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Intervista impossibile a Babbo Natale

L'intervista impossibile di Adelina Valcanover

BABBO NATALE

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Babbo Natale è una figura presente in molte culture che distribuisce i doni ai bambini, di solito la sera della vigilia di Natale. Babbo Natale è un elemento importante della tradizione natalizia della civiltà occidentale, oltre che in America Latina, in Giappone ed in altre parti dell'Asia orientale. Tutte le versioni del Babbo Natale moderno, chiamato Santa Claus nei paesi anglofoni, derivano principalmente dallo stesso personaggio storico: San Nicola, vescovo di Myra (oggi Demre, città situata nell'odierna Turchia), di cui per esempio si racconta che ritrovò e riportò in vita cinque fanciulli, rapiti ed uccisi da un oste, e che per questo era considerato il Protettore dei bimbi. L'appellativo Santa Claus deriva da Sinterklaas, nome olandese di San Nicola.

Oh-oh-oh, Oh-oh-oh Toh, un babbo natale! Ma certo, siamo ormai a dicembre. No, Adelina, non un babbo natale, ma IL BABBO NATALE! Un momento, prima di tutto babbo natale è una figura inventata di sana pianta e in questo periodo se ne vedono in giro a bizzeffe. Oh-oh-oh! Senti, senti la saputella! Io sono l’originale. Da brava, guardami, e cerca di ricordare. Io sono Babbo Natale, dovresti riconoscermi. Non si offenda caro signore, ma per mettersi un vestito rosso bordato di pelliccetta bianca… insomma un travestimento facile, non significa nulla, insomma come si dice: l’abito non fa il monaco. Oh, che sorpresa! Ho trovato la scettica blu! E invece sono proprio io e sono qui per farmi intervistare da te. Non dirmi che rifiuti. Mah, non saprei. Sa intervistare Babbo Natale mi fa un po’ sorridere. Visto che ami citare proverbi eccotene servito uno che mi pare proprio adatto a te: Gente allegra il ciel l’aiuta. Suvvia, animo! Sono sicuro che se ti impegni ce la puoi fare. Certo, certo, se mi impegno ricevo il regalo? Ma io non ho scritto la famosa letterina. Mai scritta. Neanche a Santa Lucia. Lascia perdere la concorrenza, per ora. Parliamo di me. Anzi, so che di solito lo fai con tutti coloro che intervisti, diamoci pure del tu. D’accordo, chissà che non esca qualcosa di curioso. Comincio con una domanda semplice: da dove vieni? Ho tre siti ufficiali, uno a Rovaniemi in Finlandia, che si trova nel Circolo polare; a Tomteland in Svezia e a Drøbak sul fiordo di Oslo. Però basta scrivere a: Babbo Natale, Polo Nord e le poste di tutto il mondo inoltrano. Poi ce ne sono altri naturalmente; anche Santa Claus… Ma da noi Santa Claus è il 6 dicembre! Qui le date non collimano. Sta buonina, cara. Mi hanno identificato con lui, ma io poi sono diventato io, come dire. Insomma non confondiamoci. Lo sapevi che nel Medioevo la settimana fra Natale e Capodanno era dedicata alle “feste dei folli”. Da lì sono nate molte tradizioni, come quelle della Stella, per esempio, per ricordare la nascita del Salvatore. Insomma per dirtela in breve questa festa si evolve in vari modi e non solo religiosi. Mi pare che tu abbia molte provenienze e patrie. E che, ora come ora, sei passato attraverso molte sovrapposizioni di personaggi. Su questo hai ragione, per essere una che non si interessa di me ne sai parecchio. Oh-oh-oh! Sì, dai genietti dei miti nordici a un paio di santi cristiani… Ma è logico benedetta Adelina! Del resto io ho antenati in tutta la Scandinavia! Parlami di questi antenati, sono proprio

L'intervista impossibile

curiosa. I tomten (Svezia) i nissen (Norvegia) e Joulupukki (Finlandia) per esempio i primi sono folletti della mitologia vichinga che tradizionalmente vivono sotto le abitazioni degli umani e si nutrono dei loro avanzi. Lo sapevi che nelle campagne dei Paesi scandinavi, ogni giovedì sera i bambini mettono fuori dalla porta i resti della cena? E i folletti in inverno ricambiano la cortesia portando loro dei regali? Che idea simpatica! E Joulopukki? Raccontami. Naturalmente porta doni anche lei, secondo un’antichissima leggenda lappone vivrebbe in un posto particolare un altura, chiamata Korvatunturi, un’altura a forma di orecchio, vicinissima al confine russo. Ah, dimenticavo, è una capra. Ma i portatori di doni che ti hanno preceduto della tradizione cristiana? San Basilio, di provenienza slava e san Nicola del mondo germanico. Va detto però che il primo non girava per le case a Natale, ma a Capodanno e ancora adesso il secondo porta doni il 6 dicembre, e gira vestito da vescovo... Infatti quel santo, in vita, era il vescovo di Mira in Turchia… Da brava, non interrompermi, che se poi perdo il filo non posso dirti tutto quanto. Dicevo che gira vestito da vescovo accompagnato in compagnia di un diavolo (Krampus). Ovviamente come puoi ben capire sono figure ben diverse dei folletti e la capra nordici. Va bene, ma dimmi, dove è nato veramente quello che definiamo adesso Babbo Natale? In America a inizio 800, pensa che una traccia certa si trova in una poesia pubblicata un giornale (Sentinel) dedicata a Santa Claus che somigliava molto a un nissen e che viaggiava su una slitta tirata da renne. Ti viene in mente qualcosa? Ma il tuo costume rosso? Da dove viene? Ferma lì, fammi spiegare… bambina! Dunque dicevo, nel 1875, una pittrice svedese, dipinse delle cartoline augurali con le immagini di un Babbo Natale moderno, ma vestito di verde! Oh-oh-oh! Stavolta lo dico io, ma quello rosso? Non darmi la baia e ascolta. Fu nel 1930 opera di un illustratore americano, a codificare il costume così come mi vedi. Rosso, perché il committente del ‘ritratto’ era la Coca-Cola e usò i colori delle lattine che conteneva la bibita. A dirtela tutta, a me piace moltissimo. Adoro il rosso! Pure io! Naturalmente evidentemente piace un po’ a tutti. Hanno scritto, fatto film con te come protagonista, ma anche la politica… Ah, so a cosa ti riferisci. Nei paesi ex comunisti come a Russia hanno contrapposto la figura di Ded Morož (Nonno Gelo), in realtà sono poi sempre io… Comunque la tradizione di portare doni ai bambini è bellissima e poetica, che siano figure di santi, come S. Basilio, S. Martino, (sì anche lui), S, Lucia, o come altre entità come i morti, (Sicilia), la Befana… Trovo sia un particolare modo di coccolare i bambini creando un’atmosfera di attesa diversa dalle solite. Hai ragione, ma io ho avuto qualche delusione da bimba. E con me tanti altri. Comunque ti ringrazio per aver raccontato tanto di te. Posso capire quello che vuoi dire, ma in fondo anche questo fa crescere, non credi? Ad ogni modo auguro tante belle cose a te e a tutti i lettori di Valsugana news, e che conservino sempre dentro di sé una speranza di futuro pacifico e prospero.

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Ring delle Dolomiti di Laura Mansini

IN TRENO FRA LE VETTE INNEVATE

Guai se non ci fossero i sogni non ci sarebbe futuro perché il futuro è fatto dai sognatori. Il Ring delle dolomiti è il grande sogno che unisce Bolzano, Belluno e Trento di cui si discute fra gli industriali delle tre province in attesa dei giochi olimpici invernali del 2026. Si parla di ferrovie e binari contro lo smog e a vantaggio dell'ambiente del turismo. Il primo sogno è l'aggiunta di 90 chilometri di binari ai 280 esistenti con cui si collegherebbe Dobbiaco a Calalzo di Cadore passando per Cortina d'Ampezzo e poi Feltre, Primolano, la Valsugana fino a Trento. Un circuito ferroviario che ripristinerebbe la centenaria ferrovia Dobbiaco Calalzo. A volte il nuovo è solo la riedizione di qualcosa che già c'era, ma bisogna ammettere che qualcuno ha sbagliato. Dobbiaco e Calalzo erano infatti state unite dalla ferrovia fin dal 1915 quando l'esercito austriaco doveva portare armi e soldati sul fronte dell'Isonzo. La Ferrovia delle Dolomiti era lunga 65,379 chilometri con binari a scartamento ridotto. Finita la guerra la ferrovia venne potenziata e funzionò con alti e bassi economici fino al 1964 quando i binari lasciarono spazio all'asfalto. Nel 1929 era stata perfino elettrificata realizzando il sogno odierno, ma già stantio, per la Valsugana. Il secondo è il Sogno dei sogni, ancora un collegamento ferroviario di 83 chilometri con cui collegare Bolzano a Cortina, attraverso 20 chilometri in galleria, passando da Ortisei e la ferrovia della valle dell'Avisio che da Trento porta a Canazei, passando da Cavalese, con 87 chilometri di tracciato di cui 37 in galleria. Ve lo ricordate? anche questa c'era già. Tutto già visto: tutti tracciati già costruiti all'inizio del 900 e poi dismessi. Quello che da 70 anni alcuni si ostinano a sognare è di approfittare del tracciato per Cavalese per liberare la ferrovia della Valsugana dalle gallerie di Povo, dove oggi s'infrangono i sogni di potenziamento perché tra curve e pareti s'incaglierebbero i pesanti locomotori elettrici. La soluzione potrebbe essere quella di portare i binari elettrificati fino a Civezzano e da qui proseguire per Levico, Borgo......Venezia. L'attuale tracciato ferroviario resterebbe di tipo turistico e servizio per le scuole e lavoratori attorno al lago di Caldonazzo. Già che si sogna parliamo anche di turismo. C'è il Sogno di Avia Nova... Una funivia da Levico- Caldonazzo fino a Luserna alleggerendo il traffico stradale e poi una ferrovia che dal comune cimbro trasporti turisti e lavoratori fino a Folgaria, Lavarone... Asiago. Il modello, senza scomodare la Svizzera, potrebbe essere quello del Renon sopra Bolzano. Certo qualcuno i soldi deve pur metterceli e non solo l'ente pubblico che piange ma continua a finanziare rattoppi.

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