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I disturbi alimentari: anoressia e bulimia
I disturbi alimentari di Erica Zanghellini
ANORESSIA e BULIMIA
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Sempre di più nella nostra società dobbiamo fare i conti con una specifica categoria di disturbi, che possono arrivare ad annientare la persona dominandone completamente la vita. Sto parlando dei disturbi alimentari, che anche forse per il fatto che la nostra società sempre di più si basa sull’immagine purtroppo aumentano esponenzialmente. I dati della ricerca ci rimandano anche, che sempre di più vengono coinvolti persone di sesso maschile e che l’età di insorgenza si è abbassata fino ai bambini-preadolescenti.
Tra questa categoria diagnostica, due sono i disturbi alimentari che più sembrano essere predominanti ovvero l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa. Per quanto riguarda l’anoressia nervosa si caratterizza come una difficoltà a introdurre nel proprio corpo sufficienti calorie per il proprio benessere psico-fisico. Questo a sua volta determinerà un peso significativamente inferiore ritenuto idoneo per età e altezza ovvero gli esperti del settore calcolano un indice di massa corporea e in base al numero ottenuto riescono a stimare il sottopeso. Nel caso dei bambini si usa un altro riferimento ma, che comunque alla base risulta essere paragonabile, ovvero il peso deve essere minore del 5° percentile per prendere in considerazione una diagnosi di disturbo alimentare. La persona mangia poco o digiuna anche per molto tempo, a causa di una paura intensa di aumentare di peso o di diventare grassi e vi è una alterazione del modo in cui viene vissuto dall’individuo il peso o la forma del corpo. Il proprio aspetto fisico influenza tutto, dall’autostima alle relazioni per esempio. Ma soprattutto, la persona non riconosce la gravità della sua condizione fisica e psicologica. Se invece parliamo di bulimia, la persona si ritrova a far i conti con episodi ricorrenti di abbuffate che si caratterizzano in: mangiare in un determinato periodo di tempo per esempio un ora, una quantità di cibo significativamente maggiore a quella che la maggior parte delle persone nelle stesse circostanze avrebbero ingerito. Un’ulteriore cosa che caratterizza le abbuffate è proprio la perdita di controllo, cioè l’individuo ha la sensazione di non riuscire a fermarsi o gestire almeno le scelte del cibo da mangiare. Logicamente, la persona, viste le ingenti quantità di calorie introdotte per paura di aumentare di peso metterà in atto ricorrenti e inappropriate condotte compensatorie per cercare di evitare o almeno attutire l’aumento di esso. Anche in questo caso i livelli di autostima sono indebitamente collegati al proprio peso e alla forma del corpo. Le abbuffate non devono avvenire esclusivamente in episodi di anoressia nervosa. Dico questo perché spesso ci sono dei comportamenti o delle sfaccettature di questi disturbi che si intrecciano e che per un clinico fanno differenza, più che altro per poi impostare un adeguato progetto di sostegno e guarigione della persona che incontra a livello lavorativo. Un’altra cosa che tengo a precisare è che non si deve fermarsi all’apparenza e giudicare magari impropriamente. I DCA ovvero disturbi del comportamento alimentare come accennavo prima sono sempre più diffusi, non dobbiamo abbassare la guardia e spesso chi per primo ovvero le persone che ne soffrono dovrebbero essere pronte a reagire sono talmente immerse nella malattia che non riescono a preoccuparsi degli enormi rischi che comportano. Questi disturbi hanno
una sintomatologia del corpo ma, alla base c’è una sintomatologia a livello psichico per cui aumentare o diminuire di peso non sono per forza indicativi di una guarigione. Basta pensare alla bulimia, da fuori sono persone normopeso o al massimo un po’ in sovrappeso, ma a livello mentale sono nel pieno della malattia, sono persone che tendono al perfezionismo, hanno difficoltà a gestire le emozioni negative e il meccanismo di regolazione della fame sovente e alterato tanto per fare qualche esempio. Così come ci possono essere persone che soffrono di anoressia estremamente ancora in sottopeso, ma che a livello mentale invece ce la stanno facendo. Non fermiamoci all’apparenza. Il corpo è la trasposizione di quello che c’è dentro di noi, è da li che bisogna partire, capire cosa ha scatenato tale disturbo ma, soprattutto capire i fattori che hanno creato terreno fertile in cui ha poi preso campo il DCA. Andiamo a lavorare sulle origini, uscire dal disturbo si può. Non per forza dovrà essere un disturbo cronico, certo rimarranno delle fragilità ma, piano piano si potranno riacquistare tutte le cose perdute, anche il semplice mangiare assieme a qualcuno senza sentirsi osservati, giudicati o in colpa. Proviamo a pensare a un passo alla volta e tanti passi faranno il percorso di guarigione.
Dott.ssa Erica Zanghellini Psicologa-Psicoterapeuta Riceve su appuntamento Tel- 3884828675