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Monoporzioni, dimmi come compri e ti dirò chi sei
Quanto si può comprendere di una persona guardando nel suo carrello al supermercato? Quantità dei cibi acquistati, varietà dei prodotti e persino orario in cui si fanno gli acquisti sono espressione della vita dell’acquirente e, a cascata, di un popolo
di Sebastiano Corona
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È stata l’ISTAT a dichiararlo alla fi ne dell’anno nell’Annuario 2019: le famiglie, 25 milioni e 700.000, sono oggi sempre di più, ma anche sempre più piccole. Aumentano in quantità, dunque, ma hanno meno componenti. Il numero medio è passato da 2,7 (anni 1997-1998) a 2,3 (2017-2018). Gli stati di famiglia dove compare una sola persona sono cresciuti negli ultimi vent’anni di oltre 10 punti percentuali: dal 21,5%, al 33%, fi no a diventare un terzo del totale. Lo zoom dell’Istituto di statistica dimostra che il 33,2% è rappresentato da coppie con figli, la tipologia che ha fatto registrare la maggior diminuzione negli ultimi anni.
È drammatico il calo demografico, ma anche l’invecchiamento della popolazione, mentre si ritarda la fuoriuscita dalla famiglia d’origine e la costituzione di una famiglia propria. Impossibile pensare che tutto questo non abbia conseguenze dirette ed immediate sugli stili di vita e sui consumi.
L’Italia di oggi è profondamente diversa da quella di cinquant’anni fa e lo è da ogni punto di vista. E la tavola, luogo per antonomasia dove le famiglie italiane si ritrovano, diventa uno dei maggiori sensori di questi cambiamenti.
Una riduzione importante del numero dei componenti non può che tradursi nel calo delle quantità consumate di volta in volta e — nell’era del prodotto confezionato — di alimenti con grammatura sempre più contenuta. Non è un caso se è boom di acquisti di monoporzioni, dai salumi ai prodotti da forno, dal formaggio alla frutta, dalle creme spalmabili, dolci e salate al pesce, senza dimenticare nulla, nemmeno il caffè. La monoporzione, di pari passo con il monouso, mostra un trend di crescita ragguardevole, che si tratti di grandi superfi ci di vendita, di distributori automatici, di ristorazione o di superette.
Gli esempi sono innumerevoli, sempre più imprese prendono la direzione del packaging ridotto, che possibilmente abbia anche la caratteristica di poter essere trasportato e consumato con facilità. Tra i formaggi spiccano il Parmigiano Reggiano, i tomini e lo Snackorino, una monoporzione di Pecorino Romano DOP, versatile e comodo anche da portare in cartella o in borsa. E da qualche tempo sono disponibili anche i formati monoporzione stick e snack del formaggio Montasio DOP. Le due pezzature disponibili, una da 30 grammi e l’altra superiore ai 50, hanno conquistato i buyer internazionali, soprattutto importatori e grossisti dell’Est Europa e del Far East, in particolare di Taiwan.
Il GRUPPO AGRIBOLOGNA, titolare del brandFresco Senso, dedicato alla frutta e alla verdura di IV gamma, pronta al consumo, dichiara un incremento, sul monoporzione, del 20% a valore e del 16% a volume. Anche BARILLA, coi nuovi Pan di Stelle Biscocrema, la risposta commerciale ai Nutella Biscuits, propone un piccolo packaging da sei porzioni.
Sta lavorando alla causa anche WALMART, insegna anglosassone della Grande Distribuzione Organizzata, che sta introducendo i cibi pronti in vaschetta kit monoporzioni in oltre 2.000 negozi. Il colosso della distribuzione d’Oltremare intende fronteggiare e arginare AMAZON in Whole Food con specialità gastronomiche pregiate di svariate tipologie, dal pesce agli arrosti, ai primi, alle verdure già cotte.
Altri innumerevoli esempi si trovano nel mondo dei salumi, dove possiamo trovare vaschette di salame, mortadella o prosciutto con la grammatura esatta per un panino. Stesso dicasi delle carni, dove molti macelli propongono l’hamburger, la bistecca o i preparati sottovuoto in formato singolo o per appena due persone. Ultimo ma non ultimo, in una lista indicativa ma non certo esaustiva, ecco la cialda per il caffè che fa inevitabilmente soccombere la moka e cancella decenni di tradizione nostrana. La classica caffettiera che per quasi un secolo ha scandito le giornate e la vita degli Italiani è stata sostituita da un sistema che eroga l’equivalente di una tazzina per volta.
Il caffè rito e simbolo di convivialità si piega anch’esso all’incalzare dei tempi e delle nuove abitudini. Non è boom solo di porzioni monodosi, è anche richiesta, sempre più pressante, di quanto vi ruota attorno, dai distributori alle linee produttive, dagli imballaggi agli utensili in formato ridotto.
È solo una questione demografica quella legata a questo fenomeno o c’è anche altro a giustifi carlo? Sembrerebbe proprio di sì. Le diverse ragioni — perché sono tante — non risiedono solo nell’evoluzione sociale del ridimensionamento dei nuclei familiari. Ci sono anche abitudini nuove, stili di vita differenti, modalità e occasioni di consumo un tempo sconosciute. Chi frequenta i supermercati dopo le 20:00 sa bene quale tipo di clientela circoli: single che lavorano sino a tardi e in orari inconsueti si aggirano nei corridoi con un carrellino piccolo, dove compaiono poche sparute cose, di formato monouso. Le famiglie moderne con pochissimi componenti — spesso uno solo — acquistano il poco necessario per correre ai ripari a fi ne serata, in solitudine, dopo un’interminabile giornata di lavoro. I pasti in casa sono sempre più limitati. Raramente riguardano la cena, ancor meno il pranzo, che viene invece consumato in una pausa veloce nei pressi del posto di lavoro. D’altronde non avrebbe senso acquistare grandi quantità o formati famiglia per doverli poi inesorabilmente buttare in pattumiera dopo qualche giorno.
Se la monoporzione non appare sostenibile dal punto di vista ambientale, perché genera una sovrapproduzione di imballi da smaltire, dall’altra parte, infatti, permette un risparmio in termini economici, ma anche di sprechi che, inevitabilmente, si verifi cano quando si ha nel frigo più di quanto serva. Sono inoltre tramontati i tempi del rispetto rigoroso della stagionalità dei cibi. Una volta si seguivano pedissequamente i ritmi della natura e per giorni, settimane, mesi, si consumava quanto la campagna offriva in quel momento. Oggi nei Paesi occidentali è ricerca continua di varietà, di piatti diversi ad ogni pasto e anche per una dieta varia, non si concepisce l’idea di mangiare consecutivamente lo stesso cibo per più giorni di seguito. Questo porta a preparare e cuocere quantità modiche e sempre diverse.
A coloro che amano cimentarsi in cucina — che, al contrario di quanto appaia, sono in realtà sempre meno — spesso per realizzare ricette esotiche e inconsuete servono ingredienti che probabilmente nei mesi a seguire non verranno più utilizzati. Ed è quindi, a maggior ragione e ancora con lo scopo di evitare sprechi, che si preferiscono confezioni di modesto dosaggio. Soprattutto se si tratta di prodotti che hanno una vita molto limitata. Più il cibo è fresco, più è sentita quest’esigenza.
La versatilità e la portabilità di un alimento è allo stesso modo legata alle occasioni di consumo. Tanto più è insolito l’impiego di un cibo, tanto minori sono le quantità che se ne acquistano volta per volta. E ancora, in tempi di maniacale attenzione alle calorie, la tendenza è quella di rendere meno pesanti i pasti canonici di colazione, pranzo e cena, a favore degli spuntini distribuiti nell’arco della giornata. Spuntini che non possono che essere modesti in termini di quantità e apporto nutritivo. Secondo la N IELSEN, il mercato dei fuori pasto salati registra nell’anno giugno 2018/giugno 2019 una crescita del 3% a valore, per un totale Italia di 755,7 milioni di euro. Il controllo delle calorie che porta all’acquisto di porzioni ridotte è un fattore che spinge le vendite delle monoporzioni in maniera importante e si rileva su ogni fronte e per molte tipologie di cibi, non ultimi i piatti pronti.
Tra questi meritano una citazione le lattine di dimensioni mini della BONDUELLE che portano il nome di “Il tuo tocco”. Si tratta di una linea specifi ca in monoporzione che permette di preparare pietanze diverse come zuppe, insalate e frullati con una quantità di prodotto misurata, a cui il consumatore deve solo aggiungere elementi (pochi) a suo piacimento. Di questi ritrovati non dovrebbe teoricamente buttarsi via nulla se non la confezione, appunto. Che con un minimo sforzo può, tuttavia, essere progettata per il riciclo e un basso impatto, come già avviene per alluminio, plastiche compostabili e cartone.
Se da una parte tenderanno ad aumentare i rifi uti legati al packaging, dall’altra il vantaggio potrebbe essere la riduzione dello spreco alimentare che in Italia è stimato per 15 miliardi di euro all’anno, quasi l’1% del PIL nazionale. Un sacrilegio vero e proprio, da ogni punto di vista.
Che dire inoltre di certe abitudini alimentari e di vita nelle famiglie? Si cucina sempre meno e non sempre ci si trova tutti a tavola nello stesso momento. Non a caso aumentano le vendite di piatti pronti che, secondo N IELSEN, nel 2018 hanno rappresentato il 7,1% del totale della spesa, con un incremento di quasi 1 punto e mezzo percentuale, rispetto all’anno precedente.
Fioccano le allergie e le intolleranze alimentari e tutto questo contribuisce a far consumare ad ognuno un suo piatto, anche quando ci si trova in compagnia. Va da sé che la tendenza sia quella del consumo di molte pietanze, tutte diverse. In dimensioni ovviamente modeste. Alle monoporzioni si accompagnano inoltre, sempre più spesso, modalità di preparazione e/o di cottura molto più celeri e pratiche. Per tornare all’esempio del caffè o altre bevande calde, si pensi a quanto sono più pratiche le cialde rispetto alla classica caffettiera. La vita moderna ci richiede tempi contingentati, si immagini quindi quanto sia pratico al giorno d’oggi un caffè che si materializza in qualche secondo, che non necessita di attenzione nel momento della bollitura dell’acqua e che, al contrario della moka, non richiede impegno alcuno nella sua preparazione.
Tutto o quasi — non ultimo il cibo — è mutato rispetto a un tempo. E come siamo cambiati, ancora una volta, lo si vede a tavola e al supermercato.
Sebastiano Corona