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ANNO 5 - NR. 2 - MARZO 2019
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Sanremo Story Le Foibe... per non dimenticare La violenza contro le donne Mauro Corona, lo scrittore
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ANNO 5 - NR. 1 - febbraio 2019
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Punto a capo di Waimer Perinelli
Ventinove alferi tre moschettieri Non è vero che le notizie sono solo brutte notizie. Dal 13 marzo 2019 l'Italia ha 29 nuovi Alfieri. Sono minorenni nati fra il 2000 ed il 2008 distintisi in modo particolare nel campo del lavoro, della cultura, sport, dell'arte della scienza, economia...interventi umanitari. La prima buona notizia è che fra questi giovanissimi c'è chi ha raccolto fondi per l' Unicef, chi ha salvato un uomo in mare, ha vinto il bullismo, servito nelle mense dei poveri. Piccoli atti d'umiltà ed eroismo compiuti da una gioventù tutt'altro che bruciata e nemmeno frustrata spesso denigrata dal cattivo esempio di bulli e prepotenti. Ma si sa che quelli non hanno età. La seconda buona notizia è che gli Alfieri 22, 23 e 24 sono un solo Alfiere con tre insegne. La terza ottima notizia è che questi tre ragazzi sono della Valsugana. Tre moschettieri come si dice uno per tutti e tutti per uno che hanno il loro d'Artagnan. Filippo Pasquazzo, Enrico Cescato di Castel Ivano e Samuele Ropelato di Scurelle hanno in comune l'età 17 anni, la scuola, l' Istituto Alcide De Gaperi di Borgo Valsugana e un amico che ha problemi seri di disabilità comunicativa e relazionale che gli impedisce di esprimersi e interagire con il resto della classe. Filippo, Enrico e Samuele hanno pensato a lui ed hanno ideato e realizzato l'app My voices per smartphone che trasforma la scrittura in suono. Tu scrivi una parola sullo schermo e chi legge, se è presbite, ma non sordo, la sente ripetuta da una voce necessariamente meccanica, freddina, ma chiara. Ai suoni si uniscono anche immagini. Credo fosse il sogno di Demostene che per non balbettare ed esprimersi correttamente doveva masticare sassolini. In questa operazione i tre moschettieri sono stati aiutati dalla solidarietà di altri amici di classe, dai professori ed in particolare da Paolo Bartolini che insegna informatica. Possiamo insomma dire che i tre giovani hanno portato la loro insegna ma soprattutto quella della scuola, della Valsugana ed del Trentino al Quirinale dove il Presidente Mattarella ha appuntato nel loro cuore l'onorificenza ideata da Giorgio Napolitano nel 2010
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La banca vince sempre a ruota gira, le carte ruotano, i giocatori sperano, qualcuno vice molti perdono: la banca vince sempre. Il gioco di carte: fideiussioni, prestiti, società del castello è iniziato con una Associazione e si sta attuando con la Fondazione, dal generale al particolare. Un gruppo di 800 cittadini generosi che ha investito a fondo perduto 400 mila euro, sostenuto dalla Provincia con 1 milione 800 mila euro, dal Comune di Pergine Valsugana con 100 mila, e dalla Cassa Rurale Alta Valsugana che ha elargito altri centomila euro e prestato 1 milione e 500 mila euro. E' così che il Castello della Dama Bianca è diventato bene della Comunità. Alla élite dei promotori, oggi cda della Fondazione, non resta che gestirlo. Albergo, ristorante, manutenzione, promozione, spese per oltre un milione di euro l'anno. E poi c’è il mutuo, perché la banca i soldi non li da gratis. La scommessa è partita, i giochi sono fatti. Auguriamo vada tutto bene ma non mancano i pessimisti, e se andasse male? Ottocento idealisti si sono giocati briciole, il Comune un po' di credibilità, la Provincia investe spesso in progetti falliti e la Cassa Rurale? Noi abbiamo la fideiussione, dicono in piazza Gavazzi a Pergine: la Banca vince sempre!
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I tre studenti premiati
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Foto: Laboratorio odontotecnico Raffaele Santonicola
La protesi mobile curata con anaplastologia per un risultato estetico sorprendente
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SOMMARIO ANNO 5 - MARZO 2019 DIRETTORE RESPONSABILE Armando Munaò - 333 2815103 direttore@valsugananews.com CONDIRETTORE Franco Zadra - franco.zadra@gmail.com VICEDIRETTORE Chiara Paoli - Elisa Corni COORDINAMENTO EDITORIALE Enrico Coser COLLABORATORI Waimer Perinelli - Roberto Paccher - Erica Zanghellini Massimo Dalledonne - Francesca Gottardi Maurizio Cristini - Laura Mansini - Alice Rovati Laura Fratini - Sabrina Mottes - Patrizia Rapposelli Zeno Perinelli - Adelina Valcanover - Veronica Giannello Giampaolo Rizzonelli - Nicola Maschio - Mario Pacher CONSULENZA MEDICO - SCIENTIFICA Dott.ssa Cinzia Sollazzo - Dott. Alfonso Piazza Dott. Giovanni Donghia - Dott. Marco Rigo EDITORE - GRAFICA - STAMPA Grafiche Futura srl Via della Cooperazione, 33 - Mattarello (TN)
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Registrazione del Tribunale di Trento: nr. 4 del 16/04/2015 - Tiratura n° 7.000 copie Distribuzione: tutti i Comuni della Alta e Bassa Valsugana, Tesino, Pinetano e Vigolana compresi COPYRIGHT - Tutti i diritti di stampa riservati Tutti i testi, articoli, interviste, fotografie, disegni e pubblicità, pubblicati nella pagine di VALSUGANA NEWS e sugli Speciali di VALSUGANA NEWS sono coperti da copyright GRAFICHE FUTURA srl e quindi, senza l’autorizzazione scritta del Direttore, del Direttore Responsabile o dell’Editore è vietata la riproduzione o la pubblicazione, sia parziale che totale, su qualsiasi supporto o forma. Gli inserzionisti che volessero usufruire delle loro inserzioni, per altri giornali o altre pubblicazioni, possono farlo richiedendo l’autorizzazione scritta all’Editore, Direttore Responsabile o Direttore. Quanto sopra specificato non riguarda gli inserzionisti che, utilizzando propri studi o agenzie grafiche, hanno prodotto in proprio e quindi fatta pervenire, a GRAFICHE FUTURA srl, le loro pubblicità, le loro immagini i loro testi o articoli. Per quanto sopra GRAFICHE FUTURA srl, si riserva il diritto di adire le vie legali per di tutelare, nelle opportune sedi, i propri interessi e la propria immagine.
Punto e a capo Il personaggio: Stefania Segnana La Valsugana promessa Levico cuore e informazione Voglio fare il giornalista Il nuovo codice della strada 2019 battute per... compagno 2019 battute per... camerata La violenza contro le donne Le foibe... l’abisso tra due popoli Il concorso San Prospero La maternità negli USA Denis Battisti, premio al dialetto La via Claudia Augusta Altinate “Nel muro” con Mauro Corona Albert Einstein Sanremo Story... la preistoria Sanremo Story... 1° festival della canzone Un motore di ricerca per trial clinici Agraria Trentina Una chiesa per San Giuseppe Società Oggi, rinascita dell’ artista Dalla coralità all’amicizia Non siamo Wonder Women In vino veritas Le cronache La festa della “moretta” Lo sport Altroconsumo Le cronache Le cronache Le cronache
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MEDICINA & SALUTE Il Glaucoma Le vittime del bullismo Gerry Grassi e l’autostima HIV nuova ricerca
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Le cronache Le cronache Le cronache Le cronache Che tempo che fa Giocherellando
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In ricordo di Antonio Megalizzi Pag. 13
Anna Magnani Premio Oscar 1956 Pag. 24
Vittorio Marchesoni scienziato valsuganotto Pag. 28
COMUNICATO DI REDAZIONE Con il numero di aprile inizia una collaborazione con la dott.ssa Serena Marin (Commercialista Revisore Contabile) la quale, attraverso le pagine di Valsugana News, presenterà ai nostri lettori temi, problematiche e informazioni varie su tutto ciò che riguarda la globalità degli aspetti fiscali, economici, retributivi e di consulenza che ruotano nel grande universo del commercio, dell'industria e dell'artigianato. La dott.ssa SERENA MARIN è iscritta all'Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili per la circoscrizione di Trento e Rovereto nonchè all’Albo dei Revisori contabili. Componente di Collegi Sindacali e Presidente di Comitati di Controllo, ha collaborato, in qualità di assistente, alla cattedra di Diritto Tributario presso la Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Trento. Ha svolto attività d'insegnamento per la Scuola Superiore dell’economia e della Finanze “Ezio Vanoni”.
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Il personaggio di Armando Munao’
Stefania Segnana… …politico di casa nostra Dal Comune di Borgo alla Comunità di Valle, dalla Camera dei Deputati all’Assessorato alla salute, politiche sociali, disabilità e famiglia a Trento nella Giunta Fugatti. Un percorso, il suo, davvero molto movimentato, che le ha fatto fare “passi da gigante” per una carriere politica che nella nostra provincia ha pochi eguali. Stefania, cosa ti ha spinto ad avvicinarti alla politica attiva? Nel 2006 ho deciso di avvicinarmi al mondo politico per conoscere e capire come “funzionava” e così ho iniziato a frequentare un gruppo di esponenti del Centro Destra che si riuniva a Borgo e a Levico. Nel 2008, poi, in occasione delle elezioni provinciali, mi è
foto Paolo Pedrotti archivio Ufficio Stampa della Provincia autonoma di Trento
stato chiesto di candidare in lista Pdl nella coalizione in appoggio al candidato presidente della Lega Nord. E così è iniziata la mia “avventura” politica. E la tua storia con la Lega Nord? Durante la campagna elettorale sono stata invitata da alcuni candidati della Lega a partecipare ai loro incontri sul
da Sin. Roberto Paccher, (Presidente del Consiglio Regionale), Matteo Salvini (Vicepremier e Ministro dell’Interno), Stefania Segnana e Maurizio Fugatti, (Presidente della Provincia autonoma di Trento)
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territorio e ho iniziato a frequentare le riunioni della Lega Nord a Trento e a organizzare, insieme a Erminio Enzo Boso e Roberto Paccher, molti gazebo a Borgo. Essere militanti di un partito, infatti, è molto impegnativo, soprattutto se si tratta della Lega che considera la presenza e il contatto con la gente un fattore molto importante.
Il personaggio
Sei stata anche consigliere della Comunità Valsugana e Tesino, vuoi raccontare di quell’esperienza? Nel 2010 si sono tenute le elezioni per la Comunità di Valle e il partito mi ha chiesto di candidare in appoggio al nostro candidato presidente Roberto Paccher. È stata la mia prima esperienza di confronto e di dibattito tra consiglieri di maggioranza e minoranza. Un’esperienza veramente importante che ha maturato la mia consapevolezza della politica attiva. Nella tua attività politica nel comune di Borgo Valsugana quali valori orientavano il tuo impegno? In occasione delle elezioni per il comune di Borgo ero candidato sindaco, appoggiata da una sola lista nel confronto con il sindaco uscente e un candidato di centro sinistra, già assessore nelle legislature precedenti. Ma in questi quattro anni di presenza in consiglio comunale in minoranza ho cercato di essere costruttiva presentando atti e documenti a favore dei nostri concittadini senza fare polemiche, anche se fa parte del gioco delle parti il giusto confronto politico. Quando sei consigliere del tuo paese cerchi di portare avanti le istanze che direttamente interessano la vita quotidiana non tralasciando mai, comunque, la linea politica del partito che rappresenti. Come hai vissuto, nel 2018, l’elezione alla Camera dei Deputati? Una continuità con il tuo impegno di sempre oppure piuttosto un momento di cambio, una rottura? Dopo quasi dieci anni di presenza attiva nella vita del partito e di militanza sono stata candidata, seconda in lista, alla elezioni politiche di marzo del 2018. Le elezioni hanno avuto un successo strepitoso per la Lega capitanata dal nostro segretario Matteo Salvini e sono stata eletta deputata. Una no-
mina inattesa che ha decisamente cambiato la mia vita e quella della mia famiglia. Un cambiamento ovviamente positivo per me anche se ha modificato la mia quotidianità. Ho due bambini, a marzo Filippo, sei anni, aveva iniziato la prima elementare, mentre Alessandro aveva appena 8 mesi. L’esperienza romana ha coinvolto anche il piccolo che portavo settimanalmente in viaggio con me. La vicinanza della famiglia e la scelta condivisa è stata ovviamente fondamentale per poter vivere in serenità questo cambiamento. Di nuovo, in ottobre 2018 sei stata eletta consigliere provinciale nelle liste della Lega e hai di fatto lasciato Roma, lasciando il posto a Tiziana Piccolo. L’hai sentito come un sacrificio necessario oppure è stata una scelta condivisa con il tuo gruppo? Decisamente il 2018 è stato un anno importante e ricco di sorprese. A ottobre si sono tenute le elezioni della Provincia Autonoma di Trento e, considerando che per la Lega il territorio ha un’importanza particolare, è stato chiesto, a me come alle altre deputate, di candidare nuovamente. Anche questa volta la Lega ha avuto un grande successo elettorale e io ho ricevuto un consenso che mi ha fatto molto piacere. Sono stata la più votata nella Comunità della Valsugana e del Tesino con 1361 voti. Un risultato che mi ha gratificata e allo stesso tempo mi ha aiutato nella scelta di lasciare la Camera dei Deputati per restare a Trento. Se così tanti trentini mi
hanno dato la loro fiducia mi è sembrato doveroso fare questa scelta. Dal 17 novembre 2018 Maurizio Fugatti ti ha incaricata Assessore provinciale alla salute, politiche sociali, disabilità e famiglia. Come vivi questa responsabilità? La carica di assessore alla sanità, politiche sociali, disabilità, pari opportunità, politiche abitative e politiche giovanili che mi è stata assegnata dal Presidente Maurizio Fugatti, mi ha fatto ovviamente piacere ma allo stesso tempo è una grande responsabilità di cui sono consapevole e spero di rispondere correttamente alle aspettative dei trentini. Quali sono le questioni della sanità trentina che senti prioritarie per migliorarla? E quali invece, e se, sono sentite prioritarie dalla gente? Le questioni della sanità trentina che ritengo fondamentali sono innanzitutto riuscire a dare un servizio capillare su tutto il territorio cercando di non fare differenze sostanziali tra centro e periferie e mettere al primo posto i bisogni dei cittadini, la sanità deve essere a servizio dei trentini cercando di dare risposte celeri e soddisfacenti. Credo che anche queste siano le priorità sentite dalla gente, liste di attesa più snelle e tempi di attesa più corti, in maniera tale da rispondere ai bisogni degli utenti.
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Il personaggio
I tagli alla sanità sono spesso giustificati da necessità di bilancio. Come si coniuga una sanità migliore con una penuria di mezzi? Una volta vi erano molte più disponibilità economiche per affrontare le spese per la sanità e dunque si potevano fare scelte diverse, ora invece dobbiamo fare i conti con un bilancio più ristretto e la difficoltà sempre maggiore di reperimento di figure mediche. Bisogna riorganizzare i dipartimenti ma soprattutto bisogna intervenire affinché i medici che vengono a lavorare in Trentino trovino una sanità all’avanguardia e vi sia una prospettiva di crescita professionale, e tutto questo può essere fatto con un’attenta programmazione. Grazie a questo si può affrontare la problematica della carenza di fondi e medici.
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Che pensi della convinzione che fu del senatore Flaminio Piccoli, che «il Trentino e la sua autonomia si aiutano più e meglio stando a Roma»? Ritengo che il Trentino abbia oggi una ottima rappresentanza a Roma di deputati trentini, Vanessa Cattoi, Diego Bonelli, e Tiziana Piccolo, che sanno e sapranno sicuramente difendere la nostra Autonomia, che tra l’altro con questo Governo non è messa in discussione. È comunque intenzione dell’attuale Giunta Provinciale di essere presenti quasi settimanalmente alle riunioni delle commissioni e della Conferenza Stato Regioni per rappresentare il Trentino anche in quelle sedi. Per concludere, c’è qualcosa che avresti voluto fare e non sei riuscita a concretizzare?
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Pesante blocco stradale sulla A22 di Laura Mansini
La Valsugana promessa “La Valsugana è nata da uno squillo di tromba” ha scritto profeticamente Robert Musil all’inizio del 900, senza sospettare che uno stesso squillo, quello di migliaia di camion, l’avrebbe seppellita. abato 2 febbraio l' A22 del Brennero, per la prima volta dalla sua costruzione, ha subito un pesantissimo blocco stradale che ha coinvolto per quasi 15 ore centinaia di automobilisti e camion. Causa di questo tremendo fatto, che fortunatamente non ha avuto vittime e danni materiali, una frana dovuta alla forte nevicata che aveva coinvolto la nostra regione, ma soprattutto colpa di alcuni camionisti che non avevano montato le catene. Immediatamente la nostra bellissima regione e la nostra preziosa autostrada sono state messe sotto i riflettori mediatici, entrando a piè pari nelle diatribe che stanno coinvolgendo la politica attuale . Ritengo sia tempo che coloro che intendono amministrarci siano guidati da profonda conoscenza dei diritti umani, da una lungimirante visione storico - culturale del futuro della nostra Nazione, aiutando certamente chi non ce la fa, ma valorizzando altresì coloro che portano avanti le idee, il progresso mettendolo al servizio del bene comune. C'era un tempo in cui si facevano grandi progetti per aiutare le comunicazioni, per avvicinare le regioni, l’Europa. Le decisioni erano prese dopo lunghe discussioni, ma alla fine i “governi” governavano. Ricordo ancora l'emozione dei miei genitori quando per la prima volta prendemmo l'autostrada del Sole per andare in Toscana (realizzata in solo 8 anni negli anni 60), oppure quando nel 1971 io e mio marito, novelli sposi, facevamo l'autostrada del Brennero per andare
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da Verona a Trento con una scassata FIAT 600, felici di non dover più prendere quella terribile Statale12, che pure aveva vissuto notevoli cambiamenti negli anni del dopoguerra. Essere anziani dona il vantaggio di aver vissuto a lungo e, se si è fortunati, di ricordare quanto è accaduto . Ad esempio nei primi anni cinquanta con la mia famiglia si andava da Verona in val di Non con una vecchia Balilla per accompagnare i nonni in vacanza a Smarano (la nonna era nonesa). Un viaggio avventuroso, su una strada tutta sassi con parecchie fermate intermedie, perché la nonna soffriva di mal d'auto; più tardi, fine anni 50, si veniva in vacanza in Val di Sole con una “fiammante” 500 Belvedere ed i miei genitori felici per il nuovo l'asfalto, che rendeva più scorrevole un viaggio pur sempre lungo e faticoso con tutte quelle curve e quel traffico che anche allora c’era. L’arrivo a Trento era salutato da noi bambine, con gioia, perché finalmente ci si fermava per riposarci un po e mangiare il gelato in un bel caffè-pasticceria di Piazza Duomo. Con l’autostrada l’Europa nascente era più vicina. Oggi la statale della Valsugana fa da terza corsia fino a Trento, alla A22. Subisce la pesantezza dei Tir senza tuttavia avere strutture adeguate e soprattutto in un tracciato che non rispetta il turismo. Il Turismo che è l’industria maggiore della valle, poco inquinante, obbligatoriamente
ecologico, rispettoso delle bellezze naturali, laghi di Caldonazzo e Levico compresi, creativo wellness del corpo e dell’intelligenza. Quest’industria dovrebbe essere supportata da un nuovo modo di concepire la viabilità trovando percorsi alternativi, che sappiano collegare la valle con gli Altipiani, creando sinergia , nuovi posti di lavoro e che sia scelto al più presto uno dei cinque percorsi stradali alternativi chiamati tutti Valdastico e tutti contestati dal Nimby ovvero “non sul mio”. Domanda esiste ancora l’interesse generale? Purtroppo il confronto sul tunnel ferroviario Torino-Lione o meglio Kiev-Lisbona dimostra quanto siano poco credibili i calcoli costi-benefici, un mantra che nasconde l’incapacità di scegliere. La Valsugana attende una ferrovia adeguata al turismo e perché no, all’industrializzazione della Bassa ed al trasporto di container e Tir. In grado di togliere traffico dalla strada e collegare la nostra regione a Venezia e all’Oriente in modo rapido e sicuro. Noi dobbiamo credere alle promesse e molto di più ai fatti sperando che la Vasugana diventi realmente la terra promessa.
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Il team Comunello
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Federazione Nazionale Stampa Italiana di Rocco Cerone
Levico cuore e informazione Per una settimana la città termale è stata Capitale dell'informazione. 500 giornalisti da tutta Italia hanno invaso la cittadina termale. Tanti gli echi su giornali, radio, tv e web.
ripartito da Levico Terme il cammino della Federazione Nazionale della Stampa Italiana che ha confermato per il prossimo quadriennio alla guida del sindacato unitario dei giornalisti italiani Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti. Il Sindacato dei giornalisti del Trentino Alto Adige ha eletto nel Consiglio Nazionale (il parlamentino della FNSI) il segretario Rocco Cerone, il vicesegretario e coordinatore di Controcorrente Peter Malfertheiner, Silvia Fabbi e Lorenzo Basso. Al centro del dibattito del XXVIII congresso del giornalismo italiano la precarizzazione del lavoro, l’emorragia di contratti stabili nell’editoria e la nuova normativa in discussione per gli uffici stampa della pubblica amministrazione, con l’auspicato passaggio dei comunicatori all’interno della categoria. Necessità imposta dalla necessità di consolidare il bilancio dell’istituto di
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Previdenza dei Giornalisti, ma anche di una rivisitazione e riforma della professione giornalistica che superi la legge ordinistica istitutiva del 1963 in chiave più moderna ed inclusiva. A simboleggiare la precarizzazione del lavoro giornalistico Antonio Megalizzi, il giovane cronista trentino della radio universitaria Europhonica, assassinato a Strasburgo mentre seguiva la plenaria del Parlamento Europeo. Le assise sono state intitolate a suo nome alla presenza dei genitori e della compagna. Durante il congresso sono state gettate le basi della costituzione di una fondazione intestata a suo nome che possa fare da capofila di tutte le iniziative promosse da PAT, FNSI, USIGRAI, RadUni Europhonica, RAI, Sindacato e Ordine dei giornalisti del Trentino
A sinistra Raffaele Lorusso, a destra Rocco Cerone
Alto Adige. Un omaggio è stato tributato anche ai 21 giornalisti costretti a vivere sotto scorta (record negativo europeo): tre di essi erano presenti al XXVIII congresso: Michele Albanese, Paolo Borrometi, Sandro Ruotolo. Levico è stata straordinaria nell’accogliere 500 delegati ed ospiti, ed ha fatto da sfondo alle iniziative collaterali come la prima lezione del protocollo informazione nella locale scuola media, la conferenza sull’articolo 21 in Municipio, la presentazione del libro “Un morto ogni tanto” nella Piccola Libreria di Lisa Orlandi. Nel corso dei lavori è stata lanciata l’idea di istituire “Gli Incontri di Levico”, per far diventare la città termale centro di futuri incontri di giornalisti. Rocco Cerone è segretario regionale FNSI
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Voglio fare il giornalista di Waimer Perinelli
Il Sogno Ti possono togliere tutto, non i sogni. Un uomo è seduto sui gradini dell'ingresso del Corriere della Sera di via Solferino. Sono le nove di un mattino, uno qualsiasi, del 1946. Non chiede nulla, guarda entrare i giornalisti senza distrarli. Forse non lo vedono, certamente non capiscono. Il quarto giorno uno di loro, curioso come sanno a volte essere i giornalisti, forse solo infastidito lo apostrofa: “Cosa fai qui, non ti vergogni? Cosa vuoi”. La risposta è morbida e secca: “Voglio fare il giornalista. Siete voi che dovreste vergognarvi”.
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lavio Simonetti ha vent'anni. A diciotto aveva scelto la montagna rifiutando il reclutamento della Repubblica di Salò, non era fuggito dalla guerra canzi l’ aveva combattuta con i partigiani nelle Langhe, le terre di Beppe Fenoglio, del partigiano Johnny, degli uomini “slavati, scoloriti goccianti e rabbrividenti”. E così alla fine si era trovato a Milano senza che nessuno si ricordasse di lui, dei suoi sogni. Voleva fare il giornalista ma all'ingresso del giornale c'era l'usciere e poco più in là, l'indifferenza di chi già faceva il giornalista con grandi ideali o miserabili opportunità. Una professione, un mestiere, un lavoro. Flavio farà il giornalista. Nel 1974 l'ho trovato a Cinisello Balsamo, alla Palazzi, era caporedattore del settimanale Tempo Illustrato, il Life italiano, diretto dal socialista, dissidente, prima o poi lo sono tutti i socialisti, Nicola Cattedra. Con lui lavoravano giornalisti discendenti da giornalisti , Guido Vergani, Ermanno Rea, Piero Vigorelli, Vittorio Zucconi ed altri come il trentino Cesare Pillon. Collaborava Pierpaolo Pasolini. La storia di Flavio, figlio di un pizzicagnolo veronese, è simile a tante di giovani che da grandi sognano o hanno sognato di fare i giornalisti. Se allora era difficile oggi è quasi impossibile. Almeno per la carta stampata. In dieci anni i lettori dei giornali sono scesi del 30 per cento e i quotidiani principali hanno perso fino a 45 mila copie. Crescono esponenzialmente i mezzi elettronici post industriali: l'88 per cento degli italiani possiede un cellulare, il 78% è abbonato a internet, il 29,5% usa il Tablet. L'informazione viaggia oggi in fibra, face book,Twitter, Web Radio, dove fioriscono false notizie, e i giornalisti sono mal sopportati. Al congresso nazionale del Sindacato giornalisti di Levico sono stati confermati il calo e la precarietà degli occupati. Per migliaia di sognatori la porta della redazione non si aprirà mai e nell’elettronica rischiano di vivere un surrogato dove tutti sono uno, nessuno e centomila. Io devo molto a Flavio: non mi ha chiesto cosa facevo davanti al giornale, mi ha dato una sedia e una Olivetti 45. La vita ha fatto il resto.
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La morte di Antonio Megalizzi di Waimer Perinelli
Giovane Europa Antonio Megalizzi assassinato a Strasburgo lavorava a Europhonica una Web Radio universitaria. Con lui Alberto Ferraresso: “noi dice non facciamo politica. L’Europa è come un autobus ci interessa solo chi ci sta dentro”. Un autobus chiamato desiderio. lberto Ferraresso, veneziano di Stra, ridente cittadina sulla riviera del Brenta il fiume che fa da specchio a splendide ville palladiane. Ha 28 anni e una laurea in Editoria e Giornalismo conseguita all'università di Verona. E' uno dei quindici redattori, fra i quali una direttrice e tre capiredattori, di Europhonica la testata on line a cui collaborava Antonio Megalizzi, il ventinovenne trentino, ucciso in un attentato terroristico a Strasburgo. Trentini come Antonio anche la direttrice ventiquattrenne Caterina Moser e il caporedattore Nicola Pifferi. Europhonica, fondata 4 anni fa, è parte di RadUni l'associazione composta da 28 radio universitarie, fondata nel 2006. Sono Web radio le cui comunicazioni o notizie giornalistiche viaggiano cioè in rete. Una nebulosa informativa, un giornalismo in parte originale grazie al mezzo usato, ma che ha come modello quello professionistico. Non è un fai da te, non una comunicazione diretta, sfugge le fake news grazie alla mediazione dei collaboratori, vive ai
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margini dell'informazione professionistica ma non è marginale visto che è seguita dal mondo universitario al quale si rivolge con rubriche mensili e settimanali. L'Ordine dei giornalisti del Trentino Alto Adige ha accolto Antonio Megalizzi nella “famiglia” dei professionisti consegnando ai suoi genitori a Levico, in occasione del Congresso nazionale del Sindacato FNSI, la tessera di appartenenza. Antonio lavorava con Alberto nello studio radiofonico di Strasburgo, sede del Parlamento europeo, oggi intitolato al giovane trentino e a Bartosz Orient-Wiedzielski, per gli amici Bartek, redattore polacco assassinato nello stesso attentato terroristico. Proprio da Bartek, impegnato nella redazione francese, Antonio ed Alberto trovavano ospitalità nelle trasferte a Strasburgo. “Altre volte dice Alberto, andavamo negli ostelli.” Una vita particolare, itinerante, fatta di viaggi in FlixBus della durata media di 11 ore e una spesa di circa 35 euro, sostenuta da Eurphonica, attraverso un progetto europeo. “ C’è anche il sostegno finanziario di alcuni parlamentari, dice
Alberto”. E all’Europa l’emittente radiofonica dedica grande parte della propria attività. Un servizio mensile, in occasione delle sedute plenarie e poi interviste, servizi al desk. I referenti sono soprattutto gli studenti universitari, il taglio è giornalistico. Al giornalismo come professione Alberto si dichiara attualmente non interessato. “Mi piace l’approccio del giornalista come modus operandi,
dice. Il giornalista è curioso, si pone delle domande, è interessato a trarre delle conclusioni ragionate, ma in futuro non voglio fare il giornalista bensì lavorare nella comunicazione curare l’immagine di un’azienda che parla di se stessa al pubblico.” Le opportunità non mancano nemmeno in Europa. A Parma per esempio c’è l’agenzia dell’autorità europea per la sicurezza alimentare per la quale ha già collaborato. “A Strasburgo, chiosa, non facciamo politica, raccontiamo l’Europa.”
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L’hotel dispone di ampie sale per matrimoni, pranzi e cene di famiglia, banchetti e ricevimenti, feste di compleanno, di laurea e per tutte le ricorrenze. Prime comunioni, cresime e compleanni. Sale da 30 a 400 persone. Cucina tipica e tradizionale. Possibilità di piatti vegetariani. Forno a legna per meravigliose pizze. Centro ippico aperto tutto l'anno. Lezioni di monta inglese e americana. Passeggiate di una o più ore, giro del lago e trekking in montagna. Palestra all'interno dell'hotel aperta tutti i giorni.
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Sala giochi per bambini
Il nuovo codice della strada di Elisa Corni
Vero e falso cosa potrebbe cambiare con
il nuovo codice della strada elle ultime settimane giornali, internet e televisioni non fanno che annunciare le nuove norme del codice della strada 2019. Si va dai famigerati 150 chilometri orari in autostrada, alle multe salatissime per l’uso del cellulare quando si è alla guida. Non tutto ciò che è riportato negli altisonanti titoli sul tema è di fatto già stato approvato. Ma andiamo con ordine. Le più o meno discusse nuove norme del Codice della Strada, tanto per cominciare, non sono ancora tutte realtà. Quello che è successo, è che le norme di cui tanto si vocifera sono il frutto dell’unione di numerose e differenti proposte di modifica o aggiunta fatte nei primi mesi di questa nuova legislatura. A fonderle in un’unica proposta di legge è stata la Commissione Trasporti della Camera; il risultato è un testo nel quale le varie proposte sono state messe a confronto per essere, in un momento non ben definito, discusse. Se n'è fatto un gran parlare a partire da febbraio proprio perché all’inizio dello scorso mese sono cominciate le audizioni per limare, aggiustare, rettificare il testo e produrre una proposta di legge unica e uniforme. Questa è dunque la prima verità: si tratta ancora solo di un testo interlocutorio, lungi dal diventare legge. Anche perché, come pare, trovare un accordo non è così semplice. Oltre al fattore politico, come tracciato da alcuni giornalisti ed economisti
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a livello nazionale, il problema risiede soprattutto negli interessi che sarebbero lesi - o intralciati - con l’attuazione di alcune delle norme proposte. È il caso, per esempio, di una norma che potremmo definire di buon senso. La proposta è quella di penalizzare con la sospensione della patente gli automobilisti che utilizzano lo smartphone o il telefonino alla guida. Pensate, a proposito, che nel 2017 i dati diffusi dal Tavolo della Sicurezza Stradale indicavano nella distrazione la causa dell’80% degli incidenti nel nostro paese. Tre volte su quattro la colpa sarebbe imputabile proprio agli apparecchi telefonici. A quanto pare, però, la modifica alla norma 173 del Codice della Strada che inasprirebbe le sanzioni per chi compie un atto oggettivamente pericoloso si è ormai da mesi arenata. Al contrario sono passate proposte come quella dei seggiolini per bambini con dispositivo antiabbandono, la stretta sulle targhe estere e il via alla sperimentazione dell’uso di monopattini e hoverboard sulle nostre strade (se ne avevate uno sappiate che, fino a qualche settimana fa era illegale circolarvi). Ma quali sono le norme in discussione? Per quanto riguarda le biciclette, se il testo do-
vesse passare, nelle città potranno circolare sulle corsie riservate a bus e taxi, più sicure e meno trafficate di quelle dedicate alle vetture. In grande dubbio è la questione del contromano: in molti paesi europei è legittimo per le due ruote a pedali circolare contromano; in Italia, per il momento, a decidere sono i singoli sindaci. Gli automobilisti staranno ancora un po’ nel limbo, invece, a proposito del fumo in macchina. Ci raccomandiamo, inoltre, di non andare a 150 km/h in autostrada, anche dove sono presenti le tre corsie: nulla è ancora deciso! Insomma, il consiglio che possiamo dare a tutti è di continuare a guidare come avete sempre fatto, anche se solo la metà degli automobilisti italiani, secondo un recente test effettuato su oltre 6.000 partecipanti, riuscirebbe oggi a superare l’esame della patente!.
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Yin e yang di Franco Zadra
2019 battute per… «Compagni!» e in un dato momento della vostra pensosa vita siete stati presi da un moto di nostalgia per una parola, capirete come mi sento ora nel mettermi a scrivere della parola “compagno”. In pochi, penso, ricordano il film “I compagni” di Mario Monicelli, con Marcello Mastroianni e Renato Salvatori, del 1963. Allora avevo 2 anni e non l’avevo visto, neppure dopo. Non alla TV che per altro nemmeno avevamo in casa, e non l’avrebbero mai proiettato all’Oratorio, ma nel corso dei miei studi a sociologia ero andato a cercarlo in Rete e vi avevo ritrovato freschissima e intera quella atmosfera nazional-popolare oggigiorno del tutto scomparsa, immergendomi per un paio
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d’ore in quel «affresco spettacolare, divertito, e malinconico sul nascente movimento operaio in una commossa rievocazione del socialismo torinese agli inizi del secolo», come giustamente definisce l’opera il Dizionario Mereghetti. «Compagno...» non si usa più! Capofila di un rosario di parole sempre meno correnti; immagino che quel termine si sia nascosto da qualche parte (forse per vergogna? E di che?) in attesa che qualcuno lo recuperi, lo riporti nell’uso, così com’è, senza il bisogno di aggiunte sostantivanti, come «...di classe», «...di merende», «...del/la Tizio/a». Compagno e basta! Per dire amico, collega, fratello, uomo… Ma si ha forse paura che ritornino altre parole, come lavoro, diritti,
fabbrica, sciopero, manifestazione, padroni, protesta, resistenza, solidarietà, crumiri, voto, salario… «Compagni! Amici!...» iniziavano i discorsi di sinistra nelle piazze di tutta Italia negli anni ‘70, quando Enrico Berlinguer dialogava con la DC per un compromesso storico. Concetto divenuto intraducibile oggi, men che meno con quello di «patto di Governo»… Andiamo! Nessuno si chiede come fanno i grillini a non chiamarsi compagni tra di loro visto che «uno vale uno»? Non vale come «un uomo, una donna, un voto»? «Ma sono qui a parlarvi di un morto» direbbe Marcantonio, aggiungendo «se vi restano lacrime per piangere, venite e piangete»..
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Yin e yang di Armando Munao’
2019 battute per… «Camerata»
ll’età di 16 anni circa, e lo ricordo bene, passando davanti a una sezione del MSI – Giovane Italia- ho sentito per la prima volta l’appellativo di “camerata”. Chiesi a un mio zio il significato e lui mi spiegò che era un modo comune per contraddistinguere gli appartenenti al Movimento Sociale Italiano. Gli anni passarono e questa parola la risentii quando, nel corso del servizio militare, mi assegnarono il letto n° 8 della camerata 22/A. Approfondendo oggi il significato del termine posso definirlo come un antico appellativo in uso nella lingua italiana che stava ad indicare il “cameratismo” ovvero quel particolare legame tra amici e/o conoscenti che condividono lo
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stare insieme e il vivere. Camerata infatti è una vecchia attribuzione di sapore militare perché i soldati dormono e vivono insieme, appunto, nella camerata. Da qui e per estensione il camerata è un compagno d’armi con il quale si condividono esperienze di vita. Fu più tardi che questo termine fu usato in contrapposizione al termine “compagno” utilizzato dal movimento socialista e comunista. Da sempre quindi i due termini etichettano l’appartenenza alla Destra o alla Sinistra politica ovvero al fascismo e al comunismo. Eppure mi sembra, e senza tema di smentita, che entrambi abbiano danni. Il fascismo, per fortuna è morto e sepolto, ma non il comunismo
che di danni, in giro per il mondo, continua a farli. A questo punto qualcuno mi può spiegare il motivo per il quale chiamarsi compagno non è reato mentre chiamarsi camerata si. Molti diranno che il fascismo, purtroppo per noi, lo abbiamo sperimentato e quindi usando il termine “camerata”, secondo la nostra Costituzione, si può commettere reato per apologia del fascismo. Allora mi chiedo: se un giorno incontrassi un amico, con il quale ho dormito nella stessa stanza della stessa caserma, ma che lui nel frattempo è membro di un partito di sinistra, e lo salutassi dicendo “ ciao camerata, riferendomi al servizio prestato sotto le armi, potrei essere denunciato per apologia mussuliniana?
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Centro Anti Violenza di Trento di Nicola Maschio
La violenza contro le donne La violenza contro le donne è un tema che ancora troppo spesso, al giorno d’oggi, occupa spazio nelle cronache dei giornali. Le statistiche regionali ed italiane sono preoccupanti certo, anche se sotto alcuni aspetti si cominciano ad intravedere dei miglioramenti. Nostro dialogo con Barbara Bastarelli, responsabile del Centro AntiViolenza di Trento che è l’unico in Trentino
ttualmente, in Trentino si parla di circa 50 episodi registrati di violenza al mese sulle donne di età compresa tra i 16 ed i 64 anni, con una percentuale pari all’83% in cui la vittima conosce il proprio aggressore. Il 2017, anno in cui si fermano le ultime rilevazioni, riporta un totale di 683 tra denunce ed ammonimenti.
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Numero che, seppur ancora oggettivamente alto, si è abbassato rispetto al 2016 (764 casi) e 2015 (ben 803 episodi di violenza). Lo stalking rimane uno dei reati principali con 112 segnalazioni, mentre i numeri maggiori riguardano la violenza psicologica. In quest’ultima rientrano la minaccia, l’ingiuria, la molestia o la violenza privata, con un totale di casi che ha toccato quota 174. E ancora, 104 denunce per lesioni dolose e 39 per percos-
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se, mentre i casi di violenza sessuale in Trentino sono stati 52. Anche a livello italiano si riscontrano notevoli problemi: i dati ISTAT del 2017 riportano un totale di 123 donne uccise nel nostro Paese, 44 delle quali vittime del partner e 10 dell’ex compagno (complessivamente parliamo dunque del 43,9% di incidenza sul totale). Tornando alla nostra Regione, va tuttavia sottolineata la vasta rete di servizi e centri di accoglienza per le donne e recupero per gli uomini che abbiano bisogno di correggere il proprio comportamento. Programmi quali “Cambiamenti”, un percorso con lo scopo di ridurre l’indole violenta, ma anche forti collaborazioni tra Forze dell’Ordine, Enti Locali, Azienda provinciale per i Servizi Sanitari e Terzo settore (Anffas, Villaggio del Fanciullo o ATAS). Specificatamente poi in via Dogana a Trento, di fronte alla stazione Trento-Malè, ha sede il Centro AntiViolenza della città ed unico in Trentino (contattabile allo 0461220048). Abbiamo incontrato la dottoressa Barbara Bastarelli, responsabile della struttura, che ci ha spiegato alcuni aspetti fondamentali del rapporto con le donne accolte. Quel lato umano profondamente ferito da episodi difficili da raccontare ed impossibili da dimenticare. “I Centri come il nostro sono presenti in molte Regioni italiane, e le donne si possono presentare su appuntamento. Non siamo solo luo-
go “fisico”, ma soprattutto “simbolico” in quanto ci mettiamo a disposizione per accogliere la situazione complessiva della persona che ci contatta. Poniamo i desideri e le necessità della donna al centro del progetto: questo significa che possiamo testimoniare nei tribunali a loro favore, oppure fotografare i segni della violenza sul corpo della vittima. In un secondo momento, dopo un colloquio con la donna, decidiamo se indirizzarla verso altre strutture, se seguirla nella burocrazia relativa alla separazione oppure se adoperarci perché il partner violento venga allontanato. L’accoglienza è parte fondamentale del nostro operato, cosi come altrettanto importante e primario è lo sforzo che facciamo per stimolare il cambiamento culturale. Senza quest’ultimo continueremo
Centro Anti Violenza di Trento
ad assistere a violenza contro le donne, è inevitabile”. La direttrice ci comunica poi i dati del Centro registrati nel 2018. Sono state 268 le donne accolte, vittime di violenza intra-famigliare che nell’82% dei casi (221) è stata praticata dal partner. In preoccupante crescita il numero di ragazze tra i 18 ed i 22 anni che si ri-
volgono alla struttura, spesso a causa di compagni temporanei. Il 74% delle 268 donne coinvolte sono diplomate o laureate e nel 67% dei casi sono insegnanti, impiegate o libere professioniste. Questo a conferma di come la violenza non viva di distinzioni per classi sociali ma coinvolga ognuna di esse indistintamente. “Spesso sono il senso di vergogna e la speranza di cambiamento del partner che bloccano le donne nel fare il passo decisivo verso il nostro Centro – ha concluso la dottoressa Bastarelli. – Vi è una fase, solitamente dopo l’atto violento, che noi definiamo “luna di miele”. Il
compagno, anche per lunghi periodi di tempo, non manifesta comportamenti violenti ed anzi, si scusa più volte nei modi più assurdi. Una dinamica che spinge la donna a giustificarlo, quasi a sentirsi in colpa lei stessa per aver creato una simile situazione. La violenza spesso si verifica quando la relazione è consolidata, addirittura quando la donna è incinta. Questo perché lei difficilmente romperà l’equilibrio famigliare, lasciandosi dunque convincere che si tratti di un episodio passeggero. Miglioramenti futuri? Molte donne ci dicono che alcuni operatori le confondono, non riuscendo ad ascoltarle nel modo giusto, consigliando loro di compiere azioni che riteniamo possano essere sbagliate. Occorrerà lavorare per perfezionare questo aspetto, cosicchè ogni vittima si senta accolta e libera di parlare, di raccontare e di esprimersi senza timori”.
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L’abisso tra due popoli di Chiara Paoli
Le foibe, tomba di italiani e abisso scavato tra due popoli «Quel capitolo buio della storia nazionale e internazionale, che causò lutti, sofferenza e spargimento di sangue innocente»; una ferocia funzionale al disegno politico di genocidio perché il terrore diffuso tra la popolazione avrebbe dato luogo, come avvenne, all'esodo di 350 mila italiani. Per commemorare le vittime delle foibe viene istituito il Giorno del Ricordo, con Legge numero 92 del 30 marzo 2004. e foibe, da cavità naturali, si trasformano in buchi neri con i quali oggi sono identificati gli eccidi perpetrati da partigiani comunisti jugoslavi durante, e immediatamente dopo, il secondo conflitto mondiale. Le vittime di quegli anni, compresi fra il 1943 e il 1945, nel periodo dell'occupazione jugoslava di Trieste, in realtà non trovarono tutti la morte in quelle profondità; molti spirarono nei campi di concentramento, nelle prigioni o durante gli spostamenti. Quegli inghiottitoi naturali, però, caratteristici della zona carsica, nella nostra quotidianità si traducono con “sterminio” e il termine infoibare viene
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utilizzato per indicare vere e proprie esecuzioni. Storicamente parlando, queste barbare uccisioni vennero eseguite dal movimento di liberazione sloveno e croato, sotto l’egida di Josip Broz, meglio noto come Tito. La foiba di Basovizza, dichiarata monumento nazionale nel 1992, era in origine una miniera di carbone che arrivava a una profondità di circa 228 metri, ma il sacrario dedicato ai martiri delle foibe oggi misura appena 198 metri, una differenza mostruosa, colmata dai corpi degli uomini vittime di fucilazione. In Istria, in località Faraguni, dalla foiba di Vines, detta anche fossa dei Colom-
L’abisso tra due popoli
bi, nel 1943, furono recuperati 84 corpi. Due i superstiti di questa strage, Giovanni Radeticchio e Graziano Udovisi, che negli anni hanno avuto modo di raccontare in prima persona le atrocità viste e sofferte. In queste voragini infernali precipitarono anche persone ancora in vita, trascinate giù dagli altri. All’intervento dell’Italia per porre fine a queste vessazioni, seguono da parte del ministro degli esteri Alcide De Gasperi molteplici richieste di intervento per l’occupazione della regione Venezia Giulia da parte dei governi alleati, per garantire la sicurezza della popolazione ita-
liana. È proprio De Gasperi che nel maggio del 1945 riporta le prime notizie inerenti incarcerazioni, deportazioni e sparizioni di migliaia di persone tra Trieste e Gorizia. Il 26 luglio 1945 alle ambasciate di Washington e Londra, giunge una missiva di De Gasperi che riporta: «Di fronte alle continue notizie di vessazioni, violenze, arbitri compiuti dai partigiani di Tito non ci è possibile assistere più oltre passivamente alla tragedia di decine di migliaia di italiani, che supera in crudeltà, metodi e sistemi quanto gli stessi tedeschi hanno compiuto in questi ultimi anni in Europa». Non è semplice parlare di stime, la ci-
fra più attendibile sembra aggirarsi tra le 4000 e le 5000 vittime, ricordate così dal presidente Mattarella lo scorso 9 febbraio: «Celebrare il Giorno del Ricordo significa rivivere una grande tragedia italiana, vissuta allo snodo del passaggio tra la II guerra mondiale e l’inizio della guerra fredda. Un capitolo buio della storia nazionale e internazionale, che causò lutti, sofferenza e spargimento di sangue innocente. Mentre, infatti, sul territorio italiano, in larga parte, la conclusione del conflitto contro i nazifascisti sanciva la fine dell’oppressione e il graduale ritorno alla libertà e alla democrazia, un destino di ulteriore sofferenza attendeva gli Italiani nelle zone occupate dalle truppe jugoslave. Un destino comune a molti popoli dell’Est Europeo: quello di passare, direttamente, dalla oppressione nazista a quella comunista. E di sperimentare, sulla propria vita, tutto il repertorio disumanizzante dei grandi totalitarismi del Novecento, diversi nell’ideologia, ma così simili nei metodi di persecuzione, controllo, repressione, eliminazione dei dissidenti. Un destino crudele per gli italiani dell’Istria, della Dalmazia, della Venezia Giulia, attestato dalla presenza, contemporanea, nello stesso territorio, di due simboli dell’orrore: la Risiera di San Sabba e le Foibe. La zona al confine orientale dell’Italia, già martoriata dai durissimi combattimenti della Prima Guerra mondiale, as-
soggettata alla brutalità del fascismo contro le minoranze slave e alla feroce occupazione tedesca, divenne, su iniziativa dei comunisti jugoslavi, un nuovo teatro di violenze, uccisioni, rappresaglie, vendette contro gli italiani, lì da sempre residenti. Tanti innocenti, colpevoli solo di essere italiani e di essere visti come un ostacolo al disegno di conquista territoriale e di egemonia rivoluzionaria del comunismo titoista. Impiegati, militari, sacerdoti, donne, insegnanti, partigiani, antifascisti, persino militanti comunisti conclusero tragicamente la loro esistenza nei durissimi campi di detenzione, uccisi in esecuzioni sommarie o addirittura gettati, vivi o morti, nelle profondità delle foibe. Il catalogo degli orrori del ‘900 si arricchiva così del termine, spaventoso, di “infoibato”».
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METODO GLOBALE DI EPILAZIONE PERMANENTE METODO CERTIFICATO TOTALMENTE SICURO epilazione donna e uomo
NO follicoliti NO peli incarnati BASTA cerette dolorose pelle liscia da accarezzare... ...sempre
Via Brigata Venezia, 7 BORGO VALS. Tel. 22
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Orario continuato: da martedì a venerdì 9.00 / 19.00 - il sabato 9.00 / 17.00
L’istruzione è riscatto di Massimo Dalledonne
Il concorso gruppo San Prospero a nuova campagna di sensibilizzazione sarà ideata e realizzata da uno o più ragazzi trentini. E’ quella promossa, con un concorso, dal Gruppo di Volontariato San Prospero di Borgo. Concorso destinato a ragazzi e ragazze con età compresa tra i 15 ed i 30 anni. Il bando è stato pubblicato nelle scorse settimane con gli elaborati che devono essere inviati, entro il 31 marzo, all’indirizzo gruppo.sanprospero@gmail.com o con plico raccomandato alla sede in via F. Dordi 11 a Borgo. La campagna di sensibilizzazione si intitola “L’istruzione è riscatto”. Ed ha come obiettivo quello di sensibilizzare le nuove generazioni sui temi legati alle migrazioni e in particolare sull’importanza dell’istruzione in ogni parte del mondo, soprattutto in contesti di crisi umanitarie. Secondo un nuovo rapporto dell’UNICEF (A Future Stolen Young and out of school – settembre 2018), un giovane o un bambino su 3 tra i 5 e i 17 anni che vive in paesi colpiti da conflitti o disastri non frequenta la scuola. In totale, 303 milioni di bambini e giovani tra i 5 e i 17 anni nel mondo non vanno a scuola. Dare a queste future generazioni un’istruzione di qualità e migliori prospettive lavorati-
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ve produrrà, un effetto economico e sociale positivo per i loro paesi. Da anni il Gruppo di Volontariato San Prospero è presente nel nord ovest dell’Uganda, nei Distretti di Arua, Koboko e Yumbe, nella regione del West Nile che ha recentemente vissuto un afflusso di persone senza precedenti che esercitano una pressione enorme sui già scarsi servizi di base (centri di salute, fonti idriche, scuole ecc.). Alla popolazione della regione di circa 2.800.000 persone si sono infatti aggiunti a partire dal 2016 più di 1 milione di profughi sud sudanesi, scappati dalla guerra. Le scuole primarie vicine a grandi concentrazioni di rifugiati sono al collasso, non reggono un aumento importante di alunni, disincentivando la frequenza dei bambini o alimentando conflitti tra rifugiati e comunità ospitanti. Si sta lavorando
per ampliare tre strutture scolastiche di cui due (Ariwa Primary School e Vurra Copes Primary School) vicine ai maggiori campi profughi presenti (Bidi Bidi, nel distretto di Yumbe e Rhino Camp, nel Distretto di Arua), e la terza (Uyiga Primary School, nel distretto di Koboko) in prossimità di uno dei principali punti di entrata in Uganda dei rifugiati provenienti dal Sud Sudan. Ogni scuola avrà quindi a disposizione 4 nuove aule e 2 nuovi set di latrine. Ogni aula sarà anche dotata di banchi per gli alunni e di cattedre per gli insegnanti. Ai giovani trentini si chiede di diventare soggetti attivi con una loro idea di comunicazione in merito all’importanza dell’istruzione. Possono partecipare persone singole o gruppi di persone con elaborati originali, creativi e significativi per una campagna di sensibilizzazione sulla stampa, tv e radio trentine ma anche sfruttando le nuove tecnologie. Il budget di spesa definito è di 4.300 euro (Iva compresa), se ne occuperà il primo classificato a cui verrà dato un premio in denaro di 700 euro, secondo il giudizio di una commissione composta da tre componenti scelti tra persone di comprovata esperienza professionale nei settori della comunicazione e della divulgazione culturale. Per saperne di più sul bando è possibile visitare il sito del GVSP.
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“La rosa tatuata” da Oscar di Chiara Paoli
Anna Magnani, la prima attrice italiana da Oscar 21 marzo 1956, Anna Magnani vince il Premio Oscar come migliore attrice protagonista per la sua interpretazione di Serafina Delle Rose nel film “La rosa tatuata”. È la prima volta che un’artista italiana viene premiata agli Academy Awards, il premio cinematografico più antico e ambito, assegnato a partire dal 1929. n realtà l’attrice non partecipò alla cerimonia di premiazione e la statuetta venne consegnata da Jerry Lewis a Marisa Pavan, candidata per la medesima pellicola nel ruolo di migliore attrice non protagonista. Lo stesso ruolo gli valse anche il Golden Globe come migliore attrice di film drammatico e un BAFTA, premio annuale inglese (British Academy of Film and Television Arts) che la decreta migliore attrice internazionale dell'anno. Anna Magnani, nata a Roma il 7 marzo 1908, è annoverata tra le migliori attrici della storia del cinema, ma la sua vita è stata tutt’altro che semplice. La madre Marina, da cui ha preso il
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cognome, era una sarta nella città di Ravenna, ma abbandonata dal padre, la donna decise di affidare la piccola alla nonna per emigrare verso Alessandria d'Egitto, dove sposa un austriaco benestante. Anna cresce nella casa della nonna assieme a cinque zie e a un'unica presenza maschile, ha modo di studiare e dedicarsi allo studio del pianoforte. Effettuerà un viaggio ad Alessandria d'Egitto per andare a trovare la madre, ma l'esperienza è decisamente negativa, perché non riesce a sentirsi amata. Rientrata a Roma, abbandona la musica per la recitazione, nel 1927 inizia a frequentare la scuola di arte drammatica Eleonora Duse, a quel tempo diretta da Silvio D'Amico. Con il compagno di studi Paolo Stoppa si ritrova nella compagnia di Antonio Gandusio che si innamora di lei e la spinge a cimentarsi nel cinema. Nel 1934, la troviamo impegnata nel varietà con il duo comico dei fratelli De Rege; dello stesso anno è il primo film intitolato “La cieca di Sorrento”, diretto da Nunzio Malasomma.
Il 3 ottobre 1935 convola a nozze con il regista Goffredo Alessandrini, con cui l’anno successivo gira il film “Cavalleria”. Il matrimonio finisce nel 1940, con la loro separazione, mentre il divorzio giungerà solo nel 1972. Interpreta vari ruoli, ma il primo a costruire un personaggio che possa dare visibilità alle sue doti d’attrice drammatica è Vittorio De Sica, nel 1941 con “Teresa Venerdì”. In quello stesso periodo è al fianco di Totò in una fortunata serie di spettacoli e partecipa alla pellicola “Campo de' Fiori” con Aldo Fabrizi.
“La rosa tatuata” da Oscar
Il 23 ottobre 1942 nasce il figlio Luca dalla relazione con il più giovane attore Massimo Serato che la lascia appena scoperta la gravidanza. Il figlio viene registrato, come avvenne per lei, con il cognome materno. La fama mondiale giunge nel 1945 con il primo Nastro d'Argento ottenuto grazie all'interpretazione in “Roma città aperta”, film manifesto del Neorealismo firmato da Roberto Rossellini con il quale avrà una relazione. A distanza di due anni ottiene il 2° Nastro d'Argento e il premio come miglior attrice alla Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, per il film “L'onorevole Angelina” di Luigi Zampa. Il 3° premio è nuovamente frutto della collaborazione con Rossellini, nella pellicola “L'amore”, ma segna anche la fine della loro relazione. L’anno seguente, mentre lei gira “Vulcano”,
Rossellini si dedica a “Stromboli terra di Dio” con Ingrid Bergman, sua nuova fiamma; le riprese dei due film sono rammentate come la guerra dei vulcani nella storia del cinema italiano. Con “Bellissima” di Luchino Visconti, nel 1951 colleziona il 4° Nastro d'Argento, e il 5° lo ottiene con il film “Suor Letizia - Il più grande amore”. Ma i riconoscimenti non finiscono qui. Nel 1958 viene premiata come migliore attrice con il David di Donatello e al Festival di Berlino, per l'interpretazione in “Selvaggio è il vento” di George Cukor. Un ulteriore David di Donatello giunge l’anno successivo con il film “Nella città l'inferno” del regista Renato Castellani. Nel 1962 è protagonista nella pellicola “Mamma Roma” di Pier Paolo Pasolini, regista con cui instaura un rapporto conflittuale. Nel 1971 si ci-
menta con la televisione, e l’ultima apparizione cinematografica avviene nel 1972, in un cammeo fortemente voluto da Federico Fellini. Muore a Roma il 26 settembre 1973, per un tumore al pancreas, circondata dall’affetto del figlio e di Rossellini, cui si era riavvicinata.
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La maternità negli USA di Francesca Gottardi è nostra corrispondente dagli USA
Quando la maternità è un privilegio Un paio di settimane fa sono uscita per una corsa mattutina con un’amica, avvocato. Mi dice di essere incinta. Si dichiara contenta perché è una delle poche donne americane ad avere il privilegio di stare a casa retribuita per un totale di sei settimane. È la mia mentalità europea ad avere il sopravvento, non mi sembra plausibile. Comincio così ad andare a fondo nella questione. La maternità in USA Negli USA il congedo di maternità o parentale non esiste. È semmai l’azienda ad offrirlo, senza però l’obbligo di doverlo fare. Esiste una legge in materia, chiamata “atto di congedo famigliare e medico” (FMLA). Tale legge copre però solo le dipendenti a tempo pieno in imprese con almeno 50 lavoratori. Garantisce tre mesi all’anno di congedo non retribuito. Secondo dati de l’Internazionale, l’FMLA interessa circa la metà delle donne lavoratrici USA. Di queste, suppergiù il 12% gode di un permesso di maternità retribuito. Le altre si arrangiano come possono. “Alla mia collega le si sono rotte le acque in ufficio”, mi racconta Emily, “qui si lavora fino al giorno del parto, poi per fortuna è cosa sempre più diffusa poter stare a casa qualche settimana”. Lisa si lamenta invece che a lei in qualità di insegnante alle scuole elementari pubbliche della città non è garantito nemmeno un giorno a casa. “Se vogliamo fare un figlio dobbiamo pianificarlo in estate”, periodo in cui le scuole sono chiuse. È questa anche l’esperienza di Joseph, che da poco è diventato papà. “mia moglie lavorava per un piccolo asilo privato” racconta. “quando ha scoperto di essere incinta il manager l’ha convocata per chiederle se poteva rientrare al lavoro appena due settimane dopo il parto, la richiesta ci ha
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scioccato.” Joseph parla di come sua moglie si sia poi dovuta licenziare. Aveva le nausee, non si sentiva bene, ma l’aspettativa era che lavorasse come se non fosse incinta. Ad un certo punto la situazione è diventata insostenibile. Aggiunge di come anche lui, dottorando all’università, si sia trovato in difficoltà. “La settimana del parto ho chiesto ai professori di poter stare a casa con mia moglie ed il neonato. Mi è stato dato il permesso, con la clausola che studiassi da casa il contenuto delle lezioni, e che rientrassi la settimana successiva.” Joseph scrolla le spalle con la rassegnazione di chi riconosce quale sia la mentalità da queste parti. La rivista Bloomberg Businessweek evidenzia come questa sia una condizione sempre più diffusa. Le donne oggi sono istruite, lavorano, desiderano fare carriera, ma non rinunciano alla famiglia. Questo porta ad una situazione problematica, in quanto i neogenitori—e le donne in particolare—si trovano a subire pressioni significative, ma con scarse o assenti garanzie. La maternità in Italia In forte contrasto con gli Stati Uniti, Italia il congedo di maternità è obbligatorio. L’Italia tutela la maternità con una media di 140 giorni di astensione dal la-
voro, retribuita. Da qualche anno anche per i padri è prevista la possibilità di fare richiesta del congedo per paternità alla nascita del figlio. Le norme che disciplinano permessi e congedi a tutela della maternità e della paternità sono contenute nel decreto legislativo n. 151 del 26 marzo 2001— anche detto Testo Unico maternità/paternità. Alla madre spetta un congedo obbligatorio nei due mesi antecedenti alla data del parto, e nei 3 mesi successivi alla nascita del bambino. È questa l’esperienza di Anna giovane impiegata di Trento che sta vivendo la sua gravidanza con serenità. “Quello della maternità è un periodo delicato che va riconosciuto nella sua importanza, e che è giusto sia tutelato”.
Uno studente dell’Istituto Agrario S. Michele incoronato a Roma di Armando Munao’
Denis Battisti premiato per “Salva la tua lingua locale” Grande soddisfazione e pieno merito per il Trentino nell’ambito del celebre concorso letterario nazionale “Salva la tua lingua locale”. Denis Battisti, studente al terzo anno dell’Istituto Agrario S. Michele all’Adige (classe III C – OTA) si è aggiudicato il terzo posto ex aequo grazie all’opera “El Castel Beseno – Il Castel Beseno”, poesia in dialetto trentino. l premio “Salva la tua lingua locale” è l’unico concorso nazionale (giunto quest’anno alla sua sesta edizione), dedicato alle opere in dialetto o lingua locale, in prosa, poesia e musica. Il premio è stato istituito dall’Unione Nazionale delle Pro Loco (Unpli) e da Legautonomie Lazio, ed è organizzato in collaborazione con il Centro Internazionale Eugenio Montale, e, per la sezione scuola, con l’Ong “Eip-Scuola Strumento di Pace”. Due le sezioni: quella principale e la Sezione Scuole. La premiazione ufficiale delle opere vincitrici della sezione Scuola si è tenuta nella sala della Protomoteca del Campidoglio a Roma, in occasione della “Giornata internazionale della Lingua Madre” promossa dall’Unesco. E una
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Da sinistra il presidente UNPLI Antonino La Spina, la consigliera della Federazione Pro Loco Monica Viola, la docente Eliana Gruber, e Denis Battisti
speciale “Menzione d’onore” è stata conferita alla professoressa Eliana Gruber, quale referente dell’iniziativa con la seguente motivazione: “per essersi distinta per la competenza linguistica e l’attiva collaborazione con le scuole del territorio”. La premiata, esprimendo grande soddisfazione per l’importante riconoscimento, ha voluto sottolineare “ L’importanza di questo premio perché dà voce al linguaggio quotidiano dei ragazzi, il dialetto, in cui si rispecchiano talvolta maggiormente che nell’italiano insegnato a scuola. Ho apprezzato molto che la partecipazione al premio da parte dei ragazzi sia stata volontaria e spontanea, e il lavoro stesso di Denis Battisti mi è arrivato finito e non vi è stato fatto alcun intervento da parte dei docenti.” A consegnare il premio all’autore e alla professoressa sono stati il Sottosegretario al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Salvatore Giuliano, il presidente dell’UNPLI Antonino La Spina, e il presidente onorario del premio,Giovanni Solimine. Alla cerimonia era presente anche la consigliera regionale della Federazione Trentina Pro Loco e loro Consorzi – UNPLI Trentino, Monica Viola, che non solo ha fatto i suoi complimenti “in primis a Denis, e poi alla scuola e alla docente Gruber, che sono riusciti a trasmettere ai ragazzi il senso profondo di questa opportu-
nità. Sensibilizzare i ragazzi all’importanza del dialetto come veicolo di tradizioni, cultura e storia dei nostri territori, è un tema fondamentale”, ma ha anche voluto precisare come “Grazie all’impegno delle Pro Loco, all’adesione delle scuole e al lavoro degli insegnanti, il concorso consente ai più giovani di scoprire, apprezzare e valorizzare, spesso per la prima volta, il patrimonio culturale immateriale di cui sono portatori dialetti e lingue locali, contribuendo a rinsaldare il legame fra le nuove generazioni e l’identità dei territori”.
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Dalle montagne alla scienza di Elisa Corni
Uno scienziato valsuganotto: Vittorio Marchesoni ontagne scoscese, colli assolati, fiumi e rivi, la vallata, due laghi: questi gli ambienti naturali più salienti della Valsugana, ambienti che nascondono ricchezze naturalistiche incredibili. Si pensi ai canneti o alle aree naturali protette di cui abbiamo in diverse occasioni scritto su questa rivista, alla ricchezza naturalistica dei boschi che lambiscono i centri abitati, alla vitalità del fiume Brenta con i suoi immissari ed emissari. E poi i due laghi, quello di Caldonazzo e quello di Levico, ove flora e fauna autoctone e, ahinoi, alloctone hanno trovato vita fertile. Questo territorio ha dato i natali a diversi scienziati: farmacisti e naturalisti che forse proprio grazie alla ricchezza dell’ambiente in cui sono nati e cresciuti hanno trovato lo stimolo giusto per intraprendere la carriera che ne ha fatte persone fuori dal comune. Uno di questi fu il caldonazzese Vittorio Marchesoni (1912-19163) formatosi alla scuola tridentina di Trener e poi divenuto importante professore alle università di Padova e Camerino. La passione di Marchesoni era la botanica, quella scienza che studia le piante dal punto di vista della fisiologia, della classificazione, dell’utilità e dell’ecologia. Nel corso dell’Ottocento e nei primi del Novecento, quando il Trentino era ancora sotto l’austria-Ungheria,
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diversi studiosi si erano dedicati allo studio delle specie botaniche dei nostri due laghi: le prime citazioni del lago di Caldonazzo, ad esempio, compaiono negli studi del bolzanino Franz von Hausmann, autore della prima opera sulla flora tirolese. All’inizio del secolo successivo fu il turno di Enrico Gelmi e del caldonazzese Damiano Graziadei, entrambi ricercatori presso il Museo Tridentino di Scienze Naturali. Ma con la guerra e il fascismo tutto si fermò. Fino al secondo dopoguerra, quando Vittorio Marchesoni comparve sulla scena. Marchesoni si era laureato nel 1937 all’Università di Padova, istituto nel quale fu illustre professore. I suoi corsi riguardavano per l’appunto la botanica, l’erboristeria, la chimica agraria, la botanica farmaceutica, la veterinaria, la fisiologia vegetale e molto altro. Dal 1954 la sua vita si sdoppiò: da un lato andò a sostituire Gianbattista Trener alla guida del Museo Tridentino di Scienze Naturali, dall’altra si trasferì a Camerino, per insegnare nel prestigioso istituto - del quale divenne rettore nel 1960. Se la sua carriera si divise sempre tra Centro e Nord Italia, non di meno fu-
rono i suoi studi, che in entrambi i casi si concentrarono su due laghi. Quello del suo paese natale, Caldonazzo, e il Lago di Pilato, un minuscolo specchio d’acqua situato nei Monti Sibillini nell’Appennino Umbro-Marchigiano. È in questo piccolo lago appenninico che, nel 1954, scoprì un crostaceo endemico presente solo in quello specifico ambiente naturale di origine glaciale, e che proprio per questo si chiama Chrocephalus marchesonii, o chirocefalo di Marchesoni. A proseguire le ricerche furono altri studiosi, ma la scoperta è attribuita proprio al botanico valsuganotto. Il suo nome si lega a doppio filo anche a un altro fenomeno unico e purtroppo, scomparso: un tempo il Lago di Tovel, famoso per il colore pressoché una specie caratteristica di alghe conferiva alle sue acque altrimenti azzurre in determinati periodi dell’anno. Anche qui, il nome del botanico “panizaro” compare: l’alga si chiama infatti Glenodinium Sangui-
Dalle montagne alla scienza
neum Marchesonii. Il filo rosso della vita di questo eminente studioso sembrano essere i laghi, come quello della sua infanzia nel quale tornò a partire dal 1947 per eseguire una importante e vasta ricerca scientifica sulle specie che lo popolavano. A partire dall’aprile di quell’anno, e per i mesi successivi, Marchesoni dedicò tempo ed energie a raccogliere campioni, eseguire analisi e prendere nota delle sue osservazioni; tutto ciò gli permise di costruire un dettagliato e probabilmente esaustivo catalogo della biologia del Lago di Caldonazzo e dei suoi dintorni. Oggetto delle ricerche non furono solo le specie botaniche lacustri, ma anche quelle della zona litoranea e dei terreni paludosi che all’epoca si estendevano in diversi punti del lago. I risultati di questa ricerca
Vittorio Marchesoni (al centro), Sistema Museale di Ateneo
furono pubblicati due anni dopo: una pubblicazione che i botanici dopo di lui consideravano una vera e propria Bibbia. Marchesoni per questi e molti altri
motivi fu nel 1960 nominato accademico degli Agiati. Tre anni dopo, lo studioso morì. Oggi a lui sono dedicate diverse strade e sale pubbliche a Trento come a Caldonazzo.
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Conosciamo il territorio di Elisa Corni
La Claudia Augusta Altinate, una strada che unisce attraverso i secoli el corso della storia, le varie società hanno sviluppato diversi percorsi viari per raggiungere quelli che erano i nodi nevralgici della loro società. Questi percorsi congiungevano per esempio le aree di caccia con quelle di vita nei periodi dell’anno più rigidi per le popolazioni di cacciatori-raccoglitori della preistoria; oppure i porti con le città commerciali nelle ere successive, fino alle capitali europee, oggi come oggi, con le autostrade e le ferrovie odierne. Per lungo tempo, ovviamente, le strade erano differenti rispetto a quelle che oggi solchiamo: intanto dovevano essere percorse soprattutto a piedi, e poi dovevano adattarsi a territori che non avevano subito modifiche sostanziali. Ciò significa, per esempio, che tendenzialmente si trovavano in costa per evitare le paludi ancora non bonificate; oppure i percorsi si dovevano allungare per passare attorno a una collina, o affrontare impervie pendenze nel caso della presenza di vere e proprie montagne - non si costruivano ancora le gallerie. L’Italia e l’Europa sono ricche di questi percorsi viari: alcuni si usano ancora e sono stati adattati alle necessità moderne, mentre altri sono diventati, nel migliore dei casi, dei percorsi di turismo pedonale o ciclo-pedonale. Anche la nostra Valsugana è, in più punti, attraversata da una di queste antiche strade: si tratta della Via Claudia Augusta Altinate. Una strada ricca
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di vissuto, che oggi vede, in diversi tratti, una rinascita importante. Ma quale è la sua storia? Nel 15 a.C. il giovane generale Druso mosse la sua vittoriosa guerra contro Rezi e Vindelici, popolazioni attestate al di là delle Alpi; fu la prima delle campagne militari che nel giro di un ventennio avrebbero portato l’Impero romano alla conquista di tutto il mondo germanico. Druso partì da Aquileia e, inglobando antichi percorsi preromani, tracciò per il suo esercito quella che sarebbe poi diventata la via Claudia Augusta Altinate. La strada fu poi completata tra il 46-47 d.C. dal figlio di Druso, l’imperatore Claudio a cui essa è dedicata: partiva da Altino, località appena a nord di Venezia, e arrivava ad Augsburg in Baviera; divenne un importante collegamento stra-
dale per i commerci, i controlli militari dei nuovi confini e perché, nel suo percorso, incrociava altri rilevanti assi viari. Se gli storici sono in accordo nel riconoscere i capolinea di Augsburg e Altino, molte sono invece le ipotesi sul percorso che la strada seguiva all’interno della X Regio, specie in Veneto. Grazie ai ritrovamenti archeologici, sicuri sembrano essere il passaggio per Quarto, il guado del Piave presso Nervesa della Battaglia e l’arrivo a Falzè di Piave, ma incerto è il tracciato successivo, fino a Feltre. La conferma del passaggio feltrino viene dal cippo ritrovato a Fener, ma soprattutto da quello scoperto nel 1786 a Cesiomaggiore, vicino Feltre, e che risale agli inizi del 47 d.C. Su di esso si legge: “Tiberio Claudio Cesare Augusto Germani-
Conosciamo il territorio
co… la via Claudia Augusta che il padre Druso, aperte le Alpi con la guer-
ra, aveva tracciato, munì da Altino fino al fiume Danubio per miglia 350”. Da Feltre la via penetrava quindi nell’odierno Trentino, probabilmente attraverso il Tesino dove l’area archeologica del dosso di San Ippolito a Castello, potrebbe far pensare a un punto d’appoggio per i viaggiatori. Passando per Spera e mantenendosi probabilmente a mezza costa a causa dell’impraticabilità del fondovalle soggetto a impantanamenti, la via Claudia Augusta Altinate si dipanava lungo la Valsugana, raggiungendo Borgo e Levico. Il ritrovamento nel 1878 in un vigneto di Tenna di un miliare con incisa solo la cifra XXXXI, vale a dire quarantuno mila passi romani che sono effettivamente quelli che all’incirca separano Tenna da Feltre, testimonia che la via passava da quelle parti, dove di preciso non si sa perché
il cippo non è stato trovato in situ, ovvero nel luogo in cui era stato posto originariamente. L’innesto nella Valle dell’Adige avveniva probabilmente via Civezzano e Meano, dopodiché la strada risaliva a Bolzano e piegava in val Venosta per raggiungere il Passo Resia. Il cippo ritrovato nel 1552 a Rablà di Parcines vicino a Merano, in cui si indica il fiume Po come punto d’origine della strada, ha portato gli studiosi ad avanzare l’ipotesi che all’altezza di Trento la via Claudia Augusta si sdoppiasse nel ramo Altinate, quello che passa per la Valsugana, e nel ramo Padano che raggiungeva il Po fino ad Ostiglia. Il tratto altoatesino di questa importante via di comunicazione è stato premiato lo scorso febbraio come una delle più belle vie cicloturistiche d’Italia.
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Attualità di Chiara Paoli
«Nel muro» con Mauro Corona ’incontro con Mauro Corona, per parlare del suo nuovo libro “Nel muro”, si è inserito nella mini rassegna ideata dalla Pro Loco di Vattaro, “Vigolana Mountain Evolution”. Il teatro di Vigolo era gremitissimo e già alle 20 i Vigili del Fuoco non permettevano più l’ingresso alla struttura. Molte persone hanno potuto partecipare all’incontro, in video conferenza nella sala sottostante, dove Mauro Corona è giunto per i saluti dopo la presentazione. L’occasione ci ha permesso d’intervistare lo scrittore, appassionato di montagna, che ci ha parlato del suo libro e non solo. Di cosa parla il tuo ultimo romanzo, “Nel muro”? Visto che siamo in un periodo in cui la violenza sulle donne è molto aumentata e c’è una recrudescenza, io avevo questa storia che sentivo dai vecchi, quindi ho ambientato questo libro un secolo e mezzo fa, però attualissimo, nel senso che è una denuncia sulla violenza alle donne. L’uomo ha capito, da quando si è rizzato in piedi con la clava, che la donna è più forte di lui, quindi quando non ha accettato questa situazione, si è scagliato contro le donne. Quando la parte in ombra del maschio non viene controllata, potremmo citare Naphta e i settembrini o il dottor Jekyll e Mr. Hyde, quando questo lato dell’anima, del cuore, non lo controlli, ecco che succedono le stragi, i femminicidi sulle donne. È un romanzo inventato, ma la dice lunga sull’incapacità del maschio di accettare la forza della donna. Cosa c’è ancora da dire sul rappor-
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to uomo-natura? Mi trovo di fronte a un uomo, Francesco Moser, che è stato all’attenzione del mondo e ha scritto la storia del ciclismo mondiale, ma da dove è partito questo? Dalla terra ed è tornato alla terra. C’è una bella leggenda di Borges che racconta di un uccello dei boscaioli canadesi che vola all’indietro e gli chiedono perché voli all’indietro con il rischio di spaccarti il becco? Perché voglio ricordarmi da dove sono venuto, le nostre origini, la terra. Anche Moser è tornato a lavorare la terra e produrre il vino. Anch’io nonostante la Bianca Berlinguer, rimango attaccato alle mie montagne, alla terra. Come sono i rapporti con Bianca Berlinguer? La prima puntata, il primo collegamento l’ho fatto da casa mia, e lì c’era il fuoco nella stufa, come da secoli, e lei pensava fosse un fuoco artificiale, vedi la vita che ci separa da Roma, gli ho ben detto di venire su ad appoggiarci le mani e da lì ha capito che le tiravo su gli ascolti. E perché tiro su gli ascolti? Perché sono una persona normale, e dico le cose, perché la gente non è più abituata a sentirle, tutti azzimati e infarfallati. Capito questo mi ha fatto un contrattino fino a fine giugno, i cui soldi voglio devolvere ai boschi devastati dal disastro di ottobre, a me non interessano i soldi. Cosa vuole insegnare ai giovani di oggi? I giovani al di là di quello che dicono
sono molto più in gamba di noi, ovviamente sono un po’ spaesati, perché noi più anziani non vogliamo mollare il fronte, quindi cominciamo a dire che i giovani non valgono nulla, i nostri giovani parlano anche due, tre lingue, sono molto in gamba. Io non dico ai giovani non bevete, perché è come prendere che non piova. Qui è demagogia, bisogna saper bere. Vorrei educare i giovani a imparare a bere bene, ho scritto un libro che si intitola “Guida poco che devi bere”. Un vecchio detto diceva del “Trentino, Moser e il vino!” La seconda serata di Vigolana Mountain Evolution, si è svolta nel teatro di Caldonazzo, e ha previsto la proiezione in anteprima del docufilm realizzato da Luigi Tonezzer per raccontare la
Attualità
costruzione del bivacco alla Madonnina. La struttura è stata ricostruita due anni fa, seguendo il progetto dell’architetto Riccardo Giacomelli, una struttura lignea, che vuole mimetizzarsi tra le cime delle montagne che la circondano. Il film racconta le fasi della nuova costruzione, ma fa riemergere dal passato anche i racconti di chi ha partecipato alla prima costruzione negli anni ’60. L’evento è stato organizzato grazie alla sinergia tra la Pro Loco di Vattaro, in collaborazione con il Consorzio Turistico della Vigolana, la SAT di Caldonazzo e la libreria Giunti di Asiago, e grazie anche al supporto di Cooperazione Reciproca e Futura. La Pro Loco di Vattaro nata nel 1951, si è rinnovata nel 2016, e grazie a un direttivo giovane e volenteroso, guidato dal presidente Michael Giaco-
melli, opera per la promozione del territorio. Il festival è stato pensato per far riflettere, anche su cosa significhi il rispetto per la natura che ci circonda, messaggio imprescindibile per far co-
noscere ma anche per difendere il patrimonio locale, rappresentato dalla Vigolana e dalle splendide montagne che la abbracciano.
da sin. Francesco Moser, la nostra Chiara Paoli e Mauro Corona
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Ieri avvenne... di Franco Zadra
Albert Einstein compie 140 anni
Il 14 marzo 1879, nasceva a Ulm, nella dispotica Germania di Bismarck, Albert Einstein, da genitori ebrei non praticanti che un anno dopo la sua nascita si trasferirono a Monaco di Baviera dove il padre Herman apre, con il fratello Jacob, una piccola officina elettrotecnica. Introverso e solitario, impara a parlare molto tardi ma il suo contributo alla scienza fisica e alla filosofia ha prodotto una rivoluzione con nuove idee e un nuovo modo di pensare che sono ancora oggetto di studio e approfondimento, se non di accettazione e applicazione, alla base delle credenze comuni e condivise dagli scienziati. Disse di sé: «Per essermi ribellato contro ogni forma d’autorità il fato mi ha punito facendo di me un’autorità». adre della fisica moderna, prima di lui gli scienziati pensavano che l’universo fosse infinito, Einstein propose l’idea di uno spazio tridimensionale curvo e chiuso, all’interno del quale, se immaginassimo di volare seguendo una linea retta, così come accade in
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un volo attorno al pianeta, non incontreremmo mai un confine fisico, e lo dimostra nella sua teoria della relatività generale, e cioè che lo spazio tridimensionale del nostro universo può essere curvo e finito proprio come lo è la superficie curva della Terra.
Padre della fisica moderna, prima di lui gli scienziati pensavano che l’universo fosse infinito, Einstein propose l’idea di uno spazio tridimensionale curvo e chiuso, all’interno del quale, se immaginassimo di volare seguendo una linea retta, così come accade in un volo attorno al pianeta, non in-
Ieri avvenne....
contreremmo mai un confine fisico, e lo dimostra nella sua teoria della relatività generale, e cioè che lo spazio tridimensionale del nostro universo può essere curvo e finito proprio come lo è la superficie curva della Terra. Albert Einstein è una grande figura di transizione nella storia della fisica. Come Isaac Newton completò la transizione, iniziata da Galileo, dalla fisica scolastica medievale a quella classica, egli guidò la transizione dalla fisica newtoniana, che considerava l’universo oggettivo come qualche cosa di predeterminato, immodificabile, dove gli ingranaggi del grande orologio cosmico girano indifferenti alle vicende umane come le stelle nel loro moto silenzioso, per cui si poteva affermare, in un certo senso, che l’eternità era già trascorsa, alla teoria quantistica degli atomi e della radiazione, e cioè a una nuova fisica non newtoniana che però non riconobbe mai poiché gli ripugnava ammettere che alla base della realtà fisica regnasse il caso. Diceva, infatti, «Dio non gioca a dadi con l'universo». In uno studio psicoanalitico dedicato
all’infanzia di Einstein, il famoso psicologo Erik Erikson lo descrisse come «Albert, il bambino vittorioso», nel quale, per carattere e per l’educazione ricevuta, era presente un senso di profonda fiducia nell’universo e nella vita, elementi fondamentali di ogni autonoma ricerca alle frontiere della conoscenza umana. Pur non essendo propriamente degli intellettuali, i suoi genitori erano rispettosi della cultura e amanti della musica. Non essendo ebrei osservanti, lo avevano iscritto a una scuola cattolica, dove fu preso da una temporanea ma intensa infatuazione per i riti e il simbolismo religiosi. All’età di 67 anni, nella sua “Autobiografia scientifica”, Einstein scrive: «...la vanità delle speranze e degli sforzi che travolgono incessantemente la maggior parte degli uomini in una corsa affannosa attraverso la vita, mi aveva colpito profondamente. Per il solo fatto di possedere uno stomaco, tutti erano condannati a partecipare a questa corsa; ma tale partecipazione poteva forse soddisfare lo stomaco, non già l’uomo come essere pensante e dotato di sentimenti. La prima via d’uscita era offerta dalla religione, così divenni religiosissimo, ma cessai improvvisamente di esserlo all’età di
12 anni». Infatti conclude: «La contemplazione del mondo, che esiste indipendentemente da noi, esseri umani, e che ci sta di fronte come un grande eterno enigma, accessibile solo parzialmente alla nostra osservazione e al nostro pensiero, mi attirò come una liberazione, e il possesso intellettuale di questo mondo mi apparve come la meta più alta fra quelle concesse all’uomo». Moltissimi sono gli aneddoti riferibili a quello che è universalmente considerato «il genio dell’umanità» per antonomasia, come quello che lo vedrebbe come studente non proprio brillante e bocciato in matematica; in realtà, nel primo tentativo di iscriversi al Politecnico di Zurigo, nel 1895 affronta un esame di ammissione che non supera per insufficienza nelle materie letterarie. Nel corso degli studi superiori matura la scelta di dedicarsi alla fisica piuttosto che alla matematica; si laurea nel 1900 e prende la cittadinanza svizzera per assumere un impiego all'Ufficio Brevetti di Berna, lavoro che gli consente di dedicare gran parte del suo tempo allo studio della fisica. Nel 1905 pubblica tre studi, uno dei quali, "Elettrodinamica dei corpi in movimento", gli vale, nel 1921, il premio Nobel per la Fisica. Un meno conosciuto contributo “post mortem” di Einstein è nel campo delle neuroscienze. Thomas Stoltz Harvey, il patologo che effettuò l'autopsia, di propria iniziativa rimosse il cervello e lo conservò a casa propria in un barattolo sottovuoto per circa 30 anni. Un sorta di furto che ha però permesso di analizzare quel mitico cerebro con strumenti e tecniche impensabili al momento della morte, sopraggiunta all'età di 76 anni negli Stati Uniti, a Princeton, il 18 aprile 1955, circondato dai più grandi onori.
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ABBIGLIAMENTO E INTIMO DA 0 A 99 ANNI
TUTTA LA MODA PER... LA TUA PRIMAVERA
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Sanremo Story di Franco Zadra
Sanremo la preistoria
Sanremo1951- Info Cilento
ocumenti d’annata ci dicono che un prototipo del Festival di Sanremo risale al 1931, quando nel comune rivierasco si tenne una manifestazione analoga con canzoni napoletane, ma anche il 15 agosto 1936, invece a Rimini, ci fu un Festival della canzone italiana trasmesso alla radio e replicato nel 1937. Altra manifestazione antesignana del Festival si tenne a Viareggio nel 1948 e nel 1949, ma non ebbe alcun seguito. Alberto Sargentini, presidente del Comitato Festeggiamenti, che organizzava il Carnevale cittadino, intendeva vivacizzare la stagione e decise così di rivolgersi ad Aldo Valleroni, autore di canzoni e giornalista, e a Sergio Bernardini, poi divenuto celebre per essere stato l’animatore della “Bussola”. Tra tutti misero insieme 150mila lire e organizzarono un festival della canzone italiana, prendendo subito in considerazione l’ipotesi di trasmettere la manifestazione alla radio, e contattando la sede Rai di Firenze. Fu così che la sera del 25 agosto 1948 presso il dancing “La Capannina” di Viareggio, con l’accompagnamento dell’orchestra di-
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giche che avevano penalizzato il Carretta dal maestro Francesco Ferrari e nevale di Viareggio, che costrinsero il dei suoi cantanti Narciso Parigi, BrenComune a tagliare alcune spese, tra da Gjoi, e Silvano Lalli, presentati da cui quelle per il festival della canzone. Amerigo Gomez, si tenne la prima Così, nonostante gli sforzi di Sergio edizione del Festival, e Radio Firenze Bernardini, che non poteva sostenere (la sede Rai toscana), mandò le dieci da solo i costi della manifestazione, la canzoni giunte in finale, selezionate terza edizione della rassegna canora fra le numerose pervenute alla giuria; saltò definitivamente, ma l’idea di un vinse Serenata al primo amore, di festival della canzone italiana si sarebGiannantonio Moschini. La seconda be concretizzata, l’anno dopo, a Sanedizione del 25 agosto 1949 vide la remo. partecipazione di cantanti di discreta fama e vinse Gastone Parigi con Il topo di campagna, una samba dal ritmo molto acceso. Nel 1950 la manifestazione non si tenne più a causa delle avverse condizioni Marisa Allasio, Nunzio Filogamo e Fiorella Mari meteorolo-
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Sanremo Story
Nilla Pizzi - Grazie dei fiori
Sanremo 1951, vince “Grazie dei fiori” ercando un’idea per incrementare il turismo nella stagione morta, l'allora direttore delle manifestazioni e delle pubbliche relazioni del casinò di Sanremo, Angelo Nicola Amato, e Angelo Nizza, conduttore della trasmissione radiofonica "I tre moschettieri" e assiduo frequentatore del casinò municipale, si accordarono con l'Ente italiano per le audizioni radiofoniche (EIAR), l’ente che funzionava come editore e operatore radiofonico in regime di monopolio, e chiesero alle case discografiche di inviare dei cantanti per una particolare manifestazione canora.Evolution”. Fu così che il 29 gennaio 1951, dal salone delle feste del Casinò di Sanremo, con il saluto in diretta radiofonica dello storico conduttore Nunzio Filogamo agli «amici vicini e lontani», iniziò la prima edizione del festival. Nilla
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Pizzi, Achille Togliani, e il Duo Fasano, gli unici interpreti partecipanti, si alternarono nell'esibizione di venti canzoni che il previdente regolamento sanciva dover essere composte da autori italiani con testi in lingua italiana, o nei vari dialetti regionali, mai eseguiti pubblicamente in precedenza. Da notare quindi che non si era ancora in presenza di un culto della personalità dell’artista, piuttosto il focus era tutto concentrato sulla canzone. Da vendere c’era infatti Sanremo, vetrina nella quale venivano esposti prodotti di qualità, le canzoni, dei quali gli artisti erano semplicemente degli esecutori più o meno capaci. A vincere fu Grazie dei fiori, interpretata da Adionilla "Nilla" Pizzi; il 16 aprile prossimo compirebbe 100 anni e proprio in questi giorni, il 12 marzo, ricorre la memoria della morte avvenuta a Mila-
no nel 2011. L’anno seguente, cantate sempre dalla Pizzi, conquistarono, unico caso mai più replicato da una artista del Festival, l’intero podio, nell’ordine, Vola colomba, Papaveri e papere, e Una donna prega. Fino al 1954 il festival si poteva solamente ascoltare via radio, poi vi fu l’avvento della televisione, dal 1955. Da quell’anno il Festival si trasformò in vero show televisivo con una richiesta particolare per il pubblico femminile in studio: non indossare scollature troppo evidenti per non scandalizzare le famiglie che avrebbero guardato il Festival. E a proposito di memoria, pare impossibile confrontare Grazie dei fiori con la canzone di Mahmood vincitrice quest’anno, Soldi, ma la prima ce la ricordiamo, la seconda, come faceva? Bho! È vero! Una nipotina di 5 anni ha imparato a memoria e canta in conti-
Sanremo Story
nuazione Occidentali’s Karma di Francesco Gabbani, vincitore del Festival di Sanremo del 2017, ma diciamoci la verità, oppure abbiamo il coraggio di chiederci «che cosa significa?», che senso porta al nostro oggi? Quale riferimento culturale vi troviamo al quale agganciare una qualche ricordo, una emozione? Forse i «Budda in fila indiana»? Una società che si racconta cantando La classifica del 1953 , vedrà sul podio quattro coppie di interpreti. Vincitrici Carla Boni e Flo Sandon’s, pseudonimo di Mammola Sandon, con la canzone Viale d’autunno. Se mai qualcuno ha detto che «non è tanto aver vissuto che conta, ma saperlo ricordare e raccontare», questo è forse tra i pochi elementi che valorizzano costantemente il Festival di Sanremo e che possiamo riconoscere nelle canzoni di ieri e di oggi. Sanremo racconta l’Italia agli italiani e moltissimi passaggi della sua storia, della società, si possono associare a qualche canzone di Sanremo. Una costante, un ingrediente che non è mai mancato nella proposta musicale di ogni anno, e senza sforzo riconosciamo in messaggi come quelli cantati da Loredana Bertè nel suo, sembra sarà, ultimo Festival, «che cosa vuoi da me...», allo stesso modo come in «Erano tre fratelli pescatori, con una mamma bianca, e una barca nera e con tre cuori ancora da creatura...» del brano ...e la barca tornò sola composto da
1966 - Modugno e Gigliola Cinquetti
1953 - Carla Boni, Flo Sandon
tempi fu considerato una vera provocazione? E Gino Paoli che fu il primo, creando un vero scandalo, a esibirsi senza il tradizionale smoking, e addirittura con la cravatta slacciata? Per la cronaca non mancò una sonora critica da parte del Vaticano tramite l’Osservatore Romano che titolò «Un festival che vorremmo dimenticare al più presto», in riferimento alle nuove tendenze canore emerse durante la rassegna. Da segnalare poi, per la 1967 - I presentatori Renata Mauro e Mike Bongiorno con i vincitori Iva Zanicchi e Claudio Villa prima volta a Sanremo, una massiccia presenza dei cantautori: oltre ai suddetti CelenNel corso delle prime edizioni si assitano e Paoli, anche Bindi, Giorgio Gaste, insomma, a una vera trasformaber, Bruno Martino, Pino Donaggio, zione nei testi e dei contenuti delle Joe Sentieri, Edoardo Vianello, e Giancanzoni, come anche della presenza ni Meccia. Un caso emblematico di “scenica” dei cantanti. Nel 1958 Moduquesta “nuova” corrispondenza tra gno con la sua “nel blu dipinto di blu” canzoni e società è la vincitrice dell’ee con “ciao ciao bambina”, trasforma il dizione del 1970, “Chi non lavora non genere musicale tradizionalista in un fa l’amore”, interpretata da Celentano qualcosa di concettualmente diverso. e Claudia Mori; a pochi deve essere Non più solo amore, rapporto, sentisfuggito il riferimento all’ondata di mento di coppia, e melodia, ma nuoscioperi dell’anno precedente a cove parole che hanno a che fare con minciare dallo sciopero generale delun diverso modo di vedere e concepire il quotidiano. E cosa dire di Celental'industria privata contro le gabbie sano che nel 1961 cantando “24mila lariali del 12 febbraio, o i fatti tragici baci” mostrò la schiena al pubblico del 9 aprile, quando durante una giorcon un comportamento che a quei nata di sciopero contro la chiusura del Mario Ruccione, piazzatosi al 3º posto, con 77 voti, al Festival di Sanremo 1954 (vinto dalla canzone "Tutte le mamme") nell'interpretazione di Gino Latilla con il Duo Fasano e di Franco Ricci.
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Sanremo Story
tabacchificio, nel corso di una manifestazione a Battipaglia, la polizia spara e uccide due persone. Ma la cronaca riporta almeno altri 8 scioperi generali quell'anno, tra edili, metalmeccanici, autoferrotranvieri, sindacati uniti, o contro il “caro affitti”. L’Italia scendeva in piazza e Sanremo la raccontava. Sanremo e il ‘68 La cronaca giudiziaria, come ha recentemente evidenziato in un tweet un attento giornalista del Trentino, Paolo Morando, cita il Festival di Sanremo nella sua diciottesima edizione come la prima apparizione pubblica di Pietro Valpreda, l’anarchico noto per il suo coinvolgimento nel procedimento giudiziario per la strage di Piazza Fontana, dal quale uscì poi assolto dopo 4 anni di carcere e un iter processuale di quasi 20.
Canzone per te, e Adriano Celentano lascia la sala in polemica con la giuria, perché «non era giusto che vincesse Endrigo - come ebbe a dichiarare in seguito Celentano -. C’erano canzoni più belle della mia ma anche tante migliori della sua». Sanremo, colore e play back Tra il 1976 e il 1977 l’Italia avviò ufficialmente le trasmissioni a colori, e Sanremo va in onda a colori nella 27esima edizione per la prima volta al Teatro Ariston dal 3 al 5 marzo 1977, presentata da Mike Bongiorno e Maria Giovanna Elmi. 1961 - Adriano Celentano - Il Sole 24 Ore Non furono comunque molti gli italiani che videro lo spettacolo a coIl 28 gennaio 1968, a Sanremo, Valprelori poiché il mercato del bianco e da viene fotografato e intervistato da nero ancora teneva per ragioni di coGiacomo Alexis per “Lo Specchio”, tra i sti. Da subito però il colore sembra viprincipali settimanali nazionali degli vacizzare la manifestazione e i cantananni sessanta nel campo conservatoti in gara sono chiamati anche a esere, mentre se ne sta accampato in una guire dei piccoli sketch. piazza della Sanremo vecchia, sotto Con il colore il focus sulla canzone, asuna tenda, e prepara una contestaziosolutamente centrale fin dalle prime ne del Festival, poi non attuata. battute del Festival, comincia a spoIntanto, nel salone delle feste del castarsi sulla personalità del cantante, e sinò di Sanremo, con Pippo Baudo non necessariamente sulle sue qualità nella prima delle sue 13 conduzioni canore. della manifestazione, affiancato da Se si guarda per esempio al guardaroLuisa Rivelli, vince l'accoppiata Sergio ba esibito dai vari cantanti, possiamo Endrigo e Roberto Carlos Braga con
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1957 - Sanremo
seguire una sorta di iperbole nella ricerca di costumi sempre più provocatori, grintosi e accattivanti. Lo show di Sanremo sembra sostenersi poco su la bravura degli artisti, la profondità dei testi, le genialità musicali, tanto che si era pensato persino di utilizzare il Play back. La prima canzone cantata utilizzando una base musicale registrata fu Una lacrima sul viso eseguita da Bobby Solo, colpito da un'improvvisa raucedine che gli impedì di esibirsi dal vivo, ma fu, per regolamento, escluso dalla gara, per vincere invece l’edizione successiva con la canzone Se piangi se ridi. È con gli anni 80 che la linea artistica del Festival aprirà al playback in maniera massiccia, costringendo gli artisti a esibirsi per finta. Così nel 1983 Vasco Rossi fa finta di cantare Vita spericolata, un brano che farà la storia della musica italiana, ma, schifato dal play back, abbandona il palco prima che la canzone finisca, raggiungendo comunque il 25° posto in classifica.
Nada e Nicola Di Bari
Sanremo Story
Da alcuni anni, per regolamento, i cantanti si esibiscono rigorosamente dal vivo, anche se il dubbio su qualche “aggiustamento” con basi musicali registrate è ormai radicato nel popolo degli appassionati. I titoli e le «storie di tutti i giorni» Qualche ritornello delle canzoni sentite a Sanremo lo sappiamo canticchiare di certo, ma che titolo aveva? Daccordo! Soldi di Mahmood è facile, ma vi ricordate il titolo arrivato secondo? Quello cantato da Ultimo? Ve lo diciamo noi, prima che lo cerchiate in Google, I tuoi particolari. A scorrere i titoli delle canzoni vincitrici del Festival, in questi sessant’anni, non sembra di poter cogliere grandi variazioni tematiche. Il rapporto di coppia, rigorosamente uomo-donna, fa la parte del leone, ma già nel ‘54 abbiamo Tutte le mamme nell'interpretazione di Giorgio Consolini in coppia con Gino Latilla, a ribadire lo stereotipo dell’italiano “mammone”. Un piccolo ripiegamento introspettivo si ha tre anni dopo con Corde della mia chitarra cantata da Nunzio Gallo e Claudio Villa. Nel ‘61, Betty Curtis e Luciano Tajoli vincono con Al di là, un titolo che oggi potrebbe odorare di riferimenti teologici ma, a conferma del fatto che non sempre il titolo ci azzecca, e comunque l’interpretazione di un testo cambia con la cultura corrente, si inquadra totalmente nel tema romantico e della relazione di coppia poiché «Al di là di tutto… ci sei tu!». Ragazza del sud, cantata da Gilda (Ro-
1995 - Pippo Baudo con Claudia Koll e Anna Falchi
1984 - Pippo Baudo con Romina Power e Al Bano
sangela Scalabrino), nel ‘75 propone anch’essa uno stereotipo variante, cantando di una «ragazza che ti affretti perché suona la messa… con una treccia che non ti tagli ancora...». Riccardo Fogli, nel ‘82, vince con Storie di tutti i giorni, dal gusto vagamente qualunquista e certamente meno impegnato del già citato Chi non lavora non fa l’amore, dove il rapporto di coppia rimane sullo sfondo di una vita che aggiunge solo «un giorno in più...».
E potremmo proseguire con Fiumi di parole dei Jalisse nel ‘97, o Luce (tramonti a Nord Est) di Elisa nel 2001, e non possiamo non citare L’uomo volante di Marco Masini nel 2004, e Vorrei avere il becco, cantata da Povia nel 2006, oppure l’impegnatissima Non è
1998 - Annalisa Minetti
1978 - Anna Oxa
Impegno ritrovato nel ‘87 con Si può dare di più, cantata da Gianni Morandi, Enrico Ruggeri, e Umberto Tozzi. Nel 1990 i Pooh vincono con il tema della solitudine, cantando Uomini soli. Mistero cantata da Enrico Ruggeri si classifica al 1° posto nella sezione Campioni del ‘93. Un titolo d’impatto, ma la canzone rimane nel solco sicuro del rapporto di coppia, anche se “lei” è solo accennata, una volta soltanto, nella domanda «sarai sincera?...», ripresa subito al maschile dal coro, «sarai sincero?...».
l’inferno di Emma Marrone nel 2012. Nelle ultime tre edizioni il cambiamento di tema sembra costante con Occidentali’s Karma di Francesco Gabbani, Non mi avete fatto niente di Ermal Meta e Fabrizio Moro, e appunto Soldi di Mahmood. Chissà la prossima edizione…? Chi vivrà vedrà!
1980 - Toto Cotugno con Roberto Benigni
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Sperimentazioni cliniche di Elisa Corni
Un motore di ricerca per i trial clinici a medicina non si ferma. ogni giorno si leggono sul giornale notizie della “recente scoperta”, della “nuova ricerca”, dei “sorprendenti risultati” in campo medico. Alla base di questo ci sono la volontà di seguire un’intuizione o un risultato precedente e il lavoro di team di ricerca e di istituti medici sparsi in tutto il mondo. Una delle modalità per verificare la validità di un nuovo trattamento medico sperimentale sono i cosiddetti studi clinici, o trial clinici. A interessarsi a questi e ai loro risultati sono certamente gli operatori e ricercatori in campo medico e sanitario, che possono così essere aggiornati su possibili terapie o farmaci da somministrare ai pazienti affetti da una qualche patologia. Anche un farmaco per il raffreddore prima di essere inserito sul mercato deve essere sperimentato e testato, ovvero sottoposto a uno studio clinico. Ma c’è un’altra categoria di persone che possono trarre grandi e importanti vantaggi nel sapere che in uno specifico istituto si sta facendo sperimentazione proprio sulla malattia che li affligge: i pazienti. Per le malattie più comuni e meno pericolose non è detto che l’interesse sia così diffuso, ma tutt’altra storia è per morbi e malattie rare o delle quali ancora poco si conosce. Pensate, ad
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esempio, al Parkinson, un morbo che affligge moltissime persone ma attorno al quale la comunità scientifica sta facendo ancora ricerche a trecentosessanta gradi per capire cause e terapie. Bene, le persone affette da questa malattia come possono sapere quali studi si stanno svolgendo e dove? Prima potevano affidarsi solo ai centri di ricerca specializzati o ai loro medici curanti, e sperare che fossero a conoscenza di uno specifico studio in corso. Ma non è detto che anche il medico più preparato sappia tutto ciò che accade. Per fortuna esiste internet! Da qualche tempo è operativo un motore di ricerca che viene in contro ai pazienti afflitti da malattie rare, ma anche no, scandagliando la rete e fornendo informazioni a proposito di studi sperimentali e trial clinici in corso nel nostro paese e all’estero. Si tratta di Clinical Map, un motore di ricerca utile per scovare per l’appunto informazioni su quanto sta accadendo nel mondo della ricerca clinica attorno a una determinata malattia. Ad esempio, digitando “Parkinson” nell’intuitivo motore di ricerca della home page del sito, si può scoprire che presso il Centro Europeo di terapia del Parkinson a Boario Terme stanno portando avanti una ricerca iniziata nel 2015 a Dresda per la riduzione dei sintomi attraverso l’ingestione di cioccolato. Una bella ricerca alla quale si può partecipare per verificare se l’assunzio-
ne dei flavonoidi, uno dei composti chimici naturali del cacao, sia effettivamente efficace. Purtroppo però non basta andare al supermercato e comprare una tavoletta di cioccolato fondente per provare: innanzitutto i flavonoidi sono quasi tutti distrutti nel processo di lavorazione tipico delle cioccolate industriali. In secondo luogo, sperimentazioni di questo genere seguono parametri scientifici oggettivi e tempi e modi specifici della scienza. Per questo il motore di ricerca Clinical Map va usato con attenzione: innanzitutto fatevi guidare eventualmente dal vostro medico nella sua esplorazione e, mai e poi mai, procedete nell’auto-diagnosi o nell’auto-medicazione. Detto questo, l’utilità di questo portale è fondamentale per chi soffre di una specifica patologia al punto che molti paesi europei hanno istituito motori di ricerca come questo da tempo. Finalmente possiamo contare su un motore di ricerca italiano. Potete visitare il motore di ricerca a questo indirizzo: https://sperimentazionicliniche.it
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Conosciamo il territorio di Chiara Paoli
Una chiesa per San Giuseppe Tante, anzi, oserei dire moltissime sono le chiese in Trentino, in Italia, e nel mondo dedicate a Maria, alla madre di Gesù in tutte le varie declinazioni, ma quelle dedicate a San Giuseppe sono veramente poche. La nostra provincia ne vanta una proprio in Valsugana, si tratta della chiesa di San Giuseppe Operaio a Ivano Fracena. Si tratta di una costruzione abbastanza recente che non ha ancora raggiunto il secolo di vita; viene portata a termine nell'ottobre del 1923, ma l’intitolazione a San Giuseppe giunge solo nel 1960. a scelta di costruire una nuova pieve si fa avanti già nel ‘700 e deriva dal fatto che la chiesa di san Vendemiano versa in un cattivo stato di conservazione e risulta distante dai due centri abitati. Ma la nuova costruzione si fa attendere, e nella seconda metà dell’Ottocento le funzioni si svolgono nella Cappella dell’Immacolata, temporaneamente predisposta nella Canonica, ma anche questa va velocemente deteriorandosi. Agli inizi del XX secolo viene istituito il “Fondo Fabbrica Nuova Chiesa” e si iniziano a raccogliere i fondi necessari. Nel 1912 viene acquistato il terreno a
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metà strada fra le due frazioni, mentre l’architetto Guido Segalla viene incaricato del progetto. Nell’intento di risparmiare sui costi e a causa di errori costruttivi, appena completata l’opera il campanile crollò. Si rese quindi necessario ricostruirlo e irrobustire l’edificio. La costruzione mescola stilemi caratteristici del neogotico con l’architettura razionalista. All’interno, in fondo alla zona presbiterale, domina la struttura, dal 1924, il grande Crocifisso ligneo di Franz Ehrenhöfer, scultore originario della Stiria. Una scultura dal forte pàthos, intrisa di una forte drammaticità che deve colpire e commuovere i
fedeli. I quattro Evangelisti furono rappresentati, dall’artista, nelle vele della zona absidale, per essere poi oscurati dai dipinti eseguiti dopo il Concilio Vaticano Secondo. Una chiesetta alpina che custodisce altre opere lignee policrome, realizzate dal gardenese Giuseppe Obletter senior e rappresentanti la Madonna Immacolata e un San Giuseppe col Bambino. Le opere sono ora collocate sopra due mensole, a metà delle pareti laterali, ma un tempo erano inserite in altari neogotici assieme al Sacro Cuore che si conserva in sacrestia.
COMUNICATO DI REDAZIONE
LA PAROLA AI LETTORI Chi fosse interessato alla pubblicazione di uno scritto o un articolo riguardante una opinione personale, un fatto storico, di cronaca o di un qualsiasi avvenimento, può farlo indirizzando una email a: direttore@valsugananews.com. Il testo, di massimo 3.000 battute, dovrà necessariamente contenere nome e cognome dell'articolista l' indirizzo di residenza e un recapito telefonico per la verifica. Il direttore si riserva la facoltà della non pubblicazione in caso l'articolo non dovesse rispettare l'etica giornalistica o d'informazione.
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Conosciamo il territorio
San Vendemiano e san Giuseppe, il precedente e l’attuale patrono, sono raffigurati sulle colorate vetrate create da Giuseppe Parisi, assieme al piccolo rosone frontale con impresso il Sacro Cuore di Gesù. Il Fonte Battesimale è realizzato in pietra calcarea e il suo coperchio è ornato con il gruppo scultoreo del Battesimo di Cristo, lavorato al bronzo da Ferruccio Gasperetti di Borgo Valsugana negli anni Settanta. Il Confessionale in stile neogotico è opera del gardenese Giuseppe Rifesser che lo ha lavorato a intaglio nel legno, assieme alle cornici della Via Crucis che recano lo stesso motivo decorativo. Il legno è l’elemento predominante, pur trattandosi di una chiesa moderna; il pulpito, concepito nel 1923 da Carlo Pancheri senior di Ortisei, è ora
in parte smembrato. Nella giornata del 14 ottobre 1923, con il decano di Strigno, don Pasquale Bortolini, assieme ai parroci di Agnedo, Villa, e Scurelle, il nuovo edificio viene consacrato in una notevole cerimonia. Il 19 marzo si celebra san Giuseppe, padre putativo di Gesù (colui "che era creduto" suo padre, mentre secondo i Vangeli su Maria era sceso lo Spirito Santo), e con lui si festeggiano tutti i papà. Il falegname inizialmente voleva ripudiare in segreto la promessa sposa che attendeva un figlio, ma l’angelo gli apparve in sogno e lui
accettò di entrare a far parte di quella che ancor oggi, dopo due millenni, viene ricordata come Sacra Famiglia. In realtà il culto di san Giuseppe, fiorisce tardivamente, a partire dal XV secolo, e le chiese a lui intitolate risultano essere abbastanza recenti, come avviene appunto per San Giuseppe Operaio a Ivano Fracena.
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La rinascita dell’Artista l giorno d’oggi l'artista è una figura sempre meno valutata e sempre più screditata e disprezzata, perché non è ritenuta conforme alle caratteristiche che vengono richieste per poter essere accettati dalla società. La sua è merce rara, non può essere prodotta in scala, e il suo è un lavoro lento, richiede tempo e pazienza, caratteristiche che sono in netta contrapposizione con i principi su cui è fondata la nostra società: "fast & easy", veloce e semplice. Alcuni credono che proprio in questo momento storico in cui le patologie psicologiche sono le più diffuse, su cui capeggia lo stress, sia fondamentale rivalutare l'arte e il ruolo dell'artista nella nostra società. Gli artisti ci permettono di prenderci del tempo per noi
A
stessi, dedicando del tempo alle loro opere, in cui spesso ci possiamo rispecchiare e trovare qualcosa di noi stessi. Prendiamo l’esempio della poesia, uno dei mezzi artistici più eleganti e potenti mai esistiti. Probabilmente la maggior parte delle persone potrebbe dire che è un misterioso, arcano, enigmatico e soprattutto incomprensibile mezzo di comunicazione, dove le parole sembrano essere gettate casualmente, accumulandosi sul candore del foglio in maniera disordinata e scomposta tra una spaziatura e l’altra. Esistono ancora poche e rare persone che sanno cogliere la bellezza della poesia, che va oltre ogni cosa, essa sa svelare l’essenza delle cose e delle persone che ci circondano e ci mostra parti di noi stessi che non sapevamo di avere o che pensavamo di
COME ER AVAMO
avere perso, e all’improvviso sa donarci una strana ed inspiegabile felicità. Il poeta potrebbe sembrare uno scienziato pazzo recluso in casa alla ricerca di una parola, una rima che gli sfugge, in realtà egli è un sarto che sa tessere un testo elegante e fine, creando una sinfonia unica e inimitabile. Dedicate del tempo a voi stessi e permettete all’arte di entrare nelle vostre vite, perché saprà donarvi nuovi occhi con cui guardare il mondo.
Il fedele lettore della nostra rivista Prospero Dalvai di Borgo Valsugana, ci ha gentilmente concesso questa foto che ritrae i ragazzi dell’asilo infantile della scuola del paese di Toro in provincia di Campobasso, nell’anno 1917 profughi per la Grande Guerra. Fra questi anche Silvia Borgogno di Borgo accanto ad una decina di altri valsuganotti.
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Coro Citavi, Santa Caterina (Brasile) di Franco Zadra
«Dalla coralità all’amicizia» ardelli, Gadotti, Dalpiaz, Girardi, Marchi, Moratelli… sono solo un campione di cognomi di quelli raccolti tra i componenti di un coro trentino. Fin qui niente di strano, né straordinario. Fa, invece, notizia scoprire che quel coro di montagna vive e canta a 10mila chilometri da Trento. Si tratta del Coro da Comunidade dos Imigrantes Trentinos do Alto Vale do Itajaì, nello stato di Santa Caterina, a Rio do Oeste del Brasile. Il coro che si fa conoscere con l’acronimo “Citavi”, ha come data di compleanno il 30 novembre del 2001, nato dal riconoscimento di alcune importanti radici ataviche che nutrono quella gente così lontana ma così simile a un Trentino che i trentini sembrano aver smarrito. Iscritto alla Federazione dei Cori Trentini, il 30 settembre 2013 aveva rinnovato e rafforzato il legame con l’Heimat - che in tedesco non significa solo patria, ma scava nel profondo, si confonde con la dimensione del luogo dei ricordi per arrivare anche a identificare, in una sfera sempre più intima, la propria casa -, tro-
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vando la collaborazione del Coro Val Bronzale di Ospedaletto, con il supporto, l’organizzazione e il finanziamento dell’Ufficio Emigrazione della Pat. Si tratta di un caso unico al mondo. Un Coro Alpino nato fuori dai confini europei, formato da voci maschili, ma come prima maestra è stata Zara Girardi, che cantano a cappella, nelle quattro classiche sezioni, bassi, tenoni, secondi, e primi. Presieduto da Aroldo José Tambosi e diretto attualmente dal maestro Allan Girardi Rossa, conta al suo interno una ventina di coristi della cittadina di Rio do Oeste, ma anche da Rio do Sul, Laurentino, e Taiò, che si trovano a provare settimanalmente nella sede del Circolo Trentino di Rio do Oeste, alcuni dopo aver percorso più di 60 Km. Le finalità artistiche e culturali del Coro
Citavi sono le stesse di un qualsiasi altro coro trentino, ma con in più la freschezza e la vitalità di un gruppo che tiene particolarmente a coltivare e salvaguardare le tradizioni trentine nelle quali gli emigranti dell’Alto Vale do Itajaì si riconoscono, restituendo in parte questo tesoro anche ai loro antichi “cugini”. Un vero tesoro che ha come paladini, Luiz Paterno del direttivo Citavi, primo ideatore del gemellaggio, e il maestro Riccardo Baldi del coro Val Bronzale, che dal 2001 si è recato per ben sei volte in Brasile tenendo dei veri corsi intensivi di aggiornamento, riuscendo a costituire là un vero coro di montagna. «Con il coro Citavi – ha spiegato Baldi, da poco rientrato dall’ultimo viaggio, per quasi un mese in Santa Caterina – è stato un percorso che ci ha portato dalla coralità all’amicizia. È stata una intensa esperienza che unisce i trentini di qua e di là dell’Atlantico, per recuperare le strade della comune cultura e verso un domani di condivisa speranza».
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Genitori e figli di Silvia Libardoni
Non siamo Wonder Woman!
Alzi la mano chi in questo mondo, universo, spazio temporale, per una volta ALMENO non si é sentita una nullità, un fallimento totale nei confronti dei propri figli. Io si. Eccome! Anzi, non alzo una mano, ma entrambe.
i sono giorni in cui persino alzarsi dal letto è difficile pensando alle conseguenze catastrofiche che potrebbero incombere su di noi se la maglietta preferita del proprio figlio è in lavatrice o magari solo non stirata e ammucchiata da settimane sotto cumuli e cumuli di panni che aspettano di essere stirati...o cosa succederebbe se la marca dei cereali della mattina fosse la stessa ma per qualche strano e incomprensibile motivo la confezione avesse cambiato anche di un tono il colore dell’orsetto che mangia felice e contento su quella scatola di cartone? Il PANICO....e non che il panico sia ridotto solo al risveglio, noooo, macchè, ci sono altri 125.000 motivi che potrebbero portarci all’ennesimo capello bianco o, guarda un po’, a quella nuova rughetta sulla fronte che fino a ieri sera non sembrava esserci. Noi mamme veniamo sfidate di continuo, fin da quando quel minuscolo bimbo, all’apparenza innocente, che
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ci viene messo tra le braccia: parto naturale o cesareo? Latte materno o artificiale? A richiesta o a orari ben precisi? Nanna tutti assieme nel lettone o in camera sua già dalla prima notte? Svezzamento classico o autosvezzamento? Ciuccio o non ciuccio... Potrei stare ore ad elencare situazioni che ci complicano la vita nella scelta di quale sia la cosa migliore per i nostri figli. Ma chi sa davvero cosa sia il meglio per loro? Chi lo decide? Tutto sembra e appare una gara a chi racconta per prima delle proprie super doti da mamma. Ci sentiamo invincibili e fantastiche quando tutto fila liscio, quando non ci sono capricci o pianti disperati davanti alla scuola, quando l’andare a fare la spesa diventa una piacevole “gita” e non un incubo da corsa campestre per rincorrere il figlio che si addentra tra le corsie scaraventando per terra la qualunque. E che dire del parco giochi? Come ci sentiamo quando non è per una volta nella vita nostro figlio che si trasforma in
Hannibal Lekter e inizia a masticare qualunque cosa sia alla sua portata, dal braccio dell’amichetto a cumuli di sabbia e terra che Dio solo sa che tipo di animale c’è passato la notte prima....Non ci sentiamo come l’eroina di tutti i tempi, Wonder Woman? Bellissima, perfetta, dai super poteri anche
Genitori e figli
lei, proprio come noi. Ma inevitabilmente spesso - per non dire sempre - capita che qualcosa vada storto, che la giornata non appaia così perfetta come speravamo e arriviamo a fine serata che la messa a letto non è così idilliaca come si vede nei film, che la lacrima (vostra) diventi più facile di quanto si credeva....E così scatta quel terribile senso di impotenza davanti alla nostra imperfezione, ci sentiamo fragili e lo sconforto nel non avere quei tanto acclamati e sperati super poteri si impossessa di noi stesse, rendendoci deboli e inermi perché, inutile da dire: NON SIAMO WONDER WOMAN!!!!!!! Ma quando ci hanno detto che per essere brave mamme bisogna assomigliarle, chi dice che per essere delle brave mamme bisogna rasentare la perfezione?In quale manuale sta scritto che noi mamme non possiamo sbagliare? Io. Qui. Dichiaro ufficial-
mente guerra al mito della mamma perfetta. La mamma Wonder Woman non esiste e non esisterà mai!!!!!!! Ma che succede una volta scoperto? Quando riusciamo ad aprire gli occhi e vedere il tutto sotto a una luce meno cupa....succede che se guardiamo bene a fondo si scopre che un pò
eroine agli occhi del figlio in effetti lo siamo, perché poi arriva LA magia, quella più bella, quella che non ha bisogno di grandi mantelli, pozioni magiche o voli nel cielo e che spesso ci dimentichiamo di avere perché siamo prede delle nostre stesse paure....è quella magia che davanti alla persona più importante della nostra vita ci fa ricredere a tutto quello che viene scritto in questo articolo, perché, amiche mie, mamme all’ascolto, succede che un proprio bacio si trasforma nel più potente e miracoloso processo di guarigione davanti a una caduta, un brutto pensiero o un incubo; succede che nulla si può spezzare realmente se un abbraccio può rincollare i pezzi di una brutta giornata. Vi sembra poco? A me no....e che credo che Wonder Woman con la sua bella cintura e la tiara, capelli cotonati ecc... questi poteri se li poteva anche sognare.
Nel segno dell’amicizia che sempre ha contraddistinto le due comunità, i coscritti della classe 1937 di Caldonazzo e Calceranica al Lago hanno voluto festeggiare tutti assieme il raggiungimento dei loro 82 anni di vita. Presso il ristorante “Il Brenta” di Levico Terme, il gruppo si è incontrato per un allegro momento conviviale che si è concluso con questa foto ricordo.
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In collaborazione con TERRE DEL LAGORAI di Maurizio Cristini
IN VINO VERITAS Alle origini del vino Come sappiamo, il vino si ottiene dalla fermentazione del mosto d'uva della specie Vitis vinifera. A tale pianta si attribuisce nascita in Armenia (ca. 4100 a.C.) da dove si è diffusa in Egitto e Asia Minore (Siria, Turchia) per poi espandersi in Grecia e in seguito (2000 a.C.), grazie ai traffici commerciali di Fenici ed Etruschi, in Italia (che verrà chiamata Enotria, cioè Terra del vino). All'inizio erano preponderanti le varietà a frutto bianco rispetto a quelle ad acino rosso. a sempre l'allevamento della vite è stato legato alla produzione di uve da tavola, ma soprattutto di uve da vino. All'epoca Romana il vino consisteva in una specie di mosto fermentato, ma col passare degli anni si cominciarono a mescolare diverse qualità di uve migliorandolo nel sapore. Nel periodo imperiale si iniziò l'importazione di vini dalla Grecia che si mantenevano più a lungo perché miscelati con acqua di mare, argilla, profumi, ed erbe (come la pericolosa mandragora, che si diceva lo rendessero afrodisiaco!), scaglie di ostriche triturate, cenere, gesso o sale (tanto avversati da Plinio il Vecchio, che li diceva nocivi per la salute, raccomandando pure di non eccedere comunque nelle libagioni pena l'ubriachezza). I vini più ricercati erano quelli più invecchiati e con maggiore presenza di alcool che venivano serviti filtrati con un colino e mescolati (con acqua fredda o calda) in una grande coppa, il cratere, da dove ognuno si serviva. A Roma l'usanza di bere vino miscelato con acqua (mixtum) derivava direttamente dai Greci, che consideravano barbaro il bere vino puro
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(merus). Tra i Greci e tra i Romani la donna non veniva ammessa alla mensa del marito, e a Roma la suocera aveva il diritto di sentire se l’alito della nuora sapesse di vino. La donna che consumava vino veniva assimilata a una adultera e come tale punita: solo nell’età imperiale, sotto Giulio Cesare, le fu concesso di bere il vinum passum, cioè il vino passito, e in genere i vini dolci. Soprattutto durante la cena gli uomini bevevano abbondantemente vino contenente miele disciolto (mulsum) e pure vino miscelato con aceto (puscus). Così parla Dióniso, fissando le regole del buon bere, in una commedia ateniese del IV° secolo avanti Cristo: «Tre coppe di vino, non di più, stabilisco per i bevitori assennati. La prima per la salute di chi beve; la seconda risveglia l'amore e il piacere; la terza invita al sonno. Bevuta questa, chi vuol esser saggio se ne torna a casa. La quarta non è più nostra, è fuori misura; con la quinta si urla; la sesta significa schiamazzi; la settima occhi pesti; con l'ottava arriva lo sbirro; con la nona sale la bile e con la decima si è perso il senno e si cade a terra senza sensi». Storicamente, il diffondersi e l'evolversi
della cultura del vino sono avanzate di pari passo con quella dell'uomo. A Roma negli ultimi anni della Repubblica, si celebravano feste in onore di Bacco (Baccanalia e Vinalia) durante le quali si brindava ai presenti, ai defunti, e alla donna amata: in tal caso ognuno beveva in suo onore tante coppe quante erano le lettere che ne formavano il nome. Nella civiltà Ellenica, il vino rappresentava il motore stesso della pratica conviviale. Si diceva avesse una valenza ambigua, perché se bevuto nella giusta dose«...è consolazione, piacere, gioia; ma se consumato oltre il limite consentito, conduce pericolosamente alla perdita dell'autocontrollo e alla trasgressione». Quindi bere vino insieme, era anche un banco di prova delle qualità morali dei convitati.
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Le cronache locali SANTA GIULIANA DI LEVICO
In onore della Patrona “Patate lesse e sardelle per costruire il campanile della chiesa”. Così asseriva scherzosamente ma non del tutto, uno dei parroci del passato di quella piccola frazione, che conta solamente qualche centinaio di anime. E così domenica 17 febbraio il piccolo centro all’estremo sud della città termale, ha festeggiato la sua patrona Santa Giuliana in quella che tutti chiamano la “Sagra della sardella”. La festa è iniziata con una S. Messa e, al termine in un locale sottostante la canonica è stato offerto alle centinaia di persone venute anche dai paesi vicini, Levico in particolare, patate lesse e sardelle secondo una antica tradizione iniziata ancora tanti anni fa dai nostri avi e portata avanti di generazione in generazione. Le offerte raccolte assieme a quelle del ricco vaso della fortuna che sempre viene organizzato, serviranno per affrontare le necessità più urgenti della parrocchia. Fra queste, come avevano fatto notare più volte i parroci del passato, l’opportunità di costruire un campanile, dato che le campane di quella chiesa sono sistemate su quel tetto e sostenute da una semplice struttura cementizia. (M.P.)
NOVALEDO
In ricordo di Moratelli er ricordare Elio Moratelli nella ricorrenza del 10^ anniversario della sua morte, la famiglia ha pubblicato una raccolta di 84 pagine contenente una serie di sue poesie incentrate sui luoghi, le devozioni, le consuetudini del paese e riporta anche storielle raccontate dai genitori e nonni. Una pubblicazione ben curata dal titolo: “Come la penso – riflessioni poetiche su un mondo che non c’è più”, curata nella grafica e nelle immagini dalla nipote Stefania. Stampato in 500 copie, è reperibile presso la sede del Gruppo Alpini del paese e nelle edicole. Elio, che lasciò questo mondo il 14 dicembre 2008 all’età di 84 anni, era una persona molto nota e benvoluta sia in paese che fuori, per il suo carattere aperto ed ospitale. Lavorò per tanti anni alle Poste e, raggiunta la meritata pensione, si dedicò soprattutto alla poesia dialettale rievocando personaggi ed avvenimenti del proprio paese. (M.P.)
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VIGOLO VATTARO
Torneo di briscola a avuto successo anche la seconda edizione del torneo di briscola a Casa Santa Maria di Vigolo Vattaro. Coordinati dall’animatrice Luisa Tamanini e capitanati dal volontario Dario Ravagni, gli ospiti dell’Istituto hanno partecipato con grande entusiasmo alla 2^ edizione del torneo di briscola. Venti gli ospiti coinvolti che per l’occasione avevano al loro fianco anche dei parenti. Due ore di gioco serrato che hanno visto primeggiare la coppia formata da Mario Facchinelli e Renzo Giovannini rispettivamente di 92 e 73 anni, seguita dalla coppia Gina e la nipote Alda Bello rispettivamente di 92 e 48 anni. Al termine la premiazione. (M.P.)
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Fatti di casa nostra di Massimo Dalledonne
Un successo per la prima festa della Moretta resso l’Hotel Aurai, in Val Calamento, a Telve, non c’è stata solo l’occasione per gustare questa salsiccia tipica della Bassa Valsugana. È stato anche il primo momento ufficiale e pubblico per l’Accademia dedicata a questo prodotto della nostra valle, nata e costituita a Telve esattamente cinque anni fa. Il piacere di trovarsi tra amici, unito al piacere di gustare il profumato insaccato, ha dato vita alla voglia di conoscere e valorizzare tradizione, storia e cultura culinaria di questo territorio. L’Accademia della Moretta è stata costituita da 13 i soci fondatori, chiamati anche Cavalieri della Grassina: Mario Vinante (presidente), Stefania Trentin, Emanuela Taddia, Erica Strosio, Andrea Spagolla, Franco Rigon, Stefano Pecoraro, Sabrina Marighetti, Andrea Gilli, Franco Ferrai, Mario Fedele, Cristina Corbo e Gianluca Sartori Calovini (segretario). Una ricetta, quella moretta, tramandata in modo prevalentemente orale. Secondo alcune fonti risale addirittura al 17° secolo. Ma la carne di maiale è entrata a far parte nell'alimentazione quotidiana delle classi contadine del nord Italia in tem-
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pi lontanissimi. Già durante il Medioevo l'animale entrò per sempre a far parte dell'alimentazione quotidiana della zona. I contadini nutrivano le bestie con poco, avanzi della cucina o cibi poveri, ma questi animali fruttavano tanto: grazie a loro le persone potevano alternare la loro dieta, che all'epoca si basava principalmente su polenta di mais, patate, fagioli. Ma come si prepara la “moretta”? Per la sua preparazione vengono utilizzate le parti interne del maiale: cuore, polmoni, lingua aggiunte al guanciale, alla carne della testa e alla pancetta. Una volta pulite le frattaglie e lavorato il polmone, tagliando le cartilagini più grosse, si procedere alla macinatura del tutto, amalgamando le frattaglie con circa il 20-25% di pancetta e guanciale. Quindi si passa alla salagione e all'aggiunta di aromi e spezie. Il prodotto così ottenuto viene insaccato in budella di maiale (più fini di quelle della lucanica). La moretta si cuoce alla griglia "su le brase" o in padella e si gusta abbinata alla polenta gialla "de sorgo" o a pane croccante. Fino al secolo scorso la “moretta” rivestiva per l'economia familiare una certa importanza. Veniva utilizzata per la prima colazione dei cacciatori e dei carrettieri in partenza per la montagna, o dei contadini prima di iniziare i lavori in stalla e nei campi. Inoltre era l'unico insaccato concesso generosamente ai bam-
bini, sia perché era molto digeribile, sia perché le morette dovevano essere consumate velocemente a causa della limitata conservabilità. Così "ai bocie i ghe brustolava na feta de polenta e na moreta, e dopo...varda che contenti che i n'dava a scola!". Il mese di dicembre, grazie al clima rigido, ideale per la conservazione dei salumi, era quello prescelto per l'immolazione del "rugante". L'uccisione del maiale era una vera e propria festa a cui partecipavano intere famiglie. L'importanza dell'evento si capisce anche dalla sacralità e dall'attenzione con cui veniva scelto il giorno. Vi erano due importanti discrimini volti alla selezione della giusta data per l'occasione, perché altrimenti - si diceva - i prodotti non si sarebbero mantenuti: vi doveva essere la "luna buona" (quindi calante) oppure lo si doveva fare lo stesso giorno della settimana in cui sarebbe stato festeggiato il Natale. Fino al 17 di gennaio, non a caso il giorno di Sant'Antonio Abate, protettore degli animali domestici, si poteva procedere al rito annuale.
Pergine Valsugana di Chiara Paoli
La Nazionale di rugby ufficiale! Pergine Valsugana quest’estate ospiterà la nazionale italiana di rugby a 15, squadra che ha come commissario tecnico l’irlandese Conor O'Shea. L’accordo è stato sottoscritto a Roma allo Stadio Olimpico e vede da una parte la Fir, Federazione italiana rugby e dall’altra il sodalizio fra Trentino Marketing e Apt Valsugana-Lagorai. Il concordato è biennale e mira a promuovere il territorio, perché la Valsugana diventi il nuovo punto di riferimento estivo per gli amanti del rugby, proponendo anche eventi e campi estivi. Il ritiro sportivo degli azzurri, servirà quale preparazione per la Rugby
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World Cup, che si terrà in Giappone a partire dal 20 settembre e fino al 2 novembre 2019. La presenza dei giocatori sarà intermittente e vedrà 4 diverse sessioni di allenamento, la prima dal 2 al 7 giugno, la seconda dal 23 al 26 giugno; seguirà una terza settimana, dal 7 al 14 luglio e infine le ultime giornate, dal 22 al 25 luglio. Il rugby è uno sport che in questi ultimi anni si sta facendo conoscere anche in Trentino, e vanno moltiplicandosi le squadre e le realtà che propongono l’attività per i bambini, come il Sirena Rugby di Pergine. Sembra uno sport giunto recentemente nello stivale, ma a dirla tutta
la Federazione Italiana Rugby, ha già tagliato il traguardo dei 90 anni d’attività, essendo stata fondata nel 1928. Il gioco giunge in Italia agli inizi del XX secolo grazie a Stefano Bellandi, economo del teatro alla Scala di Milano, ma soprattutto, grande appassionato di sport. Grazie a lui si formò la prima squadra che si ritrovava alla domenica per giocare. Durante una partita di football, quando ancora non vi era un regolamento ben definito; leggenda vuole che nel 1823, William Webb Ellis, prese il pallone tra le mani, correndo così fino alla linea di fondo, nacque così il rugby.
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Le cronache locali SPERA
La festa di Santa Apollonia re giorni di festa a Spera per la ricorrenza della sagra di Santa Apollonia che si è svolta nelle giornate 8,9 e 10 febbraio scorso. Un allegro momento che quest’anno ha incontrato la sua 414^ edizione e che è stato organizzato, come anche in passato, dal Coro Giovanile. Nella giornata di sabato 9 febbraio l’arcivescovo emerito monsignor Luigi Bressan ha presieduto una S. Messa accanto il parroco don Claudio Leoni e don Francesco Micheli. Il Coro Parrocchiale ha solennizzato la concelebrazione e, al termine, ha intonato il “Tanti auguri” rivolto all’arcivescovo che proprio in quel giorno festeggiava il suo 79^ compleanno. Al termine, le tante persone giunte da tutta la Valsugana, assieme al presidente del consiglio provinciale Walter Kaswalder e il presidente del consiglio regionale Roberto Paccher, sono state accompagnate dagli organizzatori da cortile in cortile, da vòlto in vòlto, per conversare con la gente del posto e gustare i loro prodotti creati secondo le antiche tradizioni come trippe, canederli, affettati di maiale, polenta, grostoli e tanto vino accanto al tradizionale parampampoli. Ma come si può parlare di una edizione centenaria? Il sindaco Alberto Vesco: “Questo numero nasce dal fatto che la chiesa dedicata a Santa Apollonia è stata ristrutturata nel 1605 e si crede che da allora questa ricorrenza sia sempre stata festeggiata ogni anno”. La festa si è conclusa domenica 10 febbraio con una maccheronata in piazza offerta a tutti ed un momento musicale in compagnia di Fabio e Mirko. (M.P.)
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CASTELLO TESINO
La cometa di San Valentino nche San Valentino ora ha una sua cometa. Ne parla tutto il mondo in quanto, nelle scorse settimane, ha raggiunto la minima distanza dalla Terra. Bisognerà attendere quasi 1400 anni, infatti, perché questa cometa ripassi vicina al nostro pianeta dato che, alla massima distanza, si allontanerà fino a più di 36 miliardi di chilometri da noi. La cometa è stata osservata e ripresa, con un telescopio del diametro di 80 centimetri, a Castello Tesino, da Giancarlo Favero e Riccardo Furgoni, soci dell'Unione Astrofili Tesino e Valsugana, presso l’Osservatorio Astronomico del Celado che ha uno specchio di 80 centimetri di diametro. Sono stati raccolti diversi dati che testimoniano l'elevata attività di emissione della cometa, tipica di una cometa novella, così definita quando appare per la prima volta vicina della Terra. Un video mostra il movimento della cometa C/2018 Y1 (Iwamoto) in cielo rispetto alle stelle fisse. Nelle immagini, invece, è documentata un'analisi scientifica, tra le prime effettuate dal nostro paese, relativa alla forma dei getti di materiale originati dal riscaldamento del nucleo ad opera dei raggi solari. Favero e Furgoni hanno evidenziato ben cinque formazioni interessanti: un getto diretto verso il Sole, uno, debole, a 90°, due code importanti in direzione opposta al Sole e un ramo curvilineo che inizia da una delle due code principali e si svolge verso destra in basso. (M.D.)
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Le cronache locali TRENTO
I LUNAdì dell’Ortazzo compiono 10 anni l 2019 sarà un anno speciale per l’associazione Valsuganotta l’Ortazzo, nata più di dieci anni fa dalla volontà di alcuni cittadini di parlare e agire per una sensibilizzazione all’agricoltura sostenibile. Una delle loro manifestazioni cardine, i LUNAdì, compie dieci anni, e per l’occasione, a partire dal 4 marzo, sono state organizzate una serie di serate davvero imperdibili e diffuse in tutto il territorio della valle, ma che raggiungeranno anche il capoluogo. Si parlerà di gemmoderivati, di legumi, dell’uso della Cannabis in campo medico, del famoso e sempre più apprezzato “Chilometro 0”, dell’agricoltura biodinamica e naturale e di alimentazione sana. Ma, evento clou della manifestazione, il 12 aprile presso la Sala della Cooperazione a Trento i membri dell’associazione porteranno una guru dei diritti della terra: l’attivista e ambientalista indiana Vandana Shiva. Con lei si toccheranno temi che le sono molto cari: i paradigmi sull’alimentazione, i cambiamenti possibili nell’agricoltura per un mondo migliore, la tutela della biodiversità. (E.C.) Per maggiori informazioni: www.facebook.com/LOrtazzo
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CALDONAZZO
Al via il terzo Coregone Trophy omenica 17 marzo, l’Associazione Pescatori Fersina Alto Brenta organizza il terzo Coregone Trophy sul lago di Caldonazzo, nella frazione di Valcanover. Appuntamento alle 7 del mattino presso la casetta dei pescatori, saranno poi i membri dell’associazione ad aiutare per varare le barche in acqua, mentre il via ufficiale alla gara verrà dato alle 9 con apposito segnale sonoro. La competizione si svolgerà con qualsiasi situazione meteo. L’associazione provvederà a offrire a tutti i partecipanti il panino di mezza mattina e un ricco pranzo alle 13, orario di fine gara. Questa manifestazione, nata quasi per scherzo nel 2017, ha raccolto numerose adesioni già nella sua prima edizione e continua a essere apprezzata da molte persone che giungono anche da fuori provincia. I pescatori muniti di un grande righello, su cui verrà apposto il loro nome, dovranno fotografare il coregone, lungo minimo 40 cm, sopra lo strumento di misurazione per verificarne la grandezza. La fotografia andrà inviata sul gruppo whatsapp, ed è proprio confrontando le immagini tra loro che si potrà stabilire il vincitore dell’Amo D’Oro, mentre il coregone va rilasciato. Si apre la bella stagione e riparte così l’attività dell’associazione, nata nel 1983 e che conta oggi un numero molto elevato di soci, circa 500. Il direttivo, presieduto da Sergio Eccel, è formato da 13 volontari che collaborano attivamente durante la manifestazione per garantirne la buona riuscita.(C.P.)
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Le cronache locali BIENO
Mario, ci mancherai quasi cent’anni, nelle scorse settimane, è scomparso, nella sua casa di Bieno dove era tornato a vivere nel 2003, Mario Bernardo, ex partigiano “garibaldino” conosciuto con il nome di battaglia “Radiosa Aurora”. La prima parte della Seconda Guerra Mondiale l’aveva trascorsa da ufficiale alpino in Alto Adige ma dopo l’8 settembre aderisce alla lotta partigiana. Tornato a Bieno si fa notare per una prima azione militare di tipo partigiano (con un amico era riuscito a sottrarre dell'esplosivo ai fascisti). Presente con la Brigata Gramsci nel 1944 sulle vette feltrine ed alla “pulizia del Grappa”, il grande rastrellamento voluto da Kesselring nel settembre di quello stesso anno, in montagna non andò per romanticismo bensì per fare al nemico il massimo del male possibile. Comunista, uomo di grande raziocinio, quasi scientifico nel suo operare, riuscì a sopravvivere ai rastrellamenti nazisti di quell’estate-autunno del 1944 e rimase attivo nella resistenza bellunese fino all’insurrezione. Tra l'altro, ebbe uno scontro a fuoco con le camicie nere della Divisione Tagliamento. Il nemico era comandato da Giorgio Albertazzi, il futuro attore. Dopo una breve parentesi come capo della polizia a Trento, Mario Bernardo andò a vivere a Roma dove si occupò di cinema, come sceneggiatore e direttore della fotografia. Collaborò con molti registi italiani firmando tra l'altro, le immagini di Comizi d'amore e Uccellacci e Uccellini per Pier Paolo Pasolini. Negli anni ’60 ha diretto la fotografia di diverse opere per la televisione, tra cui il conte di Montecristo: autore di 400 tra film, documentari, short pubblicitari e sceneggiati tivù, per 25 anni è stato docente di tecnica della ripresa al Centro sperimentale di cinematografia di Roma. “Mi sono sempre sentito orgoglioso di appartenere ad una terra – scrive il sindaco di Bieno Luca Guerri - che è riuscita a liberarsi da sé grazie al coraggio di tanti giovani partigiani come lo sei stato tu. Speravo che l’iter per il conferimento del prestigioso riconoscimento del Cavalierato al Merito della Repubblica italiana, si concludesse in tempo per poter rivedere ancora quel sorriso di gratitudine che esternavi ogni qualvolta ti veniva conferito qualcosa. Era stato così anche in occasione del conferimento della Medaglia della Liberazione. Ci mancherai Mario, fai un buon viaggio”. (M.D.)
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CALDONAZZO
Marco Vigolani, nuovo presidente opo anni di intenso e prestigioso impegno Stefano Volpato ha lasciato la presidenza del Coro La Tor di Caldonazzo. Al suo posto, in occasione della recente assemblea, i soci hanno eletto Marco Vigolani, già storico segretario dell'Associazione. Nella sua relazione il presidente uscente ha ricordato tutti i risultati raggiunti in questi anni con il direttore Maurizio Lazzeri che ha esposto le linee programmatiche per la nuova stagione proponendo gli obiettivi per migliorare ulteriormente la qualità, la caratterizzazione del repertorio e la vocalità dei coristi. Nel suo intervento Marco Vigolani si è impegnato nel dare continuità a quanto fatto dal suo predecessore e affrontare le future sfide del coro con tenacia e serenità. Fanno parte del nuovo direttivo anche Andrea Berasi, Claudio Dell'Anna, Danilo Curzel, Giancarlo Grando, Gianni Passamani e Mirco Lamber. (M.D.)
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Medicina & Salute
Glaucoma, cos’è, come si cura Secondo l’OMS sono circa 55 milioni le persone nel mondo affette da glaucoma, una malattia oculare correlata generalmente a una pressione dell’occhio troppo elevata. In Italia si stima che colpisca circa un milione di persone, ma la metà di esse non ne sarebbero a conoscenza perché non effettuano visite oculistiche periodiche complete con controllo del fondo oculare, del tono ovvero della pressione oculare e del campo visivo. In genere colpisce dopo i 40 anni e la conseguente disabilità visiva si può prevenire con diagnosi e cure tempestive. Più si è anziani e più aumenta il rischio di essere colpiti da questa patologia oculare detta anche "silente" perché non dà sintomi particolari nelle fasi iniziali. Soprattutto chi ha altri familiari con glaucoma dovrebbe sottoporsi a un controllo oculistico almeno una volta l’anno in assenza di altre patologie. l glaucoma è la prima causa di cecità irreversibile al mondo, ma se diagnosticato in tempo i suoi danni possono essere generalmente evitati grazie a una visita oculistica completa. Solo in Italia si calcola che mezzo di milione di persone siano già in cura e altrettante potrebbero esserne affette senza esserne consapevoli. Il glaucoma è stato battezzato il “ladro silenzioso della vista” perché, il più delle volte, non dà sintomi. Un’eventuale trascuratezza può causare, in questi casi, persino la perdita della vista. Paragonando l’occhio a un piccolo serbatoio dotato di un rubinetto e di una via di deflusso sempre aperti, poiché l’umore acqueo viene di continuo prodotto e riassorbito mantenendo normalmente la pressione tra
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i 10 e i 20 millimetri di mercurio (mmHg), qualora vi sia un’ostruzione del trabecolato – il canale di “scarico” – si verifica un aumento anomalo della pressione intraoculare. Se la pressione è troppo elevata, a lungo andare il bulbo oculare si danneggia a livello della testa del nervo ottico, che si trova nella zona centrale della retina, distruggendo irreparabilmente i neuroni che trasportano il segnale elettrico dalla retina al cervello. Inizialmente chi è malato continua a vedere gli oggetti che fissa e non si accorge che l’area visiva periferica si sta riducendo progressivamente e – se il glaucoma non viene trattato con successo – si riduce l’acuità visiva fino alla cecità completa. La perdita della visione laterale può rappresentare un problema per la guida e per altre attività quotidiane. Il glaucoma cronico ad angolo aperto rappresenta la forma più frequente, pari a circa l’80% dei casi. Quello acuto ad angolo chiuso, quando l’iride chiude improvvisamente il canale di “scarico” causando un rapido aumento della pressione intraoculare,
colpisce invece circa il 10% dei glaucomatosi (nel 70% dei casi di sesso femminile). Viene chiamato “attacco acuto di glaucoma”, con l’offuscamento della vista, comparsa di aloni anomali attorno alle luci, dolore oculare violento, nausea e vomito; è un evento molto grave e, se non curato tempestivamente, può portare a cecità in breve tempo. Nel glaucoma congenito, invece, il sistema di drenaggio è “malfunzionante” sin dalla nascita e il bambino presenta fastidio alla luce (fotofobia) e lacrimazione eccessiva, con un aumento delle dimensioni dell’occhio, e la sua cornea può divenire opaca. Ogni sintomo sospetto deve indurre, quindi, i genitori ad andare dall’oculista per effettuare una visita di controllo. Questo tipo di glaucoma è però raro: colpisce un neonato ogni diecimila. Infine, nel glaucoma secondario l’ostacolo al deflusso è un effetto di alcune malattie, come il diabete e le trombosi retiniche, passando per emorragie, tumori e stati infiammatori. Una diagnosi precoce di glaucoma può essere effettuata con una visita
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Medicina & Salute
oculistica che valuti la pressione dell’occhio (tonometria), l’aspetto del nervo ottico (con valutazione del disco ottico) e il campo visivo. Se l’aumento della pressione intraoculare è transitorio durante sforzi fisici intensi e se, ad esempio, si assumono posizioni a testa in giù nel corso di pratiche sportive come lo yoga, la ginnastica artistica o il bumping jumping, si possono correre rischi soprattutto se la pressione oculare è già attorno ai limiti superiori (borderline); ma praticare regolarmente uno sport in modo moderato pare contribuisca, almeno in parte, alla prevenzione del glaucoma. Rispettare le linee guida per l’attività fisica e rientrare nella categoria di coloro che si mantengono più in forma è associato, quindi, a un rischio più basso di sviluppare la malattia oculare. Secondo studi recenti poi, un consiglio salutare sulla dieta dei glaucomatosi sarebbe quello di mantenere un peso normale, evitare un consumo eccessivo di caffè e assumere molta frutta e verdura (soprattutto quella a foglie verde,
come broccoli, cavoli, spinaci e insalata). Però la cura dell’alimentazione deve integrare e non può mai sostituire il trattamento farmacologico del glaucoma, che consiste di solito nell’impiego di colliri (ipotonizzanti da instillare diverse volte al giorno). Per risultare efficace la terapia deve essere seguita regolarmente e con costanza. Talvolta il trattamento può dar luogo a effetti non desiderati: alcuni tipi di gocce possono causare bruciore, arrossamento dell’occhio e mal di testa, che di solito scompaiono nel giro di poche settimane. Chi accusasse eventuali disturbi o fastidi dovrà comunque sempre informare l’oculista presso cui è in cura. I glaucomatosi necessitano di controlli periodici. La malattia, infatti, può peggiorare senza che dia sintomi e, in tal caso, può essere necessario modificare la terapia. Infatti se il nervo ottico risultasse danneggiato, questa situazione non sarebbe reversibile: si potrà ricorrere a farmaci ed eventualmente alla chirurgia per cercare di preservare almeno la funzionalità visi-
va esistente. Il trattamento del glaucoma è efficace solo se viene seguita scrupolosamente la terapia prescritta dall’oculista, che non deve mai essere sospesa senza un altro consulto. Se non fosse efficace nel controllare la pressione intraoculare, potrebbe rendersi allora necessario il ricorso alla chirurgia o al laser. Le complicanze di tali interventi sono rare. Nella maggioranza dei casi si riesce, con questi metodi, a impedire l’evoluzione della malattia che altrimenti – se la pressione oculare non si riduce – può condurre a ipovisione e persino alla perdita della vista. Informiamo che dal 10 al 16 marzo si celebrerà la settimana mondiale del glaucoma (per tutte le info aggiornate i nostri lettori potranno consultare il sito www.iapb.it). Si ringrazia l’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia Onlus (www.iapb.it/glaucoma) per la gentile e fattiva collaborazione nonché per la concessione del testo e delle foto.
Iapb Italia Onlus ALE SEZIONE ITALIANA DELL’AGENZIA INTERNAZION
PER LA PREVENZIONE DELLA CECITÀ
n. 284/1997) e dalItalia onlus è riconosciuta dallo Stato italiano (con la legge L’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB perdita della vidella zione preven alla avanti programmi e attività finalizzate l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), con cui porta tie oculari (premalat alle e relativ azioni à è incentrata sulla diffusione di inform sta e alla riabilitazione visiva degli ipovedenti. La sua attivit ia). terziar nzione (preve secondaria) e la riabilitazione visiva venzione primaria), sulla loro diagnosi precoce (prevenzione onlus ha enti, al fine di migliorare la loro qualità della vita. La stessa ipoved degli La IAPB Italia onlus porta avanti la riabilitazione visiva enti, che Ipoved degli Visiva e tazion Riabili a per la Prevenzione della Cecità e la fondato a Roma, nel 2007, il Polo Nazionale di Servizi e Ricerc nel 2013 è divenuto Centro di Collaborazione dell’OMS. o-scientifica. Riabilita la riabilitazione visiva, occupandosi anche di ricerca medic Il Polo Nazionale ha come attività principale l’assistenza e a garantire alle permira lesso comp Nel te. nziate e adatte a ogni singolo pazien sia i bambini che gli adulti, seguendo due procedure differe utilizzo di avanzati e ativi riabilit lli mode co si occupa di sperimentazione di nuovi sone ipovedenti un’adeguata autonomia. Più nello specifi medicina prevendella ne, ovisio dell’ip o ativi per ipovedenti; ricerca nel camp ausili ottici ed elettronici per gli ipovedenti; trattamenti riabilit formazione e ativi; innov ricerca di lli mode di ipovisione, al fine di sperimentare tiva e dell’epidemiologia; realizzazione di una rete tra i centri ria. sanita ia mater in etenti comp consulenza scientifica agli enti pubblici aggiornamento degli operatori con convegni e seminari; Italia IAPB la cui il policlinico “A. Gemelli” di Roma, con Il Polo Nazionale per la Riabilitazione Visiva è ubicato presso ico Centro di collaborazione OMS in Europa per la dell’un tratta Onlus porta avanti una proficua collaborazione. Si con un mandato specifico per la riabilitazione visiva. prevenzione della cecità e il solo al mondo nel suo genere Per ulteriori info: www.iapb.it, 800-068506 (10-13, lun.-ven.)
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Medicina & Salute di Erica Zanghellini *
Vittime del bullismo li episodi di bullismo ormai sono all'ordine del giorno e possono capitare a chiunque. I dati ci stanno indicare che, una buona parte di questi atti sia realizzato da ragazze. Anzi questo tipo di violenza, al femminile, è in costante crescita e i comportamenti che mettono in atto stanno diventando sempre più simili, se non uguali, ai comportamenti tipicamente dei bulli maschi. L’unica differenza è che spesso e volentieri, il bullismo al femminile è più subdolo. Si espongono le “amiche”, mentre la capo-bulla frequentemente resta in disparte. Alcuni genitori, in passato, mi hanno chiesto quali sono dei possibili campanelli di allarme che possono spingere ad approfondire se il proprio figlio si trova a subire atti di bullismo. Devo dire che non ci sono dei segnali specifici ma, sono due le cose a cui dobbiamo far attenzione: un calo del rendimento scolastico e il fatto che in un determinato momento cominci a lamentarsi di non voler andare più a scuola, o anche se frequenta normalmente, si lamenti assiduamente della classe o degli insegnanti. Infine, anche “strani” malesseri fisici che si ripetono nel tempo ma, che nel fine settima scompaiono, soprattutto nei più piccoli devono farci allertare. Logicamente questi due segni di disagio non si verificano solo nei ragazzi che subiscono questa forma di prevaricazione, ma sicuramente succedono anche a loro. Ma cosa fare se invece ci ritrovassimo
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nella situazione in cui sicuramente nostro figlio è stato preso di mira da un bullo? Si può facilmente ipotizzare che un genitore possa entrare in confusione e non sapere nemmeno lui cosa fare, come affrontare questa situazione delicata, fonte di estremo dolore e che spesso lascia delle cicatrici indelebili che accompagneranno il ragazzo per tutta la vita se non affrontate tempestivamente. Il primo consiglio che vi do è attenzione a non minimizzare, cerchiamo di dare il giusto peso a quanto successo. L’obiettivo è far sentire il ragazzo compreso e passargli l’idea che noi siamo lì per ascoltarlo. Cerchiamo di rinforzare il comportamento di nostro figlio, il fatto che si sia fidato di noi e ci abbia confessato quanto subito, è importante. E' fondamentale per lui, il poter condividere l'episodio traumatico ed è rilevante per noi in quanto ci permetterà di essere informati anche di ulteriori episodi. Tentiamo quindi di essere estremamente accoglienti e anche se dentro di noi crescono emozioni di rabbia oppure vendetta, cerchiamo di controllarci. Reazioni impulsive o rabbiose possono farlo chiudere in sé stesso e quindi rompere l'abitudine di riuscire a parlare di quanto gli succede. Adesso che ci siamo connessi con nostro figlio in modo funzionale, cerchiamo di capire bene la situazione. Quante volte è avvenuto, in che termini, con che modalità, queste sono
le domande a cui dobbiamo trovare le risposte. Tentiamo di non tralasciare niente, nemmeno quello che può a primo acchito, sembrare un dettaglio superfluo. Quello da capire è se c'è una ripetitività e che conseguenze ha su nostro figlio. Nel momento in cui abbiamo raccolto tutte le informazioni necessarie, rechiamoci a scuola per parlare e decidere come affrontare questa situazione. Il ragazzo deve essere a conoscenza delle nostre intenzioni. E' importante riuscire a fargli capire che è necessario questo passaggio. Rassicuriamolo sul fatto che non passerà per spione e che si cercheranno i modi opportuni per affrontare quanto successo. Mi raccomando cerchiamo di resistere all’idea di andare in prima persona a risolvere la situazione, affrontando i ragazzi "carnefici" o a parlare con i genitori del bullo. Litigare con loro non farà altro che passare l'idea che vince il più forte e che i problemi si risolvono con le urla. Ed infine se la situazione risulta essere di difficile risoluzione, oppure se il ragazzo ha una sofferenza tale che inficia la sua qualità di vita, non abbiate paura e rivolgetevi a un professionista. Insieme troverete la strada migliore per elaborare e supportare vostro figlio. Dott.ssa Erica Zanghellini Psicologa-Psicoterapeuta Riceve su appuntamento Tel- 3884828675
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Medicina & Salute di Laura Fratini *
Conosco il dott. Gerry Grassi dai tempi dell’Università. Abbiamo studiato insieme a Firenze e ci siamo laureati quasi nello stesso anno. Erano tempi entusiasmanti, di studio e scoperta di un mondo complesso e affascinante, quello della psicologia. E di quegli anni conservo il ricordo di pomeriggi di studio, approfondimento, di discussioni in vista degli esami, di domande sul futuro della professione, ma anche di grande ilarità. Gerry ha sempre avuto un carattere pragmatico e gioviale e nel corso degli anni abbiamo mantenuto i contatti e ho potuto seguire con interesse il suo percorso. Oggi, pur avendo intrapreso approcci terapeutici differenti, seppur con alcuni elementi di contatto, ho il piacere di confrontarmi con lui sulla professione e di poter conversare sul suo primo libro, appena uscito in libreria: “Autostima fai da te”. Strategie non convenzionali per stare bene con se stessi e con gli altri”. Un titolo accattivante, che ci porta a parlare di uno dei temi che più spesso si affrontano nella nostra professione. E già la copertina ci parla di Gerry e di quanto sia egli stesso l’esempio di ciò che scrive nel libro: si è messo in gioco senza filtri e timori.
Gerry Grassi e l’autostima fai da te Trovate in libreria “Autostima fai da te. Strategie non convenzionali per stare bene con se stessi e con gli altri”, Ed. Rizzoli. Un lavoro nato da anni di studio e confronto con le massime autorità della psicoterapia nel quale lo psicoterapeuta Gerry Grassi affronta ogni paziente nella sua specificità, portandolo a compiere in prima persona azioni che gli consentono di superare il proprio blocco, e proponendo ai lettori il metodo ASTRO (Attenzione, Strategie, Tempo, Risoluzioni, Ostacoli) che ognuno può applicare autonomamente per affrontare e risolvere le proprie impasse, aggirandole, ribaltandole, o addirittura facendole esplodere, per vivere una vita serena e appagante. «
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ono davvero molto emozionato – dice Gerry Grassi rispondendo alla nostra intervista - per l’uscita del libro che ho avuto la fortuna di poter fare con Rizzoli. Nel libro parlo anche del mio percorso, non solo professionale ma anche personale. L’idea è proprio questa: unire molti elementi apparentemente lontani tra loro. Un approccio pragmatico ma anche miscelato con una certa poetica e con dei racconti che appartengono alla mia vita. Parlare delle persone che mi hanno maggiormente ispirato, offrire un metodo che i lettori potranno sperimentare da soli anche attraverso i molti esercizi riporta-
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ti nel workbook interno al libro. L’autostima è il prodotto delle nostre scelte e delle nostre scelte mancate e io ho sempre cercato di “esserci”, questo è certo». Com’è nata l’idea di scriverlo? «A seguito di un post su Facebook nel quale Selvaggia Lucarelli parlava
del programma tv che facevo all’epoca. Ho risposto scherzando e sono stato poi contattato da Rossella che mi ha chiesto: «potrebbe interessarti scrivere un libro per Rizzoli?». Mi sono sentito un po’ come quando a una band emergente viene proposto un contratto discografico da una major. Allora abbiamo iniziato a parlare e ho detto che mi sarebbe piaciuto parlare di me e del metodo che uso. Da lì ci siamo messi al lavoro ed è stato un fantastico viaggio dentro di me». Ma cos’è l’autostima e cosa può succedere a chi sente di non averne? «L’autostima per me è un ri-
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sultato e non una condizione di partenza. L’autostima arriva se tu fai determinate cose. Spesso si parla di “mancanza di autostima” come se fosse un handicap genetico. Per fortuna non è cosi e possiamo accrescere la nostra autostima se lo vogliamo. Ma allo stesso tempo non credo negli approcci iper-motivazionali. Io sono un grande fan dei momenti di malessere e credo che anche grazie alle difficoltà, agli errori, e ai momenti di noia possiamo evolverci». E qual è la tua idea di percorso terapeutico? «Mi sono formato con diversi autorevoli colleghi e adotto un metodo misto che sicuramente attinge dalla psicoterapia breve strategica e dall’ipnosi ericksoniana. Nella maggior parte dei casi faccio delle terapie brevi, siamo intorno alle 7/10 sedute. Molto spesso do dei compiti ai miei
pazienti, degli esercizi che possono apparire un po’ strani, ma che hanno il potere di risolvere i problemi in tempi molto brevi. Magia? No, solo tecnica applicata. Nel libro ho deciso di dare una forma “narrativa” al mio metodo». Perché hai scritto questo libro? «Avevo in mente un progetto, l’idea di rendere il più divulgativo possibile un approccio molto pratico alla risoluzione dei problemi. Molti colleghi hanno scritto libri fondamentali per l’approccio, ma ancora nessuno lo aveva fatto in questo modo, parlando anche della propria vita e del proprio percorso, utilizzando uno storytelling di questo tipo, unendo elementi narrativi e tecnici». Un consiglio ai tuoi lettori? «Leggete bene il libro: è accessibile a tutti ma è pieno di riferimenti che potrete approfondire separatamente.
Se avessi dovuto “esplodere” ogni concetto che tratto, avrei dovuto fare una sorta di enciclopedia. In questo caso ho cercato di dare più spazio al racconto e lasciare quindi al lettore la possibilità di approfondire successivamente». «Ringrazio i miei giovani genitori che mi hanno supportato anche nei momenti in cui non era semplice farlo, e tutte le persone che hanno lavorato con me e hanno creduto in me, i miei pazienti per la fiducia che pongono in me, e un po’ anche me stesso per aver condotto la vita che avrei voluto fino a oggi, con tutte le difficoltà che possono esserci state». *dott.ssa Laura Fratini Psicologa - Psicoterapeuta Studio, Piazzale Europa n°7 - Trento Tel. 3392365808
HIV, passi in avanti targati Italia
di Elisa Corni
erebbero essere sorl’AIDS sarebbe stato sperimentato in Italia, e i risultati sembr La notizia ha suscitato molto scalpore: un “vaccino” contro loga Barbara Enmo con ordine. Un team di scienziati guidato dall’immuno prendenti. In questo c’è del vero e del meno corretto. Ma andia del vaccino Tat, iore di Sanità ha, negli ultimi otto anni, sperimentato gli effetti soli, direttrice del Centro di Ricerca sull’Aids dell’Istituto Super te positivi: se usato da AIDS. I risultati della fase sperimentale sono effettivamen basato sull’omonima proteina, su primati e volontari affetti latente, ovvero uzione del virus, questo vaccino è efficace sul 90% del virus come terapia antiretrovirale per ridurre o sopprimere la riprod già presente nell’organismo ma non attivo. Come dichiarato questo vaccino permette di contenere drasticamente il virus. In parole povere, nei malati di HIV la somministrazione di prospettive dalla dottoressa e ricercatrice “Questa scoperta apre nuove il virus dela terapi questa Con tia”. per una cura funzionale della malat normale. vita una fare no posso ti l’HIV può essere controllato e i pazien ire il preven di grado in o vaccin un Ciò non significa che si sia scoperto malat questa contro olosa mirac contagio o che si sia trovata una cura e zazion rganiz dell’O sito sul icati tia con la quale, secondo i dati pubbl e nel monMondiale della Sanità, convivono quasi 40 milioni di person re seconSemp morti. di e milion un do, e che, ogni anno, provoca quasi del nto aume un stato è c’ 2010 al o do l’organo internazionale, rispett ramen miglio al o dovut è ciò parte in 14% delle persone infette da AIDS: sta ina medic la che indice 34%, del to delle terapie - i decessi sono calati ancora facendo moltissimo in questo senso. Ma purtroppo vi sono 2017, un nel e person di i milion due troppi nuovi infetti. Si parla di quasi e. La upant preocc nque comu ma dato in calo (-18% rispetto al 2010) : la strade e distint due e seguir a lotta all’AIDS deve quindi continuare prevenzione e la cura.
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Le cronache locali VALSUGANA
L’Associazione pescatori dilettanti della Valsugana assimo Andriollo di Castelnuovo è il nuovo presidente dell’Associazione Pescatori Dilettanti della Valsugana. È stato eletto, nei giorni scorsi, in occasione della prima riunione del consiglio direttivo. Ma le novità non finiscono qui. Alla vicepresidenza è stato eletto Andrea Merlo, rappresentante dei pescatori di Borgo, con l’incarico di segretario affidato a Luca Mengon di Castel Ivano. “Vorrei ringraziare – ricorda Andriollo – tutti i componenti del consiglio direttivo uscente per il lavoro svolto in questi anni e fin da subito ci siamo messi al lavoro per proseguire un percorso che ci vedrà impegnati ad affrontare tutte le problematiche che interessano il mondo ittico della Bassa Valsugana”. Oggi sono 312 i pescatori iscritti all’Associazione, arrivano da 13 comuni: quello più rappresentato è Borgo (68) seguito da Telve (53), Castel Ivano (51), Roncegno (31), Castelnuovo (22), Torcegno (17), Ospedaletto (16), Novaledo (15), Telve di Sopra (13), Carzano (10), Bieno (2), Ronchi (2), Samone (2). (M.D.)
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BORGO
Andrea Divina riconfermato ndrea Divina è stato riconfermato alla guida della sezione Sat di Borgo. Recentemente, presso la sede sociale, si è svolta l’assemblea dei soci che coincideva con il fine mandato triennale del direttivo. Un caloroso applauso e ringraziamento l’ha rivolto l’assemblea a Luisa Marchetto, Nadia Dellamaria e Riccardo Segnana che, dopo diversi anni trascorsi nel direttivo, hanno deciso di passare la mano continuando, però, a partecipare attivamente a tutte le attività sociali. Nella sua relazione Divina ha ripercorso l’attività messa in campo in questi anni. “C’è stata una significativa crescita della sezione. Non solo per numero di soci e di gite proposte – ha ricordato - ma anche per una importante presenza nel contesto sociale della comunità con particolare riguardo alle scuole e al mondo giovanile che ha portato, tra le altre cose, alla costituzione, nei mesi scorsi, della nuova sezione giovanile della Sat”. Spazio quindi alle relazioni dei responsabili della rete sentieristica che, purtroppo, a causa dei recenti eventi atmosferici ha subito gravi danni. Ai soci è stata chiesta la massima collaborazione per far sì che i sentieri colpiti ritornino ad essere percorribili e sicuri come prima. Si è discusso anche di tesseramenti e assicurazioni, dell’attività del gruppo grotte per chiudere con la relazione finanziaria. In chiusura spazio all’elezione del nuovo direttivo che, successivamente, si è riunito per la distribuzione delle cariche sociali. Andrea Divina è stato confermato presidente, Mario Lorenzin è il suo vice con Monica Caumo segretaria e Claudia Doriguzzi cassiera. Faustino Terragnolo si occuperà del tesseramento e delle assicurazioni, Livio Zottele e Remo Capraro sono i referenti per la sentieristica, Gianfranco Tomio si occuperà di speleologia e alpinismo con Daniele Bertoldi e Andrea Divina referenti per la sezione giovanile. Livio Zottele, infine, continuerà a gestire il sito internet. (M.D.)
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Le cronache locali RONCEGNO
Nuovo polo turistico l nuovo polo dell’Hotellerie e del Turismo Sostenibile in Valsugana è diventato realtà. L’hanno promosso l’Istituto di Formazione Professionale Alberghiero Trentino, l’Opera Armida Barelli e l’Istituto Ivo de Carneri. Presso il teatro parrocchiale di Roncegno la presentazione del progetto, alla presenza dei tre dirigenti scolastici (Federico Samaden, Bernando Zanoner e Giovanni Scalfi). Fanno parte della rete anche altri soggetti, come le due aziende Treugast Solutions Group ed Imperial Grand Hotel Levico, imprese ed hotel della Valsugana, Activart srl, le due università di Trento ed Innsbruck e la Provincia di Trento. A dare il via libera al nuovo polo, a Roncegno, c’erano anche gli assessori provinciali Mirko Bisesti e Roberto Failoni. Le tre scuole, in futuro, formeranno profili e figure professionali per puntare ad una revisione ed innovazione del prodotto turistico centrato su sostenibilità, innovazione e occupabilità. In arrivo nuove modularità curricolari sulle tematiche afferenti al turismo sostenibile: ambiente, storia, fattori economici, impatti sociali, cultura dell’accoglienza. Ci sarà una revisione dei contenuti delle discipline tradizionali, ri-orientando l’offerta formativa del Polo attorno a un carattere riconoscibile, centrato sulla sostenibilità. Quello nato in Valsugana è, a tutti gli effetti, un centro-servizi per le scuole. Oltre all’Ufficio stage e tirocini previsto anche un centro tecnico-informativo, uno linguistico, per l’apprendistato, la progettazione, l‘orientamento e l’Innovation Center. Alla presentazione erano presenti Denis Pasqualin e Stefano Ravelli (presidente e amministratore delegato dell’Apt), il sindaco di Roncegno Mirko Montibeller, il presidente della Comunità di Valle Attilio Pedenzini e l’assessore della Comunità Alta Valsugana Lamberto Postal. (M.D.)
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BORGO
Il manoscritto di padre Morizzo a tempo la biblioteca comunale di Borgo stava pensando, vista l'importanza del manoscritto e la sua consultazione da parte di studiosi e laureandi, alla digitalizzazione del manoscritto “Cronaca di Borgo e della Valsugana” di padre Maurizio Morizzo. Nato a Borgo il 10 ottobre del 1843, ancora oggi viene ricordato come un accurato investigatore e raccoglitore di documenti storici relativi principalmente al suo paese natale. Il suo manoscritto, conservato presso la Fondazione Biblioteca San Bernardino di Trento, è un testo fondamentale per la storia di questo territorio, in tutto cinque volumi, copre l’arco temporale che va dal 45 al 1862. Da tempo la biblioteca aveva provveduto ad acquisire in fotocopia i volumi della “Cronaca di Borgo e della Valsugana”, che il tempo ha purtroppo reso illeggibili. Ora, finalmente, è stato possibile digitalizzare l’intero manoscritto. Lavoro curato da Italo Franceschini e Franco Gioppi e recentemente presentato nella sala rossa di palazzo Ceschi a Borgo alla presenza del vicesindaco di Borgo Enrico Galvan e del responsabile della biblioteca Massimo Libardi. L’Iniziativa è stata realizzata dal comune, dalla biblioteca di Borgo e dalla Fondazione Biblioteca San Bernardino. (M.D.)
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Le cronache locali TRENTO
L’Unione Famiglie Trentine na delegazione composta da rappresentanti dell’Unione Famiglie Trentine all’Estero di Trento, capeggiata dal presidente Mauro Verones con a fianco la vicepresidente Maria Patricia Lanziano Broz, i consiglieri Giancarlo Filoso e Massimo Carli, ha raggiunto la “Famiglia Trentina di Solothurn”, in Svizzera, per assistere ai lavori dell’assemblea generale ordinaria che prevedeva pure l’elezione del nuovo direttivo. Il trentino Vito Agosti, che guida questa Famiglia da più di 20 anni, è stato riconfermato presidente. Consiglieri sono stati eletti: Marisa Del Frate, Giulio Marzari, Danilo Leonardi, Daniela Leonardi, Maria Rosa Rosamilia, Magda Fossati, Arturo Fossati, Dino Bodin e Umberto Senter. Quest’ultimo, nel lontano febbraio del 1969, fu uno del fondatori della “Famiglia Trentina di Solothurn” e per oltre 20 anni fu anche presidente. Oltre alla carica di consigliere, Umberto Senter, originario valsuganotto di Novaledo, ricopre pure da diversi anni ormai, la carica di Presidente onorario. Seguendo l’ordine del giorno, è stata fissata anche la data dei festeggiamenti per i 50 anni di fondazione della Famiglia che si terranno il prossimo mese di giugno. Anche in quell’occasione una delegazione di trentini raggiungerà Solothurn per prender parte alla grande festa per il mezzo secolo di fondazione di questa importante Associazione, nel ricordo dei nostri emigranti. (M.P.)
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RONCEGNO TERME
Le Dàlbere de oro iù di cento persone hanno gremito lo scorso 16 febbraio, la grande sala della locale Cassa Rurale per partecipare alla presentazione del libro “Le Dàlbere de oro” di Vitaliano Modena, già pubblicato tanti anni fa ed ora ristampato. Questa idea è nata in occasione del quinto anniversario della sua prematura scomparsa. Vitaliano era uno storico profondo che ha raccontato la storia di Roncegno con diverse ricche pubblicazioni. Il figlio Stefano: “L’idea di questa iniziativa nasce proprio per ricordare Vitaliano a cinque anni dalla sua scomparsa, proprio come oggi, di ricordare la sua figura, il suo ruolo nel paese come persona che ha scritto la storia di Roncegno attraverso le sue opere. Oggi ripresentiamo questa prima ristampa “Le Dàlbere de oro” che è stata una delle prime opere che papà aveva scritto con l’aiuto del gruppo di lavoro degli alunni, nel 1984, delle scuole elementari di Marter. Ma ricordiamone ancora qualche altra: “La nostra guerra” “Roncegno e i profughi”, “Gli anni della ricostruzione”, diario di Filomena Boccher relativo alle vicende di questa maestra profuga a Mittendorf. Pensiamo che altre pubblicazioni di Vitaliano verranno ristampate e ripresentate in un prossimo futuro. L’appuntamento è stato introdotto dal direttore di Vita Trentina Diego Andreatta con gli interventi di Quinto Antonelli della Fondazione Museo Storico del Trentino che non potendo essere presente aveva inviato una relazione, Angelica Mottes ed Emanuele Curzel dell’Università di Trento e Mario Costa del Gruppo Teatrale Tarantas. Parole di lode per questa iniziativa sono venute anche dal primo cittadino Mirko Montibeller e dall’assessore comunale Giuliana Gilli. (M.P.)
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Le cronache locali LEVICO TERME
I micologi in assemblea resso l’Oratorio Parrocchiale si è svolta l‘assemblea annuale dei Soci del Gruppo Micologico “Bruno Cetto” di Levico Terme. Il presidente Marco Pasquini, dopo il saluto di benvenuto alla sessantina di soci presenti, ha illustrato i punti sui quali l’assemblea era chiamata a decidere: l’approvazione del bilancio al 31 dicembre del 2018, la modifica dello Statuto Sociale in applicazione delle norme contenute nel Decreto Legislativo 117/2017 e la nomina del nuovo Consiglio Direttivo per il triennio 2019 – 2021. Presidente dell’assemblea è stato nominato il socio Arturo Benedetti mentre segretario con il compito di illustrare le nuove norme dello Statuto e pure la situazione finanziaria redatta dal segretario Amos Cetto, che al 31 dicembre 2018 chiudeva in attivo con oltre duemila euro, è stato eletto Roberto Coli. Il presidente Pasquini ha quindi illustrato l’attività svolta nel corso del 2018 evidenziando le principali iniziative come la “strozegada de santa Luzia”, le mostre micologiche, le escursioni e tanto altro. Il programma per l’anno in corso, ha concluso Pasquini, verrà redatto prossimamente e verrà allegato al bollettino di prossima uscita. I soci al 31 dicembre scorso erano 271 non solo di Levico ma anche di tanti altri paesi della Valsugana, di Trento e di altre regioni italiane. Si è quindi proceduto alla votazione per il rinnovo del Consiglio Direttivo. Questi gli eletti: Marco Pasquini, Romeo Frisanco, Aldo Tosi, Luigino Vinciguerra, Roberto Coli, Silvano Garollo, Marco Rover, Renzo Angeli, Marco Stefani, Alberto Paoli, Amos Cetto. (M.P.)
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NOVALEDO
Il tiglio scolpito e forti raffiche di vento di fine ottobre 2018, hanno causato anche a Novaledo notevoli danni ai tetti delle case, ai boschi, ai frutteti ed altre coltivazioni. Vittime di quelle folate sono rimaste anche le due grandi e secolari piante di tiglio che erano ai lati della via principale che attraversa il paese. Il tiglio in località Menegoi è stato completamente sradicato e caduto nel campo sottostante. Il gigantesco tiglio in centro paese invece, a nord di Casa Zen che da lunghi decenni costituiva punto importante di riferimento e anche di sosta o riposo serale sulle panchine sotto la sua ombra, è stato gravemente danneggiato e, pur non essendo stato sollevato alla radice, aveva perduto gran parte dei suoi ombrosi rami e si era pure inclinato. Da un sopralluogo dei tecnici della Protezione Civile e dei Vigili del Fuoco, è stato però giudicato pericolante e così l’amministrazione comunale aveva deciso di abbatterlo mantenendo circa tre metri di tronco e di farlo scolpire in basso rilievo per raffigurare simbolicamente una famiglia soccorsa dai nostri Vigili del Fuoco. Un’opera che è stata completata recentemente e realizzata dall’artista Gino Lunz di Pergine Valsugana. La storia di questo tiglio fa ritornare un po’ alla mente la poesia di Guido Gozzano: “Il gigantesco rovere ( tiglio ) abbattuto”, là dove dice: “Non so perché mi faccia tanta pena quel moribondo che non vuol morire”. (M.P.)
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Che tempo che fa di Giampaolo Rizzonelli *
2018: Levico Terme ancora un anno “caldo” Analisi meteo dell’anno appena concluso e di alcuni episodi significativi Temperature del 2018 Il 2018 è stato un anno ancora una volta “caldo” e non solo a Levico Terme, infatti è stato il quarto anno più caldo di sempre per il Pianeta, di poco più fresco del 2017, del 2016 e del 2015 che “avevano battuto” ogni record precedente a partire dal 1880 (fonte NOAA). Situazione peggiore in Europa dove l’anno appena chiuso è stato il più caldo da quando si fanno rilevazioni e stessa “sorte” è toccata all’Italia, dove il 2018 è stato il più caldo dal 1800 (anno da cui si dispongono di dati), con un’anomalia di +1,58°C sulla media 1971-2000 (Fonte Isac/CNR, vedi figura 1). Per quanto riguarda Levico il 2018 si pone al 5° posto tra gli anni più caldi, dal 1939 in questo caso (primo anno in cui abbiamo dati rilevati).A Levico Terme il 2018 è stato più caldo della media di 1,1°C, nella tabella seguente sono riportati i valori medi dell’anno e il confronto con le medie storiche dal 1939.
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In particolare sulle temperature così elevate ha “pesato” un’estate tra le più calde di sempre, la quinta per l’esattezza, numerosi sono stati i giorni con temperature massime uguali o superiori ai 30°C, ben 32, ma comunque meno calda dell’estate 2017, che fu la terza più calda di sempre e in cui si registrarono 41 giorni con massime uguali o superiori ai 30°C. Nel 2018 ci sono stati 95 giorni di gelo (giorno in cui la minima è =<0,0°C), a fronte dei 102 del 2017 e dei soli 83 del 2016. Il giorno di gelo più “tardivo” è stato rilevato il 2 aprile (a differenza del 2017 quando ci furono purtroppo gelate tardive fino al 29 aprile, con i relativi danni per l’agricoltura), la prima gelata autunnale è stata registrata molto tardi, ovvero il 17 novembre. Nel 2018 ci sono stati cinque giorni di ghiaccio (giorno in cui la temperatura non supera mai 0,0°C), come di seguito elencati con la relativa massima del giorno
La minima dell’anno è stata rilevata il 26 febbraio con -9,5°C, mentre la massima dell’anno, +33,7°C, è stata rilevata il 31 luglio. La temperatura massima del 24 ottobre, la più alta di sempre per il mese. Tra gli episodi significativi c’è certamente da segnalare la temperatura massima raggiunta il 24 ottobre a Levico Terme (ma il discorso vale per gran parte della Provincia) ovvero +28,7°C alla stazione meteo del sito www.meteolevicoterme.it, +29,2°C alla stazione meteo della Fondazione Mach e +27,6°C alla stazione di Meteotrentino. Risalendo nello storico, disponibile fino al 1939, troviamo una temperatura massima di +27,3°C nel 1995. Il fatto che questo valore sia stato rilevato nell’ultima decade del mese, statisticamente la più fredda, rende ancora più straordinario il dato. La temperatura rilevata il 24 ottobre è stata provocata dai venti di caduta, dal foehn, che a Levico ha raggiunto raffiche di 68km/h. LE PRECIPITAZIONI Il 2018 ha fatto registrare precipitazioni superiori alla media del 25,6%, questo dopo un 2017 che invece aveva fatto rilevare precipitazioni sotto la media di quasi il 21%. Nel corso del 2018 sono caduti 1.323,6 mm in 106 giorni piovosi* (nel 2017 erano stati solo 75), la media storica, in questo caso dal 1921, è
Che tempo che fa
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di 1053,8 mm e 92 giorni piovosi. (per giorno piovoso si intende giorno in cui cade almeno 1 mm di pioggia o neve sciolta) L’anno più piovoso a Levico fu il 2010 con 1886 mm, mentre il meno piovoso fu il 1921 con 543 mm. Ancora una volta il mese record per le precipitazioni è stato ottobre, in particolare a fine mese la tempesta Vaia aveva portato abbondanti precipitazioni, ricordo che erano caduti 356 mm di pioggia in 5 giorni, di cui 192 il solo 28 ottobre, in sostanza negli ultimi giorni di ottobre è caduto il 27% della pioggia annuale e nel solo 28 ottobre quasi il 15%. Per la cronaca le precipitazioni di fine ottobre 2018 avevano portato all’esondazione del fiume Brenta nelle campagne a sud di Levico (vedi fig. 2).
NEVE Ancora una volta la neve si è fatta vedere poco a Levico, nel corso del 2018 sono caduti 39 cm in 14 giorni nevosi, (per giorno nevoso si intende giorno in cui cade almeno 1 cm di neve) In nessuno dei giorni nevosi sono caduti più di 8 cm di neve (come il 1° gennaio o il 1° marzo – vedi fig. 3).I giorni con permanenza di neve al suolo nel 2017 sono stati 27, nel 2017 furono 39, mentre nel 2016 15. Per dare un termine di paragone con un anno nevoso, nel 2013 erano caduti 211 cm di neve in 24 giorni nevosi, mentre i giorni con permanenza di neve al suolo erano stati 66. TEMPERATURA ACQUA DI SUPERFICIE DEL LAGO Nel 2018 il lago di Levico non si è ghiacciato, fatta eccezione una piccola
fig. 2
parte tra la fine di gennaio e la fine di febbraio. La temperatura dell’acqua del lago di Levico è oscillata tra +3,4°C del 27 febbraio ai +27,1°C del 9 agosto. VENTO Preme anche ricordare le forti raffiche di vento registrate il 29 ottobre 2018 che tanti danni hanno fatto al patrimonio forestale trentino e non solo. La stazione dell’osservatorio www.meteolevicoterme.it tre le 19.20 e le 19.30 ha registrato una raffica di 117 km/h e un vento massimo in 10 minuti di 74 km/h. (vedi fig. 4). * Elaborazioni di Giampaolo Rizzonelli anche su dati forniti anche da Fondazione Edmund Mach e Provincia Autonoma di Trento
fig. 3
fig. 4
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o d n a l l e r e h c o i G
Cristini io iz r u a M a cura di
COMPOSIZIONE URBANISTICA Ricomponete le lettere che costituiscono il nome di una cittadina trentina. Le iniziali di tali località, lette nell'ordine, daranno il nome di un'altra località del Trentino (Es. : ENORTT = Trento). 1. CEELLRSU = ..........................................................................
2. ALLOSSTU = ........................................................................
3. EEOORRTV = ........................................................................
A gioco risolto, leggendo di seguito le lettere nelle caselle a sfondo colorato, si otterrà il nome della cittadina austriaca che ospitò tanti profughi sfollati dalla Valsugana durante la I° guerra mondiale.
4. EIMR = ................................................................................
ORIZZONTALI: 1. Un bianco fungo, piuttosto raro, mortale - 12. Autorimessa - 13. La Fracena in Valsugana - 14. Una delle prime radio libere trentine (sigla) - 15. Caratterizza una sostanza molto tossica - 18. In mezzo alla slitta - 19. La cantante di "Sulla mia pelle" - 20. Il fiore dell'oblio - 21. Auto pubblica - 23. Allegri, spensierati - 25. Alle estremità dell'omnibus - 26. Può contenere schede o ceneri - 27. La squadra di basket varesina nella quale giocò Dino Meneghin - 29. La seconda nota - 30. La S.S. 16 - 32. Piccole raganelle - 34. La divisa monetaria rumena - 35. Il Pio che fu papa Pacelli - 36. Costume da nuotatore - 39. Esercito Italiano - 40. Famiglia trentina di famosi ciclisti 42. Abitazione rurale tipica trentino-altoatesina - 45. Parte dalla Panarotta e atterra presso Barco! - 49. La provincia sarda con La Maddalena (sigla) - 51. E' usata per preparare il gulasch - 52. Lo è il reo che svela le proprie colpe - 53. Articolo per signorina.
5. GGINOR = ............................................................................
6. ADELNOOV = ......................................................................
VERTICALI: 1. In Italia è stata una forma di ospitalità promossa sin dal 1973 dalla provincia di Trento
7. ADEELOOPSTT = ................................................................
SOLUZIONI NR. DI FEBBRAIO 2019 CRUCI... TRENTINO CICLO DEI MESI
COMPOSIZIONE FLOREALE 1. Soldanella, 2. Anemone, 3. Silene, 4. Stramonio, 5. Iperico, 6. Farfaraccio, 7. Ranuncolo, 8. Asfodelo, 9. Genziana, 10. Arnica = SASSIFRAGA
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- 2. Frazione a sud di Trento gemellata con la bavarese Ergolding - 3. Sono note la "Pop" e la "Decó" - 4. Paese fantastico del quale la Strega Bianca è la regina - 5. Sono pari nella piega - 6. Un servizio fornito sullo schermo dalla RAI - 7. Nosiola e Teroldego sono definiti autoctoni trentini - 8. Una partita... con undici cifre - 9. Sono tanti quelli che hanno corso la Parigi-Dakar - 10. Seguito da "mania" indica l'impulso morboso a comperare di tutto - 11. Non sopra - 16. Nel 2012 ha vinto il Festival di Sanremo (iniz.) - 17. Nella loro provincia parlano il "patois" - 22. Lettere che indicano pericolo di nocività sulle etichette di sostanze chimiche - 24. Squadra di calcio olandese la cui scrittura corretta dovrebbe avere la "j" al posto della "i" - 28. La più alta del cantiere edile - 30. Alessandria - 31. L'ultimo Giovanni Paolo papa - 33. Il ghiaccio sulle Alpi bavaresi! - 37. Il Guardiola allenatore del Manchester City - 38. L'espiatorio paga per tutti - 39. La marca di carburanti che ha sostituito AGIP - 41. Cotte e triturate sono un ingrediente della ciuíga del Banale tridentino - 42. Un servizio offerto da Google - 43. Tanti sono i "Negramaro" - 44. In un etto ce ne sono 3,53 - 46. Era un alto dignitario etiope - 47. Il "sì" russo - 48. Vento gardesano - 49. Pareggio senza gol - 50. La provincia di Susà (sigla).
Il numero di marzo di Valsugana News è stato chiuso in redazione il 2 marzo 2019
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