox, romanziera irlandese, lanciò il “Lady's Museum” (1760-61) nel quale cervello e bellezza erano perfettamente compatibili. Dopo di lei sembra che le donne giornaliste inglesi siano scomparse dalla scena e i “giornali per le donne” fatti dagli uomini davano più importanza alla moda che all'istruzione. Cominciò invece un periodo di grande fioritura per il giornalismo femminile in Francia.
LeVestali, donnenel culto
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e Vestali avevano uno statuto sessuale simile a quello degli uomini per tutta una serie di privilegi legali dai quali le fanciulle e le matrone erano escluse. Una presenza storica tanto influente che pare, la tradizione delle pulizie di primavera derivi forse dalla pulizia del santuario di Vesta, dal 7 al 15 marzo, un rito proprio di quella casta sacerdotale femminile. Vesta è una dea di origine italica, identificata con la greca Estia, divinità del focolare domestico, dea della casa e della patria. Adorarla consisteva nel mantenere acceso il fuoco sacro. In alcune raffigurazioni di Vesta risalenti al I secolo a.C. essa è dipinta con una fiaccola accesa in mano, ma altre immagini la ritraggono mentre sorregge un bambino e l'hanno fatta identificare con la Vergine Madre che i Romani ritenevano essere loro protettrice particolare, la cui potenza sarebbe durata quanto il sole. Tra i sei e i dieci anni delle fanciulle scelte, entravano nel collegio sacerdotale addetto al tempio della dea e vi dovevano rimanere per trent’anni, dieci dei quali erano dedicati all'apprendistato, dieci al servizio propriamente detto e dieci all'insegnamento. Quattro furono quelle istituite da Numa Pompilio (715 – 672 a.C.), secondo re di Roma. Tarquinio Prisco (616 – 579 a.C.), quinto re di Roma, ne portò poi il numero a sei, per opportunità di servizio. Inizialmente elette dai re, furono poi scelte direttamente dal Pontefice massimo, cioè, il capo del collegio di sacerdoti, i pontefici, che presiedevano alla sorveglianza e al governo del culto religioso.
religioso
Un titolo del quale godette anche Giulio Cesare e gli imperatori che regnarono dopo di lui, almeno fino al 375 d.C., quando Graziano rinunciò alla carica, perché ritenuta incompatibile con la religione cristiana ch'egli professava. «Prese» (captae) nel corso di una cerimonia che somigliava ai riti del matrimonio romano, erano sottomesse per tutto il tempo del loro servizio all'obbligo della verginità, che si può accostare alla castità (pudicitia) della matrona romana, fedele a un solo uomo, austera nella condotta e nel contegno, piuttosto che a un voto di astinenza sessuale totale. Con la loro castità rappresentavano la natura della dea al cui culto provvedevano, simboleggiando la purezza di Vesta, la fiamma pura del focolare. Nel rito di consacrazione, il sacerdote diceva alla fanciulla: «Per celebrare i riti sacri che la regola prescrive di celebrare a una Vestale per il popolo romano e i Quiriti, in quanto candidata scelta secondo la più pura delle leggi, per questa purezza, io prendo te, Amata, come sacerdotessa Vestale». Durante tutto il suo servizio portava una cuffia rossa (il flammeum) e la pettinatura (le sei trecce, sex crines) della donna spo-
Palazzo Braschi - Vestale sata. Se il fuoco di Vesta si fosse spento per colpa sua, il Pontefice massimo poteva sottometterla a una severa punizione corporale, o se la sua condotta sembrava infrangere la castità alla quale era sottomessa, rischiava di venire seppellita viva. Detenevano alcuni poteri religiosi tradizionalmente riservati agli uomini, potevano disporre liberamente dei loro beni e fare testamento, ma nella tradizione religiosa dei romani, non hanno avuto mai la parte più importante.
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Una
piccola
Santa Teresa di Calcutta
“grande”donna
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ata il 26 agosto 1910 a Skopje, fu battezzata Gonxha Agnes. Mossa dal desiderio di diventare missionaria, lasciò la sua casa nel settembre 1928 per entrare nell’Istituto della Beata Vergine Maria, “le Suore di Loreto”, in Irlanda. Quel dicembre partì per l’India, arrivando a Calcutta il 6 gennaio 1929. Dopo la Professione dei voti temporanei nel maggio 1931, venne mandata presso la comunità di Loreto a Entally e insegnò nella scuola per ragazze, St. Mary. Il 24 maggio 1937 fece la Professione dei voti perpetui. Nel 1944 divenne direttrice della scuola. Il 10 settembre 1946, durante il viaggio in treno da Calcutta a Darjeeling, ricevette l’“ispirazione”che la portò, il 17 agosto 1948, a 37 anni, a indossare un "sari" bianco con un bordino azzurro
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e cominciare la sua “grande” missione. Iniziava ogni giornata con l’Eucaristia e usciva con la corona del Rosario tra le mani, per cercare e servire Gesù in coloro che sono “non voluti, non amati, non curati”. Durante l'inverno del 1952, un giorno in cui va cercando poveri, trova una donna che agonizza per la strada, troppo debole per lottare contro i topi che le stavano rodendo le dita dei piedi. La prende e la porta all'ospedale più vicino, dove, dopo molte difficoltà, la moribonda viene accettata. Le viene allora l'idea di chiedere all'amministrazione comunale l'attribuzione di un locale per accogliervi gli agonizzanti abbandonati. Oltre alla vita che si spegne guarda però anche alla vita nascente con l'apertura della Casa dei bambini, Shishu bhavan, dove accoglie i bambini abbandonati, trovati spesso nei bidoni della spazzatura. Molti progetti della Madre si vanno realizzando, ma manca forse quello più ambizioso: togliere i lebbrosi, i suoi figli prediletti come li definisce, dagli slum. Va ogni giorno a trovarli e curarli nelle loro misere baracche, ma spera di costruire per loro una città. Sa già che la costruirà sul terreno di Asansol donatole dal governo, che dovranno abitarci 400 famiglie di lebbrosi e che la chiamerà "Città della Pace", Chantinabal, ma le manca il danaro. Grazie ad aiuti e premi, il villaggio della pace viene. All'interno della città ci sono negozi, giardini, l'ufficio postale e le scuole. Alcuni mesi più tardi si unirono a lei, l’una dopo l’altra, alcune sue ex allieve. Per rispondere meglio alle necessità
dei poveri, sia fisiche che spirituali, Madre Teresa fondò nel 1963 i Fratelli Missionari della Carità; nel 1976 il ramo contemplativo delle sorelle, nel 1979 i Fratelli contemplativi, e nel 1984 i Padri Missionari della Carità. Formò i Collaboratori di Madre Teresa e i Collaboratori Ammalati e Sofferenti e fondò poi i Missionari della Carità Laici. Nel 1991 Madre Teresa dette vita anche al Movimento Corpus Christi per Sacerdoti come una “piccola via per la santità” per coloro che desideravano condividere il suo carisma. In questi anni di rapida espansione della sua missione, ricevette numerose onorificenze, a cominciare dal Premio indiano Padmashri nel 1962, il premio Balzan (1979) e il rilevante Premio Nobel per la Pace nel 1979, e i media cominciarono a seguire le sue attività con interesse crescente. Nel 1989 viene proclamata donna dell'anno. L’intera vita e l’opera di Madre Teresa offrirono testimonianza della gioia di amare, della grandezza e della dignità di ogni essere umano, del valore delle piccole cose fatte fedelmente e
con amore, e dell’incomparabile valore dell’amicizia con Dio. Ma la sua vita interiore fu contrassegnata dall’esperienza di una profonda, dolorosa e permanente sensazione di essere separata da Dio, addirittura rifiutata da Lui, assieme a un crescente desiderio di Lui. Durante gli ultimi anni della sua vita, nonostante i crescenti seri problemi di
salute, continuò a guidare la sua Congregazione e a rispondere alle necessità dei poveri e della Chiesa, raggiungendo i cinque continenti dove sono presenti più di 4000 dei suoi religiosi e religiose: in India
le case sono 150, in altri paesi dell'Asia 30, in Oceania 10, in Europa 45, nelle Americhe 52 e in Africa 30. Nel marzo 1997 benedisse la neo-eletta nuova Superiora Generale delle Missionarie della Carità e fece ancora un viaggio all’estero. Si spense il 5 settembre 1997 ed ebbe funerali di Stato da parte del Governo indiano e sepoltura nella Casa Madre delle Missionarie della Carità. Meno di due anni dopo la sua morte, il papa Giovanni Paolo II permise l’apertura della Causa di Canonizzazione. Venne beatificata il 19 ottobre 2003 e fatta santa domenica 4 settembre 2016.
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Suffragio Universale
un diritto recente
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ell’ultimo secolo, in larga parte del mondo, la vita delle donne è cambiata radicalmente e per questo l’argomento dell’emancipazione femminile pare spesso superato. E’ considerato normale rapportarsi in modo paritario con persone di entrambi i sessi e diversi Stati sono governati da donne. Così anche il suffragio universale, cioè “il diritto di voto a tutti i cittadini che abbiano raggiunto una età prestabilita, senza discriminazione di razza, sesso, fede religiosa o politica e senza nessuna preclusione di natura economica o culturale”, pare ormai scontato, soprattutto in Europa e comunque nel mondo civilizzato. Spesso, nella cattiva abitudine di molti di considerare solo il presente, si dimentica che il voto alle donne è parte della storia contemporanea e si potrebbe sorridere rileggendo la “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina” che la scrittrice Olympe de Gouges pubblicò in Francia nel 1791, dopo la Rivoluzione francese, sul modello della “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” del 1789. In questo scritto, nell’intento di promuovere l’uguaglianza tra i sessi e il voto femminile, ella criticò apertamente i rivoluzionari francesi per essersi “dimenticati” delle donne nel grande progetto rivoluzionario di uguaglianza e libertà universale.
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Dopo la breve parentesi di emancipazione francese, si ricomincia a parlare di voto alle donne in Nuova Zelanda nel 1893 mentre il primo paese in Europa ad introdurre il suffragio universale è il Granducato di Finlandia, dove nel 1907 vengono elette alcune donne in Parlamento. Anche in Russia, durante la Rivoluzione del 1917, il voto viene concesso anche alla popolazione femminile e tale diritto viene confermato nella Costituzione del 1918. In Italia, il 31 gennaio del 1945, in una Nazione divisa in due dall’occupazione nazista del Nord, viene approvato un decreto che riconosce il diritto di voto alle donne e il 2 e 3 giugno del 1946 tutta la popolazione italiana vota nel referendum di scelta tra monarchia e repubblica. Ma solamente nel 1948 il suffragio universale diventa legge per le Nazioni Unite nella “Dichiarazione dei Diritti Umani” che all’articolo 21-3 recita: “La volontà popolare è il
fondamento dell'autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione”. A tale riconoscimento politico femminile si è giunti anche grazie al ruolo ricoperto dalle donne durante i due conflitti mondiali. Già durante la Prima Guerra esse avevano iniziato a lavorare fuori casa e ad occuparsi attivamente del mantenimento della famiglia ,svolgendo compiti lasciati scoperti dagli uomini impegnati nel conflitto. Ciò si è rinforzato ulteriormente durante la Seconda Guerra, anche per la vasta partecipazione femminile al movimento partigiano. Purtroppo in molte aree del mondo le donne sono ancora oggi discriminate, non solo politicamente ma socialmente e culturalmente. Il diritto al voto è spesso la fine di un lungo e difficile percorso di emancipazione costellato da abusi e violenze che difficilmente la comunità internazionale riesce a contrastare e limitare. (S.M.)
Donne
Le della D
Costituente
opo la Seconda Guerra Mondiale e la caduta del Fascismo, è necessario trovare nuovi assetti e nuove leggi che rappresentino l’ideale democratico della nascente Repubblica italiana. Il 2 giugno 1946, nella stessa elezione in cui gli italiani scelgono tra Monarchia e Repubblica, vengono eletti i membri dell’Assemblea Costituente che darà vita alla Costituzione, cioè all’insieme delle leggi fondamentali dello Stato. E’ la prima votazione a suffragio universale e coinvolge i maggiori di 21 anni. Non si vota in Alto Adige e in Friuli Venezia Giulia perché zone di ancora incerta appartenenza. Vengono eletti 556 deputati che tra il 1946 e il 1947 lavorano alla stesura della Carta costituzionale, che entra in vigore il 1 gennaio 1948. All’interno della Costituente viene nominata la Commissione dei 75 che elabora e propone il testo vero e proprio. Tra i
di Sabrina Mottes
deputati eletti, 21 donne delle quali 5 entrano nella Commissione dei 75: Nilde Iotti, Teresa Noce Longo, Angelina (Lina) Merlin, Angela Gotelli e Maria Federici Agamben. Nove appartengono al Partito Comunista Italiano. Nilde Iotti entra giovanissima nel PCI, poi nella Costituente e nella Commissione dei 75. E’ la prima donna Presidente della Camera dei Deputati e ricopre l’incarico per ben tre legislature. Si batte per l’emancipazione femminile, la parità dei coniugi, il riconoscimento dei figli naturali e della famiglia di fatto, opponendosi all’indissolubilità del matrimonio. Palmiro Togliatti, suo compagno fino alla morte, lascia per lei la moglie Rita Montagnana Togliatti, anch’ella militante del PCI, che per le sue idee ha passato gran parte della sua vita in esilio. Membro della Costituente, ella lascia la politica dopo
Camera dei Deputati, oggi
Nilde Iotti la separazione da Togliatti. Insieme a Teresa Noce e a Teresa Mattei, la Montagnana propone la mimosa come simbolo dell’8 marzo, giornata internazionale della donna. Teresa Mattei entra anch’ella giovanissima nel PCI e si impegna nella lotta al fascismo. Nella Costituente è la più giovane deputata in Parlamento. Teresa Noce Longo, poverissima, inizia a lavorare da bambina, studia da autodidatta e condivide con il marito la passione politica. Subisce il carcere e i lavori forzati. Entra nella Costituente e nella Commissione dei 75, dove promuove il diritto di sciopero, la difesa delle lavoratrici madri e promuove i “Treni della felicità” che portano molti bimbi del sud a nord, accolti da famiglie che danno loro un sostentamento. Anche Elettra Pollastri ha subito il carcere in Francia e Germania durante la guerra e Adele Bei Ciufoli è fuggita tra Belgio Lussemburgo e Francia e, catturata, è stata incarcerata. E’ l’unica donna eletta nella Consulta Nazionale dalla CGIL anziché da un partito politico. Entra nella Costituente
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Donne
Le della
Costituente
e poi in Parlamento, alternando passione politica e lotte sindacali in difesa delle donne. Dopo la militanza durante la guerra, anche Nadia Gallico Spano, Angiola Minella Molinari e Maria Maddalena Rossi Semproni si occupano dei diritti delle donne oltre che dei bambini, prima nella Costituente e poi in Parlamento. Nove sono le donne elette con la Democrazia Cristiana. Molte di loro sono insegnanti. Vittoria Titomanlio spende una lunga carriera politica tra associazionismo, mondo cattolico e femminile. Laura Bianchini partecipa alla lotta partigiana e, eletta nella Costituente e poi in Parlamento, si impegna per l’istruzione e le Belle Arti. Maria Federici Agamben, è nella Commissione dei 75. E’ la prima Delegata femminile delle ACLI. Anche Maria Nicotra Verzotto è dirigente delle ACLI. Dopo l’esperienza nella Costituente, entra nel movimento femminile della DC. Filomena Delli Castelli appartiene all’Azione Cattolica e alla FUCI. Entra nella Costituente e poi in Parlamento, sostenendo il movimento femminile, la cultura, il volontariato. Angela Gotelli, dopo aver aderito alla Resistenza offrendo rifugio nella sua casa ai perseguitati politici, nella Costituente è nella Commissione dei 75 e, insieme a
Maria De Unterrichter Jervolino
Nilde Iotti, lavora ai diritti e doveri del cittadino. Unisce impegno religioso, politico e sociale. Angela Maria Guidi Cingolani è una delle prime donne cattoliche ad entrare nel movimento per il suffragio universale. Nella Consulta Nazionale, tiene il primo intervento di una donna a Montecitorio. Eletta nella Costituente e poi in Parlamento, Alcide De Gasperi la elegge Sottosegretario all’Artigianato ed è la prima donna a ricoprire questo incarico. Ben due sono le trentine che partecipano alla Costituente, entrambe della DC. Elisabetta (Elsa) Conci è figlia dell’avvocato Enrico Conci che fu deputato alla Dieta di Innsbruck e al Parlamento di Vienna. Dopo la fine della seconda Guerra, ella entra nella Democrazia Cristiana. Nell’Assemblea Costituente si occupa di coordinare gli Statuti speciali con la Costituzione. Rieletta in Parlamento per tre legislature, fa anche parte della delegazione italiana al Parlamento europeo di Strasburgo. Maria De Unterrichter Jervolino è di Ossana. E’ Presidente nazionale FUCI e si occupa attivamente di emancipazione femminile e di questioni religiose, familiari e di educazione. Dal matrimonio con Angelo Raffaele Jervolino, nasce Rosa Russo Jervolino. Nell’Assemblea Costituente, partecipa alla Commissione per i Trattati Internazionali e, insieme ad Alcide De Gasperi, tratta con l’Austria la redazione dell’accordo sull’Alto Adige De Gasperi-Gruber. Due le donne del Partito Socialista Italiano. Bianca Bianchi, insegnante, partecipa alla lotta partigiana e, prima nella Costituente e poi in Parlamento, si occupa di istruzione e della tutela dei figli naturali. Entra nella Costituente con più del doppio dei voti del capolista, Sandro Pertini. Angelina (Lina) Merlin, sospesa dall’insegnamento perché rifiuta di prestare il giuramento fascista, viene anche arrestata e inviata al confino. Partecipa anch’ella alla lotta partigiana e viene poi eletta nella Costi-
Elisabetta (Elsa) Conci tuente. E’ nella Commissione dei 75 dove il suo intervento in favore delle donne risulta fondamentale. In Parlamento promuove la legge per l’abolizione delle case di tolleranza, che entra in vigore nel 1958. Ottavia Penna Buscemi, eletta nella Costituente per il Fronte Liberale Democratico dell’Uomo Qualunque, lascia la politica molto presto, delusa da quel mondo. Ecco, per sommi capi, le donne della Costituente. Alcune vi sono entrate giovanissime, altre hanno alle spalle una lunga militanza politica. Tutte hanno avuto in comune la voglia di costruire la Repubblica italiana dopo il ventennio fascista contribuendo, ciascuna secondo il proprio credo politico, a dare vita alla legge fondamentale dello Stato, la Costituzione. Il loro impegno in favore delle donne, di un nuovo equilibrio tra i sessi nel lavoro e in famiglia, l’attenzione verso i bambini e le classi meno abbienti è stato decisivo per creare una Costituzione equilibrata e giusta. Un ringraziamento particolare alla dottoressa Elisa Montagnani, assessore alla Cultura del comune di Palaia, alla signora Magda Ristori, membro della commissione Pari Opportunità dell’Unione dei Comuni della Valdera e al dott.Tommaso Cedri, vicesindaco di Palaia per la gentile e cortese collaborazione e per la concessione del manifesto delle 21 donne della Costituente
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TECNOLOGIA MEDICA ALL’AVANGUARDIA LA MEDICINA ESTETICA DEL FUTURO NON INVASIVA E PREVENTIVA
A Levico Terme l’alternativa ideale alla chirurgia estetica tradizionale La bellezza uomo e donna sotto una nuova luce
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Nello studio del dr. Fausto Boller, a Levico Terme, vengono usati nuovi e moderni sistemi GENOTECNOLOGY grazie ai quali, attraverso specifiche applicazioni con diversi dispositivi, assolvono e garantiscono precise soluzioni estetiche che riguardano, da una parte il viso, gli occhi, la bocca e dall'altra il fotoringiovanimento, l'epilazione permanente, l'attenuazione delle rughe ottenuta attraverso il miglioramento strutturale della pelle con l’ottenimento di risultati immediati e duraturi nel tempo. I trattamenti di medicina estetica non invasiva e i dispositivi usati, dal dr. Boller, rappresentano l’alternativa ideale alla chirurgia estetica tradizionale.
n questi ultimi anni la tecnica e tecnologia applicata ai trattamenti estetici e curativi hanno fatto passi da gigante. I nuovi ritrovati sempre di più si avvicinano alle esigenze, sia delle donne sia degli uomini, e sempre di più sono un grado di soddisfare le richieste, anche le più particolari. La salute, la bellezza e il benessere della propria persona sono oramai affermati concetti che fanno parte della nostra quotidianità, non di rado disturbata dallo stress e dal solito tran tran. Per fortuna la scienza ci viene sempre in aiuto proponendoci soluzioni ottimali a quelli che ogni singolo individuo considera come “personali” e che in questa particolare ottica si diversificano tra di loro. Infatti, sono tante e diverse le possibilità e le applicazioni per giungere ai risultati desiderati. Oggi, alla luce dei continui progressi, l'estetica moderna sembra non avere limiti perché il fare degli operatori, dei medici, degli esperti e di tutti gli addetti al lavoro, indiscutibilmente ha raggiunto alti gradi di specializzazione, impensabili anni fa. Ed è innegabile che la bellezza del nostro fisico e il suo benessere, a tutti i livelli, quindi anche quelli estetici, influiscono positivamente sull’equilibrio psicologico dell’individuo. A Levico Terme, è operativo uno studio medico che, attraverso una sperimentata metodologia e le sue specifiche applicazioni, è in grado di migliorare l'aspetto fisico, in tutte le sue parti (viso, occhi, bocca, corpo), e di contrastare efficacemente i segni dell'invecchiamento. Il tutto con l’uso di appropriati macchinari derivati da studi approfonditi e da continue verifiche EXEA.
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Genotechnology nasce per soddisfare i bisogni dei clienti, sempre alla ricerca di un trattamento realmente personalizzato, rifacendosi al campo medico ed individuando alcune porzioni di DNA che rendono assolutamente unico ogni indi-
viduo. Il sistema Genotechnolgy parte proprio da questo presupposto e si prefigge di essere il perfetto connubio tra quattro elementi: test genetico, dermoattivo, dispositivo e, infine, manualità specifiche.
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VISO La pelle del viso risulta più tonica e luminosa, tutto l’ovale apparirà più disteso e compatto. I dispositivi Exea, in sinergia con prodotti specifici, agiscono in modo mirato sugli inestetismi conferendo alla pelle maggior salute e risultati duraturi nel tempo. I risultati saranno visibili fin da subito e consolidati con i successivi trattamenti.
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La scienza al femminile in di Elisa Corni
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Italia
ono tante, anzi tantissime, molte più di quelle che ci aspettiamo: sono le donne italiane che hanno dedicato la loro vita alla scienza. Ognuna di loro ha una sua storia che la rende unica. Nonostante le difficoltà imposte dalla società, dal tempo e dalla storia non hanno permesso che le avversità le fermassero. Come Rita Levi Montalcini, Premio Nobel per la medicina nel 1986, che dovette combattere contro il padre che non voleva che si iscrivesse all’università prima, e contro le leggi razziali fasciste poi. Non meno famosa della senatrice a vita e dottoressa Montalcini è l’astrofisica Margherita Hack, scomparsa nel 2013. Fiorentina d’origine, dedicò tutta la sua esistenza alle stelle. Una donna che non si può trascurare parlando di scienza al femminile è Elena Lucrezia Cornaro. nobildonna venezia, fu la prima donna laureata del mondo nel 1678, ed era italiana. Lei e il padre dovettero combattere contro il cardinale Barbarigo, che a lungo si oppose a tale riconoscimento. Dovette aspettare di compiere 32 anni prima di ottenere il meritato titolo di studio. Elena Cornaro non poté però insegnare, nonostante il titolo di dottore. Vi riuscì nel 1732 Laura Bassi, che dopo essersi laureata in matematica, biologia, logica filosofia e latino, fu la prima donna a insegnare presso l’Università di Bologna. Si applicò nelle scienze e nella matematica, ma il suo più grande merito è quello di aver costruito una rete internazionale di scienziati. All’università di Padova ci hanno messo un po’ di più: la prima donna a salire in
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Elena Lucrezia Cornaro Laura Bassi (Bertolli)
cattedra è Massimizza (Milla) Baldo Ceolin, nel 1963, 741 anni dopo la fondazione dello storico ateneo. Fisica sperimentale delle alte energie, si dedica anche allo studio dei raggi cosmici. Studia al CERN, a Enrica Calabresi Berkeley, a Mosca, a GreCornelia Fabri noble, tutti centri di ricerca dove si cambia la storia. E infatti uno studio dell’Università della California l’ha inserita nella lista delle 83 donne che hanno contribuito maggiormente alla fiMassimizza sica nell’ultimo secolo.E’ (Milla) Baldo Ceolin stata chiamata “ La Signora dei neutrini”. Elena Cattaneo Una vita di tutt’altro genere fu quella della matematica Cornelia Fabri. Nata a Ravenna nel 1869, fu la prima laureata in matematica dell’Università di Pisa, dove conseguì la laurea. Il suo maestro fu Vito Volterra, che Fabiola Gianotti la seguì anche dopo il conseguimento del titolo di studio. CorSamantha Cristoforetti nelia era una grande studiosa, che in pochi anni produsse importanti ricerche sulla meccanica e l’idraulica; in particolare si concentrò sulla teoria dei vortici. Come donne scienziate del nostro paese. La ricorda il maestro, nel 1895 si ritirò dalla sua non fu una vita facile, soprattutto a scena accademica per dedicarsi alla fa- partire dal 1922 quando la famiglia fu miglia e “alle opere di pietà”. vittima di numerosi attacchi da parte di Dalla matematica alla chimica: Filomena squadroni fascisti a causa delle posizioni Nitti Bovet fu una delle più importanti politiche del padre, noto antifascista.
Proprio per questo motivo tutta la famiglia lascia l’Italia e si trasferisce a Parigi, dove Filomena completa gli studi. Tra militanza politica e studi scientifici, tra Mosca e Parigi Filomena sposa Daniel Bovet, con il quale porterà avanti importanti ricerche presso l’istituto Pasteur. Meno fortuna ebbe Enrica Calabresi, zoologa ed entomologa italiana, vittima delle leggi razziali. Di famiglia ebraica, la scienziata fu costretta ad abbandonare la docenza presso l’università di Pisa. Fu arrestata nel 1944, per essere condotta al lager di Auschwitz, ma riuscì a sottrarsi al triste destino ingerendo del veleno. Quanto accaduto colpì profondamente una delle sue allieve che da quel giorno diventò antifascista: Margherita Hack. Ma la scienza italiana non è fatta solo del passato. Molte sono le donne di scienza tricolori: dalla farmacologa e biologa, nonché senatrice, Elena Cattaneo, a Fabiola Giannotti, fisica ed attuale direttrice generale del CERN. E come dimenticare Samantha Cristoforetti, ingegnere e prima donna con passaporto italiano ad andare nello spazio.
LE DONNE ITALIANE PREMIO NOBEL Il riconoscimento intitolato all’inventore della dinamite, Alfred Bernhard Nobel, che è un'onorificenza di valore mondiale attribuita annualmente a persone che si sono distinte nei diversi campi dello scibile, «apportando considerevoli benefici all'umanità» per le loro ricerche, scoperte e invenzioni, per l'opera letteraria, per l'impegno in favore della pace mondiale, è stato assegnato a: GRAZIA DELEDDA - LA LETTERATURA NEGLI ANNI VENTI Correva l’anno 1926 quando venne assegnato il quinto premio Nobel della storia ad una donna. A ritirarlo assieme agli onori la scrittrice italiana Grazia Deledda. L’autrice di origini sarde e dalla lunga carriera ottenne il premio per la sua capacità di parlare della sua isola, un posto unico e particolare, e di “empatizzare con i problemi del genere umano”. Dieci anni dopo moriva a Roma la prima italiana vincitrice del Premio Nobel. RITA LEVI MONTALCINI - COME CRESCIAMO Correva l’anno 1986, esattamente trent’anni fa. La neurologa torinese è la prima donna a vincere il Nobel per la medicina nel campo delle Neuroscienze. Sua infatti la scoperta dei processi di accrescimento delle fibre nervose, scoperta che la scienziata italiana aveva fatto negli anni Cinquanta mentre studiava e lavorava negli Stati Uniti. Grazie a lei e al suo studente Stanley Cohen, con il quale divise il premio, sono migliorate le nostre conoscenze sulle malattie neuro-degenerative come l’Alzheimer.
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LA STORIA DI
IDA IRENE
DALSER Si sa che Pergine per lungo tempo è stata sinonimo di manicomio, i due termini sono andati a braccetto fino al sopraggiungere della legge Basaglia. La struttura psichiatrica ha ospitato moltissime persone, fra cui una donna trentina, salita agli onori della cronaca per aver avuto una relazione con il Duce, Benito Mussolini. Su Ida Irene Dalser molto si è scritto e discusso, e la sua storia è stata narrata nel 2009 in un film del regista Marco Bellocchio che ha visto come protagonista Giovanna Mezzogiorno.
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da Dalser è originaria di Sopramonte, dove vede la luce il 20 agosto 1880 sotto l’egida dell'Impero Austroungarico. Dopo gli studi primari, si diploma a Parigi in medicina estetica e nel 1913 apre a Milano un salone di bellezza sul modello francese denominato Salone orientale di igiene e bellezza Mademoiselle Ida. Ida ebbe una prima relazione sentimentale con Giuseppe Brambilla, amministratore delegato della Carlo Erba, che
pare le avesse promesso il matrimonio, ma la vicenda non ha un lieto fine, e la giovane denuncia nel 1914 l’ex amante, pretendendo un risarcimento di centomila lire, che non le viene concesso. Ida aveva conosciuto Mussolini a Trento nel 1909, quando era giornalista del locale periodico socialista diretto da Cesare Battisti, nel 1914 quando si ritrovano intrecciano una relazione. Il duce in realtà dal 1909 è legato a Rachele Guidi, e da lei nel 1910 ha avuto anche una figlia, Edda, che sposerà Gian Galeazzo Ciano. A relazione conclusa, con la notizia dell’entrata in guerra dell’Italia, giunge a Benito Mussolini anche la notizia della gravidanza di Ida Dalser. Il Duce si arruola, i mesi passano e l’11 novembre 1915 nasce Benito Albino, che verrà riconosciuto dal Duce l’11 gennaio dell’anno seguente. Nel frattempo però, in occasione Ida Dalser, amante di Mussolini, con il figlio avuto da di una degenza allui, Benito Albino. Il bimbo nacque l' 1 1 novembre 1915 e l'ospedale di TreviMussolini lo riconobbe glio, sposerà con rito
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civile il 17 dicembre 1915 la compagna Rachele Guidi. Ida non accetta questo matrimonio, e sostiene di avere sposato Benito con rito cattolico, sebbene non abbia nessun documento che provi ciò. Per la seconda volta ricorre a mezzi legali, citando in giudizio Mussolini reclamando la tutela del figlio ed un contributo mensile di 200 lire, che viene concesso dal tribunale; anche questa volta fa leva su una promessa di matrimonio non mantenuta. Nel 1917 la disperazione induce Ida a recarsi all’ospedale di Milano, dove il Duce è ricoverato per curare le ferite conseguenti ad un'esercitazione, qui aggredisce donna Rachele nella convinzione urlata ai quattro venti di essere lei e lei sola la vera signora Mussolini. Ida viene costretta ad allontanarsi da Milano con decreto prefettizio, ma finita la guerra ritorna alla carica tentando di fare irruzione nella sede del Popolo d'Italia, dove Mussolini lavora. Verso la fine del 1919 rientra nel suo paese natale e con le sorelle si dedica al piccolo Benito Albino. La sorella Adele nel 1921 si sposa con Riccardo Paicher, che in breve ottiene la tutela legale del figlio di Ida, che prende il cognome di Paicher. 1922, la Marcia su Roma, decreta l’ascesa
di Benito Mussolini al potere, che adotta misure restrittive nei confronti di Ida per relegarla in quel di Trento. Si occupa anche del futuro del figlio, depositando presso la Cassa di risparmio di Benito Mussolini - 1922 Trento il 19 gennaio 1925, la somma di centomila lire a nome di Benito Albino, che avrebbe potuto entrarne in possesso con la maggiore età. Ma non c’è pace per Ida che tra il 1924 ed il 1925, elude la sorveglianza dei famigliari, per prendere il treno diretto a Roma, dove viene bloccata all’ingresso di Palazzo Venezia. La donna ancora non si placa e un nuovo eccesso le costa l’internamento nel manicomio di Pergine Valsugana e successivamente in San Clemente a Venezia. Nel 1934, viene riportata a Pergine Valsugana per il Natale e vi rimane fino al luglio 1935 quando riesce a scappare e raggiunge Sopramonte. Ritrovata, viene trasferita definitivamente al manicomio psichiatrico di Venezia, dove il 3 dicembre 1937 pone fine ai suoi tormenti, secondo i documenti afflitta da un’emorragia cerebrale. Ma sulla sua scomparsa si sono moltiplicate negli anni le voci, che vedono in questa vicenda "un delitto di regime". Quello che oggi possiamo dire è che Ida Irene Dalser è passata alla storia come la moglie mancata di Mussolini, una donna la cui struggente storia si può ripercorrere tra le pagine di numerosi libri a lei dedicati e nelle immagini immortalate dal film “Vincere”. Dai documenti appare comunque una donna instabile ed emotivamente fragile, che si struggeva in un amore non ricambiato, in un’illusione che è divenuta la sua prigione e che l’ha portata lontano da quel figlio che avrebbe potuto e dovuto essere la sua unica ragione di vita. (C.P.)
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PERSONA prima che donna
MARGHERITA
HACK di Sabrina Mottes
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argherita Hack nasce a Firenze nel 1922, a pochi mesi dalla marcia su Roma che consegnerà il potere a Mussolini, in un’Italia confusa, difficile, povera e contadina. Suo padre lavora nella Società Elettrica Selt-Valdarno, sua madre ha lasciato il lavoro al Telegrafo dopo la sua nascita per i turni di notte e perché suo marito guadagna bene. Ma ben presto le cose cambiano. Il padre viene licenziato perché non è iscritto al Fascio e prende spesso le difese degli operai. La piccola Margherita, in una situazione come quella nella quale è venuta al mondo, avrebbe potuto crescere come molte donne dell’epoca, tra obblighi e moralismi, diventando moglie e madre, senza studiare o quasi.
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Ma i genitori di Margherita Hack sono persone non comuni. La crescono anzitutto come persona, tralasciando i ruoli. Lei stessa li descriveva come una coppia di cultura, paritaria, affiatata e solidale. La madre, da un certo punto in poi, inizia a mantenere la famiglia riproducendo quadri famosi su miniature da vendere ai turisti. E’ il padre ad occuparsi di Margherita poiché senza lavoro per le sue idee politiche, ed anche questo è straordinario per l’epoca. Margherita cresce libera, senza imposizioni, indipendente fin da piccola e con due genitori che sostengono sempre le sue scelte. Entrambi hanno rinunciato alla religione per motivi diversi, avvicinandosi a scuole di pensiero sull’amore universale verso tutte le creature senza distinzione
di razza, sesso, fede. Dunque, in piena epoca fascista, Margherita non partecipa all’ora di religione. Frequenta il ginnasio e il liceo con grandi sacrifici dei suoi genitori. Ma non è una studentessa modello e viene anche rimandata a settembre, proprio in matematica. Dapprima si avvicina al fascismo, al contrario dei genitori, allontanandosene dopo le leggi razziali del 1938, avendo visto sparire da scuola alcuni bravi professori e compagni. Si sviluppa in questo periodo la sua coscienza politica, che la accompagnerà per il resto della vita. Nell’anno della maturità, a causa di una discussione antifascista con alcune compagne, viene rimandata in tutte le materie a settembre. Ma poi l’Italia entra in guerra e viene promossa, anche se con votazioni basse. Si iscrive a Lettere ma lascia subito per iscriversi a Fisica. Anche in questa scelta, i genitori la lasciano libera e così, durante il quinquennio della seconda guerra mondiale, si laurea coltivando al contempo la grande passione per lo sport e l’atletica leggera. Per la tesi di laurea in fisica le viene proposto uno studio di astronomia sulle Cefeidi, stelle cardine dell’universo, e Margherita passa notti intere incollata al telescopio newtoniano dell’Osservatorio di Acetri, favorita dal buio dell’oscuramento di Firenze in guerra. In quegli anni ritrova Aldo, che era stato compagno di giochi nell’infanzia
e che diventa suo marito. Con lui, “discutendo e litigando”, condividono ben settant’anni di vita. Dopo la laurea Aldo la segue negli spostamenti che il suo lavoro le impone e la aiuta nella divulgazione scientifica, scrivendo articoli e stabilendo contatti con persone che le saranno molto utili e vicine nel corso della vita. Nel 1964 Margherita Hack vince la cattedra di astronomia a Trieste. E’ stata la prima donna a dirigere l’Osservatorio Astronomico di Trieste dal 1964 al 1987 ed è stata Direttore del Dipartimento di Astronomia dell’Università di Trieste dal 1985 al 1991 e dal 1994 al 1997. Con il tempo, la costanza, la caparbia, la pazienza e un grande amore per la scienza, ella si è affermata in tutto il mondo come astronoma e divulgatrice scientifica. Ha scritto numerosi libri. Sono semplici, diretti, mescolano le sue idee di donna emancipata
e consapevole alla sua visione della scienza. Nonostante il carattere introverso, la passione la ha portata sempre più a contatto con la gente. Numerosi gli incontri pubblici, soprattutto negli ultimi anni della sua vita. E quando arrivava in una sala, Margherita Hack riempiva lo spazio, annullando le distanze con il pubblico. Catturava attenzione parlando di scienza, di vita, delle “sue” stelle, del marito Aldo, dei loro cani e gatti, del suo essere laica e vegetariana, delle idee politiche e della sua visione della crescita individuale e sociale. Margherita Hack è morta a Trieste nel 2013, all’età di 91 anni. E’ stata una persona straordinaria, con grandi doti che ha potuto esprimere anche grazie ai suoi genitori, che la hanno accompagnata nella crescita anzitutto come essere umano, al di là del suo essere donna.
ABBIGLIAMENTO E INTIMO DA 0 A 99 ANNI
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Rete alFemminile L
’8 marzo 2016, nella giornata dedicata a tutte le donne, ha visto la luce l’Associazione di Promozione Sociale Rete al Femminile, per portare avanti il progetto Rete al femminile, nato nel febbraio 2013 a Torino, per iniziativa di Gioia Gottini. Alla base di questo disegno la voglia di fare rete con altre professioniste, che operano nei più diversi ambiti, lo spunto giunge da oltre oceano, con l’esempio dei forum e dei gruppi di business ladies americane. Tutto parte con la creazione di un gruppo Facebook dedicato per rimanere in collegamento con le iscritte, partono in seguito gli incontri mensili che inizialmente si svolgono all’interno di bar per poi spostarsi, con l’ampliarsi della Rete, in spazi di co-working e sale meeting. A partire dal mese di marzo del 2014 Gioia ha sollecitato le professioniste ad attivare una Rete locale nella loro provincia dando avvio alla nascita di numerose Reti in tutta Italia. Da qualche mese ha preso avvio anche una Rete al Femminile per la provincia di Trento che ha come referente Maria Paola Cordella web writer e giornalista nota per aver creato il gruppo facebook genitori Trento e dintorni. In occasione della Festa della Donna del 2015, Facebook ha selezionato Gioia Gottini, assieme alla nostra astronauta Samantha Cristoforetti, per essersi dimostrate le due italiane che maggiormente hanno usato i social network per favorire l’emancipazione femminile: La notizia, pubblicata anche sulla stampa nazionale ha dato ulteriore impulso alla Rete portando all’attivazione di nuove reti locali, che ora trovano spazio nel sito realizzato nel maggio 2015. Gli obiettivi della neonata Associazione Rete al Femminile vanno a sostegno dell’imprenditoria femminile, per con-
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sentire un maggior sviluppo del ruolo economico e sociale, favorire la promozione, la formazione e l’aggiornamento professionale delle socie aderenti alla Rete. L’Associazione vuole guardare oltre, promuovendo anche attività e progetti verso l’esterno, offrendo aiuto anche alle donne meno fortunate. In particolare dedicandosi alla realizzazione di progetti di formazione nelle scuole e presso le carceri; sostenendo l’adozione a distanza di donne che vivono in paesi svantaggiati e dando supporto ai loro progetti imprenditoriali. Il direttivo dell’Associazione Rete al Femminile è così composto: Presidente Danila Saba, Job coach; Vice Presidente Carlotta Cabiati, commercialista, Segretaria Giovanna Vitacca, consulente di Comunicazione e Marketing; Tesoriera Lea Iandorio, Cultural Strategy senior consultant e assistente è Francesca Bellocchio, Social Media strategist. Riporto di seguito le regole che le Reti provinciali si impegnano a rispettare: 1. sii generosa: condividi quello che sai 2. dai una mano: se qualcuna ha una domanda o chiede un parere, fai quello che puoi per aiutarla 3. chiedi feedback e aiuto, ma sii paziente se non arriva subito 4. se non l’hai ancora fatto, presentati: ci piace sapere chi sei e cosa fai 5. solo critiche costruttive e solo se ti viene chiesto un parere esplicitamente (es: cosa ne pensi di questa homepage?) 6. condividi i tuoi successi: siamo qui per fare il tifo per te 7. condividi anche i tuoi momenti no: quasi sicuramente ci siamo passate anche noi, e ti capiamo (altro biscottino?) 8. politica e religione sono cose importanti, ma esulano dallo scopo di questo network. Buon Natale però lo puoi dire!
Maria Paola Cordella 9. se hai eventi da segnalare o nuovi programmi da lanciare, ti aiutiamo a far girare la notizia, e possiamo anche farti da beta tester (prova gratuita), ma non siamo le tue clienti. Non vendi alla rete, ma attraverso la rete. 10. porta pure altre amiche, ma garantisci per loro: devono essere donne, imprenditrici/free-lance, vivere nella stessa provincia, e generose (vedi regola n.1). Che dire? Bellissime regole che invitano alla condivisione e che possono aiutare tutte le imprenditrici a crescere e speriamo possano essere d’aiuto anche a tutte le lavoratrici trentine che svolgono un’attività in proprio. Se anche tu sei una lavoratrice in proprio, che ha bisogno di un sostegno e di un confronto e vuoi entrare a far parte di questa grande famiglia di donne che hanno da offrire competenze e capacità, trovi tutte le informazioni utili su: www.retealfemminile.com o sulla pagina facebook della Rete al Femminile di Trento. Mi piace pensare che la Rete possa essere lo strumento che salva qualche funambola, che da sola si avventura in una professionalità, in cui crede e riversa tutta sé stessa. (C.P.)
LA BELLA D’ITALIA L
a Valsugana e il Tesino sono terre di bellezze naturali ma anche la sede ideale per i concorsi di bellezza. Infatti nell’estate di quest’anno le nostre valli sono state teatro della finale regionale del Concorso Nazionale “La Bella d’Italia” giunto alla trentacinquesima edizione e organizzato nella nostra regione dalla Promoevent. La finale si è svolta al Centro Sportivo di Castello Tesino in località Le Parti alla presenza di un folto pubblico. Nella serata le vincitrici hanno conquistato il lasciapassare per l’accesso alla finale nazionale di Scalea in Calabria nel mese di settembre. Il titolo di Bella d’Italia per il Trentino Alto Adige è stato assegnato dalla giuria a Gloriana Orben
di Ala. Queste le altre ragazze vincitrici: Marika Strazza di San Giovanni Lupatoto (VR) Ragazza Prima Pagina, Sabrina Moar di Rovereto Ragazza Viso Tv, Jessica Vacca di Trento Ragazza Gold Hair, Serena Busnardo di Bassano del Grappa (VI) Ragazza Gold. (g.f.)
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GLI APPUNTAMENTI LEVICO Il Consorzio Levico Terme in Centro propone, da venerdì 16 a domenica 18, il Festival della zucca. Zucche dalle infinite varietà con colori, forme e gusti diversi ai diversi modi per lavorarle e dipingerle fino a farle diventare dei simpatici oggetti. Laboratori creativi e dimostrazioni accompagneranno gli espositori in questi tre giorni.
PIEVE TESINO C’è la festa della Transumanza sabato 17 e domenica 18 a Pieve Tesino. Una grande festa per l’arrivo in Tesino delle pecore dopo l’alpeggio estivo. Il week end sarà dedicato alla tosatura delle pecore, all'allevamento, agli antichi mestieri, ai prodotti caseari e ad una golosa rassegna gastronomica.
BORGO Presentazione delle opere di Arte sella domenica 18 in Val di Sella. Alle 11 il momento ufficiale a Villa Strobele, alle 14 visita guidata all’area di malga Costa. In programma anche una performance di Koinè.
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Una mostra a Levico Terme
di Elisa Corni
Madri Costituenti
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entuno ritratti, pochi segni grafici, una frase: quanto basta per introdurre alcune delle più importanti donne della storia della nostra Repubblica, quelle che presero parte all’Assemblea Costituente. Micol Cossali, Giulia Mirandola, Mara Rossi, Novella Volani hanno voluto tratteggiare, attraverso i disegni della giovane artista Michela Nanut, queste donne con l’obbiettivo di cogliere all’interno delle complessità individuali quel carattere di partecipazione e democrazia che le accomunava. Ne è venuta fuori una mostra ospitata a Levico Terme su iniziativa dell’Assessorato alle Pari Opportunità. Entrando nella sala sembra che Nilde Iotti, Rita Montagnana Togliatti, Teresa Mattei, la trentina Elisabetta Conci e le loro compagne sembrano osservarci da lontano. 70 anni fa infatti furono coinvolte nel più importante processo della storia della nostra repubblica: la stesura della costituzione. Solo 21 su 556 seggi furono dedicati a quelle che oggi chiamiamo “quote rosa”, tutti gli altri furono occupati da uomini. E le cose non sono molto cambiate, come racconta Micol Cossali, film-maker e attivista, co-autrice della mostra. “La po-
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polazione italiana è divisa in parti uguali: poco più del 50% è donna. Eppure nelle istituzioni noi occupiamo solo il 30% delle cariche. In Trentino, ad esempio le donne sindaco superano appena il 10%. C’è una falla nella rappresentanza, constata amareggiata l’autrice, che tende a trattare diversamente uomini e donne”. E così le autrici della mostra “Libere e sovrane” hanno voluto affrontare la questione, sollevando le domande giuste, come emerge chiaramente dalle citazioni che accompagnano il ritratto di ognuna delle nostre “madri costituenti”. Angelina Merlin diceva che lo Stato ha il dovere di “garantire a tutti i cittadini il minimo necessario all’esistenza”; Maria Nicotra sosteneva come tutti i cittadini dovessero avere libero accesso “agli uffici pubblici o alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza”. È grazie a contributi come questi che per la prima volta uomini e donne furono equiparati attraverso gli articoli della nostra Costituzione. Come l’art. 3 sull’uguaglianza davanti alla legge, il 31 sulla protezione della maternità o il 37 sulla parità nel lavoro. Nonostante siano questioni estremamente importanti, molto spesso passano
in secondo piano perchè dei 70 anni del voto alle donne in pochi se ne sono preoccupati. “Noi invece abbiamo voluto parlarne con questa rassegna che vuole essere un punto di discussione ma anche di apertura mentale” spiega la Cossali, per la quale il nodo della questione è la visione di nuove prospettive. “La nostra società ci racconta una storia fatta da uomini, nella tradizione che il mondo maschile sia rappresentanza efficace anche delle donne. Ma non è così. E quindi è importante che l’opinione pubblica, le nuove e le vecchie generazioni si accorgano che esiste un problema perché qualcuno glielo fa notare; solo così si può cominciare a cambiare la prospettiva entro la quale ci muoviamo”. Per questo l’obbiettivo di Micol e delle sue colleghe è quello di far girare il più possibile questa mostra. Cominceranno con il prossimo settembre, quando le 21 donne della nostra Costituzione troveranno dimora a Palazzo Trentini. “Ci piacerebbe anche arrivare nelle scuole,” conclude Micol Cossali “luogo naturale per avviare quel processo di educazione necessario a innescare la trasformazione che tutti ci aspettiamo avvenga naturalmente nella nostra società, ma che ha bisogno di qualcosa che lo inneschi”.
LE ERBE, NOSTRE ALLEATE
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’erboristeria è la scienza che si occupa dello studio delle piante officinali, medicinali, aromatiche, alimurgiche sia della loro coltivazione, raccolta, produzione conservazione e commercio e sia delle modalità di consumo a scopi terapeutici, e nutritivi. E vediamo le diverse modalità di consumo delle varie erbe nei loro specifici scopi: La TISANA è una qualsiasi preparazione liquida realizzata dall’infusione di erbe in acqua calda tenendo sempre presente che ciascun componente della tisana offre un determinato principio che può garantire un effetto benefico su chi la assume. La tisana si può preparare con una o con più erbe. Da ricordare che nella preparazione di una tisana le erbe (fresche o secche) devono essere op-
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portunamente sminuzzate. Quando nella preparazione vengono usate più erbe è bene chiedere opportuni consigli a chi di tisane è un vero conoscitore. Esistono diversi tipo di tisane a seconda del metodo estrattivo cui si ricorre: INFUSO: si ottiene quando nella sostanza o erba sminuzzata posizionata dentro un apposito contenitore si versa una certa quantità d'acqua bollente e la si lascia riposare per il tempo suggerito dalla ricetta. L’infuso non deve essere mai bollito ed è particolarmente adatto per le erbe aromatiche e più in generale per estrarre princìpi attivi idrosolubili da tessuti teneri e delicati. DECOTTO: è una preparazione liquida che si ottiene immergendo in acqua bol-
lente una particolare erba o insieme di erbe allo scopo di estratte tutti i principi attivi presenti. Il decotto quando si usano sostanze coriacee (cortecce, radici, foglie dure, semi ecc.). Non deve essere usato invece per erbe e piante aromatiche in quanto può determinare l’evaporazione degli oli essenziali volatili. MACERATO: il decotto può essere eventualmente preceduto da una pratica detta di macerazione che si effettua aggiungendo le parti della pianta in un contenitore con acqua fredda o anche distillata e facendola riposare per 2/3 ore. Di poi si porta tutto ad ebollizione ( a fuoco lento) per un tempo che varia da 5 a 30 minuti secondo le indicazioni. Durante questo periodo le erbe o le sostanze vegetali cedono lentamente i propri princìpi attivi. Alla fine si procede alla filtrazione del liquido.
I CONSIGLI DI Carla I
n questo particolare spazio suggeriamo, grazie all’esperienza di Carla Segnana, titolare della Lavanderia Perla, con sede a Levico Terme, alcuni appropriati e utili consigli “domestici”.
INDUMENTI USATI IN PALESTRA: Per togliere il cattivo odore dei vestiti o tute usate in palestra, oltre ai soliti detersivi, si possono utilizzare sia l’aceto bianco che il bicarbonato. Ovviamente usati con moderazione. ASCIUGAMANI: Per una migliore e più idonea pulizia e lavaggio degli asciugamani o di elementi in spugna è bene non usare ammorbidenti poiché queste sostanze costruiscono una patina avvolgente attorno alla biancheria, che non solo intrappolano lo sporco, ma rendono l'asciugamano meno assorbente. LE MACCHIE DI VINO ROSSO: Un ottimo consiglio è quello di spargere del sale fino sulle macchie di vino
appena caduto prima che il liquido penetri nella stoffa. Il sale, grazie alle sue proprietà igroscopiche è in grado di assorbire grande parte dell’umidità della macchia. Di poi spazzolare e lavare normalmente. MACCHIE D’UOVO: Per elimina una macchio d’uovo è bene non usare MAI l’acqua calda bensì quella fredda o, in alternativa, acqua ossigenata. Mettete a bagno, per circa un’ora in acqua fredda e poi procedete la normale lavaggio. Non strofinate la macchia onde evitare che l’uovo penetri nel tessuto MACCHIE D’ERBA: Per eliminare le macchie o i segni d’erba sugli abiti un buon consiglio è quello di tamponare delicatamente la macchia con dell’aceto e lasciare che agisca per circa un’ora. Poi potete procedere al normale lavaggio. MACCHIO DI CIOCCOLATO: Per eliminare una macchio di cioccolato
sui pantaloni o su un qualsiasi tessuto buon cosa è quella di mescolare un cucchiaino di sapone liquido con una tazza di acqua e poi applicare la miscela sulla macchia. Fatela agire per circa mezz’ora e poi potete procedere con il normale lavaggio. MOBILI DELLA CUCINA: Di solito sono costituiti da legno laccato o laminato plastico, quindi va bene pulirli con uno sgrassatore spray, oppure con una spugnetta imbevuta di acqua saponata che poi va sciacquata con un panno bagnato. Per il piano in acciaiosi si può usare una spugna imbevuta di aceto bianco. PAVIMENTO IN COTTO: Per una idonea e funzionale pulizia del vostro pavimento è buona norma passare sopra uno straccio imbevuto di olio di lino crudo. Quando è asciutto passateci sopra uno straccio di lana ed infine trattatelo con la cera da pavimenti, usando la lucidatrice.
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VIDEOGIOCHI E SOCIALMEDIA influenzano i risultati scolastici
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are mamme e papà, preparatevi a rivedere premi e punizioni per i vostri figli adolescenti: chi vi ha detto che i videogiochi non fanno bene allo studio? Siete sicuri che quella di proibirli sia la soluzione giusta per migliorare la pagella di vostro figlio? Certo, sono una distrazione e possono togliere tempo allo studio, quindi vanno regolati; ma una ricerca recente condotta dall’università di Melbourne in Australia sembra smentire la convinzione comune che giocare ai videogiochi non aiuti nello studio. Al contrario questa passione sarebbe un valido aiuto cognitivo per migliorare le prestazioni scolastiche degli adolescenti in determinate materie. Lo studio è stato portato avanti dal Professor Alberto Posso, economista ed esperto di finanza e marketing, che assieme alla sua squadra di ricercatori ha condotto uno studio specifico, coinvolgendo 12.000 studenti quindicenni di tutta l’Australia. Per valutare il rendimento e le capacità dei ragazzi esaminati, gli studiosi si sono basati sui test specifici che vengono utilizzati in tutto il mondo, perché riconosciuti dagli istituti e i ministeri, per valutare l’abilità con numeri, somme ed equazioni degli studenti. I dati dei test sono stati incrociati con quanto emerso da una serie di questionari somministrati ai dodicimila ragazzi e ragazze che avevano partecipato al-
l’esperimento. Nei questionari, oltre a una serie di informazioni generali sulle abitudini dei giovani studenti, Posso e colleghi avevano inserito una serie di domande incentrate sul mondo digitale. Da un lato l’interesse si focalizzava sull’utilizzo di giochi e videogiochi anche online, dall’altre c’erano una serie di quesiti sull’utilizzo dei socialmedia. Quanto emerso ha del sorprendente. Infatti a quanto pare gli studenti che hanno l’abitudine di giocare a videogiochi online e non almeno quindici minuti al giorno hanno prestazioni migliori rispetto alla media. Stiamo parlando di quindici punti percentuali nella matematica e nella geometria, e di ben diciassette punti percentuali nelle materie scientifiche come la biologia, la chimica, l’astronomia e le scienze della terra. Al contrario, l’utilizzo di Facebook, Twitter, Instagram e Snapchat non aiuterebbe a migliorare i voti in pagella. Infatti gli studenti che passano su chat e social-
media almeno una parte della loro giornata ha risultati decisamente peggiori della media: sono sotto di venti punti rispetto ai coetanei che non hanno i “social”. Perché questa differenza? Secondo il professor Posso è tutto legato ai meccanismi cognitivi messi in campo dai giochi interattivi. “Quando si gioca soprattutto online l’obbiettivo è quello di risolvere quesiti e puzzle per poter passare al livello successivo; di fatto è necessario per chi gioca mettere in campale proprie conoscenze in campo matematico, scientifico ma non solo”. Al contrario, come evidenzia lo studioso, i social non producono o richiedono competenze, sono solo strumenti per comunicare e socializzare. “Potrebbero essere estremamente utili per gli insegnanti se sfruttati come strumento per lo scambio di competenze tra studenti, ma ora come ora rubano solo tempo allo studio”. (E.C.)
GLI APPUNTAMENTI VIGNOLA FALESINA
BORGO
Inaugurazione del Forte Busa Granda domenica 18 nel comune di Vignola Falesina, uno dei comuni più piccoli non solo della Valsugana ma di tutto il Trentino.
C’è la Fucina Rossa Arte Sella sabato 24 a malga Costa, in Val di Sella. Dalle 14 Giuliano Carmignola, Mario Brunello ed i Sonatori de la Gioisa Marca propongono il concerto per due violini di Antonio Vivaldi.
RONCEGNO Concerto del duo Lupo Vannucci (chitarra) e Luca Torrigiani (pianoforte” martedì 20 nel Salone delle Feste del Palace Hotel. Dalle 21 musiche di Rossini, Licetto, Castelnuovo e Tedesco.
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CASTELLO TESINO Torna sabato 24 e domenica 15 la tradizionale sfida culinaria tra le contrade di Castello Tesino. Appuntamento con il 6° Trofeo de la Mescola, con la partecipazione dei rioni di San Polo, Molizza, Baili, Terrasanta, via Dante e San Rocco.
“SE UN PRODOTTO È GRATIS, SIGNIFICA CHE IL PRODOTTO SEI TU”
ROMPISCATOLE telefono
I DEL
U
di Francesco Bindi
n tempo, che oggi ci sembra lontano, ma in realtà stiamo parlando di meno di un decennio fa, si usava telefonare a casa di qualcuno evitando accuratamente l’orario di pranzo, cena o dopocena. La buona abitudine, che a ragione potremmo definire di “galateo telefonico” ci impediva di disturbare l’intimità di una famiglia in determinati orari. L’avvento del telefono mobile, di internet ed i ritmi compulsivi di una vita sempre più frenetica ci ha portati in realtà, nel giro di pochissimo tempo, a dover essere sempre “reperibili” e quindi disturbabili da chiunque soprattutto negli orari di pranzo, cena e dopocena ovunque si sia e qualunque cosa si faccia… Si parla spesso di “Rompiscatole del Telefono”: persone che spesso ci chiamano e con tono alle volte molto gentile, ma spesso perentorio, tentano di strapparci un “Sì” per la vendita di abbonamenti telefonici o a riviste, oppure per venderci aspirapolvere, prodotti surgelati e chi ne ha più ne metta! La lista di coloro che hanno il nostro numero risulta infinita! E’ vero che sono lavoratori che cercano di fare il “loro mestiere”, ma parafrasando un
vecchio adagio…”il troppo stroppia”
COME È POSSIBILE? In realtà, in un contesto quale quello attuale, nel quale assistiamo ad un commercio indiscriminato di dati sensibili, in barba alla privacy, gli elementi connotativi della nostra identità sono in mano a grosse aziende che ne fanno commercio: mi riferisco non solo al nostro nome e cognome e indirizzo ma, soprattutto, alle nostre abitudini! Nel momento in cui facciamo la spesa al supermercato lasciando tramite la nostra card di fiducia i dati esatti dei nostri acquisti, oppure muovendoci in automobile, tramite il nostro apparecchio cellulare i nostri spostamenti e i numeri telefonici che abbiamo chiamato o che ci hanno chiamati, regaliamo una serie di informazioni esatte sulla nostra vita di consumatori. Una frase molto nota ma che è bene ricordare, ci dice che “Se un prodotto è gratis, significa che il prodotto sei tu”. COSA FARE? Cercando un po’ nel mare magnum di Internet si trovano indirizzi di associa-
zioni dei consumatori ai quali segnalare comportamenti inopportuni o, addirittura, si può ricorrere al Registro delle Opposizioni, (per chi fosse interessato, www.registrodelleopposizioni.it/) uno strumento che nelle intenzioni, dovrebbe tutelare chi di noi desideri non voler più ricevere telefonate per scopi commerciali o di ricerche di mercato e, in pari tempo, anche uno strumento per rendere più competitivo, dinamico e trasparente il mercato tra gli operatori di marketing telefonico. Nella realtà, in un mercato sempre più selvaggio e, non dimentichiamolo, pronto a sfruttare migliaia di persone pronte a lavorare nei call center, costrette spesso a condizioni di schiavismo moderno, sembra pressoché impossibile ricorrere a strumenti che tutelino la nostra privacy e la nostra tranquillità. Esiste, in questo momento una possibilità per coloro che possiedono un telefonino di ultima generazione, tipo smartphone per intenderci.
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Fondazione Romani Sette Schmid a Borgo Valsugana
Concluso il
“Laboratorio estivo di cucito creativo” E
anche quest’anno con una simpaticissima e quanto mai allegra manifestazione, che si è tenuta nel Chiostro del Comune di Borgo Valsugana e alla presenza di un numerosissimo pubblico e autorità, si è concluso il “Laboratori estivo di cucito creativo” organizzato dalla Fondazione Romani Sette Schmid. Una iniziativa che da anni si ripete che ha visto la partecipazione di trentacinque bambine e ragazze, che sotto la guida e la collaborazione del gruppo di lavoro, formato dalla Dott. Rosangela Peruzzo, dalla Prof. Maria Rosa Cadonna (membri del CDA della Fondazione), dall’educatrice dott. Linda Martinello e dalla maestra sarta Raffaella Ciacci, hanno egregiamente portato a termine questo qualificato progetto presentando lavori che hanno piacevolmente attirato l’attenzione di tutti i presenti. Da sottolineare che nel corso dell’esperienza le “allieve” hanno appreso la bellezza, la dinamicità e l’originalità delle danze popolari.
E sono stati i continui applausi del numeroso pubblico che hanno testimoniato la bravura di tutte le bambine che, con vera maestria e dinamica creatività, si sono cimentate tra cucito, ricamo, filati, aghi, tessuti, dimostrando le loro capacità tecniche e manuali e la voglia di fare un qualcosa destinato ad essere conservato nel cassetto dei ricordi più belli. E tutti i loro lavori presentati hanno ricevuto unanimi consensi che hanno gratificato non solo le allieve e i genitori, ma anche chi del corso si è assunto il compito dell’organizzazione, della conduzione e delle sue finalità. Il laboratorio, che è gestito direttamente dalla Fondazione e si svolge nelle aule della Scuola Materna Romani e nelle giornate di bel tempo nel parco, “vuole essere non solo occasione per l’acquisizione di competenze pratiche, ma anche luogo di crescita e di maturazione umana e civile, con un’attenzione particolare ai valori della solidarietà,
Da sinistra: l' ing. Romani e Gianfranco Schraffl del rispetto reciproco e della cura del Creato. Le allieve vengono stimolate a utilizzare la propria creatività, a riscoprire la bellezza del lavoro comunitario, del gioco di gruppo, della condivisione”.
Da sinistra: la Dott.ssa Rosangela Peruzzo, il dr. Franco Parotto e la Prof. Maria Rosa Cadonna
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GLI APPUNTAMENTI CASTELLO TESINO
TELVE
Per la migrazione degli uccelli, il passo Broccon è uno dei più importanti valichi del Trentino. Dal 1997 il Museo delle Scienze di Trentino ha attivato una stazione di inanellamento scientifico che fa parte del Progetto Alpi. L’autunno è il periodo dedicato agli studi delle migrazioni e le specie più viste in zona sono il pettirosso e la balia nera. Da sabato 23 e per un mese sarà possibile assistere, dalle 15 alle 17, tutti i giorni alle operazioni di inanellamento.
Domenica 25 torna, a Telve, la 14° edizione della sagra di San Michele, una occasione per scoprire gli scorci più belli del paese, Il tutto degustando i prodotti tipici della tradizione e della cultura del territorio. Non mancano mostre ed esposizioni artistiche di ogni genere.
LEVICO Appuntamento domenica 25 con la gara internazionale di corsa “La 30 Trentina”. Partenza da Levico, atleti impegnati su un percorso di 30 chilometri sulle rive dei due laghi della Valsugana. In programma anche una gara di staffetta Duo Half 2x15 chilometri.
RONCEGNO Adriana Montanari in concerto martedì 25 settembre al Palace Hotel delle Terme. La pianista si esibirà a partire dalle 21, ingresso libero, organizza la Casa di Salute Raphael.
BIENO Appuntamento con la Festa del Radicchio domenica 2 ottobre a Bieno. E’ l’11° edizione, un evento dedicato alla cucina locale, ai sapori genuini e gustosi di una tradizione culinaria antichissima.
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Il Museo
POLENTA
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ochi sanno che a Levico Terme c’è un vero e proprio museo della polenta. Si trova in piazza Venezia in casa di Renzo Frisanco, da sempre appassionato di cose storiche e antiche. Già in passato, quando fino al 2004 gestiva l’esercizio pubblico la “Vecchia Fontana”, in alcuni suoi locali si incontravano una volta al mese i collezionisti di tutta la Valsugana, da Trento e anche dal Veneto per esporre i loro oggetti o per uno scambio di foto, monetine, cartoline antiche, documenti storici ed altro ancora. Cessata l’attività a causa di problemi alla vista, Renzo conserva però ancora una grande raccolta di oggetti legati soprattutto alla polenta, il cibo quotidiano dei nostri antenati e che tanti ancora oggi considerano un piatto prelibato. Sono più di 750 gli attrezzi specifici, frutto di 50 anni di collezione, che lui detiene e che in parte sono esposti nelle sale al piano terra della sua abitazione, mentre altri sono stati messi in scatoloni. Tutti oggetti e strumenti provenienti da vari paesi della Valsugana, che in passato sono stati visitati da privati e da numerose scolaresche giunte anche dal Veneto. Paioli, mestoli, taglieri, macinini, forche, sgranatori e tanta attrezzatura minuta con degli attrezzi che risalgono addirittura al 1830. Conserva perfino sementi di granoturco portati dai profughi al loro rientro dalla Moravia, alla fine della prima guerra mondiale. Una vera rarità questo tipo di mais che
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di Mario Pacher
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però viene ancora coltivato da una famiglia di Grigno in Valsugana. Renzo è così tanto affascinato da questa arte contadina che, come simbolo, s’è fatto costruire una grande polenta, in cemento, posata sul tagliere che vediamo in questa foto, con lui in mezzo a diversi utensili. Ricorda vagamente anche i versi di una canzone che esalta questo alimento: “Era il cibo degli Dèi la polenta coi osèi. Salve polenta cibo dei Re, i tuoi fedeli stanno ai tuoi pié”. A questo punto della vita però, ci dice,
“vorrei cedere questa grande raccolta a qualche museo, possibilmente in valle o comunque nella nostra provincia. Ho già avuto delle richieste da parte del museo della polenta del paese di Polenta in provincia di Ferrara e anche dal museo di Brescia. Ma poiché sono tanto affezionato, vorrei che rimanesse nel nostro Trentino perché sarebbe un vero peccato perdere questa raccolta che testimonia tanti anni di vita contadina dei nostri avi.”
Renzo Frisanco in mezzo ad alcuni attrezzi e con la polenta stampata in mano
TRA CULTURA e TRADIZIONI
serenate
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di Francesco Canatella
d’amore in Sicilia In questa nuova rubrica abbiamo il piacere di ospitare, anche per i prossimi numeri, il Prof. Francesco Cannatella, uno dei massimi esperti, studiosi e conoscitori delle tradizioni popolari della Sicilia. Autore di numerosissime pubblicazioni, anche a carattere culturale e scientifico, il Prof. Cannatella, (Cavaliere, Ufficiale e Commendatore al Merito della Repubblica Italiana) oltre a ricevere moltissimi riconoscimenti, attestati ufficiali e premi nazionali e internazionali, quali quello sugli Studi Demoetnoantropologici, attualmente è Cultore della Disciplina “Storia delle tradizioni popolari”, nonchè membro sia del Centro Internazionale di Etnostoria di Palermo sia del Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani – Università di Palermo. Il prof. Cannatella è collaboratore di riviste e pubblicazioni storico-scientifiche
Nella più antica usanza del meridione la serenata era, e ancora lo è, una particolare composizione musicale, suonata o cantata, che era usata sia a scopi sentimentali oppure per rendere particolare omaggio a una persona. In Sicilia questa “tradizione”, che in qualche paese dell’entroterra ancora oggi sopravvive, ha un significato decisamente particolare perché quasi sempre è indirizzata, solitamente di sera, sotto la finestra o il balcone, alla persona amata o a quella ragazza alla quale si desiderava far conoscere i propri sentimenti o interessi. Molti affermano, e forse non a torto che la serenata è uno dei primi atti per sottolineare l’inizio del famoso “innamoramento” cui tanti poeti e scrittori fanno riferimento nelle loro opere. Secondo racconti o testimonianze varie, la tradizione della serenata ebbe iniziò nel Medioevo o nel primo Rinascimento e la musica o le parole venivano create e cantate al momento dall’innamorato oppure usufruendo dell’aiuto di musicisti e canterini che si accompagnavano con semplici strumenti.
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ra le due grandi guerre, a Cianciana[1] le prove di innamoramento e l’esercizio dei sentimenti di affettuosità tra giovani sono vietati. Ragazzi e ragazze vivono due mondi separati e restano realtà incompiute che si cercano, ma non possono e non debbono incontrarsi prima del matrimonio. Un esasperato senso dell’onore, che coincide per le ragazze con la illibatezza, è posto a guida dei comportamenti nella quotidianità della vita e le attanaglia. Nella famiglia, strutturata gerarchicamente, il padre-padrone ha ruolo assoluto ed indiscusso; la madre regge da occulta suggeritrice ed è rigida custode delle figlie; i figli sono complementarietà, la cui piena ubbidienza è manifestazione di rispetto. La vita familiare procede senza scosse fin quando, come un
fiume in piena, arriva la stagione dell’amore. Le ragazze non ardiscono far trapelare alcuna attrazione amorosa per non essere additate negativamente dalla società. Esse possono essere scelte, desiderate, possedute ed amate, ma non possono manifestare simpatia se non per l’uomo che i padri scelgono loro per marito. Esse vivono una moralità giorno per giorno borderline, basta un occasionale incontro per quanto innocente, un brevissimo dialogo, uno sguardo prolungato e l’immagine della loro purezza è compromessa. Nelle questioni amorose il parere delle ragazze è un optional, in fondo debbono solo far da spose! Le regole sociali impongono ad esse di accettare con il sorriso sulle labbra, un uomo scelto da altri, anche se il cuore grida un diverso nome. I
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TRA CULTURA e TRADIZIONI loro sentimenti, spesso, vengono barattati sull’altare di interessi economici: la valenza dei pretendenti si misura con le ricchezze da essi possedute, terre e case sono segni tangibili di futura serenità economica. In amore la scelta si coniuga solo al maschile, i giovani hanno maggiori spazi di libertà decisionale, trasgredendo, talvolta, le preferenze della famiglia. Quando un dolce viso si impossessa dei loro occhi, turbando cuore e mente, e la bocca si apre per ripetere un nome, è tempo di sconvolgimento fisico e mentale. Il giorno è un passare e ripassare dalla strada dove lei ricama con le amiche, la sera è uno stare ore, appoggiato ad un cantone nella speranza che lei si affacci, la notte un sospirare. L’attesa della domenica è un tormento, i giorni e le ore sembrano non passare mai. Il matrimonio nella sicilianità ha massima valenza sociale, sposare i figli un obiettivo primario. I genitori non mancano di utilizzare forme e modi consentiti dalla severa etica popolare per favorire incontri “a distanza vigilata”
tra i giovani. L’uscita da casa per la messa festiva è occasione per le madri di mettere in mostra lecitamente le figlie da maritare e per gli spasimanti di corteggiarle. Essi si muovono ‘casualmente’ in un percorso inverso a quello delle giovani, una, due volte, lungo il tragitto tra casa e chiesa e poi tra chiesa e casa. Durante la cerimonia religiosa, le ragazze, ingabbiate nella navata centrale, trovano mille lecite occasioni per guardarsi intorno, voglio captare interessi o mostrarne: il velo da posizionare sul capo, qualcosa da prendere o da riporre nella borsa, il sedersi e l’alzarsi, il frequente girarsi per parlare con le mamme, impareggiabile commedianti. I giovani, ammassati nelle navate laterali, si posizionano strategicamente e scagliano ardenti sguardi sugli obiettivi e fremono in attesa di captarne uno fugace, carico di significati e di promesse. Stupenda Sicilia che sapeva parlare con gli occhi! Quando una esile intesa è raggiunta, egli vuole gridarle tenerezza, ma non può avvicinarla se non a rischio di comprometterla, allora è tempo di atturna di affidare ad una serenata la dichiarazione d’amore. Strana la morale paesana del tempo, ciò che non è consentito pronunciare a bassa voce ed in privato per manifestare un sentimento, diviene lecito ed è ammesso se fatto a piena voce, gridato in [2]
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aperta via, ricorrendo ad una appassionata atturna per esprimere l’infinita passione che nutre per l’amata. Quel cantare diviene bando pubblico, comunicato sociale che non compromette la ragazza perchè esprime pubblicamente la serietà della passione e chiama a testimone tutta la gente che ascolta. La preparazione della serenata è minuziosa, egli impegna i migliori musici: mandolino, fisarmonica, violino, immancabile la chitarra ed una voce che, quando non appartiene allo stesso innamorato, è affidata a chi sa modularla ed intonarla. Accurata la scelta del canto d’apertura e di chiusura, scelti tra i brani dialettali e in lingua italiana, essi devono esprimere compiutamente l’immensità di un amore e portare una proposta che è impegno per tutta la vita. La serenata, oltre che comunicazione dei propri interessi di cuore, è anche un mezzo per marcare ufficialmente il territorio, indicarne il possesso e l’appartenenza ad altri giovani, eventualmente interessati, invitandoli a tenersi lontani ed a fare scelte diverse per evitare conflittualità. Il tempo è la notte del sabato, la domenica nella civiltà contadina è giorno di riposo per gli uomini ed occasione di uscita da casa delle donne per recarsi in chiesa. A notte fonda, l’innamorato nesci d’atturna[3]. Il gruppo si muove con prudenza, attento a non fare alcun rumore che possa denunciarne anzi-
TRA CULTURA e TRADIZIONI
versi che divengono seme per coltivare speranza in attesa che germogli amore. L’aria si riempie di armonia che si allarga a tutta la contrada. Come dormire alla inconsueta musicalità di quell’ora notturna? Un interrogativo corre nelle menti di ogni madre: Chi è
è accorta delle attenzioni del giovane per la figlia, invita il marito a restare a letto, mentre lei da uno spiraglio sbircia nella penombra della via. Riferisce al marito: Picciòttu massaru e di bona famìglia[5]. Entrambi sistemano i cuscini e fingono di non sentire i prudenti passi dei piedi nudi della figlia che si muove leggera e felice.
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[1]
Cittadina
di
Agrigento. Notturna, serenata.
[3]
Esce da casa, si mette in giro per portare la serenata.
[4]
Il sonno della notte mi hai rubato / lo hai portato a dormire con te ….
[5]
Giovane laborioso e di buona famiglia.
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la destinataria? Qualche finestra si apre di quel tanto che basta per lanciare uno sguardo indagatore sulla scena canora. Chi ha figlie da maritare vuole chiarezza sul mittente e sulla ricevente. Effettuata accuratamente l’indagine, molte madri sospirano e richiudono la finestra, covando la speranza che una serenata svegli, quanto prima, la propria figlia. Lo svegliarsi non sorprende l’amata. Ella non ha dubbi. Finalmente! Aspettava quel canto, era certa che sarebbe arrivato. In chiesa e per strada ogni sguardo innamorato era un vicendevole darsi. Un viso si materializza nella stanza. Che batticuore, potesse volare tra le sue braccia! L’innamorato tiene gli occhi fissi alla finestra, pronto a captarne il più piccolo movimento come segno di gradimento. Spera che la finestra per un attimo si socchiuda e che cada un bianco fazzolettino, segno tangibile di un amore già sbocciato. I genitori di lei, svegli, si guardano per cercare intesa. La moglie, da tempo si
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tempo la presenza al vicinato, l’effetto sorpresa sfumerebbe. La finestra della camera, dove lei dorme, è raggiunta, l’innamorato si stacca dagli altri e si pone in evidenza, ma in posizione strategica, pronto ad una veloce ritirata perché la serenata è una proposta all’amata, ma deve risultare gradita ‘principalmente’ ai suoi genitori, dei quali non si possono prevedere le reazioni. La serenata inizia, l’attacco è vibrante e delicato, un giro armonico e la voce del cantore si distende, ricamando le note. È sorpresa per chi la notte riposa e per chi veglia, sospirando sogni ad occhi aperti.
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Luci ed ombre del legno
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er la seconda volta Ionel Alexandrescu, artista rumeno e residente a Torino, si aggiudica il Simposio Internazionale di Scultura “Luci ed ombre del legno” organizzato dal Centro di Documentazione del Lavoro nei Boschi presieduto da Remo Tomasetti. La quindicesima edizione è stata ospitata nei tre comuni della conca (Castello, Pieve e Cinte), a Bieno e, per la prima volta, anche a Strigno, nel comune di Castel Ivano. In tutto 24 gli artisti partecipanti, di cui 15 impegnati per le vie e le piazze di Castello. Domenica 31 la premiazione che, a causa del maltempo, dalla tradizionale sede dei giardini in via Dante è stata spostata al cinema teatro. La giuria, presieduta anche quest’anno da Renzo Francescotti, ha preferito la sua opera “Intero” (un omaggio alla poetica del maestro Costantin Brancusi) a quella di Gianangelo Longhini di Asiago – secondo classificato con Incontri di luce . e di Matthias Sieff di Mazzin di Fassa “Remember of David”. A questa edizione erano presenti, come detto, 24 artisti oltre alla scultrice siriana di Damasco Joulya Wahbi, ospite del simposio. Sono arrivati da sei nazioni: Italia, Svizzera, Spagna, Montenegro, Ucraina e Turchia. Alla premiazione tutti i sindaci dei comuni interessati (Ivan Boso, Carola Gioseffi, Angelo Buffa, Luca Guerri e Giacomo Pasquazzo, delegato per Castel Ivano), con loro anche Stefano Ravell dell’Apt, ed Attilio Pedenzini, presidente della Comunità di Valle. Oltre ai tre premiati, la giuria ha segnalato Jessica Ielpo (Potenza) e Alessandro Pretti (Vicenza) con Dino Damiani (Novara) che ha vinto il premio floricoltura Valentino Roncador di Mezzolombardo. Il premio PEFC Italia è stato assegnato a Mario Iral di Padova con Ionel Alexandrescu, Dino Damiani, Jessica Ielpo, Luka Radojevic, Matthias Sieff, Ihor Tkachivkyi e Gianluigi Zeni selezionati per realizzare una opera d’arte nel giardino della casa di riposo di Borgo. Anche quest’anno c’era una giuria popolare, in 384 hanno votato la scultura più bella: la scelto è caduta sul lavoro di Mario Iral (66 voti), seguito da Ado Brandimarte di Ascoli Piceno (64) e da Alessandro Pretto, quest’ultimo votato da 46 persone. (A.D.)
CALDONAZZO
Intensa attività del Centro d’Arte La Fonte
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on solo dipinti in mostra durante l’estate 2016 per iniziativa del Centro d’Arte la Fonte di Caldonazzo, ma anche alcune presentazioni di libri e romanzi. Iniziamo con Ghibli il romanzo di Renzo Francescotti, che Laura Mansini, critico teatrale, ha presentato a fine luglio presso il bar Blue Coffee di Caldonazzo, nell'ambito di Conversazioni con la Fonte, manifestazione organizzata dal Centro d'Arte. Ghibli, scritto da Francescotti nel 1985, racconta la storia di un pilota di guerra del secondo conflitto mondiale, ufficiale d'ordinanza di Italo Balbo e come lui abbattuto sui cieli di Tripoli ma sopravvissuto e fatto prigioniero. Il protagonista, tornato a casa in Valsugana, rivive la giovinezza con le imprese del leggendario pilota austroungarico Josep Kiss, viste dalla sua abitazione sul colle di Tenna. Quei voli, quei combattimenti lo inducono a scegliere l'aviazione e sarà una passione per la vita. Il romanzo, come ha affermato Waimer Perinelli presidente del Centro, “è liberamente ispirato a una storia vera e fa del vento del deserto il motore di una storia di un amore ardente che come il Ghibli sceglie la direzione dell'esistere”. Renzo Francescotti, scrittore dai molti interessi e registri letterari, ha al suo attivo oltre 50 libri di poesia, narrativa, saggistica. Come poeta la sua notorietà ha varcato i confini nazionali. Laura Mansini è critico nazionale di teatro. Ha scritto per i quotidiani locali e per la rivista nazionale Sipario. Ha curato la pubblicazione della biografia di due grandi attrici trentine: Anna Maestri ovvero “Maestri si nasce” e, con Marcella Uf-
ANDAR PER FUNGHI
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nche in passato nei boschi di Sella Valsugana, nel territorio del comune di Borgo, qualche ricercatore di funghi avevano avuto la fortuna di imbattersi in un “Fungo Reale”. Un fungo commestibile, di grandi dimensioni, molto raro e del peso solitamente di qualche chilogrammo, che finiva poi sui tavoli di una intera famiglia, spesso allargata con altri parenti ed amici, che lo consumavano facendo festa. Ma forse mai in passato nessuno aveva trovato un esemplare di quella specie di così grandi dimensioni come le due ragazzine, Camilla di 13 anni e
freduzzi, “Un'attrice allo specchio” vita di Edda Albertini. E' autrice anche di un saggio sulle contaminazioni latine nella drammaturgia delle rappresentazioni carnevalesche ladine di Fassa. Renzo Francescotti è stato protagonista di un'altra serata a Caldonazzo dedicata a Un gruppo di allieve “Famagosta, presentando il romanzo storico di Marco Nicolò Perinelli, archeologo-giornalista, dove si racconta dell'assedio e presa della città-fortezza nell'isola di Cipro. “Famagosta”, opera prima di Marco Nicolò Perinelli, fa rivivere l'assedio dei turchi alla città cipriota nel 1570. Settemila veneziani, albanesi, ciprioti, resistettero oltre ogni possibilità umana all'assalto di 150 mila turchi. Il libro è stato finalista al premio letterario nazionale “La Giara”. Altra importante presentazione a Caldonazzo è stata quella con Fiorenzo Malpaga, autore di “Suggestioni e immagini di Viaggio” un libro di commenti e tante foto, un manuale, come dice il presidente Perinelli, ”per conoscere la gente, la cultura del paese visitato. Malpaga, continua il presidente del Centro, durante i suoi 50 anni da viaggiatore, ha scoperto la Cina Capitalista con la sua dittatura, il sorriso dei Thailandesi, la cortesia dei tibetani, il sospiro dell'Africa e il fascino delle Americhe”. (M.P.)
SELLA VALSUGANA Gemma di 8 che, assieme ai nonni Eugenio e Bice stavano esplorando la zona del Carbonìle a Sella, in cerca di porcini o di altre specie più comuni. All’improvviso le due ragazzine chiamarono a squarcia gola i nonni perché accorressero a guardare il loro eccezionale ritrovamento. Un fungo reale di enormi dimensioni, nato su tre basi, come spesso avviene per questa specie, ma sempre legate fra di loro formando quindi un unico corpo. Una volta a casa, hanno voluto verificarne il peso: 12 chili e 200 grammi. Complimenti alle due simpatiche ragazze. (M.P.)
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A MASO SPILZI DI FOLGARIA
di Luciano Decarli
La vita avventurosa
di Clemente Cristelli
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ell’ambito delle celebrazioni per onorare Cirillo Grott, l’Associazione Scrittori Trentino Alto Adige ed il Cenacolo Valsugana di Poesia hanno presentato la vita di Clemente Cristelli. 94enne, bambino e ragazzo nel Caucaso, adolescente in Friuli, uomo e specialista in Italia ed in Svizzera, nonno in Egitto, Arabia, Siria e Giordania. La figura del Cristelli è stata presentata dalla sig. Sandra Grott, dall’Assessore comunale alla Cultura Giada Cuel, mentre Luciano De Carli, scrittore e giornalista, ha provveduto a metter in luce la statura umana, il carattere sereno, la possibile componente amichevole del “caucasico” che, poco più che novantenne ha scritto un libro sulla sua vita “girando il mondo , guidato da una stella”. La presentazione ai molti interessati convenuti a maso Spilzi è stata fata seguendo una cospicua serie di fotografie dal suo volume. Ne sono seguite molte altre che lo vedevano ritratto come violinista, come esecutore di musiche russe a Sella Valsugana, a Garniga e Rovereto, a Baselga di Pinè e Levico, a Lavis ed al teatro Santa
Chiara, a Gargnano e Soave. Via via si è potuta così delineare l’avventura umana di questo operaio specialista, con doti e finezze artistiche come violinista, come attento animatore di incontri e raduni culturali. I suoi scritti sono stati interpretati magistralmente dal poeta- regista Stefano Borile (Cenacolo Valsugana ) da Aurelio Micheloni (Astaa)che hanno prestato la loro voce per far rivivere sentimenti, situazioni, spaccato di vita vissuta in cinque stati, in vari settori. Non potevano mancare come omaggio postumo ad un violinista le note di musiche russe e classiche interpretate al violino da Paola Giusti ed alla chitarra da Roberto Murari. L’artista CHIARA Tonini ha portato la sua testimonianza accorata per Clemente, compagno di vita e delle sue numerose mostre personali. Il fratello Lino Cristelli ha ricordato gli stretti legami famigliari della sua famiglia, nata proprio in terra caucasica, nella” Colonia Italianska” nelle vicinanze dei 5642 metri del monte Elbrus, colonia-paradiso per agricoltori e vignaioli friulani, per
GINO GILLI Ha ottenuto un ottimo successo a Pergine Valsugana presso Sala Mayer, la recente mostra personale del pittore trentino Gino Gilli di Gardolo, che aveva esposto ben 56 quadri di varia grandezza realizzati tutti con la tecnica olio su tela, raffiguranti paesaggi del nostro Trentino, della valle dei Mocheni in particolare, ma anche di altre regioni italiane da lui visitate. Diversi anche i dipinti che raffiguravano fiori e natura morta. E come novità di questa sua esposizione, Gilli aveva proposto, fermo restando il proprio stile, diversi quadri senza cornice. www.ginogilli.it. (M.P.)
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operatori ed industriali italiani, prima della rivoluzione russa. Clemente conosceva la lingua russa e sapeva citare i testi di molte canzoni popolari di quella terra, sapeva fare anche il traduttore simultaneo dal russo o ucraino all’italiano. Era campione di relazioni umane ed assieme a CHIARA ospitava spesso amici russi di passaggio. L’ incontro s’è chiuso con la poetessa Giuliana Raffaelli Bonassi che ha letto il suo testo poetico “Cos’ è per noi la musica “. Sono stati distribuiti alcune copie del volume di Cristelli, ormai diventato preziosa testimonianza anche sull’emigrazione della nostra gente trentina.
PERGINE VALSUGANA
TRENTO
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lcuni dirigenti e soci dell’Unione Famiglie Trentine all’Estero di Trento, hanno fatto visita recentemente alla Famiglia Trentina di Solothurn in Svizzera, per partecipare alla loro annuale festa che si svolge sempre al Blockhaus di Derendingen. Una ricorrenza che ha radunato più di 80 persone del posto che, tutte assieme, hanno gustato la buona polenta e spezzatino, rigorosamente fatto alla trentina. Dalla sede di Trento hanno presenziato la presidente Giorgia Pezzi, il suo vice Giancarlo Filoso, Vito Agosti, il consigliere Bruno Girardi, l’ex consigliere Renzo Huber, per molti anni vissuto in Svizzera, il socio Paolo Praindel e due nipoti di Vito Agosti, Virginio e Michele, che hanno messo gentilmente a disposizione il pulmino per il viaggio. Parole di apprezzamento per questa grande amicizia che dura nel tempo sono state espresse da Vito Agosti e dalla presidente Giorgia Pezzi, che ha pure consegnato alla Famiglia di Solothurn una targa di riconoscenza. Ospiti d’onore sono stati due grandi amici che l’Unione Famiglie Trentine all’Estero ha voluto ricordare: Umberto Senter classe 1930, partito da Novaledo nel lontano 1947, socio fondatore ed ex presidente della Famiglia di Solothurn, ed attualmente presidente onorario. Poi Renzo Zencher Presidente della ex Famiglia Trentina di Berna, grande collaboratore nel mondo dell’emigrazione trentina. Parole di lode accompagnate da uno scambio di omaggi sono venute al termine dal vice presidente Giancarlo Filoso. (M.P.)
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borgo valsugana
LA MOSTRA DEI FIORI
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ALIMENTI PER CELIACHIA
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l grande universo che opera nel commercio della nutrizione e dei vari prodotti alimentare della Valsugana si è arricchito di una specifica e particolare realtà. IL riferimento è per il nuovo negozio con sede a Borgo Valsugana, in via Fratelli, inaugurato in questi giorni e che ha nella sua qualificata insegna la vendita di prodotti e alimenti per tutte le persone affette da celiachia. Una struttura organicamente funzionale e non solo per il grande assortimento presente al suo interno e quindi per la grande possibilità di scelta, ma anche e soprattutto per la preparazione di Ivanka Djuradeli che del punto vendita è la titolare. Vendita che offre e propone al dettaglio di prodotti senza glutine artigianali freschi, secchi, surgelati e confezionati erogabili dal SSN (Servizio Sanitario Nazionale). A tal proposito è bene ricordare che, a seguito della diagnosi del medico specialista, il celiaco ha diritto, fino al raggiungimento di un tetto di spesa mensile, fissato oggi dal decreto del 04/05/06, secondo sia il sesso sia le fasce d'età, ai prodotti dietetici senza glutine, indispensabili per la sua dieta, rigorosa ed irreversibile. E sempre per dovere d’informazione va anche precisato che I tetti di spesa effettivamente riconosciuti, così come la tipologia dei punti vendita in cui sono disponibili i prodotti senza glutine distribuiti in regime di erogazione gratuita, possono essere differenti a seconda della regione di residenza e della Asl di appartenenza. Pertanto, ogni dettagliata informazione deve essere richiesta all’AIC della regione di residenza.
’Associazione Micologica Bresadola, Gruppo “Bruno Cetto” di Levico Terme, ha organizzato recentemente presso la saletta ex Cinema di via Dante, una “mostra dei fiori delle nostre montagne”, quest’anno in 29^ edizione. Sono stati esposti per due giorni un gran numero di esemplari delle principali specie di fiori presenti sui nostri monti, dalle quote più basse a quelle al limite della vegetazione, ciascuno con a fianco il nome scientifico e quello volgare, la diffusione ed altre utili indicazioni. Contemporaneamente lavorava l’artista del legno Silvano Garollo producendo in diretta alcuni oggetti. (M.P.)
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DODICI ARTISTI IN MOSTRA
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ndici pittori ed uno scultore sono stati i protagonisti di una interessante recente mostra presso sala Prati della Casa della Cultura a Caldonazzo. “Dodici artisti, dice il presidente della Fonte Waimer Perinelli, per altrettanti percorsi che passano dalle Accademie di Venezia, Verona e Milano, da iniziative autodidattiche e da allestimenti al Mart”. Andrea Slomp è stato uno dei soli tre allievi che abbiano mai frequentato l'atelier di Remo Wolf. Lo ha sottolineato Renzo Francescotti che ha collaborato all'allestimento. “Dopo le prime due lezioni private, ha ricordato Francescotti, Wolf non volle più essere pagato dimostrando sensibilità e disinteresse”. Slomp fu al Mart nel 2003 assieme a Pietro Verdini, “Un gigante nella pittura e nella sensibilità umana” dice Perinelli. Debutto per Graziella Gremes di Caldonazzo e Carlotta Morucchio, una veneziana sbarcata in Trentino da sette anni, e Fabio Recchia. Una conferma per Rosanna Pellegrini, fra le belle scoperte della Fonte e per altri affermati pittori come Tullia Fontana(Lula), Licia Bertagnolli, Carlo Frenez, Romano Furlani,
Giuliano Lunelli. Nella scultura primeggia Simone Turra, un primierotto, ormai internazionale, che prossimamente sarà protagonista di una mostra personale ad Innsbruck. Dodici artisti come i mesi dell'anno, come gli apostoli, come la sporca dozzina del mitico film con Lee Marvin, è stato ironicamente affermato alla presentazione. (M.P.)
LA FESTA DELL’AMICIZIA
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n un clima di grande serenità si è svolta recentemente a Levico Terme la “Festa dell’amicizia”, organizzata dall’APSP San Valentino con la partecipazione di tutte le altre APSP della Valsugana, del Tesino e del Primiero. Una festa che ha particolarmente entusiasmato la presidente Martina Dell’Antonio, che ricopre pure la carica di rappresentante di zona nel Consiglio di Amministrazione dell’UPIPA (la Cooperativa che riunisce le 45 APSP trentine) e che proprio lei ha voluto organizzare questo incontro con l’intento di rafforzare i vincoli di amicizia e di collaborazione tra le strutture della zona. All’appuntamento gestito dal Servizio Sociale di animazione della San Valentino e che comprendeva giochi, canti e musica con il fisarmonicista Pierino, hanno presenziato molti residenti con i loro accompagnatori, amministratori, presidenti e dirigenti delle consorelle APSP. La presidente Dell’Antonio e il direttore Fabrizio Uez hanno sottolineato l’importanza di questo incontro che, oltre a rappresentare una vera occasione di svago e di conoscenza tra gli ospiti e gli operatori, contribuisce a rinforzare lo spirito di collaborazione tra le strutture in un’ottica di miglioramento continuo dei servizi e
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LEVICO TERME
della qualità della vita. Presente alla festa anche il consigliere provinciale Gianpiero Passamani che, nell’esprimere un plauso per la bella iniziativa, ha sottolineato l’importanza di questi incontri alla ricerca di sempre nuovi motivi ed occasioni di confronto e di collaborazione, in particolare in questa fase di riforma del sistema provinciale delle APSP. La serata si è conclusa con una cena tipica preparata dai cuochi della San Valentino. (M.P.)
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Danza e musica in scena
Pergine Valsugana
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l Teatro comunale di Pergine ha ospitato i saggi delle associazioni e scuole di danza della zona, ottenendo sempre un grande successo di pubblico proponendo degli spettacoli di grande qualità ed effetto. “Movi-mente” del nuovo presidente Giovanni Gobber ha proposto un saggio in 3 atti dal titolo "Eureka". Tutti i gruppi hanno presentato coreografie elaborate ed ispirate al tema delle scoperte scientifiche ed invenzioni più importanti della storia. Il saggio di “Anima moderna” di Ruggero Cuel ha visto la partecipazione di tutti gli allievi e allieve dei corsi di danza moderna, danza classica, Hip hop, e suddiviso in due atti di grande effetto “Multiplo 14” e “Neverland”. “Il giardino dell’anima” è stato il tema dell’Associazione “Danzamania” della Presidente Carla Frisanco con le coreografie di Maria Pia Di Mauro, Francesco Porcelluzzi, Elisa Canton, Elisa Libardi. “Don’t stop moving” diretta da Ilaria Eccher e Carlos Julio Madera hanno messo in scena “The Magazine” dove hanno trovato spazio le varie esibizioni come sfogliare una rivista dai mille colori. (G.F.)
Movi-mente
Anima Moderna
Don’t stop moving
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Danzamania
BASELGA di PINÈ
di Luciano Decarli
DALL’ARTISTA PICONE...
il legno intagliato e la creta foggiata
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Baselga il prof. Emilio Picone presenta ritualmente le sue opere di rara bellezza. Entrando alle sue mostre o nel suo locale laboratorio veni subito attratto dalle molte anfore, canopi e vasi smaltati presenti, cotti al terzo fuoco, con Desiree Croiset, presso la viilla di Chiara Tonini. L’Artista è ormai acquisito dal centro turistico che frequenta più assiduamente dopo il pensionamento dal Liceo “da Vinci”. Le passeggiate nell’ambiente, nei boschi, gli hanno offerto l’occasione di recuperare tronchi e radici, specie di olmo, che con professionalità trasforma in figure “viventi”. Con le “sue sgorbie” e scalpelli sa conferire una certa umanità, far rivivere quei tronchi, quelle ceppaie come fossero Gorgonidi, Nereidi, Aguane, Maghi “rasta” scarmigliati. Un Pinocchio di legno, snodabile con capelli di radice, quindi anche lui “Pinocchio rasta”, seduto su uno sgabello, ti indirizza verso altre figure scolpite che hanno pose ieratiche, ma sanno trasmettere messaggi umani, creare
simpatiche presenze. Oltre queste figure tridimensionali, c’era la serie innumerevole delle ceramiche smaltate dai colori accattivanti, dalle forme più strane, ma utili per le attività domestiche o per metterci, se si vuole, dei fiori. La creta sotto l’abile maestria dell’artista viene plasmata con la cosiddetta foggiatura “a colombino”, antica pratica dei maestri ceramisti. Quindi su questi oggetti d’arte è stato steso il colore, che con studiata tecnica che dona possibili risultati a volte voluti, per scelta, a volte improvvisi. Alle sue mostre, sono quasi sempre presenti il sindaco di Pinè, l’assessore comunale alla Cultura, che assieme alla Biblioteca di Pinè, organizzano importanti momenti culturali sull’altopiano. Altre presenze fattive e importanti sono ad esempio l’artista Chiara Tonini, il suo collega d’Istituto prof. Amedeo Savoia, gli estemporanei turisti che soggiornano nel Pinetano. La casa della signora Giuliana, sua moglie, è costellata di sue opere: disegni, acquerelli, pitture ad olio che riprendono paesaggi pinetani, ambienti dei vari paesi con particolari angolazioni che “sono magari sparite nel tempo” per l’incalzare urbanistico e di trasformazione del territorio. Emilio Picone però è anche un ottimo presentatore di mostre di pittura. Un esempio:quella mostra presso la sala consigliare di Gargnano con Chiara Tonini e la russa Solaye Nova dell’accademia State Art Academy di San Pietroburgo.
Ora il nostro artista sta preparando dei moduli bidimensionali con figure classiche, altre fiabesche che vengono modellate, attraversate dalla luce. La loro struttura così sembra evanescente, permette di fantasticare ancorando il pensiero a leggende del Pinetano, a ripensamenti di personaggi fiabeschi, a rivisitazioni di figure ieratiche classiche che questa “fettuccia” di ceramica ci propone con colori d’estemporaneo realizzo. Ascoltare il prof. Emilio Picone mentre, quasi con noncuranza, distacco, indifferenza, presenta le sue opere, è delizioso. Rimani rapito dal suo accento centromeridionale, semplice e arguto, che presenta figure e opere reali con accenti che affascinano come una fiaba.
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Ius primae noctis
realtà o leggenda? C
’è chi sostiene che sia frutto della fantasia, perché non vi sono leggi scritte a testimonianza di questa barbara usanza che è lo “ius primae noctis” (diritto della prima notte). Un altro termine utilizzato per indicare ciò si trova nell'espressione francese "droit du seigneur", che in realtà indica un'ampia serie di diritti esercitati dal signore feudatario, che spaziano su diverse tematiche, a partire dalle tasse, per passar alla caccia e all'agricoltura. Alcune fonti fanno riferimento allo ius scopae, per cui la figlia del vassallo, prima della celebrazione del matrimonio, era costretta a recarsi a palazzo per spazzare la camera da letto del signore; da qui sembra derivare il termine “scopare” usato ancor oggi per alludere al rapporto sessuale. In epoca medievale il servo della gleba era fortemente legato al proprio feudatario in un rapporto di subordinazione, proprio per questo in età moderna si è pensato che per potersi sposare il servo dovesse ottenere il benestare del feudatario attraverso il pagamento di una tassa o con la concessione della sposa per la prima notte di nozze. In realtà questi racconti si perdono nella notte dei tempi, basti pensare che si trovano riferimenti al diritto della prima notte già nella letteratura mesopotamica, nell’antico poema epico che narra l’epopea di Gilgameš, databile
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all’incirca al 2000 a.C. Lo stesso Erodoto nel V secolo a.C. riporta nella sua opera “Storie”, la tradizione in uso ai Libici, citando il testo: “E al re solo (tra i libici gli Adimarchidi) le vergini che sono in procinto d'accasare presentano: quella che al re stima abbia generato, da questo è deflorata”. Lo “ius primae noctis” diviene quello che potremmo definire un topos letterario, fortemente presente nella tradizione orale, che ha tramandato numerosi racconti in merito a questa usanza e dato vita a numerosi miti e leggende. In tutta la penisola italiana; fioriscono leggende di fondazione di paesi e città sorte in seguito allo ius tra cui Roccascalegna, Melissa, Dolceacqua, Sant'Agata di Puglia, Fiuggi, Francavilla in Sinni, Onzo e Montalto Ligure.
di Chiara Paoli
Gli antropologi associano questa usanza ad antichi rituali secondo i quali la verginità appare come un tabù che può essere eliminato soltanto da una persona influente, come un sovrano o uno sciamano. Secondo recenti studi, nei riti carnevaleschi l’eliminazione del tiranno, macchiatosi di aver preteso lo ““ius primae noctis””, hanno la funzione di allontanamento degli influssi maligni e sono propizi alla fertilità. Ogni cinque anni, il mercoledì delle ceneri la comunità di Castello, Cinte e Pieve Tesino si raduna per celebrare il processo al noto tiranno Biagio delle Castellare. La prima udienza del processo si svolge sulla piazza di Pieve Tesino, dopo il racconto del cancelliere, la parola viene data ai testimoni, uno dei quali racconta
Rappresentazione in Tesino del tiranno Biagio delle Castellare
La Mugnaia del carnevale di Ivrea secondo la leggenda, avrebbe approfittato dello ius primae noctis per uccidere il barone che opprimeva la città
che la propria moglie a causa dello ““ius primae noctis”” è stata obbligata a appagare le insane voglie del terribile signorotto per otto lunghe giornate. La Valsugana non rimane immane al fascino di queste storie che mescolano realtà e immaginazione e proliferano sul territorio ricco di castelli. Si narra che a Vigolo Vattaro ogni fanciulla che si maritava dovesse salire al castello per concedere al feudatario il diritto della prima notte di matrimonio. Ma un giorno, un ragazzo si Maso Piazzera si ribella a questa barbara usanza, negando al castellano la sua giovane sposa. Leggenda vuole che il giovane marito venisse imprigionato e punito con la morte per mezzo della tortura del ghiaccio. Nel Primiero si racconta che Castel Pietra, residenza dei Conti Welsperg il giorno di Santo Stefano del 1675 venne distrutto da un incendio. Pare che a dare alle
fiamme il maniero fosse stata la madre di una giovane sposa assoggettata dal castellano allo “ius primae noctis”, per sortire una sorta di vendetta contro questa violenza. Si è già detto che non si trovano riferimenti al diritto alla prima notte nei documenti legislativi ufficiali, né in ambito civile, né tanto meno nei codici ecclesiastici, ma neppure le rimostranze scritte in occasioni di rivolte, come la guerra rustica che nel 1525 vede partecipi i contadini di numerose valli menziona o cerca di porre rimedio a questo uso. Si tratta quindi di mito e leggenda? Forse non conosceremo mai la verità, ma di questa usanza rimangono tracce in bellissimi romanzi e nei fotogrammi di molti film che a tali aneddoti si sono ispirati. In ogni caso sappiamo per certo che nei secoli i soprusi sulle donne sono stati moltissimi e ancora oggi purtroppo non hanno fine.
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LA ragazzA immagine
SOFIA
Foto di Giuseppe Facchini
Un particolare ringraziamento a Verena Neff e Theo Schneider, gestori di Castel Pergine, location del servizio fotografico per la gentilezza e cortesia
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LA ragazzA immagine
SOFIA,
di Giuseppe Facchini
il sorriso della semplicità B
asta guardarla in viso e ci si accorge che Sofia è una ragazza che sprizza allegria e gioia di vivere sicuramente unica. Il suo sorriso, il suo sguardo e il suo modo di fare denotano una semplicità che appartiene a poche ragazze della sua età. Sì, perché, parlando e dialogando con la “nostra” Sofia ci siamo accorti che ha le idee ben chiare in testa e senza i famosi “grilli” per la testa. Sofia vive a Rovereto papà Valter, mamma Elisabetta e fratello Elia di tredici anni. E a Rovereto frequenta il liceo delle scienze umane. E a detta delle amiche e di chi la conosce, svolge questo compito in maniera precisa, diligente e con profitto. Agli studi, la nostra ragazza immagine,
abbina la pratica sportiva certamente emulando le gesta della madre che certamente le ha trasmesso questa voglia e questo desiderio di agonismo. E Sofia, a proposito di sport, con una punta di orgoglio, ci sottolinea che lo pratica seriamente e concretizzando, con le altre atlete, un rapporto vero di sincera amicizia che li unisce e li accomuna anche nella vita di tutti i giorni. La sua solarità quasi sempre riesce a farle superare quella piccola timidezza che a volte in lei si manifesta, ma che subito, dopo stabilito il rapporto conoscitivo con le altre persone, sparisce per fare posto a una grande simpatia e a una risata veramente coinvolgente, Sempre pronta al confronto e sebbene sia di giovane età, non di rado dimostra
una concreta maturità poiché, nelle varie discussioni, quasi sempre riesce a esprimere tutta la qualità delle varie idee e opinioni che indiscutibilmente fanno parte della sua quotidianità e che fanno parte dell’educazione ricevuta. Sofia, come moltissime ragazze della sua età, ha le idee ben chiare su quello che potrebbe essere il suo futuro. Certo, il grande universo della moda e dello spettacolo è uno dei suoi interessi, ma con vera convinzione ci confessa anche la sua natura di vero altruismo perchè ci evidenzia la volontà di intraprendere gli studi di psicologia per poter aiutare le persone che possono presentare problematiche di vita.
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IN VALSUGANA
Un triangolo di
di Chiara Paoli
Donne in Campo
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n triangolo che ha come vertici Civezzano, Sant’Orsola e Bosentino, cosa collega questi tre punti della Valsugana? Qui si trovano le aziende agricole gestite da tre donne agricoltrici che fanno parte dell’Associazione Donne in Campo. Il primo polo a Torchio di Civezzano è costituito dall’azienda agricola Maso al Sole, condotta da Stefania Gaiotto con il metodo dell’agricoltura biologica, qui vengono allevate completamente all’aperto galline e polli ruspanti. Ma in questo luogo che è anche fattoria didattica, si coltivano anche alberi da frutto e ortaggi utilizzando la pratica dell’agri coltura sinergica. E’ possibile trovare uova fresche, farina di mais, polli, frutta e verdura prodotti dell’azienda il sabato mattina al mercato
Casetta per insetti Maso al Sole
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contadino di Civezzano. L’azienda agricola Mas del Saro, è immersa nel verde dei boschi di Mala di Sant'Orsola, a settembre è prevista l’apertura dell’agriturismo che presenterà un menù vegetariano realizzato esclusivamente con i prodotti coltivati in azienda. L’azienda ha la certificazione biologica, e le sue coltivazioni, portate avanti senza alcun mezzo meccanico, crescono ad una latitudine compresa fra i 1000 ed i 1200 metri sul livello del mare. Quassù in compagnia di galline, asinelli e pecore, si coltivano, verdure, patate e cereali. Ma Vea Carpi finita dalla Toscana “al maso per caso”, citando il titolo del suo blog, organizza anche laboratori di agricoltura, cucina e lavorazione della lana per bambini ed adulti, scuole e gruppi. E qui i bambini possono trascorrere una settimana delle loro vacanze grazie al progetto “un’estate al Mas del Saro”, coccolando gli animali, raccogliendo le uova, impastando pane, pizza e dando forma a ottimi biscottini di pasta frolla. Il Mas del Saro ha scelto di partecipare al programma dell’associazione WWOOF, movimento mondiale che mette in relazione volontari ed i loro progetti rurali naturali, pro-
Le rose di nonna Ponomarenco
muovendo uno scambio di esperienze, per contribuire a costruire una comunità globale sostenibile. Vea e la sua famiglia ospitano volontari provenienti da tutto il mondo e questa esperienza fa del Mas del Saro un piccolo crocevia di culture. A Bosentino si trova l’azienda agricola Maso Flonkeri gestita da Nonna Ponomarenco, donna di origini moldave, trapiantata in Italia e che potrei definire una grande ed appassionata coltivatrice di rose, e non solo. I suoi terreni ricchi di fiori e di profumi, con i suoi splendidi esemplari consentono la produzione di sciroppo e marmellata di rose, oltre ai petali essiccati utilizzati per infusi, per la produzione di liquori o come decorazione per impreziosire i piatti. La produzione è molto ricca e variegata, qui si coltivano per la vendita di frutta, ortaggi ed erbe officinali, ma ci si dedica anche ad elaborati come le tisane, i sali aromatici ed i prodotti per cosmesi naturale. Per fare questo l’azienda si appoggia a dei laboratori esterni che realizzano con i prodotti della terra di Maso Flonkeri creme anti age, creme per il corpo e per le mani, balsamo per le labbra, creme idratanti. Tutto è iniziato
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Il Mas del Saro dall'alto dall’idea di sfruttare i terreni di proprietà del mio suocero, in principio con la coltivazione di piccoli frutti come more, ribes nero, mirtilli americani, mirtilli siberiani, ciliegie, aronia melanocarpa, olivello spinoso, mele Golden, pere Williams e uva di antica varietà Pavana, utilizzata fino ad un secolo fa per produrre vino nell’Impero Austro-Ungarico. Un’azienda che guarda avanti e che vorrebbe crescere per diventare bed & breakfast e fattoria didattica. Le tre protagoniste di questo articolo fanno parte dell’Associazione Donne in Campo Trentino, che ha sede in via Maccani a Trento ed ha come presidente Mara Baldo, affiancata da Chiara March e Nadia Mittesteiner come vicepresidenti. Questa associazione è formata da “agricoltrici, imprenditrici agricole, donne che vivono in ambito rurale, ma anche soltanto donne che "amano" l'agricoltura e tutto quanto ad essa è collegato.”1 Queste donne hanno scelto una vita attiva, a contatto con la natura, hanno scelto di scendere in campo e di realizzarsi attraverso il ritorno alla terra e all’agricoltura, ed hanno deciso di farlo attraverso una rete che le sostiene, le aiuta a formarsi e tenersi aggiornate. L’associazione promuove il confronto e la valorizzazione delle diverse realtà anche attraverso manifestazioni ed iniziative come le “Scampagnate in fattoria e in città” che permettono di conoscere splendide realtà agricole per riscoprire ed assaporare i profumi ed i suoni della natura. 1
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Tra
riaoriae : stom me
Gruppo Culturale Miniera di Calceranica di Elisa Corni
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n Valsugana esiste un posto che condensa in sé la storia del paese che la ospita e una cultura millenaria: la miniera di Calceranica. Fin dall’epoca asburgica è stato uno dei centri più importanti per l’estrazione della pirite, minerale utilizzato in molti settori. In quanto disolfro di ferro, è utile per produrre l’acido solforico ed è utilizzata anche dai cementifici. L’interesse per questo minerale si accese sul finire dell’Ottocento, periodo in cui tre imprenditori locali, Pasqualini da Bosentino, Tomasi da Trento e il farmacista Graziadei di Caldonazzo ricevettero l’area in comodato d’uso dai Conti Trapp e aprirono il primo tratto di una miniera che vanta più di un secolo di storia e di tradizione. Dagli anni Novanta del secolo scorso esiste un associazione che si cura di portare avanti la memoria non solo della miniera stessa, ma anche della vita dei minatori. “Tutto è cominciato quando la ditta incaricata dei lavori di
Attivita’ del Gruppo a Pergine
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recupero della galleria principale del complesso minerario aveva rallentato i lavori” spiega Carlo Martinelli, presidente de Gruppo Culturale Miniera di Calceranica “Luciano Bassi era all’epoca direttore dei lavori e trovando delle mappe in archivio si è incuriosito. Lui e altri hanno cominciato un graduale processo di recupero e valorizzazione del sito”. Nel 2000, poi, dall’iniziativa di questi appassionati è sorto il piccolo museo che piano piano si è ingrandito e racconta una storia lunga più di un secolo. Tra lampade al carburo, elmetti e pale si raccontano il lavoro e la vita dei minatori di Calceranica. Come racconta il presidente, due sono stati i momenti di grande splendore di uno dei complessi minerari più importanti di quello che una volta era l’Impero Austro-Ungarico. “Il primo fu
Alla ricerca dell’oro proprio durante la prima guerra mondiale, quando la miniera fu militarizzata e dai 2-3 operai impiegati a Calceranica prima dello scoppio del conflitto, si passò a decine di minatori che si industriavano per estrarre la pirite dalla montagna”. Questo perché l’acido solforico prodotto attraverso sintesi chimica proprio dalla pirite veniva utilizzato nella produzione di esplosivi come la nitroglicerina o la polvere nera. Tra le due guerre ci fu un’avvicendarsi di ditte e imprese che comprarono o presero in gestione la miniera, con scarso successo; questo fino al 1924 quando il colosso della chimica italiana approdò sulle sponde del lago. “Con la Montecatini cambiò il ritmo: per prima cosa industrializzarono il processo e poi ingrandirono la miniera”, come spiega Martinelli. “Sapevano come sfruttare il materiale proveniente dal nostra miniera” continua il presidente “che estraevano in abbondanza - fino a 5560 tonnellate al mese begli anni Cin-
quanta”. Tutto ciò significò anche una aumento dei dipendenti, che proprio in quegli anni arrivarono ad essere anche 600 o 700. Poi la crisi: nuove tecnologie e processi produttivi resero obsoleta la produzione di acido solforico dalla pirite. Inoltre la pirite sarda o spagnola, che si trova più in superficie, le diede il colpo di grazia: la miniera chiuse i battenti. Ma le sue tradizioni e memorie, il ricordo del lavoro del minatore, degli oggetti, degli strumenti non sono scivolate nell’oblio. “Con l’associazione ci impegniamo proprio in questo: tenere viva la memoria” spiega Carlo Martinelli. Innanzitutto con la riapertura della Galleria Leila, costruita proprio dalla Montecatini per migliorare le condizioni di trasporto e di lavoro del materiale. Oggi la miniera è visitabile in determinati periodi dell’anno e per alcuni tratti grazie al lavoro di Albatros, società che si occupa delle visite alla miniera. “Con loro c’è una buona sinergia, molta voglia di fare e passione” commenta soddisfatto il presidente dell’associazione.
Oltre ad animare la miniera, l’associazione capitanata da Martinelli, Adriano Campregher e Luciano Bassi porta la miniera e la sua storia fuori dalle umide gallerie, con laboratori ed iniziative dedicate a grandi e piccini. “Facciamo la ricerca dell’oro, la sugarina - la polvere che i nostri nonni usavano per asciu-
gare l’inchiostro - e coniamo monete”. Laboratori ai quali il pubblico partecipa entusiasta. “Quest’anno li abbiamo proposti con successo alla Notte Blu, alla manifestazione Il risveglio delle miniere, alle feste medievali a Pergine e ovviamente per la sagra di San Pietro e Paolo a Calceranica”
Esplorazione della miniera
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BENESSERE&SALUTE
IGIENE VISIVA
Rolando Zambelli è titolare dell’Ottica Valsugana con sede a Borgo Valsugana in Piazza Martiri della Resistenza. È Ottico, Optometrista e Contattologo.
di Rolando Zambelli
L
o stress visivo, in particolare per la visione da vicino, caratterizzato da mal di testa, affaticamento visivo, bruciore agli occhi, lacrimazione, può essere ridotto adottando un corretto comportamento visuo-posturale. In particolare la corretta distanza di lettura può essere determinata appoggiando il mento sulla mano chiusa a pugno e con il gomito appoggiato sul piano. Nella scrittura sono importanti una corretta impugnatura così come un’adeguata postura. Una posizione inadeguata porta ad un consumo elevato di risorse visive, gli occhi sono infatti costretti a convergere eccessivamente ed in modo asimmetrico. L'adattamento che ne consegue può provocare problemi sia di natura visiva che muscolo scheletrica. La presa della penna deve essere con tre dita a 2-3 cm dalla punta, in modo che possa essere vista senza movimenti del capo o del corpo. A tale scopo esistono matite o penne appositamente realizzate o specifici supporti triangolari di gomma (pencil grip ) Un ruolo fondamentale lo gioca una corretta illuminazione che deve provenire dall’alto in modo uniforme e dal lato opposto della mano che scrive. Il piano di lettura ideale dovrebbe essere
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inclinato di circa 20° per favorire una corretta posizione. Una prolungata attività visiva a distanza ravvicinata dovrebbe essere, a intervalli regolari, interrotta alzando lo sguardo per guardare a distanza e quando questo non fosse possibile, sollevano lo sguardo verso il soffitto. Sono da evitare tutte quelle posizioni che impediscono una normale visione binoculare, come leggere o guardare la tv distesi o su un fianco.
E’ possibile ridurre la sensazione di affaticamento dovuta ad intensa attività visiva a distanza ravvicinata utilizzando appropriate lenti oftalmiche o effettuando esercizi di visual training. In conclusione va ricordato che gli esseri umani non sono strutturati per una visione prolungata da vicino, i nostri occhi sono ancora quelli dei nostri antenati cacciatori, per i quali la sopravvivenza dipendeva più da una buona vista a distanza che da vicino.
NOVALEDO
“VIA PACIS”
È
stato uno spettacolo particolarmente emozionante quello proposto recentemente in piazza Municipio a Novaledo. Un appuntamento fortemente voluto dall’amministrazione comunale, in particolare dall’assessore alla cultura Lorenzo Angeli, in collaborazione con le varie associazioni del paese, il BIM e la Cassa Rurale dell’Alta Valsugana. Con un nutrito programma di esecuzioni durato circa due ore, il Via Pacis ha colpito le più di 300 persone presenti in piazza accanto a diversi sindaci della Valle ed altre autorità venute pure dai centri vicini. Il Via Pacis è un complesso di Riva del Garda che si compone di una settantina di persone e che si è formato, come recita il documento di costituzione, allo scopo di diffondere un messaggio di pace e fratellanza ed elevare un ringraziamento a Dio anche quando la vita offre non solo gioie ma anche dolori e sofferenze. Come ha affermato lo stesso assessore Angeli “la musica non ha età, non fa distinzioni né di colore né di razza, ma colpisce e travolge ognuno di noi indistintamente. L’associazione Via Pacis vuole essere l’associazione artistica che con i suoi concerti si propone di diffondere il tema della pace intesa soprattutto come
raggiungimento di uno stato interiore alla ricerca dei buoni rapporti con tutti. Ho voluto condividere con la mia gente queste sensazioni positive, ho voluto portare via Pacis qui a Novaledo per una serata che deve essere per tutti noi un momento di riflessione, un momento di gioia che viene dal cuore”. Sono stati protagonisti e fautori della serata, Maria Rita Cazzaniga e Gigi Pepè. Per questo atteso appuntamento hanno lavorato sodo le principali associazioni del paese ad iniziare dai Vigili del fuoco per la costruzione del palco, la Maffei Service per le luci, gli Alpini e la Polisportiva per l’arredamento della piazza e la Elettra sas. (M.P.)
GLI ALPINI IN FESTA
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li Alpini di Novaledo e di Olle hanno organizzato anche quest’anno a la festa sul monte Zoparina per ricordare i Caduti della Prima Guerra Mondiale in valle di Sella. Prima di passare alla sommità del monte, una cerimonia a cura degli Alpini di Olle si è svolta presso il piccolo cimitero
OLLE E NOVALE DO
realizzato nel 2009 dagli Alpini di Olle nello stesso luogo dove furono provvisoriamente sepolti i Caduti prima di essere portati nell’Ossario di Redipuglia. Qui è stata deposta una corona d’alloro alla presenza di autorità, tanti semplici cittadini e rappresentanti di varie associazioni d’arma e combattentistiche della Bassa Valsugana, presenti con i loro gagliardetti. Parole di mesto ricordo sono venute dal capogruppo ANA di Olle Danilo Ferronato, dal sindaco di Borgo Fabio Dalledonne e dall’assessore comunale Rinaldo Stroppa. Poi, sulla sommità del monte nel territorio di Novaledo, il parroco don Paolo Ferrari ha celebrato una S. Messa seguita dai vari interventi delle autorità: il capogruppo Domenico Frare, il sindaco di Novaledo Diego Margon e l’assessore Lorenzo Angeli. Particolarmente commovente è stata la rievocazione storica del giornalista Giulio Vaccarini che ha ricordato i drammatici ultimi momenti di vita di quei circa 200 soldati che nel 1916 perirono su quell’altura tra le fiamme del bosco infuocato. A mezzogiorno gli Alpini di Novaledo hanno servito a tutte le circa 200 persone intervenute, un piatto di pasta, vino, e tanti dolci casalinghi. (M.P.)
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CAMPIONI PROVINCIALI I
n chiusura di stagione è arrivato un altra affermazione per l’Alta Valsugana Volley che ha conquistato il titolo provinciale con l’Under 13 femminile, che dopo un brillante campionato, ha conquistato il grande risultato vincendo le finali, prima imponendosi in semifinale sui Solteri 21 e poi aggiudicandosi alla grande la finalissima sconfiggendo la Pallavolo Rovereto 2-0. Questa la rosa della squadra di campionesse allenata da Lorenzo Visintainer con Giulia Garollo e Ivan Pasquali, dirigente Pierluigi Taliercio: Sofia Anesin, Martina Bortolamedi, Nadia Bortolotti, Lisa Bortolotti, Nicole De Martin Pinter, Valance Dorigoni, Linda Facchinelli, Maddalena Margoni, Francesca Orlando, Giorgia Pedron, Giulia Massignan, Beatrice Osler, Donya Pezeshkpour, Angela Taliercio, Anna Toller, Irene Tomaselli, Denis Bampi,
Elisa Franceschi. Miglior giocatrice delle finali è stata proclamata Francesca Orlando.
IN RICORDO DEI CADUTI
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nche quest’anno l’Associazione Nazionale Marinai d’Italia - Sezione di Levico Terme, ha rievocato a Quaere di Levico il sacrificio dei cinque marinai del Battaglione S. Marco, che perirono tragicamente nell'ormai lontano 23 luglio 1954, in seguito allo scoppio improvviso ed inaspettato di un mortaio. La cerimonia è iniziata con l’alza bandiera e la deposizione di una corona d’alloro al cippo che li ricorda offerta del locale Circolo Sottufficiali del Soggiorno Montano della Marina Militare, accompagnata dal direttore LGT Fernando Schifano e dal Vice presidente del Gruppo Ivano Fongarolli. E’ seguito un momento religioso officiato da don Luigi Roat ed una rievocazione storica dei fatti da parte del presidente del Circolo Marinai di Levico Terme, capitano Enzo Polignano. Presenti alla cerimonia diversi rappresentanti di associazioni
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La squadra ha poi partecipato al torneo nazionale di Cesenatico. (G.F.)
QUAERE DI LEVIC O
combattentistiche e d’arma con i loro gagliardetti venute anche da fuori provincia, alcuni commilitoni presenti all’epoca dei fatti e sfuggiti miracolosamente alla morte, il vicesindaco di Levico Terme Laura Fraizingher ed altre autorità. (M.P.)
Paolo, tanti cari auguri
e buon compleanno N
ella vita di ogni individuo, donna o uomo che sia, ci sono date, fatti, avvenimenti e ricorrenze che certamente meritano di essere conservati nel cassetto dei ricordi più belli. Momenti vissuti con la persona amata, con familiari, parenti e amici dove le parole amore, affetto e amicizia sono indiscutibilmente gli elementi portanti. Ed è certamente quello che ha fatto il “nostro” Paolo, un carissimo amico che ha voluto festeggiare il suo 50esimo compleanno circondandosi appunto da quelle persone che ancora oggi, anche a distanza di anni, fanno parte della sua quotidianità e che in essi è presente almeno una di quelle parole prima citate. Una riunione gioiosa e allegra festa del “mezzo secolo” dove l'atmosfera è stata caratterizzata da particolare voglia di essere tutti uniti all'amico con il quale si è vissuto e magari condiviso gioie, tristezze e qualche volta anche dolori. Sentimenti questi che si provano solo e solamente con gli affetti più Paolo con Mamma Giusy cari, con i familiari o con i veri amici. Una ricorrenza importante, quella dei 50 anni, che Paolo ha voluto condividere con tutta la famiglia, i parenti e i conoscenti, di ieri e di oggi. Soprattutto però ha voluto e desiderato condividerla con tre suoi coetanei che con lui hanno trascorso e vissuto il passare del tempo. Con Michela, una vera amica come poche; con Luca, grande amico e una vecchia conoscenza da oltre 43 anni; con Marco suo compagno di oggi e della scuola elementare di ieri. Parafrasando quella vecchia canzone di Gino Paoli “ Quattro amici al bar” possiamo affermare, e senza tema di smentita che non solo i tre di ieri, ma anche gli amici di oggi hanno voluto essere presenti alla festa di Paolo per significargli che l'affetto legato all’amicizia, quella vera, non ha mai tempo e mai si affievolisce perchè questo sentimento con il tempo sempre di più da sinistra Luca, Paolo, Marco e Michela si cementa per diventare un legame che non raramente continua anche oltre la vita. • FORNITURA E POSA LAVORATI IN MARMO E GRANITO • PER L’EDILIZIA • PER L’ARREDO URBANO • PAVIMENTAZIONI • L’ARTE FUNERARIA
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o d n a l l e r e h c o i G
A gioco risolto, leggendo di seguito le lettere nelle caselle a sfondo colorato, si otterrà il nome di un'uva molto usata per produrre spumanti e champagne. ORIZZONTALI: 1. Riserva naturale sul Becco di Filadonna, sopra Besenello - 2. Un numero sulla busta - 3. Ha ospitato le Olimpiadi 2016 - 13. Un biotopo alle porte di Levico Terme 15. La squadra di calcio in cui ha militato a lungo Pelé - 17. Un forte distillato - 18. Arezzo - 19. Un titolo per Deputati (abbr.) - 20. Il Quay parigino sede del Ministero degli Esteri francese - 21. La quarta nota - 23. Un bisonte... sulla strada - 24. Salerno - 25. Costruzioni edificate sui monti attorno a Trento a difesa della città nella I° guerra mondiale - 27. Zona universitaria sopra Trento - 29. Un lampione... senza pari! - 30. Casa automobilistica italiana attiva dal 1947 al 1967 nel settore delle corse - 33. Un frequentatore del campo G. Caproni a Trento 36. Altura di Borgo V. sulle cui pendici sorge Castel Telvana - 38. Sono dieci in un ettolitro 39. Spesso è costituito solo da monetine - 41. Inventò la lampadina - 43. 499 romani - 45. Bagna Monaco di Baviera - 47. Famoso ciclista toscano degli anni '50 - '60 vincitore di un Giro d'Italia e di un Tour de France - 52. Un antico parente - 53. Nelle solennità suona nella Chiesa del SS. Redentore a Levico Terme. VERTICALI: 2. Le parti ossee delle teste - 3. Fiume francese affluente del Rodano - 4. Famoso, conosciuto - 5. Una cascatella fra i monti difronte a Borgo V. - 6. Pordenone - 7. Il nome del cantante americano Pop - 8. Esclamazione di dolore - 9. La Pesaro di Venezia - 10. Vasto spiazzo della cascina - 11. La più popolosa città della Valsugana - 14. Il ricrescere... detto dei capelli - 15. Quello dei Beatles era giallo - 16. Un terrore trentino ghiotto di miele! - 22. Ben proporzionato - 26. Una distanza come quella … di un sasso! - 27. La famosa Sonata per pianoforte n. 8 di Beethoven - 28. Recinto per capre e pecore - 31. A fine corso 32. Classica tenda da campeggio… senza pari - 34. Ossicino sotto la lingua - 35. Tuttaltro che bassi - 37. Un famoso Umberto scrittore - 40. Oriundo brasiliano della Nazionale di calcio italiana - 42. Precede S. Rocco e S. Felice nel nome di due località tra Lavis e S. Michele all'Adige - 44. Si citano con gli altri - 46. Nomade, zigano - 48. In mezzo al sangue - 49. Lo è chi non è out - 50. Isernia - 51. Nota del diapason.
Cristini io iz r u a M a cura di
Leggendo di seguito le lettere nelle caselle a sfondo rosso, si otterrà il nome di un facile e famoso percorso escursionistino nel Lagorai trentino. ORIZZONTALI: 1. Errore scritto o verbale - 6. Caserta - 7. Un codice bancario - 10. La città della pizza... senza oli! - 11. Il nome del Rag.. Fantozzi - 13. Ne contiene molti l'acqua termale di Levico - 14. Quella a Dario Fo era sul numero di febbraio 2016 di Valsugana News - 17. Il sottoscritto - 18. Il più famoso socialista faentino - 19. Capitale greca - 21. Un formaggio come il Parmigiano Reggiano - 24. Rieti - 25. I più alti monti del Sud America - 26. Sigla del sodio - 27. Il Po... dalla foce alla sorgente! - 28. Lo sono i campi pronti per la semina - 30. La sua foglia è sulla bandiera canadese - 31. Il figlio di Ulisse - 35. Difetti, irregolarità - 38. Il 31 gennaio 2016 è stata disputata la sua 43-esima edizione sulle nevi trentine - 41. Più che uniche - 42. Lo zio di “I want you” - 43. Cantava “Heidi” (iniz.) - 44. C'è la Riparia e la Baltea - 45. Pericolosa affezione del sistema circolatorio venoso/arterioso - 48. Elegante giacca maschile - 49. La band dei fratelli Gallagher. VERTICALI: 2. Rendere scuro passando la matita - 3. Varietà di riso originario della Thailandia ideale per le cotture al forno - 4. Lo sono le galline prima di essere strinate al fuoco - 5. Sigla per moderni fuoristrada - 6. Non avendo sbocchi al mare, il Trentino ne è privo - 7. Sigla di Cagliari - 8. Ai lati dell'aereo - 9. Quello di Santa Giuliana (Levico Terme) è denominato “Inghiaie” - 12. Grossi orci per conservare l'olio - 13. Un piccolo lago fra gli abitati di Civezzano ed Albiano in provincia di Trento - 14. Non dimostrano mai riconoscenza per quanto avuto - 15. Fare riprendere i sensi - 16. Località in posizione panoramica fra i laghi di Levico e Caldonazzo - 20. Esercito Italiano - 22. Sigla per motori Turbo Diesel - 23. Abitanti di Oslo - 29. Allacciatura per montgomery - 32. Panca... senza bordi! - 33. Con i scritto sinteticamente - 34. La terza cavità dello stomaco dei Ruminanti - 36. Il Forte nella cui battaglia morì Davy Crockett - 37. Dentro - 39. Forte distillato orientale simile al Pastis - 40. La sigla dei donatori di sangue - 41. Zingari - 44. Vecchia sigla del PD - 45. La targa di Strigno - 46. Sono diverse nel rogo - 47. L'osmio del chimico.
STORIA DEI PIU' DIFFUSI GIOCHI ENIGMISTICI CAMBIO: E’ forse il più comune, semplice e diffuso gioco enigmistico. Le tipologie più comuni e diffuse sono: Cambio di consonante: creazione di una seconda parola che si ottiene cambiando una consonante della prima parola con altra consonante (capello, casello); Cambio di estremi: creazione di una seconda parola che si ottiene cambiando le lettere iniziali e finali della prima parola (f-alc-e, p-alc-o); Cambio di finale: creazione di una seconda parola che si ottiene cambiando la lettera finale della prima parola (cont-o, cont-e); Cambio di genere: creazione di una seconda parola che si ottiene passando la prima parola dal “genere maschile al femminile” o viceversa (bor-o, bor-a; o trent-a, Trent-o); Cambio di iniziale: creazione di una seconda parola che si ottiene cambiando la lettera iniziale della prima parola (r-icco, p-icco); Cambio di lettera: creazione di una seconda parola che si ottiene cambiando una consonante della prima parola con una vocale (o viceversa) (stola, suola; o piane, pinne); Cambio di vocale: creazione di una seconda parola che si ottiene cambiando una vocale della prima parola con altra vocale (posta, pasta);
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