Valsugana News n. 8/2018 Ottobre

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OTTOBRE 2018 SPECIALE ELEZIONI -

IL SOMMARIO

Punto e a capo •••••••••••••••••••••••••• pag. La Georgia •••••••••••••••••••••••••••••• pag. Alcol e minori •••••••••••••••••••••••••••• pag. Gli horror game •••••••••••••••••••••••••• pag. La terza onda •••••••••••••••••••••••••••• pag. GRUPPO NORD PETROLI•••••••••••••••••••• pag. Luci e ombre del legno •••••••••••••••••••• pag. L’avventura SAT è iniziata •••••••••••••••••• pag. L’uomo è cacciatore ma la caccia è femmina •• pag. L’intervista impossibile: Giambattista Basile •••• pag. Chi sono i Krumer •••••••••••••••••••••••• pag. Ieri avvenne: Balvano •••••••••••••••••••••• pag. Le cronache •••••••••••••••••••••••••••••• pag. Santi Ippolito e Cassiano •••••••••••••••••• pag. Le cronache •••••••••••••••••••••••••••••• pag. Il libro di Sergio Muraro •••••••••••••••••••• pag. Altroconsumo risponde •••••••••••••••••••• pag. Don Giuseppe Grazioli •••••••••••••••••••• pag. La guerra rustica •••••••••••••••••••••••••• pag. AGRARIA TRENTINA: le offerte •••••••••••••• pag. Le cronache •••••••••••••••••••••••••••••• pag. Il Vecchio e l'antico •••••••••••••••••••••••• pag. Le miniere preistoriche •••••••••••••••••••• pag. I laghi del perginese •••••••••••••••••••••• pag. Grigno: porte aperte all’APSP •••••••••••••• pag. Le cronache •••••••••••••••••••••••••••••• pag. Che tempo che fa •••••••••••••••••••••••• pag. Giocherellando •••••••••••••••••••••••••• pag.

7 9 13 15 16 44 49 51 52 54 57 59 60 62 65 67 69 71 73 74 76 77 78 80 81 83 84 86

19 ••••••••••••••• pag. Cosa sono le elezioni •• 20 g. pa •• •••••••••••• AGIRE: Claudio Cia •••• 21 g. pa rola ••••••••••• L’Autonomia non è una pa 22 une ••••••••••• pag. L’Autonomia, un bene com 23 Paccher •••••••• pag. LEGA NORD: Segnana e •• pag. 25 •• •• •• •• RI: Kaswalder •• LA PO PO STI MI NO TO AU ••• pag. 26 o L’ITALIA •••••••••• LE TRENTINE che hanno fatt •• pag. 27 •• onne •••••••••••••• CIVICA TRENTINA: Dalled •• pag. 28 •••••••••••••••••••• Alcide Degasperi •••••• • pag. 31 •••••••••••••••••••• •• pa op Str e pri Ca : IRE AG •• pag. 32 •••••••••••••••••••• Silvius Magnago •••••• • pag. 34 •• li •••••••••••••••••• CIVICA TRENTINA: Agno ••• pag. 35 di Trento •••••••••••• I presidenti della provincia •• pag. 36 •••••••••••••••••••• •• •• •• ati did can I A: LEG •••• pag. 37 di Bolzano •••••••••• I presidenti della Provincia •• pag. 38 •••••••••••••••••••• I presidenti della Regione •• pag. 39 •••••••••••••••••••• AGIRE: Fontanari e Resta • pag. 40 •••••••••••••••••••• •• •• •• •• •• r ssle Ke no Bru ••• pag. 42 i del Trentino •••••••••• Gli 11 candidati president • pag. 43 •••••••••••••••••••• UNIONE: Passamani •••• • pag. 46 •••••••••••••••••••• Enrico Pruner •••••••••• •• pag. 47 •••••••••••••••••••• Era mio Padre ••••••••

ANNO 4 - OTTOBRE 2018 DIRETTORE RESPONSABILE Armando Munaò - 333 2815103 direttore@valsugananews.com CONDIRETTORE Franco Zadra - franco.zadra@gmail.com VICEDIRETTORE Chiara Paoli - Elisa Corni COORDINAMENTO EDITORIALE Enrico Coser COLLABORATORI Waimer Perinelli - Roberto Paccher - Erica Zanghellini Francesco Cantarella - Francesca Gottardi Maurizio Cristini - Alice Rovati - Mario Pacher Laura Fratini - Sabrina Mottes - Patrizia Rapposelli Zeno Perinelli - Adelina Valcanover Giampaolo Rizzonelli - Silvia Tarter - Andrea Casna CONSULENZA MEDICO - SCIENTIFICA Dott.ssa Cinzia Sollazzo - Dott. Alfonso Piazza Dott. Giovanni Donghia - Dott. Marco Rigo EDITORE Grafiche Futura srl IMPAGINAZIONE, GRAFICA Grafiche Futura srl STAMPA Grafiche Futura srl Via della Cooperazione, 33 - Mattarello (TN) PER LA PUBBLICITÀ SU VALSUGANA NEWS info@valsugananews.com www.valsugananews.com info@valsugananews.com Registrazione del Tribunale di Trento: nr. 4 del 16/04/2015 - Tiratura n° 5.000 copie Distribuzione: tutti i Comuni della Alta e Bassa Valsugana, Tesino, Pinetano e Vigolana compresi COPYRIGHT - Tutti i diritti di stampa riservati Tutti i testi, articoli, interviste, fotografie, disegni e pubblicità, pubblicati nella pagine di VALSUGANA NEWS e sugli Speciali di VALSUGANA NEWS sono coperti da copyright GRAFICHE FUTURA srl e quindi, senza l’autorizzazione scritta del Direttore, del Direttore Responsabile o dell’Editore è vietata la riproduzione o la pubblicazione, sia parziale che totale, su qualsiasi supporto o forma. Gli inserzionisti che volessero usufruire delle loro inserzioni, per altri giornali o altre pubblicazioni, possono farlo richiedendo l’autorizzazione scritta all’Editore, Direttore Responsabile o Direttore. Quanto sopra specificato non riguarda gli inserzionisti che, utilizzando propri studi o agenzie grafiche, hanno prodotto in proprio e quindi fatta pervenire, a GRAFICHE FUTURA srl, le loro pubblicità, le loro immagini i loro testi o articoli. Per quanto sopra GRAFICHE FUTURA srl, si riserva il diritto di adire le vie legali per di tutelare, nelle opportune sedi, i propri interessi e la propria immagine.

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C apo

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Punto

LA DOMENICA ANDANDO ALLA MESSA a Cei, Conferenza episcopale italiana, esulta della quasi decisione del Governo di chiudere i centri commerciali la domenica. Si ricompatteranno le famiglie; i figli potranno andare a spasso con i genitori. Potranno approfittare così dei servizi di chi la domenica lavora, autoferrotranvieri, piloti, medici, infermieri, forze dell'ordine... giornalisti, evidentemente tutti lavoratori che non hanno figli.

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mai vista una stanza per la preghiera o un novello Savonarola. Della quasi decisione del governo sono perplessi anche i sindacati ai quali risulta probabile calo di occupati. Almeno 50 mila nel breve periodo. Al contrario negli anni 70 al grido lavorare meno, lavorare tutti si crearono posti di lavoro. Si sviluppò così la rotazione oraria. I turni richiedono personale e il lavoro

E' previsto un vantaggio per lo spirito di chi approfitterà del tempo libero per andare alla messa e le chiese, spesso desolatamente vuote, torneranno a riempirsi diventando musei viventi. Bussate e vi sarà aperto, ha detto Cristo, ma forse, come nei primi secoli del cristianesimo, dovranno essere gli evangelizzatori a tornare fra la gente, magari fra quanti frequentano i centri commerciali, dove non si è

domenicale vuole un compenso aggiuntivo. Sono due leve potenti dell'economia anche domestica perché chi ha bisogno di soldi non disprezza la fatica notturna o festiva. Se Chiesa e sindacati troveranno un accordo e nei centri commerciali ci sarà un luogo di culto, andando al lavoro o agli acquisti si potrà anche andare alla messa, per buona pace del fisico e dello spirito.

 di Waimer Perinelli

UN ALBERO PER AMICO

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on sono campioni di socialità quelli che scelgono un albero per amico. Eppure si sono ritrovati in più di cento in Val di Rabbi ed a Paneveggio per abbracciare a piedi nudi, con la pianta dei piedi a terra, gli abitanti verdi della foresta. Un abbraccio affettuoso. L'albero è un essere vivente abituato a subire. Gli innamorati incidono i loro nomi; i caprioli e gli orsi li scorticano; i boscaioli ne fanno legna da ardere; i falegnami mobili. Gli alberi non si lamentano. E' dimostrato che pensano, ovvero memorizzano. Alcune piante imparano a catturare sostanze nutritive, altre amano alcune specie e ne fuggono altre. Non sappiamo ancora se sanno amare anche se ci danno il ricambio di ossigeno e ci proteggono dal sole cocente o dalla pioggia battente. Ora sappiamo che sono anche una silvoterapia una cura basata sulle vibrazioni emesse, praticata a modo suo anche da D’Annunzio. Certo abbracciare un albero deve dare un sensazione di potere: la pianta non si ribella al vostro abbraccio, non rifiuta l'amore, non vi abbandona mai. Una pianta è per sempre. Chissà si potrebbe provare anche con le pietre. Sono immobili anche più degli alberi forse hanno anche un'anima. E perchè no? Per molti secoli i teologi si sono chiesti se la donna ne avesse una.

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GEOGRAFIA POLITICA

GEORGIA:

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la tutela e la difesa dei diritti umani è una priorità

Nostra intervista esclusiva a Maka Peradze e Londa Toloraia

 di Francesca Gottardi La Georgia - o Sakartvelo (საქართველო)- si trova nel Caucaso, dove l'Europa incontra l'Asia. Data la sua posizione strategica, la Georgia fu a lungo contesa prima dalla Persia, poi dalla Turchia e, più recentemente, dalla Russia. All'inizio del diciannovesimo secolo, la Georgia fu annessa all'Unione Sovietica. A parte una breve parentesi tra il 1918 e il 1921, solo nel 1991 Sakartvelo si è definitivamente affermato come uno Stato indipendente. Ancora oggi persistono alcune tensioni con la vicina Russia, che nel 1991 e nel 2008 ha rispettivamente invaso le regioni dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud. Attualmente, il 20% del territorio georgiano è ancora occupato dalla Russia. Nel complesso, la Georgia è un Paese che si sta sviluppando rapidamente e sta diventando sempre più prospero. Capitale della Georgia, è Tbilisi, e prende il nome dalle sorgenti calde di acqua sulfurea che si trovano in abbondanza nell’area (“Tbili” significa caldo). Con 1.5 milioni di abitanti è la città più popolosa del Paese. È Situata sulle sponde del fiume Mtkvari.

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gni anno nel mondo aumenta la consapevolezza dell’importanza della tutela dei diritti umani a livello governativo. Anche al Ministero dell’Interno della Georgia garantire la tutela dei diritti umani è una priorità. La Costituzione georgiana all’articolo 7 sottolinea che “Lo Stato riconoscerà e proteggerà i diritti umani e le libertà universalmente riconosciuti come valori umani eterni e supremi.” Per questo, l'11 gennaio scorso è stato instituito il nuovo Dipartimento per la Protezione dei Diritti Umani presso il Ministero degli Interni (DPDU). Il neo Dipartimento ha l’incarico di assicurare una risposta tempestiva ed un'indagine efficace su questioni delicate e complesse in tema di diritti umani. Queste includono la piaga della violenza contro le donne, dei crimini d’odio, dei reati motivati da discriminazione, della tratta di esseri umani e della criminalità giovanile. La nostra Francesca ha intervistato, in esclusiva, il Direttore del Dipartimento per la Protezione dei Diritti Umani Londa Toloraia e il Vice-Capo Dipartimento per la Protezione dei Diritti Umani Maka Peradze, che hanno raccontato l’attività del nuovo dipartimento e del loro ruolo nello stesso.

Maka Peradze

Londa Toloraia

D.ssa Toloraia e Dott.ssa Peradze, raccontateci un po’ del Vostro background e della Vostra esperienza. Londa: Ho ricevuto la mia formazione legale all' Università Statale di Tbilisi, dove mi sono laureata nel 2008. Ho lavorato presso l’Ufficio del Pubblico Ministero dal 2007 al 2018. Ho infatti iniziato la mia carriera come Pubblico Ministero, per poi essere promossa vicecapo dipartimento nel 2017. Dal 2018 lavoro al Ministero degli Interni. Maka: Sono nata e cresciuta in Georgia. Mi sono laureata presso l’Università Sta-

tale della Georgia, dove ho conseguito la laurea in Giurisprudenza. Lavoro al Ministero degli Interni dal 2007. All'inizio della mia carriera lavoravo come assistente per un vice-ministro. In seguito, mi sono trasferita alla Divisione Relazioni Internazionali del Ministero. Sono stata successivamente promossa capo della divisione gestione progetti. Dal 2018, lavoro nel Dipartimento per la Protezione dei Diritti Umani. Qual è il Vostro ruolo al Dipartimento per la Protezione dei Diritti Umani? Londa: Dall'inizio del 2018, sono Di-

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Ministero degli Interni della Georgia- foto Arketipo Magazine

rettore del Dipartimento. Maka: Nel gennaio 2018, sono stata nominata Vice-Capo Dipartimento. Qual è la missione del Dipartimento per la Protezione dei Diritti Umani? Maka: il Dipartimento si propone di assicurare una risposta tempestiva ed un'indagine efficace in tema di violenza domestica, violenza contro le donne, reati motivati da odio e discriminazione, tratta di esseri umani e crimini commessi da/verso minori. A tal fine, il Dipartimento ha già elaborato un meccanismo di monitoraggio interno ed esterno. Interno, se gestito dal Ministero internamente, esterno, se scaturisce da una cooperazione con le Organizzazioni Non Governative (ONG) sul territorio. È inoltre in corso una riforma delle linee guida per gli investigatori, sulle tecniche di indagine che meglio permettano di iden-

tificare i reati in parola. Com’è organizzato il DPDU? Maka: Il Dipartimento è composto da 13 membri: il direttore, il vice-capo ed 11 ispettori speciali. Tutti gli 11 ispettori sono stati selezionati attraverso un concorso pubblico tenuto dal Ministero. I dipendenti hanno background eterogenei. Alcuni di loro sono ex investigatori, poliziotti di pattuglia, ex procuratori, altri vengono dalle ONG. Tutti sono accomunati dall’avere una notevole esperienza di lavoro nel campo dei diritti umani. Perché ed in che modo il DPDU ha scelto di concentrarsi su queste cinque aree? Maka: Tra le funzioni principali del Ministero dell’Interno vi sono quelle di assicurare l'ordine pubblico e la protezione dei diritti umani. Il Dipartimento è stato creato per assistere l'adempimento dei

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con il Presidente della Repubblica di Georgia Giorgi Margvelashvili - Foto Quirinale

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Giorgi Gakharia, Ministro degli Interni

doveri della Ministero sulle cinque direzioni che presentano i problemi più complessi e sensibili che attualmente affliggono la Georgia in tema di diritti umani. Tali direzioni sono state determinate tramite l’analisi di dati statistici, relazioni da parte di ONG, organizzazioni internazionali, Procura della Repubblica, per citare alcuni esempi. In che modo il Dipartimento coopera ed interagisce con altri dipartimenti / istituzioni del governo georgiano? Londa: Partecipiamo al processo legislativo. Per esempio, abbiamo di recente preparato una proposta legislativa, che è attualmente in Parlamento. La proposta prevede, tra il resto, un aumento dei termini della detenzione per violenza domestica e per i reati a fondo discriminatorio. Maka: il DPDU funge da punto di contatto tra la società civile, i ministeri competenti e le organizzazioni internazionali. Il Dipartimento studia e analizza le raccomandazioni delle organizzazioni in-


ternazionali, delle ONG e di quelle provenienti dalla Procura della Repubblica. Quali sono le sfide principali che il Dipartimento per la Tutela dei Diritti Umani si trova ad affrontare? Londa: All'inizio il Dipartimento ha dovuto far fronte ad un certo livello di diffidenza da parte degli investigatori, perché questa è la prima unità di monitoraggio ad hoc istituita al Ministero. Maka: La sfida più grande per il dipartimento è garantire l'alta qualità delle risposte e delle indagini. Questo include assicurare un appropriato trattamento delle vittime e dei testimoni. Il tutto è infatti cruciale per costruire un rapporto di fiducia tra polizia e popolazione. Com’è la cooperazione in tema di diritti umani tra Georgia, Unione Europea e Stati Uniti? Maka: l'Unione Europea, rappresentata dalla delegazione dell'UE in Georgia, e l'ambasciata degli Stati Uniti sono i maggiori finanziatori e partner delle agenzie statali georgiane. Le istituzioni europee e l’ambasciata americana sostengono ampiamente le iniziative e l’attività del Ministero. Questo contribuisce a far si che il Governo georgiano sia in grado di soddisfare le sue responsabilità a livello internazionale.

Cattedrale di Sioni - Tbilisi (Georgia)

Come vede il futuro dei diritti umani in Georgia? Maka: La protezione dei diritti umani occupa un posto prioritario nell’ordine del giorno del Governo georgiano. Per esempio, è di grande incoraggiamento che il Governo abbia rinnovato il suo impegno nell’implementazione della Strategia Nazionale 2014-2020 per la Protezione dei Diritti Umani in Georgia, e dei relativi piani d'azione.

Francesca Gottardi è nostra corrispondente dagli USA

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ALCOL E MINORI U

na nottata di festa finita male, tra il sabato e la domenica, la notte non perdona. I protagonisti sono i giovanissimi, minorenni che interpretano movida con un'unica parola: alcol. I ragazzi che rischiano la vita in ospedale per coma etilico è sempre più in aumento, si parla di ricoveri record e seppur le notizie fanno rumore, queste inosservate e silenziose abbracciano con leggerezza la società d’oggi. Vere e proprie “bombe” superalcoliche consumate senza freni sono la tendenza che fa da padrone negli adolescenti in questi ultimi anni, i quali oltre all’ubriacatura e all’immediata perdita di autocontrollo comportano intossicazione sino a casi più gravi di coma etilico. Durante l’estate si è cercato di prevenire e contrastare il fenomeno in molteplici località italiane, ma ciò non ha fatto che emergere gravi responsabilità penali e violazioni amministrative a carico di coloro che avrebbero somministrato o venduto illecitamente gli alcolici ai minori. La pubblicità inoltre non manca, come ci dimostrano i 65 milioni di euro annui di investimenti in promozione sul web e nei social network. Una politica di propaganda più forte e interessante

 di Patrizia Rapposelli

rispetto la campagna di sensibilizzazione contro l’abuso dell’alcol perché ben più proficua sotto il piano economico. Il locale è una vera e propria azienda dove ogni persona è numero, che sia maggiorenne o minorenne poco importa, a mio avviso l’obiettivo chiave di una serata si riduce al fatto che tutti guadagnano, si divertono e tutti ritornano; poi ciò che accade intorno non importa. Il divieto di somministrazione di alcolici ai minorenni è legge nazionale, ma ciò non basta a contrastare un fenomeno in netta crescita; se da un lato alla maggior parte dei titolari di locali notturni non interessa creare terreno di protezione ai più giovanissimi, dall’altra manca l’educazione necessaria a contrastare una tendenza corrosiva per le nuove generazioni. Infatti nel momento in cui la bevanda non viene somministrata, il giovane con “furbizia” chiede aiuto ad un qualsiasi maggiorenne disposto a procurargli l’alcolico desiderato.” Ti do cinque euro…potresti prenderci tre shottini?” La movida giovanile è fatto sociale e di cronaca, ma ciò non sembra far porre le domande necessarie ai diretti interessati: gli adulti. Assodato che il mondo della notte

con le sue “leggi” non può essere cambiato, manca a questo punto una solida base educativa per poterlo affrontare, per trarne solo gli aspetti positivi. In adolescenza il fisico e la psiche sono in via di maturazione ed essi tendono all’abuso di alcol per sentirsi invincibili, ribelli, indipendenti e sicuri, senza curarsi delle conseguenze dannose; infatti l’eccessivo consumo di alcol va ad interferire con la loro crescita, lo stato nutrizionale e lo sviluppo della personalità, ma questo punto non sembra d’interesse ai loro occhi. L’adolescenza è una fase delicata dell’esistenza, una fase di transizione dove il cambiamento e l’incertezza portano il ragazzo all’onnipotenza, pensa sempre di avere la situazione sotto controllo, non rispetta né i propri limiti né quelli delle situazioni circostanti, ma non è così. Una generazione che forse pensa di vivere nell’universo Marvel, un mondo di supereroi in una dimensione spazio-temporale immaginaria, dove tra poteri cosmici e magia l’onnipotenza è possibile, ma nella realtà la frase “a me non succede” non esiste. Il mondo della notte ha le sue leggi, l’alcol è una di queste e i supereroi non esistono.

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s. r. l.

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MEDICINA&SALUTE

La sfida estreme su internet

GLI HORROR GAME A

bbiamo sentito tutti, qualche settimana fa, la notizia agghiacciante che un giovane quattordicenne di Milano, ha perso la vita a causa del “gioco” Blackout. Purtroppo è l’ennesima sfida estrema sul web. Questo “gioco del soffocamento indotto” già era in voga durante il passato, è stato infatti, identificato con svariati nomi nel tempo, purtroppo persiste e ha già causato molte perdite. Dobbiamo correre ai ripari, puntare sulla prevenzione e far capire ai ragazzi la potenziale pericolosità e di ritrovarsi vittime di questo gioco estremo. I rischi sono molto alti, anche se si pratica in due o più. Per molti attuarlo in associazione dovrebbe essere garanzia della propria incolumità, ma non è così. Basta un attimo per perderne il controllo e quello che dovrebbe al massimo concludersi con uno svenimento, si trasforma invece, in un dramma senza ritorno. Purtroppo non è l’unico horror-game, vengono chiamati anche così, che è emerso in questo periodo, se ci pensate nell’ultimo anno si sono rincorse disparate notizie del dilagare di questi “giochi” pericolosi. Malauguratamente passano attraverso i più svariati mezzi; dalla “Blue Whale” reperibile in internet, a “Momo” che utilizza Whatsapp sul telefonino, al reclutamento utilizzando le console che si connettono a internet per giocare ai videogames. Queste macabre sfide, attirano tantissimi ragazzi, spingendoli all’estremo e purtroppo in alcuni casi, disgraziatamente hanno portato anche al suicidio come conseguenza inevitabile. In comune hanno tutti una cosa, la comunicazione tecnologica che per i nativi digitali è la forma principe di contatto. Dobbiamo renderci conto che per i preadolescenti, adolescenti e fin tropo spesso anche per i bambini gli spazi e gli stru-

menti di Rete come il Web, i social network ecc sono diventati parte integrante del loro modo di comunicare con gli altri . Ne influenza molti processi psicologici; pensiamo a quanto influisca sulla costruzione della loro identità, oppure quanto coinvolga la gestione della loro immagine di sé tanto per citarne un paio.

Gli adolescenti sono frequentemente attratti da cose misteriose, che non comprendono, mistiche e spesso e volentieri dall’occulto, dalla morte o ancora dal macabro. Capirete facilmente che queste “sfide fatali” ricadono in queste categorie. Non tutti hanno le capacità psicologiche per riuscire a gestire questi video violenti, crudi e diretti, soprattutto nei casi in cui è un gruppo che decide di inoltrarsi in questi argomenti. Possiamo trovare dei ragazzi che non hanno la forza per dire no, per tirarsi indietro, magari perché hanno il desiderio di essere accettati dal proprio gruppo dei pari oppure perché cercano di diventare parte di un gruppo. Gli horror game, possono piacere perché sono altamente adrenalinici, ci mettono faccia a faccia con le nostre paure più

 di Erica Zanghellini

profonde e si trasforma per alcuni come un gesto eroico, che non è per tutti, ma solo per i più forti e coraggiosi. Il pubblicizzarli con gli altri può essere visto come un mezzo per far vedere a tutti cosa abbiamo superato. Ma, non per tutti è così, c’è anche una parte di ragazzi fragili che ne entrano in contatto e non riescono a venirne fuori. Sono ragazzi purtroppo facilmente manipolabili e che quindi sono “semplici” da adescare. Un ragazzo che ha una buona autostima e una buona rete sociale, sia famigliare che amicale, difficilmente viene risucchiato da questo mondo pericoloso, non ha bisogno di mettersi alla prova, di esplorare luoghi e spazi (anche se virtuali) nuovi per scoprirsi e trovare sé stesso. A questa età può essere molto importante venire riconosciuti o considerati dall’altro e per chi non ha riscontri nella quotidianità, può diventar appagante farlo nei confronti di un “master” o “curatore” del gioco, che ti rimanda l’essere stato bravo a superare quella prova o aver dimostrato coraggio. Come potete vedere ci sono più motivazioni che possono spingere un ragazzo o una ragazza a partecipare a queste sfide estreme, sta a noi adulti, cercare di lavorare in un’ ottica preventiva e intervenire il più precocemente possibile, qual ora si individui una fragilità da parte di un giovane. Lavorare per rafforzare e per fare emergere le proprie potenzialità in modo sano, in alcuni casi può essere una sfida, ma non per questo dobbiamo demoralizzarci. La carta vincente è lavorare in sinergia, un adolescente che si sente supportato da una rete sociale non avrà bisogno di cercare altro nel web. Dott.ssa Erica Zanghellini Psicologa-Psicoterapeuta Riceve su appuntamento - Tel. 3884828675

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LATERZA ONDA L

a Terza Onda è un importante esperimento socio-psicologico condotto dal professore Ron Jones nel mese di aprile del 1967 alla Cubberley High School in California. Durante una lezione sulla Germania nazista gli studenti pongono al professore una domanda: “Come è possibile che un intero popolo abbia sempre ritenuto di non sapere niente delle atrocità commesse dal governo nazista?”. Il professore per dimostrare quanto forte fu la propaganda nazista nel manipolare le coscienze, decide di dedicare una settimana di lezione per approfondire l’argomento, facendo sperimentare agli studenti situazioni e comportamenti simili a quelli promossi dal nazismo. Durante la prima giornata Jones introduce alla classe uno dei principi chiave del nazismo: la disciplina. Convince gli studenti che solo attraverso la disciplina ed il controllo si può ottenere il trionfo. Per fare un esempio ai ragazzi, ordina loro di sedersi in una determinata posizione, che favorisce la concentrazione: schiena dritta, piedi piatti, mani ferme; gli alunni eseguono le direttive e si impegnano, fino ad arrivare ad alzarsi e sedersi in pochi secondi, senza fare rumore, come un unico grande corpo. Il professore si chiede il motivo per cui

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gli studenti eseguano gli ordini da lui imposti con tanta minuzia, domandandosi se la disciplina sia un bisogno innato dell’uomo. Il secondo giorno, quando Jones entra in classe, con grande stupore, trova tutti i ragazzi nella posizione insegnatagli il giorno precedente. Durante la lezione parla del fatto che la forza si possa ottenere solo attraverso la comunità, il gruppo, la coesione e sull’importanza di sentirsi parte di qualcosa e collaborare per raggiungere un obiettivo comune. Il professore inizia a costruire un’identità al gruppo, creando un saluto comune. Il braccio destro alzato davanti al corpo e la mano curva per mimare l’onda. Per quanto riguarda il nome del gruppo, non è stato scelto a caso, le onde del mare viaggiano sempre a catene e la terza è la più grande della serie, la più forte che travolge tutto quello che incontra. Ora il movimento della Terza Onda ha un nome, un leader ed un saluto. La notizia della creazione di questo gruppo si diffonde e sempre più ragazzi della scuola vogliono partecipare alle lezioni del professore. Terzo giorno. Jones spiega l’importanza di farsi carico delle responsabilità delle proprie azioni e di fare qualunque cosa per aiutare e proteggere la comunità, il gruppo a cui si appartiene. Il leader spinge i propri sostenitori all’azione. Jones assegna ad ogni ragazzo un ruolo e delle mansioni da portare a termine per il giorno seguente, per esempio ideare il simbolo della Terza Onda e convincere 20 amici ad unirsi al movimento. Alla fine della giornata Ron Jones da SFGate uno studente avvicina

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 di Irene Chin

Ron Jones

il professore dicendogli di voler diventare la sua guardia del corpo. Jones capisce che la situazione gli sta sfuggendo di mano e che neppure lui riesce più a riconoscere il limite tra realtà e finzione. Decide di porre fine all’esperimento, ma dire semplicemente ai ragazzi che la Terza Onda era un “gioco”, sarebbe stato destabilizzante e forse il movimento sarebbe potuto sopravvivere e diventare molto pericoloso; così l’insegante adotta una strategia sorprendente che lascerà tutti senza parole. Il giorno seguente il leader annuncia ai componenti del movimento che la Terza Onda non è un esperimento, bensì un programma nazionale per selezionare gli studenti migliori per lottare e raggiungere un cambiamento politico ed economico e portare in alto il nome della nazione. L’indomani alle 12:00 un candidato nazionale avrebbe annunciato la creazione di un programma per i più di 1000 gruppi di ragazzi riuniti sotto il simbolo della Terza Onda sparsi per tutto il paese. Ultimo giorno. Nell’auditorium della scuola ci sono più di 200 ragazzi, neppure un posto libero, tutti seduti nella posizione di attenzione imparata pochi giorni prima, il silenzio regna, tutti aspettano che il professore dia il proprio saluto per poter ricambiare. Jones arriva, dà il proprio saluto e come tanti piccoli


soldati, senza rumore, come un corpo solo, 200 ragazzi si alzano e formano con la mano un’onda, per poi risedersi. Viene acceso un grande schermo, è bianco e lo resta per due lunghi minuti. I ragazzi restano in silenzio immobili, in attesa che il loro leader nazionale esponga il programma, ma il televisore resta bianco. I minuti scorrono ed un ragazzo frustrato si alza e protesta. Il professore si avvicina al televisore, lo spegne e dice ai ragazzi: “Ascoltatemi attentamente, ho qualcosa di importante da dirvi. Non c’è nessun leader! Non esiste un movimento giovanile nazionale chiamato la Terza Onda! Siete stati usati, manipolati, spinti dalle vostre stesse scelte nel luogo esatto in cui vi trovate ora. Non siete migliori o peggiori dei tedeschi nazisti che abbiamo studiato. Pensavate di essere gli eletti, migliori di tutti quelli che si trovano al di fuori di questa stanza, avete svenduto la vostra libertà per avere la sicurezza che la disciplina e la superiorità vi possono dare. Avete scelto di accettare la volontà del gruppo e di seguirlo come ciechi. Quanto lontano vi sareste spinti? Dove stavate

andando? Lasciate che vi mostri il vostro futuro…” Detto questo il professore riaccende il televisore e fa vedere ai ragazzi un documentario sulla Germania nazista, mostrando loro tutte le atrocità commesse dai nazisti, la disciplina, la super razza, la violenza, il terrore e le grandi bugie. Da quel giorno nessuno più parlò della Terza Onda, fino a quando nel 1976, il professor Jones decise di rendere pubblico l’esperimento da lui condotto, che ha cambiato per sempre la sua vita e

quella di 200 ragazzi. Questo esperimento ci fa riflettere sul fatto che il pericolo di incorrere nuovamente negli sbagli del passato è un rischio a cui siamo soggetti ogni giorno. L’unico modo che abbiamo per poterci proteggere è conoscere il passato e documentarci sempre sul presente, per poter essere pienamente consapevoli di tutte le scelte che ogni giorno prendiamo, per sfuggire alla grande malattia che sta minacciando la nostra società: l’indifferenza.

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SPECIALE ELEZIONI - OTTOBRE 2018

CHE COSA SONO

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LE ELEZIONI C

he cosa siano le elezioni lo sanno anche i bambini, ma trovandoci davanti al tabellone elettorale con i simboli dei partiti correnti per l’elezione del Consiglio Provinciale e del presidente della Provincia del prossimo 21 ottobre, non sarà inutile riflettere sul significato di uno dei momenti di maggiore effervescenza e visibilità del processo politico. «Generalmente mi ricordo una domenica di sole – cantava Giorgio Gaber una giornata molto bella, un'aria già primaverile, in cui ti senti più pulito, anche la strada è più pulita, senza schiamazzi e senza suoni… chissà perché non piove mai quando ci sono le elezioni». Allora gran parte delle attività politiche normali sono sospese o ridotte; a elezioni avvenute si apre una fase che è spesso di cambiamento e d’incertezza negli assetti delle istituzioni politiche. Indubbiamente sono l’occasione nella quale avviene il più largo coinvolgimento attivo della popolazione, e per buona parte dei cittadini il voto è in definitiva l’unico atto politico di qualche significato. Le elezioni, sono un meccanismo per Seggio elettorale

La nascita della Repubblica Italiana - Umberto II si reca a votare il 3 giugno 1946 per il referendum istituzionale

scegliere i componenti di organi monocratici o collegiali, ma in ambito democratico non sono solo uno strumento di selezione dei titolari di cariche, quanto piuttosto il principale strumento della rappresentanza e del controllo popolare sui governanti. Sono anche un modo collaudato per ritualizzare e “addomesticare” il conflitto politico, attenuandone le asperità. I caratteri fondamentali delle elezioni democratiche si riassumono nei tre concetti di competizione, libertà, e rilevanza politica. L’offerta politica presentata agli elettori ha carattere plurale e c’è una genuina concorrenza per ottenere il successo; insomma, ci sono molti candidati, ognuno aspira a vincere e non ci sono accordi occulti per favorire la vittoria degli uni a scapito degli altri. Gli elettori sono poi in condizione di operare la loro scelta al riparo da minacce e con un sufficiente grado di informazione sulle alternative, oltre al fatto che ai partiti e candidati in lizza non viene impe-

 di Franco Zadra

dito di svolgere la propria campagna e sono garantite sufficienti possibilità di comunicare con gli elettori. Hanno rilevanza politica nel senso che i risultati delle elezioni hanno un peso significativo sui processi politici e le attività di governo e di decisione. Venendo meno una sola di queste condizioni, non si può parlare di elezioni democratiche. Uno degli aspetti che vengono maggiormente regolamentati è proprio il momento che stiamo ancora vivendo della campagna elettorale. La presentazione delle candidature segna l’apertura ufficiale della fase preparatoria delle elezioni. In questo periodo candidati e partiti concentrano i loro sforzi nell’informazione e propaganda verso gli elettori. La campagna elettorale per le provinciali ha ovviamente una forte specificità locale, ed è condotta attraverso giornali, radio, televisione, e Internet, ma utilizza anche forme più tradizionali di contatto diretto con gli elettori con comizi, riunioni, contatti porta a porta. Storicamente i partiti nazionali erano riusciti a mantenere, grazie all’apporto volontaristico di una grande massa di militanti, anche una intensa articolazione locale della campagna elettorale, ma venendo meno la capacità di mobilitazione dei partiti e sviluppandosi lo strumento televisivo, è andato via via accentuandosi il carattere centralizzato e mediatico, riducendo forse l’importanza delle attività di contatto locale diretto. Ma dopo tante chiacchiere è venuto il momento di votare. A voi la matita, convinti come Gaber che «fa bene un po' di partecipazione. Con cura piego le due schede e guardo ancora la matita, così perfetta e temperata… io quasi quasi me la porto via. Democrazia!».

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MESSAGGIO POLITICO ELETTORALE

LA TUA PERSONA AL PRIMO POSTO Per Claudio Cia, onestĂ e coerenza non si possono delegare, occorre viverle in prima persona come il modo migliore per fare politica; ponendo al primo posto famiglia, anziani, autonomia, giovani, e lavoro, con un programma fatto di persone che affrontano ogni giorno problemi come la sicurezza, il degrado, la salute, garantendo loro trasparenza e meritocrazia.

LO BARRA IL SIMBOCIA IO E SCRIVI CLAUD 20

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Committente responsabile Claudio Cia

Per promuovere la politica onesta

Claudio Cia


SPECIALE ELEZIONI - OTTOBRE 2018

L'AUTONOMIA non è una parola

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rancesco Cossiga a Dobbiaco negli anni 90 mi disse che nell'ultimo secolo c'erano stati in Italia solo tre statisti ma che uno solo aveva onorato lealmente e completamente questa grande qualità politica: Alcide Degasperi. Dobbiamo a quest'uomo dal percorso culturale e politico complesso se la nostra regione Trentino Alto Adige-Sud Tirol gode dell'Autonomia. Egli, nato nel 1881 nel Tesino, parte dell'Impero

Francesco Cossiga, Presidente della Repubblica

Austro Ungarico di lingua italiana, la chiese all'inizio del secolo scorso sulle pagine del giornale “Il Trentino” sostenendo l'autonomia culturale del Trentino rispetto al Tirolo di lingua tedesca. La propose da parlamentare a Vienna nel 1911 e nel 1914 quando venne eletto nella Dieta Tirolese. Infine la ottenne dallo Stato italiano, del quale era diventato leader, dopo la seconda guerra mondiale. In altra parte della rivista trattiamo della sua vita e dell'impegno politico, noi, qui vogliamo riflettere su alcuni uomini trentini e sudtirolesi, senza il cui contributo l' autonomia sarebbe stata svuotata di contenuti, privata di capacità amministrativa, probabilmente uccisa. Fra tutti, ne abbiamo scelti tre, caratterizzati dall'impegno personale, dalla passione, dalla chiara visione politica: i trentini Bruno Kessler ed Enrico Pruner, e il sudtirolese Silvius Magnago. E' attraverso le loro attività; Kessler realizzatore dell'autonomia, Pruner difensore delle minoranze linguistiche, e

 di Waimer Perinelli

Alcide Degasperi

Magnago che, come Degasperi fece con i trentini chiedendo l'autonomia senza mai rinnegare l'Impero, ha saputo difendere l'identità dei sudtirolesi rispettando gli impegni internazionali. Oggi ci sono spinte centrifughe che vanno rispettate se ricercate nell'ambito dell'Europa dei popoli, di cui Degasperi è fra i fondatori, grazie alla quale da oltre 70 anni godiamo della pace.

La nostra Patria Europa, disse Degasperi a Parigi il 21 aprile del 1954.

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Autonomia un bene comune da costruire insieme  di Franco Zadra

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i parla molto di autonomia, ma in sè il termine non ha un senso proprio, anzi, è uno dei vocaboli più ambigui e mal utilizzati che esistano nella lingua italiana, perché l’”autonomia” in senso fondato non esiste, e l’ombelico che ci accomuna ai mammiferi sta lì a dimostrarlo e a ricordarcelo. Se fossimo autonomi nemmeno avremmo iniziato a esistere. Detto questo, però, per arrivare a comprendere che “autonomia”, per una comunità che abita un determinato territorio, significa “governarsi da sé”, darsi delle leggi e rispettarle, occorre per forza calmierare il termine con un altro, molto più “scientifico” e che è tra le parole chiave che bisogna conoscere per capire qualche cosa della nostra storia contemporanea, cioè “autodeterminazione”, che definisce il diritto di ogni popolo a scegliere in piena autonomia la forma della propria organizzazione statuale. Un diritto auspicato, per esempio, durante il primo conflitto mondiale, da le parti più diverse, come dal presidente americano W. Wilson (1856-1924), nell’esporre i “Quattordici punti” del 1917, o il pontefice Benedetto XV (1854-1922), nella “Nota ai capi dei popoli belligeranti” del primo agosto 1917, nella quale prendeva le distanze dal conflitto affermando che la guerra rappresentava «un’inutile strage», ma anche il leader bolscevico N. Lenin (1870-1924) parlò a favore della autodeterminazione intervenen-

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do alle Conferenze di Zimmerwald, nel 1915, e Kienthal, nel 1916. Non sorprende perciò che il principio dell’autodeterminazione divenne uno degli assi portanti della Conferenza di Versailles nel 1919 con la quale si siglò la pace decretando la fine degli imperi e la nascita sul loro territorio di circa una ventina di nuovi Stati, procedendo alla definizione di nuovi confini secondo due criteri non sempre conviventi. In alcuni casi, infatti, prevalse l’espressione della volontà popolare, in altri il principio dell’appartenenza etnica. È questo il momento nel quale il termine autonomia acquista per il Trentino-Alto Adige Südtirol una colorazione accesa e comincia a diventare di uso comune, rivitalizzando, si potrebbe dire parafrasando la pagina di un testo del 2014 di Mauro Marcantoni e Giorgio Postal, “Autonomia, storia e significati”, ataviche aspirazioni insite nelle tradizioni,

Guber e De Gasperi

usanze civiche, regole che le genti di montagna, «le popolazioni di lingua italiana e tedesca, anzitutto, ma anche i mòcheni, i cimbri, e i ladini, seppero darsi e conservare anche a dispetto dei rivolgimenti politici che interessarono la regione». Marcantoni e Postal ricordano che «durante il secolo di appartenenza all’Impero austoungarico, il Tirolo storico – che comprendeva anche il Trentino (allora Welschtirol), prevalentemente italiofono, e l’Alto Adige o Sudtirolo (allora Deutschsüdtirol), germanofono – godeva di una speciale autonomia». Tuttavia, i trentini, di lingua e cultura italiane, vivevano male il fatto di ritrovarsi in minoranza e rivendicavano spesso, attraverso i movimenti irredentisti, la volontà di diventare parte dello Stato italiano. Una situazione che si capovolse alla fine della Prima guerra mondiale quando, con l’accorpamento al Regno d’Italia del Trentino e del Sudtirolo, la minoranza linguistica e culturale minacciata, e in più senza tutele, divenne quella tedesca. L’avvento del fascismo poi vanificò del tutto i buoni propositi di «una scrupolosa salvaguardia delle istituzioni locali e dell’amministrazione autonoma» espressi dal Re Vittorio Emanuele nel suo discorso del 1 dicembre 1919. Furono

Il Nuovo Trentino da Fondazione Trentina Alcide De Gasperi


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soppresse tutte le forme di autonomia, si accorparono molti comuni, che passarono da 366 a 128, i Consigli e le Giunte comunali vennero rimpiazzati da Podestà e ridotte al silenzio tutte le voci libere, tra cui anche il “Nuovo Trentino” rifondato da Degasperi nel dopoguerra, chiuso nel 1926 dopo che fu devastato da squadre fasciste. Si avviò una politica di italianizzazione con il massiccio insediamento di italiani provenienti da altre regioni e fu proibito nelle scuole l’insegnamento del tedesco. I dipendenti pubblici di lingua tedesca furono licenziati e, fin dal 1923, venne introdotta la toponomastica italiana per paesi e città, e vietata la denominazione Tirol. Per questo, nel 1939, la maggioranza dei residenti sudtirolesi di lingua tedesca e ladina, si dichiararono favorevoli a emigrare verso i territori del Terzo Reich, in ottemperanza all’accordo tra Hitler e Mussolini sulle “Opzioni” firmato a Berlino. Si voleva risolvere la questione dell’Alto Adige facendo scegliere agli abitanti delle zone mistilingue, se rimanere italiani (Dableiber, “restanti”) o trasferirsi in Germania (“optanti”). Su una popolazione di circa 230 mila abitanti, circa 170 mila, il 75%, optarono per il Reich, mentre meno di 30 mila lo fecero

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per l’Italia; altri 30 mila non esercitarono il diritto di opzione. L’esodo di massa dei sudtirolesi fu rallentato dallo scoppio della seconda guerra mondiale. Con l’armistizio firmato dall’Italia con gli Alleati, l’8 settembre 1943, l’intera regione, il Trentino-Alto Adige Südtirol e parte del Bellunese, venne annessa al Terzo Reich come «Operationszone Alpenvorland» (Zona d’operazioni delle Prealpi). La Carta Geografica del Tirolo meridionale con la Valsugana 1672 stragrande maggioranza dei sudtirolesi, dunque, “tornarono a casa, in ticosa e complessa, giungendo a un’ingrembo alla Grande Madre tedesca”, tesa con l’Austria che si concretizzo, il mentre il Trentino veniva annesso al 5 settembre 1946, in quello che è pasReich Hitleriano stabilendo una frattura sato alla storia come Accordo di Parigi, dolorosa tra “optanti” e “restanti”, o Accordo Degasperi-Gruber, recepito questi ultimi considerati alla stregua di nei trattati di pace il 10 febbraio 1947. traditori. Finita la guerra, in Alto Adige Una accordo nel quale l’Italia si impegnò prevalevano le spinte secessio- alla soluzione della questione degli opniste, mentre in Trentino si co- tanti con «spirito di equità», cosa che minciò a ragionare sul ricono- avvenne in seguito attraverso una serie scimento di un’autonomia spe- di provvedimenti amministrativi e legiciale, proprio in forza delle sue slativi, anche se al referendum costitusecolari tradizioni di autogover- zionale del 2 giugno 1946 gli optanti, proprio perché privi della cittadinanza no. Il Consiglio dei Ministri degli Esteri italiana, non poterono esprimere il loro delle quattro potenze vincitrici voto. (Usa, Urss, Gran Bretagna, e Fran- Una pagina di storia che qui abbiamo cia) respinse in prima sessione la riassunto per accenni, ma che doverorichiesta dell’Austria per una ret- samente andrebbe studiata e riproposta tifica del confine del Brennero, attingendo alla sterminata documendecidendo poi in via definitiva di tazione prodotta da allora fino a oggi, mantenerlo immutato. Fu il neo soprattutto per dare senso al termine eletto Presidente del Consiglio, “Autonomia”, ma anche per riscoprirlo Alcide Degasperi, a farsi carico come quel potere collettivo che è dentro delle aspettative e delle speranze la comunità e che per esprimersi posidelle popolazioni della regione, in- tivamente ha bisogno di responsabilità traprendendo un’azione diploma- e di valori, di capacità di autogoverno, tica e dialogica molto delicata, fa- di generosità, e di senso civico.


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LE TRENTINE che hanno fatto L’ITALIA E

rano ventuno, con idee, provenienze, e appartenenze politiche differenti; nel giugno del 1946 varcarono la soglia del Parlamento e si sedettero agli scranni circondate da 535 uomini: politici del calibro di Alcide Degasperi e Francesco Saverio Nitti e Giuseppe Saragat. Erano in netta minoranza in quella stanza ma sono le madri della nostra costituzione, la carta d’identità della nostra Repubblica. Erano Adele Bei, Bianca Bianchi, Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Maria De Unterrichter Jervolino, Filomena Delli Castelli, Maria Federici, Nadia Gallico Spano, Angela Gotelli, Angela Guidi Cingolani, Leonilde Iotti, Teresa Mattei, Angleina Erlin, Angiola Minella, Rita Montagna Togliatti, Maria Nicotra Fiorini, Teresa Noce Longo, Ottavia Penna Buscemi, Elettra Pollastrini, Maria Maddalena Rossi, Vittoria Titomanlio. Questi i loro nomi, molti dei quali sono finiti nel dimenticatoio, eppure queste 21 signore furono le prime donne a mettere piede in Parlamento. Tra queste donne selezionate per rappresentare le istanze del mondo femminile italiano ci furono ben due trentine: Elisabetta Conci e Maria De Unterrichter Jervolino. Elisabetta Conci, detta Elsa, nacque a Trento nel 1895. Il padre, Enrico, era un noto avvocato del capoluogo Trentino che ricoprì anche la carica di deputato sia presso la dieta di Innsbruck che al Parlamento di Vienna. Crebbe dunque in un ambiente ricco di stimoli tanto politici quanto culturali, stimoli che la portarono probabilmente ad aderire alla Democrazia Cristiana alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Eppure la sua vita non fu

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tutta agi e privilegi: quando nel 1915 scoppiò la guerra, finita la scuola e ottenuto un diploma in pianoforte, raggiunse il padre e la madre Maria Sandri a Linz. La famiglia Conci era stata infatti confinata nella cittadina austriaca, e la appena venten-

Elisabetta Conci

ne Elsa fu anche accusata di irredentismo. Il processo a suo carico, cominciato quello stesso anno, fu interrotto dall’amnistia proclamata da Francesco Giuseppe nel 1916. Gli anni della guerra la videro impegnata nello studio della filosofia presso l’Università di Vienna; completò però gli studi a Roma, nel 1920. La laurea le permise di essere assunta come insegnate di tedesco in un’istituto tecnico inferiore della sua città natale. Ma Elisabetta Conci fu anche una prolifica giornalista: il suo forte erano gli articoli

 di Elisa Corni

di argomento politico e moralistico. Per molti anni collaborò con Il Popolo Trentino. Il suo impegno politico la portò a essere eletta come prima delegata al congresso nazionale della DC, e, nel 1946, a far parte di coloro i quali scrissero la costituzione. In particolare fece parte della commissione dei 18 che avevano l’arduo compito di coordinare gli Statuti Speciali di alcune regioni con la nascente Costituzione Italiana. Dopo l’esperienza alla Costituente continuò a fare politica (arrivando fino a Strasburgo) fino alla sua morte, nel 1965. Anche la sua compagna di partito Maria De Unterrichter Jervolino apparteneva a un’importante famiglia trentina con la politica nel sangue come il fratello Guido. Maria nacque nel 1902 e, una volta laureata in lettere a Roma, diventò insegnante di scuola media. Per molti anni fu presidente della Federazione Italiana Università Cattoliche e dedicò la propria vita alla questione della famiglia e delMaria De Unterrichter Jervolino


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l’emancipazione femminile. Visto il uso impegno politico e sociale e la sua dedizione alla vita politica del Paese, nel 1946 fu tra le 21 donne coinvolte direttamente nella stesura della costituzione. In particolare fece parte della commissione per i trattai internazionali, e lavorò fianco a fianco con Alcide De Gasperi per la costruzione dell’Accordo De Gasperi - Gruber sulla questione altoatesina. Una volta scritta la Costituzione del nostro paese, si dedicò alla

politica, venendo eletta alla Camera dei Deputati in tutte e tre le prime legislature. Contemporaneamente continuò a dedicarsi a un tema a lei particolarmente caro: l’educazione dei più giovani e il metodo Montessori. Questo tema l’assorbì anche quando, nel 1963, decise di lasciare la politica per dedicarsi alle nuove

Referendum - 2 giugno - scheda elettorale

La prima seduta dell'Assemblea Costituente

generazioni; lo fece fino all’anno della sua morte, avvenuta a Roma nel 1975. Queste donne, come le loro altre compagne d’avventura furono scelte per rappresentare le istanze del mondo femminile italiano, per dare voce ai milioni di madri, figlie, sorelle che fino a quel momento non potevano nemmeno scegliere chi le potesse rappresentare.

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ALCIDE DEGASPERI

un attuale precursore

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uando si ricorda qualcuno che per destino, levatura morale, e testimonianza di vita, ha rappresentato un’ineccepibile eccellenza come Alcide Degasperi, pare superfluo e ridondante ripercorrerne pedissequamente la biografia quasi a simulare una conoscenza e uno studio personali che ovviamente attingono invece a fonti disponibili e feconde come la vitalissima Fondazione Trentina Alcide De Gasperi, istituita nel 2007 dalla Provincia autonoma di Trento e dall’Istituto Luigi Sturzo di Roma, e che a Pieve Tesino gestisce il Museo Casa De Gasperi, ha realizzato il Giardino d’Europa, e assunto la gestione culturale del Museo Tesino delle Stampe e dell’Ambulantato “Per Via”. Vogliamo qui allora non usurpare meriti, ma semplicemente far risuonare una volta di più, in sintonia con il detto

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latino «repetita iuvant» quel patrimonio culturale che è italiano, trentino, e fin anche valsuganotto, rappresentato dall’attività di ricerca, formazione, e divulgazione culturale, svolto dalla Fondazione, per contribuire anche noi, e va tutto a nostro onore, ad approfondire e valorizzare la figura del grande statista trentino, convinti come siamo che interpretare in chiave contemporanea – ma Degasperi è più che contemporaneo, anzi, meglio, un attuale precursore - il messaggio degasperiano, sia un integratore indispensabile alla cultura politica, ci porti a valorizzare la nostra autonomia, così come l’identità storica e culturale, per una partecipazione civile consapevole che approfondisca la conoscenza delle istituzioni internazionali e comunitarie. Chi meglio di noi e a vario titolo ricorda la figura di uno tra i più grandi padri fondatori dell’Unione Europea, distintosi per il suo carisma fin dal periodo austro-ungarico, ci senta dunque come dei semplici collaboratori che cercano di fare del proprio meglio, come ci auguriamo di riuscire a fare. Rimanendo in Valsugana, pensiamo che Degasperi sia attuale anche in un aspetto che non viene molto citato, ma che riteniamo utile per comprendere la politica locale seguendo il filone degli studi sul potere politico e le élites. Una politica che non può certo dirsi “alla Degasperi”, cioè impegnata

 di Franco Zadra

nel consolidamento delle competenze istituzionali degli enti territoriali, quanto piuttosto legata alla capacità di rappresentanza, anche (sic!) clientelare, presso il centro, e di creazione del consenso da parte della classe politica locale. Alcide Amedeo Francesco Degasperi – si legge su Wikipedia - è nato a Pieve Tesino il 3 aprile 1881, morto a Borgo Valsugana il 19 agosto 1954. Fu membro della Camera dei Deputati Austriaca per il collegio uninominale della Val di Fiemme nella Contea del Tirolo, poi esponente del Partito Popolare Italiano e fondatore della Democrazia Cristiana con il suo scritto “Le idee ricostruttive della Democrazia Cristiana”. Fu l'ultimo presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia e il primo della Repubblica Italiana. Reputato uno dei padri della Repubblica Italiana, è considerato - assieme al tedesco Konrad Adenauer, ai francesi Robert Schuman


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favorevoli al Nazismo in opposizione ai comunisti tedeschi. Nel dicembre 1945 fu nominato presidente del Consiglio dei Ministri, l'ultimo del Regno d'Italia. Durante tale governo fu proclamata la Repubblica e perciò fu anche il primo capo di governo dell'Italia repubblicana, e guidò un governo di unità nazionale, che durò fino al 1947. Il 10 agosto 1946 intervenne a Parigi alla Conferenza di pace, dove ebbe modo di contestare le dure condizioni

e Jean Monnet, all'olandese Johan Willem Beyen, al belga Paul-Henri Spaak, al federalista Altiero Spinelli - uno dei padri fondatori dell'Unione europea. La Chiesa cattolica lo venera come servo di Dio ed è in corso la causa di beatificazione. Nel 1919 aderì al Partito Popolare Italiano promosso da don Luigi Sturzo; solo nel 1921 venne eletto deputato a Roma, in quanto il Trentino fino a quell'epoca era stato sottoposto a regime commissariale. Nel 1922 si sposa con Francesca Romani (1894-1998) nella chiesa arcipretale di Borgo Valsugana. Nasceranno quattro figlie, Maria Romana, Lucia, Cecilia, e Paola, una delle quali entrerà in monastero. Nello stesso anno il 16 novembre a seguito del discorso del bivacco, il primo discorso alla Camera dei deputati tenuto da Mussolini, in veste di Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia, che si ricorda per il passo «Potevo fare di quest’Aula sorda e grigia un bivacco di manipoli: potevo

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sprangare il Parlamento e costituire un Governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto», votò la fiducia al governo Mussolini. Al tempo delle dimissioni di Don Sturzo da segretario del PPI Degasperi era capogruppo alla Camera. Il 20 maggio 1924 assunse la segreteria del Partito popolare, carica che manterrà fino al 14 dicembre 1925. Dopo l'iniziale sostegno al governo Mussolini, successivamente si oppose all'avvento del fascismo finché, isolato dal regime, fu arrestato alla stazione di Firenze l'11 marzo 1927, insieme alla moglie, mentre si stava recando in treno a Trieste. Al processo che seguì venne condannato a 4 anni di carcere e a una forte multa. Dopo la scarcerazione, venne assunto alla Biblioteca Apostolica Vaticana, dove passò lunghi anni di studio e di osservazione degli avvenimenti politici italiani e internazionali, nonché di approfondimento della storia del partito cristiano del Centro in Germania e delle teorie economiche e sociali maturate in seno alle varie correnti della cultura cattolica europea. Mostrò un evidente coinvolgimento nella lotta tra cattolicesimo e comunismo anche a scapito della perspicacia delle sue valutazioni sul Nazismo tedesco. In particolare giustificò l'annessione dell'Austria al Reich criticando il "processo di scristianizzazione" portato avanti a suo dire dal Partito Socialdemocratico austriaco e appoggiò le posizioni della chiesa tedesca nel 1937

inflitte all'Italia. Nel gennaio 1947 si recò negli Stati Uniti, dove conseguì un importante successo politico con l'ottenere dalle autorità americane un prestito Eximbank di 100 milioni di dollari. Nell'occasione fu il terzo italiano a essere onorato di una “ticker-tape parade”, parata tradizionalmente tenuta nel "Canyon degli Eroi", e sarà l'unico a ripeterne l'esperienza, nel 1951. Nelle elezioni del 18 aprile del 1948, riuscì a guidare la DC a uno storico successo, ottenendo il 48% dei consensi (il risultato più alto che qualsiasi partito abbia mai raggiunto in Italia) e fu nominato Presidente del primo Consiglio dei ministri dell'Italia repubblicana. Morì il 19 agosto 1954 nella sua casa in Val di Sella. La sua scomparsa improvvisa, lontano dal clamore e dall'attenzione dei palazzi romani, suscitò vasta commozione in tutta Italia; il lungo tragitto in treno con cui la salma raggiunse Roma per le esequie di Stato, fu rallentato da numerose soste impreviste perché la gente comune era accorsa da ogni parte per rendere omaggio allo statista.


MESSAGGIO POLITICO ELETTORALE

PER PROMUOVERE LA POLITICA ONESTA

Committente responsabile Loretta Capri Committente responsabile Rinaldo Stroppa

Promesse elettorali? Niente miracoli, solo impegno, dedizione, onestà morale ed intellettuale, per una politica sana e concreta! Bisogni della Famiglia, salvaguardia del diritto alla salute e alla sicurezza,come il sostegno ai commercianti, ai coltivatori e alle piccole imprese, sono già nel mio ordine del giorno! La periferia al centro, il centro rivolto alle nostre valli.

La politica deve sempre essere vicino alle esigenze delle nostre comunità, capirne i problemi e risolverli nel migliore dei modi, compresa la VIABILITA’ DELLA VALSUGANA affinchè sia resa più sicura. Il riferimento è per il miglioramento della vista sociale, per i più deboli e i più bisognosi e fare in modo che anche loro si sentano parte “viva” della comunità.

Loretta Caporpipa Rinaldo Str BOLO BARRA IL SIMO O STR PPA D L A IN R E I R P TA CA E SCRIVI LORET

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SPECIALE ELEZIONI - OTTOBRE 2018

Dalla Valsugana a Obmann della SVP

SILVIUS MAGNAGO

L'uomo che ha governato la Provincia di Bolzano e la Regione e guidato pacificamente al Pacchetto di autonomia. La sua famiglia era di origini trentine.

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l viaggio della famiglia Magnago inizia in Valsugana, nel Welschtirol quando nella prima metà dell’800 regnava l’Imperatore Francesco Giuseppe, prosegue a Rovereto, dove nasce il padre omonimo Silvius, e prosegue per Merano dove nel 1914 nasce Silvius junior, e già nel 1915 arriva a Bolzano. Il padre esercita l’attività di magistrato. La madre, originaria di Bregenz nel Voralberg, è insegnante. Silvius Magnago, il Padre del pacchetto, si diploma al liceo classico del capoluogo sudtirolese, e si laurea in legge a Bologna nel giugno del 1940 con una tesi dal titolo: i reati contro la razza e il patrimonio biologico ereditario nella legislazione nazional socialista. Dal novembre 1936 al giugno del 1937 frequenta la scuola ufficiali di Palermo. Nel 1938 è tenente della riserva del primo reggimento granatieri a Roma e nel 1939, viene arruolato nella Wehrmacht nelle cui fila combatte sul fronte orientale dove, nel 1943, viene ferito. Perde una gamba e rientra a Bolzano nel 1945, grande invalido di guerra. Silvius Magnago a Castel Firmiano (Ansa)

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Questa la sua biografia personale, quella politica inizia nel 1945 quando il commerciante bolzanino anti nazista Erich Amonn già a capo dell’organizzazione clandestina Andreas Hofer Bund, fonda la Sud Tiroler Volkspartei a cui aderiscono inizialmente cittadini che non avevano optato per la Germania nel 1939. Silvius Magnago, che lavorava come traduttore nel partito e impiegato presso la Cassa di risparmio di Bolzano, partecipò alle elezioni comunali del luglio 1948 e ottenne il più elevato numero di preferenze della SVP diventando vicesindaco della città. Alle elezioni provinciali del novembre dello stesso anno ottenne il maggior numero di preferenze, fu eletto e divenne il primo presidente del Consiglio provinciale di Bolzano e più tardi della Regione. Mantenne la carica fino al 1960.

LA FORZA DELLA RAGIONE Il 17 novembre 1957 organizzò a Castel Firmiano una manifestazione a cui parteciparono 35 mila persone. In questa occasione venne coniato il motto Los Von Trient che sostituì il Los Von Rom. Lo slogan era contro i dirigenti democristiani della provincia di Trento accusati di lavorare contro la completa autonomia del Sud Tirolo. E’ in questa occasione che la SVP sostituisce all’obiettivo della secessione e riunificazione all’Austria quello di una forte autonomia a livello provinciale. Lo stesso anno a

 di Waimer Perinelli

Silvius Magnago - da UnserTirol24

43 anni di età, divenne presidente della SVP e vi rimase fino al 1991. Nel 1960 viene eletto presidente della giunta provinciale di Bolzano carica che ricopre fino al 1989. Muore a 96 anni nel 2010.

IO L’HO CONOSCIUTO Oskar Peterlini 68 anni, Consigliere regionale e senatore della SVP. Ha conosciuto giovanissimo Silvius Magnago. Nel 1972 Peterlini fu nominato segretario regionale del movimento giovanile della Svp. Nel 1978, a 28 anni, entrò nel Consiglio regionale. Era il Consigliere più giovane e Magnago era il più anziano. I giornali titolarono: Oskar Peterlini il bambino d’oro della Svp. “Magnago dice aveva un grande carisma e fascino che si manifestava completamente nelle assemblee. La sua figura di invalido di guerra, il solo vederlo procurava emozioni. Per lui non era facile avere sempre la maggioranza e per questo aveva una tattica. Per mesi e mesi presentava le sue tesi di paese in paese. In ogni occasione lasciava parlare tutti e di tutto ma le cose importanti le proponeva quando tutti


SPECIALE ELEZIONI - OTTOBRE 2018

erano un po’ affaticati. Non mancava di umorismo e spesso iniziava un’assemblea con una battuta . A Castel Firmiano esordì con la frase: Oggi non avrò molti applausi perché piove e voi dovete con una mano tenere l’ombrello.” Proprio a Castel Firmiano dettò la nuova politica della Svp. “Certamente. La prima grande svolta Oskar Peterlini

la diede alla Svp quando accentuò la politica autonomistica del partito portata avanti dai fondatori e fra questi Erich Amonn. Fu per questo considerato un uomo duro. Poi seppe mediare e a Castel Firmian dettò la linea risoluta ma morbida rispetto a chi voleva l’autodeterminazione. A chi usava le bombe diceva che si rischiava un conflitto con le armi ma - noi sud tirolesi aggiungeva - non abbiamo le armi. Era una persona di grandi visioni: imponeva quello che riteneva giusto.” Quale eredità ci ha lasciato Magnago? “La sua più grande eredità politica è il Pacchetto, un vero regalo fatto al Sud Tirol, frutto di mediazioni che ha portato ad un compromesso sempre migliorabile. Ma ha lasciato anche una grande eredità morale. Ora che l’immagine della politica è decaduta ne siamo sempre più consapevoli. Era un uomo integro.- Quando il partito fu in difficoltà economiche

Magnago a Castel Firmiano - Salto.bz

non esitò a regalare la sua villa in alla Svp che con il ricavato pagò dei debiti. Oggi fra lui, la sua persona, la sua attività politica e quanto vediamo c’è un abisso. Quando lasciai il Consiglio dopo venti anni, mi chiese perché andavo via: gli risposi che ero soddisfatto e che lasciavo il posto ai giovani. Scherzando mi disse, ma sei ancora un bambino. Nel 2001 fui chiamato a candidarmi per il Senato, ma questa è un’altra storia.”

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MESSAGGIO POLITICO ELETTORALE

FRANCESCO AGNOLI

Un futuro lavorativo per i giovani, sicurezza, una scuola e una cultura più conformi alle radici trentine.

Francesco CAoganloi li

Giuseppina

LO BARRA IL SIMBOOALI I GIUSEPPINA C L O N G A O C S E C E SCRIVI FRAN

Committente responsabile Francesco Agnoli

Francesco Agnoli, classe 1974, professore di storia e filosofia a Trento, già opinionista per vari quotidiani nazionali (Avvenire, Foglio, La Verità...), radio e tv (radio Maria, Telepace…), con la sua candidatura propone un bagaglio di valori e una visione che si ricava dai suoi interventi, di promozione della famiglia, un futuro lavorativo per i giovani, sicurezza, e una scuola e una cultura più conformi alle radici trentine. Una terra, il Trentino, con solidi valori popolari e cattolici, messa in crisi dalla globalizzazione e da logiche politiche e partitiche che hanno stravolto il senso originario di una visione del mondo. Il suo partito, Civica Trentina, è un movimento territoriale di persone con questi valori, affermati con professionalità e competenza. Un movimento autonomista che non prende “ordini da fuori”, dai partiti nazionali, ma nel rispetto dei legami territoriali, a nord come a sud, vuole agire libero dalle ideologie e in piena libertà d’azione. Il primo passo di Agnoli sarà contro gli sprechi di denaro pubblico.


SPECIALE ELEZIONI - OTTOBRE 2018

I PRESIDENTI DELLA PROVINCIA DI TRENTO dal 1948 ad oggi

GIUSEPPE BALISTA (DC) I Legislatura - 1948-1952

GIORGIO GRIGOLLI (DC) VII Legislatura - 1974 -1979 Foto Giulio Cagol

REMO ALBERTINI (DC) II Legislatura - 1952 - 1956

RICCARDO ROSA (DC) III Legislatura - 1956 - 1960

Foto Gianni Zotta

Foto Rossi

FLAVIO MENGONI (DC) VIII Legislatura 1979 - 1984 IX Legislatura 1째 1984 - 1985

PIERLUIGI ANGELI (DC) IX Legislatura 2째- 1985 - 1989

BRUNO KESSLER (DC) IV Legislatura - 1960 - 1965 V Legislatura - 1965 - 1969 VI Legislatura - 1969 -1974

MARIO MALOSSINI (DC) IX Legislatura 2째 - 1989 - 1992

Foto Gianni Zotta

Foto Giulio Cagol

GIANNI BAZZANELLA (DC) X Legislatura - 1992 -1994

CARLO ANDREOTTI (PATT) XI Legislatura 1994 -1999 Foto Piero Cavagna

LORENZO DELLAI (CIVICA MARGHERITA) XII Legislatura - 1999- 2003 XIII Legislatura 2003-2008 XIII 1째 Legislatura 2008-2012 (UNIONE PER IL TRENTINO) Foto Matteo Rensi

Tutte le foto sono su gentile concessione dell'Archivio Ufficio Stampa Provincia Autonoma di Trento. Un sentito ringraziamento all'Ufficio Stampa della Provincia Autonoma di Trento per la preziosa collaborazione. ALBERTO PANCHER (PD) XIV Legislatura 2012 -2013

UGO ROSSI (PATT) XV Legislatura - 2012 -2018

Foto Dino Panato

Foto Romano Magrone

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MESSAGGIO POLITICO ELETTORALE


SPECIALE ELEZIONI - OTTOBRE 2018

I PRESIDENTI DELLA PROVINCIA DI BOLZANO dal 1948 ad oggi

KARL ERCKERT (SVP) I Legislatura 1948 - 1952 II Legislatura 1952 - 1955

PUPP ALOIS (SVP) II Legislatura 1956 III Legislatura 1956 - 1960

SILVIUS MAGNAGO (SVP) IV - V - VI - VII - VIII - IX Legislatura dal 1960 al 1989

Archivio Centrale dello Stato

da UnserTirol24

LUIS DURNWALDER (SVP) X - XI - XII - XIII - XIV dal 1989 al 2014

ARNO KOMPATSCHER (SVP) XY Legislatura 2014 -2018

Foto AgFBernardinatti

PRATICHE AUTO • PATENTI BOLLI AUTO • ALTRI SERVIZI: Servizi per i soci, SARA assicurazioni • Vignette per Austria e Svizzera

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SPECIALE ELEZIONI - OTTOBRE 2018

I PRESIDENTI DELLA REGIONE dal 1948 ad oggi

TULLIO ODORIZZI I 1948 - 1952 • II 1952- 1956 III 1956 - 1960

LUIGI DALVIT I 1960 - 1964 • II 1964 - 1967

GIORGIO GRIGOLLI I 1967 - 1968 • II 1968 - 1973

Foto Giulio Cagol

Foto Giulio Cagol

SPARTACO MARZIANI 1977 1978

ENRICO PANCHERI 1978 - 1983

PIERLUIGI ANGELI 1983 - 1985

Foto Gianni Zotta

Foto Gianni Zotta

Foto Gianni Zotta

TARCISIO GRANDI 1993 - 1999

MARGHERITA COGO 1999 - 2002

Foto Dino Panato

Foto Matteo Rensi

BRUNO KESSLER 1973 - 1976

FLAVIO MENGONI 1976 - 1977 Foto Giulio Cagol

Da Vita Trentina

GIANNI BAZZANELLA 1985 - 1988

TARCISIO ANDREOLLI 1988 - 1993

CARLO ANDREOTTI 2002 - 2004

Luis Durnwalder I 2004 - 2006 • II 2008 - 2011

Lorenzo Dellai I 2006 - 2008 • II 2011 - 2013

Foto Piero Cavagna

Foto AgFBernardinatti

Foto Matteo Rensi

Tutte le foto sono su gentile concessione dell'Archivio Ufficio Stampa Provincia Autonoma di Trento. Un sentito ringraziamento all'Ufficio Stampa della Provincia Autonoma di Trento per la preziosa collaborazione.

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ALBERTO PACHER 2013 - 2014

UGO ROSSI 2014 - 2016

Foto Corrado Poli

Foto Romano Magrone

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Arno Kompatscher 2016 - 2018


MESSAGGIO POLITICO ELETTORALE

LA TUA PERSONA AL PRIMO POSTO

Committente responsabile Giuseppe Resta

Committente responsabile Sonia Fontanari

La nostra quotidianità necessita di SICUREZZA, rivolta non solo alla persona, ma anche alla proprietà, per fare sì che i nostri cittadini e le famiglie, con i loro figli, possano vivere in tranquillità e senza paura. TURISMO e VIABILITÀ punti essenziale di una politica attiva e costruttiva.

Il mio impegno e la mia attenzione saranno rivolti ai cittadini perchè devono essere Loro i destinatari di una politica giusta e onesta. É necessario MIGLIORARE LA QUALITÀ DELLA VITA con particolare riferimento ai più deboli, ai più bisognosi e ai meno abbienti.

i r a n a t n o F a i n So e Resta Giusepp LO BARRA IL SIMBEOSTA E GIUSEPPE R I R A N A T N O F E SCRIVI SONIA

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SPECIALE ELEZIONI - OTTOBRE 2018

BRUNO KESSLER E LA COMUNITÀ

AUTONOMIA - ORGOGLIO - CULTURA  di Waimer Perinelli

È

nato il 17 febbraio del 1924 a Peio il paese di nemmeno 1800 anime adagiato nell'omonima valle ai piedi dell'Ortles e del Cevedale con vette che sfiorano i 4000 metri di altitudine. Si è diplomato al liceo classico di Rovereto nel 1943 e laureato in giurisprudenza a Padova nel 1950. Di professione avvocato ma di fatto animato dal furore della politica. Una malattia non rara, molto difficile da curare, totalizzante, che si cura immergendosi anzi vivendo in simbiosi con la comunità. Se si guarisce si fallisce, se si vince se ne diventa schiavi. L'attività politica lo porta nelle vallate trentine. E' rimasto famoso per la capacità di ascoltare la gente, capire le necessità, vincere alla morra. Come

tanti suoi politici contemporanei frequentava la Cantinota e consumava i leggendari risotti del Gianni. Per bere preferiva il vino rosso “ Me bevo un rosso, diceva, così avremo un comunista di meno”. La militanza nella Democrazia Cristiana e l'esempio di Alcide Degasperi lo portano all'elezione in consiglio Bruno Kessler, Aldo Moro, Flaminio Piccoli - Da Vita Trentina provinciale nel 1956. Vi rimarrà per vent'anni e saranno anni una volta i tempi. Chiamerà a insegnare molto produttivi. Presidente della Provincia autonoma grandi professori, Francesco Alberoni, dal 1960 al 1974 contribuirà in modo Beniamino Andreatta, Paolo Prodi... e determinante alla realizzazione dell'Au- nascerà la Libera Università con le tostrada del Brennero sulla quale oggi facoltà di giurisprudenza, economia, transitano 45 mila veicoli al giorno, in lettere, ingegneria.... maggior parte di turisti e gli introiti dei Capisce le esigenze delle Vallate e propedaggi sono parte importante del bi- muove i Comprensori, oggi Comunità di Valle, e con essi l'autonomia territolancio provinciale. Nel 1962 Kessler fonda l'Istituto Trentino riale, politicamente realizzata nel PUP di Cultura da cui prenderà vita la Libera piano Urbanistico Provinciale. Facoltà di Sociologia, la prima in Italia. Muore a Trento il 19 marzo 1991. Nel Brontolano i tradizionalisti perchè in 2007 viene ricordato e immortalato città arrivano giovani di tutta Italia, nella Fondazione che porta il suo nome istituzione fondamentale per lo sviluppo con idee nuove, rivoluzionarie. Il leader trentino ha anticipato ancora della ricerca in Trentino.

Bruno Kessler - Foto Ufficio Stampa Provincia Autonoma di Trento

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SPECIALE ELEZIONI - OTTOBRE 2018

BRUNO KESSLER

 di Waimer Perinelli

UN CAPITANO IO L’ HO CONOSCIUTO Nostro colloquio con Lorenzo Dellai “Dove muore un Lares nascono sol nosioi” era questa una delle frasi abituali di Bruno Kessler riferite alla politica. In natura il fenomeno si verifica puntualmente e la colpa è soprattutto del Larice che con le sue radici, gli aghi e l'ombra uccide i propri figli. Ma sarà poi vero fra i politici? Lo abbiamo chiesto a Lorenzo Dellai, già Governatore della Provincia di Trento e parlamentare ed oggi un reduce come egli stesso si definisce. “Rispetto a lui siamo tutti dei nanerottoli. Nelle comunità nascono, non molto frequentemente, delle persone di grande carisma. E' un dono al quale associano percorsi personali, esperienze e intuizioni. Importante poi il momento storico. In un periodo particolare della vita dei trentini abbiamo avuto la fortuna di avere una persona capace di quella visione generale, di scelte delle quali ancora oggi godiamo i frutti: l'equilibrio fra la dimensione della città e delle valli; la formazione con l'Università; la ricerca; la valorizzazione della gestione autonoma del territorio”. Era uomo solo al comando? “No. Era, come dicono nei paesi del nord, un Capitano, un condottiero. Ebbe la grande capacità di circondarsi di persone capaci provenienti anche da fuori territorio, da tutta Europa. Persone esperte con le quali ha trasformato il Trentino in laboratorio amministrativo e sociale. Non si imponeva come accade

spesso oggi fra i leader politici con l'uso dei media. Egli fu interprete del particolare momento storico e ne fu protagonista politico del cambiamento vivendo in simbiosi con la comunità” Ha lasciato un 'eredità Politica? “Non c'è un'eredità diretta ed esclusiva, ha lasciato un patrimonio che ci induce ancora a riflettere sui cambiamenti. Assieme alla sua squadra ha tracciato un sentiero che aiuta a scegliere”. È stato uno dei Padri dell'autonomia. “Uomo e politico equilibrato ha saputo tessere i rapporti con Bolzano quando si sono deteriorati. Nel 1957 quando al grido di Los von Trient i sudtirolesi si riunirono a Castel Firmian, Kessler non interruppe mai il rapporto con la SVP e Silvius Magnago e con grande abilità riuscirono a preparare il secondo Statuto di autonomia approvato nel 1972. Grazie alla loro capacità politica di mediazione ancora oggi il Trentino e il Sud Tirolo-Alto Adige possono guardare al

Lorenzo Dellai - da Radio NBC Rete Regione

futuro. Serve però su questa base progettare ed approvare il Terzo Statuto che raccolga le nuove legittime istanze”. È stato spesso scritto dei cattivi rapporti fra Kessler e Flaminio Piccoli, un altro dei Padri del Trentino. “Il fatto è una caricatura, una semplificazione dei loro rapporti. Si diceva: Kessler comanda a Trento, Piccoli a Roma. Era pur vero ma la loro azione politica fu soprattutto un equilibrio creato all'interno della Democrazia Cristiana. Kessler era della sinistra democristiana vicino a Moro, a Nino Andreatta. Piccoli era un doroteo. Fra i due c’era un reale conflitto politico perché interpretavano due anime della DC, un conflitto però che si svolgeva dentro il partito. Ci furono scontri violenti ma era forte il senso di appartenenza. Oggi in Trentino, ma non solo, se uno guarda storto un altro, quest’ultimo fonda un altro partito. Lavoravano entrambi nell’interesse della nostra terra”.

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SPECIALE ELEZIONI - OTTOBRE 2018

GLI 11 CANDIDATI PRESIDENTI TRENTINO e l’ordine sulla scheda elettorale PAOLO PRIMON

UGO ROSSI PARTITO AUTONOMISTA TRENTINO TIROLESE

POPOLI LIBERI - PRIMON FREIE VÖLKER

FILIPPO CASTALDINI

GIORGIO TONINI UNIONE PER IL TRENTINO

CASAPOUND

MAURIZIO FUGATTI FUTURA 2018 LEGA

PARTITO DEMOCRATICO PROGETTO TRENTINO

AUTONOMISTI POPOLARI

AGIRE PER IL TRENTINO

FORZA ITALIA

FERRUCCIO CHENETTI MOVIMENT LADIN DE FASCIA

ANTONELLA VALER CIVICA TRENTINA

UDC

FASSA

FRATELLI D’ITALIA

FEDERICO MONEGAGLIA RICONQUISTARE L’ITALIA

ROBERTO DE LAURENTIS TRE - TERRITORIALITÀ RESPONSABILITÀ ECONOMIA

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L’ALTRO TRENTINO A SINISTRA

LIBERI E UGUALI

MAURO OTTOBRE AUTONOMIA DINAMICA

FILIPPO DEGASPERI MOVIMENTO 5 STELLE


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Prendi qui il calor

Il rifornimento di pe UNA GRANDE NOVITÀper i consumatori arriva dal Gruppo Nord Petroli (www.nordpetroli.it) e si chiama DAB, Distributore Automatico di Biomasse sfuse. Un sistema di distribuzione, già in funzione, creato per soddisfare la domanda del mercato che sempre più vede i consumatori privati preferire la soluzione del vending automatico rispetto alla vendita tradizionale. Ma perchè questa “innovazione” e questa scelta da parte di Nord Petroli? “Ci sono più di 11 milioni di stufe, camini e caldaie domestiche a legna e a pellet, installati in Italia, ci sottolinea Marco Angeli, con un investimento previsto a fine 2017 di 240 milioni di Euro che si prevede in crescita di un 8% annuo, fino a raggiungere il miliardo di euro nel quadriennio 2017-2020.

«Il mercato più redditizio nei prossimi anni – dice ancora Angeli - è riconducibile alle stufe a pellet (92%), seguito da caldaie a pellet e caldaie a cippato che ricoprono rispettivamente il 5% e il 3% del totale. Si tratta di un mercato legato alla sostituDistributore a Castelnuovo

Distributore a Marter

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zione dei vecchi impianti che in ogni segmento di mercato è responsabile per il 90-95 % del corrispondente volume di affari. Il mercato dei pellet è in crescita esponenziale, grazie alla comodità di gestione in termini di maggiore facilità di stoccaggio, movimentazione e alimentazione automatica degli impianti, ma soprattutto per la maggior convenienza economica rispetto ai combustibili fossili”. E per quanto riguarda la qualità del materiale? «È importantissimo che sia abete certificato come quello da noi usato – dice ancora Angeli - perché essendo resinoso non ha bisogno di collanti e quindi il residuo dopo la combustione è pressoché nullo. Il residuo di ceneri è un criterio essenziale da te-


re per la tua casa

ellets in Valsugana

La sede a Borgo Valsugana

Da questo mese i pellets di abete bianco certificato del Gruppo Nord Petroli di Marco Angeli, sono in distribuzione self service presso gli impianti carburanti di Castelnuovo Valsugana, in località Spagolle, sulla SS47 in direzione Trento, e a Marter di Roncegno in direzione Bassano. facilità di utilizzo del DAB e un sensibile risparmio sul prezzo. Per il gestore, oltre alla fidelizzazione del cliente, vi sono l’efficienza dei costi di gestione e la competitività nel prezzo di vendita.

nere in considerazione per stare alla larga dal pellet scadente. Tanta cenere, infatti, non è solo una seccatura che vi spinge a dover pulire la vostra stufa a pellet più spesso di quanto non abbiate preventivato, ma può anche generare dei blocchi all’intero meccanismo di carico dell’impianto o impedirne la riaccensione automatica». Ora con i DAB si potrà rifornirsi di pellets con la stessa facilità del fare benzina. Un successo raccontato in anteprima, fondato sulla vendita h24, 7 giorni su 7, con un servizio Web molto friendly,

propri come bidoni di plastica o simili, ma il pellet è venduto in quantità preimpostate per uniformare il calcolo del costo con lo standard del mercato. Se vendessimo sfuso tanti si troverebbero in difficoltà a fare il paragone di prezzo». Cosa importante è stata anche la scelta di posizionare i distributori DAB nelle aree di servizio carburanti. E il motivo si sintetizza nella facilità di accesso nell’arco delle 24h, nella disponibilità di parcheggio e nella comodità d’uso. A questo si può aggiungere la coerenza merceologica tra carburanti per autotrazione e biomasse per riscaldamento fa ritenere che il posizionamento di un impianto DAB all’interno di un impianto di distribuzione carburanti rappresenti la creazione di una sinergia ottimale capace di svilupparne al massimo le potenzialità commerciali.

iosità, Per qualsiasi informazione o cur ci si può collegare al sito o www.nordpetroli.it, dove si posson trovare tutte le informazioni sul funzionamento con tessera o con contanti, oppure telefonare a:

«Si possono comprare i sacchetti da 15 Kg – spiega Angeli - comodamente riutilizzabili quante volte si vuole, o comunque utilizzare contenitori

L GRUPPO NORD PETROLI SR Borgo Valsugana Via Per Olle, 40 Tel. 0461 753159

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SPECIALE ELEZIONI - OTTOBRE 2018

ENRICO PRUNER

il sarto della politica

Un dittatore, carismatico, autorevole capace di accogliere i suggerimenti, di rompere ma anche ricostruire.

 di Waimer Perinelli

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nizia presto l'attività politica di Enrico Pruner. Nato a Frassilongo-Garait nella valle dei Mocheni-Bersntol nel 1922, da una famiglia di ristoratori con il padre Kromero, perticante, assente per molti mesi dell’anno. La fattoriatrattoria, oggi maso Pruner è vicino a Kamauz. Studia al liceo classico di lingua tedesca di Bolzano. Quando viene fondata l'Asar, Associazione studi autonomistici regionali, è fra i primi aderenti. E' ancora fra i fondatori, il 25 luglio del 1948, del Partito Popolare Trentino Tirolese del quale nel 1952 diviene segretario, carica che ricopre per 26 anni. Nel 1949 si è laurea in Scienze agrarie e inizia la propria attività presso la grande azienda Amonn di Bolzano il cui responsabile Erich, guarda caso, è il fondatore della SVP. Pruner ne rimane affascinato e con grande coerenza e passione ne trasferisce le istanze in Trentino sognando assieme a 30 mila trentini, riuniti in piazza Fiera a Trento, il 20 aprile del 1947: Un Trentino autonomo da Borghetto al Brennero. Il successo della manifestazione sembra preludere al successo in Trentino alle elezioni del novembre 1948 dove però il Partito Autonomista cristiano democratico ebbe solo il 16,2 per cento dei suffragi contro il 57,6 per cento della Democrazia Cristiana di Alcide Degasperi. Condivide con la SVP alcuni obiettivi autonomistici, ma i dirigenti del partito di raccolta del Sud Tirolo, temono un abbraccio troppo stretto da parte dei trentini. Con Silvius Magnago non c’è molto feeling, anzi il disaccordo è tale che Pruner nel 1982 presenta a Bolzano una lista di disturbo. Nasce e si concre-

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Enrico Pruner

tizza nel leader trentino l’idea di un partito vicino all’Europa la cui abbreviazione entra nel nome PPTTue e l’obmann mocheno si avvicina alla CDU tedesca coltivando l’amicizia con il leader bavarese Josef Strauss. Tuttavia, come dimostra la tesi di laurea di Beniamino Lunz, del 1974, già nello statuto del partito del PPTTdel 64/65 si parla di Europa. Dal 1960 al 1964 ricopre la carica di Assessore regionale all’economia montana e il suo impegno è tale da fargli guadagnare il soprannome di Heinrich der Grüne (Enrico il verde). Fonda e dirige il foglio del partito Autonomia Integrale. Storica la sua battaglia in difesa dei lavoratori della Sloi e quella al fianco dei contadini contro gli espropri imposti dalla Provincia. Assieme a Domenico Fedel dorme sui terreni della famiglia Oberosler e resiste alle forze dell’ordine che vogliono scacciarlo. Negli anni 80 il partito è in crisi e nell’82 avviene la frattura ricomposta solo nel 1988 quando assieme a Franco Tretter riesce a riunire i due gruppi nel

nascente PATT. Muore nel 1989 all’età di 67 anni. Una sintesi del suo messaggio politico è pubblicata da Nicola Fioretti, attuale sindaco di Aldeno e presidente di Osar (Osservatorio di studi autonomistici regionali e europei: Il nostro cammino politico volge al tramonto e qui è davvero tempo di consuntivi. Ai giovani affidiamo tutte le nostre speranze. Se le giovani generazioni sapranno apprendere la lezione che viene dalla nostra storia, dalle nostre battaglie, dalla nostra presenza nella società trentina come un partito di servizio, molta strada potrà ancora essere fatta. L’obiettivo finale è quello di un’autonomia compiuta nella realizzazione piena dello statuto di autonomia. Non vi sono posizioni di potere da difendere, né tanto meno posizioni personali. Da difendere sono le nostre libere istituzioni, la nostra autonomia, il diritto della nostra gente al buongoverno nel quadro di un solidarismo vero che è la nostra unica forza”.


SPECIALE ELEZIONI - OTTOBRE 2018

ERA MIO PADRE “Io sono stato orfano di padre vivente. Non ci ha mai fatto mancare nulla ma la sua vita era in politica”

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alter Pruner 57 anni sintetizza così, con affetto, la vita del padre impegnato in politica. “Mio padre, dice, era un popolare senza essere un populista. Per tutta la settimana era impegnato nelle due attività condivise con Josef Strauss, l‘amico bavarese del partito cristiano democratico, ovvero: il mattino amministrava e la sera raccoglieva consensi. Se manca una delle due attività, diceva, ovvero solo amministri nessuno conosce il tuo lavoro e non puoi avere consenso se non spieghi o applichi quello che hai fatto. La domenica dopo la messa passava il tempo a telefonare a tutte le persone che aveva conosciuto nella fase amministrativa, condivideva i loro problemi e cercava di risolverli.“ Benché impegnato in politica è riuscito a concepire 4 figli, Walter e tre ragazze, la cui crescita ed educazione primaria è stata assolta in grande parte dalla moglie, Emma Pallaoro, originaria di Sant’Orsola, la parte italiana della valle dei mocheni, insegnante e dotata di grande capacità organizzativa. La famiglia abitava a Trento nel quartiere di San Bartolomeo dove vivevano anche Giorgio Grigolli, Enrico Pancheri e Bruno Kessler. “Kessler ricorda Walter, era molto amico di mio padre. Diceva di invidiargli la libertà di esprimersi. Io diceva, che governo certe cose posso solo pensarle, tu puoi anche dirle. In realtà Enrico Pruner anche quando governava non taceva. Spontaneo e irruente, era un vero dittatore che alternava la linea del tribuno a quella del dialogo. Non accettava compromessi, accelerava e poi frenava. Aveva un carattere spigoloso ma era leale”. Walter Pruner è nato il 12 giugno del 1961, “La notte dei fuochi” ricorda, la grande manifestazione per l’autonomia, l’indipendenza del Sud Tirolo a cui apparteneva, secondo Enrico Pruner anche il Trentino. “Erano anni difficili, ricorda Walter, gli attentati, le bombe, i Walter Pruner morti ammazzati. Una volta rientravamo in auto dall’Austria e al confine del Brennero i finanziari perquisirono l’auto. Giunti in garage a Trento mio padre trovò nel portabagagli una mitraglietta appartenente si ipotizzò ad un finanziere. Non ci pensò due volte si rimise al volante e al Brennero trovò un giovane militare disperato perché aveva perso l’arma.” Walter Pruner ha scelto di non essere il successore del padre. Forse per rispetto, forse nel timore di non esserne in grado. Aveva la via aperta, se non spianata dall’eredità politica. Ha insegnato ed oggi lavora nel gruppo consiliare del Patt in Regione. “Non tutti dice, sono adatti a governare. Bisogna essere realistici, onesti. In tanti mi hanno chiesto di ricoprire un ruolo politico, ma ho rifiutato perché non mi sento adatto non tutti possono essere dirigenti e soprattutto non bisogna confondere il consenso con la capacità di amministrare”. (W.P.)

LA PAROLA AI LETTORI Chi fosse interessato alla pubblicazione di uno scritto o un articolo riguardante una opinione personale, un fatto storico, di cronaca o di un qualsiasi avvenimento, può farlo indirizzando una email a: direttore@valsugananews.com. Il testo, di massimo 3.500 battute, dovrà necessariamente contenere nome e cognome dell'articolista l'indirizzo di residenza e un recapito telefonico per la verifica. Il direttore si riserva la decisione della non pubblicazione in caso l'articolo non dovesse rispettare l'etica giornalistica o d'informazione.

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La 17 edizione di a

LUCI ED OMBRE DEL LEGNO

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a spagnola Marta Fresneda Gutierrez ha vinto la 17a edizione del simposio internazionale di scultura del legno “Luci ed ombre del legno”. La sua opera, dal titolo “Articolo 30 della dichiarazione dei diritti umani”, ha convinto la giuria che, presieduta da Renzo Francescotti e composta anche da Gabriele Bertacchini, Gianantonio Busana, Lorenzo Menguzzato (Lome), Paolo Milani, Eleonora Mezzanotte, Carlo Scantamburlo, Nicoletta Tamanini, e Remo Tomasetti, l’ha scelta tra i 23 lavori in gara. «Opera in parte concettuale – si legge nella motivazione – che giustappone la figurazione alla composizione astratta, esprime simbolicamente un principio fondamentale della convivenza umana al di là di ogni barriera. Da notare nella testa dimidiata i richiami alla scultura dell’Africa, non a caso un continente in cui i diritti umani sono ancora tragicamente schiacciati». Una edizione di alta qualità, artisti di scultura lignea che, per una settimana, sono arrivati dall’Italia, dalla Bulgaria, dalla Repubblica ceca, dalla Svizzera, e dalla Spagna (la vincitrice è di Siviglia) lavorando nelle vie e nelle piazze di Castello, Pieve, Cinte Tesino, Bieno, e Castel Ivano, nella frazione di Strigno. Alla premiazione, svoltasi al cinema teatro, con Eleonora Mezzanotte pre-

senti anche i tre sindaci della conca, diversi amministratori e autorità locali. A far da padrone di casa il presidente del Centro di Documentazione sul Lavoro nei Boschi, Remo Tomasetti. Al secondo posto si è classificata l’opera “L’astronomo” della scultrice ceca Jitka Kusova, per la prima volta presente alla manifestazione, con la seguente motivazione: «Presente per la prima volta al simposio del Tesino, appare come un’autentica rivelazione. Nella sua opera l’artista riesce a coniugare,

nello scrutare il cielo, la ieraticità della scultura classica con una naturalezza ed espressività che sono allo stesso tempo molto moderne». Al terzo posto si è piazzato l’artista rumeno, ma residente a Torino, Ionel Alexandrescu, presenza fissa al simposio, con il lavoro “Il prigioniero della vita” e la seguente motivazione: «Con collaudata e riconosciuta abilità tecnica nella lavorazione del legno, lo scultore ha plasmato un’opera che riesce a trasferire nella materia le energie vorticanti che circondano la terra e gli esseri viventi. Energie, come in questo caso imprigionate, che possono diventare i legami della vita che ci incatenano». Come ogni anno è stato dato spazio anche al pubblico, una giuria popolare che, nella sola giornata conclusiva, visitando tutte le opere esposte nei giardini di via Dante a Castello Tesino, ha espresso ben 417 voti. L’opera più gradita dal pubblico è stata quella dell’artista Alberto Boschetti, 21enne di Pieve Tesino. Oltre ai primi tre classificati la giuria ha assegnato due premi speciali: al miglior giovane under 35, Marta Zucchinali di Treviglio (Bergamo) con l’opera “Aspettando i tuoi occhi” è andato quello messo in palio dalla Galleria Atrebates di Dozza (Bologna). Lo scultore di Valdastico Alessandro Pretto, con l’opera “Linea di confine” si è portato a casa il premio messo in palio dal Vivaio Roncador di Mezzolombardo. Infine, due gli artisti segnalati: Luca Mommarelli di Borgo San Lorenzo (Firenze) con l’opera “Uniti da un insolito destino”, e Matteo Gandini di Missaglia (Lecco) con il suo lavoro “Cubik”. (M.D.)

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Attenti ragazzi,

l’avventura Sat è iniziata! Si è costituita la sezione giovanile della Sat di Borgo Valsugana. Ragazzi/e dai 10 ai 15 anni possono fin d’ora iscriversi rivolgendosi alla sede Sat di Borgo tutti i mercoledì dalle 10 alle 11, o venerdì dalle 20.30 alle 23, oppure telefonando al 336 466876 (Andrea).

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na ventina di ragazzi tra i dieci e quindici anni da poco iscritti alla nuova sezione giovanile della Sat di Borgo, assieme al loro responsabile Enrico e agli accompagnatori Andrea e Franco, hanno ufficialmente iniziato la loro esperienza di “satini” partendo il mattino presto verso Passo Manghen da dove, zaino in spalla, imbragature, corde, e moschettoni, si sono incamminati verso Monte Pergol. Dopo le prime due ore di cammino le nubi che inizialmente coprivano il cielo hanno lasciato spazio a una serenata che li ha accompagnati per tutta la giornata. Arrivati a un incantevole laghetto c’è stata la prima sosta con le immancabili fotografie del paesaggio. Poi, in meno di un'ora hanno raggiunto una baita bivacco dove si sono fermati per una breve colazione e quindi ripartiti per la prima meta della giornata: il “Re

Leone”, un albero secolare della specie Pino Cembro di una maestosità unica che, nonostante si trovi fuori dai tradizionali percorsi, è meta di molti visitatori. Anche là foto di rito e la classica salita sui primi rami dell'albero , per poi riprendere il cammino per la cima del Monte Pergol, raggiunta in circa un’ora e mezza. La vista dalla sommità lascia i ragazzi stupefatti, tanto è spettacolare; ancora più increduli si mostrano quando viene loro detto che dovranno calarsi con le corde lungo la parete e il pendio sottostante per raggiungere un sito dove potranno vedere delle antichissime scritte sulla roccia, segni degli antichi confini tra le diocesi vescovili di Feltre e Trento. Ma prima, pranzo al sacco! Mentre i ragazzi si riposano i responsabili attrezzano la discesa con chiodi e quasi

200 metri di corda per calarsi in sicurezza. Con l'entusiasmo alle stelle i ragazzi fanno a gara per essere i primi a scendere, e finalmente arriva il momento. Indossata l'imbragatura, uno alla volta, accompagnati dai responsabili, vengono calati lungo la parete e il pendio fino a raggiungere la roccia con le antiche scritte usurate dal tempo. L'impresa di aver raggiunto quel posto impervio è stata molto appagante, ma il pensiero ora doveva rivolgersi alla risalita per lo stesso percorso. Sarà stata “l'incoscienza” dell'età o il coraggio contagioso del gruppo, faticando certo un po', ma “senza batter ciglio”, uno dopo l’altro sono risaliti sulla cima. Anche là una meritata pausa, mentre gli accompagnatori recuperavano corde e moschettoni per poi riprendere la strada del ritorno. In meno di tre ore erano già di ritorno al Passo Manghen, stanchi ma soddisfatti per come era andata la prima escursione.

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L’UOMO È CACCIATORE... MA LA CACCIA

 di Chiara Paoli

È FEMMINA!

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Siamo donne, mamme, nonne, lavoratrici con la stessa passione per la natura e la caccia…», così si definiscono le componenti del Gruppo Cacciatrici Trentine, presiedute da Eddi Titta e reduci dal primo Meeting Internazionale delle Cacciatrici. Un fine settimana, il primo di settembre, ricco di spunti fra Trento, Riva del Garda, e il tiro a Segno Nazionale di Pergine Valsugana, organizzato in collaborazione con l'Associazione Cacciatori Trentini e l'Unione Nazionale Cacciatori Zona Alpi (Uncza), con il patrocinio della Presidenza del Consiglio regionale. Ad aprire i lavori, una tavola rotonda dal titolo provocatorio: "Pianeta Caccia: Cacciatrici, leonesse o gazzelle", cui è seguito pranzo ed escursione. Al meeting hanno partecipato cacciatrici di tutta Italia e una folta delegazione proveniente dall’Ungheria. Quest’anno il gruppo, ha promosso anche un concorso artistico e letterario dal titolo “Predatore… le intemperie cancelleranno le nostre impronte”; il meeting è stata anche l’occasione per premiare i vincitori delle due sezioni. Il gruppo al femminile nasce nel 2009 nell’intento di riunire le donne cacciatrici che operano sul territorio provinciale, provenienti da diverse vallate, come la Valsugana, ma anche la Val di Fassa, di Non e Sole, le Giudicarie, e dalla città. Una passione comune a molte è quella del cane da recupero, da qui l’idea di organizzare alcune prove di recupero su traccia artificiale che hanno permesso ad alcune di ottenere l'abilitazione. Dopo un primo momento, parlare solo di caccia all’interno del gruppo sembrava riduttivo, le conoscenze andavano portate anche al di fuori per coinvolgere quante più persone possibili. Si cominciarono così a organizzare laboratori per bambini e adulti per far conoscere il bosco e i suoi abitanti.

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Questo tipo di attività viene svolta anche nelle scuole della Valsugana, di ogni ordine e grado, a partire dai più piccoli della materna che assieme alle cacciatrici scoprono la fauna del territorio che li circonda. A volte le iniziative si svolgono a diretto contatto con la natura per immergersi pienamente in quelle che sono le ricchezze del territorio. Tra le cacciatrici trentine, un centinaio le iscritte, ma circa 20 quelle attive, diversi membri della Valsugana, come Maria Rosa Puecher di Pergine che porta avanti le attività con i bambini perché imparino che la caccia serve anche a tenere controllate le varietà animali e prevenire malattie potenzialmente rischiose, che potrebbero decimare una singola specie. Tra le attività anche alcune occasioni per incontrare le colonie estive e la disabilità, coin-

volgendoli in attività ludico- didattiche. E in primavera le cacciatrici trentine sono sempre disponibili e presenti per guidare le famiglie, in occasione delle aperture del Centro di Recupero della Fauna Alpina al Casteller,. Gestito dall’Associazione Cacciatori Trentini. Nel 2009 ha preso il via un ulteriore progetto, quello che vede le cacciatrici protagoniste di un calendario fotografico, il primo è quello realizzato per l'anno 2010 con l’intento di trasmettere attraverso le immagini fotografiche la passione di queste donne per la caccia, perché possa contagiare anche chi non la pratica e non la conosce. Divenuto nel tempo anche un’opera artistica che mira a far riscoprire splendidi panorami naturali del Trentino, i proventi vengono dati in beneficenza. Le seguaci di Diana sono in continuo aumento, non soltanto in Trentino; un forte segnale che ormai la caccia non è più soltanto un “affare da uomini”, e che le donne sanno farsi valere e apprezzare in tutti i campi in cui si cimentano, caccia compresa. Le trovate su Facebook o su www.gruppocacciatricitrentine.jimdo.com


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sua giovinezza e esta e numerosa. Ben poco si conosce della mod lia famig da 1575 nel oli Nap a ue nacq Giambattista Basile ta. È amico del letterato sua città, senza peraltro diventarne protagonis della ale cultur vita alla ecipa part ma e, Napoli e formazion della diatettalità partenopea. In seguito lascia scelta la ivide cond lui con e tese Cor re ea conterraneo Giulio Cesa e della Serenissima e viene inviato a Creta milizi nelle ola arru si dove ezia a Ven tano e pubblicazioni, intraprende una serie di viaggi che lo por arsi nella società letter aria, grazie ad alcun afferm ad incia com ente finalm dove li richi amministrativi di Corfù. Nel 1608 torna a Napo ad attività di filologo ed editore e riceve inca poi ca dedi Si ode. et iali Madr ne; Vergi tra cui Il pianto della o de li cunti (La fiaba delle blicato il suo elaborato più celebre: Lo cunt pub viene mo Postu i. lucan e ani camp ori vari territ nel 1632. Basile muore improvvisamente a Giugliano fiabe),overo trattenemiento de’ peccerille. “Cara signora Adelina, voi che amate tanto gli cunti mi intervistate?” Volentieri, ma se parlate di cunti, ossia racconti penso che siate Giambattista Basile, partenopeo. “Allora mi conoscete bene. Ne sono lieto. Possiamo darci del tu come si fa di solito?” Benissimo, cominciamo proprio dal tuo lo cunto de li cunti… “Ho cominciato a scriverlo in dialetto napoletano nel 1626, ed ho continuato a rielaborarlo fino alla mia morte. So che la prima edizione fu di cinque volumetti, molto modesti. Il testo è formato da quarantanove racconti più uno che funge da cornice”. Ma perché in dialetto napoletano? “Lengua napolitana, prego! Lo consideravo un linguaggio intatto, espressivamente e letterariamente nuovo, la cui efficacia viene spinta a oltranza. Esperienza interessante, tra l’altro il titolo completo è: Lo cunto de li cunti, overo trattenemiento de’ peccerille, destinato non soltanto ai bambini, ma anche e soprattutto agli adulti, che, tradizionalmente assolvono alla funzione di intrattenitori”. Ma e la cornice? “L’opera è formata da quarantanove racconti, divisi in cinque giornate, generate da una cornice narrativa corrispondente al cinquantesimo. Nella cornice è raccontata la vicenda di Zoza,

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una principessa tanto malinconica che non ride mai, almeno fino al giorno cui assiste dalla propria finestra, alla rovinosa caduta di una vecchia e al gestaccio di questa, che suscita l’ilarità della principessa triste. …L’anziana donna però, offesa, lancia a Zoza una maledizione : non potrà mai contrarre nozze se non con Tadeo, principe di Campo rotondo che dorme in un sepolcro e sarà destato e sposato dalla fanciulla, se capace di colmare con le sue lacrime una

Basile e il Pentamerone


grande anfora in soli tre giorni. Zoza affronta l’impresa con buona lena, e quando l’ha quasi portata a termine, ormai stanchissima, si addormenta. Le ultime lacrime, vengono versate allora da una schiava moresca che diviene così moglie del principe. Zoza, tuttavia, per magia, riesce a infondere nell’imbrogliona, già incinta, l’irresistibile voglia di ascoltare fiabe e a questo scopo vengono o chiamate dieci novellatrici, di incredibile bruttezza, che si avvicendano a narrare un racconto ciascuna per cinque giorni consecutivi. Dell’ultima fiaba dell’ultima giornata si impadronisce in incognito la principessa, che ha così modo di rivelare l’ingiustizia subita, determinandone la riparazione: la schiava viene messa a morte e nuova sposa di Tadeo diviene Zoza stessa”. Mi appaiono evidenti collegamenti con il Decameron di Giovanni Boccaccio. “Certamente. Ed è assolutamente intenzionale. Anche se ci sono differenze sostanziali. Sono comunque racconti educativi che poi il francese Charles Perrault la rielabora La gatta Cennerentola che tu chiami Zezolla. Ah, sì e anche i tedeschi fratelli Grimm si sono divertiti a riscrivere le mie fiabe” Ma tu comunque resti il capostipite. “Assolutamente. Sono lieto che tu abbia letto e approfondito. Ora io mi congederei. Saluto i lettori di Valsugana news e li invito a riprendere in mano e raccontare a bambini e nipoti le fiabe. Piacciono sempre e intrattengono senza annoiare. E con questo saluto anche te e ti ringrazio”.

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cromeri, detti krumer in Bersntolerisch (lingua mòchena) sono commercianti ambulanti che nel periodo invernale abbandonano il maso e i propri cari per andare a vendere prodotti in terre lontane. Gli abitanti della montagna vivono grazie all’allevamento, alla pastorizia, alla cerealicoltura, e all’agricoltura, ma non è facile sopravvivere in quell’economia di sussistenza. Il commercio diviene una valida alternativa per contribuire ad arrotondare i guadagni e garantire un minimo di benessere alle famiglie che vivono nei masi ed entra in uso a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, frutto della politica di sviluppo commerciale messa in atto dall’impero Asburgico per risollevare le sorti delle povere valli trentine. Inizialmente gli ambulanti mòcheni vendono immagini sacre sotto vetro, ma poi si fa sentire la concorrenza dei tesini che vendono le preziose stampe dei Remondini di Bassano. I krumer decidono quindi di dedicarsi alla vendita di un altro tipo di merce, soprattutto stoffe, e merceria gelosamente custodita nei cassetti che compongono la kraks (cassela o valigione di legno). Tra aghi, fili, bottoni, e metri da sarta, si potevano scorgere anche piccoli giochi per bambini o saponette che venivano venduti nei masi di montagna dove era una gioia veder arrivare quei personaggi con le loro cassele sempre ricche di oggetti e beni introvabili nelle vallate periferiche. I venditori commerciavano nei territori dell’Impero, in Tirolo, nel Salisburghese, nell’Austria Superiore, e in Boemia, e spesso chiedevano ospitalità nei masi, dove dormivano nel fienile, in cambio di un po’ di sconto sulla merce venduta. Gli scambi furono agevolati da Maria Teresa d’Austria e Giuseppe II, eliminando le imposte sullo scambio di merci e giungendo nel 1777 all’unificazione del sistema daziario che un tempo divideva i due princi-

pati vescovili di Trento e Bressanone. Il primo documento che fa riferimento all’attività ambulante è datato agli anni ’80 del XVIII secolo, come attestano la donazione di Cristano Laner, in favore del nipote Pietro, di quando guadagnato «negoziando per la Germania». Dell’anno successivo è una controversia tra un gruppo di fierozzani e i loro fornitori di immagini sacre di Buchers. Con l’arrivo dell’esercito napoleonico i cromeri rimangono bloccati, nell’ottobre 1807 in Boemia, e non viene loro concesso di commerciare le immagini sotto vetro, nonostante le proteste dei produttori. A distanza di qualche anno, nel 1811, il mercato appare saturo e i passaporti per la vendita vengono dati con il contagocce. È così che i mòcheni si convertono al commercio di quello che l’Austria definì «chincaglierie e galanterie» che conducono gli ambulanti sino ai territori degli Zar di Russia, in Baviera, e Sassonia. Ora per rifornirsi non vi è un luogo specifico, le piazze sono quelle delle grandi città dove è possibile trovare la mercanzia. La patente imperiale del 17 maggio 1811 consente ai soli uomini con più di trent’anni di intraprendere l’attività di venditore ambulante, a meno che questi non siano considerati inabili al servizio militare, mentre l’età minima per le donne era fissata a 20 anni. A metà del XIX secolo l’età per gli uomini viene abbassata a 24 anni con l’intento di sostenere quelle popolazioni che hanno difficoltà a procurarsi i mezzi di sussistenza. Ma le merci che venivano vendute dovevano essere solamente prodotti della Monarchia, ed essere bollati; alcuni prodotti come droghe, distillati e unguenti sono espressamente vietati. L’ambulantato subisce una nuova battuta d’arresto dopo l’annessione all’Italia e nel secondo dopo guerra, grazie ai mezzi di trasporto, si trasforma completamente.

 di Chiara Paoli

Per gentile concessione del Bersntoler Kulturinstitute

Bibliografia di riferimento: Krumer, ambulanti mòcheni. Storia di commerci in terre lontane, Istituto Culturale Mòcheno, Palù del Fersina (TN), 2011

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BALVANO 1944 i morti del treno 8017 I

trentini conoscono la Basilicata per il fatto che, in seguito al terremoto del 23 novembre 1980 che colpì Basilicata e Irpinia, Trento organizzò i soccorsi istituendo un gemellaggio di solidarietà con Balvano, un paese in provincia di Potenza, dove il crollo della chiesa di S. Maria Assunta causò la morte di 77 persone, di cui 66 bambini e adolescenti che stavano partecipando alla messa. Distrutto quasi totalmente, il centro è stato ricostruito, e alcuni legami di amicizia tra trentini e balvanesi stabilitisi nell’emergenza tutt’ora permangono. Nel crescere della conoscenza reciproca era inevitabile che una tragedia dimenticata che accadde in quel luogo, nota agli storici come il “Titanic ferroviario”, cercasse uno spazio nella memoria anche dei trentini, chiamati anch’essi a ricordare come atto di responsabilità civile in prosecuzione di quella solidarietà. Nella notte tra il 2 e il 3 marzo 1944, nella Galleria delle Armi, poco dopo la stazione di Balvano, si consumò una delle più gravi sciagure ferroviarie della storia, quella del treno 8017.

Nella notte tra il 3 e il 4 marzo 1944, tra Battipaglia e Potenza, ci furono 521 morti

Il piccolo centro lucano, in quella fredda notte invernale, diventa teatro della più grande tragedia ferroviaria europea, più di 600 morti e nessun colpevole. La tragedia ferroviaria di Balvano avviene in un momento difficile della Seconda Guerra Mondiale: l’Italia è divisa in due, a sud gli Alleati e a nord i tedeschi e la Repubblica di Salò, la popolazione è dunque devastata e allo sbando, poverissima.

Molti abitanti della zona costiera campana, per procurarsi da mangiare non esitano ad assaltare i pochi treni merci che potrebbero condurli nelle campagne lucane, laddove vi è ancora qualcosa con cui sfamarsi, e operano il baratto, unico mezzo di sopravvivenza che evita alle loro famiglie di morire di fame. In questa difficile congiuntura storica, il treno merci 8017, stracarico di viaggiatori “clandestini”, il 3 marzo 1944, per molteplici cause tecniche e per uno scherzo del destino, finisce tragicamente il suo viaggio in una galleria della Basilicata, e insieme a esso più di 600 italiani, disperati, perdono la vita, asfissiati dai fumi delle locomotive.

Gianluca Barneschi, autore del libro “Balvano 1944”, per primo ha desecretato gli atti delle indagini svolte dagli alleati sull'incidente ferroviario cercando d’indagare sulla vera dinamica dell’incidente, ricostruendo un elenco quasi completo delle vittime. Una tragedia italiana alla quale i giornali e le agenzie di stampa dell’epoca diedero pochissimo spazio e che ora chiede di essere ricordata. (F.Z.)

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LE CRONACHE LEVICO TERME

I FESTIVAL IN CRONACA

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opo il grande successo del “Festival del Miele” organizzato dal Consorzio Levico Terme in Centro in collaborazione con Apival, tre giorni dal 31 agosto al 2 settembre, sono stati dedicati al “Festival del mais e dei cereali”, una rassegna organizzata sempre dal Consorzio Levico Terme in Centro con la collaborazione dell'Apt Valsugana Lagorai, della Provincia, del Comune, della Cassa Rurale Alta Valsugana, del Gruppo ITAS e della Comunità di Valle. Oltre venti le casette in legno ai lati delle vie del centro storico di Levico che proponevano anche altri diversi prodotti della terra. Di particolare attrazione sono stati i vari specialisti della polenta venuti dalle provincie di Reggio Emilia, Cremona, Brescia e da altre provincie che offrivano polente abbinate alle loro specialità di sughi. E fra i partecipanti anche la squadra capeggiata da Tullio Valcanover, considerato il vero maestro della Confraternita con la farina di mais “spin” della Valsugana. Accanto a questi speciali piatti non potevano mancare i vini del nostro territorio che sono stati valutati da una apposita giuria. Erano presenti anche officine per la creazione di fiori con foglie di mais, laboratri che preparavano il pane, mentre un adeguato spazio era stato destinato agli Antichi Mestieri con la presenza degli Artisti di Strada di Bedollo. Di grande interesse è stato poi lo spazio destinato alla degustazione delle birre artigianali. (M.P.)

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LE CRONACHE CANALE

LA NATIVITÀ DI MARIA

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stata particolarmente ricca di divertimenti per tutti, adulti e ragazzi, la “Sagra della Natività di Maria” svoltasi per tre giorni a Canale di Pergine dal 31 agosto al 2 di settembre. Alcune migliaia di persone venute da tutta la Valsugana e da Trento hanno raggiunto la frazione attirati dalla lunga serie di eventi come animazioni, tornei sportivi, specialità culinarie, tornei sportivi e, in notturna, anche la “Luciolada”.

La festa è iniziata nel pomeriggio di venerdì con l’inaugurazione della mostra fotografica di Marilena Martinelli che ha messo in esposizione oltre un centinaio di splendide fotografie che lei stessa aveva realizzato in Italia e anche all’estero. Di grande attrazione sono stati poi i giochi per ragazzi e il ricco vaso della fortuna. Ricca anche la cucina con menù tradizionali,quindi l’atteso concerto dei “Die Schweinhaxen”. Nella giornata di sabato 1^ settembre si è disputato il torneo di bocce mentre durante la cena i numerosi ospiti hanno potuto godersi la Baby Dance, e successivamente il Karaoke con Dj Chris. Nella giornata di domenica solenne celebrazione nella parrocchiale e, al termine, il “pranzo della sagra” a base di stinchi. Nell’immediato pomeriggio sono iniziati i giochi e laboratori per i bambini e il torneo di briscola. E la sagra si è conclusa con la seconda edizione delle camminata sotto le stelle lungo i principali sentieri di Canale alla quale hanno partecipato oltre 170 persone. (M.P.)


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Santi Ippolito e Cassiano UN DOSSO SPECIALE

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a chiesetta dei santi Ippolito e Cassiano è frutto della devozione di un singolo, il notaio Donato Pelloso, che nel 1436 decide di finanziarne la costruzione sul dosso che domina l’abitato di Castello Tesino. Si tratta di un edificio che mescola lo stile romanico a quello gotico, e si contraddistingue per essere uno dei rari esempi di architettura medioevale della zona e tra le più antiche del Trentino; pare che sia stata costruita su una precedente fortezza eretta dai romani per vigilare sulla sottostante via Claudia Augusta Altinate. Negli anni immediatamente seguenti la costruzione viene ornata e arricchita di affreschi, un tempo ritenuti opere dei Baschenis, ma oggi riconducibili alla mano di Giovanni di Francia, nato in Lorena, a Metz da un barbiere emigrato dal Friuli. L’artista in quegli anni risulta operare a Feltre e nei dintorni; i fedeli hanno potuto godere però del suo operato soltanto fino alla metà del ‘600. Tutte le pareti infatti vennero successivamente intonacate su richiesta del Vescovo di Feltre, e la splendida decorazione sottostante venne col tempo dimenticata. È soltanto nell'estate del 1927 che le decorazioni parietali vengono fortuitamente

riscoperte da un giovane studente di medicina del luogo, Ermete Sordo. L’allora sovraintendenza delle Belle Arti di Trento, provvede dunque a riportare alla luce gli antichi dipinti che risultano però in parte rovinati dall'azione dell'intonaco e soprattutto lacunosi a causa dall'apertura di ulteriori finestre. Al centro dell’abside si colloca uno splendido Cristo Pantocratore, avvolto nella mandorla, attorno alla figura sono

disposti i simboli dei 4 Evangelisti, mentre nel registro inferiore trovano spazio gli Apostoli. Nell’arco è possibile intuire la presenza di un’Annunciazione; è infatti visibile solo la metà che raffigura l’Angelo Gabriele con cartiglio.

 di Chiara Paoli

Dirimpetto, nella controfacciata, siedono ancora una volta gli Apostoli, spettatori del Giudizio Universale, raccontato per immagini nel registro sottostante, un riquadro è dedicato alla rappresentazione delle mura di Gerusalemme, mentre dall’altra parte spicca l'immagine dell’inferno. Sulla parte di sinistra, numerose raffigurazioni di santi, tra i quali emerge l’episodio dell'elemosina di San Martino; sono poi riconoscibili altri temi sacri quali la Trinità, un’ultima cena, e una delicata illustrazione dell’incoronazione della Madonna con bambino e angeli. Lungo la parete destra della navata, si avvicendano ancora riquadri con numerose figure di santi, ma vi si leggono anche una scena con il Cristo della domenica, che viene circondato da tutti quei simboli indicanti le attività proibite nei giorni festivi. Vi è poi una Madonna con bambino e santi, e alcuni episodi legati alle stimmate ricevute da san Francesco e al battesimo di Cristo.

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Gran parte di questa parete, per l’esattezza si tratta di 12 scene suddivise su due registri, raccontano il glorioso “miracolo dell'impiccato” compiuto da san Giacomo il maggiore, quello del celebre santuario spagnolo di Compostela. Nei dipinti è possibile scorgere numerose raffigurazioni dei committenti, riconoscibili per le dimensioni ridotte rispetto alle figure dei Santi. Come per tanti luoghi sacri, anche sulla parete esterna della chiesetta dei santi Ippolito e Cassiano era stato posto a protezione dei viandanti un san Cristoforo, purtroppo molto deteriorato. Durante il periodo estivo vengono organizzate dall’Apt Valsugana, ufficio di Castello Tesino, visite guidate settimanali alla chiesetta. Ma sopra il dosso si trova anche un sito archeologico, le cui prime notizie risalgono al 1862, anno in cui viene realizzato il nuovo cimitero. Ma è soltanto tra il 1977 e il 1979 che la zona è oggetto di scavi archeologici promossi dall’ufficio beni archeologici della soprintendenza per i beni culturali della provincia autonoma di Trento. Qui si sono trovate tracce di forni fusori dell’età del Bronzo, ma l’insediamento abitativo, grazie ai reperti rinvenuti, è databile tra il IV secolo a.C. e il I secolo d.C. Quello che appare al visitatore sono in particolare i resti di due abitazioni di tipo retico seminterrate e ricavate scavando nella roccia, un tempo dotate di piani in legno oggi non più visibili. Queste due costruzioni sono molto probabilmente la piccola parte rimasta di un nucleo abitativo più ampio che occupava l’intero dosso. All’interno del parco pubblico comunale, è possibile trovare dei pannelli che illustrano e spiegano l’origine e i ritrovamenti avvenuti nel sito archeologico. Le immagini della Chiesa sono riportate per gentile concessione del sito valledeltesino.com Archivio Ufficio beni archeologici-Soprintendenza per i beni culturali Provincia autonoma di Trento

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LE CRONACHE

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AUGURISSIMI

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a compiuto il secolo di vita Carolina Boscheri nata a Laghetti di Egna il 27 agosto 1918 ed ospite della APSP San Valentino di Levico Terme dal febbraio 2017. Venne alla luce, come ci hanno raccontato i famigliari in occasione della festa, al termine di una giornata di lavoro da parte di mamma Rosa impegnata fino all’ultimo istante nella vendemmia. Nella sua vita lavorativa Carolina aiutò i genitori a coltivare la terra e successivamente

fece la barista. Alla festa di compleanno hanno partecipato i figli con altri famigliari e il sindaco di Levico Michele Sartori che le ha portato il saluto dell’intera comunità, mentre l’Istituto ospitante le ha donato un bel mazzo di fiori. Dopo il taglio della torta, il piccolo complesso nato all’interno della parentela, ha intonato tante allegre canzoni. (M.P.)

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ANDAR PER FUNGHI

FESTIVAL DELLA ZUCCA

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l gruppo Micologico Bresadola di Levico Terme, una delle più attive ed amate associazioni levicensi, ha effettuato a fine agosto la terza uscita stagionale dei Soci del Gruppo. Ospitati dalla famiglia del socio Silvano Garollo, più di venti iscritti hanno raggiunto la sua casa estiva a Sella Valsugana ed hanno destinato la mattinata alla ricerca di funghi. Anche se il numero e le specie trovate non sono state particolarmente abbondanti, sono state comunque sufficienti per un’ampia lezione di micologia pratica tenuta dal presidente del Gruppo Marco Pasquini. Successivamente, nei giorni di sabato e domenica 8 e 9 settembre, il Gruppo ha allestito presso la saletta dell’ex Cinema di Levico Terme la 43^ mostra micologica con l’esposizione di oltre 300 specie di funghi raccolti dagli appartenenti al gruppo sulle montagne circostanti, Vezzena e Vetriolo in particolare, tutti catalogati e riportanti il loro nome scientifico. Anche questa esposizione, dice ancora Pasquini, è stata organizzata soprattutto per far conoscere alle persone le qualità di funghi presenti sul nostro territorio. Durante tutto il periodo della mostra era presente anche l’artista scultore Silvano Garollo che realizzava dal vivo opere lignee. (M.P.)

L

a cittadina di Levico Terme ha celebrato nel fine settimana dal 14 al 16 settembre 2018, il “Festival della zucca”. Una manifestazione che annualmente si ripete e che attira sempre migliaia di persone da tutti i paesi della valle e anche dal Veneto, nonchè tanti turisti ancora in zona per le loro ferie estive. Tutti erano incuriositi ad osservare le tante qualità di zucche, spesso anche originali, la loro grandezza e il loro peso. Molte si trovavano esposte nelle casette ma anche negli angoli delle vie del centro e pure sulla gradinata della chiesa. In particolare nelle giornate di sabato e domenica si son tenute anche conferenze, momenti comici, esibizioni, animazioni, intrattenimenti, musica dal vivo. Particolarmente interessanti poi sono stati i laboratori tematici e creativi per imparare a decorare le zucche, dimostrazioni di cucina, di antichi mestieri con gli artisti di strada. E ancora degustazioni di dolci creati da mani esperte e confezionati con la polpa di zucca, secondo particolari ricette. (M.P.)

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Il libro di

Sergio Muraro P

er scrivere il suo libro Sergio Muraro ci ha impiegato un decennio. Tanti anni per mettere insieme un volume, in tutto 650 pagine, con cui ha voluto raccontare, in modo dettagliato e circostanziale, otto secoli di storia della sua terra, la sua amata conca del Tesino. Quello dato alle stampe da Sergio Muraro, ex consigliere ed assessore provinciale, viene definito nella prefazione di Mauro Nequirito come un “Dorfbùcher”, un termine usato nella germanofona provincia di Bolzano che significa libro di paese. Il volume è stato presentato a palazzo Gallo a Castello Tesino. Otto capitoli, uno per ogni secolo. Con l’autore che si è volutamente fermato ai primi del Novecento. Come mai questa scelta? “Perchè mi sembra – ci racconta l’autore –che eventi troppo vicini a noi appartengano ancora alla cronaca e non alla storia”. Da sempre appassionato della storia tesina, nei primi mesi del 2009 Muraro aveva da poco finito le ricerche per costruire l’albero genealogico di famiglia: quella dei Muraro, originari della Valtellina e di cui ha recuperato circa 1.500 nomi. “Rovistando tra i tantissimi documenti che avevo in mano ho iniziato a mettere insieme tutti i tasselli fino a quando mi sono deciso di ampliare la mia ricerca. E, giorno dopo Castello Tesino - la serata di presentazione del libro

Sergio Muraro

giorno, mese dopo mese, mi sono tuffato in questa avventura che mi ha davvero appassionato”. Le prime copie del volume “Sulle orme degli avi – Otto secoli in Tesino” sono già entrate in molte case. Sabato scorso c’era il tutto esaurito alla presentazione con l’amico Mario Pernechele che ha ricordato come 400 copie siano state donate dall’autore al Servizio Trasporto Infermi per finanziare l’acquisto della nuova ambulanza. Saranno vendute ad offerta, a partire da 25 euro. Un autodidatta della storia locale, così lo definisce Nequirito, ma che con il suo libro di paese spesso riesce a raggiungere un pubblico più vasto di quanto accade agli studiosi di mestiere. In dieci anni Sergio Muraro ha rovistato in tutti gli archivi dove albergava materiale sul Tesino. Quello parrocchiale di Pieve (che ospita anche il materiale di Cinte e Castello), quelli comunali, della Provincia, dell’Archivio di Stato di Trento, a Feltre, Venezia, Roma e tutti quelli presenti ad Innsbruck. “Nella mia ricerca mi sono stati di grande aiuto Franco Gioppi e Marco Stenico – ci racconta – con quest’ultimo che ha tradotto tutti i vecchi documenti interpretandone la difficile grafia”. Ma è stato rovistando tra gli atti notarili che Sergio Muraro ha attinto le notizie più interessanti. Nel libro

riporta tutti i nomi di chi, tra il 1238 ed il 1785, ha ricoperto questa carica in Tesino. Ha recuperato anche tutti i nomi dei sindaci di Castello (dal 1177 al 1902) e dei preti che dal 1394 al 2013 hanno esercitato nella conca. “Mi piace ricordare una frase, che mi ha colpito molto. L’ha scritta Oscar Wilde: l’unico dovere che abbiamo nei confronti della storia…è quella di riscriverla!”. Ma la sete di sapere, la passione per la ricerca storica di Sergio Muraro non finisce qui. “Continuerò a cercare, e se me ne sarà concesso il tempo, in futuro vorrei dare alle stampe un’appendice di questo lavoro. Sono convinto che la possibilità che ognuno di noi ha di conoscere, capire e accettare sé stesso, passi dalla conoscenza del proprio passato, dalle proprie radici e dalle strade – conclude Muraro – talvolta anche poco visibili che il tempo ha tracciato”. Un volume sicuramente da leggere, servito all’autore anche per sfatare una leggenda, o un modo di dire, sulla gente tesina che si diceva fosse nata come una colonia penale della Serenissima. “In Tesino Venezia ha governato solo per otto anni: dal 1406 al 1414 e dal 1487 al 1488 e già nel 1177 una sentenza dell’allora vescovo di Feltre Drudo dirimeva una contesa sui confini, nata tra gli allora comuni di Cinte Tesino, Castello Tesino, Lamon, Fonzaso e Arsiè. Si tratta del documento più antico ancora oggi esistente sulla storia dei Tesini. Altro che colonia penale della Serenissima! Il destino dei galeotti, per Venezia, era quello di finire a remare sulle navi che a quel tempo si chiamavano galere”. (M.D.)

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Altroconsumo risponde

LA GARANZIA questa incognita Nel mese di settembre 2017 ho acquistato una lavatrice. Per i primi mesi ha funzionato correttamente ma da gennaio 2018 sono iniziai i primi problemi con la centrifuga: mi ritrovavo con i panni gocciolanti!! Dopo aver segnalato l’anomalia e dopo vari interventi del tecnico mi viene detto che non c’è nulla da fare perché la lavatrice funziona così.

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l venditore deve garantire che il prodotto consegnato abbia tutte le caratteristiche da lui promesse o indicate dall’etichetta o dallo spot pubblicitario. I beni devono essere idonei all’uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo e avere le qualità e prestazioni di un bene dello stesso tipo, che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi, tenuto conto delle dichiarazioni pubblicitarie fatte anche dal produttore. Una lavatrice, nel rispetto dei pesi e dei lavaggi indicati nelle istruzioni, deve quindi essere in grado di centrifugare i panni lavati. Se così non fosse il consumatore deve contestare la non conformità del prodotto entro 2 mesi dalla scoperta.

In un primo momento il consumatore può chiedere, a sua scelta, la sostituzione o la riparazione del bene. Soltanto in secondo momento, se i primi due rimedi non sono efficaci, sono difficilmente attuabili o non possono essere approntati in un termine congruo, è possibile chiedere la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto (restituzione dei soldi). Le spese necessarie per rendere conforme i beni sono a carico del venditore; la legge specifica che a lui spettano i costi per la spedizione, i materiali e la mano d’opera. Naturalmente ci sono delle eccezioni: non si può invocare nessuna difformità del bene se, al momento della conclusione del contratto, il consumatore

era a conoscenza del difetto o non poteva ignorarlo con la normale diligenza. Nessun rimedio anche per i casi in cui il difetto deriva da istruzioni o da materiale fornito al professionista dal consumatore stesso. Sul nostro sito è possibile scaricare i modelli di lettera per far valere la garanzia nei confronti del venditore: https://www.altroconsumo.it/hitech/antivirus/modelli-lettere/richiestadi-riparazione-o-sostituzione-di-un-pro dotto

Rubrica a cura di Altroconsumo. Rappresentante per la Provincia di Trento: ALICE ROVATI (rappresentantetrento@altroconsumo.it)

COMUNICATO AI LETTORI Chi fosse interessato ad ottenere informazioni, delucidazioni o chiarimenti in merito a qualsiasi problematica che nello specifico riguarda la propria abitazione, il proprio quotidiano e tutto ciò che ad esse è collegato può farlo indirizzando una email a: direttore@valsugananews.com. La redazione del giornale e i responsabili di Altroconsumo, provvederanno a soddisfare la richiesta.

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DON GIUSEPPE GRAZIOLI

«il prete dei bachi da seta»

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iuseppe Grazioli nasce a Lavis di Trento il 28 dicembre del 1808, porta avanti gli studi a Rovereto, frequentando il Ginnasio; nel 1829 si affaccia la scelta di vita sacerdotale che lo fa proseguire negli studi a Trento, presso l'Istituto filosofico, fino al 13 dicembre 1835 quando viene ordinato sacerdote. Subito inviato a operare in bassa Valsugana, dapprima a Grigno e poi a Ivano Fracena, dove imperversa il colera. Noto anche in qualità di agronomo, Grazioli si impegnò attivamente per migliorare le tecniche utilizzate in agricoltura, promuovendo anche una scuola in materia, con l’obbiettivo di contenere il fenomeno dell'emigrazione. Animato da sentimenti risorgimentali, nel 1848 viene imprigionato per un breve periodo a Innsbruck, perché sospettato di aver favorito il movimento sovversivo-irredentista dei “Crociati”. Le sue avventure hanno inizio grazie all’amico e collega pastore di anime Andrea Strosio che nel 1851 lo porta con sé in un lungo viaggio attraverso la penisola italica, per visitare luoghi storici e di culto. Negli anni che seguono, e in particolar modo tra il 1856 e il 1857, le locali coltivazioni di bachi da seta sono messe a repentaglio dalla pebrina, una malattia che causa l’atrofizzazzione dell’animale, precludendo la produzione del filo serico. Questa patologia rischia di mandare sul lastrico numerose famiglie, causando ingenti danni economici. Don Giuseppe si impegna per salvare il salvabile, il suo compito è quello di andare alla ricerca di semi di gelso non infetti che possano essere portati in Trentino per mandare avanti il lavoro nelle filande. Inizia così un decennio, quello tra il 1858 e il 1868, ricco di viaggi ed esplorazioni, i cui risultati non sono sempre positivi. Nel 1859 viene eletto fiduciario nel “Comitato emigranti della Valsugana”,

e parte per il suo primo viaggio verso la Dalmazia; l’anno seguente è a Bucarest, dove trova un seme in apparenza idoneo, ma che poi si rivelerà non intatto. Nel 1861 il parroco si avventura in Asia minore, e l’anno seguente è nuovamente in viaggio per raggiungere la Macedonia e fare ritorno per la seconda volta a Bucarest. Nel 1863 viene eletto quale deputato alla Dieta di Innsbruck, pur non dedicandosi all’attività politica e continuando a perseguire le sue ricerche. La ricerca di bachi in buone condizioni lo conduce nelle zone del Caucaso, della Georgia e della Russia, ma nonostante tutti gli sforzi per risolvere la situazione, viene colpevolizzato dal “Comitato circolare seme-bachi” per non aver trovato ancora la soluzione al problema della moria delle preziose larve in Trentino. La situazione è grave ed è forte il rischio di insurrezioni contadine, ma la provvidenza lo porta a scoprire che in Lombardia è stato utilizzato un seme proveniente dal Giappone che risulta immune alla malattia. Don Grazioli parte nuovamente, le mete delle sue spedizioni sono: Suez, Ceylon, Singapore, Hong Kong, Shanghai, e Yokohama. Dopo anni di ricerche finalmente il problema è risolto, e nel 1875 il comitato viene sciolto. Pur non vedendolo mai realizzato, il Grazioli è da ricordare tra i sostenitori dell'erezione del Monumento a Dante; l’opera di Cesare Zocchi in piazza Dante a Trento, simbolo dell’italianità della città ancora sotto l’egida dell’Impero Austroungarico, verrà realizzata soltanto nel 1896. Il «prete dei bachi da seta» insignito dell’onorificenza di Cavaliere dell'Ordine di Francesco Giuseppe, muore affetto da cecità nella sua casa di Villa Agnedo

 di Chiara Paoli

il 27 febbraio del 1891; il suo paese natale nel 1912 gli ha dedicato un monumento con figura marmorea, opera dello scultore Stefano Zuech, mentre la città di Trento ha intitolato a lui, una via del centro storico. Fotografia di don Giuseppe Grazioli per gentile concessione dell’Archivio Fotografico Storico Soprintendenza per i Beni Culturali – Ufficio Beni Storico-Artistici. Cartolina storica, “Lavis - Monumento a don Giuseppe Grazioli” per gentile concessione di Biblioteca comunale di Trento – Catina (www.catinabib.it), Collocazione: TIC5-0192CATINA.

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L’insurrezione contadina del 1525 in Valsugana

LA GUERRA

RUSTICA I

grandi eventi storici hanno ripercussioni su tutto, anche sulle piccole comunità contadine che si trovano a migliaia di chilometri di distanza. È il caso della Guerra Rustica, un episodio di ribellione della classe contadina che travolge gran parte dell’Europa del Cinquecento. Ma andiamo con ordine. Tutto ebbe inizio quando, tra il 1524 e il 1526, dalla Foresta Nera si diffuse in tutto il Sacro Romano Impero la rivolta dei contadini (Bauernkrieg), una insurrezione a cui parteciparono sia abitanti delle città che nobili esasperati dal peggioramento delle loro condizioni economiche: le imposizioni fiscali sempre più pesanti e la continua spoliazione di beni e diritti. Il movimento non si fermò al Brennero e arrivò anche in Trentino, dove già dall’inizio del secolo la popolazione, colpita ora da epidemie ora da carestie, e obbligata a contribuire ai contingenti militari, aveva più volte manifestato il proprio malessere. E così il 15 maggio 1525 una settantina di uomini armati saliti da Mezzocorona occuparono la Rocchetta ed entrarono in Anaunia conquistando Castel Belasi mentre una seconda schiera di contadini scese dalla

 di Elisa Corni

Castel Belasi

pieve di Senale: nel giro di una settimana capitolarono i castelli di Castelfondo, Flavon, e Sporo. Si sollevarono anche parecchie comunità della val di Sole che assediarono la rocca di Samoclevo, il castello di San Michele di Ossana, e saccheggiarono l’ospizio di Santa Maria di Campiglio. Il movimento insurrezionale fu altrettanto combattivo in Valsugana. A Pergine era capeggiato da Francesco Piloni, detto Cleser, che inizialmente coordinò i vari gruppi valsuganotti. Nel maggio 1525 egli aveva partecipato alla “dieta contadina di Merano” che si era conclusa con la stesura di un documento programmatico che riassumeva le richieste dei contadini. Queste andavano dall’abolizione del potere temporale dei vescovi, dei privilegi feudali, delle limitazioni nella caccia e pesca, alla ridefinizione dell’apparato amministrativo, all’assistenza delle fasce più povere della popolazione, alla restituzione alle comunità dei diritti di sfruttamento delle risorse naturali. L’episodio che diede però la stura alla rivolta in valle fu l’uccisione il 25 agosto dell’allora capitano di Castel Ivano, Giorgio Puchler, che reclamava dai contadini l’immediato pagamento delle decime: il

Come Eravamo

castello fu occupato e la rivolta si diffuse in tutta la valle. Tre giorni dopo le schiere rivoltose si riunirono ai piani del Cirè dove si unirono a quelle provenienti dal Pinetano. C’erano i contadini di Levico, guidati da Vittore Libardi, che a causa della necessità di finanziare le opere di restauro di Castel Selva, scelto dal vescovo Cles quale sua residenza estiva, avevano subìto l’introduzione di nuovi dazi, l’obbligo di lavoro gratuito, limitazioni nella caccia e pesca e nello sfruttamento dei boschi. Poi quelli di Ivano e Borgo comandati da Pietro Mengarda e Sebastiano Sbeta; quindi i perginesi con il Cleser e Caldonazzo con Bartolomeo Salvadoris e Pietro Ciola; infine i rappresentanti di Civezzano, Cirè, Vigolo Vattaro per un ammontare di circa 4000 uomini. Fu deciso di assaltare le mura di Trento. L’obiettivo dei contadini valsuganotti era la conquista di Porta Aquila, ma la frantumazione delle forze anaune che sarebbero dovute intervenire sul lato nord della città unitamente alle difese dispiegate in Trento e all’inesperienza degli assalitori, trasformarono l’attacco in una immediata resa. I capi dei rivoltosi furono catturati, processati, e giustiziati nel corso dell’ottobre successivo.

Caldonazzo 1948 Ecco le scolare della 3^ classe elementare di Caldonazzo con l’insegnante Giuseppe Prati. Da sinistra in alto: 1) Teresita Tonezzer; 2) Gilda Marchesoni; 3^ Rita Campregher; 4) Carla Bortolini; 5) Rachele Curzel; 6) Gigliola Conci; 7) Rita Mittempergher; 8) Ida Pola; 9) Maria Bortolini; 10) Gabriella Mosele; 11) Rita Ciola; 12) Anna Vigolani; 13) Agnese Bernabè; 14) Paola Marchesoni; 15) Gabriella Curzel. (M.P.)




LE CRONACHE RONCEGNO TERME

IN RICORDO DI GIULIO

S

e n’è andato per sempre lo scorso 6 settembre all’età di 88 anni, il maestro Giulio Candotti di Roncegno. In silenzio, in piena sintonia con il suo carattere dolce e pieno di umanità. Candotti è stato uno fra i maggiori storici che la Valsugana avesse mai avuto. Da giovante insegnante aveva iniziato l’attività presso le scuole elementari di Torcegno per passare poi alle elementari di Roncegno dove trasferì pure la sua residenza. Già durante gli anni di docente si dedicò alle attività culturali e ricreative del territorio e, raggiunta la meritata pensione, si dedicò esclusivamente allo studio del passato lasciando in eredità ricche pubblicazioni che oggi costituiscono un grande patrimonio culturale. Candotti amava anche la musica ed il canto. Con l’unione delle voci giovanili a quelle più attempate del coro parrocchiale di Torcegno, gettò le prime basi per la nascita del coro Sasso Rotto che diresse poi per una decina di anni. Pubblicò diversi libri storici su Torcegno, Santa Brigida, ma soprattutto su Roncegno. Fu autore anche di diverse pubblicazioni riguardanti la vita delle associazioni e, ultimo suo libro di quasi mille pagine, frutto di una colossale ricerca durata una ventina d’anni e presentato nel 2015, fu “Luci e ombre dell’Arcipretale di Roncegno e delle sue filiali S. Brigida, Novaledo e Marter”. I suoi funerali si sono svolti sabato 8 settembre presso l’arcipretale di Roncegno, davanti a grande folla accorsa per portargli un ultimo saluto. (M.P.)

LE CRONACHE NOVALEDO

LA CHIESETTA DEGLI ALPINI

È

stato festeggiato a Malga Broi, sul monte di Novaledo a 1500 metri di altitudine, il 50^ anniversario di costruzione della chiesetta realizzata dagli Alpini del paese. Numerose le persone presenti alla solenne concelebrazione da parte del parroco don Paolo Ferrari e padre Egidio Pedenzini, missionario in Kenya ma ritornato per qualche tempo a Novaledo, suo paese natale. Presente l’intera Giunta con il primo cittadino Diego Margon che ha ricordato il percorso storico di quella chiesetta, dalla progettazione alla sua realizzazione ed inaugurazione avvenuta mezzo secolo fa con una solenne S. Messa celebrata dal Cappellano Militare don Onorio Spada. All’interno, su di una parete, una targa con significative parole: “Ricorrendo il 50^ della vittoria, il Comitato Promotore dell’A.N.A. di Novaledo, a perenne ricordo dei Caduti Alpini di tutte le guerre, eresse questa chiesetta. Novaledo 22 settembre 1968”. Così il sindaco: "Oggi, per il 50° anniversario della costruzione ci vede qui, come allora, spiritualmente insieme ai costruttori del tempo ed anche se sempre meno sopravvissuti rimangono, il loro spirito aleggia su questa Chiesa”. Ha poi ricordato uno per uno, i componenti del comitato esecutivo di allora e la costituzione del gruppo Alpini a Novaledo. Un pensiero di particolare riconoscenza poi rivolto al cavaliere di Malta Giancarlo Bazzanella, il “Barba degli Alpini” oggi non più fra noi, ma che, dopo aver promosso nel 1967 la costituzione del nostro Gruppo Alpini, un anno più tardi aveva proposto e sostenuto anche l’idea della costruzione di questa chiesetta sul Monte Broi, tanto amata della gente del paese e considerata punto importante per feste in montagna anche da parte di altre nostre associazioni. Il Consigliere Provinciale Gianpiero Passamani ha sottolineato il loro spirito di servizio sociale che trasforma l'amore per la Patria in amore verso chi ha bisogno. Anche Florio Angeli, che ha brillantemente condotto l’intera giornata commemorativa, ha interpretato il pensiero di Pierino, così com’era riportato sul depliant che annunciava l’evento dove si ricordavano le fatiche, le rinunce e i sacrifici dei 25 weekend trascorsi per costruire, mattone dopo mattone, la Chiesetta. Sono stati ricordati anche i vari capigruppo, non ultimo Sergio Boccher da poco “andato avanti”. (M.P)

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IL VECCHIO E L'ANTICO N

on tutto ciò ch'è vecchio è antico. Le cose vecchie sono spesso banali e vengono gettate, quelle antiche,che pure sono vecchie d'età, rappresentano un'epoca, un periodo della storia, ne sono il simbolo. Prendiamo ad esempio il buffet-bar Levico 1898

della stazione di Levico Terme inaugurato nel 1898 da molti nobili d'Europa e fra questi Eugenio D'Asburgo, Alberto del Belgio e Karl Theodor di Baviera; se fosse solo vecchio potrebbe essere abbattuto, ma invece é anche la testimonianza del centro valsuganotto, proclamato città nel 1894, della ferrovia in augurata nel 1896, simbolo di progresso e modernità, delle Terme, del Grand Hotel Imperiale e del Parco. Un Caffè ristoro di stazione, costruito in larice con cura da esperti falegnami secondo lo stile Liberty in cui non manca una spruzzata di Barocco. Così si presentava fino a venti anni fa. Oggi è una vecchia signora tarlata, dai vetri infranti, dimora di lusso per topi,

Hotel Levico 1909

concime di piante avvilite cresciute sui canali del tetto. E' il primo edificio visibile per chi per arriva in treno a Levico. E' anche l'immagine della stessa linea ferroviaria, dove, alla locomotiva a vapore sono subentrati i moderni minuetti senza vantaggi per i tempi di percorrenza, dove la gestione provinciale è riuscita perfino a far scappare personale. E' con altre stazioni storiche, Roncegno, Borgo, Roncogno la testimonianza dell'abbandono della stessa Valsugana, percorsa sulla carta da fantasiosi tracciati autostradali, mentre si continua a morire sulla vecchia strada statale 47: quella si da buttare. (W.P.)

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le miniere

preistoriche di levico terme F

orse non tutti sanno che in epoca preistorica la nostra vallata fu abitata in diversi periodi da popolazioni umane. Popolazioni che vi costruirono villaggi, sfruttarono le risorse naturali per sopravvivere e che, in alcuni casi, fecero proprie anche le caratteristiche geologiche del territorio. Ne sono un esempio i numerosi siti di estrazione mineraria presenti un po’ in tutta l’area. Uno di questi, si trova nei pressi di Levico Terme. Il monte che si erge alle spalle dell’abitato di Levico, il Monte Fronte, è infatti costituito da rocce molto antiche; queste rocce furono accuratamente descritte da Augusto Sordeau sul finire dell’Ottocento. Tra i pochi uomini di scienza cui il territorio valsuganotto ha dato i natali, Augusto Sourdeau era di origini belghe, ma nacque nel 1866 a Levico dove visse la sua infanzia e l’adolescenza. Fin da subito dedicò la propria vita alla raccolta e allo studio di minerali e rocce, una passione che Augusto aveva imparato a coltivare fin dalla giovane età. Uno dei suoi siti di raccolta preferiti fu, per l’appunto, il

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monte Fronte. Fu proprio grazie a questa raccolta che nel 1893 potè pubblicare il saggio “Die Mineralen des Montefronte bei Levico in Tirol”, testo ancora oggi importante punto di riferimento per chi voglia approfondire la mineralogia e la petrografia dell’Alta Valsugana. È in questo testo che il geologo valsuganotto descrive appunto le peculiarità delle rocce attorno a Levico. In queste sono presenti minerali economicamente importanti come la pirite, il disolfuro di ferro (FeS2) con il quale si produce acido solforico, o la calcopirite (CuFeS2), importante fonte di rame primario. Ed è stata appunto la possibilità di ricavare rame dalla calcopirite che ha trasformato questo versante montano, già in epoca preistorica, in un’area mineraria - non a caso il periodo a cavallo tra le industrie mitiche del neolitico e la nascente metallurgia dell’Età del Bronzo è definita Età del Rame o Cuprolitico. Ma torniamo alla miniera levicense che fu utilizzata proprio in quell’epoca. Nella zona a monte della Foresta Paroletti sono infatti ben visibili tra la ricca vegetazione alcune fosse circolari, profonde fino a quattro metri e larghe una quindicina; si tratta con ogni probabilità dei luoghi dai quali il prezioso e appena scoperto minerale veniva estratto anche durante l’Età del Bronzo. Immediatamente sotto a quest’area vi è Cima Garlenda da crinale Monte Fronte invece un’estesa discarica di

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 di Elisa Corni

Calcopirite

materiale sterile dove è relativamente facile imbattersi ancora oggi in strumenti usati dai minatori preistorici per frantumare e macinare la roccia cavata; nei boschi circostanti si trovano infine abbastanza frequentemente anche scorie di fusione, ciò che rimane dopo la fusione del metallo. La miniera preistorica di Levico Terme è poco conosciuta, ma non è sola. Altri luoghi, non solo preistorici, per l’estrazione dei minerali si trovano al Michelotto e ai Frisanchi come sembrerebbero testimoniate il ritrovamento archeologico di una discarica di materiali di risulta; ma bisogna anche tenere conto della diffusa mineralizzazione di pirite e calcopirite visibile sulle rocce circostanti. Se sul Monte Fronte vi sono indizi certi di attività minerarie in epoca preistorica, mancano viceversa testimonianze che indichino uno sfruttamento durante il periodo romano e l’alto-medioevo. L’interesse economico per la zona rinasce prima della metà del Trecento per poi esaurirsi definitivamente nel 1828 quando il comune di Levico acquistò le sorgenti termali e i boschi del Monte Fronte.


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Il

giro dei piccoli laghi del perginese  di Chiara Paoli

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l lago di Caldonazzo che bagna anche le sponde del comune di Pergine, lo conoscono tutti, preso d’assalto dagli abitanti del capoluogo appena giungono i primi caldi e per tutta l’estate sempre affollato nelle giornate di sole. Nel perginese ci sono però altri quattro bellissimi specchi d’acqua. Il primo che vi presentiamo è il lago della Costa, un "biotopo" originatosi in seguito a uno sbarramento alluvionale; lo stagno deve il suo nome all’antico abitato sul colle poco distante, menzionato già nel XII secolo. Il lago conserva una fauna e una flora palustre di tutto rispetto, offrendo al visitatore non solo il canneto, ma anche splendidi fiori come la persicaria anfibia e dei bellissimi iris gialli (giaggiolo giallo) che tingono il laghetto in primavera–estate. Circondato da ontani neri e bianchi e dal salice che tanto si sposa con le zone umide, tra la fauna è possibile scorgere bellissime libellule, rospi e rane, ma anche il gambero di fiume e tutti quei bellissimi uccelli che contraddistinguono i nostri laghi. Veniamo quindi al lago di Canzolino con i suoi 15 metri di profondità e le sue verdi acque, attorniate da bosco e sovrastate da splendidi terrazzamenti a vite con annessi rustici in pietra. Là regna sovrano il pesce gatto, e tra gli uccelli primeggia per bellezza, colori e

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sinuosità, lo svasso. Vi è poi il lago di Madrano, collegato al precedente da un piccolo corso d’acqua. Il suo colore verde per il godimento della vista, offre agli appassionati pescatori una ricca varietà ittica, tra cui la scardola, il rutilo, il cavedano, l’alborella, il persico nelle varietà sole, reale e trota. Il lago Pudro è una ulteriore isola naturalistica, connotata come biotopo provinciale, un ambiente naturale che è riuscito a mantenere in vita alcune specie vegetali e animali oggi considerate rare, perché in altre località sono andate perdute. Per il visitatore è stato predisposto un percorso naturalistico; le torrette presenti permettono di osservare dall’alto specie come gli aironi cinerini, i germani e ancora i tarabusini, le marzaiole, le folaghe, e le gallinelle d'acqua, nel loro habitat naturale. Nella zona, sul colle della Tessara, si trovava uno tra i più antichi castellieri locali; il ritrovamento di una spada e una lancia nella palude del lago Pudro, databili al IX secolo avanti Cristo, indica che il luogo, grazie alla posizione geografica di vantaggio e alla presenza dell’acqua, era abitato già in tempi molto lontani. Tutti questi splendidi laghetti sono collegati attraverso un percorso lungo 6,5 km, denominato “Giro dei piccoli laghi”;

un itinerario semplice e adatto a tutti, che vi lascerà a bocca aperta per gli splendidi scorci naturalistici e gli incontri ravvicinati con la fauna acquatica. Partendo dalla zona sopra il palazzetto del ghiaccio di Pergine, si passa dal lago della Costa, per salire attraverso il caratteristico abitato di Pissol verso il lago di Canzolino. Da qui, attraversando la strada che consente di scorgere la preziosa chiesetta che conserva al suo interno affreschi seicenteschi, si imbocca il sentiero che conduce verso lo specchio d’acqua di Madrano, per giungere infine al lago Pudro. Proseguendo si raggiunge l’abitato di Vigalzano che attraverso l’antica via romana Claudia Augusta conduce nuovamente a Costa. La strada che collega le due frazioni di Costa e Vigalzano è testimonianza di quell’antica strada romana che in tempi lontani collegava Trento e Feltre, passando appunto per il perginese. Un percorso adatto anche alle mezze stagioni, che consente di immergersi nella tranquillità della natura; con passo lento e misurato l’itinerario richiede al massimo tre ore di percorrenza, ma si possono mettere in conto anche pause per l’osservazione e il relax.

Le foto del lago di Canzolino sono state gentilmente concesse da Nicoletta Bernardi.


All’Apsp Suor Filippina di Grigno

PORTE APERTE

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ispetto e sicurezza. Sono i due valori su cui è stata costruita la nuova Carta dei servizi dell’Apsp Suor Filippina di Grigno, presentata in occasione della giornata di Porte Aperte che si è svolta nel giardino esterno della casa. Una iniziativa fortemente voluta dal presidente Daniele Stefani e dal nuovo CDA della struttura con il direttore Claudio Dalla Palma che ha ricordato come, in questi ultimi anni, l’emergenza anziani sia diventata una priorità nella nostra società. “Non si parla solo di posti letto ma anche di nuovi servizi che le strutture preposte sono chiamate a garantire sul territorio”. Nel suo intervento il presidente ha ricordato come in questi ultimi anni l’Apsp sia stata ampliata. “Oggi mettiamo

a disposizione due nuclei – ha ribadito – il nostro personale è sopra parametro e tra i nostri progetti c’è anche quello di un centro prelievi che metteremo al servizio del territorio”. Una organizzazione che non lascia nulla al caso, come ricordato dalla coordinatrice Nadia Galler, proponendo anche servizi innovativi come la “doll therapy”, la terapia della bambola proposta ad alcuni ospiti della casa a partire dal mese di gennaio. La giornata è proseguita con la presentazione della mostra “La Valsugana a pennello” e del catalogo realizzato con le foto di Giampiero Agostini. C’è stato anche il tempo, per il sindaco Leopoldo Fogarotto, per illustrare il progetto della nuova struttura per anziani che

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sarà realizzato nell’adiacente sede della scuola materna. “Tra poco sarà pronto il progetto, ci sta lavorando l’ingegnere Amos Poli di Borgo, con gli spazi che ospiteranno sei nuclei, di cui solo uno riservato ad una coppia. Parliamo di locali che metteremo a disposizione degli anziani della zona che si trovano in difficoltà e che necessitano di avere un minimo di assistenza. I lavori inizieranno nel corso del 2019 – ha ricordato – per una iniziativa che finanzieremo con fondi proprio di bilancio e che mettiamo in campo in collaborazione con l’Apsp Suor Filippina”. (M.D.)

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LE CRONACHE ALTOPIANO DELLE VEZZENE

LA BATTAGLIA DEL BASSON

S

i è svolta anche quest’anno a Passo Vezzena nel comune di Levico Terme, la cerimonia di commemorazione per il 103^ anniversario della battaglia del Basson e il 13^ Raduno interregionale dei Fanti, organizzata dall’associazione del Fante di Levico Terme presieduta da Guido Orsingher . Una celebrazione che annualmente si ripete per ricordare i Caduti del Reggimento Fanteria Brigata Treviso quando nella notte tra il 24 e 25 agosto 1915, a pochi mesi dall’apertura delle ostilità contro l’Impero Austroungarico, negli scontri persero la vita 1.048 fanti e 43 ufficiali di truppa italiani, nonchè molti soldati dell’Impero Austroungarico. Questa battaglia, il cui fronte andava dal forte di Luserna a quelli di Verle e di Cima Vezzena, ha un valore storico particolare, anche perché fu il primo combattimento notturno in grande stile compiuto dall’inizio della guerra e l’azione fu condotta dalla 34^ Divisione di Fanteria che mirava a superare le linee Austriache per abbattere la linea Luserna - Passo Vezzena - Trento. Una quarantina le rappresentanze di associazioni combattentistiche e d’arma venute da tutto il Triveneto e anche da altre regioni nonché dalla Croce Nera dell’Austria, che hanno sfilato dalla chiesetta di Santa Zita fino al monumento ai Caduti, dove sono state deposte le corone. Qui, dopo l’alzabandiera italiana, austriaca ed europea, ci sono stati i vari interventi delle autorità e, al termine è stata celebrata una S. Messa. Hanno usato parole di mesto ricordo per quei Caduti e quelli di tutte le guerre, il sindaco di Levico Michele Sartori, il presidente nazionale dei Fanti Gianni Stucchi che era presente con il medagliere nazionale, il presidente dei Fanti di Treviso Pret. (M.P.)

LE CRONACHE PERGINE

AUSER E LE DOMENICHE AL PARCO

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e “domeniche al Parco” organizzate dall’Auser di Pergine guidato da Armando Pergher, che solitamente terminavano alla fine di settembre, da quest’anno continueranno tutte le domeniche fino al 31 dicembre grazie alla concessione delle sale del Maso San Pietro da parte di padre Beppino Taufer dei Camilliani di Trento. Il primo appuntamento si è svolto domenica 16 settembre alla presenza di una quarantina di soci e simpatizzanti ai quali padre Beppino ha rivolto, per primo, parole di benvenuto. Il pomeriggio è stato poi caratterizzato da tanta musica e ballo con il complesso di Mirta e Umberto e, al termine, merenda per tutti. Si tratta di una novità, come ha affermato il presidente Pergher, che ha lo scopo di tener uniti tutti i soci per l’intero l’anno. Durante i prossimi incontri saranno festeggiati anche i compleanni del mese. Per chi avesse difficoltà nelle domeniche a raggiungere Maso San Pietro, l’Auser ha messo a disposizione un pullmino gratuito con partenza e ritorno al bar Alba di Pergine. (M.P.)

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Che tempo che fa  a cura di Giampaolo Rizzonelli

ESTATE 2018: UN’ESTATE CALDA (MA MENO CALDA DI QUELLA DEL 2017), LA QUINTA PIÙ CALDA DI SEMPRE A LEVICO (E IN ITALIA) E CON MOLTA PIÙ PIOGGIA L’estate meteorologica, a differenza di quella astronomica, inizia il 1° giugno e termina il 31 agosto, in questo numero analizzeremo la stagione appena conclusa caratterizzata da temperature elevate (ma meno che nel 2017) e maggiori precipitazioni sia rispetto all’anno scorso che alla media.

TEMPERATURE La temperatura più elevata a Levico

Terme è stata rilevata il giorno 31 luglio con +33,7°C, (nel 2017 si erano raggiunti i +36,2°C) ma nel complesso dell’estate, numerosi sono stati i giorni con temperature massime, uguali o superiori ai 30°C, ovvero 32 (5 a giugno, 14 a luglio e 13 giorni ad agosto), gli ultimi quattro anni i giorni con massime uguali o superiori a 30°C erano stati: 2014: n. 12 2015: n. 44

RIEPILOGO ESTATE 2018

2016: n. 15 2017: n. 41 La temperatura più bassa dell’estate è stata rilevata il 27 agosto con +6,7°C. Nella tabella di fig.1 sono riportati i valori medi di minime massime e medie per i tre mesi e per la stagione, confrontati con i valori normali, nonché i valori assoluti (minima più bassa e massima più elevata)

In breve, l’estate 2018 è stata la 5à più calda da quando abbiamo dati disponibili (1939), con valori superiori di 1,4°C per la media e di ben 2,1°C per le massime. Estati più calde di quella del 2018 furono quelle del 2017, 2015, 2003 e 1994 La temperatura dell’acqua del lago di Levico ha raggiunto il suo picco il 9 agosto con +27,1°C (nel 2017 si era raggiunto il valore record di +28,9°C).

Fig. 1 Valori medi di minime, massime e medie e valori assoluti estate 2018

Anche i dati forniti dal CNR/Isac di Bologna confermano il trend, nella fig. 3 sono riportate le anomalie di temperatura dell’estate 2018 rispetto al periodo 1971/2000, praticamente tutta la nostra Penisola ha fatto registrare valori sopra la media, fatta eccezione per il sud della Calabria e il nord est della Sicilia. A livello nazionale la temperatura media è risultata essere superiore di ben 1,74°C al valore 71/2000, la quinta estate più calda dal 1800. Estate più calda dal 1800 fu quella del 2003 con un’anomalia di +3,76°C, quella più fredda si registrò nel 1816 con un’anomalia di -3,89°C.

PRECIPITAZIONI Come evidenziato nella tabella di fig.2, abbiamo registrato finalmente un’estate con pioggia (con quantitativi del 12% superiori ai valori medi dal 1921), sono caduti 340,8 mm di pioggia in 31 giorni piovosi (giorno in cui cade almeno 1 mm di pioggia, 1 mm di pioggia per metro quadrato equivale ad un litro). L’estate 2017 aveva registrato solamente 268 mm, e i giorni piovosi furono solo 19.

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RIEPILOGO ESTATE 2018

Fig.2 Anomalie temperatura media estate 2018 rispetto a periodo 1971/2000

Elaborazioni di Giampaolo Rizzonelli anche su dati forniti da Meteotrentino Provincia Autonoma di Trento e Fondazione Edmund Mach. Fig. 3 Precipitazioni e giorni piovosi estate 2018

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o d n a l l e r e h c o i G

Cristini io iz r u a M a cura di

QUESITO A SCHEMA Trovate le parole rispondenti alle definizioni date, aiutandovi con le sillabe qui elencate alla rinfusa. Dalle lettere nelle colonne a sfondo grigio, si otterrà una domanda alla quale dovrete dare la risposta.

A gioco risolto, leggendo di seguito le lettere nelle caselle a sfondo colorato, si otterrà il nome di un “Giusto fra le Nazioni” al quale fu dedicato in ricordo un albero nel Giardino della Memoria in Levico Terme, dove a lungo soggiornò nei periodi estivi.

a, a, au, bri, ca, ca, cer, ci, ci, co, dan, di, do, e, ga, ghel, gle, go, gol, hu, in, la, li, li, li, lop, mai, me, mi, na, ne, ne, o, plu, po, por, ras, sal, se, si, sma, so, sti, su, sup, tar, te, ti, to, to, ve, vi, via, vio, zio. 1. Respirano con difficoltà - 2. La più popolare maschera bergamasca - 3. Una zuppa... dolce - 4. A volte, esce quella straordinaria - 5. Famoso filosofo greco autore delle Vite parallele - 6. Lo stato degli USA nel quale è ambientata la serie televisiva La signora in giallo - 7. Un'andatura del cavallo - 8. Il nome della fidanzata di Braccio di Ferro - 9. Lo è la crema che conferisce compattezza ed elasticità ai tessuti - 10. Un elemento di sostegno o di appoggio - 11. E' stipendiata per svolgere lavori di casa - 12. Pesciolini conservati sott'olio o sotto sale - 13. E' il solo vulcano attivo dell'Europa continentale - 14. Così sono dette le sette vertebre del collo - 15. Aperitivo di origine altoatesina alternativo allo Spritz - 16. Il suo primo nome d'arte fu Baby Gate - 17. Ha dato vita al Totocalcio e al Totip - 18. Il peggiore infortunio... per un calciatore.

SOLUZIONI NR. DI SETTEMBRE 2018 CRUCI... TRENTINO CARPINO

ORIZZONTALI: 1. Nei software dei computer sono continui per mantenerli all'altezza dei tempi 11. La Antipova amata dal Dottor Zivago - 12. Si ripetono in Italia - 13. Un verbo ausiliare - 14. Si controlla nel diabete - 17. Aosta sulle targhe - 18. Metodo, procedimento di calcolo - 19. Duemila romani - 20. A Trento, la sua sede è in Via delle Orfane 8 - 22. Si esprime con sbadigli - 23. Hanno sempre ragione! - 27. Alluminio e azoto - 28. Il pàito valsuganotto - 29. Allegro e vivace - 31. Il Nicola insigne liutaio cremonese maestro di Stradivari - 32. Uno... a Monaco - 33. Sono... in fondo ai pantaloni - 36. Schiavitù, vessazione - 41. K sulle carte da poker - 43. Lo stato degli USA con Cincinnati - 44. La targa di Asti - 45. Lavori di sterro - 46. Abitano Cles e Tassullo - 49. Un satellite di Giove - 50. Organizzazione clandestina paramilitare francese dei primi anni '60 del secolo scorso (sigla) - 51. Nubi basse e uniformi, a sviluppo orizzontale. VERTICALI: 1. Un organismo come la lattuga di mare - 2. Il Danilo cestista italiano che gioca in USA nel Campionato NBA - 3. Vino rosso piemontese dal tipico retrogusto amarognolo - 4. Lo scultore da Tradate che nel XV secolo decorò con statue il Duomo di Milano - 5. Sono proposti coi bisi nella cucina veneta - 6. La patente per la guida dei motoscafi - 7. Materia di rivestimento per stufe a olle - 8. Una vera... prima donna - 9. La fine delle pene - 10. Si parla di introdurlo nella mobilità trentina - 11. L'ospedale fondato nel 1991 da U. Veronesi (sigla) - 15. Animale come la Daniza morta in Trentino nel 2014 - 16. La targa dell'Urbe - 19. E' affetto da seri problemi psichici - 21. Essere contenti, esultare - 24. Ha diretto Tutti a casa e Pane, amore e fantasia (iniz.) - 25. Un'espressione di dubbio - 26. Sigla del tritolo - 28. Sulla scacchiera partono dai quattro angoli 29. Provare felicità, deliziarsi - 30. Il nome della Loren - 34. Famoso film del 1994 diretto da Luc Besson con Jean Reno - 35. La sigla di Isernia - 37. Ospita il Polo scientifico e tecnologico dell'Università di Trento - 38. Precede Orsola in Val dei Mocheni! - 39. Lo segue una pratica - 40. Notte... parigina - 42. L'Umberto de Il nome della rosa - 47. La bocca... di Caligola - 48. Cambiano porti in sorta.

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RICOSTRUZIONE 1. quadrante di orologio; 2. lievitare una pizza; 3. orchestra polifonica; 4. lucidare a specchio; 5. Polifemo e Ulisse; 6. il nostro schietto parere; 7. immagini di Giove; 8. avere poche monete; 9. facoltoso baronetto; 10. allacciare rapporti = Quando il Pizzo ha il cappello, o che piove o che fa bello.

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Il numero di settembre di Valsugana News è stato chiuso in redazione il 2 ottobre 2018


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