5 minute read

Conosciamo le aziende: Lattebusche

Next Article
Economia & Finanza

Economia & Finanza

Conosciamo le aziende di Armando Munaò

Lattebusche fonte di vita Dalla nascita al Bar Bianco

Advertisement

Era il 1962 quando Federico Fellini diresse l’episodio “Le tentazioni del signor Antonio” nel film Boccaccio Settanta. I diversamente giovani ricordano certamente Anita Ekberg, procace attrice svedese, provocare il povero Antonio e promuovere indirettamente il latte. Diceva la canzoncina, con musiche di Nino Rota: “Bevete più latte, il latte fa bene, il latte conviene a tutte le età.....” A Busche, in provincia di Belluno, ai piedi del Parco delle Dolomiti Bellunesi, alla Latteria Sociale Cooperativa della Vallata Feltrina di Cesiomaggiore(nata nel 1954 su iniziativa di 36 soci), già conoscevano il valore del latte, che raccoglievano e lavoravano. Da quella positiva esperienza nasce Lattebusche, il cui primo presidente è stato Mario Domenico Turrin (oggi è Augusto Guerriero). Attualmente Lattebusche opera in sei unità produttive localizzate nel Veneto: Busche (BL), Chioggia (VE), Sandrigo (VI), San Pietro in Gù (PD), Camazzole (PD) e Padola (BL).I punti vendita denominati “Bar Bianco” sono visitati da oltre 1 milioni di clienti l’anno. Trecento gli addetti e 6stabilimenti. Gode di ottima salute. Ne parliamo con il dott. Antonio Bortoli, che da 46 anni (con 3 presidenti) è direttore di Lattebusche. Direttore, dal 1954 Lattebusche ha fatto decisamente una inarrestabile crescita quantitativa e qualitativa. A Suo avviso quali sono stati gli elementi propulsivi che hanno determinato questa evoluzione? Quando questa struttura, soprattutto a metà degli anni settanta ha incominciato a crescere poteva farlo solamente in due modi: qualità e innovazione. Intanto essendo piccolissima non poteva pensare a economie di scala e quindi alle grandi quantità. Noi siamo stati la prima azienda in Italia a pagare il latte ai produttori in base alla qualità con parametri ben definiti. Di poi l’innovazione: i colori, per esempio, con i quali abbiamo contraddistinto alcuni nostri prodotti, la trasformazione del marchio aziendale, nel 1980 l’azzurro e il viola nel latte sino a quel momento era impensabile. E saranno questi due colori che caratterizzeranno la storia di Lattebusche. Tornando all’innovazione mi preme sottolineare che ha coinvolto tutta la movimentazione interna all’azienda, negli impianti, nella tecnologia, nella volontà di fare acquisizioni. Con il passare degli anni abbiamo fatto 23 fusioni e incorporazioni, ma sempre mantenendo il marchio Lattebusche e per

uscire dai nostri confini abbiamo comprato un’azienda privata, il Latte Monte di Montebelluna. Allora avevamo cominciato con una piccola produzione arrivando poi con prodotti innovativi, quali il gelato, prodotti DOP come il grana, l’asiago, il montasio e così via. A suo parere quanto sono importanti la formazione del personale e la competenza specifica per ottenere un prodotto di ottima qualità e gusto? La formazione e la competenza a volte sono sinonimo di operare non solo nella conoscenza del proprio mestiere, ma anche nella tradizione del luogo dove l’azienda s’insedia. Mi ricordo che in nostro primo casaro era del Comelico e aveva la vera concezione della produzione casearia di montagna e poi, insieme con mio padre che proveniva da altra zona, hanno messo assieme le due esperienze e sono riusciti a fare un formaggio assolutamente innovativo con le caratteristiche di sapore e gusto come possono essere altri stagionati, ma senza il piccante. E quindi veramente appetibile. Direttore, si sta riferendo al prodotto della tradizione bellunese? Sì. Mi riferisco al Piave DOP. E’ un prodotto che da 10 anni, ha ottenuto la DOP a livello comunitario, anche se questo formaggio è nato a metà degli anni ‘60 tant’è che alla fine di quegli anni veniva esportato in Svizzera dove vivevano i nostri emigranti: il formaggio era caratterizzato da un cappello di alpino stilizzato e dal colore rosso. Prodotto, territorio-ambiente quale relazione con Lattebusche? Per quanto riguarda il discorso ambientale, mi permetta di sottolineare, che siamo la prima azienda in Italia nel settore lattiero-caseario a farsi certificare con l’ISO 14.000 quindi con norme più stringenti della normativa vigente che riguardano l’ambiente, ovvero emettendo e scaricando di meno e utilizzando fonti rinnovabili. Ed è anche per questo che non solo siamo sempre alla ricerca di soluzioni e innovazioni tecnologiche e gestionali utili a migliorare i processi produttivi, ma anche di ottimizzare i nostri consumi per preservare e mantenere l’ambiente naturale che ci circonda. Di poi, essendo noi parte di questo territorio, siamo concretamente impegnati a supportare iniziative sportive, culturali, di solidarietà e volontariato che promuovano una crescita comune. Lattebusche raccoglie giornalmente il latte che utilizza poi per la produzione dei vari prodotti? Sì è vero. Noi utilizziamo esclusivamente il latte dei nostri soci (circa 400 per la cronaca) perché abbiamo creato delle filiere tutte protette e certificate che nello specifico riguardano il latte alta qualità, il distretto del biologico, il disciplinare del formaggio Piave, Asiago, del Grana Padano e del Montasio. E tutto il latte fresco viene lavorato vicino all’azienda agricola di raccolta osservando tutti i parametri chimico-fisici e igenico-sanitari di legge. Gli ultimi studi economici dicono che il Covid ha penalizzato circa il 90% delle aziende nei diversi settori. Lattebusche come ha vissuto questo periodo? In maniera traumatica, sia sotto l’aspetto emotivo e sia sotto quello economico. Noi ci siamo sentiti una grossa responsabilità essendo produttori di alimenti. Prima che venissero certe imposizioni governative abbiamo in pratica sigillato gli stabilimenti, mantenendo la manutenzione degli impianti e la vendita nel rispetto delle norme. Lattebusche cosa ha nel suo futuro? Noi siamo cresciuti facendo delle acquisizioni e quindi, nella nostra logica aziendale, crediamo molto nelle fusioni o collaborazioni, magari con strutture più grosse, ma sempre nel rispetto delle piccola realtà produttive. Che sono i nostri soci e cioè la nostra proprietà: perché la cooperativa è loro e va gestita nel loro interesse. (P.R.)

Nel 1960 la Latteria Sociale Cooperativa della Vallata Feltrina produce un formaggio tipico della tradizione bellunese che identifica con il marchio “Piave e nel 1969 apre il suo primo punto vendita “Bar Bianco”. Nel 1980 nasce il marchio “Lattebusche” che oggi è conosciuta per la produzione di formaggi tipici veneti, in particolare per il formaggio bellunese Piave DOP. A oggi Lattebusche può contare su 380 soci conferenti, 6 unità produttive ed 11 punti vendita. Si stima che le produzioni di formaggi DOP assorbano l’80% del latte raccolto presso i soci. Lattebusche risulta, inoltre, il principale produttore di formaggio con circa 350 mila forme all’anno, il primo produttore di Grana Padano del Veneto con il 44,5% e la seconda azienda di tutto il Triveneto per quota di mercato in termini di latte raccolto.

This article is from: