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Il senso religioso
di Franco Zadra
RAGIONEVOLEZZA, ESIGENZA STRUTTURALE DELL’UOMO
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Percepiamo ancora se un atteggiamento è o no ragionevole?
Nel tentare di sgomberare il campo da ogni possibile equivoco che può sorgere affrontando un discorso sul senso religioso, abbiamo fin qui visto una premessa di metodo – attingendo al testo di don Luigi Giussani intitolato appunto come questa rubrica –, il realismo, che ci ha aiutato a comprendere come il metodo con cui si affronta qualcosa è determinato dall’oggetto allo studio, e non, come quando ci dilettiamo in qualche revisionismo storico (per fare un esempio classico, possiamo interpretare il fascismo come “guerra civile europea”, scaturita dalla reazione al bolscevismo, per non dire di Gesù Cristo per cui ci si è spinti fino a considerarlo un alieno), immaginato a capriccio del soggetto. La seconda premessa di metodo che ci presenta don Giussani è la ragionevolezza come capacità “strutturale” dell’uomo di prendere coscienza del reale secondo la totalità dei suoi fattori. Per cogliere come non sia del tutto scontato il fatto che utilizziamo sempre la ragione come invece la potremmo usare – e siamo chiamati a usarla in quanto uomini – ci serviremo di un recente fatto di cronaca, la strage avvenuta il 5 novembre scorso in Texas quando, durante il concerto del rapper Travis Scott all’Astroworld Festival di Houston, per il quale già a maggio i 100mila biglietti in vendita erano andati esauriti in un’ora, una calca di gente ha causato la morte di dieci ragazzi tra i 9 e i 27 anni, mentre circa 300 sono finiti in ospedale, vittime, a quanto può sembrare, di panico e caos. Travis Scott, in un tweet, si dice “devastato” per questa tragedia, «Le mie preghiere sono per le famiglie di tutte le persone coinvolte», ed è di solito questo che la gente intende per “senso religioso”, lasciando l’opinione pubblica “in pace” nel sapere che verranno rimborsati i biglietti dell’evento ed è stato già annullato il prossimo concerto. Dobbiamo dirlo? Viviamo in superficie ogni rapporto con la realtà! Rieducati dalla cultura dominante che ci vuole solo consumatori, disinteressati ai drammi degli altri che al massimo potranno dichiararsi delusi, come il nonno dell’ultima vittima di 9 anni, dal fatto che la città permetta che un evento continui in questo modo uccidendo decine di persone, «Vogliamo solo sapere cosa è successo e chi sono i responsabili». Risulta poi assolutamente irragionevole l’atteggiamento del rapper che ha continuato a cantare mentre la gente moriva ai piedi del palco. Ma l’accusa nei suoi confronti è, al limite, di scarsa sensibilità per la folla in difficoltà. Qualcuno potrà ricordare episodi più “nostrani” di gente in spiaggia che continua a prendere il sole mentre cadaveri di migranti ingombrano la battigia, oppure altri, purtroppo tantissimi, esempi, ma non dobbiamo dimenticare che ciò che emerge da questi fatti è la nostra indotta consuetudine a un uso riduttivo della ragione, del tutto sdoganato a livello culturale. Canzoni di successo come quella nell’album Blue’s del 1987 di Zucchero Fornaciari, ci hanno inculcato che è vero che «solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall’Azione Cattolica», e pare una beffa che ci siamo ridotti a questo punto se si pensa che nel Settecento, detto anche “il secolo dei Lumi”, avevamo la pretesa di “illuminare” le coscienze mediante la luce della ragione, rischiarandole così dalle tenebre dell’oscurantismo medievale. Oggi, appare ragionevole farsi “sbattezzare” e rinunciare al patrimonio di valori che il cristianesimo ci conserva, senza peraltro conoscerne più i contenuti. Sembra che vi sia un misterioso ostacolo che rende impossibile anche ai cristiani l’essere cristiani. Per questo, consiglio la lettura del libro di Alexander Schmemann, “Per la vita del mondo. Il mondo come sacramento”.