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Remo Wolf
Girovagando
di ritorno), 19 giorni di navigazione nel mare più tempestoso al mondo, 10 giorni di attesa di un volo in Nuova Zelanda, altre 25 ore di aereo per Roma e altri 14 giorni di quarantena in casa ad Asiago. Direi turbolento!
Quale è il più bel ricordo che porti a casa di questa esperienza?
Non riesco a concentrare tale bellezza e unicità in una sola cosa, un grande bagaglio di esperienza, amicizie, momenti, ricordi che non dimenticherò mai. ‘’Più della metà del periodo trascorso nel sesto continente l’ho vissuto con il sole di mezzanotte, non scendeva mai ed anche a mezzanotte era bello alto sull’orizzonte, avevo già sperimentato questa cosa in Lapponia Norvegese e devo dire che non mi ha dato noie, avendo un ritmo lavorativo il corpo e la mente si sono adattati. Con il passare delle settimane il sole scendeva sempre più fino a tramontare, i primi tramonti che nessuno prima aveva mai visto (normalmente il personale abbandona la base ad inizio febbraio). Non dimenticherò mai l’arrivo della notte, ho visto le prime luci del cielo, Giove, Saturno e altri corpi celesti, stavo ore e ore con il mio binocolo astronomico a guardare la Luna, che mi sembrava alquanto strana, e in effetti così era, essendo io all’estremità dell’emisfero australe la vedevo al contrario! Nessuno se n’era accorto, ma io che la Luna la conoscevo bene si, il grande cratere Tyco che tutti riusciamo a distinguere era all’opposto di dove doveva essere, incredibile ho pensato.’’
Per chiudere, quanto tempo sei rimasto alla base in Antartide?
Complessivamente più di 80 giorni, da fine gennaio a metà aprile 2020. Ho avuto il piacere e l’onore di frequentare spesso Riccardo negli ultimi mesi, una delle cose che ho imparato da lui, è che l’Antartide, che per tutti noi è un continente ricoperto di ghiaccio (vedi fig. 1) in realtà è un insieme di territori, isole e penisole separati dal mare e la figura n. 5 ne è un chiaro esempio e scommetto che pochi di noi hanno mai visto.
Fig. 5 - L'Antartide il continente visto senza ghiacci
E’ la mostra inaugurale del nuovo Spazio civico Albano Tomaselli, gestito dal Circolo Croxarie e sito al piano terra della omonima biblioteca comunale di Castel Ivano. In esposizione circa sessanta opere dell'incisore trentino selezionate dal Priamo Pedrazzoli e Giovanni Daprà. La mostra, promossa dal Comune di Castel Ivano in collaborazione con la Comunità Valsugana e Tesino, Croxarie, Ecomuseo della Valsugana, Litodelta e Terre del Lagorai, è stata inaugurata nei giorni scorsi ed è visitabile gratuitamente fino al 29 agosto dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18 (chiuso il lunedì). Come scrive nella presentazione del catalogo l’architetto Roberto Festi “la statura europea dell’opera di Remo Wolf è incontestabile. Non è un caso che egli sia indicato come un riformatore della xilografia, artista che si è impegnato, assieme ad altri pochi e prestigiosi artefici, per riportare la tecnica incisoria ai fasti del passato. Remo Wolf è anche indiscutibilmente uno dei protagonisti dell’arte trentina del Novecento. Le sue opere si relazionano con una carriera artistica formidabilmente longeva che si articola per oltre settant’anni. Nel 1952 con Giovanni Barbisan, Lino Bianchi Barriviera, Mario Dinon, Giovanni Giuliani, Tranquillo Marangoni, Neri Pozza, Virgilio Tramontin e Tono Zancanaro è tra i fondatori dell’Associazione Incisori Veneti. La mostra di Castel Ivano, accompagnata da un nuovo e analitico volume sull’artista trentino analizza non a caso un aspetto fondamentale dell’arte di Wolf, che è quello legato ai “cicli”. Nel dopoguerra (1950, 1954 e 1956) la Biennale veneziana ospita Wolf che in quelle occasioni presenta sempre delle xilografie, segnale indiscutibile del ruolo primario che l’attività incisoria è venuta ad assumere nel suo percorso artistico. Cicli fondamentali vi erano stati anche prima della guerra: quelli della Danza della Morte (1933) e dei Sogni (1939) con i quali l’artista inizia a sperimentare la narrazione a tema. E altrettanto determinante nell’opera wolfiana è il ciclo di sette fogli della “Piccola pazzia” (1946), permeato dal dramma della prigionia, che poi riprende e sviluppa tra il 1955 e il 1965 nel più articolato Incubi di ieri e oggi”. L’ingresso è libero e il catalogo è disponibile in mostra.