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Coronavirus e inquinamento
È sicuramente ancora presto per tirare le somme di questa epidemia ancora in corso, da ogni suo punto di vista. Eppure scienziati, studiosi, sociologi, psicologi e esperti dei vari settori hanno iniziato a scandagliarne gli effetti fin dal principio. Uno dei binomi emersi prepotentemente è quello tra inquinamento e coronavirus, che può essere visto in entrambe le direzioni. La prima, la più palese, sotto l’occhio di ognuno di noi è come una delle misure messe in atto da amministratori e autorità per il contenimento del coronavirus, il cosiddetto lock down che ci sta tenendo quasi tutti a casa da settimane, stia provocando effetti non da poco sull’ambiente. L’espressione più macroscopica la si vede quotidianamente aprendo quella finestra sul mondo esterno che sono i social; chi di voi non ha visto il video dei delfini che tornano a nuotare nel porto di Trieste? E che dire dei cinghiali a spasso per le strade “in” delle città di tutta Italia che hanno invaso le nostre chat di Whatsapp? I telegiornali, poi, hanno mostrato come nella stupenda Venezia, invasa un tempo da turisti e persone, anche le acque dei torbidi canali siano tornate così cristalline da poterci vedere anche i pesci che nuotano sul fondale. Ma la vista non è l’unico senso che ci testimonia di come la natura si stia riappropriando dei propri spazi. Aprite la finestra, uscite in giardino o sul terrazzo. Non vi sembra che l’aria sia più fresca e frizzantina anche nei nostri paesi tra le montagne? Beh, sappiate che non è solo una sensazione, ma che, in tutto il mondo, si stanno registrando notevoli abbassamenti di inquinamento dell’aria. L’ESA (European Space Agency) tra el altre cose scattta immagini quotidiane del nostro pianeta dallo spazio; osservando le foto pre e post quarantena, agli esperti è apparso fin da subito chiaro come ad esempio la quantità di diossido di azoto nell’atmosfera, prodotto prevalentemente dal traffico veicolare, si sia radicalmente ridotto già nelle prime settimane. Secondo il Sistema Nazionale di Protezione Ambientale questa riduzione sarebbe arrivata addirittura al 50%. Anche il particolato, di cui fanno parte le famose PM10 che si sentono spesso nominare, risulta diminuito. Anche se questa diminuzione non è stata così importante, ma questo perché le micropolveri non svaniscono miracolosamente,, hanno bisogno che anche le condizioni meteo diano una mano. E così queste giornate di alta pressione non aiutano a ripulire del tutto l’aria. Ma, in generale, il nostro pianeta sta beneficiando del blocco del traffico, della riduzione della CO2 emessa da noi esseri umani in maniera non indifferente. Secondo i dati raccolti in un articolo del Corriere della Sera, nella settimana tra il 25 febbraio e il 4 marzo il traffico veicolare sulla nostra rete autostradale si è ridotto del 18%, e la
Coronavirus e inquinamento: studi e controversie
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di Elisa Corni
stima è che nelle regioni di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna siano state emesse quasi 140 mila tonnellate in meno di CO2. Ma, purtroppo, i risultati di questo blocco li vedremo solo a medio-lungo termine. E solo se continueremo a mantenere comportamenti per tutelare il nostro pianeta. L’altro lato della medaglia è invece meno appariscente, ed è il frutto di una serie di studi, come ad esempio quello targato Havard University. L’in cidenza del COVID-19 in alcune aree del pianeta ha riportato l’attenzione su alcune ricerche che mettevano in correlazione l’inquinamento dell’aria e la letalità di epidemie come la SARS (della quale il COVID-19 è espressio ne) in Cina nel 2002. In effetti Whuan, Lombardia, Veneto ed Emilia Roma gna -le zone dove l’incidenza della mortalità di questo virus è stata molto alta- sono aree altamente produttive e, di conseguenza molto inquinate. La nostra Pianura Padana nell’inverno 2019-2020 era al primo posto in Euro pa per i tassi d’inquinamento dell’aria. Innanzitutto bisogna tenere conto che diverse ricerche in passato hanno evidenziato la stretta correlazione tra inquinamento e malattie all’apparato respiratorio: l’inquinamento alto corri sponde ad altrettanto alte ospedalizzazioni per patologie di questo tipo. Alta esposizione a particolati come il PM10 è, secondo numerosi studi, corrisposto a serie compromissioni delle funzionalità polmonari nonché all’aumento della carica virale dei vi rus stessi. Al momento della scrittura di questo articolo, però, non esisteva no “studi approvati e condivisi dalla comunità scientifica” che dimostrino inequivocabilmente una correlazione tra inquinamento e incidenza del Covid-19. Non si può però ignorare il documento pubblicato dalla Sima (Società itraliana di medicina ambien tale) che la suggeriva vista la coincidenza tra l’esplosione del coronavirus in Lombardia e Emilia Romagna e il superamento dei limiti di polveri sotti li rilevate nel periodo tra il 10 e il 29 febbraio. Sicuramente qualcosa su cui riflettere. Intanto l’ESA ci informa che il buco dell’ozono si sta chiudendo… speriamo!
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