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LATTE FIENO STG

di Riccardo Lagorio

L’Europa dei marchi di tutela è un puzzle che si compone di tante tessere, con regolamenti e discipline in continua evoluzione. Accanto alle DOP e alle IGP, sigle ormai note (per quanto riguarda le differenze, varrebbe la pena porsi la domanda: a chi?) nel panorama alimentare, da qualche anno si è diffusa un’altra sigla, STG (acronimo di Specialità Tradizionale Garantita). Diversamente dagli altri due marchi, intende rivolgersi a prodotti agricoli e alimentari che abbiano una produzione o composizione che si distingue da altri prodotti simili e tradizionali (cioè esistenti da almeno vent’anni), anche se non vengono elaborati solo in tale zona. L’esempio forse più noto in Italia è quello della pizza napoletana. Ma non è l’unico utilizzato nel nostro Paese. Sta avendo una certa diffusione il Latte Fieno STG, specie sulla spinta di alcune cooperative altoatesine.

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Secondo la definizione corrente il Latte Fieno è ottenuto da bovine allevate in aziende tradizionali e alimentate da erba, legumi, fieno e cereali senza l’utilizzo di alimenti fermentati e la somministrazione di mangimi OGM Quanto scritto implica l’assenza nel menu delle bovine di fieno umido o fermentato proveniente da balle rotonde arrotolate in fogli di plastica. Insomma, quello che ci si dovrebbe attendere da un allevamento che, proprio perché moderno, ha assunto pratiche di un tempo.

A Maso Marmsolhof, non distante da Castelrotto, in Alto Adige, è l’asina Gilda a dare il benvenuto col suo raglio montano. Gerani fioriti ai balconi e persino alle finestre della stalla, un’aria idilliaca che ha come orizzonte lo Sciliar. «Qui a 1200 metri non è certo facile raccogliere erba, trasformarla in fieno, stivarlo e pascere le bovine» racconta un allegro MATTHIAS RIER, che conduce la fattoria, un Erbhof (maso che da oltre 200 anni appartiene alla stessa famiglia). Sono 22 le bovine in lattazione, 15 i vitelli. «Il ciclo di vita delle bovine è ben diverso che in altre zone della penisola: l’età raggiunge facilmente i 14 anni. Vivono in maniera semplice e vivono a lungo. La media di produzione per bovina è di 20 litri al giorno, che non è poco, considerando il metodo di allevamento e gli anni trascorsi qui». Rier coltiva 20 ettari dedicati alla coltura di fieno e buona parte di questi si trovano a 1700 metri, «ideali per la raccolta di fieno ricco di erbe selvatiche e fioriture estive» mette in risalto.

In alto: il Latte Fieno STG è una forma di produzione lattiera che proviene da bovine allevate in aziende lattiere tradizionali, sostenibili, e alimentate esclusivamente da erba, legumi, cereali e fieno, senza l’utilizzo di alimenti fermentati e la somministrazione di mangimi OGM. A destra, l’Altopiano dello Sciliar. In basso: Matthias Rier, che conduce il Maso Marmsolhof, in Alto Adige.

A sinistra: Matthias Rier e Mirjam Cestari con la mozzarella della linea Latte Fieno di Brimi Centro Latte Bressanone. Oggi Brimi è l’unico caseificio in Alto Adige che, oltre ai classici prodotti lattiero-caseari, si è specializzato proprio nella produzione di mozzarella. A destra: Manfred Kruselburger del Maso Pulvererhof.

La domanda che sorge spontanea è se a questa evidente diversità di produzione corrisponde anche una altrettanto palese difformità di gusto con il latte intero convenzionale. MIRJAM CESTARI, dell’ufficio comunicazione della cooperativa Brimi, sul tema è chiara. «È assai difficile poter distinguere le due tipologie sotto il profilo gustativo, ma è molto evidente a livello chimico fisico dove le essenze emergono come marcatori del latte» spiega con convinzione. Questa cooperativa, a cui aderiscono oltre 1.000 soci, ha introdotto il Latte Fieno (Heumilch) nella linea produttiva a partire dal 2017 ed è oggi riconosciuta come una delle realtà dove l’STG ha acquisito maggior valore di mercato. A partire dalla mozzarella, ma anche per quanto riguarda il latte fresco e la panna

A dire il vero, per capire dalla mozzarella la natura del latte, sembra che esistano alcuni indicatori… La mozzarella Latte Fieno rilascia più latticello al momento del taglio, perché vengono utilizzati fermenti lattici e non acido citrico per la sua produzione. Anche la pasta pare essere un poco più tenace e filante rispetto ad altre tipologie di mozzarella.

Dal canto loro, i nutrizionisti sono concordi nell’affermare che questo tipo di latte, oltre a essere facilmente digeribile, garantisce un maggiore contenuto di grassi buoni, con diversi vantaggi per il consumatore. «Da parte dell’allevatore esiste un beneficio diretto per quanto riguarda la produzione di Heumilch» afferma Matthias Rier. «Infatti vengono riconosciuti per il latte 70 centesimi al litro, circa il 25% in più rispetto a quello convenzionale». Le Latterie Vipiteno e Merano invece arricchiscono il banco frigo con cremoso yogurt naturale LatteFieno e la Latteria Mila con latte

Il Latte Fieno STG è ottenuto da bovine allevate in aziende tradizionali e alimentate da erba, legumi, fieno e cereali senza l’utilizzo di alimenti fermentati e la somministrazione di mangimi OGM. Questo tipo di latte, oltre a essere facilmente digeribile, garantisce un maggiore contenuto di grassi buoni fieno fresco. In Val Ridanna MANFRED KRUSELBURGER produce latte nel Maso Pulvererhof insieme alla moglie MARETA. Anche in questo caso le vacche vengono allevate per un periodo di tempo assai lungo, anche 15 anni, ma il latte non è Heumilch. «Secondo i parametri della cooperativa per la quale produciamo latte, quella di Vipiteno, possiamo allevare 2,5 animali ogni ettaro coltivato a erba. Così al momento possiamo allevare 19 vacche e il nostro toro. L’inseminazione naturale è uno degli aspetti ai quali tengo di più, perché fa parte del concetto di naturalità del nostro latte» spiega Manfred.

L’analisi sensoriale del latte pare mostrare che l’alimentazione con l’insilato abbia un’influenza significativa sul colore (più giallo), sulla consistenza e sull’intensità degli odori. La scelta di alimentare i propri bovini da latte con uno o con l’altro tipo di foraggio è determinata da motivazioni diverse. Spesso è la redditività a fare propendere per una o l’altra. Ma se è vero che l’uomo è ciò che mangia, forse questo accade anche per le bovine da latte. A loro andrebbe posta la domanda: se la vita trascorre meglio alimentandosi con fieno ed erba fresca oppure anche con insilati di mais. Probabilmente non lo sapremo mai, ma il consumatore, quello sì, sembra già preferire il Latte Fieno STG.

Riccardo Lagorio

Club sandwich all’italiana: salumi e frutta in due panini da spiaggia

Immaginare piatti gustosi quando il caldo incombe sembra una missione impossibile eppure la soluzione c’è e la propone Maria Teresa Di Marco di “La Cucina di Calycanthus” che, per l’Istituto Valorizzazione Salumi Italiani (IVSI), ha realizzato il Club Sandwich “all’italiana” nelle due versioni altoatesina e calabrese: due panini che celebrano la ricchezza gastronomica del nostro Paese, da Nord a Sud, dallo speck alla ‘nduja, con un tocco fresco regalato dalle mele e dalle pere. Frutta e salumi, con il loro mix bilanciato di vitamine (fra le quali A, C e B), proteine e sali minerali come potassio e magnesio, ci garantiscono un corretto apporto nutritivo senza lasciarci sconfiggere dalla calura. «Siamo fortunati: viviamo in un Paese bellissimo. Lo sanno tutti e lo sappiamo anche noi, seppure qualche volta, forse, rischiamo di dimenticarcelo, anche a tavola. La cucina italiana non è grande solo per l’invenzione geniale della pizza, o per la versatilità commovente della pasta, ma anche e soprattutto per la ricchezza incalcolabile di prodotti e di produttori che rendono la nostra tavola tanto generosa di piaceri e di sapori. Ogni regione ha le sue eccellenze, ma pure ogni provincia, spesso ogni paese, quasi sempre ogni città» ha commentato Di Marco.

Club sandwich (versione altoatesina)

Ingredienti

3 fette di pane di segale • 60/80 g di speck tagliato grosso • 40 g di burro • 1 cucchiaino piccolo di cren • 1 cetriolo • 1 mela verde • rosmarino o ginepro (facoltativi)

Esecuzione

Affettare il pane piuttosto sottile ottenendo tre fette regolari per ogni panino. Tostare il pane se si preferisce una versione più croccante, oppure lasciarlo naturale. Montare il burro con il cren e conservare da parte. Affettare sottilmente la mela ben lavata con tutta la buccia. Tagliare a nastro il cetriolo. Spalmare una prima fetta con il burro al cren, disporre sopra lo speck, quindi la mela e il cetriolo, procedere allo stesso modo con la seconda fetta sistemata sopra al primo strato.Terminare l’ultimo strato con la fetta di pane e sistemare sopra un nastro di cetriolo. È possibile aromatizzare ogni strato con poco rosmarino o con una bacca schiacciata di ginepro.

Club sandwich (versione calabrese)

Ingredienti

3 fette di pane di segale o integrale • 20/30 g di ‘nduja • 100 g di scamorza affumicata affettata fine • 1 pera

Esecuzione

Affettare il pane piuttosto sottile ottenendo tre fette regolari per ogni panino. Tostare il pane se si preferisce una versione più croccante, oppure lasciarlo naturale. Lavare la pera e affettarla sottilmente con tutta la buccia, affettare sottilmente la scamorza. Spalmare uno strato sottile di ’nduja su una prima fetta di pane, disporre sopra la scamorza e quindi la pera, chiudere questo primo strato con una seconda fetta di pane a sua volta spalmata di ’nduja e completare con la scamorza e la pera. Sistemare in cima l’ultima fetta di pane sempre spalmata di ’nduja e completare con una fetta di pera scenografica.

>> Link: www.salumi-italiani.it

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