Volume 2 - Numero 2
2019
IL FENOMENO DEI MINILEADER
LA RIVOLTA DEI RAGAZZINI Sono minorenni ma sanno farsi ascoltare in tutto il mondo
DOSSIER
L’educazione alimentare
SCUOLA
La nuova maturità
MEDICINA
I vaccini degli adolescenti
Adò
Quadrimestrale Volume 2 - Numero 2
2019
CHI SIAMO - Laboratorio Adolescenza è una Associazione libera, apolitica ed aconfessionale, senza fini di lucro che ha come obiettivo quello di promuovere e diffondere lo studio e la ricerca sugli adolescenti, sotto il profilo sociale, psicologico e medico. L’Associazione nasce dall’idea di creare un punto di riferimento scientifico e culturale, per chi si occupa di adolescenza, che avesse nella multidisciplinarietà il proprio connotato distintivo. Ne fanno parte psicologi, sociologi, pediatri, insegnati, giornalisti, esperti di comunicazione, genitori che a vario titolo, professionale o personale, sono a stretto contatto con l’adolescenza. L’associazione è aperta al contributo di idee e impegno di chiunque abbia interesse - condividendone finalità e statuto - sia a livello individuale che associativo, allo studio e alla ricerca sull’adolescenza. Sito Internet: www.laboratorioadolescenza.org
e-mail: laboratorio.adolescenza@gmail.com L’INDICE
L’EDITORIALE ORGANO UFFICIALE di
PREVENZIONE SCUOLA
Direttore Editoriale Riccardo Renzi Comitato di Redazione Gianni Bona Carlo Buzzi Rocco Cafarelli Teresa Caputo Roberta Consoli Francesco Dell’Oro Alessandra Marazzani Roberto Marinello Gianluigi Marseglia Marina Picca Roberta Quagliuolo Gian Paolo Salvioli Fulvio Scaparro Maurizio Tucci Staff Editoriale Direttore Responsabile Pietro Cazzola Direzione Marketing e PR Donatella Tedeschi Comunicazione e Media Ruben Cazzola Grafica e Impaginazione Cinzia Levati Affari Legali Avv. Loredana Talia (Milano) Stampa Lalitotipo s.r.l. - Settimo Milanese
ATTUALITÀ L’AGENDA
IL DOSSIER
Tutti i diritti di riproduzione in qualsiasi forma avvenga, sono di proprietà dell’Editore. Registrazione Tribunale di Milano n. 01 del 04.01.2018
Carlo Buzzi
ADOLESCENTI E VACCINATI Marina Picca
PER “RIFORMARE” GLI ESAMI CI VUOLE PIÙ MATURITÀ Rocco Raffaele Cafarelli
PICCOLI LEADER CRESCONO Riccardo Renzi
L’ATTIVITÀ DEL NOSTRO LABORATORIO Laboratorio Adolescenza
L’EDUCAZIONE (ALIMENTARE) A TAVOLA A TAVOLA CI VUOLE UN PO’ PIÙ DI EDUCAZIONE Maurizio Tucci
SBRONZARSI DA MORIRE NON È SOLO UN MODO DI DIRE Roberto Marinello
L’INTEGRAZIONE ALIMENTARE LA SCUOLA CHE PIACE
MEDICINA
PSICOLOGIA L’INTERVENTO
magazineado@gmail.com
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GLI ADOLESCENTI ITALIANI: UNA MINORANZA PIÙ SOLA
DICONO DI NOI
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Alessandra Marazzani
LICEO EINSTEIN MILANO Laboratorio Adolescenza
DOLORE SOTTO CONTROLLO Ilaria Brambilla ed Enrico Tondina
ESISTE DAVVERO LA CHEROFOBIA? Alessandra Marazzani
LETTERA A UN ADOLESCENTE Fulvio Scaparro
CHE COSA NE PENSA EINSTEIN Redazione Scripta Restant
PERCHÉ UNA RIVISTA ONLINE? Sfogliabile e scaricabile su: www.issuu.com - Perché rappresenta la rivoluzione del concetto di rivista, di aggiornamento, di letteratura, accelera la diffusione di idee ed esperienze e sostiene in tempo reale l’evoluzione del pensiero; - Perché fornisce un accesso facilitato ed immediato ad articoli, argomenti, approfondimenti sui temi più vari, a portata di mano senza alcun pagamento; - Perché condivide la conoscenza, attraverso un nuovo approccio alla lettura: la rivista diventa uno strumento fondamentale, che migliora l'innovazione, l'efficienza e l'interazione culturale tra lettori ed Autori; - Perché realizza l’espansione oltre misura della conoscenza, ne permette condivisione e diffusione, attraverso i dispositivi palmari e portatili che ormai appartengono a tutti.
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L’EDITORIALE
Carlo Buzzi
Docente senior dell’Università degli Studi di Trento Coordinatore scientifico Istituto IARD
GLI ADOLESCENTI ITALIANI: UNA MINORANZA PIÙ SOLA D
a tempo molte analisi hanno individuato il consolidarsi di alcune tendenze che stanno profondamente caratterizzando la cultura dei giovani italiani. Tuttavia, per parlare oggi di adolescenti sono necessarie almeno due considerazioni preliminari: dobbiamo infatti tener presente che da una parte essi costituiscono in Italia un gruppo in forte diminuzione dal punto di vista demografico, dall’altra che si assiste ad una progressiva dilatazione dell’età adolescenziale. Il dato demografico ci mostra infatti un paese che sta progressivamente invecchiando. È noto che due siano i fenomeni che determinano lo squilibrio a favore della popolazione anziana a scapito di quella giovanile: la speranza di vita è in costante aumento, la fecondità in persistente contrazione. Nel 2016 in Italia la vita media aveva raggiunto gli 83,4 anni (dato OCSE), il numero medio di figli per donna nel 2017 era invece calato a 1,32 (dato ISTAT). Le conseguenze di questi andamenti opposti sono facilmente intuibili e non possiamo stupirci se, all’inizio del 2018, il tasso di vecchiaia (numero di ultrasessantacinquenni ogni 100 giovani fino a 14 anni) aveva raggiunto il valore di 168,9 (dato ISTAT). Tutto ciò produce la riduzione del numero assoluto e il peso relativo dei giovani nel nostro paese. Prendiamo come esempio la numerosità dei diciottenni, giovani con un’età che legalmente, anche se sempre di meno socialmente, segna il loro passaggio alla condizione adulta. Nel 2018 erano 581mila. Considerando i nati nello stesso anno nel 2036 i diciottenni saranno 456mila, il che vuol dire che diminuiranno del 22% rispetto a quelli attuali. Nello stesso tempo aumenta la residualità relativa dei giovani sotto i 15 anni che erano solo il 13,7% della popolazione, percentuale in costante diminuzione a fronte dell’aumento degli anziani che nel 2018 rappresentavano il 22,6% della popolazione residente in Italia (dato EUROSTAT).
I giovani stanno dunque diventando una minoranza. Ciò ha delle implicazioni non solo sociali in senso lato ma anche sui processi socializzativi. Si pensi alla famiglia tipica dei nostri tempi: genitori con un figlio spesso unico, circondato dall’attenzione di moltissimi altri adulti, dai nonni agli zii. I bambini in passato erano abituati a vivere all’interno di legami familiari dove c'erano dei fratelli, della sorelle e vi erano molti cugini; i rapporti relazionali si sostanziavano sia con adulti, sia con coetanei, sia con altri giovani di diversa età. L’avere dei fratelli più grandi o più piccoli con i loro amici, faceva sì che l’esperienza si basasse su una relazionalità molto ricca e diversificata. Oggi il percorso socializzativo è dominato in gran parte da figure adulte che fanno convergere sul bambino, poi sul preadolescente e, infine, sull’adolescente la loro attenzione, la loro cura, la loro protezione. La seconda considerazione riguarda la dilatazione della adolescenza. L’adolescenza non è solo e semplicemente un’età biologica, è anche un’età culturale e storica. Nelle società più tradizionali e meno complesse l'adolescenza era circoscritta in uno spazio temporale assai limitato, di pochissimi anni. Oggi invece la tendenza è quella di una sua progressiva estensione. Da una parte il debutto nell’adolescenza avviene in età più precoce; fino a qualche anno fa a 10 o 11 anni si era ancora “bambini”, ora a questa età già si riflettono comportamenti e atteggiamenti che un tempo erano caratteristici di giovani di qualche anno più grandi. Se l’assunzione di modelli di comportamento tipicamente adolescenziali avviene precocemente, nello stesso tempo si esce dall’adolescenza sempre più tardi. In Italia un numero consistente di giovani trentenni abita ancora con i genitori; vivendo sotto l’ala protettrice della famiglia si prolungano alcune caratteristiche tipiche dell'adolescenza.
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PREVENZIONE
ADOLESCENTI E VACCINATI Ormai il calendario delle vaccinazioni in adolescenza è fitto quasi come quello infantile. Sono “raccomandazioni” alle quali conviene dar retta. Per sé e per gli altri. Marina Picca Pediatra di famiglia, Presidente SICuPP Lombardia
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e vaccinazioni sono “roba da bambini”? Qualcuno lo pensa, ma niente di più sbagliato. Anche gli adolescenti hanno bisogno delle protezioni immunitarie di cui disponiamo, in primo luogo per confermare e rafforzare quelle acquisite, appunto, da bambini, ma anche per difendersi da malattie che non sono poi tanto “infantili”. Come i dati dimostrano, è un’età in cui si tende a pensare poco alla prevenzione, e spesso anche i genitori allentano la loro attenzione sugli aspetti strettamente di salute. Sulla base delle più recenti conoscenze scientifiche, l’attuale Piano Nazionale Vaccini (2017-2019) raccomanda infatti in adolescenza la prima somministrazione di vaccinazioni rivolte in modo specifico a questa fascia d’età, oltre ai richiami di alcune vac-
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cinazioni già fatte durante l’infanzia. Vediamo quali sono e perché sono importanti.
VACCINAZIONI SPECIFICHE
PER L’ADOLESCENZA
Vaccinazione anti HPV È un vaccino contro il papilloma virus umano o HPV (acronimo di Human Papilloma Virus), virus che si trasmette generalmente per contatto sessuale e provoca infezioni molto diffuse nella popolazione. È un vaccino di grande importanza perché è il primo vaccino che si è dimostrato in grado di prevenire forme tumorali nei maschi e femmine: tumori del collo dell’utero nelle femmine, tumori della regione anale e del cavo orofaringeo in entrambi i
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sessi, tumore del pene nei maschi. È insomma il primo vaccino anticancro. Inoltre può prevenire anche lesioni benigne ma molto fastidiose come i condilomi, che sono verruche nelle zone genitali e ano genitali. L’efficacia nel prevenire le forme tumorali è massima soprattutto se effettuata prima dell’inizio dell’attività sessuale, perché induce una protezione maggiore prima di un eventuale contagio con il virus HPV. Per questo si raccomanda di farlo nell’adolescenza. Il vaccino veniva somministrato fino al 2017 solo alle ragazze, ma dal 2018 Il piano Nazionale Vaccini 2017-2019 prevede che nel corso del dodicesimo anno di vita, sia le femmine sia i maschi (per i maschi partire dall’anno di na-
scita 2006) riceveranno una lettera di invito a vaccinarsi, gratuitamente, con l’obiettivo proprio di proteggere l’adolescente in questo periodo decisivo. Questa “apertura” ai maschi è una novità poco conosciuta: in una recente indagine di Laboratorio Adolescenza sulla conoscenza delle malattie sessualmente trasmissibili, meno della metà dei ragazzi (il 44,7 %) ha dimostrato di sapere che il vaccino anti HPV li riguarda. Tale vaccino viene somministrato per via intramuscolare nel muscolo del braccio in due dosi fino all’età di 14 anni, in tre dosi se l’età è maggiore di 14 anni. Vaccinazione contro il Meningococco Il meningogococco (o Neisseria Meningitidis) è un batterio. Sono attualmente noti tredici tipi di Meningococco, ma solo cinque (A, B, C, Y, W135) sono capaci di provocare malattie ed epidemie. In Italia i più diffusi sono il Meningococco B e C che possono provocare infezioni molto gravi, come setticemia (infezione diffusa del sangue) e meningite (infiammazione della membrana che avvolge il cervello), che possono lasciare importanti danni neurologici permanenti e, nel 10-15% dei casi, portare alla morte. Stanno però aumentando anche i casi da Meningococco Y e W135. I dati statistici indicano che è più facile contrarre una infezione da meningococco nei primissimi anni di vita e nell’adolescenza. Il maggior rischio di meningite nei ragazzi e nei giovani adulti è dovuto soprattutto allo stile di vita, alla frequenza di luoghi affollati (discoteche, palestre, bar ecc.) che possono favorire la diffusione di infezioni. Il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019 raccomanda l’esecuzione di una dose di vaccino anti-meningococcico quadrivalente ACYW135, sia nei soggetti adolescenti che non hanno eseguito la vaccinazione anti-meningococco C nell’infanzia, sia in quelli che l’hanno fatta. Questo vaccino viene offerto gratuitamente. Esiste poi anche una vaccinazione contro il quinto “killer”, il meningococco B; di introduzione abbastanza recente, viene offerta gratuitamente solo ai nati dal 1/1/2017 in poi. Il vaccino può essere eseguito anche dagli adolescenti, ma in questo caso non è gratuito. Anche i vaccini contro i meningococchi vengono somministrati nella regione deltoidea del braccio. Per questo la vaccinazione è raccomandata in questa fascia d’età.
RICHIAMI
DI ALCUNE VACCINAZIONI
GIÀ FATTE DURANTE L’INFANZIA
Nell’adolescenza sono previsti i richiami di alcune vaccinazioni già eseguite da piccoli perché il titolo anticorpale specifico (ovvero la capacità di difesa immunitaria dell’organismo) per ogni singolo agente infettivo tende a ridursi nel tempo. Per questo motivo è importante ripetere in adolescenza alcune vaccinazioni e, ad intervalli regolari, anche in età adulta o in particolari momenti della vita (ad esempio in gravidanza). Inoltre per alcune malattie (ad esempio difterite e poliomielite) sono possibili casi di importazione da paesi poveri in cui queste malattie sono ancora diffuse, perché i bambini non vengono vaccinati.Vediamo quali sono. Contro difterite, tetano, pertosse e poliomelite (DiTpaIPV) Il Piano nazionale consiglia tra i 12-18 anni un richiamo DiTpaIPV, dopo questa età si consiglia di fare richiamo ogni 10 anni per il tetano - difterite - pertosse. Un cenno particolare per la pertosse: si sa che né la malattia fatta in modo naturale né la vaccinazione eseguita da bambini garantiscono una immunità permanente. Quindi si può contrarre la malattia più volte nel corso della vita. È vero che in età adulta si tratta di una malattia quasi mai pericolosa, che spesso non viene nemmeno diagnosticata perché scambiata con una forte bronchite. Ma gli adolescenti e gli adulti possono trasmettere la malattia ai lattanti non ancora protetti dalla vaccinazione che possono ammalarsi in modo molto più grave. La cronaca ha purtroppo segnalato quest’anno alcuni casi di morti di neonati a causa della pertosse. Per questo è importante ridurre la circolazione del batterio. E per questo la vaccinazione viene consigliata anche alle donne nell’ultimo trimestre di gravidanza. Contro varicella, morbillo, parotite e rosolia Si tratta di malattie che possono essere pericolose soprattutto se contratte in età adulta (morbillo, varicella, parotite) o durante la gravidanza, perché possono essere rischiose per il feto (rosolia e varicella). Il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019 prevede: la vaccinazione contro morbillo, parotite e rosolia per i ragazzi che non sono mai stati
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vaccinati (due dosi) o l’esecuzione della seconda dose se ne è stata eseguita una. il vaccino contro la varicella per i ragazzi che non hanno contratto la malattia o che non siano stati vaccinati in precedenza. La vaccinazione prevede due dosi a distanza di un almeno mese l’una dall’altra. Anche questi vaccini sono somministrati nel braccio.
QUALI SONO LE ALTRE VACCINAZIONI CONSIGLIATE
Epatite A: è una malattia che colpisce il fegato dovuta ad un virus che si trasmette generalmente mediante l’ingestione di acqua o cibi contaminati (ad esempio insalate, frutta non sbucciata, frutti di mare, cubetti di ghiaccio). È possibile inoltre la trasmissione dell’infezione durante i rapporti tra omosessuali maschi. L’epatite A è ancora frequente soprattutto nei Paesi a basso livello igienico sanitario (Asia – Turchia compresa, Africa – tutto il continente, America centrale e del sud, Europa dell’est). La scarsa igiene personale e il sovraffollamento agevolano la diffusione del virus. Per questo si consiglia soprattutto se si effettuano viaggi in Paesi in cui l’epatite A è molto diffusa. Per una protezione duratura del vaccino sono necessarie due dosi a distanza di 6-12 mesi una dall’altra. Adolescenti con patologie particolari: si raccomanda l’esecuzione del vaccino contro lo Pneumococco (se mai effettuata) e quella annuale del vaccino contro l’influenza. Ricordiamo che le vaccinazioni rappresentano un importantissimo strumento di protezione sia individuale che collettiva nei confronti di malattie infettive potenzialmente molto gravi. Quindi vaccinarsi è un modo per difendere la propria salute ma anche, e soprattutto, un dovere sociale per proteggere le persone che possono ammalarsi più facilmente (ad esempio bambini molto piccoli o anziani) e coloro che per malattie gravi non possono essere vaccinati.
IL PIANO NAZIONALE VACCINI Puoi consultare la tabelle delle vaccinazioni obbligatore e raccomandate sul sito del Ministero della Salute a questo link: http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2571_allegato.pdf
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SCUOLA
PER “RIFORMARE” GLI ESAMI CI VUOLE PIÙ MATURITÀ Per alcuni è un ribaltone, secondo altri cambia poco o niente. Quel che è certo è mancata è la necessaria gradualità. E non c’è stata discussione. Rocco Raffaele Cafarelli Laboratorio Adolescenza
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embra essere oramai una costante dei governi italiani: ogni nuovo esecutivo che si insedia deve apporre il proprio “sigillo” sulla scuola. Sperando, chissà…. forse di passare alla storia. Anche l’attuale governo non è stato da meno. Eppure ci si poteva aspettare un approccio diverso, che fosse più attento e meditato, visto che il neo ministro dell’istruzione, Bussetti, è stato provveditore agli studi e quindi dovrebbe conoscere bene il mondo della scuola. Dovrebbe sapere che si tratta di un organi-
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smo delicato, complesso, da maneggiare con cura, che diversi ministri in passato ci hanno messo la faccia e alcuni l’hanno anche persa. E invece la storia si ripete. Il ministro prima ha modificato le norme sull’alternanza scuolalavoro attraverso un drastico ridimensionamento del monte ore, proprio quando cominciava a dare i suoi primi frutti, e poi a gennaio, a metà anno scolastico, ha annunciato di voler riformare l’esame di Stato. Nonostante gli appelli di docenti e intellettuali che hanno raccolto decine di migliaia di firme
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in poche settimane, il ministro ha comunicato in modo poco istituzionale, utilizzando Facebook e Instagram, strizzando così l’occhio ai ragazzi, che la maturità sarebbe cambiata. Senza alcun confronto pubblico né con le professionalità presenti nel mondo della scuola e dell’università, né con le organizzazioni di categoria. A pochi mesi dall’esame ha deciso, quindi, di smantellare l’esame in vigore, oramai collaudato. Vediamo nel dettaglio alcune delle modifiche più significative apportate.
Viene eliminata la terza prova scritta multidisciplinare. Vengono accorpate nella seconda prova scritta due discipline, attraverso una prova mista che rischia di confondere gli studenti: matematica e fisica nei licei scientifici, latino-greco nel classico e così via per gli altri licei, istituti tecnici e professionali. Tutto questo senza che siano stati effettuati percorsi di studio specifici che preparassero a questa nuova modalità. Viene cancellato il tema di storia, nonostante le voci contrarie di tanti studiosi e intellettuali a cominciare dalla senatrice Liliana Segre e del sociologo Giuseppe De Rita. Per gli orali viene eliminata la tesina interdisciplinare che lo studente doveva preparare per l’esame. Le Commissioni ora dovranno predisporre i materiali di partenza del colloquio attraverso dei percorsi di analisi multidisciplinare, che poi saranno proposti allo studente all’interno di tre buste, dalle quali egli dovrà sceglierne una. Più che un esame di Stato sembra quasi un vecchio quiz di Mike Bongiorno. Non è più prevista la prova dell’Invalsi. L’esame di Stato al termine della scuola secondaria di II grado, secondo l’art. 33 della Costituzione dovrebbe concludere con organicità l’intero percorso realizzato dallo studente, basandosi sul lavoro svolto nel quinquennio da insegnanti e studenti, con una coerenza tra le prove d’esame e i percorsi di apprendimento effettuati. Apportare, quindi, modifiche rilevanti all’esame senza prima averle sperimentate e verificate con i ragazzi che, invece, per cinque anni hanno studiato in funzione di un’altra modalità, li trova ora impreparati. La decisione del Ministro sembra un pò avventata e, sicuramente, la tempistica rischia di penalizzarli. In passato, infatti, per altre riforme, i ministri hanno introdotto le novità gradualmente, con tempi più distesi, cominciando con gli studenti del terzo anno delle superiori, non con i ragazzi delle quinte, tantomeno ad anno scolastico inoltrato. È comprensibile, pertanto, la forte protesta degli studenti, che sono molto preoccupati e si sentono usati come cavie. Cortei e manifestazioni si sono svolti in questi mesi nelle principali città. Non solo: perplessità e proteste si sono levate anche dalle associazioni professionali dei docenti e da quelle dei presidi delle scuole.
Data per scontata, comunque, la resistenza ai cambiamenti da parte di chiunque, a cominciare dalla scuola e dagli insegnanti, bisogna comprendere però che in quest’ultimo ventennio la scuola è stata bersaglio di continue riforme, modifiche, regolamenti, indicazioni e quant’altro che l’hanno destrutturata senza che si costruisse organicamente un nuovo modello. Tutto ciò ha creato un clima di incertezza, diffidenza e smarrimento da parte degli operatori scolastici che ha avuto, tra le altre conseguenze, un aumento degli insegnanti, sempre più sfiduciati, che hanno scelto di andare in pensione. Il Ministro, anche per rimediare alle criticità emerse, ha organizzato due giornate di simulazione delle due prove scritte, tra i mesi di febbraio e aprile. Sulla base degli esiti di queste simulazioni, il ministero condurrà un’indagine per verificare la coerenza tra le tracce proposte nelle simulazioni e i quadri di riferimento, le Indicazioni nazionali (leggasi Programmi nazionali) e le Linee guida, al fine di disporre degli elementi utili a garantire una corretta preparazione delle future tracce d’esame. Normalmente però dovrebbe essere il MIUR a indicare, con tempi distesi, il percorso didattico e organizzativo per giungere all’esame. Non il contrario. Il fatto che il ministero, invece, intenda trarre dalle simulazioni le indicazioni sulla struttura e la definizione da dare alle prove d’esame, fa pensare ad una forzatura, un’inversione del naturale percorso da seguire. Un’inversione dovuta probabilmente al fatto che a questo punto dell’anno non ci sono più i tempi necessari per attuare delle vere misure d’accompagnamento all’esame. Questo potrebbe aprire possibili margini di discrezionalità che il ministero potrebbe esercitare durante l’esame di Stato del prossimo giugno. L’aspetto più preoccupante di tutta questa vicenda è la sottovalutazione della stretta relazione che esiste tra l’esame di Stato al termine di un ciclo scolastico e i percorsi formativi-didattici che la scuola ha progettato e realizzato nei “Piani dell’Offerta Formativa” e nei “Piani di Miglioramento” per ogni studente/studentessa. In sostanza viene ignorato un principio fondamentale in campo educativo: i processi formativi hanno bisogno di tempi e spazi adeguati affinché ogni ragazzo possa imparare a lavorare su se stesso attraverso la relazione significativa nei processi di insegnamento e apprendimento.
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MA GLI STUDENTI
CHE COSA NE PENSANO?
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anno giustamente protestato per il nuovo improvviso ribaltone al quale rischiano di arrivare impreparati. Ma sui contenuti sono confusi, inevitabilmente, perché manca la prova sul campo. E infatti i pareri che emergono sono molto discordi. Secondo un sondaggio condotto da Skuola.net i favorevoli sono il 34% e solo l’11% pensa che fosse meglio prima. Ma per il 22% il nuovo esame sembra ugualmente difficile e gli altri, più onestamente, dicono di non sapere. In generale i pareri che circolano in rete si focalizzano su singoli aspetti della riforma. Sono in molti a pensare che le uniche vere novità riguardano più l’accesso alla prova che l’esame stesso: l’eliminazione dei test Invalsi e dell’alternanza scuola-lavoro (che per altro è stata molto penalizzata con la riduzione dei finanziamenti) come requisiti di accesso. Piacciono ovviamente l’abolizione della terza prova scritta e le modifiche alla prima prova, dove sul tema di carattere generale si darà una doppia possibilità. Preoccupa un po’ di più, soprattutto gli studenti dei licei classici, il raddoppio della seconda prova: alla tradizionale versione di greco o latino si affiancano tre domande volte a individuare la reale comprensione del testo. Non ci sono scappatoie per chi semplicemente ci ha provato… Il sistema delle buste a sorte per la scelta delle prove orali suscita più che altro battute e ilarità. Non sono molti, infine, a strapparsi i capelli sull’abolizione di fatto del tema storico. Resta il fatto che su questo provvedimento sarebbe forse stato utile un dibattito più ampio, nel momento in cui ci si lamenta della “perdita di memoria” della nostra società. Ma la storia, si sa, può essere pericolosa, come ha dimostrato il caso della professoressa sospesa a Palermo.
R. R.
Adò - Laboratorio Adolescenza -
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ATTUALITÀ
PICCOLI LEADER CRESCONO
Greta Thunberg è oggi la più famosa, ma non è un caso isolato. Non è ancora una rivoluzione generazionale, ma certo i minorenni pesano sempre di più.
Riccardo Renzi Giornalista
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on possono votare, non possono avere la patente di guida, non possono essere eletti ad alcuna carica pubblica. Ma possono colloquiare con il papa, parlare all’assemblea dell’Onu, vincere un premio Nobel. E soprattutto farsi ascoltare in tutto il mondo. Sono i nuovi minileader, minorenni del nuovo millennio, che spesso dimostrano di avere più carisma e influenza di tanti celebrati potenti della Terra. Sono un fenomeno nuovo, che si è imposto agli occhi di tutti con la battaglia condotta dalla sedicenne svedese Greta Thunberg per “salvare il pianeta”. Basta pensare che l’ex vicepresidente (e quasi presidente) Al Gore, convinto ambientalista, ha speso milioni di dollari in conferenze, convegni, campagne, film e documentari per sensibilizzare l’opinione pubblica sui cambiamenti climatici. Ma non è mai riuscito, con un solo post, a convocare milioni di persone in manifestazioni di piazza in decine di Paesi. Greta l’ha fatto. È un fenomeno che non nasce con lei. Malala Yousafzai, pakistana, ha 11 anni nel 2008 quando la BBC ospita il suo blog, dove prende posizione contro i talebani, per i diritti civili e delle donne, in particolare per l’istruzione delle bambine. Nel 2012 è aggredita e gravemente ferita. Nel 2013 lancia davanti all’assemblea dell’Onu un appello per l’istruzione di tutti i bambini del mondo. Nel 2014, a 17 anni, vince il premio Nobel per la pace. Sullo stesso tema si batte dal 2006, aveva sedici anni, Joshua Wong, cinese di Honk Kong, fondatore del movimento studentesco Scholarism e attualmente capo di un partito politico. Un predecessore di Greta è il nativo americano Xiuhtezcatl Martinez, che a 16 anni tiene un discorso sul cambiamento climatico all’Onu e guida un movimento ambientalista. Lo scorso anno a Washington si è tenuta la più grande manifestazione contro le armi mai vista
Greta Thunberg - Svezia
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negli Stati Uniti, organizzata da ragazzi quasi tutti minorenni, molti provenienti da scuole colpite dalle stragi: i leader più ascoltati sono Naomi Wadler, 12 anni, ed Emma Gonzales, 17, attivista anche dei movimenti gay. Che cosa succede dunque? Gli adolescenti stanno prendendo il potere? E perché hanno tanto successo? Alcune risposte sono semplici. Si impegnano su temi ampi e trasversali, che possono coinvolgere tutti. Non hanno alle spalle partiti politici o particolari interessi, anche se subito, dopo i primi successi, i dietrologi di tutto il mondo li accusano di essere semplici strumenti di qualche complotto. Parlano inoltre ai propri coetanei o comunque ai giovani, che sono i protagonisti dei movimenti e delle manifestazioni. Ma il loro messaggio travalica le generazioni, perché forse convince la loro faccia “innocente”. Si sostiene anche che sono semplicemente un prodotto dei social network, che esistono perché esiste Internet. Ma questa ovvia affermazione non appare così decisiva.A ben guardare nessuno di loro è un nerd, che ha fatto politica stando chiuso nella propria stanza. Se prendiamo la storia di Greta scopriamo che ha cominciato la sua campagna meno di un anno fa, nell’agosto 2018, andando tutti i giorni, invece che a scuola, a manifestare (all’inizio da sola) davanti al parlamento di Stoccolma. Poi ha lanciato i Fridays for future, organizzando manifestazioni tutti i venerdi prima in Svezia poi in tutto il mondo. È andata a Davos, a Bruxelles, in Australia e in Vaticano. È insomma una che ha preso la sua famosa bicicletta, con una cassetta di legno al posto del portapacchi, e ha pedalato tanto. Altro che nerd. Certamente i social, i blog, i twitter sono stati importanti dal punto di vista organizzativo, ma non bastano a spiegare il suo rapido successo, perché la piccola svedese non è una banale influencer. Questa è una lezione che Greta può dare a molti suoi coetanei, quelli convinti che si possa fare tutto stando seduti davanti a un computer. Un’altra lezione riguarda il linguaggio. Nel dicembre 2018 Greta si presenta a Katowice, in Polonia, al vertice dell’Onu sui cambiamenti climatici. E ai leader del mondo dice: «Voi parlate soltanto di un'eterna crescita dell'economia verde poiché avete troppa paura di essere impopolari.Voi parlate soltanto di proseguire con le stesse cattive idee che ci hanno condotto a questo casino, anche quando l'unica cosa sensata da fare sarebbe tirare il
Malala Yousafzai - Pakistan
Joshua Wong - Cina
Xiuhtezcatl Martinez - Stati Uniti
Naomi Wadler - Stati Uniti
Emma Gonzales - Stati Uniti
freno d'emergenza. Non siete abbastanza maturi da dire le cose come stanno. Lasciate persino questo fardello a noi bambini». Questo “discorso” contiene una critica all’economia verde, alla politica ambientale, all’opportunismo dei politici ed esprime una rivendicazione generazionale. Il tutto espresso con una semplicità disarmante. Greta parla così, in modo diretto, dice che il clima è la questione più importante, che bisogna muoversi e gestire questa crisi, perché se no sarà troppo tardi. Si piglia dell’idiota e insulti sul suo aspetto, da avversari indifferenti alla sua sindrome di Asperger. Memorabile in Italia (nel senso che è giusto non dimenticarlo) il delicato titolo del quotidiano Libero, in occasione del colloquio col papa: “Vieni avanti, Gretina”. Ma non risponde mai agli insulti, non grida, continua con aria quasi indifferente a ripetere il suo mantra. Che in tal modo arriva facilmente a tutti. Così come Malala ripeteva:“Tutti i bambini devono andare scuola”. Punto e basta, o poco più. È interessante anche notare che Greta si riferisce a se stessa come “noi bambini”, contrapposto agli adulti “immaturi”. Nota la psicoterapeuta Alessandra Marazzani, che ha analizzato il fenomeno di Greta: “Lei non si comporta in realtà come gli adolescenti, che sono di solito più aggressivi, più caldi. Lei ha l’aria pacata, un po’ rigida, come i bambini quando parlano di cose serie, aiutata certo anche dal suo aspetto. Lei è appunto una “bambina”, quella che dice: il re è nudo”. E che fa scattare inevitabilmente l’applauso. Di bambini parla anche Emma Gonzales, che pure è grandicella, parla in modo più “tribunizio” e non ha affatto l’aria da bambina. Lei ci spiega in poche parole quello che a suo parere è il motivo di questo nuovo fenomeno, di questa inedita rivolta, in un suo famoso slogan:“I nostri leader si comportano da bambini e i bambini si comportano da leader”. Ci dice, anche lei in modo diretto, che la politica è diventata una cosa tanto puerile che tanto vale lasciarla fare agli specialisti. Strano che l’Italia non pulluli ancora di minileader come questi. Nel 1968 Elsa Morante pubblicò una raccolta di scritti e poesie dal titolo famoso: “Il mondo salvato dai ragazzini”. Si riferiva ai giovani del ’68 appunto, che però erano tutt’altro che ragazzini. I leader erano tutti studenti universitari, e molti fuori corso. Hanno cambiato un po’ il mondo, ma non l’hanno certo salvato. Forse anche questa volta i ragazzini (e soprattutto le ragazzine) non lo salveranno, ma chissà, potrebbero cambiarlo di nuovo.
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L’AGENDA
L’ATTIVITÀ DEL NOSTRO LABORATORIO RICERCA
È in fase di completamento l'indagine annuale sugli stili di vita degli adolescenti – realizzata da Laboratorio Adolescenza in collaborazione con l'istituto di ricerca IARD – che quest'anno si è svolta su un campione nazionale rappresentativo di 1800 studenti di terza media (età 12-14 anni). Tra i temi trattati dall’indagine – che ha visto la collaborazione di AVIS, Osservatorio Permanente Giovani e Alcol, Associazione Culturale Pediatri e Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza – il consumo di alcol, il “sonno” (problema che spesso affligge gli adolescenti), l’atteggiamento dei giovanissimi nei confronti della prevenzione e la loro percezione riguardo la donazione di sangue.
EVENTI
Martedì 18 giugno a Milano, nell’ambito del convegno “La professione delle donne immaginata e reale: le best practice da adottare” (ore 17,00 – Palazzo Marino, Sala Messi), verranno presentati i risultati dell’indagine “Generi a confronto”, realizzata da Laboratorio Adolescenza in collaborazione con il MOPI-Italia su un campione di 800 studenti delle scuole superiori di Milano. Le evidenze emerse dall’indagine, mirata
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ad osservare le aspettative dei giovani riguardo la famiglia ed il lavoro in un’ottica di confronto tra la visione maschile e quella femminile, saranno messe a confronto con le evidenze emerse da una indagine parallela condotta dal MOPI su un campione di giovani professioniste/i. L’evento è promosso dalla Presidenza del Consiglio Comunale di Milano.
SCUOLA
Conclusi i progetti “Dillo con parole nostre” sulla prevenzione dell’HPV e sulla lotta al cyberbullismo realizzati da Laboratorio Adolescenza per conto di Fondazione Insieme contro il Cancro e Aimac-Associazione Italiana Malati Cancro (prevenzione HPV) e, in collaborazione con Mediatyche, per conto di D-Link (lotta al cyberbullismo). I progetti prevedevano la realizzazione, da parte di team di studenti delle scuole superiori, di un video ed un poster finalizzati a creare una campagna di comunicazione, rivolta ad adolescenti, sui temi citati. Le scuole coinvolte sono state il Liceo classico Berchet di Milano, il Liceo classico Manzoni di Milano e l’Istituto professionale alberghiero Umberto di Pasca di Potenza.
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PREMIATO GIANNI BONA Gianni Bona, Socio Fondatore e membro del Consiglio Direttivo di Laboratorio Adolescenza è stato insignito della onorificenza di “Maestro della Pediatria”. Un prestigioso riconoscimento che la Società Italiana di Pediatria riserva ai decani di maggior prestigio della Peditatria Italiana. All’amico Gianni i nostri complimenti e ancora un grazie per il preziosissimo lavoro che svolge all’interno di Laboratorio Adolescenza.
IL DOSSIER
S
L’educazione (alimentare) a tavola
econdo la nostra ricerca sui comportamenti alimentari degli adolescenti, illustrata in queste pagine, i ragazzi in fondo non sono male informati sul cibo, sui contenuti nutrizionali, sugli sprechi, sugli Ogm. Ma non si comportano di conseguenza. Niente di sorprendente. Gli adolescenti, si sa, amano esagerare. Così ci sono quelli (una minoranza) che prestano un’ossessiva attenzione al cibo. E quelli che divorano di tutto, fast, junk e street food. Anche perché la tavola è il momento sociale per eccellenza: alla prima colazione o al pranzo in famiglia preferiscono quindi il cibo fuori orario, ma in compagnia, tutti insieme. Ma dove il bisogno di socializzare e la tendenza a esagerare si fondono fino al punto di rottura è nel binge drinking, la sbronza alcolica compulsiva di gruppo. Ed ecco che in questa “moda”, che tende a diffondersi, quello che consideriamo bonariamente il non saper stare a tavola diventa un pericolo reale, persino mortale.
IL DOSSIER
A tavola ci vuole un po’ più di educazione I giovani si dimostrano abbastanza ben informati sul cibo. E vanno anche a fare la spesa. Eppure continuano a mangiare spesso le cose sbagliate nel momento sbagliato. Maurizio Tucci Presidente Laboratorio Adolescenza
CON CHE FREQUENZA MANGI I SEGUENTI ALIMENTI A PRANZO E/O A CENA? Tutti i gg o quasi
U
no dei temi affrontati nell’ultima edizione (2018) dell’indagine annuale sugli stili di vita degli adolescenti - realizzata da Laboratorio Adolescenza e Istituto di ricerca IARD su un campione nazionale rappresentativo di 3000 studenti frequentanti le scuole medie superiori – è stato quello dell’alimentazione. L’indagine, realizzata con il supporto incondizionato di Coop Italia, ha affrontato non solo l’aspetto legato alle loro individuali abitudini alimentari, ma ha anche cercato di capire quali consapevolezze avessero gli adolescenti sull’alimentazione in senso più lato: dal contenuto nutrizionale degli alimenti, alla distribuzione alimentare, agli stili di consumo. Relativamente alle abitudini alimentari trova conferma il dato, già noto, che c’è una ampia fascia di popolazione adolescenziale (34% dei maschi e 43% delle femmine) che non consuma la prima colazione. Così come sono meno di un terzo gli adolescenti che consumano regolarmente una merenda po-
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Qualche volta
Raramente/mai
Pasta
74,4
21,5
3,2
Pane
65,2
24,4
9,7
Frutta
58,0
30,1
11,2
Verdura
52,9
31,0
15,4
Carne
50,3
43,7
5,1
Latte
49,5
28,0
21,8
Caffè
37,8
28,6
32,9
Salumi
36,0
49,7
13,7
Dolci
28,8
50,7
19,7
Formaggi
27,8
50,4
20,9
Succo di frutta
21,4
45,4
32,6
Bibite gasate
18,0
40,7
40,6
Legumi
17,5
58,0
23,8
Uova
13,4
69,4
16,5
Pesce
12,6
66,9
19,8
Riso
11,6
71,2
16,5
Birra
6,9
34,6
57,9
Vino
6,4
24,0
68,9
meridiana, ma più dell’80% consuma snack dolci e salati, caramelle, cioccolata, gelati eccetera, durante la giornata e fuori dai pasti principali. Il pranzo come pasto principale della giornata è una abitudine ormai limitata al sud e alle isole. Nel resto d’Italia sono ormai molto vicine le percentuali di chi indica il pranzo come pasto principale della giornata e di chi indica la cena, mentre nelle aree me-
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tropolitane lo scenario cambia ed è decisamente la cena a prevalere nelle preferenze del pasto principale. Il “record” a Milano, dove la cena è il pasto principale per il 62% degli adolescenti intervistati. La situazione complessiva appare quindi ben lontana dall’obiettivo ottimale indicato dai nutrizionisti dei cinque pasti al giorno (colazione, spuntino di metà mattina, pranzo, merenda e cena).
Inoltre, il combinato disposto della prima colazione disertata e dello spostamento del pasto principale dal pranzo alla cena evidenzia un dannoso squilibrio dell’apporto nutrizionale quotidiano verso l’ultima parte della giornata, proprio quando il consumo energetico diminuisce. Non rispettare le indicazioni ottimali (25% dell’apporto nutrizionale quotidiano la mattina, 50% a pranzo e 25% a cena) compromette il corretto metabolismo e accresce enormemente i rischi di sovrappeso e obesità. Passando agli alimenti, la pasta è di gran lunga l’alimento più consumato (lo mangia pressoché quotidianamente il 74,4%). Seguono il pane (65,2%), la frutta (58%), la verdura (52,9%) e la carne (50,3%). Legumi, uova e pesce sono gli alimenti meno consumati e risultano presenti nella dieta quotidiana occasionalmente o raramente. Beve quotidianamente vino ai pasti il 6,4% del campione intervistato e birra il 6,9%, mentre il 37,8% consuma abitualmente caffè. Consumi e gusti – tranne che per pasta e carne che piacciono molto – non sempre sono allineati. Dolci e salumi (ma anche il pesce) piacciono molto di più di quanto non si consumino, mentre verdura e frutta molto meno.
LE SCELTE Potrà sorprendere, ma l’abitudine di accompagnare i genitori a fare la spesa alimentare è tendenzialmente alta (oltre il 70%) per entrambi i sessi, anche se per le femmine è più sistematica (il 42% lo fa spesso), mentre per i maschi è più occasionale (la maggioranza, 43,7%, lo fa qualche volta). Sul versante consumi, la spinta maggiore ad acquistare per la prima volta un nuovo prodotto alimentare arriva dal suggerimento dagli amici (80,9%) e, in seconda battuta, dalla curiosità vedendolo esposto (73,1%). La pubblicità televisiva ha una certa influenza, incide sul 41% degli intervistati, mentre fa la sua comparsa anche la pubblicità attraverso Internet, che “suggerisce” gli acquisti del 15% degli adolescenti). Scarso appeal, in quella fascia di età, hanno invece le raccolte a punti o premi legati all’acquisto di un prodotto. Circa il “dove” si va prevalentemente a fare la spesa alimentare, netta prevalenza del supermercato al nord e al centro, mentre nelle isole e soprattutto al sud si equilibra nei confronti della scelta del negozio specifico.
DOVE VANNO PIÙ SPESSO I TUOI GENITORI A FARE LA SPESA ALIMENTARE? Totale
N-ovest
N-est
Centro
Sud
Isole
Negozi specifici
13,1
8,4
8,5
8,6
20,5
18,0
Supermercati
70,8
78,5
78,9
77,8
56,8
65,7
Indifferente
14,8
10,6
11,8
11,1
22,0
16,2
SECONDO TE COSA “CONTENGONO” – IN PREVALENZA – I SEGUENTI ALIMENTI? Proteine
Vitamine
Carboidrati
Pasta
74,4
21,5
3,2
Riso
13,7
5,2
77,3
Carne
87,8
4,4
5,1
Pesce
81,2
13,0
2,1
Verdura
15,1
79,2
2,5
Pane
5,1
2,8
88,9
Frutta
4,5
90,4
2,4
Formaggi
68,5
9,2
18,2
Legumi
63,8
23,7
9,0
Uova
80,9
7,4
8,3
Latte
66,7
20,8
8,9
CHE COSA È, SECONDO TE, IL “COMMERCIO EQUO E SOLIDALE”? Totale È una forma di commercio in cui il ricavato va in beneficenza
9,0
È una forma di commercio in cui i prodotti hanno sempre un prezzo scontato
3,5
È una forma di commercio che garantisce al produttore e ai suoi dipendenti un prezzo giusto e predeterminato, assicurando anche la tutela del territorio
61,9
Non ho mai sentito parlare di “commercio equo e solidale” e non so cosa sia
22,8
COME CAMBIANO LE ABITUDINI ALIMENTARI Nel 2015 Laboratorio Adolescenza aveva realizzato, sempre con il supporto di Coop Italia, una analoga indagine su un campione nazionale rappresentativo di 2000 studenti delle scuole medie inferiori (fascia d’età 12-14 anni). Il confronto tra l’indagine del 2015 e quella di oggi risulta particolarmente interessante, perché tra le coorti d’età coinvolte nell’indagine attuale (fascia di età del campione, 1519 anni) ci sono le medesime coorti raggiunte dall’indagine 2015. Abbiamo così avuto la possibilità di osservare se e come sono mutati i comportamenti alimentari (complessivamente intesi) nel tempo. Queste le differenze, alcune positive altre negative, più significative: - aumenta la fascia di popolazione adolescenziale (in particolare le femmine) che non consuma la prima colazione; - aumenta il consumo di frutta, ma soprattutto di verdura; - aumenta il consumo di alcolici (birra e vino) che entrano a far parte dei consumi quotidiani di circa il 15% degli adolescenti (erano poco più del 3% nella fascia d’età 12-14); - aumenta, del tutto prevedibilmente, la conoscenza circa le principali caratteristiche nutrizionali dei principali alimenti; - aumenta nettamente – rispetto alla fascia d’età 12-14 anni – la conoscenza del “commercio equo e solidale”: viceversa aumenta di molto poco la consapevolezza di cosa si intenda per “filiera corta”.
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Adò - Laboratorio Adolescenza - 2019; 2,2.
LE CUCINE ETNICHE Quanto sono “internazionali” i gusti alimentari degli adolescenti italiani? Dai risultati dell’indagine possiamo dividere il campione in 3 principali categorie: gli “estimatori”, i “curiosi” ed i “refrattari”. La maggioranza relativa (40%) è di “estimatori”: hanno provato cucine etniche diverse dalla propria e le apprezzano (la cucina che piace di più è quella giapponese). Al secondo posto i “curiosi” (30%), ovvero coloro che non hanno mai provato una cucina etnicamente diversa rispetto a quella di casa propria ma vorrebbero farlo (la cucina che incuriosisce di più è quella indiana). C’è poi un 25% di “refrattari”, che non hanno alcuna voglia di sperimentarle (quella che insospettisce di più è la cucina africana). Le ragazze sono nettamente più aperte dei maschi verso la sperimentazione alimentare così come lo sono, complessivamente, gli adolescenti che vivono nelle grandi metropoli, nelle quali c’è certamente più offerta di ristoranti e prodotti etnici.
LE CONSAPEVOLEZZE Gli adolescenti dimostrano di avere una conoscenza mediamente buona delle principali caratteristiche nutrizionali dei principali alimenti. Risultano insomma abbastanza ben informati, anche se ci sono certamente delle lacune da colmare: le vitamine non possono mai essere un contenuto prevalente come quantità, anche se vengono individuati gli alimenti che ne sono più ricchi, e non risulta forse chiaro che il termine carboidrati comprende tutti gli zuccheri. Inoltre il 61% è
consapevole di cosa significhi “commercio equo e solidale”, mentre solo il 24% riesce a dare una definizione corretta di “filiera corta”. L’83,5% ha sentito parlare di prodotti “OGM”. Interessanti, infine, le considerazioni degli intervistati sullo spreco alimentare, di cui vengono individuate correttamente le cause che portano ad acquistare i prodotti in quantità eccessive. Un errore, probabilmente, imputato ai genitori.
CHE COSA È SECONDO TE LA “FILIERA CORTA” IN CAMPO AGROALIMENTARE? Totale È un sistema che mette in contatto più diretto possibile il produttore di alimenti con il consumatore per contenere e ridurre i costi al consumo dei prodotti
24,2
È un sistema che mette in contatto più diretto possibile il produttore di alimenti con il consumatore per perdere meno tempo quando si va a fare la spesa
11,0
È un sistema che consente di ridurre le importazioni dall’estero di prodotti alimentari
9,4
Non ho mai sentito parlare di “filiera corta” in campo alimentare e non so cosa sia
50,5
OGNI ANNO LE FAMIGLIE ITALIANE BUTTANO TONNELLATE DI ALIMENTI – PERCHÉ NON CONSUMATI – CON UNO SPRECO ECONOMICO COMPLESSIVO STIMATO IN CIRCA 9 MILIARDI DI € Totale
Licei
Altre
Si comprano, per sbagliata valutazione, più prodotti alimentari di quelli che in realtà sono necessari
39,9
42,0
37,8
I prodotti alimentari che si trovano in commercio, specie quelli freschi, durano troppo poco
7,8
7,2
8,5
Si comprano prodotti alimentari che alla fine non piacciono e quindi si buttano
9,2
7,0
11,5
Per avere prezzi più bassi si comprano confezioni più grandi o maggiori quantità di prodotti alimentari che alla fine non si riescono a mangiare e si buttano
26,1
26,8
25,3
Vedendo tante cose esposte si è portati a comprarne più del necessario
14,6
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15,4
12
13,8
Maurizio Tucci e-mail maurizio.tucci@gmail.com
IL DOSSIER
Sbronzarsi da morire non è solo un modo di dire Tra tutti i più frequenti squilibri alimentari l’eccessivo consumo di alcol è il più diffuso e il più pericoloso sopratutto da quando il binge drinking è diventato una moda. Roberto Marinello Pediatra di famiglia - Milano
C
onfrontando la ricerca di Laboratorio Adolescenza sui comportamenti alimentari degli adolescenti (presentata in questo dossier) con una analoga che risale al 2015, si scopre che la differenza più significativa riscontrata, relativamente alla classe di età 1214 anni, riguarda il consumo di bevande alcoliche, che passa dal 3 al 15 per cento. Anche i dati Istat, pubblicati nel 2016, rilevano che nella categoria 11-17 anni, sono considerati consumatori a rischio 778mila teenager, ovvero un ragazzo su 5, o il 21 per
cento, e una ragazza su 6, o il 17 per cento. Cerchiamo allora di capire che cosa questo significa in termini di rischio per la salute. L’alcol alimentare (alcol etilico o etanolo) presente in diversa concentrazione nelle bevande alcoliche, è una sostanza che deriva dalla fermentazione degli zuccheri contenuti nella frutta (il vino, la grappa) oppure degli amidi di cui sono ricchi i cereali (la birra, il whisky). L’alcol contenuto nelle bevande non ha un alcun potere nutriente (come le proteine, i grassi, gli zuccheri e le vitamine) e non con-
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tiene sostanze utili al nostro organismo. Al contrario, se assunto in quantità elevate diventa una sostanza tossica, che può indurre dipendenza ancor più delle droghe illegali. L’alcol è fonte di danni diretti al fegato, al cervello e può favorire l’insorgenza di tumori. Negli adulti esistono quantità fisiologiche di assunzione di bevande alcoliche, ma oltre queste dosi il consumo diventa “a rischio” per la salute e per la sicurezza propria e della comunità. Nell’uomo adulto il consumo a rischio è pari a 3-4 unità alcoliche al dì (36-48
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COME SI MISURA L’EBBREZZA
Queste le quantità delle diverse bevande corrispondenti a una unità alcolica.
gr. di alcol, mentre nella donna la soglia viene superata già con 1-2 unità alcoliche (12-24 gr. di alcol). Naturalmente tali valori sono una generalizzazione che non tiene conto dell’età, del peso, della specificità etnica e di altri fattori che possono modificare tali soglie. I discorsi fin qui fatti valgono per gli adulti, la cui maturazione psicofisica è completa e sono pertanto in grado di affrontare l’assunzione di sostanze alimentari con appositi processi metabolici che garantiscono il massimo beneficio per l’organismo, oltreché la capacità di modificare e distruggere molte sostanze potenzialmente tossiche per il proprio fisico. Nel caso
dell’alcol, l’adulto produce un enzima (cioè un biotrasformatore), l’alcoldeidrogenasi, che trasforma l’etanolo in prodotti non tossici (fino al limite appunto di 3-4 unità alcoliche), che possono venire assorbiti o eliminati senza danno dall’organismo. Nei ragazzi fino a 16 anni la produzione di questo enzima è totalmente assente e sino a 21 anni è comunque insufficiente a fornire la stessa protezione dell’adulto. Questo è il motivo per cui l’assunzione dell’alcol in queste età può risultare gravemente nociva al fisico degli adolescenti per i danni provocati agli organi (soprattutto fegato e cervello) con dosi
COSÌ SI “BRUCIA” IL CERVELLO Maschio 15 anni NON BEVITORE
Maschio 15 anni BEVITORE
Imaging cerebrale: attivazione con il test di memoria.
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molto più basse di alcol. Anche nei giovanissimi, in realtà, l’organismo mette in atto alcune difese: il vomito è la reazione più immediata ed efficace, la respirazione, meno efficiente, aiuta a smaltire parte degli eccessi. Ma tali modalità di “disintossicazione” non bastano a evitare i danni dell’alcol. Gli effetti di una assunzione acuta ed impropria di alcol sono potenzialmente molto pericolosi perché si va da una iniziale euforia, al malessere, al collasso fino al coma. Se la “sbronza” si protrae nel tempo, si accumula una tossicità cronica che provoca danni agli organi interessati, tumori e dipendenza. L’assunzione prolungata di alcol da parte degli adolescenti può provocare nel cervello un progressivo “scioglimento” delle membrane cellulari dei neuroni, con riduzione del loro funzionamento, e delle connessioni a livello cerebrale, nel fegato un infarcimento grasso con riduzione del tessuto attivo e rischio di cirrosi e nel cuore un assottigliamento della parete dei ventricoli con minor efficacia della pompa cardiaca.
IL BINGE DRINKING La forma attualmente più diffusa e pericolosa di assunzione di bevande alcoliche nei giovani è il coddetto “binge drinking” (letteralmente “abbuffata” alcolica), cioè il bere compulsivo, soprattutto di superalcolici ad alta gradazione, definito scientificamente come l’assunzione di più di 6 unità di alcol (72 gr.) in un breve periodo di tempo (poche ore). Gli episodi di binge drinking sono contraddistinti da: eccessivo consumo di alcol; bere in compagnia in particolari eventi; assunzione di alcol rapidamente in un breve arco di tempo; bere fino ad ubriacarsi e a sentirsi male. Nel binge drinking il ragazzo ingerisce volutamente quantità ripetute di alcol in misura maggiore rispetto alle sue capacità di metabolizzazione e controllo, sia fisiologiche che psicologiche, e al contesto nel quale si trova; lo scopo patologico di queste abbuffate alcoliche è appunto quello di provare ebbrezza fino ad arrivare alla ubriacatura completa con perdita di controllo e intossicazione. Il punto critico può essere raggiunto dopo molte ore o anche diversi giorni di assunzione. Il binge drinking risulta particolarmente pericoloso perché espone il ragazzo a rischi di intossicazione acuta da alcol, con conseguenze potenzialmente molto gravi nell’immediato per la sua
I LUOGHI DOVE SI ESAGERA
GLI APPASSIONATI DEL BINGE DRINKING
LUOGHI DI BINGE DRINKING
11-17 aa (%)
18-24 aa (%)
Casa di amici o parenti
5,5
26,6
Bar, pub, birreria
2,8
41,7
Ristorante, pizzeria
3,3
12
Casa propria
0
4,7
Discoteca, night club
28,8
35
Luoghi all’aperto, strada
3,1
0,9
altro
1
1,2
salute quali ipotensione, collasso e coma etilico. Per generare il coma etilico il tasso alcolico nel sangue deve essere uguale o superiore a 4 gr. per litro di sangue. Per i ragazzi che non hanno ancora l’enzima alcoldeidrogenasi, il coma può avvenire più velocemente, a fronte di quantità minori di alcol assunto (2,3 gr. per litro). A stomaco vuoto poi i tempi di assorbimento dell’alcol sono accelerati, così come nel caso frequente di concomitanza con assunzione di sostanze stupefacenti. Scondo la “Relazione al Parlamento su alcol e problemi alcol correlati” del 2013, nel 2012 i binge drinkers rappresentavano complessivamente il 6,9% della popolazione di 11 anni e più (l’11,1% tra i maschi e il 3,1% tra le femmine) ma tra i giovani maschi di 18-24 anni il fenomeno interessava ben il 20,1%; inoltre, il 14,8% ha ammesso comportamenti di binge drinking e, da quanto si legge nella Relazione, appare anche, nei giovani di entrambi i sessi, la correlazione, evidenziata dall’Istat nel 2017, tra binge drinking e assidua frequentazione di discoteche, soprattutto nella fascia di età 18-24 anni. La diffusione di queste abitudini, la “moda” di questi comportamenti, indicano la necessità che i giovani assumano una chiara consapevolezza dei rischi insiti nel consumo improprio, eccessivo o compulsivo di alcol. Certamente la famiglia esercita un ruolo molto importante nell’informazione ed educazione al consumo di bevande alcoliche, che in ogni caso non devono essere proposte al ragazzo, almeno fino ai 16 anni di età. I genitori, familiari ed amici non devono assumere altresì comportamenti scorretti, incentivanti o trasgressivi nel consumo di alcol, soprattutto in presenza dei minori. Da molte ricerche a livello internazionale emerge come atteggiamenti permissivi in famiglia o iniziazioni precoci alle bevande alcoliche sono la prima causa di consumo improprio di alcol
I dati si riferiscono alla Lombardia (elaborazione Èupolis su dati Istat).
nei giovani e di avvio al binge drinking. Altrettanto importante è prevenire la distribuzione di bevande alcoliche ai minori, secondo la legislazione vigente, vigilando maggiormente sulle modalità improprie e purtroppo diffuse di acquisto di superalcolici destinati ai minori. È soprattutto necessaria una costante opera di informazione ed educazione sanitaria a livello di scuola e comunità sui rischi di un uso precoce, eccessivo e compulsivo di bevande alcoliche e delle gravi conseguenze dell’alcolismo sul fisico e sulla psiche dell’adolescente, che già vive un momento di delicatissima evoluzione.
PERCHÉ LO FANNO Le motivazioni che spingono i giovani ad avvicinarsi all’alcol possono essere: • uniformarsi al gruppo; • provare sensazioni piacevoli; • evitare la solitudine; • evadere dai problemi, dal senso di vuoto; • curarsi dalla depressione; • disinibirsi prima di un rapporto sessuale.
Le a l c o b e v a nd e lic dissehe sono t a nt i
L’alcol dà forza
L’alcol dà calore
L’alc L’alcol migliora le prestazioni sessuali
d im ol f a
e a g r ir
L’alcol dà sicurezza
NOTA FINALE: Il testo e le figure tabelle qui riportate sono tratte dal materiale realizzato dal Rotary Club Milano Sempione destinato al progetto “La vita in un sorso” rivolto alle scuole secondari di primo grado della Provincia di Milano. Per informazioni rivolgersi all’autore: marinello.pediatra@fastwebnet.it o andare sul sito: http://www.rotarymilanosempione.org
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IL DOSSIER
Alessandra Marazzani Psicologa
L’integrazione alimentare I problemi dei ragazzi stranieri che vivono in Italia ci dicono molte cose su come i problemi psicologici incidono sul rapporto con il cibo. Fino a provocare veri “mal di pancia”.
G
li studi più recenti sui ragazzi, figli di famiglie migranti, rilevano che chi cresce in età scolare non nel Paese d’origine soffre più facilmente di obesità o sovrappeso, di carenza di vitamina D, di un tasso elevato di colesterolo associato spesso ad una pressione arteriosa non nella norma. Sappiamo che questi disturbi sono la conseguenza di una dieta poco nutritiva ed equilibrata e che la difficoltà a reperire nel Paese ospitante la propria verdura, la propria frutta, il tipo di carne o di pesce, ecc. porta frequentemente a un progressivo abbandono dell’attenzione a garantire un’alimentazione corretta. Più facilmente vengono consumati cibi non freschi, preconfezionati o industriali, che contengono zuccheri e sali in eccesso che garantiscono una maggiore facilità di conservazione, ma sono meno salutari. A ciò si aggiunga che gli adolescenti stranieri, come tutti gli adolescenti, hanno meno interesse per la cucina familiare d’appartenenza e tendenzialmente tendono a consumare “junk food” (definito come cibo spazzatura ad alto contenuto di grassi) non solo perché ha un gusto forte e sempre identico in ogni Paese del mondo, ma soprattutto perché “bere CocaCola e mangiare patatine fritte” è un elemento unificante tra coetanei di cultura diversa. Infatti nei fast food ci si può facilmente incon-
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trare, condividere un pasto in locali posizionati in centro città, senza limiti di tempo, con costi molto contenuti. Dobbiamo anche immaginare che abitare in un Paese che non è quello della propria storia familiare obblighi questi adolescenti a uno sforzo, a un consumo di energie fuori dall’ordinario, poiché devono imparare meglio o “ex novo” una lingua e nuove abitudini, devono inserirsi in un complesso sistema scolastico e costruire relazioni amicali al di fuori del proprio contesto di appartenenza ed è pertanto comprensibile che il cibo possa svolgere una funzione compensatoria. Le motivazioni che portano dunque i ragazzi stranieri a non alimentarsi in modo equilibrato non sono solo causate da una limitata o scorretta cultura alimentare, ma sono legate ad una molteplicità di fattori, non ultimi i fattori psicologici. Quali sono i disagi psichici poco considerati dei ragazzi stranieri, che si manifestano con una cattiva alimentazione e che andrebbero compresi e curati? Nell’adolescenza l’identità dei ragazzi si struttura più facilmente attraverso il confronto con un gruppo unitario con cui condividere gusti e abitudini alimentari ma questo può essere in contrasto con la propria cultura d’origine. Ogni volta che i ragazzi vivono e sentono at-
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trazione per uno stile di vita lontano dal proprio devono fare i conti necessariamente con chi sono e con la dimensione del rischio, della paura di perdere la propria soggettività per la curiosità di sperimentare il nuovo. A volte, per togliersi da questo impaccio si mimetizzano, cioè mascherano i propri interessi e caratteristiche personali per sentirsi integrati in un contesto che, proprio a questa età, chiede omologazione di gusti, di stili e di abitudini alimentari. Questo iper-adattamento esclude qualsiasi conflitto interno, portando i ragazzi verso un’apatia dove i desideri personali diventano assenti, al centro della propria vita viene messo quello che è più conveniente e comodo, evitando qualsiasi “sbatti”. È una sorta di “mimesi”, di camuffamento che toglie la possibilità di traghettare verso l’età adulta se non attraverso un assoggettamento dei gusti e degli stili altrui. Un altro disagio psichico spesso poco segnalato dalle famiglie è rappresentato dal progressivo isolamento che alcuni adolescenti stranieri vivono mettendosi al riparo da qualsiasi contatto e relazione con chi è fuori dalla propria cerchia famigliare. In modo poco consapevole sviluppano una serie di disturbi psicosomatici legati all’apparato gastroenterico lamentando intolleranze
QUELLI CHE DIVORANO DI TUTTO E GLI OSSESSIVI DELLA DIETA
alimentari, nausee o crampi che li portano a vivere rintanati in casa, mangiando solo alcuni alimenti ed evitando il più possibile di vivere fuori dal proprio contesto abitativo, a contatto con i loro coetanei. In queste situazioni di chiusura, di paura di perdere la propria identità attraverso una “contaminazione” con il Paese ospitante, uno degli aspetti più salutari è proprio legato al cibo, alla preparazione di esso, all’iniziale possibilità di mantenere la propria tradizione alimentare che valorizzi il proprio senso di appartenenza facendo riscoprire da quale storia si è originati. Solo successivamente i ragazzi si potranno affacciare al nuovo cercando di mettere a fuoco le somiglianze, accettando le differenze e riuscendo ad integrare alcuni aspetti, utilizzando il cibo come possibile oggetto di comunicazione. Il cibo e la cultura alimentare per ogni ragazzo è importante non solo perché favorisce un sano sviluppo fisico per un corpo in crescita, ma perché può consentire di percepire quel senso di continuità con le propria storia familiare che crea un legame tra passato e presente, dando la possibilità di porre buone basi per una personalità in divenire che deve trovare una collocazione certa anche al di fuori del gruppo famigliare di appartenenza.
Stiamo assistendo sempre più frequentemente ad una tendenza dei ragazzi a vivere il cibo in modo polarizzato. Da una parte troviamo i ragazzi che si nutrono principalmente di cibo “spazzatura”, che si riempiono di tutto e sembrano non preoccuparsi delle conseguenze che alcuni alimenti possono avere sul loro peso e sulla loro salute. Dall’altra troviamo i cosiddetti “ortoressici”, un termine che indica chi ha una forma di attenzione abnorme alle regole alimentari, alla scelta del cibo e alle sue caratteristiche: ingeriscono solo cibi sani e controllati, con un’attenzione continua ad ingredienti e calorie, che perseguono apparentemente obiettivi di salute e benessere. Per costoro, quel che risulta in primo luogo evidente è la difficoltà di vivere il cibo come qualcosa di piacevole, oltre che essenziale per la sopravvivenza. Ma dobbiamo essere onesti, il cibo non è solo cibo anche per la maggior parte di noi adulti e spesso noi non siamo dei buoni esempi per i nostri figli, i nostri studenti o più in generale per i ragazzi che ci vedono come un punto di riferimento. È ancora una volta una crisi del desiderio, un’impossibilità di capire cosa piace veramente e di cosa si ha bisogno. Se è vero che l’adolescenza non è l’età giusta per confrontarsi con le conseguenze delle proprie azioni, forse lo è per iniziare a confrontarsi con la propria nuova identità e con il proprio nuovo corpo. Si tratta di passaggi delicati, che possono far pensare ad un’angosciante e pervasiva perdita di controllo, per fronteggiare la quale l’attenzione ossessiva al cibo potrebbe rappresentare una soluzione, seppur fallimentare e controproducente. E siccome le regole autoimposte sono quelle più rigide e alle quali è più difficile trasgredire, ogni giorno questi ragazzi ingaggiano una lotta con loro stessi, la loro fame e i loro desideri. In quest’ottica, quello che sembra rappresen-
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tare un comportamento opposto, cioè il nutrirsi di cibi spazzatura, potrebbe non essere altro che l’incapacità di mantenere il controllo sperato, che si traduce in una completa mancanza di pensiero. Le vie di mezzo non sono quasi mai percorribili per gli adolescenti: se qualche obiettivo non è perseguibile per varie ragioni, allora l’obiettivo non esiste perché spesso la frustrazione non è tollerabile. Del resto l’alimentazione, come tutto ciò che riguarda il prendersi cura di sé, è stata fino a quel momento un compito dei genitori. Erano loro a decidere cosa il figlio dovesse mangiare e cosa no, nonostante i rifiuti e i compromessi. Ora finalmente i ragazzi si appropriano del proprio corpo e del proprio pensiero e quindi anche dell’alimentazione. E lo fanno in un modo che sia soltanto loro e quindi spesso in contraddizione con quelle che sono le abitudini e le regole familiari. È ancora una volta una questione di identità: il modo di dire “siamo quello che mangiamo” non è mai stato così vero. Del resto, quando non si sa chi si è, poter pensare di essere un salutista o un divoratore di hamburger è pur sempre qualcosa. Il compito di noi adulti, per correggere questi atteggiamenti estremi, è quello di andare oltre il comportamento, di capire che dietro ogni azione c’è un significato, anche se non è comprensibile. Non si tratta quasi mai di ragazzi pigri, svogliati o oppositivi: sono più che altro confusi e angosciati. Fino a che la loro salute non è troppo a rischio, lasciamoli sperimentare e diventare padroni anche della propria alimentazione, cerchiamo di capire la loro fatica e, soprattutto, diamo il buon esempio.
Giorgia Pierangeli Psicologa Psicoterapeuta giorgiapierangeli@libero.it
Adò - Laboratorio Adolescenza - 2019; 2,2.
LA SCUOLA CHE CI PIACE
LICEO SCIENTIFICO STATALE ALBERT EINSTEIN - MILANO N
on è una classifica né una “top ten”, perché le classifiche non ci piacciono e poi perché una classifica, per essere fatta correttamente, necessiterebbe, da parte di chi la stila, di una conoscenza approfondita e, soprattutto, assolutamente uguale nei confronti di tutti i potenziali “concorrenti”. “Una scuola che ci piace”, che parte da questo numero di Adò, vuole essere soltanto una messa in comune, con i nostri lettori, di un riscontro positivo che abbiamo avuto in alcune delle tante scuole nelle quali lavoriamo da anni con le nostre indagini, con i nostri percorsi di alternanza scuola lavoro, con i nostri seminari e convegni. Le scuole delle quali da qui in avanti parleremo non le indichiamo come le migliori in assoluto nel loro genere (non avremmo gli strumenti per poterlo dire), ma certamente come ottime scuole delle quali potersi fidare. Scuole che consiglieremmo senza problemi ad un nostro amico o alle quali iscriveremmo un nostro figlio.
Una scuola è fatta di tradizioni, ma anche di contingenza. E una tradizione prestigiosa non è necessariamente una garanzia a vita. Il liceo Einstein (di via Einstein, tanto per non farci mancare niente) è certamente un liceo scientifico storico di Milano, ma più che il pedigree ciò che conta, a nostro avviso, è quanto oggi può mettere a disposizione degli studenti. Che la scuola – in senso generale – viva in questo contesto storico un momento difficile è cosa nota. Lo iato esistente tra programmi e, soprattutto, criteri valutativi fermi a cinquant’anni fa e la realtà attuale, che vive – ci piaccia o no – prevalentemente del “sapere” della rete, è evidente. La distanza tra offerta (da parte delle scuole) e domanda (da parte degli studenti) aumenta di anno in anno. A ciò si aggiunge una presenza sempre più invadente e fuori registro dei genitori che ha di fatto snaturato il senso istitutivo (e certamente interessante) degli storici “decreti delegati”. L’Einstein non è certamente una monade al riparo da queste criticità, ma è una scuola in cui le difficoltà riescono ad essere gestite con grande equilibrio ed efficacia. Grande apertura alle novità e alla sperimentazione, ma nessuno scarrellamento modaiolo. Attenzione alle regole e ai risultati, ma ottima capacità di ascolto degli studenti e delle loro esigenze. E proprio nelle attività di lavoro svolte con gli studenti, senza la presenza “istituzionale”
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della scuola, abbiamo percepito un feeling non scontato tra questi e la “loro” scuola. Così come quando anche noi abbiamo riscontrato qualche criticità abbiamo trovato una risposta pronta ed efficace da parte di dirigenza e docenti. Ci è piaciuto, in particolare, constatare che l’attenzione rivolta dalla scuola alle classi non decresce, come in altre scuole si avverte, con il crescere alfabetico della sezione. Per quel che abbiamo percepito ci è apparso anche ottimo il livello di integrazione fra gli studenti. La disponibilità e la gentilezza di tutto il personale che il gergo burocratico definisce con la sigla “ATA” è un valore aggiunto non trascurabile per il buon funzionamento di una scuola. La struttura – una scuola è fatta anche di spazi e di attrezzature – è assolutamente adeguata alle esigenze e si percepisce l’attenzione ad un costante miglioramento e aggiornamento. Giudizio, quindi, assolutamente positivo da parte di Laboratorio Adolescenza che, rispetto ad una scuola, è indubbiamente un fruitore un po’ fuori standard ma che forse, proprio per questo, riesce a guardare le cose da un’ottica più distaccata e serena. E complimenti alla dirigente, Alessandra Condito, al vicario Paolo Albergati, a tutto lo staff e, soprattutto, agli studenti che sono la vera essenza di una scuola.
MEDICINA
DOLORE SOTTO CONTROLLO La dismenorrea, ovvero la sofferenza legata al ciclo mestruale, riguarda la maggioranza delle ragazze. L’importante è imparare ad affrontarla. E capire se non nasconde altri problemi. Ilaria Brambilla ed Enrico Tondina Clinica Pediatrica, Endocrinologia Pediatrica, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia
L
a dismenorrea, o dolore mestruale, è tra le adolescenti il sintomo più comune associato alla ciclica comparsa del flusso mestruale, con una diffusione variabile dal 50% al 90% e che richiede nel 20% dei casi la sospensione delle attività con assenteismo scolastico. In pratica, secondo questi dati il sintomo doloroso è molto diffuso e in una ragazza su 5 incide sulla vita quotidiana. Come suggerisce l’etimologia greca (“dys” e “menorrea”), il termine si riferisce alla sinto-
matologia dolorosa avvertita durante il flusso mestruale. Il 90% delle adolescenti sperimenta una dismenorrea primaria, vale a dire un dolore mestruale “fisiologico” che non deriva da alcuna patologia. Insorge generalmente a 6-12 mesi dal menarca, epoca di comparsa di cicli di tipo ovulatorio, e raggiunge la massima frequenza tra i 17 e 18 anni. Il dolore si manifesta poche ore prima o contestualmente all’inizio della mestruazione, persiste per 24-
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48 ore ed eccezionalmente la sua durata supera i 3 giorni.Tipicamente la sede del dolore è sovrapubica, con irradiazione lombare o inguino-crurale, cioè verso la schiena e la parte alta della coscia. Solo nel 10% dei casi, la dismenorrea è determinata da una specifica patologia pelvica o comunque da una condizione medica riconosciuta (e in questo caso è definita “secondaria”). Le cause principali sono rappresentate dalla patologia malformativa dei
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genitali esterni, dalla endometriosi (causa più comune), dalle cisti ovariche, dalla malattia infiammatoria pelvica, dalle infezioni, dalle sindromi aderenziali, dai miomi uterini e dai quadri di adenomiosi (rari in adolescenza). La dismenorrea secondaria va comunque distinta dal dolore pelvico cronico, che si caratterizza per la presenza di sintomatologia dolorosa a carico della regione pelvica, della durata media di sei mesi o più e di tipo costante, intermittente, ciclico o aciclico. Dal punto di vista fisiopatologico, il dolore mestruale è innescato dall’azione di mediatori dell’infiammazione, chiamati prostaglandine e leucotrieni, che al termine del ciclo mestruale ovulatorio, prima cioè della comparsa della mestruazione, promuovono l’attività contrattile dell’utero e la vasocostrizione, con conseguente comparsa di dolore. Nel fluido mestruale e nelle urine delle ragazze dismenorroiche sono infatti stati rispettivamente riscontrati più alti livelli di prostaglandine e leucotrieni rispetto alle ragazze che hanno un ciclo regolare senza dolore. I sintomi associati alla dismenorrea in adolescenza possono includere nausea, vomito, diarrea, cefalea, lombalgia, crampi muscolari, vertigini, astenia e sonnolenza; nelle adolescenti con forme gravi di dismenorrea possono anche associarsi disturbi del sonno. È stata inoltre dimostrata la contestuale presenza nelle ragazze adolescenti dismenorroiche di una maggior incidenza di sindrome premestruale (insieme di sintomi fisici e psichici) e di disordine disforico premestruale (che ne è la forma più grave). Esistono questionari riproducibili e precisi che, attraverso una serie di domande specifiche, hanno lo scopo di valutare la qualità di vita della giovane donna, considerando differenti aspetti relativi a vari ambiti della vita quotidiana. Di norma, dai questionari compilati dalle adolescenti dismenorroiche emergono gli effetti negativi esercitati da questa affezione sullo svolgimento delle quotidiane attività, scolastiche e relazionali, e quindi sul benessere psico-fisico di ciascuna ragazza. Il pediatra o il medico curante può inoltre comprendere l’intensità del dolore con l’uso di scale analogiche visive (VAS), numeriche e/o delle facce. Durante la valutazione medica iniziale, tutte le pazienti con dismenorrea dovrebbero riferire in maniera accurata allo specialista ginecologo o al pediatra la propria storia medica,
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LE CARATTERISTICHE DEL DISTURBO DISMENORREA PRIMARIA
DISMENORREA SECONDARIA
Inizia 6-12 mesi dopo il menarca e raggiunge la massima frequenza a 17-18 anni
Inizia a partire dal primo ciclo o dopo molti anni di flussi non dolorosi
Compare poche ore prima della mestruazione o coincide con essa
Compare poche ore prima della mestruazione o coincide con essa
DURATA
Persiste per 24-48 ore, eccezionalmente supera i 3 giorni
Persiste per 24-48 ore, eccezionalmente supera i 3 giorni
SEDE
La sede del dolore è sovrapubica, con irradiazione lombare o inguino-crurale
La sede del dolore è variabile in base alla causa sottostante
INSORGENZA
CARATTERI
mestruale, familiare e psicosociale, al fine di poter meglio orientare il medico verso una forma primaria o secondaria di dismenorrea. In particolare, nelle forme secondarie, la ragazza riporta solitamente dolore mestruale importante già immediatamente dopo il menarca oppure una sintomatologia dolorosa, che si aggrava progressivamente e che non si attenua con i comuni farmaci anti-dolorifici; e che in alcuni casi è associata a sanguinamenti uterini anomali (flussi mestruali abbondanti e irregolari), a dolore di metà ciclo mestruale o aciclico, ad anomalie renali o altre anomalie congenite a carico di colonna vertebrale, cuore e apparato gastrointestinale, a storia familiare di endometriosi, a dolore durante i rapporti sessuali (dispareunia). La diagnosi di dismenorrea contempla inoltre, per le forme secondarie, l’esecuzione di una ecografia dell’addome inferiore e/o l’esame obiettivo della regione genitale, indagini che non risultano invece strettamente indicate nelle forme primarie di dismenorrea, eccezion fatta per i casi in cui sono presenti sintomi riferibili a infezioni sessualmente trasmesse. Il trattamento, soprattutto nei primi anni dal menarca, prevede in primo luogo un cambiamento dello stile di vita, per cui l’adolescente o la giovane donna dovrebbe, su opportuno consiglio medico, incrementare l’attività fisica quotidiana (stretching), aderire ad un regime dietetico povero di grassi animali e ricco di frutta, verdura ed acidi grassi polinsaturi, abbandonare l’eventuale abitudine al fumo, ridurre il consumo di prodotti contenenti caffeina e mantenere al caldo la regione addomino-pelvica e lombo-sacrale. Nei casi in cui queste misure di tipo comportamentale non bastassero a ridurre o controllare meglio il dolore, le più recenti linee guida
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CHE COSA LA FAVORISCE Giovane età (< 20 anni) Familiarità Menarca precoce Sanguinamento abbondante Malformazioni uterine Esposizione al fumo di sigaretta attivo o passivo Sedentarietà Sottopeso e obesità Insufficiente apporto di acidi grassi polinsaturi e deficit di vitamina D Alto consumo di prodotti contenenti caffeina o derivati Difficoltà nell’ambiente familiare/Periodi di stress Presenza di altre sindromi dolorose
COME CURARLA Adeguamento dello stile di vita Farmaci antiinfiammatori non steroidei Trattamento ormonale Terapie alternative elaborate dall’American College of Obstetricians and Gynecologists propongono la possibilità di adottare anche, previo idoneo colloquio con il medico curante, una trattamento empirico con farmaci anti-infiammatori non steroidei, che determinano di norma una buona risposta clinica nelle ragazze e nelle giovani donne con dismenorrea primaria, in virtù della loro capacità di ridurre la produzione di prostaglandine. Qualora la giovane paziente non ottenesse
beneficio dal trattamento con i comuni farmaci antiinfiammatori, sarebbe bene venisse richiesta una rivalutazione medica per valutare il potenziale impiego di trattamento ormonale, peraltro presente in differenti formulazioni, alcune più “tradizionali” altre di più recente elaborazione, da adottare su stretta indicazione medica sulla base del quadro clinico presentato. Esistono anche terapie alternative per la gestione della dismenorrea, che comprendono tra le altre l’agopuntura, l’elettrostimolazione nervosa transcutanea, la fitoterapia (agnocasto, olio di enotera e olio di borragine) e lo yoga. Si tratta tuttavia di pratiche non supportate da solide evidenze scientifiche sia in termini di efficacia sia di sicurezza.
QUANTO SOFFRI? SI VEDE DALLA FACCIA Scala delle facce (scala di Wong Baker)
Scala VAS (scala Visiva Analogica)
LIEVE
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MODERATO
2
3
Nessun dolore
4
5
6
SEVERO
7
8
9
10
Massimo dolore possibile
FALSI MITI, FALSE PAURE Già Sorano di Efeso nel suo Gynaeciorum (II secolo d.C.) riconduce la dismenorrea a un “restringimento dell’utero”, per cui può accadere che “le mestruazioni colino goccia a goccia e con dolore”, e propone quale rimedio terapeutico di far “coricare la donna in una stanza moderatamente luminosa e riscaldata” e di “farla stare calma”, eventualmente imbevendo “stracci di lino grezzo o di lana in olio dolce e caldo” da applicare intorno al pube. Purtroppo, in considerazione della scarsa conoscenza legata al sintomo, talvolta dovuta alla mancanza di adeguata sensibilizzazione a scuola e in famiglia, la dismenorrea rappresenta anche uno degli “incubi” più temuti dalle giovani donne, tanto da rendere angosciante sia la comparsa del menarca, ovvero la prima mestruazione, sia la gestione della fisiologica e naturale ciclicità mestruale. I falsi miti conosciuti sulla ciclicità mestruale femminile hanno radici profonde, soprattutto in alcuni contesti regionali italiani e in altre parti del mondo: nell’immaginario popolare si crede ancora oggi che la donna debba restare lontana dalla cucina nei giorni della mestruazione e in particolar modo non debba preparare conserve di pomodoro, né montare la panna; analogamente una delle più curiose credenze prevede che la donna mestruata non si lavi i capelli, né faccia il bagno in mare. Uno studio recentemente condotto da Unicef mostra come in alcune regioni asiatiche il malessere delle ragazze mestruate sia considerato vergognoso e grossolano a tal punto da allontanare le adolescenti e le giovani donne dalle cucine, dai campi coltivati e dai luoghi di lavoro nei giorni della mestruazione. In ogni caso, i pediatri e i ginecologi dovrebbero essere ben consapevoli del differente approccio alla problematica mestruale proprio di ciascuna cultura e modulare di conseguenza il colloquio con la paziente, tenendo inoltre in considerazione il background familiare che tanto influenza la giovane ragazza nella percezione dell’esperienza dolorosa.
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PSICOLOGIA
Alessandra Marazzani Psicologa
ESISTE DAVVERO LA CHEROFOBIA? Può essere un lieve disturbo in fase di crescita. Ma può anche rappresentare il sintomo di un una vera e propria fobia sociale. Che non va presa alla leggera.
É
la paura irrazionale di vivere una felicità intensa. È un disturbo diagnosticato da pochi anni, che s’inquadra in una fobia sociale. Vi sono una serie di segnali che se non riconosciuti dalla famiglia possono diventare veri e propri sintomi di una patologia psichica. Ecco i principali segnali che si manifestano nei ragazzi che soffrono di questo disagio: senso di ansia e angoscia all’idea di andare a una festa o un concerto con gli amici con cui si divertono; il rifiuto di cogliere opportunità che possano condurre a cambiamenti scolastici, sportivi o la partecipazione a stage e vacanze estive (precedentemente frequentate con piacere); l’evitamento a partecipare ad attività piacevoli o potenzialmente emozionanti come festeggiamenti per ricorrenze e premiazioni. Dobbiamo anche considerare che i ragazzi che ne soffrono sono in difficoltà ad ammettere di provare queste sensazioni e la maggior parte di loro si descrive come timido, o dichiarano di essere stanchi e poco interessati nel fare attività con i coetanei, ma sopratutto si riconoscono come poco estroversi e comunicativi nel manifestare i loro sentimenti. Dietro questi comportamenti manifesti, in realtà vi è altro: i ragazzi, per cercare di evitare emozioni forti anche se positive ed il senso d’ansia che, ne consegue, elaborano pensieri e convincimenti che invece di eliminare o almeno alleviare l’ansia, la alimentano. Pensieri e convincimenti che vengono espressi come segue: “essere troppo felice porta ad un evento negativo successivo molto triste e quindi mi sottraggo”... “ le catastrofi vengono spesso a seguito di momenti molto felici tra le persone”... “dopo una gioia eccessiva arrivano sempre sensazioni di vuoto e solitudine insopportabili...”. Sembra complesso districarsi in questo disagio ma non è così: aiutare le persone che soffrono di cherofobia può av-
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venire innanzitutto attraverso una corretta diagnosi, che possa distinguere tra un lieve disturbo in fase di crescita (legato più alla paura di non riuscire a controllare i propri sentimenti) e l’insorgenza di una vera propria fobia sociale o anti-sociale che può preludere invece ad un disturbo di personalità più complesso. I ragazzi e le famiglie, infatti, tendono a considerare la fobia sociale più come un tratto distintivo del carattere, come un modo d’essere originale che alcuni hanno: in particolare questo disturbo viene più sottovalutato tra le adolescenti femmine che tendono
Martina Attili cantautrice di 17 anni. Ha sorpreso a X-Factor con la sua canzone “Cherofobia”.
già culturalmente a descriversi come timide, a mostrarsi più imbarazzate in pubblico e magari più facilmente rinunciano agli studi per occuparsi dei propri familiari ma di fatto si stanno isolando dagli altri. È tra i 15 e i 20 anni che la fobia sociale appare più chiaramente con l’aumento della libertà individuale dei ragazzi ed una maggiore autonomia dalla famiglia: il disagio si evidenzia attraverso una mancata autonomia, un desiderio assente di
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ampliare e vivere le relazioni sociali con i coetanei e un comportamento che tende ad evitare relazioni affettive di coppia e mantenendo una totale dipendenza e vicinanza dai genitori. Se è uno psicoterapeuta o un medico specialista che può aiutare a chiarire di che tipo di disagio psicologico stiamo parlando e come affrontarlo con i ragazzi che ne soffrono, anche gli insegnanti e i genitori possono aiutarli ad aprirsi e non aver timore nel dichiarare la propria sofferenza. A volte i segnali di disagio avvengono in modo insospettabile: alcune “bevute” o “spinellate” in compagnia evidenziano più una sensazione di impossibilità celata nello stare nel gruppo che un desiderio evolutivo di trasgressione, di sfida ad un divieto posto dagli adulti. Bisogna porre attenzione nel comprendere meglio che per alcuni ragazzi essere storditi, vivere lo “sballo” nelle uscite serali, è l’unico modo per stare in mezzo ma non con gli altri, per vivere almeno una parvenza di scambio relazionale. Ascoltando i racconti delle serate degli adolescenti si può cercare di non confonderli e bollarli troppo facilmente con un rimprovero e arrabbiatura e magari scorgere che vi è un disagio legato ad un disturbo di relazione legato ad una mancanza di socialità. Certamente, bisogna riconoscere che i genitori di questi ragazzi vivono situazioni frustranti poiché la paura della felicità può portare i figli ad evitare o a rimanere defilati dagli altri non solo fuori casa ma anche in momenti di ritrovo familiare come i compleanni, le festività o, più in generale, in tutte quelle occasioni di situazioni ad alta densità emotiva. Pertanto l’indicazione è di pensare che oggi, sebbene il mondo social e l’adolescenza abbiano come valore la socialità tra gli individui, alcuni ragazzi richiedono di essere capiti nella loro differenza ed accompagnati da noi adulti nel trovare un loro modo di separarsi dalla famiglia per diventare grandi, indipendenti anche se con poche relazioni e tendenzialmente solitari.
L’INTERVENTO
Fulvio Scaparro Psicoterapeuta e scrittore, fondatore dell’Associazione GeA Genitori Ancòra
LETTERA A UN ADOLESCENTE
Né pappagalli né servi né ladri
T
i incontro per pochi minuti e già sono pronto a darti qualche consiglio perché tu possa orientarti meglio nel prossimo futuro e possa avere migliori relazioni in famiglia e a scuola. Bella presunzione: consigli non richiesti e per di più senza conoscerti. Per questo ti invito ad ascoltare con cautela. È sempre meglio conoscere chi dà consigli e chi li riceve. E poi chi ha detto che tu non possa dare suggerimenti utili a me? Ascoltare con cautela, però, non vuol dire assumere un preconcetto atteggiamento diffidente e ostile: “Cosa vuoi che sappia di me questo signore di altri tempi? Adesso mi molla la solita predica che non mi serve a nulla…” Certo, rispetto ai tuoi genitori, ai tuoi amici, ai tuoi insegnanti, io parto svantaggiato. Non conoscendoti, sono costretto a rimanere sulle generali e quindi a non tenere conto di te come individuo, con una storia personale tua e soltanto tua. Un vantaggio però l’ho anche io: proprio perché non ti conosco non posso avere nei tuoi confronti alcun pregiudizio. Ho invece di certo qualche pregiudizio sui ragazzi e sulle ragazze che si affacciano all’adolescenza. Ricordo ad esempio quello che è successo a me quando avevo la tua età o ai tanti ragazzi che ho frequentato e conosciuto fino ad oggi, e poi… ho anche letto e studiato molto su questo argomento. Bene, tutti i miei ricordi, tutte le mie esperienze, tutto il mio sapere non varranno nulla se non terranno conto di te come individuo in carne e ossa, di te che hai tanti punti in comune con me e con gli altri esseri umani, ma hai anche una storia tua e solo tua. Non è opportuno, dunque, che io mi limiti a dirti:“Poiché a me, alla tua età, è successo questo e quest’altro, anche a te accadrà altrettanto”. È possibile ma è tutt’altro che certo. Ti suggerisco quindi di ascoltare le storie che ti raccontano gli adulti sulle loro esperienze di adolescenti: c’è sempre da imparare a co-
noscere il passato. Ma il presente e il futuro ti appartengono e tu non sei un ‘replicante’. Stai piano piano acquistando una tua identità, una conquista difficile che va perfezionata per tutta la vita. Per farla breve, se ne hai voglia ascoltami, confronta le mie parole con quello che la vita ti ha già insegnato e con le parole e i fatti delle persone di cui ti fidi, ma non perderti mai di vista. Ascoltati. Oggi forse sentirai dentro di te spinte confuse e contrastanti, desideri di ogni sorta, paura di agire, di essere mal giudicato, di non essere apprezzato. Capita a tutti, credimi, anche se alcuni non lo danno a vedere. Si impara a nuotare entrando in acqua, se possibile con buoni maestri. All’inizio c’è un po’ di paura ma poi farai come hanno fatto tanti prima di te: proverai e ci riuscirai. Una cosa è certa: non puoi imparare a nuotare standotene dentro la vasca da bagno di casa. Dovrai vincere i tuoi timori, trovare un buon maestro o una buona maestra, metterti in un gruppo di ragazzi della tua età, esporti al confronto, non avvilirti se altri imparano prima e meglio di te e, come ho detto prima, non perderti mai di vista. Ti interessa imparare a nuotare? Ti piace? Se a queste domande rispondi ‘sì’, allora prima o poi gli ostacoli saranno superati. Se non trovi un tuo ‘perché’ nelle cose che fai, tutto ti sembrerà più difficile di quanto sia in realtà. Non è opportuno, ad esempio, avviarti in un itinerario di studi solo perché altri vogliono che così tu faccia. Se questi ‘altri’ sono persone che ami e stimi, farai bene a tener conto dei loro consigli e a capire le loro ragioni. Ma ora hai un’età in cui è possibile parlare di responsabilità individuale. ‘Responsabilità’ non è una brutta e pesante parola, ma il segno che tu ti stai appropriando della tua vita e diventi sempre di più l’autore o l’autrice della tua storia. Ti sto indicando una via difficile. Quella più fa-
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cile è vivere da pappagalli, da servi o da ladri. Siccome crescere e vivere è difficile, ci espone a delusioni e sconfitte, noi prendiamo la scorciatoia: ci mettiamo al servizio di qualcuno che viva al posto nostro oppure ci prendiamo quello che vogliamo, almeno finché qualcuno o qualcosa non ce lo impedirà. Questo vuol dire rinunciare a vivere, se per vita intendiamo pensare e agire in modo da potere essere orgogliosi di ciò che abbiamo conquistato con fatica. In questo mondo, nulla di ciò che vale e dura si conquista e si conserva senza fatica. Questa via difficile può essere resa meno ardua se farai in modo di circondarti di persone che ti amino e ti rispettino, sincere, capaci di criticarti e dirti ‘no’ quando è necessario, che amino la vita, che abbiano ideali, siano capaci di sognare, di fare progetti. Le puoi trovare in casa, tra gli amici, a scuola. Ce ne sono più di quanto di solito si pensi. Ma per farti accettare non accettare mai quello che per te è inaccettabile. Sembra un gioco di parole, ma almeno è facile da ricordare. Per te, ad esempio, è importante fare parte di un gruppo di coetanei. Il gruppo è di grande aiuto alla tua età, ma più del gruppo contano alcuni amici che ne fanno parte e più di loro conta ciò che, dentro di te, senti come giusto o sbagliato. Non consentire mai che il gruppo decida per te contro i tuoi principi, i tuoi ideali, i tuoi sentimenti. Ascolta le ragioni degli amici, discuti, ma alla fine, se ti sembra il caso, prenditi la responsabilità di essere in disaccordo. Per conquistare una propria identità, ogni tanto c’è qualche prezzo da pagare, ma ne vale la pena. Non accelerare i tempi del tuo sviluppo. Ognuno cresce con ritmi e tempi suoi che
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vanno rispettati per non 'fondere il motore’. Nessuna fretta di crescere. Se qualcuno della tua stessa età ti sembra più svelto o lento di te, non c’è alcuna necessità di imitarlo se questo ti espone al rischio di diventare goffo/a, un vero e proprio pesce fuor d’acqua. Non mascherarti: hai diritto ad essere giovane e non c’è alcuna necessità né utilità nel ‘fare’ gli adulti. Guardati attorno e vedrai molti adulti mascherati: fingono di essere quello che vorrebbero essere e non sono. Non è un bel modo di vivere: si ha sempre paura che qualcuno un giorno o l’altro ci smascheri, che dica: “Il re è nudo!”. Un filosofo ha scritto che i ragazzi di oggi hanno una vita garantita da mille sicurezze e quindi non l’apprezzano a sufficienza né hanno rispetto per la vita degli altri. Non so se questo è il caso tuo ma di sicuro il discorso vale per molti ragazzi e ragazze dei Paesi più industrializzati. In ogni caso, condivido l’opinione che la vita che ci è stata data, dobbiamo guadagnarcela in proprio, farla diventare nostra, voluta da noi. È come una seconda nascita: nella prima noi non abbiamo scelto, abbiamo ricevuto. Nella seconda nascita tocca a noi mettere un segno personale sulla vita, darle un senso nostro. A questo mi riferivo quando, poco fa, ti dicevo che alla tua età si comincia a diventare autori della propria storia. Non è facile. Tra successi e fallimenti si ha spesso l’impressione che la storia ce la scrivano gli altri. In buona parte è vero, ma non indugiamo troppo nelle lamentele, nell’autocommiserazione e nella ricerca di alibi. Molti uomini e donne prima di noi hanno lottato una vita, in condizioni difficilissime, per essere almeno in parte autori e non semplici attori di un copione scritto da altri. Ne vale la pena, perché noi ci affezioniamo a tutto ciò che è diventato prezioso grazie al nostro lavoro, al nostro impegno, al nostro amore. Dando un senso alla nostra vita, riusciremo non soltanto ad amarla ma a farla amare a molte persone con le quali entreremo in contatto. Tutto questo è facile da dire ma difficile da realizzare. Alla tua età, l’ho già detto, l’obiettivo principale è la ricerca dell’identità. Ma quali sono questi comportamenti che rivelano la ricerca dell’identità? Più o meno li conosci già. Ti ricordo che si tratta di comportamenti normali nell’adolescenza ma, come tutti i comportamenti, diventano rischiosi solo quando diventano rigidi, ripetitivi,
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2019; 2,2.
usati per distruggere e far male a noi stessi e agli altri. Eccone alcuni nella sintesi che ne abbiamo fatto io e altri psicologi. Il proibito. I ragazzi spesso credono che apparire più ‘grandi’ di quello che si è li renda più accettabili e accettati. È così che cominciano ad adottare comportamenti adulti o almeno quelli che credono siano i comportamenti adulti: fumano, bevono, usano un linguaggio greve, si avvicinano a droghe cosiddette leggere, cercano precoci rapporti sessuali. Per quanto riguarda alcune di queste ‘imitazioni dell’adulto’ (ma chi l’ha detto che questo vuol dire essere adulti?), spero che tu sia già abbastanza informato/a dei pericoli gravi che possono comportare per la tua salute fisica e psichica. Se non lo sei, rivolgiti ad adulti di tua fiducia per avere tutte le informazioni alle quali hai diritto. Quanto al sesso, il consiglio è di rispettare i tuoi tempi di maturazione fisica e mentale. Ripeto: niente fretta, non è una gara in cui conta arrivare per primi. Conta invece arrivare al momento giusto, bene informati e consapevoli che il miglior sesso è frutto di una libera scelta reciproca. Diffida di chi ti mette fretta, ascolta gli adulti di cui ti fidi, non farti imporre nulla che la natura, il cuore e il cervello non segnalino come giusto e adatto alla tua età e alla tua maturazione, segnala a persone di tua fiducia se qualche adulto ti ha fatto proposte sessuali o ti ha proposto scelte malavitose. Segni di appartenenza (status symbols). Gli adolescenti cercano di affermare la loro identità attraverso il prestigio che deriva loro agli occhi dei coetanei dall’indossare certi vestiti o certi orecchini, dal possedere certi oggetti, dall’avere certi tatuaggi, piercing e da altro ancora. Questi simboli aiutano gli adolescenti a formare la loro identità segnalando la loro appartenenza a gruppi specifici e a marcare la loro differenza rispetto agli adulti. Hai già notato che anche molti adulti hanno una vera passione per gli status symbols (auto, moto, oggetti costosi…) e che, malgrado questo, non risparmiano critiche aspre nei tuoi confronti. Ci vuole un po’ di ironia e di autoironia per sopportarli ma anche per non prenderci troppo sul serio fino a confondere la maschera con l’essere umano dietro di essa. Ribellione. Sapere dire di ‘no’ è una grande conquista dell’essere umano. Alla tua età talvolta se ne abusa e, come già sai per esperienza, l’ambiente reagisce contrattaccando. L’insofferenza e la ribellione hanno comunque
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una loro ragione per farsi sentire, dato che alla tua età emergono spinte a differenziarsi dai genitori o da altre ‘figure di autorità’ e a farsi invece accettare dal gruppo dei coetanei. Bisogna ricordare che non si cresce soltanto attraverso ‘guerre di indipendenza’ e che quegli adulti che oggi sono capaci di dirvi di ‘no’ senza per questo farvi sentire in galera non sono dei nemici, ma spesso i vostri migliori amici. Gli idoli. Non è raro alla tua età crearsi dei ‘modelli di vita’ ispirati a persone celebri o comunque per te importanti e ammirate. Quando eri bambino/a, forse ti bastavano i modelli che trovavi in famiglia. Se però l’ammirazione per i tuoi idoli arriva fino a cercare di scimmiottarli, puoi perdere di vista il percorso per raggiungere la tua stessa identità e metterti in panni che non sono tuoi. Ricordati che non è bene che altri scrivano la tua storia e che creare è più difficile che copiare ma anche immensamente più soddisfacente. Per concludere, voglio metterti a parte di un segreto che potrà esserti molto utile oggi e per tutta la vita. Io ho imparato che ogni obiettivo è più facilmente realizzabile se ci ricordiamo che non siamo soli. Per non essere soli, credo che lo hai già imparato, non basta stare in mezzo alla ‘gente’, nel frastuono, nel mucchio. No, occorre la vicinanza di persone molto speciali, quelle che sono capaci di ascoltarti, che hanno piacere se tu hai successo, che ti aiutano quando sei in difficoltà senza chiederti nulla in cambio. Forse ne hai già trovate nella tua vita, ma se così non fosse non arrenderti. Da qualche parte ci sono e ti aspettano, anche loro hanno bisogno di te. Forse sono lì a portata di mano, in famiglia, a scuola, nel tuo gruppo. Ma ‘non essere soli’ ha anche un altro significato ed è questo il segreto di cui ti parlavo: ogni volta che puoi aiuta chi è in difficoltà. Non basta non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te, come ha detto Qualcuno molto più importante di me. Occorre anche fare quello che vorresti fosse fatto a te. Aiutare chi soffre, chi è umiliato, chi è in difficoltà, non ha soltanto un evidente valore di per sé, ma ti aiuterà a superare le tue stesse difficoltà, a non indulgere nel vittimismo, nell’autocommiserazione, nella sterile protesta. Testo tratto da un intervento al Liceo Einstein di Milano, nel corso del convegno “Adolescenti tra soma e psiche” organizzato da Laboratorio Adolescenza.
DICONO DI NOI
CHE COSA NE PENSA EINSTEIN A cura della redazione di Scripta Restant, giornale del Liceo Einstein di Milano Sara Caneri, Ylenia Genovese, Adelina Marcu, Carolina Sole Panella, Giuseppe Reschigna
È
così difficile parlare con i giovani?
stimiamo (con buona probabilità sarà uno dei nostri parenti), che ci faccia affrontare i pasticci in cui ci siamo cacciati, o le problematiche che sbucano vivendo giorno per giorno su questo pianeta. Questa persona è quella decisiva, che ci sta vicino anche quando ci sembra di rimanere soli. Ma prendiamo un esempio concreto: la classe. A noi sembra di vivere, spesso e volentieri, in un ambiente fortemente infantile, in cui ognuno agisce in virtù del proprio fine e utilizza i mezzi più convenienti ad esso. Per dirla alla verghiana, la filosofia che è perseguita è quella del soverchiamento dell’altro e della ricerca, il più delle volte, di un guadagno. La classe è come una giungla in cui vengono i professori a cacciare chi è presente. Dove occorre o mimetizzarsi, seppellendo la testa nei quaderni con lo scopo di sfuggire dall’occhio predatore, o sfuggire al proprio dovere (e diritto, per chi se lo fosse dimenticato). A voi la scelta. Ci sarebbe molto da dire, sul ruolo dell’adolescente che fa sempre la parte del Bastian Contrario”, che ci suggerisce di opporci senza un’apparente ragione, ai comandi e/o consigli dei nostri genitori. Abbiamo notato che spesso si traduce in uno stile di vita eccentrico, in una ribellione che porta a crocefissi tatuati o incastonati con piercing sulla pelle o, in alternativa, a gusti musicali piuttosto“ singolari. Come la trap, per esempio, genere musicale nato in strada” che è un connubio tra il rap ed il trash, che non neghiamo possa essere anche dal punto di vista del ritmo un qualcosa di orecchiabile, ma i cui testi lasciano parecchio a desiderare. In conclusione, ascoltiamo anche quando non sembra e in base a quello che comprendiamo decidiamo cosa fare tenendo conto anche dell’opinione degli altri, siamo perennemente compromessi e ossessionati. Fatichiamo a chiedere aiuto, ma quando lo riceviamo ci aspettiamo non il solito discorso sui luoghi comuni della serie voi adolescenti siete sempre così e cosà”, ma la testimonianza di chi ora ha una visione lucida del proprio passato e che non si lascia andare ad immedesimarsi troppo. Purtroppo, ci tocca ammettere, che il malessere generale e l’autocommiserazione regnano sovrani quando si parla di ragazzi nel pieno vortice del secondo decennio di vita, ma riteniamo sia importante distinguere dalla maturità di capire di avere un problema, dalla quale deriva l’altrettanto fondamentale volontà di risolverlo. Questa distinzione forse aiuterebbe la maggior parte delle persone che si crogiolano nel sentimento della depressione ad aprirsi alla possibilità di avere una via di uscita e di dialogo.
Noi riteniamo di sì. Dialoghiamo continuamente con adulti che credono di conoscere a fondo la natura dell’adolescente, senza ricordarsi il labirinto in cui vaghiamo per trovare noi stessi durante questa fase della vita. Ascoltiamo chi con tono retorico ci spiega le reazioni chimiche ormonali, che ci spingono a scegliere un tipo di musica da ascoltare piuttosto che un altro, mentre noi riteniamo sia solo una questione di trasporto del momento. Insomma, tendiamo le orecchie ai retori che non concludono mai niente. Eppure“ non ne possiamo fare a meno. L’altro più grande” è comunque un punto di riferimento da cui è quasi impossibile scostarsi, soprattutto se incarna la persona che vorremmo diventare in futuro. Prendiamo spunto e ci appuntiamo quella caratteristica che ci garba maggiormente e la replichiamo per avvicinarci all’Olimpo delle persone stabili, senza le fisime e le turbe che sentiamo di avere. Come direbbe Sartre, cerchiamo chi impersona chi vorremmo diventare e con questa spinta ci proiettiamo altrettanto in avanti impiegando tutte le nostre forze. Tuttavia, ci sono altrettante figure più piccole”, ovvero i nostri coetanei, che ugualmente ci mostrano dei binari da percorrere e che nell’attualità delle cose (e quindi non in vista del domani prossimo) ci paiono essere i comportamenti migliori. Come biasimarci! Con costoro, nel migliore o peggiore dei casi (dipende dai punti di vista), passiamo insieme dalle 25 alle 31 ore settimanali e spesso ci comportiamo in base alla convenienza. Col bulletto di periferia ci comportiamo nello stesso modo, dovendo proteggerci e confonderci, mentre con altri, ad esempio con gli estranei, stiamo più attenti alle parole che usiamo per fare bella figura alla prima impressione. Dobbiamo essere più lesti di un camaleonte e più furbi di un Mattia Pascal (personaggio letterario sempre in evoluzione, che migra da un’identità all’altra ad ogni battito di ciglia). Affrontiamo ogni giorno incontrando ogni persona in modo diverso, abbandonando, in parte, il nido, per affacciarci in una corrente di altri esseri umani con altre indoli differenti dalle nostre. Ciò non significa circondarsi di chi non sopportiamo, ma adattarsi alle evenienze, cercando, però, di non sorpassare la linea dell’ipocrisia e rimanendo fedeli e coerenti rispetto a quello che crediamo (o ci hanno insegnato essere) giusto. Ed è qui che spesso smarriamo la nostra strada”. Come Virgilio per Dante, in queste occasioni, abbiamo bisogno di un altro” forte e che
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