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Lo storione… quello sconosciuto!
Lo storione… quello sconosciuto!
di Giorgia Fieni
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Nella maggior parte delle occasioni vediamo lo storione in tavola sotto forma di caviale. Molti non sanno nemmeno come si presenta al momento della pesca, sebbene esso viva sulle nostre coste.
Esso si muove infatti nelle acque del Mare Adriatico e da lì è in grado di risalire fino al Po o al Tevere (per la deposizione delle uova); almeno così si comporta lo storione comune, lungo non oltre 1,5 m (di cui la metà è occupata dal muso), con pinne e scudi, dal colore grigio o verdastro e il ventre giallo.
Tra le altre specie, segnaliamo, nel Nord America, la presenza dello storione bianco (molto più lungo del comune, grigio e caratteristico proprio per il ventre chiaro), mentre nel Mar Caspio e nel Mar Nero vive il beluga (lungo fino a 7,5 m).
Le differenti dimensioni permettono di ottenerne ricette molto diverse: dal crudo (in carpaccio abbinato a sapori decisi, quali wasabi, indivia, erbe aromatiche, pepe rosa, o morbidi come avocado, crema di robiola alle barbabietole) al cotto (in argilla, specialmente, ma pure alla griglia, ripieno di frittata e insaporito nel mirto o in scaloppine agli agrumi).
In Veneto (dove, nel IV secolo, arrivava direttamente dai mercati greci o da Costantinopoli e nel 1173 era fra i pesci più costosi del calmiere) preferiscono rosolarlo in olio (ed accompagnarlo al celebre radicchio trevigiano, alla panna e con salsa Worcester), brasarlo al forno (con vino bianco, dopo averlo lardellato con pancetta) o servirlo in acqua fervente (è una ricetta quattrocentesca che prevede di marinarlo in capperi, uvetta, prezzemolo, aglio, olio, polpa e scorza di limone, avvolgerlo in foglie di vite o di lattuga — magari aiutandosi con canne di bambù — e bollirlo qualche ora in acqua aromatizzata con erbe).
La versione lessa piace comunque anche a GIANFRANCO VISSANI (pur non essendo veneto, ma umbro) perché lo tuffa in una zuppa di arancia, che serve con fegatini d’oca, basilico e sedano.
La presenza dello storione nell’Adriatico ha fatto comunque sì che altre regioni, ad esso affacciate, ne elaborassero particolari preparazioni: in Romagna addensano il fondo di cottura del forno con marsala, burro e farina, mentre nella città di Ferrara insaporiscono l’umido (con una marinatura più leggera rispetto a quella veneta: cipolla, aglio, sedano, alloro, sale, pepe, vino bianco) con acciughe sotto sale e salsa di pomodoro.
Piace però anche in Piemonte, dove è farcito con spinaci all’aglio, avvolto nel lardo e, dopo il passaggio in forno, servito con un contorno di riso venere.
La specie del Mar Caspio invece favorisce la preparazione di una ricetta russa in cui esso è cotto in forno (con alloro e vino bianco) e accompagnato da una salsa di succo di amarene, madera e capperi.
Dalla cucina regionale a quella di chef ed appassionati il passo è breve:
RICCARDO AGOSTINI prepara il Cappelletto di primosale, brodo di prosciutto e pimpinella di storione (ove il pesce è sia in uova che in carpaccio), NORBERT NIEDERKOFLER lo Storione marinato e servito con bufala, lingua di vitello e crema di ricci di mare, DANILO ANGÈ lo Storione, cavolfiore, sedano rapa e frutto della passione, VITTORIO FUSARI il Raviolo aperto con storione e caviale
E infine, per mostrarvi che proprio sconosciuto lo storione non è, vi riporto una testimonianza del 1765 in cui si racconta di MADAME HARDY che lo cucina in una salsa di pollo allo spiedo e lo offre nel suo locale all’ora di pranzo insieme ad altre pietanze.
Non ci sarebbe nulla di particolare, se non il fatto che questa “colazione alla forchetta” altro non è quello che potrebbe considerato il primo buffet della storia!
Giorgia Fieni