Valsugana News n. 3/2019 Aprile

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ANNO 5 - NR. 3 - APRILE 2019

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Punto a capo di Waimer Perinelli

Mart, Sgarbi e il gatto La corsa è iniziata l solo annuncio dell'arrivo di Vittorio Sgarbi quale Presidente del Mart, ha scatenato ansia o attesa. Annunciato dal presidente della Provincia di Trento Maurizio Fugatti e dall'assessore alla cultura Mirko Bisesti, quale presidente del Mart, ha già esternato alcune idee. “Farò del Mart il museo più importante dell'Europa meridionale”, ha detto. Ci conforta l'idea di essere inseriti nell'Europa ci chiediamo però quanto sia grande il meridione ovvero se avremo concorrenti la sola Grecia o anche la Spagna, per non parlare della Francia. Ma senza andare lontano temo che già Roma con il Maxxi, Milano con il Museo del Novecento e Napoli con il Madre, abbiano musei altamente competitivi. A favore di un rilancio gioca il fatto che, come visitatori, al Mart, compresi la Galleria Civica e il Museo Depero, si sta raschiando il fondo del barile. Dopo gli anni gloriosi e dispendiosi della gestione Belli iniziata nel 2002, i visitatori sono in costante calo. Nel 2010 erano 232.000, nel 2016 153.000, nel 2017 141.000 e 134.000 nel 2018, ovvero il 4,5 per cento in meno. Vittorio Sgarbi è sgarbato, nomen omen, aggressivo, arrogante, in una parola antipatico, è Vittorio Sgarbi uomo colto, una qualità questa che lo colloca fra i più valenti diffusori dell'arte. E' studioso del Rinascimento e del Barocco e sicuramente attento all'arte moderna e contemporanea materia di studio e diffusione del Mart alla quale nel programma annunciato si accosta partendo da molto lontano. “Ho già in mente, ha dichiarato, una mostra su Canova e il moderno, essendo anche presidente della fondazione Canova” partirà insomma dall'esponente di spicco del neoclassicismo, morto a Venezia nel 1822, per arrivare ai nostri contemporanei. Un bel viaggio non c'è dubbio che, come ha affermato Fugatti, guiderà a titolo gratuito. Fra il più preoccupati al Mart c'è l'attuale direttore Gianfranco Maraniello che annaspa con i tanti ma pochi soldi di dotazione del museo riciclando da due anni la bella arte del Novecento, in particolare la collezione di Margherita Sarfatti conosciuta ai più come amante di Mussolini ma sicuramente valente critica e ispiratrice di alcuni grandi artisti del secolo scorso. Le mostre recenti ci hanno reso familiari questi pittori senza portare impatti positivi oltre i confini regionali. Maraniello, in un incontro svoltosi il 5 marzo scorso, si è rivolto alle associazioni artistiche trentine aprendosi alla collaborazione. Sinceramente è apparsa come una mossa che può spiaggiare il Mart nel mare del provincialismo. D'altra parte avere come presidente Sgarbi, pur dichiaratosi amico d'arte e di pelle, non sarà cosa facile. Il critico è noto per l'esuberanza intellettuale e verbale, l' insofferenza al confronto, l'incostanza. Ha ricoperto molte cariche artistiche e politiche. Fra queste ultime lo ricordiamo sindaco di Salemi, in provincia di Trapani, comune commissariato per sospette infiltrazioni mafiose, ed è attuale sindaco di Sutri in provincia di Viterbo dove ha inaugurato un museo contenente opere di Giuseppe Pellizza da Volpedo. E' innegabilmente uomo di fama e d' immagine, e chi lo nomina spera forse di risparmiare in spese pubblicitarie. La domanda è: ci sarà il botto? Sgarbi è infine uomo noto per la rapidità e spesso contraddittorietà delle decisioni. Il fermento, l'ansia e la paura del mondo intellettuale trentino è ben sintetizzato dal sito satirico “Rovereto violenta” che ha aperto un sondaggio: dura più Sgarbi al Mart o un Il Mart gatto in tangenziale?”

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* ELEZIONI DEI MEMBRI DEL PARLAMENTO EUROPE0 * Elezioni Politiche Suppletive per I collegi uninominali rimasti vacanti * Elezioni del Sindaco e del Consiglio Comunale di Levico Terme e Borgo Valsugana

Tutte le elezioni si terranno il 26 maggio 2019

CONDIZIONI DI ACCESSO PER LA DIFFUSIONE DI MESSAGGI POLITICI ELETTORALI SUL PERIODICO VALSUGANA NEWS Si informano gli interessati che il periodico VALSUGANA NEWS, nel rispetto di quanto previsto dall'art. 7, comma 2, della legge 22 febbraio 2000, n° 28, e successive modifiche, pubblicherà nel mese di maggio 2019, uno SPECIALE ELEZIONI all'interno del quale sono stati previste pagine politiche riservate ai candidati, partiti e movimenti politici. Si informa che i messaggi politici elettorali saranno posizionati in ordine di prenotazione e in spazi chiaramente evidenziati e riconoscibili con modalità uniformi per ciascun candidato, Partito e/o Movimento politico, e recheranno la dicitura “messaggio politico elettorale” con l'indicazione del soggetto politico committente. Si informa, inoltre, che potranno essere pubblicate soltanto le seguenti forme di messaggio politico elettorale: 1) annunci di dibattiti, tavole rotonde, conferenze e discorsi; 2) spazi riservati alla presentazione dei programmi delle varie liste, dei gruppi di candidati e dei candidati; 3) pubblicazioni di confronto tra più candidati.

COSTO SPAZI ELETTORALI: PAGINA INTERA 350,00 + IVA AL 4% - MEZZA PAGINA 200,00 + IVA AL 4% Le modalità, le condizioni di accesso e i prezzi relative alle pagine, agli spazi e ai modulari per la pubblicazione dei messaggi elettorali di cui sopra e relativi alla legge sopracitata, sono disponibili presso GRAFICHE FUTURA (sede della redazione del periodico VALSUGANA NEWS) a Mattarello,Via della Cooperazione, 33. Per info e prenotazioni: direttore@valsugananews.com - info@valsugananews.com Per contatti telefonici: 333 2815103 4

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SOMMARIO ANNO 5 - APRILE 2019 DIRETTORE RESPONSABILE Armando Munaò - 333 2815103 direttore@valsugananews.com CONDIRETTORE Franco Zadra - franco.zadra@gmail.com VICEDIRETTORE Chiara Paoli - Elisa Corni COORDINAMENTO EDITORIALE Enrico Coser COLLABORATORI Waimer Perinelli - Roberto Paccher - Erica Zanghellini Massimo Dalledonne - Francesca Gottardi Maurizio Cristini - Laura Mansini - Alice Rovati Laura Fratini - Sabrina Mottes - Patrizia Rapposelli Zeno Perinelli - Adelina Valcanover - Veronica Gianello Giampaolo Rizzonelli - Nicola Maschio - Mario Pacher CONSULENZA MEDICO - SCIENTIFICA Dott.ssa Cinzia Sollazzo - Dott. Alfonso Piazza Dott. Giovanni Donghia - Dott. Marco Rigo EDITORE - GRAFICA - STAMPA Grafiche Futura srl Via della Cooperazione, 33 - Mattarello (TN)

PER LA TUA PUBBLICITÀ info@valsugananews.com www.valsugananews.com

Registrazione del Tribunale di Trento: nr. 4 del 16/04/2015 - Tiratura n° 7.000 copie Distribuzione: tutti i Comuni della Alta e Bassa Valsugana, Tesino, Pinetano e Vigolana compresi COPYRIGHT - Tutti i diritti di stampa riservati Tutti i testi, articoli, interviste, fotografie, disegni e pubblicità, pubblicati nella pagine di VALSUGANA NEWS e sugli Speciali di VALSUGANA NEWS sono coperti da copyright GRAFICHE FUTURA srl e quindi, senza l’autorizzazione scritta del Direttore, del Direttore Responsabile o dell’Editore è vietata la riproduzione o la pubblicazione, sia parziale che totale, su qualsiasi supporto o forma. Gli inserzionisti che volessero usufruire delle loro inserzioni, per altri giornali o altre pubblicazioni, possono farlo richiedendo l’autorizzazione scritta all’Editore, Direttore Responsabile o Direttore. Quanto sopra specificato non riguarda gli inserzionisti che, utilizzando propri studi o agenzie grafiche, hanno prodotto in proprio e quindi fatta pervenire, a GRAFICHE FUTURA srl, le loro pubblicità, le loro immagini i loro testi o articoli. Per quanto sopra GRAFICHE FUTURA srl, si riserva il diritto di adire le vie legali per di tutelare, nelle opportune sedi, i propri interessi e la propria immagine.

Punto e a capo Elezioni: par condicio Sommario Femminicidio Attualità L’Università negli USA 2019 battute per... .soccorso 2019 battute per... .traghettamento Scultura e poesia In libreria Il contrappunto Indagine Altroconsumo Il Congresso delle famiglie Volontariato e altruismo Trasporti pubblici

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Tra storia cultura e tradizioni I rifugi antiaerei Sant’Osvaldo si tinge di rosso Il culto di San Rocco Partigiani e resistenza Una vita da paracarro 1525 l’insurrezione contadina I fratelli Morizzo 1890: la centrale di Trento Castel S. Pietro di Torcegno

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Giochi d’azzardo e ludopatia Il Coro Val Bronzale Le cronache Il personaggio: Rocco Fontana Musicando e cantando Sapori e profumi Nicolo’ Calvino: i giochi della mente Scuola e studenti Olimpiadi della danza

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Medicina & Salute: vediamoci piu’ chiaro Medicina & Salute: la nostalgia Medicina & Salute: la celiachia Medicina & Salute: quando il lavoro fa ammalare

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Il teatro di casa nostra I nostri migliori auguri La Filodrammatica di Olle Le cronache locali Sci Club Cima XII Le cronache locali In Vino Veritas Le cronache locali Le cronache locali Il mondo animale: la toelettatura Le cronache locali Le cronache locali Le cronache locali Che tempo che fa Le cronache locali

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GIUSEPPE MOSCATI il medico dei poveri Pag. 8

BEPI TOLLER sindaco e poeta Pag. 24

IL COMMERCIALISTA Serena Marin Pag. 78

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Femminicidio di Patrizia Rapposelli

Femminicidio e sconti di pena Dubbi e perplessità tra media e politici, una confusione mista a sorpresa tra la gente comune. Queste le reazioni a seguito delle sentenze di Genova e della Corte di Appello di Bologna emesse lo scorso mese sui colpevoli di femminicidio. Nei primi due mesi del 2019 sono 13 i femminicidi commessi in Italia, contro i 19 dello stesso periodo del 2018, tra cui nove dei quali ad opera del partner o ex partner. Una flessione del fenomeno che passa comunque inosservata agli occhi dell’opinione pubblica, la quale chiama e attende maggior severità nel punire un omicidio di una donna in quanto donna. Una sentenza quella di Genova che lascia sconcertati perché arriva dopo pochi giorni da un’analoga decisione della Corte di Appello di Bologna, anche in questo caso la pena da 30 anni del primo giudizio è stata ridotta a 16, perchè l’assassino, si legge, ha agito soverchiato da una tempesta emotiva. Jenny, uccisa dal marito nell’aprile dello scorso anno a Genova perché illuso e disilluso dai tradimenti e riappacificazioni con la moglie; Olga, vittima del compagno il 5 ottobre 2016 nella sua città di Riccione perché dopo un mese di relazione voleva allontanarsi. Donne accomunate dal non essere sopravvissute alla violenza dei rispettivi

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compagni e ad oggi messe ancora al centro della cronaca per le decisioni prese da parte dei magistrati considerati relativamente miti, sentenze similari in entrambi i casi motivate dalla “tempesta emotiva” dei due uomini. I giudici applicano la legge contestualizzando i fatti, va da sé che la forza della legge sta nel condannare, ma la sua autorità deriva dall’assolvere e di graduare le pene, dandole diverse per reati formalmente simili. Una giustizia che si limita a condannare tutti gli accusati sarebbe iniqua. Altrettanto comprensibile lo scandalo popolare aizzato dall’attenuare due pene tirando in ballo una presunta “reazione emotiva” quando solo il 10% ha problemi psichiatrici da commettere un tale delitto e il restante è fatto di uomini lucidi che non accettano la libertà della propria donna. Se Gamboa e Castaldo, i colpevoli, rientrano in questo numero non siamo noi competenti per giudicarlo. Le sentenze fanno parte del potere decisionale del giudice che pondera un provvedimento e dall’altra la rivendicazione di una pena massima in caso di femminicidio trova una sua ragione nel fatto che per secoli, fino a ieri con il delitto d’onore, la gravità di uccidere una donna era eccessivamente e vergognosamente attenuato dai pregiudizi di un maschilismo culturale. Preoccupante in-

vece è l’idea che in molti hanno ipotizzato un ritorno al “delitto d’onore” che in passato era previsto nei casi di omicidio nei confronti di un parente per difendere l’onore suo e della famiglia in caso di tradimento; le analogie riguardano il caso di Genova. Infatti il trattamento sanzionatorio nel caso di delitto d’onore vedeva un massimo di 7 anni di carcere. “Rievocarlo è suggestivo, ma le similitudini si fermano qui”. Resta di fatto che una sentenza del genere può aver suscitato agli occhi dei più il timore che possa essere stato sminuito il peso dei delitti contro le donne proprio perché una lotta quella delle violenze che prosegue nel tempo. Una battaglia contro la manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi che ha portato alla dominazione sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti; così Femminicidio esprime la forma più estrema della violenza di genere contro il sesso femminile, prodotto dalla violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato individua ancora oggi un modello socio-culturale patriarcale in cui una donna è subordinata e violabile. Le sentenze fanno parte della discrezionalità del giudice, ma lasciano perplessi i cittadini, non resta che vedere l’evolversi dei successivi processi d’appello.

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Il «medico dei poveri» di Franco Zadra

San Giuseppe Moscati, il «medico dei poveri» Che cos’è la santità? Chi sono i santi? Che cosa hanno a che fare con noi? Sono domande che potremmo anche evitare di porci, continuando a vivere la nostra vita arrabattandoci con le situazioni e i problemi di ogni giorno, evitando il rischio che la superficie piatta e spensierata dell’esistenza venga increspata da simili questioni “ultraterrene”. ncontrando però qualcuno come Giuseppe Moscati, del quale proprio in questi giorni ricorre il 92° anniversario della morte, o meglio, il Dies Natalis secondo il Martirologio Romano, Il 12 aprile 1927, non si potrà evitare di confrontarsi con tali domande che, anzi, si moltiplicheranno dentro di noi divenendo una sorta di sorgente di questioni, trasformate inaspettatamente da quisquilie per baciapile a supporti fondamentali di un pensiero forte e vitale. Originario di Benevento, Giuseppe Moscati si trasferì con la famiglia prima ad Ancona e successivamente a

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Giuseppe Moscati - terzo da sinistra seduto con studenti i suoi primi studenti

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Napoli, dove compì gli studi giovanili (al Liceo Vittorio Emanuele) e frequentò la facoltà di medicina dell'Ateneo partenopeo. Laureatosi a pieni voti nell'agosto del 1903, concentrò nella sua persona quell'inusuale connubio tra fede e scienza che raramente si manifesta in quello che fu anche uno scienziato di prim'ordine. Noto nel panorama scientifico nazionale e internazionale grazie ai suoi studi originalissimi e alle sue pubblicazioni scientifiche, lette e stimate anche oltreoceano. «Per indole e vocazione – disse Giovanni Paolo II canonizzando Giuseppe Moscati in piazza San Pietro il 25 ottobre 1987 - il Moscati fu innanzitutto e soprattutto il medico che cura: il rispondere alle necessità degli uomini e alle loro sofferenze, fu per lui un bisogno imperioso e imprescindibile. Il dolore di chi è malato giungeva a lui come il grido di un fratello a cui un altro fratello, il medico, doveva accorrere con l'ardore dell'amore. Il movente della sua at-

tività come medico non fu dunque il solo dovere professionale, ma la consapevolezza di essere stato posto da Dio nel mondo per operare secondo i suoi piani, per apportare quindi, con amore, il sollievo che la scienza medica offre nel lenire il dolore e ridare la salute». Che il dottor Moscati fosse santo lo sapevano e lo dicevano bene i suoi assistiti che annunciarono la sua morte dicendo, «è morto il medico santo!». Accadde di martedì, la Settimana santa, quando non aveva ancora 47 anni, dopo aver assistito alla Messa e ricevuta la Comunione nella chiesa di San Giacomo degli Spagnoli e aver svolto come di consueto il suo lavoro in Ospedale, nel suo studio privato, verso le 15, spirò sulla sua poltrona. Sono molti gli scritti e le testimonianze alle quali rifarsi per approfondire la storia di Moscati, conoscere la sua attività di «medico dei poveri», come lo ha definito il papa, ma anche di scienziato, tra i primi in Italia, per esempio, a utilizzare l’insulina per la cura del diabete, sperimentata nel gennaio 1922, allora considerato un procedi-


Il «medico dei poveri»

Benevento, Palazzo Rotondi Andreotti Leo, casa natale Giuseppe Moscati

mento terapeutico rivoluzionario. Qui vogliamo solo suscitare curiosità per quella figura di santo, di medico, così che ciascuno liberamente possa andare a conoscerlo di persona, come succede in ogni relazione umana che si possa definire tale. Ricordiamo brevemente solo i miracoli che la Congregazione per le Cause dei Santi, un organismo che opera secondo criteri del tutto scientifici, riconobbe per le «modalità della guarigione relativamente rapida, completa e duratura, non spiegabile secondo le conoscenze mediche». Miracolato, in questo senso, fu Raffaele Perrotta, affetto da meningite cerebrospinale meningococcica sin dalla

tenera età. La madre, spinta dalla disperazione, decise di collocare un’immagine del medico sotto il cuscino del figlio malato che guarì contro ogni previsione medica. Anche Costantino Nazzaro, maresciallo avellinese affetto dal morbo di Addison, nel 1954 dato per morto nel giro di pochi mesi, si recò nella chiesa del Gesù Nuovo per pregare sulla tomba di San Giuseppe Moscati, tornandovi ogni quindici giorni per quattro mesi. Nell’estate il medico dei poveri gli apparve in sogno, e il maresciallo Nazzaro guarì inspiegabilmente il giorno successivo. Infine, Giuseppe Montefusco, di Somma Vesuviana , ventenne, nel 1978 co-

La tomba di Giuseppe Moscati nella chiesa del Gesù Nuovo

Reliquia Maggiore, metatarso del piede destro, custodita all'interno della Chiesa del Gesu Nuovo di Napoli

minciò ad avere disturbi a causa dei quali, il 13 aprile dello stesso anno, fu ricoverato all'Ospedale Cardarelli di Napoli dove gli fu diagnosticata una leucemia acuta mieloblastica. Mentre non rispondeva alle terapie ed era considerato senza speranze di guarigione, sua madre sognò una notte la foto di un medico in camice bianco: dopo essersi consultata con il parroco si recò alla Chiesa del Gesù Nuovo, dove riconobbe nella foto di Giuseppe Moscati il medico visto in sogno. Furono rivolte dunque al Moscati, allora beato, preghiere collettive, e nel giugno 1979 il Montefusco guarì, interrompendo ogni cura e riprendendo il lavoro di fabbro.

Targa Moscati affissa sul palazzo in cui è vissuto Moscati a Napoli

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Attualità di Laura Mansini

La Terra una casa dal tetto fragile Tutto accadde il 15 marzo 2019. Milioni di giovani di tutto il mondo si sono trovati nelle piazze delle loro città per manifestare per il clima chiedendo ai capi di Stato e di Governo di impegnarsi concretamente per evitare i cambiamenti climatici che stanno distruggendo la nostra casa, di pensare a come salvare la terra, per far si che anche loro, nel prossimo futuro, la possano godere. l 15 marzo è un giorno che ha segnato un cambiamento, forse un risveglio delle coscienze, che ci ha fatto fermare un istante a riflettere. Fridays For Future è stata una manifestazione popolare, forse frutto di una precisa campagna di marketing, ma che ha certamente avuto il merito di focalizzare l'attenzione su un problema reale, facendo scendere migliaia di giovani in piazza anche in Italia. La terra ha 7 miliardi di abitanti, la Cina, paese per niente attento all'ambiente, da sola ne ha un miliardo e 386 mila. C'è di che preoccuparsi visto che la stessa mattina del 15 marzo il Governo italiano, Presidente del Consiglio Conte e vicepresidenti Di Maio

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Greta Thunberg

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e Salvini, ha firmato il memorandum, un patto commerciale, così si dice, con la Cina, che attraverso “la Via della seta” potrà incrementare i propri affari, acquistando porti, imprese e quant'altro. E tra queste il porto di Trieste con agganci anche a Porto Marghera dai quali, come denuncia l' associazione AviaSS47 della Valsugana Nova, parte la via del nord attraverso la Valsugana. Ricordiamo che i cinesi hanno già comperato squadre di calcio, marchi della moda di lusso come Krizia e che lavorano solidamente da moltissimi anni nel nostro paese. Ed è proprio questa “Via della seta” affascinante rimando agli antichi viaggi della famiglia veneziana Polo, quella che ci preoccupa maggiormente, perchè milioni di container trasportati dagli autoarticolati, si aggiungeranno alle migliaia di oggi, e cercheranno di raggiungere il nord Europa attraverso la via più breve: la Valsugana, un patrimonio del turismo trentino. In questi giorni si sono aperti i cantieri per fare la quarta corsia sulla Valsugana da Barco ad Ospedaletto e presto inizierà il risanamento di Ponte Alto sul torrente Fersina in località Crozi, un'ope-

ra ingegneristica, trafitta, consumata, degradata dal passaggio di oltre quarantamila mezzi pesanti e leggeri al giorno. Solo una delle tante infrastrutture della Statale 47 della Valsugana logorate dal traffico. Il forte degrado renderà presto inutile e anzi dannoso il potenziamento della statale, la quale potrà reggere un traffico limitato e di tipo turistico a cui potranno essere offerte alternative con fune o cremagliera per raggiunge gli Altipiani. Gli stessi che, come accade da decenni a Zermatt e altre località europee, dovrebbero essere serviti da automezzi, pubblici e privati, con motore elettrico. L'alternativa allo sfascio della Valsugana, lo dicono anche gli amministratori, è il trasporto su rotaia. Nel 1974 era


Attualità

stata fatta una prima ipotesi di elettrificazione e potenziamento della linea. Di poco tempo fa lo stanziamento finanziario per un progetto che rischia di nascere monco, infatti non baipassando il tracciato attuale fra Pergine e Trento finisce per escludere, a causa delle gallerie, i locomotori elettrici e in carri con i container. Se le parole fossero fatti, la ferrovia della Valsugana sarebbe già fatta, ma ora, come dice la ragazzina svedese Greta Thunberg, il tempo sta per scadere. E' tempo di salvare noi, la terra, la nostra valle ed aprire una porta sul futuro ai giovani. Questo richiede qualche sacrificio. Dobbiamo cambiare il nostro modo di vita, riscoprire il valore dell'ambiente e incentivare l'uso di tecnologie ecologiche. Per esempio niente generatori a motore nei rifugi, nelle baite, negli stessi centri urbani e diffusione

La via della seta

degli utilizzatori di energia solare. La scienza che ci aiuta va aiutata con il coraggio di attaccare gli interessi di coloro che ci farebbero mangiare carbone e petrolio pur di aggiungere soldi ai soldi.

Per questo il prossimo "Global Strike for Future" dovrà vedere in piazza più genitori e nonni. Siamo in parte causa di tanto malessere vediamo di essere di aiuto ai nostri figli e nipoti per riconciliarci con la Terra e la vita.

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Università negli USA

di Francesca Gottardi è nostra corrispondente dagli USA

Quando studiare è un privilegio i sono cose che a volte si tende a dare per scontato. L’avere accesso ad una buona educazione di secondo livello è spesso tra queste. L’ampiezza di diritti come istruzione, sanità, congedo parentale e pensione, deriva in larga parte da cultura e scelte politiche. Per questo, la loro estensione può variare in modo significativo da Paese a Paese. Questo anche in relazione agli oneri di tassazione che uno Stato decide di imporre ai suoi cittadini per far fronte ai costi. L’università in Italia In Italia, la maggior parte degli studenti sono nelle condizioni di avere quanto meno una reale chance di andare all’università. Certo, continuare gli studi spesso significa posticipare l’entrata nel mondo del lavoro. Significa anche contribuire al pagamento delle tasse universitarie, che in media si aggirano attorno ai 1500 euro l’anno. Il punto è, l’accesso agli studi universitari è un traguardo possibile e concepibile anche per i meno abbienti. Lo studio è reso sostenibile attraverso una tassazione universitaria progressiva, con tasse contenute, e con altri interventi a sostegno dello studente. Questo permette un’istruzione democratica ed una certa mobilità sociale nel lungo periodo. Scrive il professore Andrea Bellelli, dell’Università di Roma La Sapienza: “Il nostro

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problema non è formare l’eccellenza ma garantire un livello qualitativo minimo accettabile: dobbiamo migliorare le situazioni cattive, piuttosto che premiare ulteriormente quelle buone.” Le problematiche in Italia ci sono, tra queste il tasso di abbandono agli studi, e di conseguimento del titolo fuori-corso. L’università negli Stati Uniti Negli Stati Uniti andare all’università costa caro. Lo sanno bene i genitori, che già cominciano a preparare il fondo universitario per il college del figlio quando è ancora in fasce. Le rette variano dai 10.000 dollari ai 60.000 dollari l’anno, a cui vanno aggiunti vitto ed alloggio. La durata del college è di quattro anni, e lo studente medio si laurea con un debito di 40.000 dollari. Questo porta al fenomeno che il professore di Harvard Robert Putnam definisce “biforcazione” della società americana, laddove l’istruzione è il punto di partenza nella produzione di disuguaglianza sociale. Così l’istruzione, che nell’immaginario comune gioca un ruolo fondamentale nel promuovere l’uguaglianza sociale, rinforza invece le divisioni di classe--ostacolando il processo di mobilità sociale. Un’università come Harvard per esempio costa allo studente quasi 50.000 dollari l’anno, che diventano quasi 70.000 includendo vitto e alloggio

(Fonte: sito ufficiale). Si parla di 25-30 volte il costo di un’istituzione pubblica in Italia. Se è vero che nelle università pubbliche statunitensi il conto è meno salato, si parla comunque di una media di 10.000 dollari all’anno per i residenti dello Stato dove l’università è collocata, e di 22.000 dollari per chi viene da fuori. Occorre aggiungere che le università private negli USA sono tendenzialmente più prestigiose di quelle pubbliche. Pertanto, per andare ad una Columbia University o ad Harvard occorre sia essere bravi, sia avere una certa disponibilità economica. È vero, ci sono le borse di studio. Ma non soddisfano la domanda, e spesso coprono solo una parte dell’esborso complessivo. I costi sono parte del motivo per cui quasi la metà degli studenti finiscono per non laurearsi, in quello che Bill Gates ha definito “un tragico tasso di abbandono degli studi universitari”. Molti di coloro che non ottengono il titolo appartengono a fasce di reddito basse, dove il bisogno di guadagnare ad un certo punto prevale sugli studi, ponendo dei vincoli. Nel 2012 Il New York Times scriveva “I ricchi sono avvantaggiati e la diseguaglianza tra ricchi e poveri sta crescendo”. Il passaggio è ancora attuale. Ecco quindi che in questo contesto lo studio non è un diritto, ma un vero e proprio privilegio.

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Yin e yang di Franco Zadra

2019 battute su… necessità e obbligo al soccorso

hi ha potuto seguire la puntata del 19 marzo scorso della trasmissione #Cartabianca condotta da Bianca Berlinguer, ha visto un filmato del 6 novembre 2017 che confrontava attraverso immagini davvero agghiaccianti, l’intervento di “soccorso” della Guardia costiera libica e i volontari della Sea Watch, la Ong tedesca che si occupa di soccorsi umanitari, alle prese con un gommone con a bordo 150 migranti, salpato da Tripoli, già in fase di affondamento nel tratto di mare 30 miglia fuori dalle acque territoriali libiche. Ricordiamo che l’addestramento della Guardia Costiera libica è seguito dalla Forza Navale Europea ed è frutto di un protocollo d’intesa siglato il 23 agosto

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2016 dall’Ammiraglio Enrico Credendino, comandante dell’Operazione Sophia di Eunavfor Med e dal commodoro Abdalh Toumia, comandante della Guardia Costiera libica, e consiste in lezioni teorico-pratiche sulla Nave San Giorgio per la condotta della navigazione, inglese, telecomunicazioni e gestione eventi di ricerca e soccorso, e sulla Nave Rotterdam per la lotta antincendio, attività di boarding e ispezioni mercantili, manutenzione meccanica ed elettrica. Avvicinatasi troppo velocemente al gommone dei migranti, la motovedetta libica alza delle onde che fanno cadere ancora più gente in acqua. Ma è davvero impressionante vedere uomini addestrati gettare in mare i naufraghi appe-

na recuperati o picchiare senza scrupolo alcuno quelli che sono riusciti a salire a bordo della motovedetta, mentre gettano oggetti addosso ai volontari della Sea Watch che cercavano di salvare quei migranti caduti in acqua. A noi è bastato vedere quel video per far cadere ogni obiezione al soccorso in mare, all’accoglienza dei profughi, al sostegno doveroso e generoso a quegli eroici volontari. Un intervento umanitario imprescindibile che andrebbe previsto e organizzato ai più alti livelli della Comunità Europea, aprendo mente e cuore di tutti, e tanto più se cristiani. «Anche i pirati – ricorda Massimo Cacciari – prestavano soccorso ai naufraghi».


Yin e yang di Armando Munao’

2019 battute su… salvataggio SI, traghettamento NO arissimo Franco, dopo aver letto le tue 2019 battute, mi viene davvero difficile e impossibile, non condividere quanto hai scritto riferendoti al “dovere” umanitario di salvare i profughi in mare. E sono d'accordo con te quando richiami l'attenzione sulla disumanità dei libici nel trattare in quel modo i naufraghi. Se mi permetti, però, un conto è il doveroso soccorso e salvataggio in mare di chi sta affogando altro invece è l’accoglienza dei naufraghi e dei profughi. Le convenzioni internazionali, infatti, stabiliscono l' obbligo di tutti gli Stati, nessuno escluso, di salvare la vita in mare e tale obbligo prevale su tutte le norme e gli accordi bilaterali finalizzati

C

al contrasto dell’immigrazione irregolare. E specificano anche che una volta messi in sicurezza i naufraghi, questi devono essere portati nel porto sicuro più vicino. Ed è qui che non sono d'accordo con te. Come bene sai il nostro Mediterraneo è stato suddiviso in tre zone SAR: libica, maltese e italiana. Purtroppo, e spero sarai con me d'accordo, quando una nave di una qualsiasi ONG raccoglieva naufraghi nel Mediterraneo, guarda caso il porto più sicuro era sempre uno italiano a prescindere se il salvataggio avveniva nella SAR libica o maltese. Capisco e sono ancora una volta d'accordo con te non solo quando affermi che le azioni dei libici, nei confronti degli immi-

grati e dei naufraghi, sono a volte disumane e quando sottoscrivi che il soccorso in mare è un dovere senza se e senza e che andrebbe previsto e organizzato ai più alti livelli della Comunità Europea. Spero, però, che mi darai ragione quando affermo, che spesso, dietro all'immigrazione a opera degli scafisti, vive e prospera un vero e remunerativo business, concretizzato anche con la complicità di qualche “compiacente” ONG. Quindi, e concludo, un conto è il salvataggio in mare e la consegna dei naufraghi nel porto sicuro più vicino, altro e il traghettamento che ha solo un obiettivo: far fare soldi, e a palate, sia agli scafisti e sia a non poche cooperative. Il tutto sulle spalle di questi poveracci.

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Scultura e poesia di Waimer Perinelli

Lo scultore e il poeta Leonardo Lebenicnik Massimo Lazzeri La Valsugana si presenta a Trento con Leonardo Lebenicnik le cui sculture sono esposte dall'11 aprile al 14 maggio in Palazzo Geremia di via Belenzani. Lebenicnik di origine bosniaca vive in Trentino da 20 anni. Abita a Tenna e a Caldonazzo ha un bunker laboratorio. In questo viaggio nel capoluogo lo accompagna il poeta Massimo Lazzeri. “C'è sempre qualcuno quando hai bisogno” breve, incisiva, positiva, la poesia con cui Massimo Lazzeri interpreta liberamente la scultura di pietre e ferro “Settimo Grado” di Leonardo Lebenicnik. Il settimo grado è quello più vicino al cielo, dove il corpo e la mente si librano fino a spiccare il volo ma....il ferro piegato di Leonardo ed il verso di Massimo ci mettono in guardia e contemporaneamente ci rassicurano: se non hai le ali, meglio essere prudente. Scultore e poeta sono due anime diverse unite per la mostra di Palazzo Geremia, allestita in collaborazione

Leonardo Lebenicnik

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con Trento Film Festival della Montagna ed Esplorazione, grazie all' iniziativa di Marina Eccher, assessore del Comune di Caldonazzo e del Centro d'Arte La Fonte. Lebenicnik, 49 anni, di origine bosniaca, scultore e scrittore è un introspettivo in conflitto amoroso con la materia grezza. Niente scalpello, nessuna fusione di cera o bronzo, non modella la creta, è un concettuale che usa la materia di cui è fatta la Terra: roccia, pietra, legno. Usa il ferro, prodotto dall'uomo, trasformandone la funzione. Lo usa per unire, sostenere, separare. In “Porfido piangente” i cubetti pendono come lacrime dai tondini scuri e restano sospese. Scrive Lazzeri: “Pensaci bene prima di parlare, pensaci bene prima di pensare/i tuoi pensieri sono leggeri come le pietre e pesanti come le parole......” “Il Santo” è una composizione di due pietre rotondeggianti: una grande per il corpo, una piccola per la testa, unite da un ferro e racchiuse in una corona di ferro. Scrive Lazzeri: Era scalzo/lungo la strada incontrò una puttana. Le chiese raccontami una storia/ la puttana incominciò. Andarono via insieme”. Una favola per bambini. La ricordate? c'era una volta un re che disse alla sua serva, raccon-

tami una storia...... e il racconto diventa infinito, una filastrocca dove inizio e fine si allontanano per ritrovarsi e ricominciare. Massimo Lazzeri, trentino, è un attore e regista teatrale, cantautore e naturalmente poeta con alle spalle un volume “Quasi Poesie, ma soprattutto d'amore” con cui ha esordito nel dicembre del 2017. Il contenuto delle riflessioni è certo, sicuro, il tratto leggero come quello di Filippo Banfi che l'ha illustrato con penna biro. “Mi piace scrivere” dice Lazzeri. Alcuni suoi testi teatrali sono diventati spettacoli, alcune poesie parole per canzoni. E'

Massimo Lazzeri


Scultura e poesia

direttore artistico del Teatro San Marco di Trento. Per il teatro ha scritto te-

Porfido piangente opera di Leonardo Lebenicnik

sti che sono diventati spettacoli portati in scena anche nella piccola e storica sala di via san Bernardino. Qui sono state ospitate importanti rassegne del teatro filodrammatico trentino. Ricordo lo spettacolo del 1976 "Col pero me despero" di Marcello VoltoTrento - Palazzo Geremia lini. In un anno ebbe 52 repliche con oltre ventimila spettatori. E' stato a concordare con il giudizio leggendalungo il teatro ufficiale della Cofas rio di Fantozzi, alias Paolo Villaggio. che vi ha allestito importanti rasseTutto questo appartiene alla memogne di compagnie filodrammatiche. E ria e ai sogni come le sculture e le poi il cineforum quando il cinema dopoesie di Lebenicnik-Lazzeri in cui si veva essere educativo e si soffriva daspecchiano e fondono momenti imvanti alla proiezione della Corazzata portanti della vita, i sentimenti, le Potemkin un film sul quale dopo la speranze, gioie e dolori. In una parola, centesima visione non si può che l'arte.

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In libreria di Franco Zadra

«Il fascismo funziona! E Mussolini ha fatto anche cose buone» Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo, in un libro del levicense Francesco Filippi. da poco uscito nelle librerie l’ultimo libro di Francesco Filippi, classe 1981, uno degli ultimi nati nell’ospedale di Levico, chiuso nel ‘82, “Mussolini ha fatto anche cose buone. Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo” edito da Bollati Boringhieri. Filippi lavora come storico accompagnando frotte di studenti nei luoghi della memoria, come Auschwitz. Presidente di una associazione, Deina, da anni segue progetti didattici ed educativi per una cittadinanza europea attiva e partecipata, per educare alla storia e alla memoria, come all'idea di comunità inclusive, alla solidarietà, alla gestione dei conflitti e alla pace. Investito della «mission impossible» di educare allo spirito critico, all'informazione consapevole e alla partecipazione attiva nel nostro presente, impegnato nella formazione continua dei ragazzi sui temi della storia, della memoria, e della cittadinanza, con spirito critico e senza pregiudizi. Deina è un osservatorio sulle giovani generazioni e sul loro rapporto con la realtà che le circonda, utile a costruire uno spazio pubblico dove il passato può divenire uno strumento per interpretare il presente e per immaginare il futuro. «Grazie a Deina e dentro questo impegno educativo – dice Filippi – è nato questo libro, che non parla di politica ma si occupa piuttosto della storia del

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lessico dove cerco di ricostruire un modo di raccontare la politica dando il giusto peso alle parole». Inconsapevole ma formidabile e tempestivo promoter del libro di Filippi, è stato addirittura il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, in una intervista radiofonica su Radio 24, nella quale dichiarava che «Mussolini? Fino a quando non ha dichiarato guerra al mondo intero seguendo Hitler, fino a quando non s'è fatto promotore delle leggi razziali, a parte la vicenda drammatica di Matteotti, ha fatto delle cose positive per realizzare infrastrutture nel nostro paese, poi le bonifiche. Da un punto di vista di fatti concreti realizzati, non si può dire che non abbia realizzato nulla». La dichiarazione di Tajani ha subito sollevato un’ondata di indignazione a livello internazionale, seguita da immediata ritrattazione. «Sono certo – dice Filippi – della sincerità e della buona fede del presidente del parlamento europeo quando si dichiara antifascista convinto. Perché Tajani riflette esattamente la mentalità corrente dell’italiano medio usando espressioni che palesemente banalizzano fatti atroci come l’assassinio Matteotti nella convinzione di essere antifascista. Oggi c’è un modo di fare e di dire le cose fasciste che prescinde dal sentirsi o definirsi fascista, segno che non abbiamo ancora fatto i conti con il nostro passato totalitario».

Francesco Filippi

Un libro, quello di Filippi, almeno a Levico subito esaurito fin dal giorno del lancio, che vale la pena di leggere e meditare per regalarsi quel tempo e quel luogo di calma e riflessione sempre sotto assedio della velocità del web e della supponenza derivata dall’immensa e immediata disponibilità di informazione nella quale siamo immersi. Un testo per incominciare a pensare, riprendendoci quella cultura antifascista che in Europa ci ha superato, nonostante avessimo già il libro di Umberto Eco, Il fascismo eterno, che ci avvisava, « il fascismo, come regime identico a quello del ventennio mussoliniano, non può più tornare. La mentalità fascista, invece, è eterna, proprio perché – al contrario di altre ideologie deleterie come il nazismo o il comunismo stalinista – non poggia su granitiche basi filosofiche e ideologiche; cosicché può replicarsi in altre forme, adattandosi alle novità sociali come un batterio che si adatta a nuovi farmaci».


Il contrappunto di Waimer Perinelli

Procreazione di gomma on mi è mai capitato di incontrare una donna felice di abortire. Non ne ho mai sentito una dire “ Faccio l'amore liberamente, se resto incinta abortisco”. Quelle che hanno abortito non hanno mai pensato ad un feto di dieci settimane bensì alla creatura che poteva essere, bionda, mora, alta, bassa, buona.....all'affetto che avrebbero potuto avere o donare, ma che, se hanno rinunciato, temevano di non avere forza, coraggio, capacità sufficienti per accudire, educare, nutrire una persona, a volte già segnata da una menomazione, nella società in cui vivono. Per questo quel feto di gomma, residuo della vecchia campagna che ha reso famosa l’associazione Provita, che qualcuno ha distribuito al convegno di Verona è sembrato infamante, denigrante, offensivo della dignità dello stesso feto. Non migliore quella donna che ha scritto “Ai feti di gomma preferisco i falli di gomma” con una scelta drastica con cui risolve il problema alla fonte. Ma c'è chi ha conciliato l'una e l'altra tesi invitando gli organizzatori a distribuire i preservativi. Ci sono anche le pillole e altri collaudati metodi che tolgono il dolore della scelta e fanno bene all'amore. A questo serve, se fatta bene, l'educazione sessuale, a spiegare come si nasce e come procreare consapevolmente. Se così fosse non ci sarebbe il problema dell'aborto. Ma poi mi chiedo: e se la madre di Hitler avesse abortito? E se avesse abortito quella di Madre Teresa di Calcuttà?

Salvate la Terra

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a terra è più calda del mio ragazzo! La scritta è sulla maglietta di una ragazza che sfila allo sciopero per il futuro della terra. L'ironico messaggio concilia ambiente, ecologia e problematiche riproduttive. Voto per i miei polmoni c'era scritto su un'altra maglietta e il tema è anche più delicato perchè c'è chi pensa di estendere il diritto di voto ai sedicenni cioè alla green generetion quelli, che erediteranno la terra. N'è consapevole la nonna che allegramente ha sfilato, lei che è fra quelli che preparano il futuro. Non facciamoci però tentare dal mantra sessantottesco: tutti colpevoli, nessun colpevole. In realtà ieri come oggi le colpe sono soprattutto individuali, di politici, amministratori, accumulatori di soldi. Sono identificabili così come lo sono i cattivi maestri. Fra questi quelli che sono pronti a demonizzare e strumentalizzare l'idea di Greta. Mi hanno fatto pensare al bellissimo libro di Marcel Schwod "La crociata dei bambini" dove si racconta di quei ragazzini partiti nel tredicesimo secolo per liberare Gerusalemme e travolti dalla ferocia degli adulti, sfruttati, venduti. Non videro mai la Città Santa. Speriamo oggi che, fra tanto ciarpame, si salvi l'innocenza.

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Indagine Altroconsumo di Franco Zadra

La ridotta capacità di spesa degli italiani «Nessuna ripresa economica può sostenersi senza un incremento dei salari e una maggiore capacità di spesa dei consumatori». In questa semplice considerazione, che più si rilegge e più appare ovvia, vi è la motivazione principale di provvedimenti come il reddito di cittadinanza e altri legati al welfare, i quali se possono rappresentare un sostegno economico nell’immediato, hanno in se la potenzialità di attivare il volano dell’economia che in Italia è fermo, e gira a volte anche al contrario, almeno dal 2008. Ma che cosa si intende per capacità di spesa? Altroconsumo, e altre associazioni che fanno parte di Euroconsumers, presenti in Belgio, Spagna, e Portogallo, ha condotto quella che possiamo definire la prima indagine che attribuisca un indice alla capacità di spesa delle famiglie italiane comparandola a quella negli altri tre paesi considerati. Sono stati raccolti i dati, a dicembre 2018, con una grande indagine statistica che ha coinvolto 1.628 italiani. Il campione, dai 25 ai 79 anni, distribuito su tutto il territorio nazionale (mancano solo i dati relativi a Calabria, Molise, e Valle d’Aosta) ha risposto riportando la “percezione” della capacità di spesa della propria famiglia, quindi non un dato oggettivo, ma comunque molto significativo, tanto che ha permesso di stabilire un valore numerico, un indi-

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ce, che rappresenta la capacità di affrontare le spese relative a sei dimensioni principali: la salute, l'abitazione, l'alimentazione, l'istruzione, la mobilità, cultura e tempo libero. Oltre a questo, è risultato che una famiglia su tre ritiene che nel 2019 la situazione sarà peggiore e una su due crede che sarà praticamente impossibile mettere da parte qualche risparmio. Per intanto, l’indice risultante per il 2018 è 46,5, un valore che racconta di un Paese che non si sente completamente al riparo dai problemi economici, alla pari con Spagna (46,2) e Portogallo (44,5), e peggio del Belgio (50,8). Un Paese dove le famiglie non solo non si possono permettere acquisti futili, ma hanno difficoltà ad affrontare le spese essenziali. Un dato preoccupante che l’indagine di Altroconsumo mette in evidenza è quello che riguarda le differenze regionali con le regioni del sud e le isole in fondo alla classifica e Trentino

Alto Adige con Emilia Romagna in cima. Ultima è la Basilicata (26,4), con Sardegna (38,4) e Sicilia (40,1); primo è il Trentino-Alto Adige (59,2) ed Emilia Romagna (51) a fronte del Veneto con 45,5. Differenze regionali che possono innescare quella rabbia collettiva che, guarda caso, sembra essersi accesa proprio in Sardegna tra i pastori produttori di latte, e che gli storici identificano come il fattore più comune che porta i governi a censurare la democrazia e la libertà di espressione nel tentativo di silenziare le contestazioni e attenuare quindi la rabbia collettiva. È anche il motivo del perché certe promesse elettorali, come il reddito di cittadinanza o la eliminazione delle accise dal prezzo dei carburanti hanno tanta presa sull’elettorato. Basandosi sulle risposte degli intervistati, lo studio di Altroconsumo ha


Indagine Altroconsumo

elaborato tre soglie utili a interpretare il valore dell'indice. Abbiamo quindi, nessuna difficoltà economica per valori compresi tra 53,9 e 100; alcune difficoltà con valori tra 31,3 e 53,8; rischio povertà sotto il 31,2. Preoccupante il fatto che nel 2018 oltre quattro famiglie su dieci hanno avuto problemi a pagare i conti per la casa, la salute, e la mobilità, o il vedere che, tra le spese in cima alla classifica, considerate molto difficili o im-

possibili da sostenere, vi sono quelle relative alla salute, in particolare le cure dentistiche e in generale le spese per le visite mediche. Il 6% degli intervistati, infatti, ha espresso difficoltà per ciascuno degli ambiti di spesa analizzati, evidenziando una situazione a rischio di povertà. Solo una famiglia su quattro dichiara di non aver avuto problemi ad affrontare le spese, mentre il 48% ha avuto problemi legati ai costi di luce, gas, e acqua, o alla manutenzione dell'abitazione; il 46% ha incontrato difficoltà a trovare le risorse necessarie per l'automobile o per viaggiare sui mezzi pubblici. Per non parlare del tempo libero e la cultura, l’ambito ovviamente più facile da sacrificare, visto che, Tre-

I DENART... E LA TRADIZIONE CONTINUA

Luciano e Graziella

monti docet, «con la cultura non si mangia». Il 42% delle famiglie ha incontrato, infatti, criticità per i viaggi (53%), e per una serata al ristorante (36%). Vengono registrate invece meno complessità per le spese relative all'alimentazione e all'istruzione. Nel primo caso la percentuale di famiglie in difficoltà scende al 25% (il 32% per l'acquisto di carne e pesce), così come per le spese scolastiche, dove la percentuale si ferma al 24%.

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Il congresso delle famiglie di Franco Zadra

Noi, orfani di famiglia naturale nche il nostro giornale doveva trovare spazio per il XIII Congresso Mondiale delle Famiglie concluso a Verona, domenica 31 marzo, con la Marcia per la Famiglia, un evento senza precedenti in Italia che ha visto la partecipazione di oltre 25mila persone, e moltissimi trentini. «Gente normale», aveva subito commentato Claudio Cia, tra i più convinti manifestanti. Noi, che per Valsugana News abbiamo seguito interamente il Congresso, non possiamo che constatare la realtà di quanto successo e condividere il giudizio su quella manifestazione, espresso dal presidente e dal vicepresidente, Toni Brandi e Jacopo Coghe, secondo i quali, i partecipanti alla Marcia per la Famiglia, aperta a tutti, «non sono tesserati, non hanno privilegi, anzi sono denigrati e sono a Verona a spese proprie, trainati da puro amore per la famiglia». Innegabili sono stare le intimidazioni mediatiche che il Congresso ha dovuto subire, ma esiste evidentemente una «maggioranza, non più silenziosa» che in quel contesto ha potuto esprimersi dando peso e risonanza alle chiare ri-

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chieste indirizzate alla politica a conclusione dei lavori. «Non smetteremo di fare da pungolo alle istituzioni – hanno detto ancora Brandi e Coghe - nazionali e locali e vigileremo sempre sui diritti delle famiglie, dagli aiuti economici alla libertà educativa. Vogliamo che la famiglia torni al centro e lavoreremo per questo chiedendo a tutti di agire seriamente per la famiglia». La “sacrosanta” preoccupazione che ha sollevato tanta opposizione al Congresso, fin da subito, anzi, fin da quando fu annunciato dagli organizzatori all’indomani della XII edizione che al confronto di questa era passata, invece, sotto silenzio, era ciò che da un certo punto di vista appariva come l’arretramento, addirittura “medievale”, che le idee messe in circolazione dai movimenti Pro Life potevano causare. Ma, se volete dar credito a chi ha seguito il CWF Verona dalla sala stampa e ascoltato tutti gli interventi, non vi è stato nessun attacco ai diritti civili conquistati nel 1970 con la

legge sull’aborto, ribaditi nel 1974 dal referendum abrogativo, e neppure quelli del 1981 acquisiti con la legge sul divorzio. Nessuno dei numerosi relatori, tra i quali personaggi di assoluto rilievo intellettuale e morale, ha mai chiesto, per esempio, la abrogazione della 194 o piuttosto di rivedere le conquiste di diritti civili ormai assodati. Il tema del Congresso era semplicemente un altro e si limitava a esprimere opinioni e dati anche scientifici che i movimenti Pro Life globali vanno diffondendo da sempre. Niente di aberrante o contro qualcuno... Poi, è vero, i media hanno raccontato quello che hanno voluto, ma se si vuol credere a chi c'era e ha sempre ragionato con la propria testa, questo è quello che posso dire e testimoniare. Siamo, infine, anche d’accordo con la sociologa (e nostra docente a Sociologia) Chiara Saraceno, sul fatto che «la famiglia naturale non esiste», anzi, esageriamo e diciamo con George Bernard Shaw che «nel modo in cui la concepiamo, la vita di famiglia non è più naturale di quanto sia naturale una gabbia per un pappagallo», ma sta di fatto che dobbiamo confrontarci con i termini usati dal’articolo 29 della Costituzione Italiana e chiederci, serenamente, che cosa intendessero dire i padri costituenti con «famiglia naturale».

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Sindaco e poeta di Waimer Perinelli

Bepi Toller

sindaco e poeta Giuseppe Toller compie 82 nni il 14 aprile. E' stato sindaco di Caldonazzo per 26 anni e presidente del Comprensorio Alta Valsugana per sei. Una vita spesa per l'amministrazione e qualche sogno nel cassetto. icordo di maggio/i già caldi tramonti/e l'acre odore dei prati/accesi di mille corolle/e l'allodola in cielo rapita/trillare a distesa. Tu non c'eri/o più in su,in altri mondi.... Di maggio alla sera/saresti tornata per me/dopo anni d'attesa/come stella caduta/destando una favola vera.....Di maggio, alla sera.... Sono versi liberi della poesia Le due primavere, scritta da Bepi Toller e pubblicata nel terzo volume dei “I passi ritrovati” ricco di storie e leggende di Caldonazzo un paese di cui egli conosce vizi e virtù essendo stato sindaco per ben 26 anni. "Più virtù che vizi" dice con un

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Bepi Toller - in basso a destra con tre commilitoni trentini

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pizzico di ironia. Lo conosco da oltre trent'anni e non ho mai sentito da lui un pettegolezzo: qualche allusione, una simpatica battuta. Mai una volgarità. Eletto consigliere comunale nel 1965 con sindaco Vittorio Weiss e poi primo cittadino la prima volta dal 1965 al 69 e poi dall'80 al 2000. Anni di cambiamento. "Il cambiamento è iniziato negli anni 70 racconta Bepi, con l'avvicinamento al lago. Caldonazzo era un paese di allevatori e agricoltori. Quasi ogni famiglia aveva una stalla con una o due mucche e piccoli appezzamenti di terra. Poi con l'irrigazione è fiorita la frutticoltura. I piani urbanistici hanno dato spazio alle prime edificazioni tra la ferrovia e il lago. Le casette erano costruite da emigranti di ritorno." L'emigrazione ha avuto grande importanza per il paese. Anche Emanuele, il nonno di Bepi era un emigrante e, curiosità della vita, non era di Caldonazzo bensì di Novaledo. E' emigrato nel 1886 in Brasile dove ha lavorato alla costruzione della ferrovia fra Santos e Rio. Dieci anni dopo sarebbe stata inaugurata la ferrovia della Valsugana che il nonno non vide mai perchè vittima di un incidente sul lavoro. Nel 1877 era nato Emanuele, il futuro padre di Bepi, e con lui Domenica Angeli rientrò in Valsugana.

La storia della famiglia Toller, come quella di tanti trentini, è una vera epopea. Non una storia d'eroi ma di eroicamente sopravvissuti. Il padre Emanuele combatterà in Russia, sarà catturato e imprigionato in Siberia, lotterà contro i comunisti, rientrerà due anni dopo la fine della Grande Guerra passando per i porti dell'Asia. Racconto tutto questo perchè appartiene alla storia del popolo trentino che Bepi ha ben documentato nel secondo volume dei Passi Ritrovati. Quando ne parla si commuove, non vanta meriti, ha il distacco dello storico, ma rivela il dolore di chi ha vissuto intensamente e ch'è riuscito a mitigare le avversità con ironia ed intelligenza. Cita Leonardo da Vinci, Pascoli e Ungaretti cogliendo gli attimi più intensi della vita ben spesa, della natura e della distruzione bellica. Ricordi precisi, documentati, perchè Bepi è un uomo colto. Studi da agrario e enologo a San Michele e Conegliano Veneto, ma una profonda passione umanistica, compresa l'astronomia, che lo porta a laurearsi oltre i sessant'anni in Giurisprudenza. Così per passione non per fare l'avvocato.


Sindaco e poeta

Con affetto parla del suo paese. E' persona molto riservata. Se non lo conoscessi da tanto tempo non riuscirei a scrivere questo ritratto perchè già alla prima domanda ha assunto un atteggiamento severo, istituzionale. Ma egli, pur non rinunciando mai al proprio ruolo, ha vissuto molto fra la gente. Per capire la sua personalità devo ritornare agli incontri nella caneva del Cheto, l'amico fraterno, e ai racconti che nascono tra la polenta fumante e il bicchiere di cabernet sauvignon, un intingolo di fagiano, perchè Bepi è anche cacciatore, e i canti. Bepi a cantare è bravo non a caso è stato tenore primo con la Sat per oltre vent'anni. A Caldonazzo è ricordato con stima per gli aiuti all'aricoltura, il parco Centrale, il Palazzetto. Un sindaco attivo e costruttivo. "C'erano i

soldi, dice con modestia, si poteva lavorare." Non sono mancate le critiche e le accuse che accompagnano tutte le amministrazioni, ma Caldonazzo gli deve molto. "Non è più il paese di un tempo, dice, oggi ci sono tanti immigrati da Trento. La città è vicina e ben servita da treno e autobus ma siamo riusciti a mantenere l'identità che invece è duramente intaccata a Pergine". Dopo 6 anni come Presidente del Comprensorio Alta Valsugana, a cavallo del nuovo millennio, Bepi si è ritirato dalla politica. "Ero stanco, dice, era tempo di vivere in pace". Parliamoci chiaro la sua pace è un vero ozium, nei campi, nella cantina di casa, fra gli amici, la Confraternita, in barca nel Mediterraneo. Insomma una vita piena, con qualche

amarezza e delusione che egli affronta con apparente leggerezza e giusta ironia. In questo percorso lo aiuta anche la poesia compagna di una vita che, malgrado tutto, vale la pena di essere vissuta.

Un papà importante nde, qualche volta mette in ombra. Bepi Toller è una quercia la cui ombra protegge e nasco me l'immagine della grande pianta deDialogando con Irene, la figlia maggiore, si focalizza in scritta da Giovanni Pascoli, il suo poeta preferito. ha fatto ma per il come si pone davanti “E' un papà importante, dice Irene, non per quello che fa o ignorare.” alla vita ed ai suoi problemi. Nel bene o nel male, non lo puoi Ma è anche un padre difficile. facevo a scuola come nella vita. Se ave“Non è mai stato completamente soddisfatto di quello che sul lavoro. E' rimasto decisamente colvo un voto buono diceva che potevo fare di più. E così anche a modo suo, se ne vanta” pito quando mi sono laureata in medicina e ho saputo che, La sua migliore qualità. o che quando era sindaco riceveva a “La diplomazia. Ascolta molto e cerca di aiutare gli altri. Ricord tutti andandosene ringraziavano. Non so casa a tutte le ore e la gente esponeva problemi e ansie e Irene Toller ottenessero tutto ma certo erano contenti dell'accoglienza”. Il suo difetto maggiore l'ho mai visto piangere nemmeno “Non ha mai pronunciato direttamente parole d'affetto. Non i film. Raramente recentemente lo ha visto commuoversi nella visione di alcun quando è morto il nonno. Mia sorella mi ha raccontato che che questo sia neè riservato, prudente. Direi ha sempre pudore ma non credo ammette di avere qualche problema e anche in questo caso cessariamente un difetto” Avrà pur qualche merito. erbe, animali. Mi o andavamo nel bosco. Conosceva e mi indicava piante, fiori, “Ne ha più d'uno. Certo è stato un buon insegnante quand lezioni di anao che quando uccideva e puliva un coniglio mi dava le prime ha indicato, probabilmente senza volerlo, la professione. Ricord grande rispetto per gli nell'acqua e si gonfiavano. Oggi curo le persone ed ho un tomia. Con la trachea e i polmoni giocavo. Li immergevo animali.” Qualcosa che fatichi a perdonargli. storia di Caldonazzo, sono sicura l'abbia fatta volutamente. Nel terzo libro sulla “Diciamo una cosa che mi ha duramente colpita ma non pubblicato senza ti sul Salvanel. Uno è mio, l'ho scritto da ragazzina. Bepi l'ha quello che contiene leggende e favole, ci sono due raccon specificare l'autrice” plagio. Potresti chiedere i diritti d'autore o denunciare il a. Squilla il tequelli del Bepi, ridono divertiti ma c'è una piccola ombr come i, azzurr occhi gli “Potrei” scuote la folta chioma rossa, lefono, il lavoro chiama.

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Tra storia, cultura e tradizione di Elisa Corni

I rifugi antiaerei Se della Prima Guerra Mondiale in Valsugana molto si è parlato, dato che il territorio Trentino fu fronte di guerra e quindi interessato tanto dalla militarizzazione prebellica quanto da combattimenti veri e proprio soprattutto sulle vette e gli altipiani, la nostra zona giocò un ruolo sicuramente meno importante nel secondo conflitto mondiale. Eppure il Trentino e la Valsugana furono teatro di qualcosa che è caratteristico di quella guerra: il bombardamento.

ell’ultimo anno di quel sanguinoso conflitto le forze alleate anglo-americane intensificarono gli attacchi aerei sul Trentino, al punto che, nei primi mesi del 1945, quasi ogni giorno venivano sganciate bombe su strade, ferrovie, ponti, paesi e città. Si calcola che, tra il 13 maggio 1944 e il 26 aprile 1945, furono ben 589 gli attacchi che le terre trentine subirono; “solo” 29 erano veri e propri attacchi aerei. Anche se la Valsugana non fu tra le zone più colpite (molto più sfortunate furono Ala, Lavis, Trento, e San Michele, con più di 50 incursioni a testa), pure quest’area conobbe l’orrore che piove dal cielo. Nel tentativo di superare la famigerata Linea Gotica e raggiungere dunque la Pianura Padana, gli alleati tentarono di indebolire le truppe tedesche bombardando le aree dietro la lunga linea fortificata (più di 300 chilo-

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metri). E così, la mattina del 7 novembre 1944 la comunità di Calceranica fu svegliata dagli allarmi antiaerei. Il fischio delle bombe che cadevano dal cielo e il frastuono del bombardamento erano terribili: i vetri delle case di tutto il paese esplosero. Ci furono cinque vittime: quattro civili e un militare. Da quel momento in poi fu chiaro anche qui che bisognava correre ai ripari. Letteralmente, dato che dopo il terrore suscitato dai bombardamenti, la popolazione ricominciò a fare ampio uso dei rifugi antiaerei costruiti tra il 1934 e il 1945. Questo perché nel marzo del 1934 il governo Mussolini aveva dato il là a un progetto di difesa del territorio nazionale e di protezione della popolazione dagli attacchi aerei che avrebbe impegnato il genio militare per più di un decennio. Dopo l’entrata in guerra dell’Italia, però, fu chiaro che le norme e i progetti non erano stati rispettati, e

così le autorità nazionali cominciarono a premere affinché, per esempio, si oscurassero i fari delle biciclette; questa disposizione di protezione antiaerea, come quelle relative all’organizzazione

LA PAROLA AI LETTORI COMUNICATO DI REDAZIONE Chi fosse interessato alla pubblicazione di uno scritto o un articolo riguardante una opinione personale, un fatto storico, di cronaca o di un qualsiasi avvenimento, può farlo indirizzando una email a: direttore@valsugananews.com. Il testo, di massimo 3.500 battute, dovrà necessariamente contenere nome e cognome dell'articolista l' indirizzo di residenza e un recapito telefonico per la verifica. Il direttore si riserva la facoltà della non pubblicazione in caso l'articolo non dovesse rispettare l'etica giornalistica o d'informazione.

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Tra storia, cultura e tradizione

di squadre di Primo Intervento, arrivarono anche a Caldonazzo e Calceranica, che all’epoca erano fuse in un unico Comune. Nel limite del possibile, l’amministrazione cercò di arginare l’inefficienza, integrando gli equipaggiamenti a disposizione delle squadre di Primo Intervento con quella che era l’attrezzatura minima: si investirono ben 263 lire per l’acquisto della strumentazione necessaria. Ma, soprattutto, si provvide alla costruzione di due rifugi antiaerei. Dopo l’intensificarsi dei bombardamenti a partire dall’estate del 1942, fu palese la necessità di proteggere la popolazione civile. Se a Pergine si ampliarono o sistemarono ricoveri anti-aerei come nelle vecchie scuole o a Costa Savina, a Calceranica e Caldonazzo si costruirono due veri e propri rifugi in roccia. Il giorno dopo il tragico bombardamento di

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Calceranica la Consulta Comunale si riunì e deliberò l’avvio della costruzione di due rifugi: il primo nei pressi del Castello di Caldonazzo e il secondo a Calceranica, nella zona ove oggi sorge la caserma dei Vigili del Fuoco. Nel giro di poche settimane le due gallerie scavate direttamente nella viva roccia videro la luce: dotate di un sistema labirintico per impedire a sabbia, fuoco e detriti di arrivare fino alle stazioni di riparo, e di due entrate; per i mesi successivi ospitarono i civili duran-

te gli allarmi. Oggi si vedono solo gli accessi, ma l’ingresso è ormai interdetto a causa di numerosi crolli che negli ultimi sessant'anni hanno minato la solidità dei due rifugi.


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Volontariato e altruismo di Armando Munao’

A.P.C.A.T. TRENTINO Associazione Provinciale Club Alcologici Territoriali e Club di Ecologia Familiare ’A.P.C.A.T. TRENTINO nasce nel 1986 ed è un’Associazione di volontariato che associa le 16 Associazioni zonali dei Club Alcologici Territoriali e dei Club di Ecologia Familiare (A.C.A.T.), le quali rappresentano complessivamente 145 Club di cui 121 Club Alcologici Territoriali (C.A.T.) e 24 Club di Ecologia Familiare (C.E.F.). Tutti i Club sono presenti capillarmente ed attivamente sul territorio della Provincia Autonoma di Trento e si ispirano alla metodologia dello psichiatra Vladimir Hudolin nel contesto dell’Approccio Ecologico Sociale. L’APCAT provvede al coordinamento delle 16 ACAT zonali. Promuove, affidandone l’attuazione al suo Centro Studi e documentazione sui problemi alcolcorrelati, campagne di sensibilizzazione ed informazione, la redazione e la stampa di materiale informativo, l’organizzazione e la realizzazione dei “Corsi di sensibilizzazione all’approccio ecologico sociale al ben-essere nella comunità” rivolti a tutta la comunità, giornate di aggiornamento per i Servitori-Insegnanti e le famiglie dei Club. Le attività del Centro Studi sono dirette da un comitato scientifico con funzioni di programmazione, indirizzo e monitoraggio ed è composto da membri dell’Associazione e personale qualificato designato dall’A.P.S.S., e si avvale della collaborazione dei Gruppi di lavoro tematici. Viene redatto anche il periodico delle famiglie dei Club “Centro Club Notizie”. L’APCAT organizza annualmente la partecipazione dei suoi membri a convegni e congressi nazionali e provinciali, nonché

L

l’Interclub provinciale che è un’occasione di incontro per le famiglie e i servitori-insegnanti di tutto il territorio provinciale per confrontarsi e riflettere su un tema specifico insieme alla comunità ospitante. L’APCAT organizza le manifestazioni riguardanti la promozione della salute nell’arco di tutto l’anno, accentuando questa attività soprattutto nel mese di aprile, mese della prevenzione alcologi-

Susi Doriguzzi

ca a carattere mondiale “Alcol, meno è meglio” secondo le direttive dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. I CLUB ALCOLOGICI TERRITORIALI E I CLUB DI ECOLOGIA FAMILIARE Il Club Alcologico Territoriale è rappresentato da un gruppo di persone o famiglie che si incontrano una volta in settimana per sostenersi nel percorso di cambiamento dello stile di vita legato al consumo di alcol e condividere difficoltà e soddisfazioni. Insieme alle famiglie c’è un Servitore che ha il ruolo di facilitare la comunicazione durante gli incontri. I Club di Ecologia Familiare nascono 5 anni fa per dare la possibilità alle famiglie di esplorare e superare diverse difficoltà e fragilità co-presenti in uno o più membri della stessa famiglia, frequentando un solo gruppo, nel proprio paese. Nel C.E.F. al centro stanno le perso-

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Volontariato e altruismo

ne/famiglie che condividono il disagio per una o più difficoltà, fragilità quali: “attaccamenti “ (fumo, alcol, altre droghe illegali, psicofarmaci, gioco d’azzardo, internet) “perdite” (lutto, abbandono, perdita di lavoro, di sicurezza, di autostima), “fatica nella convivenza con” (malattie croniche, disagio psichico, disabilità, solitudine, disagi esistenziali, depressione, ansia, violenza domestica, bullismo, disturbi del comportamento alimentare ecc.) La condivisione delle esperienze è forse la risorsa principale. C’è sincerità e riservatezza nel raccontarsi, c’è apertura, accoglienza e non giudizio verso gli altri, c’è sostegno reciproco perché ci si sente nella stessa barca. Una barca che simbolicamente attraversa spesso un mare di guai, dove c’è spazio per tutti senza alcuna distinzione. E su questa barca molte

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persone rimangono per anni. L’obiettivo del Club è il cambiamento del comportamento, dello stile di vita, dello stile di relazione negli ambiti che ciascuna persona identifica utili per la propria vita e per la propria famiglia ma anche per la comunità e in generale per la vita sul pianeta. Smettere di bere è un primo passo, ma non solo; Il cambiamento ha a che fare con i propri stili di vita e di relazione dentro e fuori la famiglia. Le A.C.A.T. della Valsugana L’associazione è presente nella comunità dell’Alta Valsugana con l’ACAT ALTA VALSUGANA che coordina il lavoro dei 13 Club Alcologici Territoriali (5 a Pergine Valsugana, Civezzano, Fornace, 2 a Baselga di Pinè, Sover, Vigolo Vattaro e Levico Terme) e dei 2 Club di Ecologia Familiare (Levico Terme e

PRODOTTI: assicurazione danni; assicurazione motocicli; assicurazioni auto; assicurazioni per furto; assicurazioni previdenza integrativa; assicurazioni rc auto; assicurazioni rischi per la famiglia; assicurazioni sanitarie; assicurazioni sulla casa; assicurazioni vita; fondi d'investimento; investimento previdenza. ATTIVITÀ: consulenza su investimenti. COPERTURE ASSICURATIVE: assicurazioni contro infortuni; assicurazioni per incendio; polizze sinistri. SERVIZI: assicurazioni per la persona; assicurazioni per la professione; consulenza assicurativa; polizze vita.

Centrale di Bedollo). L’ACAT VALSUGANA ORIENTALE E TESINO è presente nella comunità Valsugana e Tesino con 6 Club Alcologici Territoriali (3 a Borgo Valsugana, 2 a Scurelle e 1 a Roncegno) ed un Club di Ecologia Famigliare a Borgo Valsugana. A.P.C.A.T. TRENTINO Via Sighele, 7 38122 Trento Tel. 0461914451 e-mail: segreteria@apcattrentinocentrostudi.it Presidente: Susi Doriguzzi Presidenti delle A.C.A.T. ZONALI Alta Valsugana: Gualtiero Gabrielli Valsugana Orientale e Tesino: Ileana Coman Primiero, Vanoi e mis: Gianfranco Furlan

PRATICHE AUTO • PATENTI BOLLI AUTO • ALTRI SERVIZI: • Servizi per i soci, SARA assicurazioni • Vignette per Austria e Svizzera


Trasporti pubblici di Nicola Maschio

Per gli anziani, trasporti pubblici gratuiti “Un riconoscimento alle categorie di anziani meno abbienti che, per svariati motivi, hanno subìto il momento di crisi più di altri settori”. Era lo scorso 25 gennaio quando il neoeletto presidente della Provincia Autonoma di Trento, il leghista Maurizio Fugatti, annunciava in questo modo i trasporti pubblici gratuiti per gli anziani over 70 pensionati e residenti in Trentino. Autobus, corriere e treni di Trentino Trasporti a disposizione dei meno giovani. Una misura entrata in vigore ufficialmente una settimana dopo, l’1 febbraio, indirizzata ad un totale di circa 50.000 persone. Nessun vincolo legato al reddito, fattore che in precedenza consentiva il trasporto gratuito esclusivamente a coloro i quali percepivano mensilmente meno di 507 euro. E per chi invece si ritrovava coinvolto nella spesa per gli spostamenti, l’importo si aggirava tra i 136 ed i 191 euro annui. Ma dal primo febbraio scorso ad oggi, c’è stato un vero e proprio boom di richieste di informazioni per vedersi consegnare la tanto ambita tessera (strumento identificativo per le persone che usufruiranno del servizio). Tant'è che lo stesso presidente Fugatti si è recentemente detto “Molto contento nell'annunciare che sono state oltre 16.000 le richieste da parte dei nostri over 70”. Già 11.000 smart card consegnate, in attesa che tutte le altre vengano recapitate. Un totale di circa 500 persone al giorno che costantemente portano le richieste agli sportelli, addirittura una ogni tre o cinque minuti per operatore. Una

volta riempito l’apposito modulo il gioco è fatto, anche se in un primo momento i punti informativi di Trentino Trasporti aveva registrato qualche problema nel rispondere alle innumerevoli richieste di chiarimenti e delucidazioni. Insomma, un trend positivo che, unitamente ai controlli più serrati volti ad individuare i “furbetti” senza biglietto sugli autobus, pare abbia incentivato un nuovo utilizzo massiccio del trasporto pubblico, finito negli ultimi mesi più volte al centro di polemiche legate alla sicurezza. Tuttavia, come ogni cambiamento anche questo ha sollevato delle polemiche. In primis, a vedersi negato il trasporto gratuito sono stati circa 1.300 richiedenti asilo. La tessera a loro distribuita, precedentemente inclusa nei servizi di prima accoglienza, è rientrata infatti nei tagli annunciati dalla Giunta provinciale. Circa 1.000 dei richiedenti

asilo coinvolti hanno comunque ottenuto la possibilità di viaggiare un giorno a settimana, quattro giorni nel caso di coloro che, facenti parte del progetto SPRAR, hanno necessità di muoversi con più frequenza (ad esempio per corsi di formazione). Una seconda protesta è arrivata dall’Unione degli Universitari di Trento (UDU), attraverso la propria coordinatrice Sofia Giunta: “Un provvedimento privo di ogni logica che non tiene in considerazione il reddito, con il rischio che si creino inutili tensioni sociali e conflitti tra generazioni”. Infine, non sono mancati i pareri contrari dei Sindacati. Cgil, Cisl e Uil hanno infatti evidenziato che “Se da una parte la misura aiuterà molte persone, dall’altra forse non rispecchia la misura più equa, dato che un megadirigente in pensione viaggerà gratis mentre un lavoratore precario pagherà come prima”.

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Tra storia, cultura e tradizione di Chiara Paoli

Sant’Osvaldo si tinge di rosso nella primavera del 1916 ra il 4 e il 6 aprile 1916, nonostante la presenza sul terreno di oltre 50 centimetri di neve e con temperature prossime allo zero, gli italiani attaccano la postazione di Sant’Osvaldo. A guidare la 15a divisione della "Compagnia Volontari Esploratori", nota anche come "Compagnia della morte", è il comandante Cristoforo Baseggio. «Da otto lunghi mesi i miei arditi agognavano di salire sulla nera montagna che dall’alto ci guatava e ci invitava, ed era in noi tutti la convinzione che l’avremmo conquistata, non importa se a prezzo di sangue», queste le parole del capitano Baseggio, riportate nel volume di Luca Girotto intitolato “La battaglia di Sant’Osvaldo – Montagna di Roncegno marzoaprile 1916”. La squadriglia di Baseggio può essere considerata precorritrice dei reparti "arditi"; si tratta di un gruppo di volontari, utilizzato in operazioni di ricognizione ad ampio raggio e in occasione di azio-

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ni improvvisate. La compagnia di fanteria, composta da circa 200 uomini, si scaglia verso le trincee in modo sconsiderato, assaltando la postazione in modo frontale, attraverso Prà del Voto, costellato di filo spinato e trappole nascoste dalla neve. Le conseguenze di tale azione sono ingenti perdite umane, 15 morti, 22 feriti e 5 dispersi, su 50 bersaglieri; soltanto 8 riescono a riparare nel bosco senza conseguenze. Il giorno seguente è dedicato alle ricognizioni, per studiare e preparare l’attacco successivo. «ovunque vedevamo tracce del nemico fuggente, ovunque morti… e mucchi di munizioni abbandonate in fretta. Il nemico serbava un silenzio che ci teneva sospesi… Dal nostro posto vedevamo bene la trincea nemica serpeggiante in due ordini attorno alla vetta del monte…». Questa la descrizione riportata da Cri-

stoforo Baseggio nel libro “La Compagnia della morte”, edito a Venezia nel 1929. Il 6 aprile Baseggio scrive: «Piove, è buio profondo. Parto. Ci arrampichiamo con le mani… su per M. Broi attraverso rocce e boschi fittissimi. I soldati scivolano, cadono, s’insanguinano le mani. Alle ore 5 arrivo come Dio vuole alla quota». Alle 7 del mattino la Compagnia della morte riesce a conquistare la postazione nemica, costringendo gli austroungarici alla ritirata, ma questi ultimi non tardano a riprendersela, in un continuo rimpallo della trincea, 4 volte presa e altrettante persa.


Tra storia, cultura e tradizione

I tre giorni di combattimenti cosparsero la zona di cadaveri, la "Compagnia della morte", inizialmente composta da 200 uomini, vede abili al combattimento soltanto 57 uomini in data 6 aprile. Il massacro era evidente a entrambe le parti e viene ricordato così dal dottor Oskar Schmotzer: «Per tutta la lunghezza del camminamento la neve, arrossata dal sangue, sembrava di porpora, quasi un rosso tappeto… Mancavano paglia ed alloggiamenti, vi erano solo neve e sangue». I combattimenti subiscono quindi un momento di stasi e mentre gli italiani si raccolgono a valle, il comandante austroungarico Habermann chiede alle due compagnie d’istanza a Sant'Osvaldo di ritirarsi sullo Spigolo di Frattasecca, a quota 1623 metri, mentre nei pressi della chiesetta rimane solo un pugno di soldati votati al sacrificio.

Un nuovo attacco prende piede soltanto diversi giorni dopo, il 12 aprile, inviando gli uomini contemporaneamente verso Sant'Osvaldo e lo Spigolo Frattasecca. Nell’operazione vengono impiegati 7000 uomini in quella che può essere definita un'offensiva ad ampio raggio. Grazie a un’abile manovra aggirante sul versante di Val Larganza, in meno di due ore di scontri, gli italiani riescono a occupare il dosso dove si colloca la chiesetta, con la perdita di soli 22 soldati. Quella stessa sera gli uomini del tricolore guadagnano quota 1581 metri, ma lo scontro pianificato per il giorno successivo, alla volta dello Spigolo Fratta-

secca e di Erterli, si arrende di fronte alla resistenza austriaca e della neve sul terreno che supera il metro. Sant'Osvaldo e l’avamposto appena conquistato rimangono italiani per pochi giorni; la postazione è attaccabile su tre lati, senza ricoveri e innevata. Due battaglioni austriaci, a distanza di quattro giorni, in appena un’ora e mezza, riprendono terreno, solo poche decine di uomini riescono a fuggire attraverso i boschi, avviando la resistenza a Prà del Voto. L'offensiva austriaca in Valsugana, avviata il 16 aprile e durata una settimana, procura la morte a 1050 soldati italiani, e 1600 austroungarici.

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Tra storia, cultura e tradizione di Elisa Corni

Il culto di San Rocco in Valsugana ella seconda metà del Quattrocento in Italia settentrionale e soprattutto in Veneto, accanto ai santi Sebastiano e Fabiano papa, tradizionalmente invocati quali protettori contro le pestilenze, inizia a essere implorato anche san Rocco. Vissuto nel Trecento, come san Francesco si privò di tutti i beni terreni e partì in pellegrinaggio per Roma da Montpellier, nel sud della Francia. Arrivato presso il lago di Bolsena, nel Lazio, prestò le sue cure miracolose ai malati di peste; proprio per questa sua caritatevole azione fu a sua volta contagiato. Sulla strada del ritorno, per non diffondere la malattia, s’isolò in una tetra grotta nella quale s’imbatte lungo il cammino. Qui fece conoscenza di un pietoso cane, spesso dipinto a fianco del santo nell’iconografia tradizionale, che provvide a portargli ogni giorno un tozzo di pane, fino a che il santo non guarì, potendo così riprendere il cammino. Molto probabilmente il culto di San Rocco arrivò in Trentino dal Veneto e tra le prime chiese e cappelle a lui intitolate vi sono proprio quelle della Valsugana. La più antica è quella di Castello Tesino che fu eretta nel 1494 dalla popolazione sulla cima di un colle per ringraziare il santo che aveva protetto l’altipiano del Tesino dalla peste del 1479. Risparmiata dai bombardamenti austriaci del 1916, la chiesa di san Rocco ha un bell'altare di marmo ed è immersa in un bellissimo parco sistemato e curato. La chiesetta-oratorio di San Rocco e sant’Antonio Abate di Borgo Valsugana fu invece eretta nel 1509 sopra una preesistente cappella dedicata a San Michele Arcangelo. Anche in questo caso

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Chiesa di San Rocco - Pergine APT Valsugana. Foto di Antonio Sartori

fu la comunità a costruirla per un voto contro l’infuriare della peste, come testimonia l’iscrizione che si trova sulla facciata. All’interno vi è un bellissimo ciclo di affreschi sulla vita del santo, eseguito nel 1516 dal pittore Francesco Corradi: la sua firma è visibile sul lunettone di sinistra, subito sotto il castello di Montpellier. Oltre ai momenti più importanti della vita di san Rocco, sulle pareti sono raccontate anche le lotte di sant’Antonio contro il demonio.

La Chiesa di San Rocco Castello Tesino

Nella chiesetta di San Valentino, in capo al colle di Tenna, vi sono nell’abside degli affreschi eseguiti nel 1528 probabilmente dallo stesso artista anonimo che nel 1533 eseguì la Sacra Famiglia della chiesetta-oratorio di San Rocco di Borgo e che operò a San Lorenzo dell’Armentera. Nella lunetta di destra è raffigurato San Rocco con il bastone da pellegrino

e il mantello aperto per far vedere il bubbone della peste sulla coscia; dietro di lui vi è, seminascosto, san Sebastiano. La raffigurazione è particolare e dà l’impressione di voler raccontare il passaggio di consegne tra un santo e l’altro. A Pergine Valsugana, al bordo dello Spiaz de le Oche, vi è la chiesetta dedicata ai santi Rocco e Sebastiano, eretta come piccola cappella dopo la furiosa ondata di peste del 1631, in ringraziamento perché il paese non era stato colpito dal contagio. Fu ampliata nel 1662 e abbellita nel 1685. Al pittore Tullio Garbari si deve il restauro del 1908 dell’affresco nel timpano con San Sebastiano e San Rocco. Infine, anche la chiesa parrocchiale di Miola, frazione di Baselga di Pinè, è dedicata a san Rocco; fu costruita agli inizi del Novecento accanto alla vecchia chiesa, documentata dal 1537. Il 16 agosto, giorno di san Rocco, gli abitanti di Miola festeggiano il loro patrono con una processione religiosa e una festa in piazza.

Chiesa di San Rocco a Miola


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Attualità di Nicola Maschio

Gioco d'azzardo e ludopatia Schedine, macchinette, gratta e vinci ed ultimi, ma non meno importanti, i giochi online. Sono solo alcuni dei numerosi canali ad oggi presenti per praticare il gioco d’azzardo, in Trentino, in Italia e nel mondo intero. I numeri indicano una situazione davvero problematica, che non si suddivide nemmeno più per categorie d’età. Ragazzi sempre più giovani si approcciano al mondo delle scommesse in internet, dove l’incentivo di un bonus a registrazione completata e la richiesta di alcuni dati facilmente raggirabili rendono impossibile un vero e proprio controllo. a situazione del gioco d’azzardo in Italia ha registrato un momento di svolta nel 2009, con il decreto volto a salvare l’Abruzzo dopo il terremoto. Se prima infatti la cittadinanza giocava in modo sporadico, o comunque meno intenso, nel momento in cui lo Stato ha deciso di puntare maggiormente su macchinette, gratta e vinci e strumenti simili per “fare cassa” in favore della popolazione colpita dal sisma, il fenomeno ha preso piede in modo quasi inarrestabile. I dati, come detto, parlano chiaro e riportano un panorama preoccupante. Solo nel 2017 in Trentino Alto-Adige sono stati giocati circa 40 milioni di euro esclusivamente per classiche schedine sportive, +5 milioni di euro rispetto al 2016. Il Comune in cui si gioca di più in tutto il Trentino è invece Riva del Garda. Il sito internet “l’Italia delle slot” fornisce infatti un database alla portata di tutti che, una volta indicato il Comune in cui si vuole svolgere la ricerca, riporta una serie di dati ed informazioni statistiche sulla quantità del gioco d’azzardo in quella specifica realtà territoriale. Nel Comune di Trento ad esempio, nel 2017 sono stati registrati in media 1.475 euro di giocate procapite. Numero che colloca il nostro Comune alla posizione 900 su un totale di 7.954 Comuni complessivamente considerati a livello italiano. Su un totale di 171,96 milioni giocati in

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tutto, la “vincita” (anche se tale non può essere definita) è stata di 134,65 milioni di euro. Parlavamo tuttavia di Riva del Garda in testa alla graduatoria: la spesa media procapite si aggira attorno ai 1.900 euro, con la città sul lago che si piazza 501esima nella graduatoria italiana. Miriam Vanzetta Importante sottolineare poi come, proprio a Riva del Garda, il numero di macchinette sia passato dalle 106 del 2016 alle 113 del 2017, con una spesa totale per il gioco pari a 33,01 milioni di euro a fronte di una “vincita” di 25,75 milioni di euro. Il gioco d’azzardo rimane comunque una dinamica che, se praticata in eccesso, può trasformarsi in una vera e propria malattia. Ecco dunque che entrano in gioco associazioni come A.M.A. (Auto Mutuo Aiuto) che, occupandosi dal 1995 di svariate tematiche oltre a questa (circa 40 gruppi complessivamente), fornisce supporto a coloro che sono ormai divenuti dipendenti dal gioco. Abbiamo incontrato Miriam Vanzetta, responsabile del progetto Gioco d’Azzardo all’interno dell’associazione, che ci ha raccontato cosa vuol dire relazionarsi con chi non può più fare a meno di giocare, cosa questo comporta e come l’associazione si pone per dare il proprio contributo.

<<Dal 1999 al 2009 abbiamo avuto un solo gruppo per il recupero delle persone dipendenti dal gioco. Era un problema di nicchia per i benestanti che giocavano ai casinò – ha spiegato Miriam. – Tuttavia, da quell’anno in avanti abbiamo registrato un aumento importante dei giocatori, tanto da trovarci costretti a creare ben 8 gruppi in tutto il territorio. Nello specifico, ne abbiamo 3 a Trento ed uno a Rovereto, Riva del Garda, Cles, Tione e Predazzo. Dal 2012 circa abbiamo cominciato a notare le conseguenze dell’aumento di macchinette e simili dovuto al decreto salvaAbruzzo, dato che solo dopo alcuni anni una persona può davvero rendersi conto di aver sviluppato una malattia nei confronti del gioco. Da noi arrivano spesso i famigliari o datori di lavoro con i quali sosteniamo un colloquio e che, preoccupati, segnalano situazioni anomale. Purtroppo le bugie, le continue


Attualità

scuse, il nervosismo ed altri piccoli cambiamenti sono segnali premonitori di qualcosa che non va, anche se come detto la consapevolezza nella persona dipendente arriva solo in un secondo momento, spesso quando è troppo tardi per tornare indietro. Noi ci preoccupiamo di accogliere queste persone in specifici gruppi d’incontro gestiti da un facilitatore, dove hanno modo di confrontarsi con chi ha già superato questa difficoltà, attraverso anche e soprattutto l’aiuto della propria famiglia, sentendosi stimolate da chi ha combattuto la loro stessa battaglia. Il cambiamento nel tempo è stato evidente: siamo passati dall’avere 4 o 5 persone nel singolo gruppo fino al 2009, per poi riscontrare un centinaio di nuovi incontri all’anno con le famiglie dei giocatori. Il trend è rimasto lineare dal 2014 circa e ad oggi ci sono una decina di membri per ogni

gruppo. Se consideriamo tutti gli incontri in cui partecipano anche i famigliari, ogni settimana in Trentino più di cento persone si confrontano su questa delicata tematica. Un consiglio ai possibili dipendenti dal gioco? Stabilite un budget e un tempo limite da dedicarci. Se superate quell’importo o quella tempistica, e questo capita più volte, è chiaro che c’è un problema. Ancora, non lasciatevi ingannare dall’effetto “near-miss”, ovvero il “c’ero quasi!”: i giochi sono spesso strutturati per far si che si manchi di poco la vincita, magari per un solo numero, spingendo la persona a giocare ancora con la convinzio-

ne di potercela fare. Infine, ai genitori chiedo di controllare i loro ragazzi. Gli smartphone aprono connessioni a qualsiasi cosa ed aumentano in modo esponenziale il rischio di gioco incontrollato. La mia paura è che, tra qualche anno, ci ritroveremo ad aiutare anche giovanissimi giocatori patologici>>.

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Tra storia, cultura e tradizione di Chiara Paoli

Partigiani e resistenza, per un’Italia Liberata «Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l'occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire». ueste le parole del comandante Sandro Pertini nell’appello radiofonico volto a proclamare lo sciopero generale a Milano, il 25 aprile 1945. La lotta partigiana ha avuto inizio 20 mesi prima, esattamente l’8 settembre 1943, il movimento di resistenza muove i suoi passi per contrastare il governo fascista e l'occupazione nazista. Quello che viene definito anche come Secondo Risorgimento ha inizio quindi con la firma dell’armistizio di Cassibile, avvenuta il 3 settembre nella località di Siracusa dove il generale Castellano firma per l’Italia, stringendo la mano al generale Eisenhower. L’annuncio agli italiani della cessazione delle ostilità nei confronti dei go-

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verni alleati viene comunicata ai microfoni dell'EIAR (antenata della RAI), solo cinque giorni dopo dal maresciallo Badoglio. Il giorno successivo nasce il Comitato di Liberazione Nazionale che al suo interno ingloba differenti e contrapposti orientamenti politici dai comunisti, ai monarchici, socialisti, democristiani, liberali, repubblicani, e anarchici. Dopo mesi di lotte, giunge il 25 aprile 1945 il proclama che incita all'insurrezione generale, sancito dal Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia. Le forze partigiane che componevano il Corpo Volontari della Libertà vengono sollecitate ad assaltare le guarnigioni fasciste e tedesche intimando la resa, precedendo così l'arrivo delle truppe alleate. Oltre a ciò

25 aprile 1945 - La liberazione di Milano

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il Comitato promulgò alcuni decreti legislativi, prendendo il potere «in nome del popolo italiano», e condannando a morte tutti gli alti funzionari fascisti, Benito Mussolini compreso. Il Duce verrà catturato e ucciso tre giorni dopo a Giulino di Mezzegra, a 21 chilometri da Dongo, in provincia di Como, assieme alla sua amante Claretta Petacci. I loro corpi, assieme a quelli di Alessandro Pavolini, Nicola Bombacci, e del generale Achille Starace, verranno esposti al pubblico ludibrio in piazzale Loreto a Milano, dove l’anno precedente, in data 10 agosto erano stati giustiziati quindici partigiani. La folla si accanisce con insulti, sputi, percosse, e spari sui cadaveri, in particolare quello di Mussolini; partigiani e vigili del fuoco che dovevano garantire l'ordine, risolvono appendendo i cadaveri a testa in giù, penzolanti dalla tettoia del vicino distributore di benzina. Un epilogo orrendo che ha scatenato molte critiche, lo stesso Pertini affermò che «A Piazzale Loreto l'insurrezione si è disonorata». Nel giro di pochi giorni tutta l'Italia del nord viene redenta, Bologna in anticipo assieme a Genova, liberate rispettivamente il 21 e il 23 aprile, segue Verona il 26 e Venezia il 28 dello stesso mese. La liberazione di Roma era avvenuta già l’anno precedente tra il 4 e il 5 giugno, mentre un


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po’ in ritardo giunge quella del Trentino, che accoglierà gli alleati soltanto il 4 maggio 1945. Vale la pena ricordare che dopo la resa di Caserta, firmata il

29 aprile, e il cessate il fuoco entrato in vigore tre giorni dopo, continuano gli scontri nella nostra regione. Le stragi di Ziano, Stramentizzo, e Molina di Fiemme, si consumano proprio in quei giorni tra il 2 e 25 aprile 1945 - Bologna il 4 maggio 1945 e causano altre 45 vittime, tra sparatorie e incendi. Una data simbolica quella del 25 aprile che costituisce il culmine della Resi-

stenza e vede avviarsi una nuova fase di governo che condurrà al referendum per la Repubblica del 2 giugno 1946. È il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi che propone di celebrare questa data invitando il principe Umberto II a promulgare il 22 aprile 1946 un decreto che testualmente riporta: «A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale». La Liberazione ha sancito la fine del capitolo fascista dopo una dittatura protrattasi per 20 anni. Quello che ancor oggi noi celebriamo è la genesi della Repubblica Italiana, perché è proprio dagli esponenti del Comitato di Liberazione Nazionale che ha preso vita l'Assemblea Costituente.

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Tra storia, cultura e tradizione di Chiara Paoli

Una vita da… paracarro “Il paracarro è un elemento in pietra, cemento o plastica, di forma variabile (cilindrica, parallelepipeda, troncoconica), collocato al margine di una via per delimitarne la carreggiata.” Questa la definizione di paracarro che compare sull’enciclopedia libera di Wikipedia, un elemento quindi pratico e all’apparenza non artistico, eppure a Canezza, paese all’imbocco della valle dei Mòcheni, gli è stato dedicato un museo. n realtà i paracarri nascono molto tempo prima che le automobili vengano inventate, ne è testimonianza l’opera poetica del milanese Carlo Porta, che nel 1814 intitola un suo sonetto “Paracar che scappee de Lombardia”. E non è neppure vero che questi elementi non siano opere d’arte, a tal proposito si possono citare i paracarri di Pietro Consagra che svettano a Cosenza tra le opere esposte nel Museo all'aperto Bilotti. La storia di questi indicatori stradali si intreccia con quella delle pietre miliari, primi esempi di segnale stradale in uso ai tempi dei romani. Quelle colonne di pietra infisse nel terreno, dotate di iscrizioni che servivano a scandire la distanza dalle più importanti città dell’Impero e da Roma. L’unità di misura utilizzata era ovviamente il miglio romano che corrisponde a circa 1480 metri. Intitolato a Gino Bartali è proprio l'82° miglio romano, proveniente dalla via Cassia, dove vinse la sua prima tappa da professionista nel lontano 1935. L’originale museo del paracarro, inaugurato nel 2008, si trova alle spalle della chiesa di Canezza, immerso nel parco giochi. Nato da un’idea di Dario Pegoretti, ex operatore tecnico sulle strade trentine e appassionato di ciclismo, in occasione di un incontro con Francesco Moser e Francesco Osler, proprio grazie alla pronta battuta di quest’ultimo «se questi paracarri po-

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tessero parlare, racconterebbero la storia del ciclismo», ed eccoli qui! Da qui l’idea di intitolare ogni paracarro, grazie all’apposizione di un’apposita targhetta metallica, a un campione del ciclismo. Tra i grandi di questo sport, si possono trovare il già citato Bartali, Coppi, Girardengo, e Pantani, cui si aggiungono anche i trentini Francesco Moser, Francesco Osler, e Gilberto Simoni. Quello di stazza più grossa, del peso di 17 quintali, è il Km 90 della Valsugana che commemora la figura del belga Eddy Merckx. Il primo di questi cimeli è stato prelevato dal passo dello Stelvio e, nel tempo, alla raccolta attiva di Pegoretti si sono aggiunte moltissime donazioni di pezzi per ampliare la collezione. Tra le ultime novità, un para-

carro proveniente da piazza del Santo a Padova, donato dall’amministrazione, che il sindaco vuole sia intitolato al pilota automobilistico Alex Zanardi. Non soltanto i nomi dei ciclisti incisi sulle targhette, anche personaggi illustri come Sigmund Freud che amava passeggiare lungo le rive del lago di Caldonazzo e a Lavarone, uno intitolato al rallista Attilio Bettega e un altro per il mitico Tazio Nuvolari. Ben 252 i pezzi presenti che oggi trovano spazio all’aperto, anziché in un polveroso deposito, dove erano stati confinati perché ritenuti non più a norma, veri e propri fuori legge dal 1959. Questa esposizione, visitabile 24 ore su 24, è una piacevole scoperta e un’ottima occasione per una passeggiata lungo il Fersina.

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Tra storia, cultura e tradizione di Elisa Corni

L’insurrezione contadina del 1525 in Valsugana

Tra il 1524 e il 1526 dalla Foresta Nera si diffuse nel Sacro Romano Impero la rivolta dei contadini (Bauernkrieg), un’insurrezione a cui parteciparono abitanti delle città e nobili esasperati dal peggioramento delle loro condizioni economiche: le imposizioni fiscali erano infatti aumentate notevolmente e, al contempo, i cittadini erano spogliati di beni e diritti. Il movimento però valicò le Alpi e arrivò anche in Trentino, dove già dall’inizio del secolo, la popolazione colpita ora da epidemie, ora da carestie, e obbligata a contribuire ai contingenti militari, aveva più volte manifestato il proprio malessere alle autorità. Il 15 maggio 1525 una settantina di uomini armati saliti da Mezzocorona occuparono la Rocchetta ed entrarono in Anaunia conquistando Castel Belasi, mentre una seconda schiera di contadini scese dalla pieve di Senale: nel giro di una settimana capitolarono i castelli di Castelfondo, Flavon, e Sporo, in Val di Non. Si sollevarono anche parecchie comunità della val di Sole che assediarono la rocca di Samoclevo, il castello di San Michele di Ossana, e saccheggiarono l’ospizio di Santa Maria di Campiglio. Il movimento insurrezionale fu altrettanto combattivo in Valsugana. A Pergine era capeggiato da Francesco Piloni, detto Cleser, che inizialmente coordinò i vari gruppi valsu-

ganotti. Nel maggio 1525 egli aveva partecipato alla “dieta contadina di Merano” che si concluse con la stesura di un documento programmatico che riassumeva le richieste dei contadini. Queste andavano dall’abolizione del potere temporale dei vescovi, dei privilegi feudali, delle limitazioni nella caccia e pesca, alla ridefinizione dell’apparato amministrativo, all’assistenza delle fasce più povere della popolazione, alla restituzione alle comunità dei diritti di sfruttamento delle risorse naturali. L’episodio che diede la stura alla rivolta in valle fu l’uccisione il 25 agosto dell’allora capitano di Castel Ivano, Giorgio Puchler, che reclamava dai contadini l’immediato pagamento delle decime: il castello fu occupato e la rivolta si diffuse in tutta la valle. Tre giorni dopo le schiere rivoltose si riunirono ai piani del Cirè insieme a quelle provenienti dal Pinetano. C’erano i contadini di Levico, guidati da Vittore Libardi, che a causa della necessità di finanziare le

opere di restauro di Castel Selva, scelto dal vescovo Cles quale sua residenza estiva, avevano subìto l’introduzione di nuovi dazi, l’obbligo di lavoro gratuito, limitazioni nella caccia e pesca e nello sfruttamento dei boschi. Poi quelli di Ivano e Borgo comandati da Pietro Mengarda e Sebastiano Sbeta; quindi i perginesi con il Cleser e Caldonazzo con Bartolomeo Salvadoris e Pietro Ciola; infine i rappresentanti di Civezzano, Cirè, Vigolo Vattaro, per un ammontare di circa 4mila uomini. Fu deciso di assaltare le mura di Trento. L’obiettivo dei contadini valsuganotti era la conquista di Porta Aquila, ma la frantumazione delle forze anaune che sarebbero dovute intervenire sul lato nord della città unitamente alle difese dispiegate in Trento e all’inesperienza degli assalitori, trasformarono l’attacco in una immediata resa. I capi dei rivoltosi furono catturati, processati, e giustiziati nel corso dell’ottobre successivo.

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Coro Val Bronzale di Chiara Paoli

Il Coro Val Bronzale

l coro Val Bronzale nasce agli inizi del 1975, su proposta del maestro Riccardo Baldi, quale evoluzione del Coro Parrocchiale di Ospedaletto. Nell’ampliare il repertorio sacro, per ricomprendere anche i canti della montagna e legati alla tradizione popolare, prende il nome della valle che sovrasta Ospedaletto. Nello stesso anno il gruppo entra a far parte della Federazione dei Cori del Trentino e comincia a farsi conoscere anche al di fuori del paese. A distanza di 14 anni di attività, nel 1989 viene inciso il primo disco intitolato “El Boschiero”, con la registrazione di 12 canzoni. Nel 1992 il coro Val Bronzale intraprende un gemellaggio con il coro “Sängerrunde” di Bludenz, e tre anni dopo viene celebrato il ventennale con l’incisione di un nuovo cd, dal titolo “E gira che te gira”. Con il passare del tempo si contano esibizioni in varie città d’Italia, ma anche all’estero con concerti in Svizzera, Germania, e Austria. Dall’inizio del 2016, dopo oltre 40 anni di apprezzato servizio, il maestro Riccardo Baldi ha lasciato spazio a un nuovo direttore, il maestro Davide Minati, assistito dal presidente e cantore Maurizio Zentile. I componenti si danno appuntamento a Ospedaletto negli spazi concessi dal comune, due

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volte alla settimana per effettuare le prove. A partire dallo scorso anno sono subentrate sei nuove leve, giovani tra i 22 e i 30, linfa vitale necessaria per il futuro; tra loro anche due ragazzi che provengono da Enego, e uno residente a Bassano. Il coro è composto da un gruppo di persone che vivono l’armonia dello stare insieme accomunati dalla passione per la musica, ma anche dalla vocazione a fare del bene. Il coro Val Bronzale è molto legato al territorio, e opera in un’ottica di volontariato sociale offrendo momenti di animazione nelle case di riposo. A cavallo tra 2018 e 2019, sono state regalate 10 lezioni agli ospiti della casa di riposo di Borgo Valsugana, e per concludere il percorso è stato organizzato un concerto che ha visto alternarsi le voci dei coristi con quelle degli ospiti della Rsa, tra loro anche alcuni malati di Alzheimer. Tra le iniziative anche un laboratorio per i bambini della scuola primaria di Strigno; 6 lezioni con la classe seconda, realizzate durante il pomeriggio opzionale, per imparare le canzoni popolari del territorio. Domenica 17 marzo il coro Val Bronzale ha regalato un concerto, in occasione della manifestazione “Una pasta per la vita”, organizzata da Admo a

Pieve Tesino, per sensibilizzate e raccogliere fondi volti ad aiutare la famiglia di un bimbo malato di leucemia. Costante è l’impegno nei mesi invernali, per poi esibirne i frutti quando la stagione si apre, soprattutto durante l’estate e per l’immancabile concerto natalizio. In questo 2019 anche una trasferta a Roma, durante il mese di maggio, per animare la messa del sabato al Pantheon e tenervi un concerto. Quello che tiene insieme questo gruppo è soprattutto la voglia di cantare il repertorio locale, la loro missione è quella di portare avanti la tradizione corale del Trentino, facendo conoscere ai giovani le canzoni di un tempo, perché possano divenire i cantastorie del futuro. E per citare la canzone di Johnny Dorelli “La porta è sempre aperta…”.adatta a nuovi farmaci».

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Tra storia, cultura e tradizione di Massimo Dalledonne

I fratelli Morizzo Nel suo ultimo volume, scritto con Italo Franceschini, Franco Gioppi parla diffusamente dei due fratelli Morizzo, padre Maurizio e padre Marco. Originari di Borgo, il primo scrisse le note “Cronache del Borgo e della Valsugana”, il secondo è ricordato come uno storico, ricercatore, bibliotecario ed archivista instancabile. A loro è stata anche dedicata una via a Borgo: via Padri Morizzo. a chi erano questi due frati? Agostino, ovvero padre Maurizio, era nato il 10 ottobre 1843 e, come ricorda Franco Gioppi, fin da piccolo dimostrò una innata passione per gli studi. Dopo i primi cinque anni di ginnasio si trasferì a Trento e Rovereto e non ancora ventenne entrò nel convento di Cles dove prese i voti il 12 settembre 1867. Nello stesso anno venne consacrato sacerdote e dopo aver detto messa al convento di Borgo venne destinato all’Immacolata di Mezzolombardo. Per tre anni insegnò dogmatica a Trento fino a quando, come scrive Gioppi, “una grave lussazione all’anca con conseguenze al femore ed all’osso iliaco lo indebolì gravemente”. Nel 1875 venne assegnato al convento di Borgo dove, però, progressivamente perse l’uso delle gambe e fino alla sua morte fo costretto a servirsi delle grucce. A Borgo insegnò matematica e lingua italiana agli studenti del suo ordine dedicando ogni ora del suo tempo libero alla ricerca di notizia sulla storia della Valsugana. Rovistò in tutti gli archivi della valle, fino a quello della Curia di Feltre studiando documenti antichi. Il frutto di questa sua passione fu la pubblicazione di imponenti manoscritti conservati presso la Fondazione San Bernardino di Trento e presso la biblioteca comunale del capoluogo. La sua “Cronaca del Borgo e della Valsugana” è un’opera composta da cinque volumi manoscritti, parte dal 46 d.C. e arriva fino al 1866. Le sue principali fonti, come riporta nel volume Italo France-

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schini, sono notizie desunte da Giambattista Verci, Antonio Cambruzzi, dalla raccolta dei documenti dei Fiorentini presso l’archivio comunale di Borgo e dalle Padre Marco Morizzo pergamene di Castell’Alto. A causa della grave infermità agli arti inferiori, il 26 aprile del 1909 padre Maurizio Morizzo venne trasferito presso l’infermeria del convento di Trento dove spirò il 26 giugno dello stesso anno. Il percorso del fratello Luigi, alias padre Marco Morizzo, è stato pressoché parallelo a quello del fratello maggiore. Nato a Borgo il 29 agosto del 1849, frequentò in simmetria a padre Maurizio le scuole normali e quelle ginnasiali per poi scegliere l’Ordine dei Frati Minori. Anche lui si dedicò all’istruzione, alla ricerca e, a differenza del fratello, anche al riordino di documenti, allo studio ed alla scrittura. Divenne sacerdote del 1872 e nel 1882 venne nominato lettore supplente di teologia fondamentale e dogmatica. Riordinò la vecchia biblioteca del convento di San Rocco a Rovereto, quella di San Bernardino a Trento, di Cles, Pergine e Mezzolombardo. Provvide, scrive ancora Franco Gioppi, alla schedatura dell’immenso materiale dell’Archivio Diocesano Tridentino e fece il regesto della parte latina del Codice Clesiano. Lasciò sei volumi mano-

Padre Maurizio Morizzo

scritti sui francescani del Trentino e nel 1915 venne chiamato a Roma a riordinare la biblioteca del convento di San Antonio. Colto da arteriosclerosi, dopo pochi mesi rientrò a Trento dove morì il 24 maggio all’età di 65 anni. Padre Maurizio e padre Marco Morizzo, due figure splendenti per sacerdotali virtù e benemeriti per la storia patria. Con queste parole li ricorda Franco Gioppi.

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Le cronache

Pasqua 2019: riapre il Forte delle Benne ome ogni anno, assieme alle uova e ai rami d’ulivo, con l’arrivo delle festività Pasquali riaprono i battenti del Forte Colle delle Benne di Levico Terme. Per il quinto anno consecutivo, dopo i decenni di abbandono e gli imponenti lavori di restauro che hanno visto il manufatto inaccessibile alla popolazione, il fortilizio asburgico si prepara a una nuova stagione di eventi, attività, e manifestazioni. E lo fa dopo un lungo periodo di chiusura; al contrario degli anni precedenti, infatti, a cavallo tra 2018 e 2019 non è stato possibile effettuare la canonica apertura invernale. Il maltempo di fine ottobre aveva infatti compromesso le vie d’accesso al forte. Ma ora tutto è tornato alla normalità. Normalità o quasi, perché, come ogni

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anno, la sinergia creatasi tra Amministrazione Pubblica, privati e associazionismo è pronta a rinnovare e innovare. «Torneranno alcune delle manifestazioni più amate, come la caccia alle uova prevista proprio per il giorno di Pasqua (dalle 14 alle 17, ndr.) o Il Forte e le Stelle con Eye in The Sky Astronomy», spiega il presidente dell’omonima associazione che ha la gestione culturale del bene, Leonardo Vinciguerra. Ma non solo: l’intento sempre dichiarato dalla squadra del forte, e abbracciato da Comune e Consorzio Commercianti, è quello di fare delle Benne un polo culturale ove dare spazio a chiunque si presenti con una proposta intrigante. E così, ad animare le stanze spesso freddine del Forte, ci saranno concerti, spettacoli

teatrali per grandi e piccini, attività e mostre. In particolare, dopo il grande successo che l’arte ha riscosso nelle scorse stagioni con Bruno Lucchi, ma anche con Annalisa Lenzi e altri giovani artisti, alle mostre d’arte sarà dedicato ampio spazio nelle sale del manufatto asburgico, a partire dal collettivo Alchemica. Si rinnova, inoltre, il sodalizio con il Gruppo Fotoamatori di Pergine, che avrà a disposizione per quasi tutta la stagione un’intera sala ove alternerà diverse mostre. Spazio, come sempre, alla storia con la mostra dedicata alla militarizzazione del territorio e alla Logistica prima della Grande Guerra, ma anche alla scienza con mostre di astro-fotografia e altre manifestazioni. Per informazioni: www.facebook.com/fortedellebennelevico.

Etika premia le scuole medie Garbari n occasione della giornata del Risparmio energetico, meglio nota con lo slogan “M'illumino di meno”, nella Sala della Cooperazione di Trento, sono stati premiati i vincitori del primo concorso Etika. Il contest promosso da Solidea assieme alla Federazione Trentina della Cooperazione, Cassa Centrale Banca, Famiglie Cooperative, Consolida, Cooperativa Sociale La Rete, e Dolomiti Energia, ha premiato la classe 3aF della scuola secondaria di primo grado Tullio Garbari di Pergine. Il primo premio della giuria è stato conquistato grazie al video realizzato dai ra-

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gazzi con il coordinamento della professoressa Rita Scarcipino, in collaborazione con Susanna Leggieri e Ivan Bernardi, grazie anche alla consulenza tecnica dell'educatrice ambientale Marianna Moser. I giovani protagonisti hanno voluto dedicare la loro vittoria alla Protezione civile Trentina, sempre pronta a intervenire in aiuto della popolazione in caso di disastri ambientali. “Il Mondo di Etika: l’energia della natura!” ha raccolto trenta opere, frutto del lavoro di scuole primarie e secondarie che hanno voluto prendere parte alla competizione che mette al centro l’educazione ambientale. Più di seicento i partecipanti

e oltre 13mila i voti raccolti online. Il regolamento chiedeva alle scuole secondarie di primo grado di elaborare un video, di massimo 5 minuti, con il personaggio Etika quale protagonista. La 3aF è stata suddivisa in gruppi, così gli studenti sono riusciti a realizzare tre video: “Il mondo che brucia”, cartone animato in cui si scorge una bambina che interroga il padre sul cambiamento climatico; “Sosteniamo l’ambiente”, animazione volta a promuovere e diffondere buone pratiche per la salvaguardia dell'ecosistema; e “TG-Etika”, uno speciale telegiornale riservato alle notizie di stampo ecologico. (C.P.)

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Tra storia, cultura e tradizione di Sabrina Mottes

Primavera 1890: la centrale di ponte Cornicchio illumina Trento La seconda metà del 1800 è stata per la città di Trento un periodo di grandi mutamenti, che ne hanno segnato la storia in modo determinante. Molte opere pubbliche si devono all’amministrazione di Paolo Oss Mazzurana, che ricoprì per ben tre volte il ruolo di podestà dal 1872 al 1895, anno della sua morte. Grande imprenditore e politico fortemente filo-italiano, diede un grandissimo impulso all’economia trentina e amministrò in modo lungimirante il Comune di Trento, portando avanti molte delle innovazioni che ancora oggi caratterizzano la città moderna. n quel periodo, l’Austria aveva appena subito la perdita della Lombardia e del Veneto e l’impossibilità di continuare a commerciare con questi due storici mercati gettò di fatto l’imprenditoria e l’agricoltura trentina in una profonda crisi. La borghesia trentina cercò allora di consolidare e rinnovare l’economia all’interno del territorio provinciale, per ricreare un tessuto economico in grado di sopravvivere e svilupparsi. Paolo Oss Mazzurana, stimolato dal passaggio della ferrovia del Brennero, diede l’avvio nel 1887 ad una serie di progetti tesi a creare una ramificazione di ferrovie elettriche sul territorio provinciale che dovevano collegare la città alle vallate, tra le quali la TrentoMalè. Il progetto purtroppo non fu mai completato a causa della morte del Mazzurana e ancora oggi, nel moderno Trentino, si parla dei collegamenti ferroviari con le valli. Tali ferrovie dovevano facilitare gli scambi commerciali e questo presupposto diede immediato impulso al fiorire, a Trento e dintorni, di una serie di piccole e medie imprese industriali che crearono occupazione e richiamaro-

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no nuovi operai. Anche il settore edilizio subì una forte spinta, favorito dalla richiesta di edifici popolari. Uno dei problemi che l’amministrazione pubblica dovette affrontare in questo nuovo contesto, fu l’aumento del fabbisogno di energia, sia per la ferrovia che per l’economia territoriale. Pochi anni prima, nel 1882, Thomas Edison aveva realizzato a New York la prima centrale elettrica.

La centrale di ponte Cornicchio sul Fersina

Il Comune di Trento pensò allora di sfruttare l’energia prodotta dell’acqua del torrente Fersina, che dalla forra di Ponte Alto scende veloce verso la città, per creare la prima centrale idroelettrica del territorio trentino, producendo elettricità per le industrie, l’illuminazione pubblica e, in parte, da vendere ai privati. Il progetto, assolutamente innovativo, venne approvato in Consiglio comu-


Tra storia, cultura e tradizione

nale nel 1886 e la progettazione affidata agli uffici tecnici comunali, diretti dall’ingegner Annibale Apollonio. I lavori iniziarono nel 1887 e si conclusero nel 1890. Venne creato un canale lungo 750 metri che convogliava l’acqua del Fersina da Ponte Alto fino ad un serbatoio a San Donà. Da lì, tramite una condotta, il getto scendeva fino alla centrale, tuttora attiva, costruita a fianco di Ponte Cornicchio, sopra al convento dei frati francescani di via Grazioli. La sera del 26 aprile 1890 si spensero i fanali a gas e molti edifici di Trento vennero illuminati per la prima volta dalla luce elettrica. La centrale entrò pienamente in funzione il primo di giugno dello stesso anno. Il capoluogo trentino fu la prima città d’Italia e dell’Impero austro-ungarico a dotarsi di un impianto di pubblica illumina-

zione che aveva intensità tripla rispetto alla precedente a gas e petrolio e poteva protrarsi per l’intera nottata, mentre prima circa la metà delle lampade venivano spente alle dieci di sera. Il costo dell’energia venne mantenuto basso ed equo e il Comune si assunse gli oneri di allacciamento, in modo da stimolare i cittadini a stipulare contratti. L’operazione si rivelò positiva sia dal punto di vista economico che per il forte impatto di miglioramento sociale. Tanto che in breve la produzione di elettricità si dimostrò insufficiente rispetto alla domanda, dando l’avvio al primo embrione dell’industria idroelettrica trentina che ancora oggi è uno dei fiori all’occhiello della nostra economia. Ma la realizzazione della centrale di Ponte Cornicchio, interamente pensata e supportata economicamente

dall’amministrazione di Trento, conteneva anche un forte messaggio politico. Con la gestione totalmente autonoma del progetto, il capoluogo trentino manifestava la propria insofferenza verso il controllo del governo di Vienna. Insofferenza che sempre più si è palesata nei nostri territori, fino ai fatti della Prima Guerra mondiale. Bibliografia: Trento, Archivio Storico presso la Biblioteca Giuseppe Ferrandi – Un fiume di memorie – Trento 1858-1966 – Curcu & Genovese Aldo Gorfer – Trento città del Concilio ambiente, storia e arte di Trento e dintorni Luciano Azzolini, Roberto Colletti, Mauro Lando - Energia nel Trentino il lungo cammino dell’autonomia – Temi 1983 La Fersina antica signora della valle – a cura di Lino Beber, Mario Cerato e Claudio Morelli – Associazione Amici della storia Pergine

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Il personaggio di Paola Marchi

Rocco fontana, dalle poste ai libri Rocco Fontana (1964) è editore di libri e della rivista internazionale Nitrogeno. Si occupa di comunicazione e informazione. Da bravo trentino è di poche parole, questo rende l’intervista ancora più interessante perché il silenzio molto spesso cela interessanti spunti di riflessione. Ciao Rocco dal momento che ci conosciamo bene e ti stimo molto sarà difficile restare “distaccata” come vorrebbe il nostro caro Maestro George Ivanovich Gurdjieff. La prima domanda che mi viene da porti è: perchè hai scelto di fare l’editore? Non era meglio “lavorare alle poste”? In effetti c’erano tante altre attività che avrei potuto intraprendere (ride) ma l’editoria chiamava prepotentemente e ho dovuto rispondere ad un impulso che non potevo ignorare. Questo ha dato una direzione più precisa al mio percorso personale, che parte dalla Quarta Via e gli insegnamenti di Gurdjieff e prosegue con la meditazione Zen e l’Alchimia. Per me, fare l’editore è un’attività di Servizio, sia verso il pubblico che verso i miei autori. La tua casa editrice si occupa di Alchimia, Spiritualità, Scienza ed Arte, tematiche molto delicate da miscelare. Iniziamo dal connubio spiritualità/scienza perché pare un ossimoro che rivela molto circa il tuo percorso personale. Ci racconti qualcosa in merito? L’approccio mutuato dalla Quarta Via è molto pragmatico e scientifico, nella più ampia eccezione del termine. Conosci te stesso, dubita, indaga e verifica di persona sono imperativi imprescindibili per un sano sviluppo del proprio Se. Questo vale anche per l’aspetto più spirituale del percorso, la meditazione, il non-pensiero Zen o le pratiche devozionali. Gli argomenti che tratto rispecchiano questa linea, perché il fine di

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questi libri è fornire strumenti utili a quanti cercano di lavorare su loro stessi. Spero di stimolare domande anziché dare risposte. Alchimia, Spiritualità, Scienza e Arte, a mio parere, sono facce di uno stesso diamante: l’una è costituita dalle altre; come si potrebbe dubitare, ad esempio, che l’Alchimia non sia costituita da Scienza, Spiritualità e Arte? Per quanto riguarda l’Alchimia, che genere di pubblicazioni prediligi? L’argomento è così vasto che mi diventa difficile trovare il bandolo della matassa. Sono interessato all’approccio dell’alchimista, che si perde e si ritrova attraverso la pratica costante, un fare altamente simbolico ma anche concreto e pratico. Sono interessato agli sviluppi moderni dell’Alchimia, che trova espressione in tutta quella scienza di confine che sta creando cose meravigliose ampliando gli orizzonti della conoscenza. Con Leonardo Anfolsi, monaco zen e alchimista, abbiamo creato una rivista: Nitrogeno (in inglese), che si occupa di questo. Tuo padre è un noto pittore, hai ereditato da lui la sensibilità al mondo dell’arte e alla dimensione in cui vive un artista? Mio padre è un artista capace di intraprendere qualsiasi percorso con grande qualità e sensibilità: è pittore, incisore, fotografo e scultore. Certamente ha passato a tutti i 4 figli le sue capacità creative. Non sento la necessità di diventare un artista come lui, ma ne condivido la sensibilità e la capacità di immaginare e creare le cose; diciamo

che il mio è più un approccio da artigiano Kamikaze (ride). A proposito di ricerca, ci racconti nella tua esperienza, cosa significa lavorare su se stessi? Lavorare su se stessi è la cosa più fallimentare che ci sia, le aspettative e le illusioni vengono costantemente disattese; è frustrante. Ma quando ci stanchiamo della lotta e ci arrendiamo, nella resa possiamo iniziare ad entrare in contatto col Mistero che siamo. Il lavoro su di me è diventato imprescindibile, è l’aria, la scoperta del mio senso di vivere, la scoperta del mio coraggio. Crescendo ho cominciato a provare disagio e insofferenza per quello che la vita sembrava prospettare, e ho cominciato a farmi domande e cercare delle risposte. Da qui il mio incontro con Gurdjieff e i suoi insegnamenti, grazie a un’intervista a Franco Battiato che lo nominava. Dopo anni di lavoro in una scuola di Quarta Via, ho continuato in maniera personale, disordinata, ma costante. Gurdjieff e i suoi insegnamenti, formano una base fondamentale da cui partire ma anche un fardello da lasciare sulla via. Non entro in dettagli perché è un percorso individuale. All’esterno, questo lavoro non fa di me un supereroe, ma mi rende capace di quella resilienza necessaria per attraversare la vita in maniera fruttuosa e interessante. Puoi mandare un messaggio al pubblico, cosa dici? Vorrei ringraziare quanti sono arrivati leggere fino in fondo. Spero di avervi stimolato a curiosare su di me, sui miei libri e sui miei autori. https://fontanaeditore.com


Tra storia, cultura e tradizione di Elisa Corni

Castel San Pietro a Torcegno l simbolo indiscusso del Medioevo sono sicuramente i castelli: collocati in punti strategici, come colli, montarozzi e strette, ne venivano costruiti per gli scopi più disparati. Erano sicuramente dimore che svolgevano anche funzioni strategico-militari, di controllo del territorio, ma anche politiche. In Valsugana ve ne sono diversi, uno dei quali si trova in una posizione chiave per il controllo della valle; è il castello di Torcegno; oggi ne rimangono solo le vestigia di un passato splendente. Risalendo la strada sterrata che parte dalla cappella della Madonna Ausiliatrice di Torcegno, si può raggiungere il Monte Ziolina sulla cui cresta si ergono i mozziconi di due robuste muraglie, i resti di quello che nel medioevo era il castello di San Pietro. Costruito nel Duecento su un luogo forse già frequentato in epoca preistorica, il castello era formato da un edificio principale merlato, una sorta di mastio o torre, difeso da un profondo fossato; ai suoi piedi si addossavano altri piccoli fabbricati dagli usi disparati. Resti di muri dislocati a sud e a nord del mastio suggeriscono inoltre l’esistenza di una cinta muraria che correva attorno a tutto l’agglomerato fortilizio. Probabilmente il castello apparteneva in origine a una famiglia locale; si trattava forse di feudatari del vescovo di Feltre, sotto la cui giurisdizione era all’epoca una buona parte della Valsugana. Ma, come attestato da una serie di documenti ritrovati negli archivi locali, sul finire del XII secolo il castello di Torcegno rientrava tra le disponibilità della famiglia nobiliare dei “da

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Telve”: nel 1182 Ottolino da Telve era, infatti, indicato come “signore di San Pietro e Arnana”, altro castello del quale rimangono solo le rovine e che sorgeva sul dosso di Castelletto a Telve. Insieme a molti altri beni, nel 1331 il castello fu poi venduto dai “da Telve” ai “da Castelnuovo”, la famiglia nobiliare di Caldonazzo, che già avevano i feudi di Telvana e Castel Ivano. Nel 1385, in conseguenza di una lite di confine scoppiata tra Siccone II di Caldonazzo e Alberto della Scala, signore di Vicenza, la Valsugana fu messa a ferro e fuoco dai soldati vicentini scesi dal “menador” di Levico. Siccone fu sopraffatto e i suoi castelli saccheggiati e incendiati, compreso quello di San Pietro. Circa trent’anni dopo, nel 1413, castel San Pietro passò, insieme ai castelli di Telvana e Tesobo, a Federico duca d’Austria e conte del Tirolo. Persa l’ori-

ginaria importanza di baricentro dei lavori di trasformazione del territorio da boschivo ad agricolo per la zona di Torcegno e Telve, a metà del Quattrocento il castello era semiabbandonato e abitato dai soli custodi. A quel periodo risale un inventario dei beni del castello. Esso enumerava 4 letti, 7 lenzuoli di lino, 4 cuscini, 7 coperte, 3 paioli e una padella, uno spiedo, 16 fra piatti e scodelle di legno, e poche altre suppellettili. Sul finire del Settecento il castello era ormai in rovina. L’area castellana fu poi per ben due volte teatro di episodi bellici che contribuirono alla definitiva rovina delle strutture murarie: nell’estate del 1866, durante la terza guerra d’Indipendenza italiana, e nel 1915 quando il Monte Ziolina divenne punto chiave per la difesa di Borgo Valsugana, da parte austriaca come italiana.

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Musicando e cantando

Coro Piccole Colonne, XV Concorso “Un testo per noi” Tra i 10 vincitori a pari merito anche due classi trentine

ono stati annunciati i risultati della XV edizione del concorso “Un Testo per noi”, indetto dall’Associazione Coro Piccole Colonne di Trento e rivolto a tutte le classi delle scuole primarie, e da questa edizione anche alle classi dell’ultimo anno della scuola dell’infanzia, d’Italia e del mondo (purché in esse si studi l’italiano), invitate a comporre le parole di una canzone. Tra i 200 testi arrivati da tutta Italia e dall'estero (dall’Irlanda, Repubblica Ceca, Regno Unito, Germania, Croazia, Argentina, …), una giuria di esperti, formata da educatori, giornalisti e musicisti, ha scelto i 10 testi, tutti vincitori a pari merito, destinati a diventare nuovi brani per bambini. Sul podio salgono due classi trentine, la V della Scuola primaria di Andalo, ed “i grandi” della Scuola dell’infanzia di Baselga di Piné, ai quali spetta il primato di più giovani vincitori nella storia del concorso, con anche due classi prove-

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nienti dalle isole britanniche, la classe IV St. George’s RC Primary School di York (Inghilterra), e le classi III e VI dell’All Saints’ National School di Wicklow (Irlanda). È passata poi la scuola primaria di Cantalupo nel Sannio (Isernia), che ha concorso con un testo scritto insieme da quattro classi. Testi ispirati alla natura e gli animali, l’origine del mondo e l’era glaciale, l’amicizia e la condivisione, la cucina e gli ingredienti tradizionali, ma anche un’originale riflessione sulla grammatica, come Stay safe, della classe IV della St. George’s RC Primary School di York (Inghilterra); Working together, delle classi III e VI della All Saints’ National School di Wiklow (Irlanda); Il peperoncino ballerino, della classe III A della Scuola primaria Campora San Giovanni di Amantea (Cosenza); La bronchite dei dinosauri, della classe III A Scuola primaria Sartirana di Merate (Lecco); L’acca mutolina, delle classi I, II, IV e V della Scuola prima-

ria di Cantalupo nel Sannio (Isernia); La pizzica della medusa, della classe II B della Scuola primaria “Elisabetta Vendramini” di Pordenone; Gigetto Supereroe, delle classi III A e III B della Scuola primaria “Dante Alighieri” di Fabrica di Roma (Viterbo); Un tipo speciale, della classe IV della Scuola primaria di Montone di Mosciano Sant’Angelo (Teramo); Il ballo delle ciaspole, della classe V della Scuola primaria di Andalo (Trento); Non so il perché, della Scuola dell’infanzia di Baselga di Piné (Trento); Ora i testi vincitori saranno musicati da grandi nomi della musica leggera italiana per diventare nuove bellissime canzoni per bambini. Il concorso si concluderà con il Festival della Canzone europea dei Bambini, previsto il 25 e 26 aprile 2020 al Palazzo del ghiaccio di Baselga di Pinè (Trento). Per maggiori informazioni: www.piccolecolonne.it http://festival.piccolecolonne.it, anche su YouTube e Facebook.

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Sapori e profumi di Silvia Libardoni

I ricordi del cuore profumano di buono Vi siete mai emozionati, commossi o rammentati di qualcosa di meraviglioso solamente sentendone il profumo? Un sapore che vi è entrato nel cuore e nella testa per qualche motivo particolare? Io si, ne ho molti, e sono tutti ricordi legati alla mia meravigliosa e spensierata infanzia. volte si sottovaluta il senso dell’olfatto, ci si affida di più alla vista che porta ad accumulare ricordi nella testa; al tatto, magari ricordando il senso di calore che davano quelle meravigliose lenzuola di flanella che aveva la nonna o a una carezza del proprio figlio. Ma chiudiamo un secondo gli occhi – provate a farlo – pensate a un ricordo felice, che possa essere una gita al mare o in montagna, ai bagni lunghi e caldi immersi in nuvole di schiuma, a un abbraccio dato a chi si ama…ecco, non sentite l’odore della salsedine? Dell’erba tagliata in montagna? Del borotalco che la mamma vi metteva dopo aver fatto il bagno per poi infilarvi nei pigiami? Per non parlare del profumo dei neonati i neonati…quello è magico. Non credo che esista persona sulla faccia della terra che non abbia ricordi legati a un profumo. L’olfatto ti entra nel cuore, nella testa e nella pancia! Quando si parla di profumi del cuore non posso che ricordare l’odore della naftalina o del rosmarino ed immediatamente penso alla mia amatissi-

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ma nonna. Profumi inconfondibili che solo le nonne avevano. Ma non crediate sia facile convivere con certi ricordi, con certi profumi che si legano alle persone… la mia nonna è stata il mio punto cardinale, la stella del nord, sapevo dove guardare per raggiungere lei, raggiungere casa, il mio rifugio. E’ stata il mio nido, e associandola a degli odori ben precisi scatta in me quel senso di malinconia che porto ormai da molto tempo e con il quale ho imparato a convivere……perché a volte i ricordi del cuore profumano anche di malinconia, è inevitabile. Ci sono poi i profumi che entrano nella testa, ti entrano dritti come fulmini, ti fanno ricordare momenti particolari…..passeggiate con il proprio cane in mezzo ai prati quando si risente l’odore dell’erba e si ritorna a quel

luogo sorridendo. Il mio profumo nella testa è legato all’odore di cantiere. Ci sono nata praticamente in cantiere e quell’odore di terra, polvere e cemento mi fa, tornare in pace, quei progetti che mio padre portava a casa e che segretamente guardavo. E poi eccoci ai profumi più dolci, ai ricordi che ti entrano nella pancia e le parlano. Si chiudono gli occhi, e il momento magico del ricordo parte. E voi? Voi che ricordo siete? Che profumo siete? Siete un ricordo del cuore…di testa oppure di pancia?

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Giochi della mente di Armando Munao’

Nicolò Calvino

Un piccolo campioncino a moltissimi anni, in numerosi Stati, europei e non, vengono organizzati e disputati i famosi “Giochi della mente”, vere e proprie competizioni in grado di mettere in luce le personali capacità mentali e di memoria dei partecipanti. In Europa molto conosciuta è la Mind Sports Organisation (MSO), una associazione che promuove vari giochi di abilità mentale inclusi bridge, dama, scacchi, Go, giochi delle carte. mastermind, Backgammon, scacchi cinesi (XiangQi), othello, Poker e scrabble. E dal 1977 sono organizzate annualmente in Inghilterra le Mind Sports Olympiad che consistono principalmente in tornei di varie discipline, molti dei quali assegnano il titolo di Campione Olimpico, mentre alcuni sono ufficialmente veri Campionati del Mondo. L’ aspetto più significativo, però, di questi particolari giochi non è tanto la partecipazione dei vari concorrenti (si parla di centinaia di migliaia) quanto l’età di alcuni di essi. Tra questi piccoli “Einstein” ci sono, infatti, ragazzini di 5,6,7 anni che, nel corso delle varie dispute, dimostrano di possedere incredibili capacità mnemoniche in grado di competere con gli adulti se non addirittura superarli. E anche Valsugana potrebbe esserci uno di questi “piccoli” fenomeni, vanto e orgoglio dei genitori e dei nonni. Il riferimento è per il “telvato” Nicolo’ Calvino, che al momento non è conosciuto a molti, ma se manterrà le attuali premesse quasi certamente lo

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sarà in futuro. In che dimensione non è dato saperlo oggi, ma forse, ed è il nostro augurio, potrebbe diventare uno di quei tantissimi giovani in grado di rappresentare il Trentino e la nostra bella Italia all’estero in una delle tante gare dei “giochi della mente”. Nicolo’, per la cronaca, non ha ancora sei anni, ma a detta di molti dimostra di essere un campioncino in erba nel gioco delle carte, e in particolare del Burraco, dove si è avvicinato a soli cinque anni. Il nonno, Antonino, che è stato il suo primo maestro, ci dichiara, con vera soddisfazione, che non solo nel Burraco, ma potrebbe avere anche spiccate capacità bridgistiche in quanto dimostra già di possedere una memoria di ferro, dote questa indispensabile per eccellere appunto nel Bridge, uno sport che fa

Nicolò con papà Alessandro

parte delle discipline CONI che tanto lustro ha dato alla nostra nazione. Basti citare il famoso “Vecchio” Blue Team che dalla metà degli anni cinquanta alla metà degli anni settanta, ha vinto 13 titoli mondiali, 3 olimpici e 11 europei e il nuovo Blue Team che di campionati europei ne ha vinti 8, 4 olimpiadi e 2 campionati mondiali. Tornando al “nostro” Nicolò si rimane colpiti dall’entusiasmo con il quale affronta gli avversari e con quale sicura padronanza si siede al tavolo da gioco. Comportamenti questi che da sempre appartengono a coloro i quali possiedo doti e qualità intellettive uniche. E se il buongiorno si vede da mattino, allora crediamo che per Nicolò il futuro “agonistico” potrebbe essere solo e solamente roseo.


Scuola e studenti di Irene Chin

La storia verra’ cancellata? a fine dell’anno scolastico si sta avvicinando, molti ragazzi dovranno sostenere gli esami di stato per concludere il loro percorso di studio, per poi affrontare il mondo del lavoro, oppure intraprendere un percorso universitario; ma l’esame che li attende, riserva loro diverse sorprese. Il Ministero dell’Istruzione ha cambiato l’esame tradizionale, modificandone alcune parti ed introducendo nuovi elementi. Tra le novità più discusse, la decisione di eliminare dalla prima prova di lingua italiana la traccia riguardante la storia. La scelta è molto contestata sui media e dalla senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta al campo di concentramento di Auschwitz ed ora custode della memoria, che diffonde con la sua testimonianza

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nelle scuole di tutta Italia. La stessa senatrice ha lanciato un appello: “Un esame di Maturità senza storia mi fa paura. Per questo chiederò al ministro Bussetti di ripensarci.” Probabilmente la scelta deriva dal fatto che meno del 3% degli studenti ha scelto la traccia storica negli ultimi otto anni, ma Liliana Segre non si arrende e ha deciso di avviare un “affare assegnato” alla VII Commissione del Senato per arrivare in fondo alla questione, per far rintrodurre il prima possibile la traccia storica nell’esame. La senatrice è spaventata dal fatto che la storia non riesca più a fare presa sui ragazzi e spesso nel percorso di studio delle classi quinte, soprattutto negli istituti tecnici e professionali, non si riesca ad affrontare tutti gli argomenti in programma e di

frequente ci si fermi alla Grande Guerra. La cosa che le fa più paura di questa “cancellazione” della storia, è il fatto che ormai gli ultimi testimoni oculari stiano scomparendo e teme che con loro verrà dimenticata e manipolata la storia che a loro è legata. La senatrice dichiara:” E cosa succederà quando non ci saremo più? La storia è sempre manipolabile. E, dopo che verranno meno gli ultimi sopravvissuti, la Shoah diventerà una riga nei libri di storia. E più tardi ancora, non ci sarà neppure quella.” La storia ha molto da insegnarci, può essere vista come una chiave di lettura per interpretare il presente in cui viviamo e come monito per un futuro migliore, perché chi non conosce il passato è condannato a riviverlo.

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Olimpiade della danza di Franco Zadra

La 4a C prima all’Olimpiade della Danza La classe della maestra Cesarina Pacher vince con la coreografia di un Arcobaleno

hi ricorda il film Billy Elliot, ispirato alla vera storia del ballerino Philip Mosley, un ragazzino di 11 anni che scopre che il suo sogno è diventare un ballerino classico, potrà forse cogliere meglio l’emozione di due insegnanti della 4a C dell’istituto comprensivo di Levico, quando lo scorso mese alla 19a edizione della Olimpiade della Danza “Città di Trento” hanno assistito al trionfo dei loro scolari che in quella competizione si erano esibiti in una complessa coreografia ispirata all’arcobaleno. «Quando hanno annunciato il vincitore, tutti gridavamo – dice l’insegnante Cesarina Pacher -, saltavamo, piangevamo! Un primo premio insperato e proprio per questo ancora più entusiasmante». «Ora ci aspetta la competizione nazionale», dice Muriel

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Frizzera, insegnante di Matematica e Scienze, ma anche di Pop e Danza moderna preparatrice della squadra. Al suo primo incarico annuale, ha portato nella scuola elementare, lavorando con gli alunni della 4a C, l’attività opzionale della Danza, supportata dall’insegnante di classe, Cesarina Pacher, sempre impegnata in campo artistico e formidabile animatrice di attività didattiche molto apprezzate dagli studenti i quali vi partecipano con grande entusiasmo. L’Olimpiade della Danza si tiene a Trento da 19 anni, ma è una manifestazione che si tiene su tutto il territorio italiano e che vede una partecipazione di oltre 50 mila ragazzi. L’iniziatore e attuale organizzatore è Enkel Zhuti, in Italia dal ‘91, ballerino e coreografo albanese fondatore dell’associazione “Fare Danza”

di Rovereto, diplomato presso l'Accademia Nazionale di Tirana (Albania), sotto la guida di maestri di scuola sovietica, perfezionatosi nella danza classica con Deborah Weaver del American Ballet Theatre e Jorge Esquivel del Balletto Nazionale di Cuba. «In una classe come questa – dice ancora Frizzera -, multi etnica come ormai lo sono tutte le classi, ti rendi conto come ognuno di loro sia diverso. Per questo nella coreografia ciascuno rappresenta un diverso colore grazie al costume, ma ciascuno è parte della quotidianità che è la vita che trova nell’arcobaleno l’espressione simbolica più significativa e bella». Una bella esperienza didattica dove scuola, vita, e passione, danzano insieme a formare un arcobaleno vivido e giocondo.

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Medicina & Salute di Rolando Zambelli

La pseudoscienza del metodo Bates:

Vediamoci più chiaro n un periodo in cui è di moda avvicinarsi alla medicina alternativa o alle pseudoscienze, anche nell'ambito oculistico e optometrico vi sono “teorie” che hanno ben poco di scientifico o medico. Una tra tutte è conosciuta come metodo Bates, creato da un medico americano, William H. Bates negli anni 20 del secolo scorso, ma già negli anni 50 venne stroncato dalla comunità scientifica (Martin Gardner, Fads and Fallacies in the Name of Sciense, 1953). I postulati su cui si basava questo metodo, sono incompatibili con l'anatomia oculare conosciuta, Bates asseriva infatti che: 1. Nell'occhio umano la messa a fuoco avverrebbe attraverso muscoli extraoculari anziché attraverso il muscolo ciliare (che aumenta la curvatura della superficie anteriore del cristallino), interno all'occhio. 2. I difetti della vista sarebbero causati non da difetti nella forma o nella strutturadell'occhio, ma da un'errata azione dei muscoli extra-oculari che regolano la messa a fuoco. Secondo Bates, grazie a dei semplici esercizi, che servirebbero a ripristinare la norma-

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le tensione dei muscoli oculari, tutti i difetti visivi (miopia, ipermetropia, astigamtismo e presbiopia) o patologie oculari (glaucoma, maculopatia, infezioni dell'occhio e cataratta) potevano essere curati, senza quindi l'utilizzo di lenti correttive o tecniche di chirurgia. Peccato, che, come detto detto prima, questo metodo non abbia alcun fondamento scientifico o medico. Non esistono infatti articoli o studi validati dalla comunità scientifica che supportino le stravaganti idee di Bates. Basti pensare che uno degli esercizi consiliati da questo medico è il cosiddetto sunning, ovvero l'osservazione diretta del Sole, sia ad occhi aperti che chiusi, tuttavia guardare in maniera diretta il Sole è dannoso e può causare lesioni irreversibili a carico della retina (retinopatia solare). È giusto comunque dire che quest'ultima (sunning) pratica è l'unica realmente dannosa, anche se il mancato utilizzo di una correzione oftlamica (come asseriva Bates) potrebbe portare ad un peggioramento della condizione refrattiva o all'insorgere di sintomi come per esempio la cefalea. Dal metodo Bates deriva anche la nascita degli occhiali stenopeici, riconoscibili dal

fatto che al posto delle normali lenti troviamo delle lastre nere con dei forellini, che lasciano passare meno luce e danno quindi l'illusione di vedere meglio (principio ottico che determina la profondità di campo come nelle macchine fotografiche), anche riguardo alla validità di questi occhiali non risultano studi scientificamente provati. In conclusione è sempre consigliato affidarsi a specialisti (oculisti e optometristi) nel caso si riscontrino problemi della vista e non fare affidamento a metodi o presunte cure pseudoscientifiche. Note bibliografiche: www.cicap.org http://www.journalofoptometry.org/en/sciencepseudoscience-evidence-based-practicepost/ articulo/S188842961730064X/ A. Rossetti - P. Gheller, Manuale di optometria e contattologia, ed. Zanichelli Gardner, Martin, Fads and Fallacies in the Name of Science, 2a, Mineola, New York, Dover Publications, 1957 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed

Rolando Zambelli, titolare dell’Ottica Valsugana, è Ottico Optometrista e Contattologo

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Medicina & Salute di Laura Fratini *

La nostalgia

ostalgia, una parola greca formata da altre due ‘nostos’, ritorno e ‘algos’, dolore. Il dolore del ritorno. E non a caso l’eroe nostalgico per eccellenza è Ulisse, spinto da una parte alla scoperta del nuovo, dello sconosciuto, e dall’altra dalla voglia di tornare verso la propria casa. In altre lingue come in portoghese la nostalgia è invece espressa con la parola saudade, linfa del Fado, un insieme di rimpianto per il passato, mancanza nel presente e desiderio per il futuro. In molti casi il termine ha una dimensione quasi mistica, come accettazione del passato e fede nel futuro. La scienza recente vede nella nostalgia non solo un bagliore malinconico associato a eventi ed esperienze piacevoli del passato, ma una risposta innata al dolore o all’angoscia e, in un certo senso, un “ritorno a casa. La nostalgia in psicologia si configura come un’emozione vicina alla tristezza, che ci porta a ripensare a qualcosa che fu e che non può più essere e mescola insieme l’appagamento per quello che si è vissuto con l’accettazione che si tratta di un tempo trascorso che non tornerà. Avere nostalgia però, può avere una

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connotazione positiva, una funzione meno evidente, che è quella di rompere l’inerzia psicologica e attuare i cambiamenti necessari. Abbiamo spesso nostalgia di luoghi o persone che hanno segnato la nostra infanzia o importanti frangenti della nostra esistenza, gli odori e i sapori ci riportano alla mente emozioni e concomitanti fisiche che immediatamente ci catapultano in un passato fatto di vita pregna di immagini e sensazioni. Per quando sembri paradossale, la nostalgia funziona come un rinforzo positivo per promuovere un cambiamento che la nostra psiche ritiene ormai maturo. Questo vuol dire che la nostalgia è un emozione che ha una risorsa utile per il soggetto, smuove abitudini consolidate per indurci a nuovi stati d’animo e spesso a nuove scoperte: ci riporta vicino alle sorgenti vitali che scorrono dentro noi stessi e che abbiamo inconsapevolmente dimenticato. La nostalgia porta dentro di sé una malinconia e una tristezza con connotazioni positive , dolci, perché rievocano belle esperienze posso diventare fattori che inducono a profondi cambiamenti. Detto questo, una nostalgia stagnante non

è più una risorsa, ma diventa un modo di vivere nel passato e non stare nel presente: insistere a cercare quello che non è più può davvero diventare una malattia e condurre ad avvitamenti interiori densi di frustrazione e disillusione. chi cerca testardamente qualcosa che non c’è si condanna alla frustrazione alla rabbia ma soprattutto alla depressione. Per questo motivo, io dico che dobbiamo essere dei “saggi nostalgici” così da poter sfruttare le risorse di questa emozione: un richiamo utile a farci diventare quello che già siamo nel profondo, un invito a uscire di casa per ritrovare la forza vitale che, dentro di noi, ci chiama e ci assiste durante il nostro percorso esistenziale. Diventare dei viaggiatori curiosi della vita che grazie alle nostre esperienze possono muoversi meglio nel futuro che sarà. Amo il lato nostalgico di me. Spero che nessuno di noi perda mai alcune cose del passato. (Walt Disney)

*dott.ssa Laura Fratini Psicologa - Psicoterapeuta Studio, Piazzale Europa n°7 - Trento Tel. 3392365808


Medicina & Salute

Aumentano i celiaci I dati dell'ultima relazione annuale del ministero della Salute al Parlamento che riguardano la celiachia, documentano che nel nostro paese si sono registrati oltre 16mila nuovi malati, che portano il totale dei celiaci in Italia a oltre 200 mila di cui 2/3 appartenenti alla popolazione femminile e 1/3 a quella maschile. Per quanto riguarda poi i casi non diagnosticati il documento parla di 420 mila possibili e potenziali ammalati. Se da un lato, però, i numeri aumentano in maniera progressiva e sono preoccupanti, dall’altro si registra un notevole progressivo miglioramento in quelli che sono i prodotti alimentari in grado di combattere questa particolare patologia che, ricordiamolo, si manifesta quando vi

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è un’infiammazione cronica dell'intestino tenue scatenata dall'ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti e che, purtroppo, può colpire individui di tutte le età. Oggi, infatti, in tutti i negozi titolati a vendere alimenti per celiaci sempre di più si evidenzia la possibilità di scelta tra prodotti in grado non solo di soddisfare tutte le esigenze e il palato dei “particolari” clienti, ma anche e principalmente di essere una vera e concreta barriera al progredire della malattia. “Si, è vero, ci dichiara IVANKA DIURADELI, titolare di un negozio per celiaci a Borgo Valsugana, eliminare il glutine dalla alimentazione di un celiaco oggi si può. La ricerca alimentare, prosegue, legata a

questa particolare patologia sempre di più produce e offre un’infinità varietà di scelta impensabile anni fa. Se poi si rispettano i giusti accorgimenti e suggerimenti, conclude Ivanka, la particolare alimentazione per i celiaci non è più un problema”. L’unica cosa che, però, si deve ricordare, aggiungiamo noi, è evitare il famoso ”fai da te” e quindi l’indispensabile necessità di rivolgersi al medico e a chi opera con perfetta conoscenza e preparazione in questo specifico settore.

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Medicina & Salute di Erica Zanghellini *

Quando il lavoro fa ammalare

e dico la parola “lavoro” a tutti si attiveranno una serie di pensieri legati ad esso. In quest’ultimi troverò parole come scadenze, attività da svolgere o ancora appuntamenti. Lo sappiamo bene, quanto le mansioni lavorative richiedano, pazienza, costanza e impegno. Spesso ci troviamo di fronte ad imprevisti, date inderogabili o ancora questioni di diversa natura che vanno al di là dei nostri doveri, come per esempio i rapporti con i colleghi o i superiori che possono facilitare ma, anche ostacolare il nostro benessere durante le ore lavorative. Tutti noi possiamo provare stress a causa del lavoro che svolgiamo, è frequente. Il problema però è quando diventa un elemento distintivo nella nostra vita. Se questa situazione porta con sé, disturbi o disfunzioni di diverso tipo, per esempio a livello psicologico, sociale o medico, che cosa si può fare? Quando è il caso di chiedere aiuto? Ci sono dei segnali che ci possono far riflettere e prender coscienza che è a rischio la nostra salute? Queste sono le domande a cui dovremmo essere capaci di dare risposta per evitare di ritrovarci immersi in una situazione logorante che ci inficia non solo il tempo che passiamo a lavoro,

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ma anche il tempo personale che dovremmo dedicare a noi, alla famiglia, agli amici o in qualsiasi attività che ci dovrebbe far star bene. Possiamo dire che non c’è un campanello d’allarme univoco, ma una combinazione di segnali ci può far riflettere. A livello generale, possiamo ritrovare spesso un mix di avvisaglie. Di seguito descriverò le più frequenti manifestazioni, logicamente non è un elenco completo, perché ognuno di noi è unico, ma possiamo almeno farci un’idea: 1. L’insonnia: è uno dei segnali classici di malessere legato allo stress. Per migliorare il nostro sonno possiamo provare a mettere in pratica qualche attività di rilassamento per aiutarci. Quindi un buon libro o un bagno caldo possono fare al caso nostro, evitiamo invece attività stimolanti, come la tv o il computer. Proviamo a spegnerli, almeno un’ora prima di andare a letto. Ci sono studi che evidenziano come, nelle persone sensibili, potrebbero alterare i cicli circadiani a causa della luce emessa dagli schermi. La stimolazione del sistema nervoso altera la qualità del sonno e ci ritroviamo così a stare svegli ore e ore mentre la nostra mente vaga nelle preoccupazioni.

2. Perdita di motivazione e di piacere nel fare le cose. Siamo sempre stanchi, più una stanchezza mentale che fisica e sovente non riusciamo più a provare piacere nelle varie attività. Nemmeno i nostri hobby ci danno più soddisfazione, ci ritroviamo magari sul divano insoddisfatti e apatici al mondo circostante. 3. Problemi gastrointestinali. La mente e il corpo sono collegati per cui se soffre uno né soffre anche l’altro. Problemi digestivi o di intestino irritabile sono all’ordine del giorno. Non a caso l’intestino viene definito come il nostro “secondo cervello” , perché intrattiene profonde connessione con la nostra mente. Elabora stimoli esterni e interni al corpo, interagisce col sistema nervoso centrale ed è per questo che quando subiamo una situazione pesante a livello psicologico inevitabilmente anche lui sfogherà il nostro malessere. 4. Difficoltà di concentrazione. La nostra mente si ritrova travolta da miriadi di pensieri che si accavallano uno sull’altro. Insomma sono fuori controllo, e ci portano a una costante preoccupazione che a sua volta si traduce in sensazione di non farcela e/o in un costante disa-


Medicina & Salute

gio. Capite da soli come questa situazione ostacola la concentrazione, per cui potremmo essere più inclini a commettere errori che non fanno altro che rafforzare l’idea che veramente non siamo in grado di farcela in questa situazione. Ricordiamoci che anche la nostra capacità di giudizio sarà influenzata da questa circostanza, per cui qualsiasi cosa diventerà un dubbio a cui non riusciamo a dare una risposta efficacie. 5. E infine le nostre relazioni scricchioleranno. Spesso e volentieri anche le relazioni sociali ne risentono. Logicamente le prime sono quelle più vicine a noi, come quella col partner o i famigliari ma, anche le amicizie non sono escluse. Il nervo-

sismo, la frustrazione possono influenzarci e farci comportare come non vorremmo. Quanti di noi, diventano irritabili, impulsivi e litigiosi anche per delle sciocchezze. Se ci riconosciamo in questa descrizione possiamo provare a cambiare le cose per cercare di stare meglio. Proviamo a dedicarci del tempo, anche una semplice passeggiata può fare la differenza. Ricordiamoci che l’attività fisica migliora anche il nostro benessere mentale. Proviamo a riparare le nostre relazioni, coltivandole e magari cerchiamo di curare particolarmente quelle sul lavoro. Valutiamo se anche il nostro modo di lavorare magari può essere migliorato. Cominciamo a verificare se il livello organizzativo può essere ottimizzato. Per

esempio i nostri obiettivi, sono definiti e concreti? O ancora tentiamo di eliminare tutti gli spostamenti inutili. Sentirci più efficienti può diminuire la percezione di stress che proviamo. E infine, prendiamoci del tempo per noi, come prima cosa recuperiamo le attività che ci fanno stare bene e mettiamole in partica. Se tutto questo non sarà sufficiente, allora forse in quel caso potrebbe essere utile parlarne con uno specialista. Le cose possono sempre cambiare, la difficoltà spesso sta nel fare il primo passo. *Dott.ssa Erica Zanghellini Psicologa-Psicoterapeuta Riceve su appuntamento Tel. 3884828675

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Il teatro di casa nostra di Veronica Gianelo

2a rassegna teatrale di Castelnuovo i è conclusa il 16 marzo la seconda edizione della Rassegna Teatrale del Teatro di Castelnuovo. Dopo i lavori di ristrutturazione dell’edificio, fulcro centrale del paese, il Teatro di Castelnuovo ha ripreso con ancor più grinta la propria attività. Tra le varie associazioni locali che vivono questo spazio, vi è l’ormai consolidata collaborazione con l’Associazione Teatrale Figli delle Stelle di Ospedaletto. È proprio a quest’ultima che il Comune di Castelnuovo, e in particolare l’assessore alla cultura Valentina Cappello, si affida per l’organizzazione della rassegna teatrale. Ed è proprio Valentina Cappello che ci spiega perché ha fortemente voluto iniziare e portare avanti questo progetto. “Siamo partiti lo scorso anno con questa scommessa, un investimento per rendere attivo uno spazio culturale essenziale per un paese come Castelnuovo”, ci spiega l’assessore. “La prima edizione della rassegna è andata oltre le nostre aspettative: la risposta del pubblico è stata forte e calorosa, e ci ha permesso di essere qui anche quest’anno insieme a Lorena e ai suoi collaboratori che con la loro esperienza, dedizione e passione aiutano il Comune a rendere questo evento un successo”. Anche quest’anno dunque, si sono susseguite, nei mesi invernali, proposte teatrali per tutti i gusti e per tutte le età. Lorena Guerzoni, regista a coordinatrice della Rassegna Teatrale di Castelnuovo, ha selezionato compagnie e associazioni con attenzione, cercando di creare

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L’8 marzo è stato inevitabilmente inuna proposta varia e apprezzabile dal centrato sulle donne. Il regista Claudio pubblico. “È importante per me la collaPasquini con la Filolevico, ha presentato borazione attiva tra le compagnie del Basta parlar male dele done. territorio; non credo nella chiusura nelA concludere quest’edizione della Rasle proprie piccole realtà. Per me il teatro segna Teatrale di Castelnuovo, il 16 è condivisione e questa bella collaboramarzo è statala Compagnia Sant’Ermezione con il Comune di Castelnuovo mi te di Calceranica, guidata da Diego Taconvince ancora di più di quest’idea”, sin, con il suo ultimo lavoro Per en piaafferma Lorena, e continua “In molte zer che despiazer. date abbiamo dovuto mandare a casa Non solo attori e registi tuttavia, sono le persone che sono venute a vedere lo stati i protagonisti di questa Rassegna. spettacolo perché abbiamo raggiunto Lorena, insieme ai suoi ragazzi, ha allela capienza massima del teatro. Questo stito di volta in volta un set teatrale a mi dispiace molto, ma dall’altra parte tema, così da accogliere gli spettatori mi rende orgogliosa perché significa nel migliore dei modi, accompagnanche quello che facciamo va nella giusta doli e rendendoli partecipi del magico direzione”. mondo del teatro. A contribuire a queProtagonisti di questa seconda ediziosto scopo, è stato organizzato il concorne sono state la Filodrammatica di Telso “DedichiAMOci al teatro”, in cui ogni ve, associazione nota e apprezzata in spettatore in uscita dal teatro ha potuto tutto il territorio, con la commedia I calasciare un pensiero riguardante il teanederli i è ‘ndai al béco con la regia di tro, e il 16 marzo è stata premiata la fraLorena Guerzoni e Anna Pecoraro, il 19 se vincitrice: “In televisione si vede picgennaio. È stata poi la volta del cabaret colo, al cinema si vede grande, in teatro comico Toni marci, ma freschi!, il 16 febsi vede vero”. braio, capitanata da un regista d’eccezione: Andrea Midena, autore del format di successo Zelig. Gli stessi “Figli delle Stelle”, per la regia di Lorena Guerzoni, hanno presentato un lavoro sulle emozioni con il gruppo dei ragazzi Foto di Ivan Piacentini su concessione delle superiori, dal dell'Associazione Teatrale "Figli delle Stelle" titolo Inside.

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Bolzano/Carzano di Massimo Dalledonne

I nostri migliori auguri Alcuni mesi fa il valsuganotto Bruno Bertoldi ha compiuto 100 anni. Nato e cresciuto a Carzano, da molti anni vive a Bolzano. Un centenario che oggi risulta essere l’unico testimone ancora in vita dell’eccidio di Cefalonia nel quale, in seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943, persero la vita oltre 8.000 soldati italiani per mano dell’esercito del Terzo Reich. Una storia, la sua, davvero tutta da raccontare. Un soldato che, durante la Seconda Guerra Mondiale, non solo ha vissuto la tragica esperienza di Cefalonia, ma anche altri momenti difficili sia in Ucraina che in Russia. Arruolato nel 1937 come comandante dell’autodrappello della Divisione Acqui, finì prima in Albania e poi militare di stanza a Cefalonia. Qui sopravvisse miracolosamente all’eccidio: il militare austriaco chiamato a fucilarlo era infatti un optante sudtirolese che già in un’altra occasione gli aveva risparmiato la vita e che anche quella volta a Cefalonia lo lasciò scappare. Rifugiatosi presso una famiglia greca, al termine della strage Bertoldi si consegnò alla Wehrmacht per evitare rappresaglie sul villaggio nel quale si era nascosto. Di fronte al suo rifiuto di arruolarsi nell’esercito tedesco, venne caricato su un treno diretto a Minsk, in Ucraina: qui lavorò per sei mesi come meccanico prima di essere consegnato, quando le sorti della guerra volsero a favore dei russi, all’Armata Rossa. Lo consegnarono i partigiani polacchi dopo che lo stesso si era rifiutato di combatte-

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re con loro. Così come aveva fatto con la Wehrmacht, anche di fronte ai combattenti partigiani Bertoldi non volle arruolarsi. «Di guerra – ricorda a distanza di così tanto tempo - non ne volevo più sapere». Dai partigiani polacchi ai soldati dell’Armata Rossa. Venne caricato su un treno merci dal quale, nuovamente, riuscì a darsi alla fuga. Bertoldi camminò per due mesi, girovagò da solo nella steppa gelata fino ad arrivare al lager di Tambov, nella Russia sud occidentale. Da questa regione, successivamente venne trasferito in Turkestan, qui per sei mesi fu impiegato nella raccolta del cotone in un gulag. Finalmente, nell’ottobre del 1945, diventa un uomo libero. Riesce a trovare posto su un treno e questa volta però prende la direzione giusta, quella che porta a casa. Ha percorso qualcosa come 17 mila chilometri

quel treno, una corsa veloce fino a Vienna e, successivamente, in direzione Trento fino ad arrivare a Carzano, in Valsugana. Nel 2013, a 95 anni, Bruno Bertoldi testimoniò al tribunale di Roma nell’ambito del processo contro Alfred Stork, ex caporale dei Gebirgsjäger, allora 90enne, accusato dell’uccisione di oltre 110 ufficiali italiani a Cefalonia. Bruno Bertoldi ancora oggi vive da solo nella sua casa in via Dalmazia a Bolzano.


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Controllo delle S.R.L. di Serena Marin

La nuova disciplina Nuovi limiti e nuovi obblighi per gli organi di controllo delle S.R.L. ra le ultimissime novità in campo giuridico spicca, per gli evidenti effetti che determinerà, il D. Lgs. 14/2019, il quale ha istituito nuovi limiti e obblighi in materia di controllo di legalità in capo alle imprese che svolgono la propria attività in veste di società a responsabilità limitata (di seguito srl). La norma è entrata in vigore lo scorso 16 marzo 2019 e prevede, quando necessario, l’obbligo di adeguamento degli Statuti entro 9 mesi, ovvero entro il 16/12/2019, con la conseguente nomina dell’Organo di controllo (di seguito Odc). Riformando la disciplina delle procedure concorsuali, il legislatore ha infatti modificato il regime applicabile all’Organo di controllo delle Società a responsabilità limitata, riducendo sensibilmente i limiti “dimensionali” che ne impongono la nomina e altresì introducendo uno specifico obbligo di segnalazione in capo agli amministratori, nel caso in cui si profilino gli indizi di una crisi d’impresa, attivando la cd. “procedura di allerta”. Il riferimento ai limiti “dimensionali”,

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oltre ai quali il controllo legale diviene obbligatorio, prescinde ora anche dai parametri previsti per la predisposizione del bilancio in forma abbreviata (art. 2435 C.C.), applicandosi allorquando la società, per due esercizi consecutivi, superi almeno uno dei seguenti limiti: • 2 milioni di Euro come totale dell’attivo dello stato patrimoniale; • 2 milioni di Euro come ricavi delle vendite e delle prestazioni; • 10 unità come media di dipendenti occupati durante l’esercizio. Nel calcolo della media dei dipendenti occupati si dovrà fare riferimento in via esclusiva ai soli lavoratori subordinati, rilevati secondo i giorni di calendario e non per i soli giorni lavorati o retribuiti, tenendo conto che la norma non prevede alcun arrotondamento e, pertanto, se il calcolo indica una media di 10,1 il limite è superato. L’obbligo dell’Odc cessa quando, per tre esercizi consecutivi, non è stato superato alcuno dei suddetti limiti. Per le società già costituite al 16/03/2019, la verifica ai fini della nomina dell’Odc dovrà fare riferimento

agli esercizi 2017 e 2018. Si tenga presente che l’adeguamento dello Statuto è necessario solo se lo stesso attualmente non prevede alcuna disposizione per la nomina dell’Odc, o ne subordina la nomina al superamento dei limiti non più applicabili previsti dall’art. 2435-bis cc, tramite un espresso rinvio a quest’ultimo articolo o replicandone espressamente i limiti Ove l’Assemblea dei Soci, in presenza dei presupposti, non procede a nominare l’ODC, vi potrà provvedere l’Autorità competente su richiesta di qualsiasi interessato, come per esempio i soci stessi, o anche su segnalazione del conservatore del Registro delle imprese. Nelle srl, di norma, il controllo di legalità può essere effettuato da un Sindaco unico, ovvero, se previsto dallo Statuto, dal Collegio sindacale. A tali soggetti può essere affidato anche il controllo legale dei conti: tuttavia, in tale caso, il Sindaco unico, o almeno un membro del Collegio sindacale, dovranno essere necessariamente iscritti al Registro dei Revisori.


Controllo delle S.R.L.

Con le nuove previsioni normative dunque, la figura del Collegio Sindacale e/o del revisore unico viene a ricoprire un ruolo strategico nella vita dell’azienda, divenendo, di fatto, non solo un soggetto preposto alla costante vigilanza sulla capacità dell’impresa di stare sul mercato offrendo ai terzi idonee garanzie, ma anche e soprattutto “imponendo” agli amministratori l’adozione di strumenti organizzativi, quali il controllo di gestione, che validamente miglioreranno le performances aziendali. Un’ultima, ma non meno importante riflessione, deve essere formulata con riferimento alle responsabilità introdotte dalla norma circa l’obbligo, in capo all’Odc, di segnalare agli amministratori le proprie valutazioni in ordine all’adeguatezza dell’assetto organizzativo dell’impresa e all’esistenza di un effettivo equilibrio economico-finanziario, per comprendere quale sia il prevedibile andamento della gestione, anche in presenza di fondati “indizi di crisi”, sulla base degli indici elaborati triennalmente dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili e approvati con Decreto Ministeriale dal Ministero dello Sviluppo Economico. Tale segnalazione, debitamente motivata, formulata per iscritto e inoltrata agli amministratori a mezzo Pec o co-

munque con mezzo che ne assicuri l’avvenuta ricezione, conterrà la fissazione di un termine, comunque non superiore a 30 giorni, entro il quale l’organo amministrativo dovrà riferire in ordine alle soluzioni individuate e alle iniziative intraprese per fronteggiare le criticità; e costituisce causa di esonero dalla responsabilità solidale per le conseguenze pregiudizievoli delle omissioni/azioni successivamente poste in essere, che non siano conseguenza diretta di decisioni assunte prima della segnalazione. In caso di omessa o inadeguata risposta, o di mancata adozione, nei successivi 60 giorni, delle misure ritenute necessarie per superare lo stato di crisi, l’Odc è tenuto a informare senza

indugio l’Organismo di composizione della crisi territorialmente competente, fornendo ogni elemento utile per le relative determinazioni, anche in deroga all’obbligo di segretezza. L’inerzia degli amministratori, o la loro incapacità nel cogliere tempestivamente i fattori critici alla base della crisi reddituale o di liquidità della propria azienda e le relative strategie risolutrici, comporta per questi un regime di responsabilità personale nei confronti dei terzi creditori. Il corrente anno, dunque, rappresenta per le società a responsabilità limitata un fondamentale punto di partenza, non solo per adeguare i propri Statuti, ma anche e soprattutto per riorganizzare integralmente i propri assetti organizzativi e gestionali. Ciò comporterà nell’immediato un aumento dei costi principalmente dovuti all’Odc e agli eventuali onorari notarili per l’adeguamento degli statuti: tuttavia, nel medio lungo termine, le imprese potranno misurare i benefici correlati a questa nuova forma di controllo, la quale – se ben strutturata – aiuterà le aziende a permanere, addirittura evolvendosi, sul mercato. “È la capacità di innovare che distingue un leader da un epigono.” (Steve Jobs)

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Il teatro di Massimo Dalledonne

Olle: la Filodrammatica compie 100 anni Il 2019 è un anno davvero importante per la Filodrammatica Olle che segna un traguardo significativo: i 100 anni di attività, una ricorrenza che il consiglio direttivo guidato dal presidente Giuseppe Toller ha deciso di festeggiare con una serie di iniziative a favore della Comunità. partire dalla tradizionale rassegna teatrale dialettale, presso il teatro di Olle, arricchita da un appuntamento in più rispetto agli anni precedenti: 7 gli spettacoli in cartellone (compreso quello all’Auditorium di Borgo) di cui uno ad ingresso gratuito per gli abbonati. Nei giorni scorsi, inoltre, è stato organizzato un pomeriggio di festa con la presentazione del libro contenente un dvd di immagini dal titolo: “C’era una volta…100 anni di teatro olato 1919-2019”. Il volume è un meraviglioso viaggio tra storia, ricordi, foto sbiadite e quel sapore di teatro ... che per molti è stato anche un sapore di casa, amicizie, amori, serenità e risate. È un omaggio che la Filodrammatica ha voluto fare a tutti coloro i quali hanno contribuito alla crescita culturale del paese: attori, tecnici, collabo-

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Guido Molinari scopre la targa dedicata a don Smaniotto Foto Gianni Abolis

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ratori ma anche, e soprattutto, il pubblico e agli abitanti di Olle che hanno sostenuto la Compagnia in diverse forme. Pagina dopo pagina emergono le attività della Filodrammatica ma si svelano e scoprono anche pezzetti di vita e di storie del paese e di chi lo ha vissuto e l’ha reso così semplicemente unico e identitario. Cent’anni di storia non sono pochi da raccontare. E non è stato un percorso facile. Nella ricostruzione storica degli eventi emerge quanto è stato e sia importante, direi fondamentale, il ruolo dei testimoni ovvero coloro i quali hanno fatto la storia della Filodrammatica. Attraverso i loro racconti e aneddoti, hanno saputo ricostruire un passato di lavoro, di sacrificio, ma anche di divertimento e di voglia di stare assieme per fare teatro, per regalare al pubblico momenti di spensieratezza; sentimenti peraltro che sono rimasti invariati con il passare degli anni e che tutt’oggi legano uno all’altro i componenti della Compagnia. Hanno contribuito e contribuiscono a creare la trama intrecciata della memoria storica, fon-

te di energia e di riflessioni per le generazioni future. Altro elemento di rilevante importanza per la realizzazione del volume sono le fotografie e i documenti di chi, con cura, ha tenuto e tiene quei frammenti di storia e di ricordi di anni ormai passati. Fotografie che permettono di fermare l’attimo, cogliere un istante, bloccare il tempo e che a distanza di anni aprono il mondo dei ricordi, rievocano profumi, suoni, incontri, sguardi e sorrisi di persone care che ci hanno lasciato ricordi indelebili. Molte sono le immagini raccolte nel libro ma è grazie a chi ha minuziosamente trascritto sul retro i nomi, le date e i luoghi, che possiamo ricostruire e tramandare fatti e avvenimenti passati e riconoscere le persone. Uno di questi è don Giuseppe Smaniotto. Già nel 2010 aveva regalato alla Filodrammatica Olle un documento contenente la storia della compagnia fin dalle sue origini. Questo testo è stato il canovaccio sul quale si è sviluppato tutto il libro che si è arricchito giorno dopo giorno fino a diventare l’opera definitiva. Nel volume si trovano, in ordine cronologico, tutti gli spettacoli messi in scena dalla Filodrammatica Olle con trama, personaggi, fotografie e ricordi di chi ha vissuto la Compagnia. Durante il pomeriggio di festa è stato


Il teatro

ricordato l’ex parroco di Olle dedicandogli il palco del teatro oratorio “San Domenico Savio” con una targa dove, posta in platea a fianco del sipario, è incisa la seguente frase “PALCOSCENICO SMANIOTTO DON GIUSEPPE 19272014 - PER LA PASSIONE E L’IMPEGNO A FAVORE DELL’ATTIVITÀ TEATRALE – FILODRAMMATICA OLLE 2019”. Successivamente sono stati omaggiati con un pensiero i presidenti, passati e l’attuale, che si sono susseguiti all’interno della Filodrammatica Olle e che con passione e dedizione hanno condotto le attività teatrali della Compagnia. Per l’occasione il Consiglio direttivo ha inoltre deciso di far restaurare la statua della Madonna dello scapolare con Gesù bambino presente nella chiesa parrocchiale San Antonio di Olle donata dai soci fondatori poco dopo la nascita della Filodrammatica. Sul basamento della statua, a fianco dell’incisione che testimonia il fatto passato, verrà posta una targa per in-

dicare il restauro. Al termine della festa, infine, è stata inaugurata una mostra fotografica dal titolo “La Filodrammatica Olle e i suoi 100 anni” con le immagini più significative degli spettacoli messi in scena dalla compagnia. La mostra, allestita presso la sala polifunzionale al “CaséloAlessandro Andriollo” di Olle, resterà aperta fino al 12 aprile. L’impegno della Filodrammatica Olle per il 2019 continua ad agosto con la partecipazione al Palio dela Brenta in occasione del 35°anniversario proponendo una rievocazione storica teatrale, uno spaccato di vita dei Farinoti e dei Semoloti.

I quattro presidenti premiati: Fulvio Tomio, Quirino Eccel, Nello Lorenzini e Giuseppe Toller. Foto Gianni Abolis

Questo anniversario concede due importanti momenti di riflessione: l’uno, sul bilancio di ciò che è stato, l’altro, stimolante, sulle ipotesi di ciò che verrà. Un filo che la Compagnia vuole continuare a tendere, perché il sapiente e lungimirante lavoro dei predecessori costituisca fonte inesauribile di esempio e sprone per valorizzare le risorse che il volontariato e la generosità di molti ci offrono.

Le cronache locali CAMPIELLO DI LEVICO

Una mimosa gigante passata da poco la “Festa della Donna”, un appuntamento affettuoso fatto di sorrisi, simpatie e tanti pensieri amorosi. E come simbolo floreale per questa festa da antica data si è voluto mettere in primo piano la mimosa, quel fiorellino delicato di colore giallo che davvero sembra suscitare tenerezza e affetto. Si dà il caso che a Campiello di Levico a ridosso dell’abitazione della signora Bruna, ci sia una eccezionale mimosa alta una decina di metri che dal suolo raggiunge il tetto e che sia oggetto di osservazione ed apprezzamento da parte di tante persone che percorrono quella via per raggiungere Levico Terme. Quella pianta era tanto piccola quando venne messa a dimora, ma con le “tenere” cure della proprietaria ha superato ogni aspettativa diventando di così grandi dimensioni. Come ci ha raccontato la signora Giuliana di Barco, sua amica, quella mimosa venne acquistata una dozzina di anni fa in Sardegna in occasione di una gita collettiva e poi piantata da Bruna nella parte più a sud della sua abitazione a Campiello, posizione ideale per ricevere sin dal mattino presto i raggi del sole. Vogliamo complimentarci in particolare con la signora Bruna, ma anche con la signora Giuliana che ci ha segnalato questa bella notizia. (M.P.)

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Sci Club Cima XII di Armando Munao’

Una stagione da incorniciare l termine della stagione sciistica lo Sci Club Cima XII tira le somme di un periodo emozionante e ricco di soddisfazioni, anche se impegnativo per tutti, ragazzi, allenatori, genitori, direttivo, e collaboratori. Il lavoro per il Direttivo è iniziato nel mese di novembre con il consueto corso di ginnastica presciistica per adulti e l’inizio degli allenamenti per gli agonisti, in alta quota. Le vacanze di Natale sono state l’occasione per principianti e non, di avviamento allo sci alpino con un corso svolto in cinque giornate di due ore ciascuna, con i maestri della Scuola Ski Revolution, al passo Brocon, concluso il 5 gennaio con una mini-premiazione che ha visto i 25 partecipanti emozionati nel ricevere la medaglia e un piccolo gadget. Il sabato successivo è iniziato il Corso di perfezionamento con 33 partecipanti, tra bambini e ragazzi, che per sei sabati hanno trascorso 2 ore in compagnia, divertendosi e diventando sempre più esperti tanto che alla fine hanno disputato la loro “prima gara” di Slalom Gigante con la grinta e lo spirito dei campioni guadagnandosi coppe, medaglie, gadget, e pure il brevetto, seguiti in ogni momento,

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nel pullman come sulle piste da sci, dai volontari dello SCCXII. Ma anche i più esperti hanno avuto la loro parte. I preagonisti, in tutto sedici atleti, hanno avuto modo di frequentare più seriamente le piste, fare qualche gara, e “allenarsi” tutti i sabati mattina, sempre in Brocon, accompagnati sul posto dai genitori, per arrivare ad affrontare come ultimo impegno della stagione, la Gara sociale. La squadra di sci alpino degli agonisti, sempre in Brocon, ha svolto allenamenti per 3 o 4 volte alla settimana, impegnandosi sempre in gare sotto l’egida della Fisi. Gli otto atleti delle categorie Baby e Cuccioli, hanno partecipato a otto gare in varie località della Provincia e nelle varie specialità, Slalom Gigante, Speciale, Ski Cross, senza mai sfigurare nonostante l’elevato numero di avversari. Una delle gare più sentite è stata sicuramente il Trofeo Parampampoli di Ski Cross, organizzato dallo SCCXII al passo Brocon, che ha visto salire sul gradino più alto del podio, e vincere l’ambito Chiceron, la Altipiani Ski Team. Anche i sei allievi delle categorie Ragazzi e Allievi, hanno avuto modo di esprimersi al meglio nelle quindici gare disputate nelle specialità Super G., Sl. Gigante, Speciale, e Ski Cross, con ben tre atleti qualifi-

catisi per i campionati trentini svolti in tre giorni a Madonna di Campiglio tra il 17 e il 19 marzo scorso. Una atleta del SCCXII si è addirittura qualificata ai campionati italiani. Al passo Brocon, lo SCCXII è stato protagonista nell’organizzazione di ben due gare, il Trofeo Valsugana Rent Bike di Slalom Speciale, e il Trofeo Sci Club Cima XII di Ski Cross. Anche per gli Agonisti la stagione si è conclusa con la gara sociale. La scarsità di neve e il ritardo con il quale è arrivata, ha creato non pochi problemi nella specialità dello sci di fondo, soprattutto per il necessario allenamento, ma i sei atleti della categoria Baby, Cuccioli, e Ragazzi non si sono fatti intimorire e, grazie alla impareggiabile guida di Marco, in ogni occasione e appena possibile si sono allenati sulla pista di Val Campelle, partecipando poi a cinque gare, mettendocela tutta e riuscendo a farsi valere. Infine, il Gruppo dello sci alpinismo, quest’anno è stato e sarà impegnatissimo nell’organizzazione della 5^ edizione della Superziolina che si svolgerà durante il Palio della Brenta con in serbo grandi novità e un nuovo e stimolante percorso.


Le cronache locali SCURELLE

Per don Micheli 60 anni di sacerdozio ’intera comunità di Scurelle, ma non solo, ha festeggiato nelle scorse settimane il 60° di sacerdozio di don Francesco Micheli. Diversi fedeli sono arrivati anche da varie località del Trentino con il presule salutato anche dai sindaci di Bieno Luca Guerri, di Castel Ivano Alberto Vesco e dal vicesindaco di Samone Giovanna Paoletto. Un pomeriggio di festa aperto dalla Messa, concelebrata nella chiesa parrocchiale con tutti i prelati ed i diaconi della zona ed il delegato del vescovo Lauro Tisi. “Chi conosce don Francesco – ha ricordato nel suo intervento il vicesindaco Lorenza Ropelato - sa che la sua umiltà e la sua grande semplicità sono le qualità che più colpiscono e che fanno grande questa persona. Così come la sua totale disponibilità e lo spirito di dedizione nei confronti delle esigenze pastorali che l’hanno portato ad operare in diverse comunità”. Ordinato sacerdote nel 1959, fino al 1964 è vice parroco a Tione, per proseguire nello stesso incarico nella parrocchia del rione di San Pietro a Trento fino al 1967. Da parroco esercita fino al 1972 a Biacesa e Prè in Val di Ledro, fino al 1986 a Tiarno di Sopra ed Enguiso per poi tornare in Valsugana. Qui regge la parrocchia di Pieve Tesino, alla quale si aggiunge Cinte nel 1989 e Castello nel 2001. Dal 2002 è trasferito nelle frazioni di Pergine (Canale, S.Vito e Castagnè) per tornare il 26 settembre 2010 all’Unità Pastorale Madonna di Loreto dove ancora a tutt’oggi presta il suo prezioso servizio. (M.D.)

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In collaborazione con TERRE DEL LAGORAI di Maurizio Cristini

Vini speciali italiani: gli spumanti a legge italiana non consente l'aggiunta di zuccheri nelle pratiche di cantina o in altre fasi della vinificazione destinate alla produzione dei vini. Tuttavia, per quelli definiti "vini speciali", ne è consentito l'uso. Tra questi, che necessitano di una preparazione particolare, ricordiamo gli spumanti. Gli spumanti, che all'apertura della bottiglia producono produzione spuma, si preparano con 2 metodi: classico e Charmat. Nel metodo classico si parte da un comune vino base che viene imbottigliato aggiungendo in ogni bottiglia ca. 24 g di zucchero/litro, lieviti selezionati e chiudendola poi con tappo metallico a corona e lasciando le bottiglie accatastate nelle cantine. In questa fase (che può durare anni) per effetto dei lieviti sullo zucchero aggiunto, il vino subisce una 2° fermentazione all'interno delle bottiglie e l'anidride carbonica che si produce, rimanendo disciolta nel vino, lo renderà spumante. In seguito, dopo il periodo di presa di spuma e di maturazione sui lieviti, lo spumante viene inviato alla sboccatura per eliminare i sedimenti che contiene ed essere

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tappato col classico tappo a fungo. Le bottiglie vengono infilate in particolari cavalletti a V rovesciata (pupîtres) nei quali sono praticati appositi fori e qui subiscono durante un paio di mesi una serie di scuotimenti e progressive inclinazioni (remuage) fino a che si troveranno “sulla punta”, cioè capovolte e tutti le fecce si saranno raccolte sotto il tappo a corona. Il solo collo delle bottiglie così rovesciate, verrà immerso in un bagno a - 25 °C congelando il poco spumante contenuto; quindi le bottiglie saranno rimesse in piedi sulla loro base senza che le fecce intrappolate nel ghiaccio (che galleggia) si ridisperdano nello spumante e con idonee macchine verrà tolto il tappo a corona. La pressione (ca. 6 atm.!) "sparerà" via il cilindretto gelato lasciando il vino limpido e ad una pressione residua di ca. 4-5 atm. quindi, prima della tappatura con tappo di sughero, per ricolmare la parte di vino espulso si aggiunge nella bottiglia il cosiddetto liqueur de expedition, che è uno sciroppo più o meno zuccherino formato di altro spumante: la sua esatta composizione è un segreto gelosamente custodito da ogni produttore. In base al quantitativo di liqueur aggiunto, varia la quantità di zucchero presente nello spumante, che si definisce: Nature (o Pas Dosé o Dosage Zero), quando lo zucchero nel liqueur de expedition (e quindi nello spumante) è assente; Extra Brut (o Brut de Brut), se contiene fino a 6 g/L di zucchero; Brut, se contiene fino a 15 g/L di zucchero e così via, sino a Dolce, che contiene oltre 50 g/L di zucchero (sarà importante

ricordare queste quantità perché persone diabetiche non eccedano nei brindisi...!). Il metodo Charmat accorcia di molto i tempi di produzione rispetto al metodo Classico. E' usato con vino base di notevole aromaticità poiché non avrebbe possibilità ulteriori di acquisire profumi e aromi, causa la breve permanenza sui lieviti: perciò sono spumanti con profumi decisamente fruttati. Partendo dagli stessi componenti visti in precedenza, la rifermentazione non si conduce in bottiglia, ma in serbatoi di acciaio inox capaci di resistere a pressioni elevate (autoclavi). I tempi di presa di spuma (ca. 30 gg) sono molto brevi così come i costi di produzione. Prima di imbottigliare, i lieviti vengono separati per filtrazione con azoto che è anche usato per “spingere” lo spumante illimpidito nelle bottiglie per poi tapparlo tradizionalmente. Non si pensi a questo metodo come a qualcosa deprimente il valore e la qualità dello spumante: esistono prodotti che risultano più validi (e cari) degli analoghi spumanti preparati col metodo classico. Il tutto dipende dal vino base (e quindi dall'aroma primario legato alle uve usate).

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Le cronache locali BARCO DI LEVICO

In ricordo di Vittorio e ne è andato all’età di 82 anni, dopo aver lottato a lungo contro un male che non perdona, Vittorio Imerico personaggio molto conosciuto e da tutti tanto amato. I suoi funerali, celebrati dall’arciprete di Levico don Ernesto Ferretti, si sono svolti davanti a gran folla nella parrocchiale di Barco. All’omelia Vittorio è stato ricordato con parole di riconoscenza per la sua nobiltà d’animo e anche per la generosità più volte dimostrata verso Barco, paese della moglie Dirce. E fra i gesti più significativi va ricordato anche il nobile atto da parte degli sposi di aver fatto da “padrini”, alla fine degli anni ’80, della terza campana della chiesa per ricordare tutti gli emigranti del paese, di quel tempio sacro dove nel 1961 pronunciarono felicemente il loro sì. Dopo il matrimonio, Vittorio e Dirce andarono ad abitare a Campione d’Italia dove lui lavorò per tanti anni presso quel casinò. Raggiunta la meritata pensione, gli sposi vennero ad abitare a Barco. Toccanti anche le parole di addio espresse dal figlio Lorenzo che ha ricordato il papà per la sua grande passione per la musica, un valore che ha trasmesso pure a tutti i suoi figli. Da notare anche, per la cronaca, che il figlio Lorenzo è dotato di notevole spessore artistico ed è stato anche autore di romanzi di grande successo e pure il paroliere in canzoni che debuttarono al festival di Sanremo interpretate da Anna Oxa, Ornella Vanoni e Dolcenera. E come saluto di addio da parte della comunità, mentre la bara veniva portata dall’altare verso l’uscita della chiesa, è stato intonato un brano alla fisarmonica, lo strumento preferito e tante volte suonato da Vittorio. Poi le sue spoglie mortali sono state portate per la cremazione e la piccola urna con le sue ceneri ritornerà a Barco, dove sarà tumulata nel cimitero di Levico Terme. (M.P.)

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LEVICO TERME

Avis Levico in assemblea uasi cento iscritti all’AVIS di Levico Terme hanno preso parte ai lavori dell’assemblea generale ordinaria che si è tenuta presso un noto ristorante della zona. La presidente Loredana Tavernini, dopo il saluto agli intervenuti, ha illustrato le varie iniziative portate a termine nel 2018 e presentato il programma di attività per l’anno in corso, alcune delle quali in collaborazione anche con le consorelle associazioni della Valsugana, Caldonazzo ed altre, e con associazioni di volontariato locale. I soci donatori al 31 dicembre 2018 erano 229, undici in più rispetto al 2017, mentre i soci non donatori erano passati dagli 11 del 2017 ai 13 del 2018. Le donazioni di sangue intero nel 2018 sono state 278, 11 di plasmaferesi e 1 di piastrine per un totale di 290. I nuovi soci entrati sono stati 26 mentre quelli cancellati sono stati 13. Tavernini ha voluto ricordare anche il socio Mario Garollo che nel corso dell’anno ha lasciato questa vita terrena. Ha poi preso la parola Antonio Casagranda che da qualche anno, su richiesta dei vari AVIS territoriali, si è assunto il compito di docente nell’ambito delle varie scuole al fine di sensibilizzare l’importanza sociale ed umanitaria delle donazioni di sangue. Un impegno questo, come lui stesso ha affermato, che sta portando grandi soddisfazioni per l’interesse dimostrato dagli scolari delle elementari e delle medie dei vari centri dell’alta e della bassa Valsugana. Il cassiere Marcello Martinelli ha quindi illustrato il bilancio al 31 dicembre del 2018 che chiude con un saldo positivo di poco inferiore al 5.000 euro. Il segretario Andrea Dallago ha poi dato lettura delle nuove norme che regolano lo statuto che sono state approvate all’unanimità dai presenti. Infine sono state distribuite le benemerenze: 13 soci con medaglia di rame, 11 con medaglia d’argento, 2 con argento dorato, 1 di oro, 1 di oro rubino e 1 di oro e smeraldo. I lavori dell’assemblea si sono conclusi con una cena collettiva.(M.P.)

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Le cronache locali TELVE VALSUGANA

di Mario Pacher

Telve “incontramarzo” Si è svolta nel pomeriggio di domenica 17 marzo a Telve Valsugana, la manifestazione “’ncontramarzo” organizzata dalla locale Pro Loco presieduta da Giulio Pecoraro, in collaborazione con l’amministrazione comunale e le associazioni che operano nel volontariato locale. Una raffigurazione scenica di antiche usanze rurali, quest’anno in 30^ edizione, che costituisce un appuntamento di grande richiamo per la gente da tutta la Valle e anche da fuori che anche quest’anno ha attirato intorno alle duemila persone. La manifestazione trae le proprie origini ancora nell’immediato dopo guerra 1915-1918, quando veniva rappresentata ogni anno, ma che fu poi sospesa a causa degli eventi bellici del secondo conflitto mondiale. Solo nel 1994 venne ripresa e riproposta per iniziativa del compianto storico e poeta Roberto Spagolla con l’appoggio della locale Pro Loco. La manifestazione di ieri è iniziata con la sfilata dalla parte alta del paese fino alla Piazza Maggiore, capeggiata dai ragazzi con i campanacci, gli stessi che nei trascorsi decenni erano al collo delle bestie che tornavano dall’alpeggio. A seguire i figuranti in costume, il gruppo “Palio San Giovanni” di Telve di Sopra, la Banda Folkloristica di Telve, la compagnia Schutzen di Telve, il Gruppo Folk Glockenthurm. Prima di dare inizio alle varie esibizioni, dal grande palco in piazza Maggiore sono state interpretate alcune poesie di Roberto Spagolla nel 20^ della sua prematura scomparsa, accompagnate dalla musica di Nello Pecoraro. Anche in questa edizione è stata inscenata poi, interpretata da alcuni componenti della locale filodrammatica, la leggenda medievale del Secio e della Secia di Castelalto. Questo il racconto: Un contadino era salito fin su al Castello per pagare in natura le dovute decime. Portava con se due grandi secchi con dentro il vino quando, dopo essersi seduto al “Sasso della Polsa”, si incontra con il castellano il quale lo insulta e lo beffeggia ritenendolo un ladro ed un imbroglione per la presunta aggiunta di acqua nel vino. Il servo si difende come può ed invoca la protezione del Cielo che contrasti la superbia e l’arroganza del castellano e chiede che i secchi rimangano attaccati alla grande pietra. E così sarebbe avvenuto secondo questa antica leggenda.

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LEVICO TERME

I Micologi in festa er dire grazie a tutte le persone che hanno collaborato con il gruppo Micologico di Levico Terme nel corso del 2018, la direzione di questa amata associazione che conta più di 300 soci, ha organizzato un momento conviviale presso l’albergo ristorante al Brenta. Il presidente Marco Pasquini ha rivolto al centinaio di persone presenti un particolare ringraziamento per l’aiuto dato in occasione delle principali manifestazioni come la “strozegada di Santa Luzia”, nelle mostre micologiche, dei fiori delle nostre montagne e di altri importanti eventi. (M.P.)

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Cane lavato, cane fortunato

«Puzza di cane bagnato» è una delle più eloquenti definizioni di un odore sgradevole, ma che bene rende l’idea della necessità di lavare e fare la toelettatura dei nostri “amici pelosi” soprattutto per ragioni di igiene. Un cane non lavato può diventare veicolo di sporco, odori, e parassiti. Accingendoci a questa operazione, dobbiamo però sapere che non è in genere subito gradita dal nostro cane, che è bene abituare fin da subito, da quando è cucciolo e ha terminato la fase delle vaccinazioni, a circa 3 mesi di vita, in modo progressivo e piacevole. È un momento delicato per entrambi, e il “compagno umano” deve saper di-

mostrare un atteggiamento calmo e deciso, coinvolgendo il cane con una passeggiata prima del bagno o con delle coccole e carezze, riconoscendo quando ha bisogno di più tempo per abituarsi a quella situazione. Per prima cosa si deve lavare il cane usando acqua appena tiepida, e detergenti specifici per il suo pelo e assolutamente non lo shampoo o il docciaschiuma di casa, con una spugna e se necessario, dopo il primo lavaggio, anche dei prodotti ammorbidenti, utili se si tratta di un cane a pelo lungo con nodi e batuffoli di pelo, e antiparassitari. Attenzione in particolare agli occhi e le mucose che potrebbero irritarsi se messi a contatto con detergenti o con la spugna. Quindi si asciuga l’animale con un asciugamano asciutto e pulito e poi con il phon, mantenendolo a una distanza e a una temperatura tali da non provo-

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care eccessivo calore sulla pelle. Contemporaneamente si procede anche alla spazzolatura, lavorando con delicatezza contropelo fino a quando il mantello del cane non risulta morbido e vaporoso. Si termina la toelettatura con qualche coccola e magari una crocchetta. Ci sono ovviamente anche centri toelettatura professionali, spesso associati ai Pet Shop, con operatori specializzati e formati adeguatamente per instaurare una corretta relazione con il nostro animale, nei quali, una volta abituato il cane al luogo e al personale, possiamo fidarci a lasciarlo solo con il toelettatore.

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Le cronache locali STRIGNO

In ricordo di Adone “Oggi vi ho lasciati per andare a riprendere quel cielo che tanto amavo raffigurare nei miei dipinti”. All’età di 88 anni è scomparso, recentemente, Adone Tomaselli. Pittore di paesaggi e scorci cittadini e montani, era nato a Strigno nel 1930 e fin dai primi anni ’50 si era dedicato alla pittura ed alla grafica. Prima ad Arezzo, poi a Terni ed a Trento con le sue prime mostre collettive presenti anche a Roma e Pisa. Dal 1960 espone in Trentino e dagli anni ’70 torna nella sua Valsugana. I suoi ritratti, ad olio che nel disegno, sono presenti in molti enti pubblici ed in collezioni private. Borgo e Strigno, nella frazione di Tomaselli, sono i luoghi in cui vive e lavora. E’ il 1990 quando, su invito dell’Associazione Castel Ivano Incontri, partecipa alla mostra nazionale “L’Uomo, l’Albero, il Fiume” a cui segue una personale a Bludenz, nel palazzo Raffeisen. I suoi lavori, oltre che in Trentino, finiscono anche in Umbria, per una collettiva a San Gallo, in Svizzera, ad Innsbruck, a Bregenz e presso la Gallerie Mirabell di Salisburgo. Nel 2000, infine, espone alla 7° Convention Nazionale dei Trentini d’Australia a Myrtleford. (M.D.)

PIEVE TESINO

Una pasta per la vita a palestra del centro polifunzionale era gremita di gente. In tanti hanno raccolto l’invito degli organizzatori (la Pro Loco di Pieve, il comune, Admo, Liltl e le associazioni del paese) partecipando alla manifestazione “Una pasta per la vita”. È stata l’occasione per parlare di prevenzione, l’ha fatto Mario Cristofolini della Lit trentina, e di donazione del midollo osseo con Monca Fantini di Admo. Per l’occasione erano presenti anche il presidente del Consiglio regionale Roberto Paccher e l’assessore provinciale alla sanità Stefania Segnana. “Siamo qui – hanno ricordato - per raccogliere fondi e aiutare una famiglia che sta affrontando una delle sfide più difficili che possano capitare, lottare contro un brutto male che ha colpito Simone, il loro bimbo di soli 3 anni. La vicinanza dell’intera comunità e di moltissime persone è stato un segnale bellissimo”. Dopo il pranzo spazio all’esibizione del coro Valbronzale di Ospedaletto, diretto dal maestro Davide Minati, ed all’estrazione dei biglietti vincenti della lotteria, L’intero ricavato della manifestazione è stato devoluto in beneficenza. (M.D.)

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BORGO VALSUGANA

“Pensiero in evoluzione” l’ultima data dell’iniziativa “Pensiero in evoluzione”, quattro serate organizzate a Borgo dall’Istituto di Istruzione Degasperi, dalla biblioteca comunale, dalla Cassa Rurale Valsugana e Tesino e dall’Associazione Slowcinema. Dopo gli incontri con Giorgio Vallortigara, Massimo Bernardi e, quello più recente, con Roberto Battiston, venerdì 3 maggio, alle 20, sarà proiettato al teatro del polo scolastico il film “Conversazioni atomiche”, girato all’interno dei più prestigiosi laboratori di ricerca italiani, dialoghi appassionati che ci avvicinano a concetti complessi della fisica attuale. Prodotto da Istituto Luce Cinecittà, al termine del film ci sarà la possibilità di dialogare con il regista Felice Farina e una delle ricercatrici protagoniste, Catalina Curceanu, dei Laboratori Nazionali di Frascati. (M.D.)

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Le cronache locali SELLA VALSUGANA

La chiesa di S. Maria l legname per la sistemazione della chiesetta S. Maria ad Nives in Val di Sella lo mette a disposizione il comune. A disposizione della parrocchia di Borgo sono stati messi circa 100 metri cubi per sostituire l’intera orditura del manto di copertura irreparabilmente danneggiato dopo il forte maltempo di fine ottobre scorso. I lavori saranno eseguiti, gratuitamente, dal gruppo alpini Valsugana e Tesino. Si tratta di abeti e pini che si trovano che si trovano in località Canaia, un lotto che nel mese di dicembre era stato messo in vendita ma l’asta era andata deserta. Da qui la decisione di donare il legname alla parrocchia. ”. In zona, il maltempo di fine ottobre ha messo a terra circa 800 metri cubi di legname e circa 1500 quintali di legna schiantata. Per il taglio, l’esbosco e l’asporto del legname serve una ditta boschiva iscritta alla Camera di Commercio con il lotto raggiungibile dalla strada comunale fino alla Casina Forestale e poi attraverso la pista di esbosco “Canaia di Sotto L’intero lotto deve essere asportato entro la fine del mese di aprile. (M.D.)

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IN VALSUGANA

9a Edizione del Rally er la nona edizione del Valsugana Historic Rally e Classic, in programma in Valsugana venerdì 26 e sabato 27 aprile, lo staff organizzativo composto da Manghen Team e Team Bassano in collaborazione con Autoconsult Competition, si era messo in moto con largo anticipo e nel mese di ottobre 2018 aveva già elaborato il percorso. Nessuno immaginava che di lì a qualche giorno, il 29 ottobre, un violento nubifragio avrebbe devastato una vasta zona del Trentino Alto Adige oltre che del Veneto. A farne le spese è stata la prova "Sella", una delle più apprezzate con i suoi tratti velocissimi da affrontare tutti d'un fiato. Non essendo possibile ripristinare in sicurezza il percorso in tempi brevi e per non trovarsi a dover ricorrere modifiche in extremis, è stato quindi deciso di rinunciare ad inserirla nel percorso, apportando una modifica che farà ritrovare un tratto già utilizzato altre volte e che anche questo fa parte della storia del Valsugana Historic Rally; oltre a questa modifica, è annunciato l'inserimento di una nuova prova che riprenderà parzialmente un tratto della "Spiado" e l'allungamento della "Trenca" che va a superare i diciassette chilometri di lunghezza (M.D.)

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CASTEL TESINO

La casa di riposo rande soddisfazione per gli ospiti e gli animatori della casa di riposo Suor Agnese di Castello Tesino. Nei giorni scorsi, infatti, hanno conquistato il secondo posto nel concorso nazionale “I sapori e i profumi del cuore” indetto dall’Upipa del Trentino. L’iniziativa era stata promossa per stimolare la reminiscenza e la rievoca-zione di sensazioni piacevoli collegate ai profumi e ai gusti dei cibi e delle sostanze per far riemergere i contesti in cui si è fatta esperienza di quei profumi e quei gusti. Destinatari i residenti o gruppi di residenti delle strutture residenziali o semi-residenziali d’Italia. La cerimonia di premiazione si è svolta a Trento, all’Apsp di Castello Tesino è stato consegnato il premio speciale Museo degli usi e costumi della Gente Trentina per la ricerca “Sapori e profumi della spiritualità”. Il secondo posto è stato assegnato dal presidente dell’Upipa Francesca Parolari con la seguente motivazione: per la sapienza del lavoro che è riuscito a evocare, con garbo e sensibilità, i momenti importanti del calendario rituale e tradizionale e le fasi più importanti della vita, presentandosi con un’efficace drammatizzazione in una scenografia impreziosita da oggetti coerenti”. (M.D.)

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Le cronache locali BASSA VALSUGANA

Avis: bilancio positivo umentano gli iscritti, dopo due anni di saldo negativo. Ma, nel contempo, calano notevolmente le donazioni di sangue. È stato un anno in chiaro-scuro, il 2018, per i soci dell'Avis della Bassa Valsugana. Lo scorso anno sono stati 1.725 i donatori (+30) con 91 nuovi iscritti e 61 cancellazioni. Tra gli uomini il maggior numero di donatori è nella fascia dai 46 ai 55 anni, tra le donne l’età si abbassa dai 26 ai 35 anni. “Nel 2018 – ha ricordato il presidente Daniele Tomio in occasione della recente assemblea annulae - abbiamo registrato 1.869 donazioni di sangue, 19 di plasma ed una di piastrine con un calo di 237 donazioni rispetto al 2017. Un significativo decremento delle prestazioni dovuto principalmente alla mancata sostituzione del medico dell’Azienda Sanitaria andato in pensione”. Al palazzetto dello sport di Borgo Tomio ha parlato anche di chiamata (quando si dà risposta puntuale al fabbisogno del malato) e di accoglienza, momento questo riservato esclusivamente al donatore curato in zona da Fabrizio Trentin e Silvia Campestrin. Prosegue l’impegno di sensibilizzazione dell’Avis all’interno delle scuole, privilegiando soprattutto gli ultimi due anni delle scuole superiori, grazie al lavoro di Aldo Degaudenz in collaborazione con Antonio Casagrande di Levico e Fabrizio Trentin, e le tante iniziative promozionali sul territorio. Spazio anche al resoconto del gruppo giovanile, relazione fatta da Giacomo Pasquazzo, con a seguire la consegna delle benemerenze: sono stati premiati 1 donatori con il distintivo oro con smeraldo, 6 con quello d’oro con rubino, 20 con il distintivo in oro, 42 con la spilla di argento dorato con smalto rosso, 85 con il distintivo in argento con smalto blu e rosso e 66 donato con la spilla in rame. (M.D.)

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BORGO VALSUGANA

Mostra delle Grande Guerra inque nuove vetrinette. Con altrettante novità espositive presenti negli spazi dell’ex mulino Spagolla a Borgo dove da anni è ospitata la Mostra Permanente della Grande Guerra in Valsugana e sul Lagorai. Non ci sono solo i materiali originali dell’uniforme di un maggiore appartenente al reparto d’assalto (Sturmabteilung) di un reggimento di fanteria imperiale austroungherese da vedere. Trova posto anche un affusto a cavalletto modello M1913, utilizzato nella Prima Guerra dalle truppe austro ungheresi per lanciare le granate da fucile. Lo Schiessgestell M13 ricostruito è stato recuperato nel 2008 sulle trincee austriache di Cima Ceremana, nel Lagorai Orientale e restaurato nel 2012 dal socio dell’Associazione Carlo Gramola. Un’altra novità è rappresentata dalla presenza di un busto di un Korporal (caporalmaggiore) in uniforme di marcia dei Landesschutzen, così come gli abbigliamenti e gli equipaggiamenti in dotazione agli ufficiali medici dei K.u.K. Tiroler Kaiserjager. Non mancano alcuni cimeli provenienti dal campo di battaglia del monte Civerone. Oltre al berretto, al cinturone e la medaglia d’argento al valore militare del sottotenente di Napoli Adolfo Raiola Pescarini anche una borraccia della fanteria italiana e anche l’altare da campo utilizzato sul posto dal padre francescano Alois Felderer. Il cimelio è stato donato al Museo della Guerra di Borgo dai nipoti Maria Ausserhofer e don Walter Ausserhofer. Alois Felderer era il cappellano militare del famoso battaglione X/59° Rainer che difese il monte per quasi un anno. (M.D.)

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Che tempo che fa di Giampaolo Rizzonelli *

Inizio primavera 2019: prosegue il periodo caldo e siccitoso E’ da poco iniziata la primavera dal punto di vista astronomico (il 20 marzo) mentre dal punto di vista meteorologico è iniziata il 1° marzo e purtroppo sta proseguendo un lungo periodo di siccità con temperature sopra la media, soprattutto in montagna, mentre sto scrivendo questo articolo si prospettano delle precipitazioni nella prima settimana di aprile, staremo a vedere. L’ultima pioggia a Levico Terme risale al 18 marzo e nell’intero mese abbiamo rilevato un totale di soli 17,4 mm (1 mm per metro quadrato equivale ad un litro) e quattro giorni piovosi, i giorni 4 – 7- 8 e 18 (per giorno piovoso si intende quello in cui cade almeno 1 mm di pioggia o neve sciolta). La media storica per il mese di marzo sarebbe pari a 60,6 mm e 6 giorni piovosi. Se guardiamo le precipitazioni dell’inverno 2018/2019 i dati non sono migliori (per inverno si intende il periodo 1° dicembre 28 febbraio), sono caduti 98,4 mm in 9 giorni piovosi, i valori normali per l’inverno sarebbero pari rispettivamente a 163,8 mm e 16 giorni piovosi. Il totale delle precipitazioni del quadrimestre 1° dicembre 2018 31 marzo 2019 sono state pari a 115,8 mm in 13 giorni piovosi a fronte di una media di 224,4 mm e 22 giorni piovosi, in poche parole è piovuto il 48,4% in meno rispetto alla media. Tornando indietro negli anni troviamo comunque dei mesi di marzo meno piovosi di quello del 2019, ovvero il 2012 (13,6 mm), il 2003 e 1997

(4,8 mm), il 1998 (5,6 mm), il 1996 (14 mm), il 1994 (10,8 mm), il 1976 (1,3 mm), il 1973 (10,1 mm), per non parlare degli anni 1938, 1948 e 1953 quando non ci furono precipitazioni. Fortunatamente le Fig. 1 – Temperature medie mensili e inverno Levico Terme falde acquifere queste temperature sopra la media. hanno potuto beneficiare delle intenNel grafico di fig. 2 si vede l’andase precipitazioni piovose in occasione mento della temperatura nel periodo della tempesta Vaia di fine ottobre 2008-2019 rilevata a fine marzo, ben 2018, ricordo che in quell’episodio a evidente la linea di tendenza che moLevico Terme sono caduti 356 mm in stra un trend verso l’alto e ancora più soli 5 giorni e ben 192 mm nella sola evidenti sono i 4°C di differenza tra giornata del 28 ottobre. Per farla brefine marzo 2018 e fine marzo 2019 ve in un giorno e' caduta la pioggia (Fig. 2) che mediamente cade nei quattro mesi successivi. Alla scarsità di preci* Elaborazioni di Giampaolo Rizzonelli pitazioni si sono anche “unite” le temanche su dati forniti anche da Provincia perature decisamente sopra la media Autonoma di Trento e Fondazione Edsoprattutto in montagna. Per quanto mund Mach riguarda Levico Terme i valori medi del quadrimestre dicembre marzo sono riportati in figura 1, tutti i valori per ogni mese e per la stagione invernale ovviamente, sono risultati sopra la media climatologica (Fig. 1). Anche la temperatura dell’acqua di superficie del lago di Levico sta suFig. 2 – Temperatura di superficie acqua lago di Levico fine marbendo gli effetti di zo - periodo 2008-2019

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Le cronache locali CALDONAZZO

L’Avis si riunisce i è svolta a Caldonazzo l’assemblea annuale della locale sezione AVIS. Presenti più di cinquanta soci, il presidente Giorgio Antoniolli ha relazionato sull’attività svolta nel corso del 2018 e presentato il programma delle iniziative per il 2019. In particolare ha ricordato la collaborazione con l’AVIS di Levico Terme, la presenza ad alcune manifestazioni sul territorio come in occasione della “Mela in Fiore”, la “Festa dei sapori d’autunno” e tante altre. Ricco anche il calendario ler l’anno in corso che ricalca sostanzialmente quello del 2018. Il revisore dei conti Renzo Ciola ha poi illustrato il bilancio chiuso al 31 dicembre 2018 che presenta un saldo attivo di poco superiore ai 5.500 euro. Ha preso poi la parola il presidente AVIS del Trentino equiparato a regionale Franco Valcanover, sottolineato l’importanza di queste realtà sul nostro territorio ed hanno elogiato i dirigenti dell’AVIS di Caldonazzo per l’impegno costante in questa catena di solidarietà umana. Proseguendo i lavori sono stati nominati i delegati alle assemblee degli ordini superiori che si terrà a Condino: Silvano Facchini e Carmen Conci e i rappresentanti all’assemblea nazionale di Riccione che si svolgerà dal 17 al 19 maggio prossimi. Sono state poi approvate tutte le modifiche allo Statuto di adeguamento AVIS al terzo settore, e distribuito una decina di medaglie con diploma a soci benemeriti. I soci donatori nel 2018 sono stati 208, 140 maschi e 68 femmine, 6 in più rispetto al 2017 e le donazioni sono state 249 di cui 239 di sangue intero, 6 di plasmaferesi e 4 citoaferesi. In rappresentanza di comuni di Caldonazzo e Calceranica al Lago erano presenti rispettivamente l’assessore Marina Eccher e il sindaco Cristian Uez che hanno elogiato sia dirigenti che soci di questa tanto generosa associazione. I lavori si sono conclusi con una cena collettiva.(M.P.)

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LEVICO TERME

Premiato Luciano Fraizingher el corso di una significativa cerimonia è stato recentemente premiato per mano del presidente dell’Associazione Artigiani del Trentino Marco Segatta, l’attivo artigiano Luciano Fraizingher di Levico Terme. Un riconoscimento più che meritato, come recita anche l’attestato: “per i tanti anni vissuti con passione e generosità a fianco dell’Associazione”, della quale, per l’Alta Valsugana, fu anche vicepresidente per diversi mandati. Ma non solo: Fraizingher fu pure artefice della creazione dei consorzi degli autoriparatori per le revisioni e del Consorzio Provinciale di secondo grado Autoriparatori Artigiani Trentini ( CAAT ) nata nel 1998, della quale fu presidente fino al 2016 e successivamente vicepresidente. Fu sempre anche molto attivo nel portare avanti le istanze degli Artigiani nei confronti degli Enti Territoriali e nell’organizzazione di eventi sociali e nel volontariato per l’aiuto ed assistenza dei bisognosi. Per una quindicina di anni fu anche membro del consiglio di amministrazione della locale Cassa Rurale ed impegnato nel portare avanti il progetto AVIANOVA che prevede il collegamento tramite funivia dei paesi dell’Alta Valsugana con l’altopiano di Asiago. (M.P.)

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