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QUANDO UNA STELLA MUORE
di Riccardo Lagorio 18
Bernard Fournier ha celebrato per tre decenni nel suo locale a Campione d’Italia l’anatra Mulard ma, soprattutto, l’arte del foie gras, facendolo conoscere, ravvivandolo nel gusto e nello spirito, portandolo a vette mai toccate prima. «Forse ora inizierò dei corsi dedicati affinché si conosca davvero la realtà di questo prodotto. Ad iniziare dalla dizione…» giugno 2023. È una data che si ricorderanno in molti. In molti di coloro che hanno seguito le vicende della cucina italiana, la sua storia recente. Il 18 giugno 2023 è stato l’ultimo giorno di attività del ristorante Da Candida, aperto nel 1992 dall’istrionico chef patron francese BERNARD FOURNIER e dalla moglie trentina ADRIANA BERTI. Per oltre trent’anni il locale ha illuminato il livido panorama della ristorazione di Campione d’Italia, fazzoletto di terra tricolore circondata da territorio elvetico. «Dovevamo aprire dopo due mesi di ristrutturazioni. La burocrazia italiana ce ne fece impiegare il doppio» ricorda Bernard. «E il primo ad entrare quel lontano venerdì sera fu il comandante della polizia municipale». Veniva a fare l’ultimo estenuante controllo.
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Il rapporto con Campione d’Italia e Bernard Fournier non pare essere stato da principio idilliaco: trascorsi sei mesi dall’apertura le solite voci incontrollate lo danno lì lì per chiudere. «Alla fine le malelingue hanno dovuto aspettare più di 370 mesi perché Da Candida chiudesse. E non certo perché mancassero i clienti, ma perché Bernard Fournier ha più di 67 anni». Nel 1995 arriva per la prima volta la Stella Michelin a suggellare una cucina fatta di tradizione francese e classicismo italiano. Un locale, insomma, che aveva le carte in regola per attraversare indenne le procelle scatenate su questo sacro modello dalle sperimentazioni molecolari, dalle pappette veg, dall’occhiolino strizzato verso le cucine etniche, le fermentazioni, le destrutturazioni. Manco i cuochi fossero Picasso.
Lui no: Bernard Fournier — e in ciò risiede la sua grandezza — ha celebrato per tre decenni in Italia l’anatra Mulard e, soprattutto, l’arte del foie gras: lo ha fatto conoscere, lo ha in certi casi ravvivato nel gusto e nello spirito, lo ha portato a vette mai toccate prima. L’anatra Mulard, ibridi sterili ottenuti dall’incrocio di anatre di Barberia e anatra comune. «Chi non conosce la genesi del foie gras non si immagina neppure che l’anatra Mulard non subisce nessuno stress per ottenere il fegato grasso. Razze diverse di anatra e oche possono subire invece uno squilibrio nell’assunzione eccessiva di cibo».
Ma Fournier, nei quarant’anni di attività, ha sempre utilizzato anatre Mu- lard, per buona pace degli ambientalisti e degli animalisti. «Forse inizierò dei corsi dedicati al foie gras affinché anche in Italia si conosca la realtà di questo prodotto. Ad iniziare dalla dizione, perché non ci si sbagli a confondere il foie gras entier con quello au bloc. Il primo deriva da un solo fegato lavorato, mentre il fegato au bloc è un insieme emulsionato di fegati. È intuitivo che il primo sia più pregiato».
Anche il consumatore dovrebbe prendere conoscenza di questa specificità. Una volta marinato al Vino Santo trentino, alla vaniglia di Tahiti, ai fichi, al fior di sale di Trapani o di Bretagna e in altra mezza dozzina di gusti, dal foie gras cucinato a bagnomaria a 85 °C per 12 ore si ottiene la terrina mentre cuocendo a 60 °C in immersione, avvolto da un apposito panno, viene invece denominato au torchon
A celebrare la chiusura sono stati chiamati per un buffet i clienti affezionati e una selezionata serie di colleghi pronti a volere celebrare il loro maestro o mentore. «Un tempo avremmo applaudito solo all’apertura di un locale, non alla sua chiusura» scherza MAURO ELLI de Il Cantuccio di
Albavilla (CO); DARIO RANZA, presidente della delegazione svizzera al Bocuse d’Or e per anni cuoco del ristorante Principe Leopoldo del lussuoso Hotel Villa Principe Leopoldo di Lugano; la giovane PAMELA PAREDI dell’Osteria Lanterna di Cressogno Valsolda (CO). Loro si sono dati da fare a voler ricordare quanto importante Bernard Fournier sia stato per tutta la ristorazione ticinese e comasca. Ma anche italiana.
L’ultimo menu, appeso nella bacheca avvolta da tulle bianche e crema, recita piatti golosi con protagonista l’anatra Mulard: magret affumicato e melograno; magret arrosto con carote e Marsala; coscia confit, rösti di patate e uvetta di Zibibbo. Ma anche tournedos di manzo alla Rossini con purè di patate, rognone di vitello alla Digionnese, lumache alla bourguignonne. Il meglio di quanto l’opera culinaria umana abbia mai espresso. Da domani gli affreschi ottocenteschi e il caminetto in pietra grigia rimarranno soli, qualcuno scrosterà l’insegna murale che riporta la scritta Ristorante Da Candida e il silenzio calerà su viale Marco da Campione. Giù il sipario.
Riccardo Lagorio