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Fatti & misfatti: la legge Zan
Fatti & Misfatti
di Armando Munao’
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Il Disegno di legge ZAN
Un percorso travagliato
Dieci articoli che, nelle intenzioni dei proponenti, avrebbero dovuto “aggiornare” la legge Mancino contro i reati di razzismo estendendo le pene anche a chi istiga alla violenza omofobica. Dopo l’approvazione alla Camera, il ddl Zan si è arenato al Senato. Alcuni articoli di questo decreto legge, sin dalla sua prima comparsa, hanno, infatti, trovato una forte, fortissima, opposizione e pareri contrastanti, specialmente il 1° sull’identità di genere, il 4° sulla libertà di opinione e il 7° sull’istituzione della giornata contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia perché avrebbe coinvolto le scuole di ogni ordine e grado, quindi anche le elementari e medie. Il Centrodestra, la Lega e Forza Italia, con l’aggiunta poi di Italia Viva, avevano espresso serie perplessità e motivate critiche sugli articoli sopra citati tant’è che avevano presentato o chiesto modifiche, secondo loro, costruttive e migliorative al testo iniziale. Modifiche che non sono state accettate dal PD e dai 5 Stelle e che, di fatto, hanno motivato la bocciatura di una legge, da molti definita di “civiltà”.
Il 27 ottobre 2021 i senatori, votando a scrutinio segreto e a favore della “tagliola” proposta da Lega e Fratelli d’Italia contro il ddl. Zan “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale, sull'identità di genere e sulla disabilità“ hanno bloccato l’iter parlamentare della proposta di legge che il 4 novembre 2020, con 265 voti favorevoli, 193 contrari e un astenuto, era stata già approvata alla Camera del Deputati. Per la cronaca la “tagliola”, detta anche “ghigliottina”, è un meccanismo previsto dal regolamento del Senato che testualmente così recita: “Prima che abbia inizio l’esame degli articoli di un disegno di legge, un senatore per ciascun Gruppo può avanzare la proposta che non si passi a tale esame. La votazione della proposta ha la precedenza su quella degli ordini del giorno.” Il centrosinistra, a Palazzo Madama, era sicuro di avere 149 voti necessari per superare lo scoglio, purtroppo, però, parafrasando un vecchio adagio “ ha fatto i conti senza l’oste, perchè due senatori si sono astenuti e altri 16 sono passati con il centrodestra (questi ultimi perché certamente non condividevano la legge ZAN o parte di essa e quindi non hanno seguito le indicazioni di partito). E’ finita 154 a 131 e secondo l’opinione di moltissimi politici e commentatori i “franchi tiratori” potrebbero essere anche di più, perché il centrodestra poteva contare su 135 senatori. Immancabili le polemiche e le accuse, specialmente nel centrosinistra che ha accusato il centrodestra e
On.le Alessandro Zan
Italia Viva di aver voluto affossare una legge di civiltà, come l’hanno definita Letta and Company. Il segretario di Italia Viva Matteo Renzi, invece incolpa il Pd. “Per mesi, ha detto, ho chiesto di trovare un accordo per evitare di far fallire il ddl Zan. Hanno voluto lo scontro e queste sono state le conseguenze. La responsabilità di oggi è chiara: e dire che per Pd e Cinque Stelle stavolta era facile, più facile dei tempi di ‘O Conte o morte’. Non importava conoscere la politica, bastava conoscere l’aritmetica”. E Renzi, a conferma della sua posizione ha citato anche le parole di Romano Prodi il quale, nella trasmissione “Che tempo che fa” di RAI 3, era stato molto critico sulle circostanze relative al fallimento del ddl Zan dichiarando che : “Era molto facile fare piccole modifiche, anche verbali, ma si è strumentalizzato il tutto. Si voleva creare l’incidente e incidente c’è stato. È stata una prova di forza, la Destra ha anche vinto, ma a danno di un problema su cui ci voleva un accordo”. “L’arroganza dei Cinque Stelle e del Pd
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ha prodotto una sconfitta incredibile, non solo per il Parlamento, che ha perso l’occasione di far approvare una legge di civiltà, ma anche per le tante donne e uomini che aspettavano di essere finalmente tutelati da aggressioni e discriminazioni. Noi siamo quelli che hanno portato a casa la legge sulle unioni civili, mentre loro hanno giocato sulla pelle di persone che meritavano una legge, non delle bandierine”. Così Maria Elena Boschi, presidente dei deputati di Italia Viva. Sul ddl Zan era intervenuto anche il Vaticano, per voce del Segretario per i rapporti con gli Stati, monsignor Paul Richard Gallagher, che nel mese di giugno aveva infatti inviato una nota all’ambasciata italiana presso la Santa Sede in cui si chiedeva formalmente la modifica del disegno di legge. Non è la prima volta che la Chiesa si esprime sulla questione. Nel mese di maggio infatti era anche intervenuto il presidente della Cei, (la Conferenza Episcopale Italiana), il Cardinale Bassetti, affermando che “la legge potrebbe essere fatta meglio perché dovrebbe essere chiara in tutti i suoi aspetti senza sottintesi.” E vediamoli questi tre articoli contestati dal centrodestra e dai renziani e sui quali il PD, Letta in testa, i Stelle e altri, non hanno voluto aprire una discussione e un dibattito migliorativo, ma, convinti di avere la maggioranza, hanno cercato, a detta di moltissimi, il “muro contro muro”. Articolo 1: “Ai fini della presente legge: a) per sesso s’intende il sesso biologico o anagrafico; b) per genere s’intende qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso; c) per orientamento sessuale s’intende l’attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi; d) per identità di
genere s’intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un
percorso di transizione”. Quindi, secondo gli oppositori al decreto e interpretando quanto previsto da questo ultimo punto, una persona, in qualsiasi momento del suo vivere, può svegliarsi una mattina e dichiarare di appartenere all’altro sesso e di sentirsi come tale con tutte le conseguenze del caso. Su questo specifico articolo si erano espresse, con parere decisamente sfavorevole, anche e soprattutto numerose associazioni femministe e lesbiche. L’articolo 4: (Pluralismo delle idee e libertà delle scelte).
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Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. In poche parole non viene ostacolata la libertà di espressione, ma la punibilità scatterà solo in caso di “concreto pericolo” di azioni discriminatorie o violente”. Di fatto, però, questo articolo introdurrebbe o potrebbe introdurre un reato di “opinione” nei confronti di chi è contrario, per esempio, ai matrimoni o adozioni gay, al cambio di sesso, alla maternità surrogata ( utero “in affitto”) oppure esprime la sua contrarierà o essere in disaccordo con un qualcosa che interessa, coinvolge o appartiene al mondo LGBT. Articolo, che se approvato e secondo emeriti costituzionalisti, andrebbe contro l’Art. 21 della Carta che testualmente dice: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. E la decisione su questo punto, ovvero sulla concretizzazione di un possibile reato, spetterebbe a un giudice. Articolo 7: “La Repubblica riconosce il giorno 17 maggio quale Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei principi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione. In occasione di questa Giornata “sono organizzate cerimonie, incontri e ogni altra iniziativa utile per la realizzazione delle finalità di cui sopra. Le scuole