«Ta nte vo l te i l de mo nio mi ha detto: “A te no n p o ssi a mo fare niente, p erché sei tro p p o protetto” ». D o n Ga br i el e A morth
Elisabetta Fezzi è pubblicista dal 1988. Enologa e imprenditrice, ha pubblicato libri di enogastronomia per Giorgio Mondadori e MEB. Ha conosciuto padre Amorth per un’intervista a cui è seguita una profonda amicizia.
PADRE AMORTH con Elisabetta Fezzi
Gabriele Amorth, nato a Modena il 1° maggio 1925, è stato il più importante esorcista italiano e un grande mariologo. Entrò nella Società San Paolo nel 1947, cinque anni dopo un colloquio privato con don Giacomo Alberione che lo aveva letteralmente folgorato. Laureatosi in giurisprudenza, nel 1954 ricevette l’ordinazione. Nel 1985 venne nominato esorcista della diocesi di Roma, incarico che ha mantenuto a lungo esercitando fino all’ultimo questo delicato ministero. Nel 1990 fondò l’Associazione internazionale degli esorcisti, di cui è stato presidente fino al 2000. Si è spento a Roma il 16 settembre 2016. Moltissimi i libri da lui pubblicati e tradotti all’estero, tra i quali ricordiamo, con le Edizioni San Paolo, Più forti del male (20126), Il vangelo di Maria (2012), Vade retro Satana! (2013), Saremo giudicati dall’Amore (2015) e Il mio rosario (2016).
22H 373
140 × 216 SPINE: 21 FLAPS: 85
PADRE AMORTH L a mia b attaglia c on DI O c ontro SATANA con Elisabetta Fezzi
In copertina: foto dall’archivio personale di Padre Amorth Progetto grafico: Luca Dentale / studio pym
€ 16,00
9 788892 212138
Attraverso una serie di conversazioni con padre Gabriele Amorth negli ultimi anni della sua vita, trascritte con estrema fedeltà di pensiero e di linguaggio, Elisabetta Fezzi ci restituisce in questo libro un vero e proprio testamento spirituale dell’esorcista più famoso e più amato. Apprendiamo così particolari curiosi della sua vita, della sua vocazione e della sua attività esorcistica: da quando, ragazzo, si sente chiamato al sacerdozio, alle varie e diverse opportunità che la vita gli offre (Azione Cattolica, lavoro politico con Andreotti...), fino alla scelta complessa e faticosa degli ultimi trent’anni, dedicati a combattere il diavolo e a ricordare al mondo che la figura di Satana non va presa sottogamba. Pagine che rivelano la personalità poliedrica del sacerdote Paolino, tutt’altro che rinchiudibile in un’immagine da uomo cupo, come spesso è stato descritto: Amorth è certamente rigoroso, con sé innanzitutto, ma anche ironico, semplice come un bambino in alcuni momenti, capace di scherzare e di prendere la vita per il verso che la Provvidenza gli offre man mano. La seconda parte del libro raccoglie, sempre grazie a Elisabetta Fezzi, una serie di testimonianze delle persone che gli furono più legate: da Rosa, che lo assisteva negli esorcismi; a due sacerdoti Paolini tra quelli che gli furono vicini anche nei momenti difficili; a padre Stanislao, il Passionista che ne raccolse l’eredità. Le sua parole e quelle degli amici: due modi per entrare nel mondo del più grande esorcista degli ultimi cento anni.
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Gabriele Amorth con Elisabetta Fezzi
PADRE AMORTH La mia battaglia con DIO contro SATANA
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© EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l., 2017 Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) www.edizionisanpaolo.it Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) ISBN 978-88-922-1213-8
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A Camilla
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PREFAZIONE
Tanto è stato scritto su don Gabriele Amorth, ma altrettanto si potrebbe scrivere, per la sua personalità complessa e profonda e per l’azione feconda che derivò da essa. Nel leggere questo libro emergono immediatamente due aspetti fondamentali della sua persona: il coraggio e la fede in Dio. Infatti, ciò che contraddistinse don Amorth furono la forza e la perseveranza nel dire sempre la verità di Dio. Il suo spirito impavido, racchiuso dentro l’armatura del combattente contro le forze del Male, lo portò a smascherare sempre, con lucidità di pensiero e logica, le ipocrisie e le apparenze del mondo. Mise in luce limiti, abusi e distorsioni della fede con decisione, come quando fece presente la carenza formativa seminariale dei sacerdoti sulla conoscenza di angeli e demòni e sulla lotta contro di essi. In ciò fu lungimirante precursore. Nel colloquio qui riportato, don Gabriele segnala la necessità di «ricristianizzare» i cristiani, constatata l’ignoranza di fede che porta tanti sotto l’azione ingannatrice del demonio. Il ministero dell’esorcistato ha forgiato l’uomo, il cristiano, il sacerdote alla fede nella misericordia di Dio e nella Sua potenza, ma anche nell’azione materna di Maria SS.
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PADRE AMORTH
Infatti, il secondo aspetto che emerge dalle sue parole è proprio l’incrollabile fede in Dio e nella Madonna. Fervente mariologo, la sua devozione lo guidò nell’obbedienza alla Chiesa e all’amore verso i fratelli sofferenti. Questo lungo colloquio è aiuto catechetico e spirituale. Il parlare di don Gabriele, fatto spesso di frasi scherzose e ironiche – poiché gioioso era il suo cuore – è esemplare là dove tratta argomenti di fede e di guida spirituale. Come esorcista, ti ringrazio, caro fratello. Ci hai aiutato a capire che restare con Gesù ci fa vincere e ci toglie la paura, il disordine, il timore della morte, la presenza del maligno dalla nostra vita. Hai testimoniato che l’esorcista non è un mago, né un pazzo, ma un uomo, un cristiano, un sacerdote e un servo di Dio e della Sua Chiesa. Prega per noi, prega per l’Associazione Internazionale Esorcisti, che Dio ti ha concesso di vedere approvata ufficialmente dalla Santa Sede, affinché sia sempre al servizio di Dio e della Sua Chiesa. «Leggete il Vangelo! Applicate il Vangelo, agite con tutta umiltà, sapendo che tutto dipende da Dio, non ritenendovi capaci di nulla! Sono umile, umile, umile… e me ne vanto!» (don Gabriele Amorth). P. Paolo Carlin OFMCap Esorcista, Portavoce e Ufficio Stampa, Delegato nazionale per l’Italia dell’Associazione Internazionale Esorcisti
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INTRODUZIONE di Elisabetta Fezzi
Ho conosciuto don Gabriele all’inizio degli anni 2000, perché dovevo intervistarlo. Era già un personaggio famosissimo, un vero mito, considerato il leggendario e miracoloso «scacciadiavoli» da una sconfinata schiera di tribolati di mezzo mondo che, non trovando consolazione nella Chiesa, agognavano a un appuntamento con lui. Ma era anche l’esagerato «prete fissato ed estremista» che vedeva il demonio dappertutto, per un altrettanto sconfinata schiera di consacrati che non aveva potuto o voluto dar credito al Vangelo e fare esperienza della smisurata sofferenza delle molte persone oggetto di attenzioni straordinarie da parte del nemico. Aveva già scritto decine di libri, predicava a Radio Maria, era in confidenza con vescovi, politici e cardinali ma è stato facilissimo contattarlo: lasciato un messaggio sulla sua segreteria telefonica ha richiamato in giornata, è stato disponibilissimo e abbiamo fissato agevolmente un incontro dopo pochi giorni. Già questo, per me, era stato fonte di stupore, perché egli aveva fama di essere irraggiungibile, ed effettivamente i suoi filtri erano molto efficienti e la sua agenda intasata; tuttavia, la missione di comunicare il suo ministero era talmente forte da renderlo immediatamente operativo.
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PADRE AMORTH
Così l’ho incontrato una domenica pomeriggio nella stanza dove praticava gli esorcismi, in via Alessandro Severo a Roma, un semplicissimo ambiente che stonava con l’eleganza della portineria: una stanza dagli arredi scarni e decisamente datati, una poltrona sgangherata, una statua della Madonna e un Crocifisso, qualche immagine sacra. Avevo davanti a me un uomo in talare, in un’epoca in cui i Paolini l’avevano già chiusa in soffitta tra le ragnatele: alto, pelato, con i denti storti e il sorriso accogliente, gli occhi attenti e sorridenti, con un parlare semplice ma profondissimo, con una capacità di comunicare davvero sorprendente, inaspettata. «L’abito non fa il monaco ma l’abito dice subito a tutti che sei un monaco», amava dire. Abbiamo lavorato bene insieme in quel primo pomeriggio. Mi ero preparata leggendo alcuni suoi scritti, ma sentirlo raccontare con passione di certe cose misteriose e del suo amore per Gesù e Maria è stata un’esperienza unica, assolutamente affascinante. Al primo sono seguiti diversi altri incontri; pian piano è subentrata una certa confidenza, una reciproca comprensione, un sentimento di amicizia e il riconoscere quel suo farsi padre delicatamente ma con decisione. Ancora oggi non smette di stupirmi come un uomo così intransigente e con un carattere così autoritario, un sacerdote che aveva fatto del combattimento con gli inferi la sua missione, potesse essere tanto sensibile e dolce in certe occasioni. Ricordo un pomeriggio di Pasqua, in cui ero a Roma con la famiglia. Siamo andati a trovarlo e lui sapeva che c’erano due bambine. È stato incredibile: quando ha aperto la porta, aveva tra le mani due uova di Pasqua incrociate sul petto, mentre la carta verde brillante gli incorniciava
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INTRODUZIONE
il viso e la testa a formare due grosse orecchie da coniglio. Aveva un sorriso beato e gli occhi entusiasti e teneri e batteva a terra i piedi in una sorta di balletto, dando il benvenuto alle piccole ospiti. Davvero un’espressione di tenerezza infinita, la tenerezza di Dio. E subito ha organizzato una gara di boccacce, tanto per giocare un po’. Pian piano, negli anni, approfittando dei miei viaggi di lavoro a Roma, ho raccolto parecchio materiale, perché don Gabriele, pur essendo umile, amava raccontarsi e raccontare della sua fede e delle sue esperienze. Un giorno gli ho chiesto: «Don Gabriele, perché non mettiamo giù un testamento spirituale? È così ricca la sua spiritualità! Penso che sia importante trasmetterla anche a chi non ha potuto conoscerla». Fattosi serio mi ha detto: «Ci devo pensare, non mi pare di avere delle cose da dire, quello che dovevo dire l’ho già ripetuto tante volte». E ancora: «Sempre ci si pente di avere parlato, mai ci si pente di avere taciuto». È passata qualche settimana, poi mi ha scritto confermando che non si sentiva pronto e in grado di scrivere un testamento spirituale, gli sembrava una cosa troppo grossa per lui. Ma tanto era l’amore per la sua esperienza che si è detto disponibile ad approfondire certi aspetti del suo ministero. Il testo che segue è il frutto di varie conversazioni trascritte fedelmente: rileggendole sento ancora la sua voce narrante, la sua cadenza emiliana, i suoi scherzi, la sua risata. Chi l’ha incontrato, lo riconoscerà senza ombra di dubbio. Ai suoi racconti, nella seconda parte di questo volume, si affiancano le testimonianze di alcune tra le persone a lui
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più vicine: la sua fedele assistente Rosa, il dottor Fausto, il suo unico figlio spirituale ed erede padre Stanislao, i confratelli don Marcello e don Stefano; infine, il racconto della giovane Alessia, che lo ha conosciuto con la famiglia a causa di una tribolazione. A conclusione, l’omelia della Messa esequiale. Ringrazio il Signore per il dono dell’incontro con don Gabriele Amorth: è stato arricchente e straordinario e ho tanta gratitudine nel cuore. E me lo immagino, quando un giorno ci rincontreremo, con gli occhi che ridono mentre fa le linguacce, come tante volte ha fatto durante le nostre conversazioni.
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PRIMA PARTE LE ULTIME CONVERSAZIONI
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La vita di don Gabriele era scandita dal ritmo della preghiera e così sempre, prima di iniziare qualsiasi lavoro assieme, si pregava con grande semplicità. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Veni, Sancte Spiritus, reple tuorum corda fidelium et tui amoris in eis ignem accende. Ave Maria piena di grazia il Signore è con te. Tu sei benedetta tra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù. Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori adesso e nell’ora della nostra morte. Amen. Oh, Maria concepita senza peccato prega per noi che ricorriamo a te. Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
In genere tutti pensano a don Amorth come a un esorcista, o come divulgatore degli esorcisti, come colui che striglia i vescovi che non nominano esorcisti… In verità c’è un’altra persona, uomo e sacerdote, che vale
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PADRE AMORTH
davvero la pena di conoscere. Ecco il racconto della sua vita. Sono nato a Modena, il primo maggio del 1925, da una famiglia molto religiosa; i miei genitori erano due santi; i miei quattro fratelli (noi eravamo in cinque maschi) erano tutti veramente d’oro, eravamo affiatatissimi. Ho frequentato le scuole classiche e ho incominciato, già verso i 13 anni, a pensare al futuro, al sacerdozio, alla vita religiosa. A diciassette anni, in seconda liceo, ho conosciuto don Giacomo Alberione, il fondatore della Famiglia Paolina, che mi ha dato la spinta finale. Io gli ho chiesto: «Ma insomma, che cosa vuole il Signore da me?». Io volevo che Dio mi dicesse cosa fare, invece grazie a lui ho capito che dovevo decidere io. Però Dio è intervenuto e un giorno don Alberione mi ha detto: «Celebrerò la Messa per te domani mattina». E dopo la Messa mi ha comunicato: «Che entri in San Paolo!». «Va bene», ho risposto. Però ero in seconda e allora ho proposto: «Finisco la terza liceo e poi entro». Poi, invece, c’è stata la guerra: non mi sentivo di abbandonare i miei fratelli e la mia famiglia durante quel periodo, allora ho detto: «Mi iscrivo prima all’università». «Va bene», mi ha risposto don Alberione. Così mi sono iscritto a giurisprudenza, ho fatto la guerra, ho ricevuto anche una medaglia al valore militare per la guerra partigiana sulle montagne e sulle pianure modenesi. Poi sono entrato in Democrazia Cristiana, perché era imminente la Costituzione e, quindi, eravamo tutti d’accordo nell’affermare: «Adesso bisogna impegnarsi per la Costituzione, poi ognuno faccia quello che vuole».
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