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Medicina & Salute: la stanchezza da covid

Medicina & Salute

Stanchezza da covid

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Ormai l’emergenza sanitaria si sta prolungando da parecchi mesi tanto che l’OMS (Organizzazione Mondiale della Salute) ha recentemente parlato di “Pandemic fatige”. Questa sindrome si caratterizzerebbe come una sorta di stanchezza cronica e di sfinimento reattiva proprio a situazioni come quella che stiamo vivendo.

Com’è facilmente intuibile questa manifestazione cognitiva, comportamentale ed emotiva è una reazione comune a situazioni di stress. L’OMS la definisce proprio come “una risposta prevedibile e naturale a uno stato di crisi prolungata della salute pubblica”. In aggiunta, una cosa che può influire negativamente sul nostro benessere e umore è determinata dall’incertezza, nel non poter controllare questa situazione. Alla fine nessuno di noi ora come ora sa, quando questa circostanza finirà e questo può generare ansia, paura e stress cronico. La sensazione di sfinimento può essere così forte da farci sentire immobilizzati. L’assenza di energia in realtà ha colpito un po’ tutti, la sentiamo giorno per giorno, ma quando diventa così importante le cose sono differenti e soprattutto non tutti reagiscono alla stessa maniera. Le persone possono manifestarsi apatiche e con sindromi demotivazionali, tanto da arrivare a minare la corretta esecuzione dei comportamenti protettivi raccomandati per la salute di noi stessi e degli altri. La pandemia ha toccato tutti e in un momento così limitativo rispetto il

di Erica Zanghellini * rinnovare attenzioni e cautele, dopo il periodo estivo (tra l’altro sempre più specifiche) ci mette continuamente alla prova. In realtà stiamo anche assistendo a una quota di persone che non riescono a mantenere un livello di prevenzione adeguato e sufficiente per proseguire le nostre attività necessarie in sicurezza e questo è una gran preoccupazione. Siamo stati spettatori infatti di due step, il primo al principio di questa situazione complicata e difficile, in cui le persone riuscivano ad attivare un sistema di adattamento mentale e fisico. Il secondo, avvenuto poi col passare del tempo in cui per alcuni la situazione di allarme si è “trasformata” e senza rendersene conto è diventata un contesto di “nuova normalità” facendo sì che le persone abbassino la guardia sui reali pericoli. Ecco perché in alcuni casi i messaggi fondamentali ai quali siamo bombardati da tempo, come l’igiene delle mani, l’uso di dispositivi personali come le mascherine e il distanziamento fisico sembrano essere sempre meno efficaci. Perché per le persone è difficile mantenere un atteggiamento coerente ed efficiente per lungo tempo se cambia l’interpretazione

e assetto mentale. Il lockdown e il Covid, è inutile negarlo hanno portato stress, ansia, depressione, in alcuni casi stati rabbiosi e soprattutto solitudine determinando effetti devastanti sul benessere psicofisico delle persone, (soprattutto quelle che già erano fragili) ma, sicuramente la paura ci ha spinto a tutelarci e a prendere severi e rigidi provvedimenti. Col tempo però una parte di persone sono diventate più lassive, perché diventando un’abitudine la motivazione crolla ed ecco allora le prime complicazioni più o meno gravi nel mantenere diligentemente le condotte di prevenzione. Non solo, l’Oms parla anche di un altro aspetto nel suo documento”Pandemic fatigue. Reinvigorating the public to prevent Covid-19” non solo di demotivazione, ma anche di scetticismo nel mettere in atto i comportamenti protettivi raccomandati per diminuire i contagi e tutelarci personalmente e anche a livello di comunità. E come se la persona fosse arrivata a pensare che il “peso” delle restrizioni sia maggiore dei benefici che ne deriverebbero. Si potrebbe per esempio, cominciare a riflettere sul fatto che sia inutile limitare la propria libertà personale per cercare di contenere i contagi, visti i numeri in crescita che ogni giorno ci vengono ricordati. Questo avviene perché, sempre a livello psicologico quello che per noi era una minaccia nuova, sconosciuta e pericolosa, ora sta diventando familiare e quindi meno impellente. Se da una parte risulta essere inevitabile, abbiamo dovuto imparare a convivere col virus, dall’altra esserci abituati al pericolo ma, soprattutto averlo normalizzato e/o minimizzato nella nostra mentalità

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determinerà una minor necessità di tutelarsi. È più che comprensibile che dopo tanti mesi in cui abbiamo dovuto rinunciare a cose importanti, come la propria libertà, il festeggiare con i propri cari, o celebrarli, oppure lavorare da casa con bambini, o ancora riuscire a gestire la Dad (didattica a distanza) siamo stanchi, ma dobbiamo rimanere vigili. Tenere a mente l’obiettivo e andare avanti. Purtroppo i prossimi mesi saranno complicati e proprio per questo dobbiamo riuscire a fare squadra e cercare di gestire la situazione nel nostro piccolo il meglio possibile, per noi, per i nostri cari e più in generale per la nostra società.

* Dott.ssa Erica Zanghellini Psicologa-Psicoterapeuta Riceve su appuntamento Tel- 3884828675

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