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I grandi artisti: Tiziano del Cadore
Grandi artisti di Waimer Perinelli
TIZIANO DEL CADORE
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Pieve di Cadore è un piccolo centro, di quasi 4 mila abitanti, in provincia di Belluno. Un paesello di montagna posto a 878 metri sul livello del mare, fra il Piave e i monti Antelao e Spalti di Toro. In ladino, la lingua locale, si dice Pìie ed è sede della Magnifica Comunità di Cadore. Non è poco ma nel contesto nazionale ed internazionale non sarebbe nulla se il caso o la fortuna non avesse fatto nascere in questo luogo Tiziano Vecellio un gigante della pittura del XVI secolo. Era il 1488, forse il 49, quando nella casa adiacente il palazzo dei nobili Vecellio, notai e guerrieri, una donna ampezzana diede alla luce
Tiziano che il padre Gregorio apprezzò ben presto per le precoci qualità artistiche, tanto è vero che con il fratello maggiore Francesco, lo mandò a bottega a Venezia da
Felice Bellini. Con Felice e successivamente con il fratello Giovanni , il pittore Tiziano ebbe un grande avviamento all'arte. In quella bottega lavorava anche Giorgio (Zorzi), detto
Giorgione, di otto anni più grande, (14771510) originario di Castelfranco Veneto, con il quale si instaurò una bella collaborazione, non priva di rivalità. I due giovani affrescarono assieme la facciata a mare del Palazzo sull'acqua del Fondaco dei Tedeschi, un'opera purtroppo andata quasi tutta perduta. La loro emulazione e competizione, ispirata da Giovanni Bellini, fu grande, tanto che solo pochi anni fa gli esperti hanno definitivamente attribuito a Tiziano il dipinto Concerto Campestre conteso per secoli dagli appassionati del trevisano Giorgione. La cosa più straordinaria è che per soggetto e tecnica questo capolavoro ci rimanda alla Colazione sull'erba di Manet un gigante dell'Impressionismo di fine 800. Ciò che colpisce maggiormente non è il soggetto bensì la tecnica con la quale Tiziano abbandona il disegno, tanto presente in Michelangelo, per scolpire scene e figure, luci e ombre, con l'uso del solo colore. Vittorio Sgarbi lo avvicina per questo in modo ardito, forse troppo, a Jackson
Pollok, maestro della action painting, per la immediatezza del gesto pittorico, un lancio di colore sulla tela. Siamo nel 1509 e l'anno successivo, l'amico e rivale Giorgione, colpito dalla peste, muore a Venezia. Nel 1513 Tiziano riceve offerte da Roma che egli rifiuta preferendo rimanere nella Serenissima. Nella Città dei Papi lavorano artisti grandiosi come Raffaello, Michelangelo, Leonardo....Tiziano sicuramente conosce questi artisti,
come ha visto l'opera di Mantegna e Verona e Mantova, ma guarda anche alla pittura tedesca del Durer. Philippe Daverio in una sua analisi ci invita a scoprire quante volte e come compare un piccolo cane nella pittura di Tiziano. Fra i tanti esempi colpisce il dipinto L'amore sacro e l'Amor profano realizzato nel 1515 e oggi visibile alla Galleria Borghese di
Roma. Un cagnetto lo troviamo anche nella venere di Urbino del 1538. Tiziano nel 1519 è a Ferrara, a Mantova nel 1523, a Urbino nel 1532. Poi, finalmente, nel 1545-1546 soggiorna a Roma dove regna l'ispiratore della flotta cristiana presente alla battaglia di Lepanto, papa Paolo III Farnese del quale eseguirà un ritratto bello e malizioso, ora conservato nel museo napoletano di Capodimonte. Nel 1548 dipinge il celebre ritratto dell'imperatore Carlo V a cavallo che da
solo giustificherebbe la sua grandezza. Fra tutte le sue opere, l'ultima Apollo e Marsia potrebbe essere testamento. Siamo nel 1576 a Venezia e questo dipinto raffigura il povero Marsia mentre viene scorticato vivo da Apollo con il quale ha perso una gara di virtuosismo artistico. Nell'opera c'è forse l'ispirazione alla uguale crudele sorte inflitta dai turchi a Marcantonio Bragadin comandante della fortezza di Famagosta nell'isola di Cipro.
Vittorio Sgarbi avanza l'ipotesi che Rembrant possa essere stato ispirato, nel 1634,da quest'opera nella realizzazione delle cruente scene della Lezione di anatomia del professor Tulp dove un bovino è appeso, scuoiato e sventrato. Tiziano è uomo intelligente e ricco di intuizioni psicologiche, come ci comunica il ritratto di Paolo III Farnese. Non manca perciò di autocritica, di sconcerto e curiosità davanti alla morte. Siamo nel 1576 e a Venezia infuria la peste. A 86 anni, forse qualcosa in più, sente prossima la fine
e quel Marsia, appeso e scarnificato, potrebbe essere proprio Tiziano che come la figura mitologica ha sfidato il dio, magari non ha vinto, ma grazie alla sua opera anche il pittore rimane eterno. Per questo forse nella piccola ma graziosa Pieve di Cadore potrebbe essere celebrato con maggiore entusiasmo.