Vol. 8 - n. 2 - 2017
EUROPEAN JOURNAL of ACNE and
RELATED DISEASES
ISSN 2239-0634
SPEC IA ON T L SECT ATTO ION OS
EDITOR in CHIEF
Periodico quadrimestrale - Spedizione posta creative autorizzazione LO/2929/2008 - Milano In caso di mancata consegna restituire al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa.
Pietro Cazzola
CO-EDITORS
Gabriella Fabbrocini Giuseppe Micali Giuseppe Monfrecola
AUTHORS C. Alfaro A. Alikhan P. Antonioli H. E. Baldwin M. Barbareschi M. Bellosta V. Bettoli D. S. Berson R. Bhushan K. M. Boyer W. P. Bowe
S. M. Cammarata P. Cazzola D. Coppola P. Delbon A. Di Pietro N. C. Dolan L. Drago E. M. Graber J. C. Harper S. Kang J. E. Keri
J. J. Leyden M. Libanore A. L. Pathy C. Pelfini S. Petraglia C. Pravettoni R . V. Reynolds R. R ossi A. A. Sagan B. J. Schlosser N. B. Silverberg
N. Skroza L. F. Stein Gold M. Stern W. Suzzi L. Tarallo M. M. Tollefson S. Veraldi A. Virgili J. S. Weiss A. L. Zaenglein
Volume 8, Number 2/2017
EUROPEAN JOURNAL OF ACNE AND RELATED DISEASES
Sempre con l’obiettivo di rappresentare lo strumento di riferimento per l’aggiornamento sull’acne, un’affezione troppo spesso gestita con modalità “fai da te”, in questo fascicolo vengono proposte le Linee Guida per la cura dell’acne dell’American Academy of Dermatology (AAD) redatte nel 2016 e tuttora in vigore. Pietro Cazzola Dal momento che l’articolo originale è “open access” abbiamo utilizzato un QR code che rimanda alla pagina web dell’AAD dove poter scaricare gratuitamente il PDF. Abbiamo inoltre riprodotto la posizione di eminenti dermatologi italiani sulla terapia antibiotica dell’acne, ritenendo utile diffondere il loro pensiero sulla modalità di trattamento di questa affezione molto comune soprattutto tra gli adolescenti. A proposito di quest’ultimi, è stata realizzata una sezione speciale sui tatuaggi in cui vengono prese in esame le possibili complicanze e la normativa italiana che regola questa pratica. Analogamente a quanto già esposto nel precedente fascicolo, ci fa piacere allargare la nostra famiglia: pertanto invitiamo tutti coloro che volessero collaborare con l’EJA a prendere contatto con noi ed inviarci articoli per a rendere la Rivista sempre più uptodate e utile sia agli specialisti sia ai medici di Medicina generale.
Pietro Cazzola
European Journal of Acne and Related Diseases Volume 8, Number 2/2017
Volume 3,
EUROPEAN JOURNAL OF ACNE AND RELATED DISEASES
Content
Editor-in-Chief Pietro Cazzola Milano
Co-Editors
Guidelines of care for the management of acne vulgaris
Gabriella Fabbrocini Napoli Giuseppe Micali Catania Giuseppe Monfrecola Napoli
pag 35
Andrea L. Zaenglein, Arun L. Pathy, Bethanee J. Schlosser, et al.
Acne, terapia antibiotica e antibiotico-resistenza: la posizione dei dermatologi italiani
pag 37
Bettoli V, Antonioli P, Barbareschi M, et al.
ESMO, presentati i primi dati per il trattamento adiuvante del melanoma
pag 41
Werner Suzzi
Tattoos section Note sinottiche sui tatuaggi
pag 43
Pietro Cazzola
Tatuaggi: una passione non scevra da rischi
pag 47
Carlo Alfaro, Daniela Coppola, Luigi Tarallo
Manipolazioni del corpo in età adolescenziale: piercing e tatuaggio
pag 53
Paola Delbon
Novità sul tatuaggio dalla letteratura scientifica internazionale
pag 62
PubMed
Editorial Staff Direttore Responsabile: Pietro Cazzola Grafica e Impaginazione: Cinzia Levati Consulenza grafica: Piero Merlini Registr. Tribunale di Milano n. 296 del 01/06/2011. Scripta Manent s.n.c. Via M. Gioia, 41/A - 20124 Milano Tel. 0266989411/0270608060 E-mail: scriman@tin.it Abbonamento annuale (3 numeri) Euro 50,00 Pagamento: conto corrente bancario IBAN IT23K0200801749000100472830 intestato a: Edizioni Scripta Manent s.n.c., via M. Gioia 41/A - 20124 Milano Stampa: Lalitotipo s.r.l., Settimo Milanese (MI)
Socio fondatore: Armando Mazzù†
Direttore Scientifico: Donatella Tedeschi Direttore Marketing: Antonio Di Maio Responsabile Amministrazione: Cristina Brambilla È vietata la riproduzione totale o parziale, con qualsiasi mezzo, di articoli, illustrazioni e fotografie senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. L’Editore non risponde dell’opinione espressa dagli Autori degli articoli. Ai sensi della legge 675/96 è possibile in qualsiasi momento opporsi all’invio della rivista comunicando per iscritto la propria decisione a: Edizioni Scripta Manent s.n.c. Via M. Gioia, 41/A - 20124 Milano
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European Journal of Acne and Related Diseases Volume 8, n. 2, 2017
Andrea L. Zaenglein, MD (Co-Chair), a Arun L. Pathy, MD (Co-Chair), b Bethanee J. Schlosser, MD, PhD, c Ali Alikhan, MD, d Hilary E. Baldwin, MD, e Diane S. Berson, MD, f, g Whitney P. Bowe, MD, e Emmy M. Graber, MD, h, i Julie C. Harper, MD, j Sewon Kang, MD, k Jonette E. Keri, MD, PhD, l, m James J. Leyden, MD, n Rachel V. Reynolds, MD, o, p Nanette B. Silverberg, MD, q, r Linda F. Stein Gold, MD, s Megha M. Tollefson, MD, t Jonathan S. Weiss, MD, u Nancy C. Dolan, MD, c Andrew A. Sagan, MD, v Mackenzie Stern, c Kevin M. Boyer, MPH, w and Reva Bhushan, MA, PhD Penn State Hershey Medical Center, a Hershey; Kaiser Permanente,b Centennial; Northwestern Universityc and Swedish Covenant Hospital, v Chicago; University of Cincinnati, d Cincinnati; SUNY Down State Medical CentereBrooklyn, e Weill Cornell Medical College, f New York Presbyterian Hospital, g Mount Sinai Health SystemeBeth Israel, q and St. Lukes- Roosevelt, r New York; Boston University School of Medicine,h Boston Medical Center, i Harvard Medical Faculty Physicians, o and Beth Israel Deaconess Medical Center, p Boston; University of Alabama-Birmingham, j Birmingham; Johns Hopkins Medicine, k Baltimore; University of Miami Health Systeml and Miami VA Hospital, m Miami; Penn Medicine, n Philadelphia; Henry Ford Health System, s Detroit; Mayo Clinic/Mayo Medical School, t Rochester; Emory University School of Medicine, u Atlanta; and the American Academy of Dermatology, w Schaumburg.
FROM THE AMERICAN ACADEMY OF DERMATOLOGY
Guidelines of care for the management of acne vulgaris SUMMARY Acne is one of the most common disorders treated by dermatologists and other health care providers. While it most often affects adolescents, it is not uncommon in adults and can also be seen in children. This evidencebased guideline addresses important clinical questions
that arise in its management. Issues from grading of acne to the topical and systemic management of the disease are reviewed. Suggestions on use are provided based on available evidence (J Am Acad Dermatol 2016; 74:945-73.).
Key words: acne; acne management; acne vulgaris; amoxicillin; antiandrogens; azithromycin; benzoyl peroxide; clindamycin; contraceptive agents; diet and acne; doxycycline; erythromycin; grading and classification of acne; guidelines; hormonal therapy; isotretinoin; light therapies; microbiological and endocrine testing; oral corticosteroids; Propionibacterium acnes; retinoids; salicylic; spironolactone; systemic therapies; tetracyclines; topical antibiotics; trimethoprim.
Open access article available at
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Bettoli V (Ferrara), Antonioli P* (Ferrara), Barbareschi M (Milano), Bellosta M (Pavia), Cammarata S.M (Roma) ****Di Pietro A (Milano), Drago L** (Milano), Libanore M*** (Ferrara), Pelfini C (Pavia), Petraglia S (Roma) **** Pravettoni C (Milano), Rossi R** (Ferrara), Skroza N (Roma), Veraldi S (Milano), Virgili A (Ferrara). *Direzione Sanitaria ** Microbiologo ***Infettivologo ****AIF I presenti in rappresentanza di: Associazione Dermatologi Ospedalieri Italiani (ADOI), Società Italiana di Dermatologia e Malattie a Trasmissione Sessuale (SIDeMaST), Associazione Italiana Dermatologi Ambulatoriali (AIDA), Società Italiana di Dermatologia Plastica (ISPLAD), Italian Acne Board (IAB), Donne Dermatologhe Italiane (DDI).
Acne, terapia antibiotica e antibiotico-resistenza: la posizione dei dermatologi italiani Lo sviluppo di resistenza dei batteri agli antibiotici è un problema che nasce parallelamente all’utilizzo degli antibiotici stessi. In tutti i paesi del mondo, da vari anni, si osserva un suo preoccupante crescendo. Il numero di infezioni batteriche causa di decesso o di rilevante e prolungata inabilità, come conseguenza dello sviluppo di resistenza batterica agli antibiotici, ha raggiunto livelli tali da allarmare le autorità sanitarie a livello internazionale. Basti pensare come la WHO, nel marzo 2015, ha reso pubblico il draft del “global actionplan on antimicrobial resistance” (1), da cui chiaramente si evince la necessità che tutti i paesi sviluppino in tempi rapidi actionplans in linea con quello della WHO. I batteri, sottoposti alla pressione selettiva esercitata dagli antibiotici, rispondono sviluppando modalità di resistenza che riducono, in modo più o meno marcato, l’efficacia terapeutica dell’antibiotico stesso. Sviluppare resistenza ad un antibiotico è, per il batterio, una reazione naturale di sopravvivenza e di adattamento ad una situazione ambientale mutata per la presenza del farmaco: si tratta quindi di un processo fisiologico e prevedibile. Gli aspetti più significativi di questo evento biologico sono: rapidità di sviluppo, entità (percentuale di ceppi batterici che diventa insensibile all’antibiotico), durata della sopravvivenza dei ceppi divenuti resistenti (la resistenza può essere reversibile), ma soprattutto rilevanza clinica dell’evento, cioè quanto questo possa influire sull’induzione di infezioni batteriche. Entrando nel merito della problematica in ambito dermatologico, l’acne può essere considerata una dermatite infiammatoria che si sviluppa a livello dei follicoli pilo-sebacei e che si presenta clinicamente con comedoni, papule, pustole, noduli e cicatrici diffuse al volto, torace, dorso e spalle di individui di tutte le età, ma con ampia prevalenza nell’adolescenza. Nel determinismo della dermatite intervengono numerosi fattori, tra i quali un batterio Gram-positivo, anaerobio-facoltativo, chiamato Propionibacterium Acnes (P. acnes). Questo batterio, che vive nei follicoli pilo-sebacei e sulla cute di tutti gli esseri umani, abitualmente come commensale, induce nei pazienti acneici processi infiammatori che portano allo sviluppo delle lesioni sopra descritte. È importante però sottolineare come l’acne, pur avendo tra i vari fattori eziopatogenetici anche questo batterio, non sia una malattia infettiva bensì una dermatite infiammatoria. Tra le varie opzioni terapeutiche nell’acne, compaiono anche gli antibiotici. L’obiettivo prioritario di un trattamento antibiotico nell’acne, sia topico che sistemico, è la riduzione della carica di P. acnes, anche se a questi farmaci è riconosciuto in aggiunta un effetto antiinfiammatorio. Tra gli antibiotici per uso topico vanno ricordati il benzoile perossido, la clindamicina, che è considerata ad oggi
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il trattamento più utilizzato e l’eritromicina, che ha visto ridursi progressivamente, nel corso degli anni, la sua efficacia (2). Tra gli antibiotici sistemici, invece, la prima scelta è costituita dalla categoria delle tetracicline, come doxiciclina, limeciclina, metaciclina e minociclina, mentre i macrolidi sono utilizzati solo nei casi in cui, per motivi vari, le tetracicline sono controindicate. Le Linee Guida internazionali suggeriscono una durata massima del trattamento antibiotico di tre mesi e la sospensione anticipata a 6-8 settimane nel caso in cui non si ottengano i risultati attesi (3, 4). Il punto focale del problema della resistenza batterica all’antibiotico nell’acne è però correlato al fatto che una evoluzione può comportare una ridotta risposta terapeutica del batterio nei confronti del quale si è instaurata la terapia (P. acnes nel caso dell’acne) e/o l’induzione di resistenza in batteri diversi dal P. acnes, (es. Stafilococchi e Streptococchi), sia per un loro contatto diretto con l’antibiotico sia per acquisizione di materiale genetico proveniente dal P. acnes, ed eventuali infezioni indotte da questi ultimi. Per analizzare nel dettaglio gli aspetti pratici che correlano la terapia antibiotica nell’acne ed il problema dell’antibiotico-resistenza è necessario considerare separatamente: 1) Rapporti tra P. acnes ed acne: in un paziente acneico l’utilizzo di un antibiotico, al quale un numero significativo di ceppi di P. acnes è resistente, può indurre una riduzione dell’effetto terapeutico. 2) Infezioni sistemiche indotte da P. acnes: il P. acnes, in casi particolari, quali ad esempio pazienti immunodepressi che utilizzano dispositivi intracardiaci o devices vascolari, oppure sottoposti a chirurgia protesica, si può comportare come patogeno occasionale causando infezioni, sia locali che sistemiche, talvolta gravi e potenzialmente fatali. P. acnes può al tempo stesso essere implicato anche in osteomieliti, artriti, spondilodisciti ed infezioni protesiche. Per trattare questi casi gli antibiotici di scelta sono β–lattamine, fluorchinolonici, rifampicina, glicopeptidi, oxazolidindioni e lipopeptidi, diversi quindi da quelli prescritti solitamente per l’acne. Ne consegue che un’eventuale resistenza acquisita da P. acnes agli antibiotici utilizzati nell’acne, in particolare le tetracicline, non sembra compromettere il risultato terapeutico in tali infezioni sistemiche. 3) Rapporti tra antibiotico, P. acnes ed altri batteri (non P. acnes): modifica della carica batterica e induzione di resistenza. Quando si utilizza l’antibiotico per l’acne, inevitabilmente questo viene a contatto con batteri diversi da P. acnes presenti sulla superficie cutanea e/o all’interno del corpo umano (es. cavità nasale ed orale, tratto gastro-intestinale). Gli antibiotici topici agiscono sulla flora batterica presente nell’area di applicazione e nelle vicinanze, mentre i sistemici possono venire a contatto con qualsiasi batterio presente nel corpo. È dimostrato come un trattamento antibiotico per l’acne possa modificare la carica batterica e la sensibilità antibiotica di batteri quali stafilococchi (aureo e coagulasi negativi), streptococchi (beta-emolitico gruppo A, pneumoniae, viridanti) e batteri della flora intestinale. Tuttavia, i dati a supporto di questo non sempreconcordano. Sono inoltre disponibili altri dati che dimostrano come l’acquisizione di resistenza batterica all’antibiotico sia un fenomeno potenzialmente reversibile. 4) Correlazione tra antibiotici nell’acne, antibiotico-resistenza ed eventuale incremento del rischio infettivo (non da P. acnes). Non sono disponibili dati certi a dimostrazione del fatto che i pazienti acneici, trattati con antibiotici topici o sistemici, manifestino infezioni batteriche (non da P. acnes) più frequentemente di soggetti acneici non trattati con antibiotici o di soggetti non acneici. Si deve inoltre tenere conto delle caratteristiche epidemiologiche della popolazione acneica: soggetti di giovane età, spesso privi di comorbidità di accompagnamento o di condizioni di rischio infettivo. Non vi sono a tutt’oggi studi che documentino con certezza un’aumentata incidenza di infezioni nei vari distretti corporei. Tra le infezioni batteriche di più frequente osservazione nell’uomo si ritrovano le infezioni delle alte e basse vie respiratorie, quelle complicate di cute e tessuti molli, delle vie urinarie ecc. Le Linee Guida terapeutiche di queste infezioni contemplano come prime scelte: β–lattamine, fluorchinoloni, macrolidi, furantoina e cotrimossazolo. Tutti antimicrobici, ad eccezione dei macrolidi, che non trovano indicazione nel trattamento antibatterico dell’acne. Alla luce di quanto sopra, dei dati disponibili, dei possibili effetti collaterali correlati all’impiego dei farmaci
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potenziali sostituti e dei benefici che notoriamente si possono osservare con gli antibiotici nell’acne, si ritiene che, al momento, non sia giustificato sospenderne l’utilizzo. In ogni caso, per ottenere dalla terapia antimicrobica gli effetti clinici più soddisfacenti e ridurre al minimo il rischio di effetti indesiderati, come suggerito dalle linee guida internazionali, è ragionevole rispettare le seguenti norme prescrittive: 1) Evitare l’uso dell’antibiotico, sia topico che sistemico, in monoterapia; 2) Combinare un retinoide topico, base della terapia antiacne, con l’antimicrobico; 3) Associare anche il benzoile perossido per il suo effetto antimicrobico e per la capacità di non favorire antibiotico resistenza; 4) Utilizzare l’antibiotico per una durata preferibilmente non superiore ai 3 mesi; 5) Evitare preferibilmente l’uso combinato di antibiotico topico e sistemico; 6) Valutare l’andamento clinico dopo 6-8 settimane di terapia. In caso di assenza di risposta clinica sospendere l’antibiotico e passare ad un altro trattamento. Nel caso in cui si fosse già ottenuta la scomparsa dell’acne si consiglia il passaggio alla terapia di mantenimento; 7) Considerare, come terapia di mantenimento, il retinoide topico ed associare il benzoile perossido quando si ritenga necessario, evitando invece l’uso dell’antibiotico.
Bibliografia 1. WHO- Antimicrobial resistance - Draft global action plan on antimicrobial resistance Marzo 2015. 2. Simonart T, Dramaix M. Treatment of acne with topical antibiotics: lessons from clinical studies. Br J Dermatol. 2005; 153(2):395-403. Review. 3. Nast A, Dréno B, Bettoli V, et al. European Dermatology Forum. European evidence-based (S3) guidelines for the treatment of acne. J Eur Acad Dermatol Venereol. 2012; 26 Suppl 1:1-29. 4. Dreno B, Thiboutot D, Gollnick H, et al. Global Alliance to Improve Outcomes in Acne. Antibiotic stewardship in dermatology: limiting antibiotic use in acne. Eur J Dermatol. 2014; 24(3):330-4. Review.
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DAI CONGRESSI ESMO, presentati i primi dati per il trattamento adiuvante del melanoma Werner Suzzi Comunicazione Roche.
Importanti risultati presentati nel Presidential Symposium del congresso dell’European Society of Medical Oncology (ESMO) per tutti i pazienti con melanoma positivo alla mutazione BRAF-V600. Illustrati i dati delo studio di fase III, BRIM8, disegnato per esaminare l’efficacia e la sicurezza della terapia personalizzata con vemurafenib, nel trattamento adiuvante (dopo intervento chirurgico) dei pazienti con melanoma positivo per la mutazione resecato in toto (ovvero completamente eliminato dall’intervento operatorio). Madrid, 11 settembre 2017 Lo studio ha valutato due coorti composte da pazienti con melanoma rispettivamente in stadio IIC-IIIB (coorte 1) e in stadio IIIC (coorte 2). Nei pazienti affetti da melanoma in stadio IIIC (coorte 2), lo studio non ha soddisfatto l’endpoint primario, che aveva come obiettivo la riduzione in misura significativa del rischio di recidiva (sopravvivenza libera da malattia; DFS). Nei pazienti in stadio IIC-IIIB (coorte 1) è stata registrata una riduzione del rischio di recidiva del 46%. Il profilo di sicurezza è risultato compatibile con quello osservato negli studi precedenti condotti su vemurafenib nel melanoma avanzato. • I pazienti della coorte 2 trattati con vemurafenib hanno evidenziato una DFS mediana pari a 23,1 mesi, contro i 15,4 mesi osservati con il placebo (HR = 0,80; IC al 95% 0,54-1,18, p = 0,2598). • Per quanto riguarda i pazienti della coorte 1, quelli trattati con vemurafenib non hanno ancora raggiunto la DFS mediana a dimostrazione dell’efficacia del farmaco, mentre quest’ultima si è attestata a 36,9 mesi con il placebo (HR = 0,54; IC al 95% 0,37-0,79). Per via del disegno statistico predefinito dello studio, i risultati della coorte 1 non possono essere analizzati formalmente per la significatività. “Anche se i risultati ottenuti nei pazienti con melanoma in stadio IIIC non sono stati quelli sperati, la riduzione del rischio di recidiva ottenuta nei soggetti con malattia in stadio IIC-IIIB è incoraggiante e suggerisce che vemurafenib potrebbe svolgere un ruolo importante in un contesto precoce di malattia”, ha dichiarato Sandra Horning, MD, Chief Medical Officer e Head of Global Product Development di Roche. “Al momento stiamo valutando in modo approfondito i dati integrali dello studio e abbiamo in programma di discuterli con le autorità sanitarie internazionali”.
BRIM8 Il BRIM8 è uno studio di Fase III multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, a due coorti e controllato con placebo, disegnato per esaminare il profilo di efficacia e sicurezza di vemurafenib per il trattamento adiuvante dei pazienti con melanoma positivo per la mutazione di BRAF V600 resecato in toto ed esposti ad un alto riscontinua →
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chio di recidiva. L’endpoint primario era la sopravvivenza libera da malattia (disease free survival -DFS). Lo studio è stato valutato positivamente per la procedura di Special Protocol Assessment. Il disegno sperimentale prevedeva due coorti con un’analisi gerarchica, in base alla quale la coorte 2 doveva soddisfare l’endpoint primario prima dell’analisi della coorte 1. I soggetti della coorte 1 erano affetti da melanoma in stadio IIC, IIIA o IIIB resecato in toto, mentre quelli della coorte 2 da melanoma in stadio IIIC resecato in toto. Nello studio, 498 pazienti sono stati randomizzati al trattamento orale con vemurafenib 960 mg o placebo due volte al giorno per 52 settimane.
Il melanoma Il melanoma è meno comune ma più aggressivo e letale rispetto ad altre forme tumorali maligne della pelle (1, 2). Circa la metà dei melanomi presenta una mutazione del gene BRAF (3). Ad oggi, ogni anno il melanoma viene diagnosticato a oltre 232.000 persone in tutto il mondo (4). Negli ultimi anni sono stati compiuti progressi significativi nel trattamento del melanoma metastatico e i pazienti dispongono di maggiori opzioni terapeutiche. Questa malattia continua, tuttavia, a rappresentare un grave problema di salute che richiede delle risposte alle urgenti esigenze dei medici non ancora soddisfatte, soprattutto se si considera l’incidenza che negli ultimi trent’anni ha avuto una costante crescita (5). Werner Suzzi e-mail: werner.suzzi@roche.com
Bibliografia 1. Algazi AP, Soon CW, Daud AI. Treatment of cutaneous melanoma: current approaches and future prospects. Cancer Manag Res. 2010; 2:197-211. 2. Finn L, Markovic SN, Joseph RW. Therapy for metastatic melanoma: the past, present, and future. BMC Med. 2012; 10:23. 3. Ascierto PA, Kirkwood JM, Grob JJ, et al. The role of BRAF V600 mutation in melanoma. J Transl Med. 2012; 10:85. 4. Ferlay J, Soerjomataram I, Ervik M, et al. GLOBOCAN 2012 v1.0, Cancer Incidence and Mortality Worldwide: IARC CancerBase No. 11 [Internet]. Lyon, France: International Agency for Research on Cancer; 2013. Available from: http://globocan.iarc.fr/Pages/fact_sheets_population.aspx Last accessed September 2017.
5. Bataille V. Risk factors for melanoma development. Expert Rev Dermatol. 2009; 4:533-9.
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Pietro Cazzola Specialista in Anatomia e Istologia Patologica e Tecniche di Laboratorio.
Tattoos section
Pietro Cazzola
Note sinottiche sui tatuaggi
SUMMARY The origin of skin adornments among humans is as old as humanity itself. The tattoo has long held negative connotations, but nowdays the phenomenon has become very popular and it is often a sign for group identification and solidarity. There are five major types
of tattos: traumatic, amateur, professional, cosmetic and medical. The complications of tattooing are infections, bloodborne diseases (HBV, HCV, HIV) and hypersensitivity to pigments. The removal of tattoos is still not optimum. Treatments include excision, sialobrasion, dermabrasion, cosmetic over-tattoo and laser.
Key words: Tattoo.
Introduzione L’abbellimento della cute con ornamenti permanenti ha una storia che si perde nella notte dei tempi: alcuni tatuaggi, infatti, sono stati addirittura riscontrati sui resti dell’uomo di Similaun (risalente ad almeno 5.300 anni fa) e sulle mummie egizie (1). Nelle società tribali l’ornamento cutaneo permanente ha lo scopo di segnare indelebilmente il passaggio dall’infanzia alla vita adulta e di consentire l’identificazione del ruolo di ogni individuo all’interno del gruppo (2). Nelle società evolute l’ornamento cutaneo permanente può assumere diversi significati: diversità, trasgressione, moda, diritto di disporre del proprio corpo, appartenenza a un gruppo, ecc.
Tatuaggio La parola “tatuaggio” è un termine onomatopeico derivato dal tahitiano “tau tau” che ricorda il suono prodotto dai bastoncini utilizzati per immettere i pigmenti sotto la cute. È stato ipotizzato che i disegni tribali dei tatuaggi della Nuova Guinea, della Nuova Zelanda e del Pacifico meridionale (Figura 1) abbiano avuto origine dai caratteristici segni lasciati sulla pelle dal dermatofita Trichophyton concentricum che causa la tinea
imbricata (Tokelau); l’influenza di queste forme circonvolute si può osservare non solo nei tatuaggi ma anche nell’arte figurativa di quei luoghi (3). I tatuaggi hanno avuto nella storia una connotazione negativa. I Greci e i Romani li condannarono considerandoli una pratica dei barbari (4), per gli Ebrei furono proibiti dal Levitico (19, 28) “Non vi farete incisioni nella carne per un morto, né vi farete tatuaggi sul corpo. Io sono il Signore” e anche l’Islam li vieta (5) “Allah ha maledetto coloro che cambiano il loro aspetto creato da Dio”. Nel 1800 Sir William Osler, considerando la presenza di tatuaggi sul corpo di un paziente come un segno certo di sifilide, così affermava: “Se si osserva da vicino un tatuaggio è posFigura 1. sibile vedere tracce di
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spirochete!” (6). Da allora i tatuaggi sono considerati un marker dei soggetti “a rischio” (7). In Italia il primo vero studio antropologico sul tauaggio fu pubblicato nel 1866 da Cesare Lombroso che indicò questo ornamento cutaneo frequente “ispecie fra i delinquenti” (8). Nel 1896 Ernesto Madia in un ampia indagine “epidemiologica” sul tatuaggio nella Regia Marina Italiana così concludeva la sua dissertazione: “Appena il livello degli umili sarà rialzato, si vedrà la bestialità eliminarsi e il tatuaggio, che ne è la conseguenza, cadere in isfacelo davanti alle verità acquisite” (9). Le cose, come è noto, sono andate diversamente e oggi, dopo più di un secolo dalle precognizioni di Madia, il tatuaggio non solo non si è estinto, ma è apprezzato anche da Vip e persone comuni, soprattutto giovani, che ne fanno bella mostra in discoteca, al mare, in palestra o per strada (2). Non di meno, anche ai giorni nostri il tatuaggio è spesso un marchio di identificazione e di solidarietà all’interno di un gruppo: i motociclisti, gli omosessuali, gli ex carcerati, gli ex drogati, i neonazisti e i componenti delle gang possono essere identificati dai loro tatuaggi. Tuttavia i tatuaggi che hanno lasciato un segno negativo realmente indelebile sono quelli presenti sulle braccia dei sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti (10) (Figura 2).
Classificazione dei tatuaggi I tatuaggi possono essere classificati in cinque tipi principali (3): traumatici; amatoriali;
Figura 2.
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professionali; cosmetici; medici. I tatuaggi traumatici sono originati dall’introduzione involontaria sotto la cute di sporco o di frammenti vari che lasciano un’area pigmentata dopo la guarigione. Le cause più comuni sono le “abrasioni cutanee da strada” che si verificano in corso di incidenti motociclistici o le ferite da punta di matita (tatuaggio da grafite). I tatuaggi amatoriali sono quelli autoprovocati o eseguiti dagli amici: spesso dimostrano scarso senso artistico, oltre che imperizia nell’applicazione. Il metodo più diffuso è quello di instillare, per mezzo di una punta, inchiostro di china sotto la cute. Alcuni usano come pigmenti l’inchiostro per scrivere, il carboncino o la cenere. I tatuaggi professionali sono suddivisi in due tipi: etnico e moderno. I tatuaggi etnici vengono ottenuti con metodi antichi secondo le tradizioni di alcune popolazioni: i tatuaggi delle isole del Pacifico meridionale sono praticati in questo modo e sono espressione dell’arte di una particolare etnia. I tatuaggi moderni sono eseguiti con la “pistola per tatuaggi” da esperti artisti tatuatori che ricevono un compenso per la loro opera. Per i tatuaggi moderni si usano diversi pigmenti e il loro valore artistico può essere tanto scarso quanto eccezionale. Il tatuaggio cosmetico è una specialità in rapida espansione. Il trucco permanente è eseguito da artisti del tatuaggio e comprende il contorn o degli occhi, il contorno delle labbra, il rossetto e la matita per le sopracciglia. Altre applicazioni del tatuag-
Figura 3.
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gio cosmetico sono il mascheramento della vitiligine, la simulazione di un capezzolo dopo un intervento chirurgico sulla mammella (Figura 3) e il camouflage di un tatuaggio indesiderato. Il tatuaggio medico viene eseguito per segnare in modo permanente dei punti di riferimento in pazienti che devono ricevere la radioterapia.
Complicanze dei tatuaggi La pratica dei tatuaggi a volte causa complicanze ben note ai i dermatologi. Le infezioni sono le complicanze più frequenti e possono manifestarsi subito dopo l’applicazione del tatuaggio (11). Spesso l’iniziale rottura della barriera cutanea è causa di impetigine o di cellulite. Altrettanto importante è il rischio di malattie contratte attraverso il sangue come le infezioni da HBV, HCV e HIV. Grazie alle precauzioni adottate universalmente dagli studi dove si praticano i tatuaggi non è stata documentata alcuna diffusione del virus HIV attraverso il tatuaggio professionale. È inoltre possibile che i pazienti possano sviluppare ipersensibilità ai pigmenti, il più delle volte al colore rosso di un pigmento reattivo detto cinabro. Anche i nuovi pigmenti con proprietà fluorescenti e fosforescenti sono un’ulteriore potenziale causa di gravi reazioni allergiche. Un’altra spiacevole complicanza della pratica del tatuaggio è rappresentata dalla formazione di cicatrici ipertrofiche e di cheloidi. Da ultimo è da citare la possibilità che l’ossido di ferro e i pigmenti dei metalli pesanti possano essere responsabili di diagnosi errate nei pazienti sottoposti a risonanza magnetica.
Eliminazione dei tatuaggi L’eliminazione dei tatuaggi, oltre ad avere una storia piuttosto complessa, non ha ancora raggiunto un livello ottimale, nonostante i progressi fatti e le affermazioni dei media. I trattamenti comprendono l’escissione del tatuaggio, la salabrasione, la dermoabrasione, la sovrapposizione cosmetica di un altro
tatuaggio e, naturalmente, il trattamento con laser. Nonostante i successi ottenuti con il laser in un numero limitato di pazienti, la rimozione dei tatuaggi con tale metodica può esitare in risultati scadenti e poco prevedibili, e a volte sono necessarie parecchie e costose sedute. Tutto questo lascia spesso delusi i pazienti con grandi aspettative (3). A questo proposito giova ricordare che Zimmerman, nel richiamare l’attenzione sulla natura litigiosa dei pazienti con tatuaggi, ha dichiarato: “Ho una soluzione perfetta contro le minacce di cause legali per le antiestetiche cicatrici conseguenti alla rimozione dei tatuaggi. La perfetta soluzione è questa: non praticate la rimozione dei tatuaggi!” (12).
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Carlo Alfaro, Daniela Coppola, Luigi Tarallo U.O.C. di Pediatria - OO.RR. Area Stabiese. Castellammare di Stabia, Napoli.
Tatuaggi: una passione non scevra da rischi
Carlo Alfaro
SUMMARY The passion for tattoos is currently a mass phenomenon that, without the connotations of identification of certain groups or cultures, affects cross-sections of the population, especially teenagers and young adults, for the psychological value of the body and its management.
Although perceived as an innocuous and non-sanitary choice, the practice of tattooing, like its removal, is not without risk. Health workers should be informed about complications and treatments to properly counseling the tattooed teenager.
Key words: Tattoos; Complications; Adolescents.
Introduzione
Il tatuaggio negli adolescenti
Il tatuaggio, tecnica di decorazione permanente del corpo ottenuta attraverso la fissazione di pigmenti nello spessore del derma a forma di segni, disegni, lettere, numeri, simboli o altri motivi, come traccia indelebile che parli di sé, del proprio vissuto, etnia, religione, credo, valori, è una pratica millenaria, presente in numerose culture del mondo, al punto di assumere il valore di un atto sociale primitivo (1). Agli inizi del ‘900, nelle società occidentali, la presenza di tatuaggi connotava l’appartenenza a ben individuate categorie sociali, quali marinai e soldati, o soggetti con caratteristiche di trasgressione morale o criminalità. Dagli anni ‘60 e ‘70, il tatuarsi cominciò invece progressivamente ad essere utilizzato come contrassegno di originalità e ribellione alla mentalità borghese, soprattutto nelle sottoculture giovanili hippy, o tra gruppi specifici quali punk e motociclisti. Complici i modelli imposti dalla pubblicità, dai media e dal mondo dello spettacolo e dello sport, il fenomeno si è poi allargato in maniera esponenziale a partire dagli inizi degli anni ‘90, uscendo dall’underground per divenire pratica comune, senza più valenza di devianza e trasgressione, se non al massimo verso i propri genitori (2).
In particolare, da parte degli adolescenti e dei giovani, il tatuaggio, come il piercing, è diventato uno dei tanti modi di comunicare, attraverso il corpo, gusti, modo di essere, personali eventi di vita (3) (vedi Filmato).
La decisione di tatuarsi ha una radice psicologica, benchè non psicopatologica (4), che può rispondere: ad una funzione estetica, comune in età adolescenziale, per abbellire un corpo che, nel suo mutare, si percepisce come inadeguato; ad una funzione di tipo sociale, anche questa caratteristica degli adolescenti, come comunicazione non verbale, efficace ed immediata, di conformismo ed identificazione al gruppo e alla cultura corrente, al pari di abbigliamento, musica, taglio di capelli, trucco; ad una funzione di trasgressione nei confronti della famiglia e di affermazione del sé, della “proprietà” del proprio corpo, come della propria vita, ancora una
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volta tipica dei giovanissimi; ad una funzione evocativa, per segnare indelebilmente una tappa della propria vita, o per sancire un legame o comunicare un ricordo; ad una funzione erotica, per attirare l’attenzione sul corpo che viene esposto e quindi, implicitamente, offerto. È chiaro dunque che la pratica dei tatuaggi è particolarmente comune nell’adolescenza, epoca di strutturazione dell’immagine corporea che si propone al mondo: il corpo diventa la lavagna su cui tracciare il proprio identikit, lo schermo dove raffigurare i propri pensieri, il muro dove inscrivere il proprio graffito, la sede privilegiata per sperimentarsi, esplorare, mettersi alla prova, confrontarsi, affermare una personalità in via di costruzione. Il tatuaggio diventa in tal senso un rito di iniziazione, una sorta di segno di passaggio all’età matura.
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Rischi dei tatuaggi
ca ha esaminato 493 complicanze locali in 405 soggetti con reazioni al tatuaggio: 184 (37%) reazioni allergiche, più comuni col colore rosso (cinabro, composto del mercurio), con pattern morfologico di placche rialzate nel 32.2%, notevole ipercheratosi nel 3.7% e aspetto ulero-necrotico nel 1.4%; 66 (13%) reazioni di tipo non allergico, da irritazione verso l’inchiostro, soprattutto il nero (come da corpo estraneo), con pattern istologico papulonodulare ed evoluzione in lesioni di tipo granulomatoso o lichenoide. Altri 53 casi (11%) hanno avuto infezioni batteriche; 46 (9%) complicanze psico-sociali; in 144 (30%) si sono verificati altri tipi di reazioni: effetti tossici, fotosensibilizzazione, danni neuro-sensitivi con sintomatologia dolorosa, linfadenopatia, diffusione del pigmento, cicatrici, cheratoacantoma (12).
Benchè si tratti di una pratica diffusamente popolare in tutto il mondo occidentale, non è così esente da rischi (5). Secondo dati italiani recenti su un campione di studenti delle scuole superiori venete, il 20,2% ha un piercing e il 6,4% un tatuaggio e, tra chi non li ha effettuati ancora, il 46,7% è interessato al piercing e il 57,4% al tatuaggio. La maggior parte degli intervistati (81.6%) è consapevole del rischio generico di contrarre infezioni, ma solo il 50% circa ha conoscenze specifiche. La maggioranza (88%) preferisce rivolgersi a centri qualificati, ma solo il 30% ritiene di ricorrere al medico in caso di problemi legati alla pratica (6). I dati italiani non si discostano molto da quelli del resto del mondo occidentale (7). I rischi sanitari dei tatuaggi sono legati alle complicanze locali o più raramente generali, di tipo infiammatorio, allergico, infettivo, ed anche tossico (8). Le complicanze dei tatuaggi possono anche incidere significativamente sulla qualità di vita dei pazienti (9). Inoltre i tatuaggi sono risultati associati a comportamenti sociali a rischio, come disturbi alimentari, uso di droghe e tentativi di suicidio (10). L’incidenza di complicanze dei tatuaggi sembra in aumento (11), anche in rapporto alla diffusione ubiquitaria della moda. Una recente ampia casisti-
Gli stessi Autori hanno introdotto anche un nuovo sistema di classificazione delle reazioni avverse ai tatuaggi basate sul pattern morfologico (13). Una review sistematica degli effetti avversi ha trovato infezioni cutanee (per lo più da Stafilococco aureus o Streptococco pyogenes), dermatiti allergiche (spesso non documentabili con prick o patch test, in quanto l’antigene funge da aptene), reazioni granulomatose e pseudolinfomatose, lesioni morfeasimili, vasculiti, necrosi e ascessi, sanguinamento, cicatrici cheloidee, oltre che riattivazione di malattie cutanee, come psoriasi o dermatite atopica (14). Una recente casistica italiana conferma la prevalenza di reazioni allergiche da contatto e reazioni granulomatose, oltre al rischio di isomorfismo reattivo di condizioni preesistenti (fenomeno di Koëbner) (15). Meno comuni, altri tipi di infezioni locali, quali pioderma gangrenoso, lesioni sifilitiche, tuberculosi, micobatteriosi non tubercolare, infezioni virali (mollusco contagioso, herpes simplex, papillomavirus) e micotiche (sporotricosi, dermatofitosi) (16). Descritte anche infezioni poco usuali correlate ai tatuaggi, quali ascesso dell’ileo-psoas da stafilococco meticillino-resistente (17) o lesioni cutanee da Pseudomonas aeruginosa (18).
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Una corretta identificazione e diagnosi delle complicanze è cruciale ai fini del trattamento adeguato: crioterapia, elettro-chirurgia, dermo-abrasione, distruzione chimica, escissione chirurgica, termolisi del pigmento con tatoo-laser (19). Da non sottovalutare poi il rischio di infezioni sistemiche: epatite B e C, AIDS, tetano, endocardite batterica subacuta. Si è stimato che chi si sottopone ad un tatuaggio ha un rischio 3,4 volte più alto di contrarre l’epatite C rispetto ai controlli, per riutilizzo di aghi monouso o inchiostro contaminato con sangue infetto, dove il virus può sopravvivere per alcuni giorni (20).
Prevenzione delle complicanze dei tatuaggi La prevenzione delle complicanze è legata fondamentalmente alla correttezza dell’esecuzione: pratiche effettuate in strutture con scarse condizioni igieniche, o temporanee, come quelle che compaiono durante i mesi estivi nelle località balneari, da personale non esperto e con strumenti non correttamente sterilizzati o artigianali, inadeguati e improvvisati, come corde di chitarra, graffette o aghi da cucito, espongono ad un concreto rischio di infezione (21). Inoltre è importante tener conto delle controindicazioni alla pratica, di carattere locale, come nevi o malattie della pelle (22), o generale (allergie, coagulopatie, diabete, cardiopatie, immunodeficienze, gravidanza ed allattamento), e informare il paziente sulla corretta cura della cute dopo l’applicazione del tatuaggio. Cresce anche, con la diffusione della pratica dei tatuaggi, la richiesta di interventi per la loro rimozione, anch’essi non privi di rischi (23). I metodi tradizionali e la chirurgia lasciavano sovente cicatrici permanenti, mentre con l’avvento dei laser di ultima generazione l’inchiostro del tatuaggio viene rimosso tramite applicazione di una forte energia luminosa ad una determinata lunghezza d’onda relativa al colore in questione: assorbendo tale energia luminosa, il pigmento viene ridotto in frammenti che vengono eliminati dal sistema fagocitario dell’organismo (24).
Conclusioni A fronte della leggerezza con cui viene comunemente valutata la possibilità di tatuarsi, soprattutto da parte delle giovani generazioni (25), sarebbe auspicabile, come sollecitato anche dalla Commissione Europea, diffondere un miglior livello di consapevolezza dei rischi potenziali legati all’esecuzione di tatuaggi e di piercing e della difficoltà delle misure necessarie a ridurli o eliminarli (26). Attualmente in Italia non sussiste alcuna legge che disciplini la materia del tatuaggio, sebbene, sulla base della risoluzione del Consiglio d’Europa, il Ministero della Salute abbia emanato le Linee Guida per l’implementazione delle procedure per la messa in sicurezza di tatuaggi e piercing (purtroppo non approvate uniformemente da tutte le Regioni), che invitano a seguire delle precauzioni fondamentali, quali: fornire agli operatori autorizzazione professionale di tecnico qualificato in tatuaggio o piercing; divieto di esercizio dell’attività di tatuaggio e piercing in forma itinerante o di posteggio; divieto di tatuaggi e piercing in minori di quattordici anni, fatta eccezione per il piercing del lobo auricolare, per il quale è previsto il consenso informato reso dai genitori o tutori del minorenne; per i minori di diciotto anni è previsto il consenso informato reso personalmente dai genitori o tutori del minorenne; l’operatore deve informare sui rischi e sulle precauzioni da osservare in seguito all'esecuzione; deve rilasciare apposita informativa scritta; prima dell'esecuzione del trattamento, il richiedente o il tutore deve sottoscrivere lo specifico modulo di consenso informato; è necessario che l’ambiente sia scrupolosamente rispettoso delle norme igieniche, che faccia uso esclusivo di attrezzatura sterilizzata, imbustata singolarmente o monouso e di guanti anch’essi monouso ed assicuri la massima qualità dei pigmenti. Peraltro, la materia è in continua fase di aggiornamento, e le implicazioni dei tatuaggi potrebbero essere anche altre oltre alle note: uno studio appena
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pubblicato ha dimostrato ad esempio che le nanoparticelle dei coloranti dell’inchiostro sono in grado di circolare fino ai linfonodi, dove si depositano, con effetti biologici al momento non noti; preoccupazioni in particolare per il biossido di titanio, TiO2, un pigmento bianco implicato finora nella lenta guarigione, il gonfiore della pelle e il prurito dovuti ai tatuaggi (27).
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Per comunicazioni: Dottor Carlo Alfaro Ospedale San Leonardo, viale Europa 80065 Castellammare di Stabia (NA) carloalfaro@tiscali.it Cell. 3336996970 Fax 0818782196
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Figure per gentile concessione del Dottor Cataldo Patruno, A.O.U. Policlinico Federico II Napoli.
Reazione granulomatosa al tatuaggio.
Cicatrice cheloidea del tatuaggio.
Dermatite allergica da contatto all'inchiostro.
Cicatrice cheloidea dopo tentativo di rimozione del tatuaggio con laser.
Dermatite allergica da contatto all'inchiostro.
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Paola Delbon Centro di Studio e di Ricerca di Bioetica dell’Università degli Studi di Brescia (con il contributo dell’IRCCS “S. Giovanni di DioFatebenefratelli”) – Dipartimento di Specialità Medico-Chirurgiche, Scienze Radiologiche e Sanità Pubblica – Sezione di Sanità Pubblica e Scienze Umane.
Manipolazioni del corpo in età adolescenziale: piercing e tatuaggio
Paola Delbon
SUMMARY Tattooing and piercing represent an important socio-cultural phenomenon that is widely expanding throughout the population, and in particular among adolescents. In Italy a specific legislation concerning tattoos and piercing does not exist; the Author intends to
make some consideration about the limits to these invasive practices in Italian legislation, in particular in case of minors who want to undergo piercing or tattoos and the importance of promoting programs of health education, in order to give information on health risks associated with those practices.
Key words: Adolescents; Informed consent; Piercing; Tattoos.
Tatuaggi e piercing sono oggi fenomeni significativamente diffusi presso gli adolescenti; il tatuaggio può essere definito la “colorazione permanente di parti del corpo ottenuta con l’introduzione o penetrazione sottocutanea ed intradermica di pigmenti mediante aghi, oppure con la scarificazione, al fine di formare disegni o figure indelebili e perenni”, mentre per piercing si intende “perforazione di una qualsiasi parte del corpo umano allo scopo di inserire anelli o altre decorazioni di diversa forma e fattura” (1). Tali pratiche di modificazione corporea rappresentano un “luogo di individuazione/ separazione e di comunicazione/ scambio tra la sfera individuale, intima e personalissima e la dimensione collettiva e sociale” e “veicolano da sempre un composito intreccio di motivazioni, desideri, significati profondi” (2). In particolare, pare si possa affermare che tatuaggio e piercing “sono praticati non più da particolari gruppi o frange giovanili, ma sono divenuti pratiche abituali a prescindere dalla appartenenza sociale e culturale”. Se il ricorso a tatuaggio e piercing può essere determinato dal desiderio di rendersi più belli o dall’esigenza di ristabilire un contatto più profondo con se stessi e con le proprie emozioni, “c’è tutta un’altra schiera di giovani che è mossa da diverse motivazioni: per moda, per sancire una appartenenza, per distinguere le gene-
razioni, per colmare un vuoto, per cercare di differenziarsi dal genitore, per scelte ideologiche e culturali, per trattenere un ricordo, per scopi erotici o sessuali, o addirittura per una disturbata percezione del proprio corpo” (3). Tali pratiche hanno dunque mutato il loro statuto “da scelte eccentriche e minoritarie di alcuni individui socialmente o culturalmente ben connotati, a veri e propri oggetti di consumo generazionali, capaci di esercitare una forte attrattiva nei confronti di un gran numero di adolescenti, indipendentemente dalle differenze di estrazione sociale, economico e culturale” (4). La diffusione di tali pratiche in età adolescenziale può ricondursi al significato che i giovani attribuiscono alla possibilità di modificare il proprio corpo: “la sensualità, l’anticonformismo, la capacità di essere più attrattivi nei confronti del prossimo e una spiccata spiritualità” (5). Una indagine (6) sulle propensioni alle pratiche di modificazione corporea tra gli adolescenti, effettuata attraverso la somministrazione di un questionario agli studenti di età compresa tra 14 e 18 anni di alcune scuole secondarie di secondo grado della Regione Veneto, ha evidenziato le significative dimensioni del fenomeno in esame: degli oltre 4.500 studenti coinvolti, oltre il 17% ha dichiarato di aver sperimentato il piercing, e superiore risulta la percentuale di coloro che hanno dichiarato di
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essere interessati a tale applicazione; il tatuaggio risulta essere meno diffuso (6%), ma numerosi sono gli studenti che hanno espresso interesse per tale esperienza. Per quanto riguarda le motivazioni che hanno determinato la scelta del piercing o del tatuaggio, risulta anzitutto il forte legame intercorrente tra le necessità estetiche e l’alterazione corporea in età adolescenziale; oltre a valutazioni di natura estetica, determinanti risultano inoltre motivi quali la trasgressione, la curiosità personale, la moda, ed in parte anche la necessità di attirare l’attenzione delle ragazze/ dei ragazzi e di acquisire maggior prestigio presso i coetanei; oltre che il ricorso a tali interventi per ricordare un giorno particolare della propria vita. Le pratiche in esame dunque “si confermano… come la rappresentazione di una possibile espressione personale capace di risaltare, non solo parti di sé che in altro modo sembrano non trovare una così immediata espressione, ma lo stesso concetto di sé, il quale, sul piano della corporeità e della mediazione di questa con le esperienze personali, in questa particolare età si va determinando” (7). Il ricorso ad interventi di modificazione corporea potrebbe dunque essere descritto come “un approccio tutto corporeo all’esplorazione delle risorse immateriali dell’individuo in grado di canalizzare forze ed energie in percorsi di trasformazione del sé e di raggiungimento di stati più elevati di coscienza” (8). Le pratiche di tatuaggio e piercing effettuate con lo scopo di decorare il proprio corpo possono essere considerate “tecniche ornamentali volte alla decorazione del corpo di chi vi si sottopone” (9) ma con alcune peculiarità, trattandosi di atti di disposizione del corpo comunque incidenti sull’integrità fisica della persona, anche con possibili conseguenze sul piano della tutela della salute: difficoltosa infatti risulta “la definizione di un confine netto tra attività estetica e sanitaria, poiché, anche limitando le prime agli strati superficiali della cute ed all’utilizzo di prodotti non farmacologici ed attrezzature non di tipo medico-chirurgico, è innegabile che gli effetti esercitati possono avere un impatto non solo sull’aspetto estetico, ma anche sullo stato di salute vero e proprio” (10). Tatuaggio e piercing si concretizzano del resto in
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interventi invasivi e modificativi del corpo con il rischio di una eventuale esposizione dei soggetti che vi si sottopongono a conseguenze dannose non volute sull’integrità psicofisica dei medesimi. Come sottolineano le “Linee guida per l’esecuzione di procedure di tatuaggio e piercing in condizioni di sicurezza”, emanate con Circolare del Ministero della Sanità del 5 febbraio 1998, “le procedure che implicano l’impiego a fini non terapeutici di aghi e taglienti possono comportare un rischio di infezioni causate da patogeni a trasmissione ematica, oltre che di infezione cutanea, anche gravi, se non vengono scrupolosamente applicate le misure igieniche e di prevenzione necessarie. In rari casi tali procedure hanno determinato anche infezioni sistemiche gravi. Numerosi sono in letteratura i casi di infezione trasmessi in seguito a piercing e tatuaggi. Quest’ultima procedura è stata associata anche ad effetti tossici dovuti alle sostanze utilizzate per la pigmentazione del derma”. In particolare dunque, tra i rischi dovuti all’applicazione di tali pratiche, possono annoverarsi infezioni, locali o sistemiche – causate da microrganismi normalmente presenti sulla cute, da microrganismi provenienti dal cliente precedente o dall’operatore –, sensibilizzazioni allergiche alle sostanze introdotte (colori o metalli), con effetti a breve o a lungo termine, oltre ad altre possibili manifestazioni patologiche (ad es. reazioni infiammatorie a carico della cute o delle terminazioni nervose) e a specifici rischi in relazione alla sede di applicazione del piercing (11). Gli interventi di modificazione corporea a fini non terapeutici sono leciti nel rispetto dei limiti di disponibilità del corpo rinvenibili nell’ordinamento giuridico, ed in particolare in relazione all’art. 5 cod. civ. (Atti di disposizione del proprio corpo), secondo il quale “Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume”. Le pratiche di tatuaggio e piercing, oltre ai limiti di carattere igienico – sanitario posti da disposizioni regolamentari, non sono dunque totalmente dispo-
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nibili alla volontà delle parti, ragion per cui anche nella normativa regionale si vieta il ricorso a tali interventi in sedi anatomiche nelle quali siano possibili conseguenze invalidanti o in parti in cui la cicatrizzazione risulti particolarmente difficoltosa. Qualora cioè “l’intervento possa essere considerato un atto di disposizione che cagioni una diminuzione permanente dell’integrità fisica… l’atto rientrerà nel divieto di cui all’art. 5 c.c.” (12). Così, ad esempio, in Toscana l’art. 4 comma 3 (Attività di tatuaggio e piercing) della Legge regionale 31 maggio 2004, n. 28 (“Disciplina delle attività di estetica e di tatuaggio e piercing”), modificata dalla Legge regionale 17 luglio 2013, n. 38, stabilisce che “È vietato eseguire tatuaggi e piercing in sedi anatomiche nelle quali sono possibili conseguenze invalidanti permanenti ai sensi dell’art. 5 del codice civile o in parti dove la cicatrizzazione è particolarmente difficoltosa”. Requisito fondamentale risulta inoltre l’acquisizione del consenso della persona interessata, previa adeguata informazione relativa alle modalità dell’intervento, ai possibili rischi associati all’esecuzione di tali pratiche, alle precauzioni da adottare in seguito alla effettuazione del tatuaggio o del piercing, alla eventuale successiva rimozione degli stessi: il consenso della persona interessata è presupposto imprescindibile perché l’operatore intervenga sul corpo della stessa; tale consenso tuttavia non potrà mai valere ad autorizzare un’attività in contrasto con l’art. 5 c.c. o non eseguito nel rispetto delle regole dell’arte. In tal senso, ad esempio, l’art. 11 (Informativa e consenso) del Decreto del Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia 14 aprile 2014, n. 064/Pres (“Regolamento recante la disciplina di attuazione della legge regionale 12 aprile 2012, n. 7”) stabilisce che “Prima dell’esecuzione della prestazione, l’operatore informa sul tipo di operazioni da effettuarsi, sui rischi legati all’esecuzione nonché sulle precauzioni da osservare dopo il trattamento”. Lo stesso articolo, per la prestazione del consenso, prevede la sottoscrizione di un modulo predisposto dall’operatore contenente almeno le informazioni indicate negli allegati A e B ovvero i modelli di consenso rispettivamente per l’attività
di tatuaggio e per l’attività di piercing. A livello nazionale la necessità di regolamentazione delle pratiche di tatuaggio e piercing ha determinato l’emanazione della citata Circolare del Ministero della Sanità 5 febbraio 1998 contenente “Linee guida per l’esecuzione di procedure di tatuaggio e piercing in condizioni di sicurezza” e della Circolare 16 luglio 1998 contenente chiarimenti forniti dal Consiglio Superiore di Sanità relativi alla circolare 5 febbraio 1998: il Ministero ha comunque rimesso ad un successivo intervento legislativo la questione dell’accesso da parte dei minori alle pratiche in esame, affermando che “Per limitare le procedure di piercing e tatuaggio in relazione all’età dei soggetti, occorrerà ricorrere a provvedimenti legislativi”. Le norme emanate a livello regionale sanciscono anzitutto la necessità di affrontare l’evoluzione e la diffusione delle pratiche estetiche in esame sotto il profilo della tutela della salute, attraverso l’adozione di una accurata regolamentazione delle relative attività, tenuto conto del fatto che “le pratiche di tatuaggio e piercing sono un fenomeno la cui diffusione è in costante aumento, soprattutto tra gli adolescenti, … e che l’esercizio non corretto di tali attività – che si concretizzano in interventi (modificativi e invasivi) sul corpo altrui – comporta l’esposizione dei soggetti che vi accedono a possibili conseguenze dannose non volute sulla integrità psicofisica dei medesimi”, e dunque con l’obiettivo, tra gli altri, di “specificare, alla luce dei principi rinvenibili nell’ordinamento, i limiti alla disponibilità del proprio corpo e quindi i limiti del rischio consentito con particolare riferimento ai minori e individuare gli interventi che possono essere considerati pericolosi per la salute causando una diminuzione permanente alla integrità psicofisica del soggetto” (13). Alla luce di tali considerazioni, fondamentale risulta il processo di informazione: la persona che intende sottoporsi ad un intervento di tatuaggio o piercing deve infatti essere esaustivamente informata, anche attraverso nota informativa scritta, riguardo alle modalità di esecuzione dell’applicazione richiesta, ovvero al tipo di operazione da effettuarsi ed ai materiali e prodotti che saranno
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utilizzati, ai possibili rischi ed effetti indesiderati, precoci e tardivi, alle controindicazioni, alle precauzioni da osservare dopo l’effettuazione del trattamento, ed in merito alle modalità e ai limiti di una eventuale futura rimozione degli effetti del tatuaggio o del piercing; così, l’operatore dovrà acquisire le informazioni utili per praticare il tatuaggio o il piercing in condizioni di sicurezza (ad es., eventuali malattie della pelle, disturbi della coagulazione, malattie che predispongono alle infezioni, etc.): il Consiglio d’Europa, nella Risoluzione adottata in data 20 febbraio 2008 sui requisiti e i criteri per la sicurezza di tatuaggi e trucco permanente afferma il dovere dell’operatore di fornire all’interessato una completa e comprensibile informazione. Per quanto riguarda in particolare l’informazione relativa all’assistenza post-intervento, ad esempio l’Allegato 1) della Deliberazione della Giunta regionale della Regione Emilia Romagna 11 aprile 2007, n. 465 (Approvazione delle linee guida concernenti “Indicazioni tecniche per l’esercizio delle attività di tatuaggio e piercing”) stabilisce in materia di “Assistenza postintervento ed educazione sanitaria” che “Al termine dell’applicazione del piercing, l’operatore deve fornire ad ogni cliente opportune istruzioni scritte per la cura della ferita, volte principalmente ad evitare l’insorgenza di infezioni. È importante informare che il periodo di guarigione per l’applicazione di un nuovo piercing varia (talvolta fino ad alcuni mesi) da persona a persona e che il tempo necessario dipende da vari fattori: il tipo di gioiello prescelto, il sito corporeo in cui il piercing viene applicato, lo stato di salute generale e l’attività fisica praticata” e specifica che “L’assistenza dopo l’intervento di piercing dovrebbe includere almeno informazioni su: come riconoscere un’infezione e cosa fare; … l’importanza dell’uso delle soluzioni saline nel favorire la guarigione; quali problemi si presentano più frequentemente e come possono essere evitati o affrontati; … uno specifico commento sulle complicazioni del piercing che richiedono il ricorso alle cure mediche”.
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L’effettuazione di piercing o tatuaggio deve essere effettuata previa acquisizione del consenso della persona interessata allo specifico trattamento attraverso la sottoscrizione di un modulo attestante la consapevolezza dell’interessato riguardo all’informativa sopra citata nonché la volontà dello stesso a sottoporsi all’intervento di tatuaggio o piercing. Una definizione di tale procedura è contenuta nell’art. 79 comma 2 del D.P.G.R della Regione Toscana 2 ottobre 2007, n. 47/R (Regolamento di attuazione della legge regionale 31 maggio 2004, n. 28, “Disciplina delle attività di estetica e di tatuaggio e piercing”), modificato con D.P.G.R. 4 marzo 2014, n. 12/R: “Ai fini del presente regolamento per consenso informato si intende la volontà liberamente espressa nelle forme in esso previste dal richiedente maggiore di età ovvero dal genitore o dal tutore in relazione a: a) autorizzazione ai trattamenti; b) presa d’atto dei rischi legati all’esecuzione e sulle precauzioni da tenere dopo l’effettuazione del trattamento”. Anche all’ambito della modificazione corporea attraverso pratiche di tatuaggio o piercing si estende dunque il potere – dovere di cura ed educazione di cui sono titolari gli esercenti la responsabilità genitoriale e pertanto diviene necessario il coinvolgimento degli stessi nel processo decisionale relativo al ricorso a tali pratiche, dinanzi ad una richiesta di effettuazione di tatuaggio o piercing avanzata dal minore. Qualora il soggetto che chiede l’intervento di tatuaggio o piercing sia un minore, indispensabile diviene l’acquisizione del consenso dei genitori, previa esaustiva informazione sugli aspetti indicati: d’altra parte, il coinvolgimento dei genitori pare necessario anche per acquisire informazioni utili per effettuare il tatuaggio o il piercing sul minore in condizioni di sicurezza. L’esigenza di protezione del minore quale soggetto legalmente incapace ed in fase di formazione della propria personalità assume una rilevanza centrale nella regolamentazione delle attività di piercing e tatuaggio, con riferimento ai limiti di liceità delle stesse. Alcune Regioni hanno quindi emanato atti volti a
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regolamentare l’attività di tatuaggio e piercing e, in riferimento ai minori, a stabilire la necessaria acquisizione del consenso degli esercenti la responsabilità genitoriale, previa adeguata informazione in merito alla procedura, ai rischi, alle precauzioni da tenere dopo l’effettuazione del tatuaggio e del piercing ed in merito alla eventuale successiva rimozione del tatuaggi. In particolare, il citato D.P.G.R della Regione Toscana stabilisce all’art. 80 (Accertamenti) che “Salvo evidente maggiore età, l’operatore accerta l’età anagrafica del richiedente mediante la richiesta di esibizione di documento che ne attesta l’identità. … L’operatore non effettua l’accertamento di cui al comma 1 quando un adulto accompagna il minore ed esibisca documento di identità nonché sottoscriva i moduli di consenso informato qualificandosi genitore ovvero tutore…”. La normativa regionale prevede dunque il consenso informato reso personalmente dall’esercente la responsabilità genitoriale ovvero dai genitori o dal tutore; d’altra parte alcune Regioni hanno individuato sia eccezioni a tale regola, ad esempio in caso di piercing al lobo dell’orecchio richiesto da minori tra 14 e 18 anni (ad esempio, Regione Toscana, Legge regionale 31 maggio 2004, n. 28 – Regione Emilia Romagna, Deliberazione della Giunta Regionale 11 aprile 2007, n. 465 – Regione Friuli-Venezia Giulia, Legge regionale 12 aprile 2012, n. 7), trattandosi di intervento considerato a basso rischio sanitario, sia ulteriori limiti, ovvero il divieto di eseguire comunque tatuaggi e piercing – ad esclusione del piercing al padiglione auricolare con il consenso dell’esercente la responsabilità genitoriale – ai minori di anni quattordici (ad esempio, Regione Toscana, Legge regionale 31 maggio 2004, n. 28 – Regione Friuli-Venezia Giulia, Legge regionale 12 aprile 2012, n. 7) o di anni diciotto (ad esempio, Regione Sicilia, Decreto Assessorato della Sanità 31 luglio 2003, contenente “Linee guida in materia di tatuaggi e piercing”). Il consenso prestato dai genitori o dal tutore sarà evidentemente valido nei limiti in cui si aggiunga alla volontà del minore e nel rispetto dei limiti individuati in riferimento ai soggetti maggiori d’età, ovvero in presenza dei requisiti richiesti dalla legge ed in assenza di controindicazioni
all’esecuzione del tatuaggio o del piercing. Come emerge anche dalla normativa emanata a livello regionale, le pratiche cosiddette di “ear piercing” ovvero la foratura del lobo dell’orecchio, assumono una rilevanza autonoma nell’ambito della disciplina della materia in esame: ciò risulta evidentemente ad esempio dall’Allegato A – Appendice alla D.G.R. n. 11 del 9 gennaio 2013 della Regione Veneto, contenente appunto “Prescrizioni per l’effettuazione della foratura del lobo dell’orecchio”, nel quale si stabilisce che “Prima della foratura, il cliente deve sottoscrivere il modulo per il consenso informato e la registrazione dell’intervento. Nel caso di minori di anni 18 è necessario il consenso di chi esercita la potestà dei genitori. Il modulo, oltre all’informativa da rilasciare al cliente, contiene le avvertenze circa l’importanza di un’attenta ed assidua igiene della zona trattata nei giorni successivi all’intervento di foratura”. In altre Regioni, si riconosce invece rilevanza autonoma alla volontà espressa dal minore in relazione a tale pratica a partire dai 14 anni, “trattandosi di interventi considerati a basso rischio sanitario data la scarsa vascolarizzazione di questa zona anatomica”. D’altra parte, sarebbe opportuno riflettere circa l’opportunità di sottoporre i bambini più piccoli alla foratura del lobo dell’orecchio, e circa la necessità di coinvolgere i minori – compatibilmente con l’età e il livello di maturità raggiunto – nella scelta affinchè non diventino i destinatari passivi di un desiderio dei genitori (14). La violazione dei divieti e dei limiti contenuti nelle normativa citata sia in relazione ai soggetti maggiorenni che in relazione ai minori risulta sanzionata con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, e in alcuni casi con la sospensione dell’esercizio dell’attività per un determinato periodo di tempo o con la cessazione dell’attività. Le norme citate rivelano la necessità di tenere in considerazione l’eterogeneità di fattispecie che rientrano nella “minore età”: “in particolare, contro la concezione del minore come categoria astratta ed indifferenziata, è necessario distinguere tra fanciullo ed adolescente, evidenziando soprattutto la posizione di quegli adolescenti il cui
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processo di crescita e formazione personale si trovi ad uno stadio particolarmente avanzato e vicino alla <<maturità>>” (15). Se tale considerazione è sottesa all’individuazione di distinte fasce d’età nell’articolazione dei divieti, la determinazione comunque di un limite d’età al di sotto del quale sia vietato eseguire gli interventi in esame si giustifica in virtù del fatto che “non sarebbe possibile praticare un intervento di tal tipo su un fanciullo non autonomo”, dal momento che “trattandosi di intervento sul corpo del minore non necessario a proteggerne la vita e la salute … ma anzi potenzialmente lesivo della stessa, l’esercente la potestà non potrebbe, infatti, validamente sostituire la propria volontà a quella del minore”; d’altra parte “anche con riferimento all’adolescente, infatti, non può negarsi che vi sia in capo al genitore – o al legale rappresentante – un <<potere – dovere>> di cura della persona del figlio” ed “in particolare, nel caso in cui dovesse palesarsi l’espresso divieto del rappresentante legale, l’operatore dovrebbe sicuramente astenersi dall’attività, prevalendo la posizione del genitore, investito della funzione educativa” (16). Per quanto riguarda l’effettuazione di tatuaggi su minore, senza previa acquisizione dell’autorizzazione degli esercenti la responsabilità genitoriale, la Suprema Corte (Cass. Pen. Sez. V, sentenza 17 novembre – 14 dicembre 2005, n. 45345) ha rigettato il ricorso proposto dall’imputata avverso la pronuncia che la riteneva responsabile del delitto di lesioni volontarie semplici per aver eseguito sul corpo di un soggetto minore un tatuaggio permanente, in assenza di valido consenso da parte degli esercenti la potestà genitoriale: in relazione al caso di specie, i giudici di merito avevano evidenziato che non vi era ragione di dubitare che l’operatrice “fosse stata messa al corrente della mancanza di un preventivo consenso da parte degli esercenti la potestà genitoriale sulla minore” e che nel fatto risultava integrata la citata fattispecie di reato “atteso l’esito dell’espletata perizia medico – legale secondo cui il tatuaggio aveva prodotto un’alterazione della funzione protettiva della cute, comportante, per la sua eliminazione, la necessità di un intervento terapeutico, sia pure di modesta consistenza”.
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La materia in esame è oggetto di alcune proposte legislative. Il Disegno di Legge n. 2838 (“Diposizioni per le attività di tatuaggio e piercing”), comunicato alla Presidenza del Senato il 23 maggio 2017 stabilisce all’art. 7 (Informazione) che “È fatto obbligo agli esercenti l’attività di tatuaggio e piercing e pratiche correlate di richiedere a chi si sottopone a tali pratiche la dichiarazione scritta attestante il proprio consenso informato”. L’art. 4 (Divieti) stabilisce che “È vietato eseguire tatuaggi e piercing su minori di diciotto anni, salvo il consenso di uno dei genitori o del tutore, ad esclusione del piercing al lobo di uno o di entrambi gli orecchi”. Il Disegno di Legge n. 771 (“Disciplina delle attività di tatuaggio e piercing”), comunicato alla Presidenza del Senato il 4 giugno 2013, in relazione ai minori afferma che “È vietato eseguire tatuaggi e piercing sui minori di diciotto anni senza il consenso di uno dei genitori o del tutore, ad esclusione del piercing al lobo dell’orecchio”, “È vietato eseguire tatuaggi e piercing sui minori di quattordici anni, ad esclusione del piercing al lobo dell’orecchio”, “È vietato eseguire il piercing al lobo dell’orecchio sui minori di quattordici anni, senza il consenso di uno dei genitori o del tutore” (art. 4, Obblighi e divieti). L’art. 8 (Informazioni al consumatore e consenso informato) stabilisce che gli esercenti le attività di tatuaggio e piercing “sono tenuti ad informare i propri clienti sui possibili rischi per la salute derivanti dall’esecuzione e dalla rimozione di tatuaggi, piercing e pratiche correlate, compreso il piercing al lobo dell’orecchio, e sulle precauzioni da tenere dopo la loro effettuazione, relativamente ai seguenti aspetti: a) dati identificativi del prodotto colorante; b) caratteristica di indelebilità; c) rischio in merito a sensibilizzazione allergica correlata alla presenza di metalli anche in tracce; d) rischio di patologie a trasmissione parenterale, quali epatiti ed AIDS, nel caso non siano rispettate le norme di igiene e corretta sterilizzazione dello strumentario utilizzato; e) rischio di gravi infezioni se il tatuaggio o trucco permanente è praticato su pelle infiammata o lesa;
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f) necessità di parere del medico curante nel caso in cui il soggetto sia affetto da malattie della pelle.” La norma stabilisce inoltre che “L’informazione al cliente deve essere documentata anche attraverso un’informativa scritta rilasciata al cliente stesso, il quale deve sottoscrivere una dichiarazione attestante il proprio consenso informato…” Recentemente, la 10a Commissione permanente della Camera dei Deputati (Attività produttive, commercio e turismo), nell’esame congiunto di alcune proposte legislative volte ad aggiornare la disciplina prevista dalla Legge 4 gennaio 1990, n. 1 (“Disciplina dell'attività di estetista”), ha adottato un testo unificato quale testo base per il seguito dell’esame (“Disciplina della qualificazione professionale per l’esercizio dell’attività di estetista. C. 2128 Della Valle, C. 4169 Donati, C. 4350 Vignali, C. 4413 Allasia”, adottato il 25 luglio 2017). In particolare, tale testo prevede l’inserimento nella Legge n. 1/1990 dell’art. 1-bis che al comma 8 stabilisce che “È vietato eseguire tatuaggi e piercing, ad esclusione del piercing al padiglione auricolare, su minori di anni diciotto senza il consenso informato reso personalmente dai genitori o dal tutore, espresso secondo le modalità indicate dalla legislazione vigente. È comunque vietato eseguire tatuaggi e piercing su minori di sedici anni. L’esecuzione di piercing al lobo sui minori di sedici anni non può avvenire senza il consenso informato reso personalmente dai genitori o dal tutore”. Se del resto, in materia di trattamenti sanitari, seppur nell’ambito della tendenza a riconoscere una progressiva autonomia al minore – col crescere dell’età e del livello di maturità psico-fisica raggiunti, e in presenza di alcune ipotesi particolari nelle quali il legislatore riconosce autonoma capacità decisionale al minore – gli esercenti la responsabilità genitoriale sono titolari del potere decisionale quale espressione del potere – dovere di cura, e dunque finalizzato alla protezione e alla tutela del miglior interesse del minore, e lo stesso medico che, come sancito nel Codice di deontologia medica, agisce per “la tutela della vita, della salute psico-fisica, il trattamento del dolore e il sollievo della sofferenza” (art.3), è tenuto ad impegnarsi
per la tutela dei soggetti fragili e, in caso di opposizione del rappresentante legale a interventi ritenuti appropriati e proporzionati, a ricorrere all’Autorità competente (art. 32), laddove si tratti di regolamentare l’accesso dei minori alle pratiche di tatuaggio e piercing, quali trattamenti puramente estetici ma invasivi e modificativi del corpo, pare quindi imprescindibile la previa acquisizione del consenso informato degli esercenti la responsabilità genitoriale, nonché la previsione comunque di limiti di età. L’esigenza di una specifica attenzione all’espansione di tali pratiche presso la popolazione adolescente non può prescindere dalla considerazione del fenomeno della possibile rimozione, ovvero dalla considerazione delle ragioni del pentimento, ad esempio riconducibili all’“aumento di autostima”, al “pentimento per una scelta dell’immaturità”, al “desiderio di migliorare la propria immagine fisica” (17). Tatuaggi e piercing presso gli adolescenti sono spesso fenomeni passeggeri, destinati ad essere superati, e la volontà di sottoporsi a tali pratiche non sempre è supportata da una completa consapevolezza delle possibili complicazioni e dei rischi associati alla loro rimozione: “…le motivazioni che portano al desiderio di rimuovere interventi di body art sono le stesse che li hanno generati. La prima applicazione aveva gli stessi presupposti, con la differenza però di una sostanziale inconsapevolezza dell’adolescente alle prese con il primo intervento sul proprio corpo. Per questo, nel momento in cui egli decide di adottare tali pratiche, non pensa alle difficoltà, poi, di eliminarne gli effetti”; “… sono pochi gli adolescenti che si interrogano sulle difficoltà della rimozione, semplicemente perché nel momento in cui pensano di applicarsi piercing e tatuaggi reputano di fare una scelta definitiva e risolutiva, salvo poi accorgersi che la conquista della propria identità e l’appropriazione del corpo dipendono da scelte esistenziali più impegnative e gratificanti” (18). D’altra parte, proprio “la possibilità di rimuovere tatuaggi grazie alle nuove tecnologie dermochirurgiche ha permesso di attenuare il concetto di <<indelebilità>>, prima diffuso nella popolazione, contribuendo in tal modo ad un ulteriore incre-
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mento di tale pratica” (19). Fondamentale pare dunque che il minore ed i genitori siano resi consapevoli in merito alle caratteristiche, ai rischi ed ai limiti delle procedure disponibili per la eventuale rimozione del tatuaggio. D’altra parte, se tatuaggio e piercing sono in alcuni casi frutto di scelte impulsive, “spesso legate all’adesione ad una moda o alla pressione ad uniformarsi al gruppo dei pari”, un ruolo importante assume l’organizzazione di campagne di informazione e sensibilizzazione in materia, anche attraverso i canali della sanità pubblica: “Programmi di educazione sanitaria dovrebbero essere veicolati dai medici di medicina generale e dagli educatori scolastici per prevenire l’applicazione impulsiva di tatuaggi…” (20). Pur in assenza di un quadro normativo specifico uniforme, le pratiche di tatuaggio e piercing rappresentano atti di disposizione del corpo non totalmente disponibili alla volontà delle parti e sottoposti ai limiti rinvenibili nell’ordinamento giuridico a tutela dell’integrità fisica e della salute. A proposito del soggetto minore, le norme prese in esame da un lato stabiliscono limiti precisi in relazione al criterio dell’età, dall’altro subordinano l’effettuazione di tali pratiche alla prestazione del consenso da parte dei rappresentanti legali, prevedendo per lo più disposizioni particolari in relazione alla foratura del lobo dell’orecchio. Se del resto tali pratiche rappresentano interventi di natura estetica, la riflessione non può prescindere dalla considerazione delle implicazioni che le stesse hanno sul piano della tutela della salute in quanto atti incidenti sull’integrità fisica della persona e dunque della necessità di predisporre misure adeguate a tutela della persona che intenda sottoporsi ad esse, in particolare in caso di soggetto minore, e di garantire uno spazio di informazione e promozione della consapevolezza dell’interessato (e degli esercenti la responsabilità genitoriale) in merito alla natura e alle possibili conseguenze delle pratiche in esame nonché di educazione e sensibilizzazione anche alla luce di quelle che risultano essere le principali motivazioni sottese alle richieste di piercing o tatuaggio da parte degli adolescenti, oltre che alla eventuale successiva
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volontà di rimozione del tatuaggio effettuato. Tali aspetti devono evidentemente essere presi in considerazione nella predisposizione di un quadro normativo uniforme di regolamentazione delle attività di tatuaggio e piercing nella garanzia della tutela della salute ed in particolare in caso di soggetti minori, la cui protezione deve essere garantita da un esercizio della responsabilità genitoriale nel rispetto dello stesso potere – dovere di cura e della funzione educativa di cui i genitori sono titolari: l’eventuale consenso degli stessi all’effettuazione di piercing o tatuaggio – elemento imprescindibile perché il tatuatore o il piercer possano operare – sarà valido soltanto qualora si aggiunga alla volontà consapevole del minore e nel rispetto dei limiti di età e dei limiti generali di disponibilità dell’integrità fisica stabiliti dall’ordinamento giuridico.
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13. Regione Emilia Romagna. Deliberazione della Giunta Regionale 11 aprile 2007, n. 465, “Approvazione delle Linee guida concernenti “Indicazioni tecniche per l’esercizio delle attività di tatuaggio e piercing”.
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20. Miatto E. Op. cit.: 200.
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Novità sul tatuaggio dalla letteratura scientifica internazionale Nella presente sezione sono riportati alcuni abstracts di articoli scientifici riguardanti i tatuaggi apparsi di recente in letteratura e censiti da PubMed. La scelta si è basata sulle complicanze legate a questo ornamento corporeo, ormai molto diffuso soprattutto nella popolazione giovanile, sul loro trattamento e sui possibili metodi di rimozione dei tatuaggi. Sempre rimanendo nel tema delle complicanze, accanto alle forme strettamente cutanee, è da segnalare il sempre più frequente coinvolgimento del compartimento oculare sotto forma di manifestazioni cliniche anche gravi (cheratiti, retinocorioiditi, uveiti). È inoltre da evidenziare l’osservazione, anche se nei topi, che il pigmento rosso può agire come cocarcinogeno quando associato all’esposizione alle radiazioni UV. Tutte queste segnalazioni possono essere utili sia al medico di famiglia, sia allo specialista per una corretta informazione dei loro assistiti e per una loro migliore gestione sanitaria, quando dovessero comparire patologie legate a questa tecnica di decorazione cutanea permanente. Donatella Tedeschi, MD
Curr Probl Dermatol. 2017; 52:30-41.
Tattoo Infections, Personal Resistance, and Contagious Exposure through Tattooing Serup J The 'Tattoo Clinic', Department of Dermatology, Bispebjerg University Hospital, Copenhagen, Denmark.
Bacterial infection of tattoos remains a common complication. Pyogenic bacteria can cause infections shortly after the tattoo is made. Severity of infection varies from minor to major, ultimately with life-threatening septicemia. Viral infections may be introduced, i.e. HVB, HVC, and HIV. The risk of infection depends on the following triad: microbial pathogen and its aggressiveness, individual resistance of the tattooed, and inoculation and exposures by the tattoo needle and in the tattoo parlor. Some infectious risks can be controlled. Persons with weaknesses can refrain from tattooing. Tattoo parlors and tattooing can be hygienic and clean albeit not sterile; much has improved helped by hygiene guidelines of professional tattooists' organizations and through control instituted by local and national authorities. Tattoo inks remain a potential source of infection difficult to control in a low-priced competitive market operating over the Internet and across national borders. Ten percent of new inks are contaminated with bacteria pathogenic to humans, independent of a claim of 'sterility'. Known brands and established manufacturers are considered safer. Work is in progress aiming at common European standards for tattoo hygiene. Doctors have a role not only in treating tattoo infections but also in reporting cases to the competent authority in their country to support the monitoring of tattoo infections at any time, as an instrument for the authority to detect local outbreaks of tattoo infections early and prevent that new tattoo customers become infected. It is a potential risk of the future that new and very aggressive bacteria not seen in the past may unexpectedly show up in the tattoo scene.
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G Ital Dermatol Venereol. 2017 May 16.
Skin diseases and tattoos: A five-year experience Napolitano M1, Megna M1, Cappello M1, Mazzella C1, Patruno C2 1 2
Department of Dermatology, University of Naples Federico II, Naples, Italy. Department of Dermatology, University of Naples Federico II, Naples, Italy
BACKGROUND: Decorative tattooing as a body art form underwent an exponential increase during the last two decades, particularly among teenagers and young adults. Consequently, the number of reported adverse reactions after tattooing has increased. The most frequent reported skin reactions to tattoo include infectious (bacterial, viral, fungal) or inflammatory (allergic contact dermatitis and granulomatous reaction) diseases. Moreover, tattoos can also induce the development of typical skin lesions of pre-existing dermatoses, a phenomenon known as isomorphism reactive or Koëbner phenomenon, which commonly occurs in patients with psoriasis, vitiligo, or lichen planus. METHODS: A retrospective study analyzing records data of patients attending the Department of Dermatology, University of Naples "Federico II" during 2011-2015 was performed. All cases of tattoorelated or closely located dermatitis were selected. RESULTS: We observed 19 patients (mean age: 26.4 year-old) showing cutaneous conditions related to the practice of tattooing. Allergic contact dermatitis was reported as the most common cutaneous disease linked to tattooing (31.6%), followed by granulomatous reactions (26.3%). These data are consistent with those already reported in literature. CONCLUSIONS: Our results highlight the need to develop detailed regulations regarding tattoos practice, used materials, as well as execution procedures in order to limit the outbreak of tattooing related skin diseases. Int J Dermatol. 2017; 56(8):822-827.
Tattooing and psoriasis: A case series and review of the literature Kluger N1, Estève E2, Fouéré S3, Dupuis-Fourdan F4, Jegou MH5, Lévy-Rameau C6 1 Dermatology,
University of Helsinki and Helsinki University Central Hospital, Helsinki, Finland. Service de Dermatologie, Hôpital de la Source, CHR d'Orléans, Orléans, France. 3 Centre clinique et biologique des MST, Hôpital Saint-Louis, Paris, France. 4 Private Practice, Orléans, France. 5 Private Practice, Blanquefort, France. 6 Private Practice, Montpellier, France. 2
BACKGROUND: Koebner phenomenon (KP) affects from a quarter to a third of the patients with psoriasis and can occur on tattoos. MATERIAL AND METHODS: We retrospectively reviewed a case series of seven tattooed patients with an isomorphic response on their tattoos or partial psoriasis patches on their tattoos. We collected the demographic data, the past history of psoriasis, the clinical presentation, and the outcomes. We also performed a review of the literature. We tried to classify the different clinical profile of KP/psoriasis on tattoos accordingly. RESULTS: Six men and one woman with a median age of 36 ± 6.4 years old were included. Five disclosed a KP in a recent tattoo within days to 1 month after its completion. Fifteen additional cases were collected from the literature (8 men, median age 22 ± 8.2 years old).
Foto di C. Comacchi e G. Menchini, JPD 2011; 7,3.
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The delay of psoriasis flare-up after tattooing was rather short, from a few weeks to several months. We found a high variability in the clinical presentation with five clinical subtypes/profiles of psoriasis on tattoos. A possible confusion between "genuine" KP on tattoos and the coincidental occurrence of psoriasis patches on tattoos is possible in some cases of the literature. Patients were mainly managed locally, rarely by systemic treatments or biologics. CONCLUSION: Koebner phenomenon on tattoos may occur in patients with psoriasis under various forms. The evolution is benign, and psoriasis is not a contraindication for tattooing, but patients need proper counseling before getting tattooed. Contact Dermatitis. 2017 Jul 4.
Allergic contact dermatitis caused by a new temporary blue-black tattoo dye - sensitization to genipin from jagua (Genipa americana L.) fruit extract Bircher AJ1, Sigg R2, Scherer Hofmeier K1, Schlegel U3, Hauri U3 1 Allergy
Unit, Dermatology Clinic, University Hospital Basel and University of Basel 4031, Basel, Switzerland. Private practice, 6004 Lucerne, Switzerland. 3 Kantonales Laboratorium Basel-Stadt, 4056 Basel, Switzerland. 2
BACKGROUND: Temporary tattoos made with an extract of the jagua fruit (Genipa americana L.) are becoming increasingly popular. It is claimed that it is 'dermatologically tested' and does not contain p-phenylenediamine. Extracts of jagua and gardenia fruits have been used by indigenous people in South America, as well as in traditional Chinese medicine, for centuries. Genipin is currently used for its cross-linking effect in the manufacture of polysaccharides, and is being investigated for its anti-inflammatory and other properties. OBJECTIVES: To report the presence of the allergenic substance genipin in a self-administered temporary tattoo dye made from the fruit juice of jagua (Genipa americana L.). PATIENTS AND METHODS: A 39-year-old female who repeatedly applied 'completely natural and 100% safe' Earth Jagua® tattoo, obtained via the internet, to her left hand developed allergic contact dermatitis within 6 weeks. Analysis of the dye showed the presence of geniposide and genipin. RESULTS: Patch tests with the dye and with its main components, including genipin, gave strong positive reactions to the latter. There was no sensitization to other ingredients or p-amino compounds. CONCLUSIONS: We report an extensively evaluated case of allergic contact dermatitis caused by a temporary Earth Jagua® tattoo. The allergen identified is genipin, a substance that is increasingly used for tattoos and as a therapeutic agent in medicine. This could result in an increase in the number of allergic reactions in the future. Contact Dermatitis. 2017 Aug 9.
Are metals involved in tattoo-related hypersensitivity reactions? A case report de Cuyper C1, Lodewick E2, Schreiver I3, Hesse B4, Seim C5,6, Castillo-Michel H4, Laux P3, Luch A3 1
Department of Dermatology, AZ Sint-Jan Brugge-Oostende AV, 8000 Brugge, Belgium. Department of Dermatology, ZorgSaam Zeeuws-Vlaanderen, 4535 PA Terneuzen, The Netherlands. 3 Department of Chemical and Product Safety, German Federal Institute for Risk Assessment (BfR), 10589 Berlin, Germany. 4 European Synchrotron Radiation Facility (ESRF), 38043 Grenoble Cedex 9, France. 5 Physikalisch-Technische Bundesanstalt, 10587 Berlin, Germany. 6 Technische Universität Berlin, Institut für Optik und Atomare Physik, 10623 Berlin, Germany. 2
BACKGROUND: Allergic reactions to tattoos are not uncommon. However, identification of the culprit allergen(s) remains challenging.
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OBJECTIVES: We present a patient with papulo-nodular infiltration of 20-year-old tattoos associated with systemic symptoms that disappeared within a week after surgical removal of metal osteosynthesis implants from his spine. We aimed to explore the causal relationship between the metal implants and the patient's clinical presentation. METHODS: Metal implants and a skin biopsy of a reactive tattoo were analysed for elemental contents by inductively coupled plasma mass spectrometry and synchrotron-based X-ray fluorescence (XRF) spectroscopy. RESULTS: Nickel (Ni) and chromium (Cr) as well as high levels of titanium (Ti) and aluminium were detected in both the skin biopsy and the implants. XRF analyses identified Cr(III), with Cr(VI) being absent. Patch testing gave negative results for Ni and Cr. However, patch tests with an extract of the implants and metallic Ti on the tattooed skin evoked flare-up of the symptoms. CONCLUSION: The patient's hypersensitivity reaction and its spontaneous remission after removal of the implants indicate that Ti, possibly along with some of the other metals detected, could have played a major role in this particular case of tattoo-related allergy. Exp Ther Med. 2017; 14(1):283-285.
Bilateral diffuse lamellar keratitis triggered by permanent eyeliner tattoo treatment: A case report Lu CW1, Liu XF1, Zhou DD2, Kong YJ1, Qi XF1, Liu TT1, Qu T1, Pan XT1, Liu C1, Hao JL1 1
Department of Ophthalmology, The First Hospital of Jilin University, Changchun, Jilin 130021, P.R. China. of Radiology, The First Hospital of Jilin University, Changchun, Jilin 130021, P.R. China.
2 Department
Diffuse lamellar keratitis (DLK) is a sterile inflammation of the cornea, which may occur after laser-assisted in situ keratomileusis (LASIK) surgery. Little is known about the association of DLK with permanent eyeliner tattoo. The present case report describes the case of a 37-year-old Chinese woman who developed severe foreign body sensation in both eyes 1 week after receiving bilateral permanent eyeliner tattoo treatment. The patient had received bilateral LASIK surgery 10 years previously. Slit-lamp biomicroscopy revealed diffused granular infiltrates precipitated around the edge of the corneal flaps in both eyes. After topical treatment, DLK persisted. Therefore, the patient underwent surgery to remove the corneal epithelium around the DLK lesion. There was no recurrence of the disease during the 3-month observation period. To our knowledge, this is the first case report describing a case of late-onset of DLK that was triggered by permanent eyeliner tattoo. Doctors should be aware of the diagnosis and treatment of this complication associated with the application of permanent eyeliner tattoo as the popularity of this cosmetic procedure increases. Arch Soc Esp Oftalmol. 2017 Aug 24.
Tattoo associated retinochoroiditis Orellana Rios J1, Verdaguer Díaz JI2, Agee J3, Theodore Smith R3 1
Facultad de Medicina y Odontología, Universidad de Antofagasta, Antofagasta, Chile; New York University School of Medicine, Department of Ophthalmology, New York, EE.UU. 2 Fundación Oftalmológica Los Andes, Vitacura, Santiago, Chile. 3 New York University School of Medicine, Department of Ophthalmology, New York, EE.UU.
CLINICAL CASE: A young woman was referred to our offices with impairment of visual acuity after she received a third tattoo on her arm. Systemic medical and laboratory work-up were performed in order to exclude an infectious agent or inflammatory disease. A yellowish juxtafoveal lesion in left eye along with a plaque-like outer retinal disruption and focal pigmentary defects was assessed using multi-modal diagnostic imaging.
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DISCUSSION: Ophthalmologists treating uveitis should consider this uncommon association and question patients regarding tattoos and tattoo inflammation given the rise of subjects undergoing artistic tattooing. Cesk Slov Oftalmol. 2017 Spring; 73(1):30-33.
Tattoo-Associated uveitis Klímová A, Heissigerová J, Říhová E, Holan P, Brichová M, Svozílková P The clinical case of tattoo-associated uveitis was first described by Lubeck and Epstein in 1952. Uveitis is accompanied by induration and hyperemia of tattoo skin, which can precede, follow or manifest simultaneously with uveitis. The diagnosis is determined on clinical grounds after exclusion of other causes. Uveitis is usually bilateral, chronic and vision impairment is variable. Tattoo-associated uveitis should be remembered in differential diagnosis due to the growing interest in tattoo. BMJ Case Rep. 2017 May 27.
Vibrio vulnificus septic shock due to a contaminated tattoo Hendren N, Sukumar S, Glazer CS We present a case of Vibrio vulnificus septic shock and cellulitis in a patient with chronic liver disease that occurred after obtaining a leg tattoo with subsequent seawater exposure in the Gulf of Mexico. Initial suspicion for V. vulnificus was high and he was started on empiric doxycycline and ceftriaxone at admission. Blood and wound cultures grew oxidase positive and comma-shaped Gram-negative rods ultimately confirmed to be V. vulnificus. Despite aggressive initial treatment, the patient developed septic shock and died. This case highlights the association of chronic liver disease and high mortality associated with infections of V. vulnificus Health providers should remain vigilant for V. vulnificus infections in patients with chronic liver disease and raw oyster ingestion or seawater exposure. Exp Dermatol. 2017 May 13.
Red tattoos, ultraviolet radiation and skin cancer in mice Lerche CM1, Heerfordt IM1, Serup J1, Poulsen T2, Wulf HC1 1
Department of Dermatology, Copenhagen University Hospital, Copenhagen, Denmark. of Pathology, Hospital of Southern Jutland, Soenderborg, Denmark.
2 Department
Ultraviolet radiation (UVR) induces skin cancer. The combination of UVR and red tattoos may be associated with increased risk of skin cancer due to potential carcinogens in tattoo inks. This combination has not been studied previously. Immunocompetent C3.Cg/TifBomTac hairless mice (n = 99) were tattooed on their back with a popular red tattoo ink. This often used ink is banned for use on humans because of high content of the potential carcinogen 2-anisidine. Half of the mice were irradiated with three standard erythema doses UVR thrice weekly. Time to induction of first, second and third squamous cell carcinoma (SCC) was measured. All UV-irradiated mice developed SCCs. The time to the onset of the first and second tumor was identical in the red-tattooed group compared with the control group (182 vs 186 days and 196 vs 203 days, P = ns). Statistically, the third tumor appeared slightly faster in the red-tattooed group than in the controls (214 vs 224 days, P = .043). For the second and third tumor, the growth rate was faster in the red-tattooed group compared with the control (31 vs 49 days, P = .009 and 30 vs 38 days, P = .036). In conclusion, no spontaneous cancers were observed in skin tattooed with a red ink containing 2-anisidine. However, red tattoos exposed to UVR showed faster tumor onset regarding the third tumor, and faster growth rate of the second and third tumor indicating red ink acts as a cocarcinogen with UVR. The cocarcinogenic effect was weak and may not be clinically relevant.
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Curr Probl Dermatol. 2017; 52:74-81.
Medical Treatment of Tattoo Complications Serup J The 'Tattoo Clinic', Department of Dermatology, Bispebjerg University Hospital, Copenhagen, Denmark.
Tattooing is a skin trauma and involves a special vulnus punctatum (with inserted tattoo ink, a vulnus venenatum), which should heal with no infection and no local complication. Local treatment in the healing phase ideally builds on the 'moist wound' principle using plastic film, hydrocolloids, silver dressing, and compression. Bacterial infections during healing are treated with oral antibiotics, and a list of first-line antibiotics is proposed. Notice is given to severe infections with affected general condition, and it is emphasized that intravenous antibiotic treatment must be instituted as early as possible to prevent septic shock and death. Hydrophilic antibiotics shall be given in high load and maintenance dose due to increased renal clearance of such antibiotics. Chronic allergic reactions of red tattoos respond little to local corticoids and are best treated with dermatome shaving. Laser removal is contraindicated due to the risk of photochemical activation of the allergy with anaphylaxis or worsening. Chronic reactions in black tattoos can be treated with local corticoids, dermatome shaving, and lasers as well. Systemic corticoid is used in allergic reactions in red tattoos and in cross-allergic reactions of other red tattoos as well as in black tattoo reactions associated with sarcoidosis and with cutaneous 'rush phenomenon' affecting any black tattoo. Systemic corticoid is also indicated in generalized eczema due to nickel allergy or another allergy challenged through tattooing or introduced by tattooing as a primary sensitization. The use of intralesional corticoid, antihistamines, and immunosuppressive medicines is discussed. A warning against the use of lactic acid and other caustic chemicals for tattoo removal is given, since such chemicals and commercial products cannot be dosed properly and very often result in disfiguring scarring. StatPearls [Internet]. Treasure Island (FL): StatPearls Publishing; 2017 Jun 30.
Tattoo Lasers Henley JK1, Ramsey ML2 1 Geisinger 2 Geisinger
Medical Center. Health System.
Laser tattoo removal was first used in the late 1960s following the creation of the first laser, but removal often led to suboptimal results due to significant surrounding tissue destruction and scarring. It was not until the description of the theory of selective photothermolysis in the 1980s that exogenous tattoo pigment could be selectively targeted as a chromophore at specific wavelengths. According to this theory, the target chromophore must be heated quickly before it can cool. For optimal destruction, the pulse durations need to be shorter than the thermal relaxation time of the tattoo particle or the time that is required for the target to lose 50% of its heat. Due to the small size of the tattooparticles, rapid pulses of high heat at very short pulse durations in the nanosecond to picosecond range are required to prevent cooling of the particles. The thermal relaxation time of tattoo particles is thought to be less than ten nanoseconds. Lasers with Q-switched technology are capable of producing light pulses of short duration but with a peak power that is much higher than is achievable with continuous wave output. More recently, lasers of even shorter pulse duration have been developed, potentially offering better targeting of chromophores with less damage to surrounding tissue. Laser Devices: The type of laser and wavelength chosen for removal largely depends on the patientâ&#x20AC;&#x2122;s tattoocolor and skin type. Q-switched (QS) lasers such as the QS Ruby, QS Nd: YAG, and QS Alexandrite until recently were the most effective devices for tattoo removal. However, picosecond lasers have quickly become the mainstay of treatment due to their superior efficacy and decreased treatment durations. Now there are picosecond 532-nm, 694-nm, 755-nm, and 1064-nm
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devices available to target a wide array of tattoo pigments. Patients with Fitzpatrick IV-VI (darker) skin types should be treated cautiously due to increased risk for hypopigmentation following treatment. Lasers that penetrate deeper into the dermis, such as the Nd: YAG 1064-nm laser, are associated with a decreased risk of epidermal damage and hypopigmentation in this patient population. Some chromophores for various laser wavelengths include: 532 nm - red, orange, yellow, brown. 694 nm - black, blue, green. 755 nm - black, blue, green. 1064 nm - black, blue. Colors that respond best to laser removal are black, brown, dark blue, and green, while the most difficult colors to remove are red, orange, yellow, and light blue. Clin Cosmet Investig Dermatol. 2017; 10:205-210.
Tattoo removal with ingenol mebutate Cozzi SJ1, Le TT1, Ogbourne SM2, James C1, Suhrbier A1 1
Inflammation Biology Laboratory, QIMR Berghofer Medical Research Institute, Brisbane. Research Center, Faculty of Science, Health, Engineering and Education, University of the Sunshine Coast, Maroochydore DC, QLD, Australia.
2 Genecology
An increasing number of people are getting tattoos; however, many regret the decision and seek their removal. Lasers are currently the most commonly used method for tattoo removal; however, treatment can be lengthy, costly, and sometimes ineffective, especially for certain colors. Ingenol mebutate is a licensed topical treatment for actinic keratoses. Here, we demonstrate that two applications of 0.1% ingenol mebutate can efficiently and consistently remove 2-week-old tattoos from SKH/hr hairless mice. Treatment was associated with relocation of tattoomicrospheres from the dermis into the posttreatment eschar. The skin lesion resolved about 20 days after treatment initiation, with some cicatrix formation evident. The implications for using ingenol mebutate for tattoo removal in humans are discussed.
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Istructions to Authors Authors’ responsibilities Manuscripts are accepted with the understanding that they have not been published or submitted for publication in any other journal. Authors must submit the results of clinical and experimental studies conducted according to the Helsinki Declaration on clinical research and to the Ethical Code on animal research set forth by WHO (WHO Chronicle 1985; 39:51). The Authors must obtain permission to reproduce figures, tables and text from previously published material. Written permission must be obtained from the original copyright holder (generally the Publisher).
Manuscript presentation Authors must submit the text (MAC and WINDOWS Microsoft Word are accepted) and illustrations by e-mail. It is also necessary send a picture of the first Author. As an alternative manuscripts can be submitted by surface mail on disk with two hard copies of the manuscript and two sets of illustrations. Manuscripts must be written in English or in Italian language in accordance with the “Uniform Requirements for Manuscripts submitted to biomedical journals” defined by The International Committee of Medical Journal Editors (http://www.ICMJE.org). Manuscripts should be typed double spaced with wide margins. They must be subdivided into the following sections:
Title page
It must contain: a) title; b) first, middle and last name of each Author without abbreviations; c) University or Hospital, and Department of each Author; d) last name and address of the corresponding Author; e) e-mail and/or fax number to facilitate communication; f) list of abbreviations.
Summary
The Authors must submit a long English summary. After the summary, three to ten key words must appear, taken from the standard Index Medicus terminology.
Text
For original articles concerning experimental or clinical studies and case reviews, the following standard scheme must be followed: Introduction - Material and methods - Results - Discussion - Conclusions - Summary - References - Tables - Legends Figures.
Size of manuscripts
Literature reviews, Editorials and Original articles concerning experimental or clinical studies should not exceed 20 typewritten pages including figures, tables, and reference list. Case reports and notes on surgical technique shouid not exceed 10 type written pages (references are to be limited to 12). Letters to the editors should be not longer than 1000 words.
References
The Author is responsible for the accuracy of the references. References must be sorted in order of quotation and numbered with arabic digits between parentheses. Only the references quoted in the text can be listed. Journal titles must be abbreviated as in the Index Medicus. Only studies published on easily retrieved sources can be quoted. Unpublished studies cannot be quoted, however articles “in press” can be listed with the proper indication of the journal title, year and possibly volume. References must be listed as follows: All Authors if there are six or fewer, otherwise the first three, followed by “et al.”. Complete names for Work Groups or Committees. Complete title in the original language.
Title of the journal following Index Medicus rules. Year of publication; Volume number: First page. Example: Starzl T, Iwatsuki S, Shaw BW, et al. Left hepatic trisegmentectomy. Surg Gynecol Obstet 1982; 155:21. Authors - Complete title in the original language. Edition number (if later than the first). City of publication: Publisher, Year of publication. Example: Bergel DIA. Cardiovascular dynamics. 2nd ed. London: Academic Press Inc., 1974. Authors of the chapters - Complete chapter title. In: Book Editor, complete Book Title, Edition number. City of publication: Publisher, Publication year: first page of chapter in the book. Example: Sagawa K. The use of central theory and system analysis. In: Bergel DH (Ed), Cardiovascular dynamics. 2nd ed. London: Academic Press Inc., 1964; 115.
Tables
Tables must be clearly printed and aimed to make comprehension of the written text easier. They must be numbered in Arabic digits and referred to in the text by progressive numbers. Every table must be typed on a separate sheet and accompanied by a brief title. The meaning of any abbreviations must be explained at the bottom of the table itself.
Figures
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Antonio Di Maio
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