ITALIANA d d ii M M E E D D ii C C ii N N A A dell’ADOLESCENZA
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Christina Vrettou Özlem Zumrut
Trattato nasce dall’esigenza
offrire evidenze scientifiche della letteratura in diversi àmbiti clinici, riguardo alla Nutraceutica in Pediatria, in un contesto attuale dove è molto forte da parte della società la propensione a ricorrere a “prodotti naturali”.
temi trattati sono a sostegno di scelte mirate da parte del Pediatra, che possono essere di supporto dal punto di vista preventivo e terapeutico, per la salute di bambini e adolescenti.
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R i V i S T A ITALIANA d d ii M M E E D D ii C C ii N N A A dell’ADOLESCENZA
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L’accesso al test per l’accertamento dell’infezione da HIV in caso di soggetto adolescente pag. 45 Paola Delbon
FRONT LINE
Come approcciare il periodo di transizione dal Pediatra di Libera Scelta (PLS) al Medico di Medicina Generale (MMG) pag. 51 Vincenzo De Sanctis, Leopoldo Ruggiero
CASE REPORT
Riscontro occasionale di un allungamento del tratto QT (LQTS) in un adolescente che pratica attività sportiva agonistica pag. 53 Vincenzo De Sanctis, Leopoldo Ruggiero, Salvatore Di Maio, Armando Grossi
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Genotype, clinical phenotype, and long-term outcomes in patients with HbH disease in Greece: Experience of a tertiary Thalassemia Unit pag. 59 Polyxeni Delaporta, Christalena Sofokleous, Christina Vrettou, Antonis Kattamis, Christos Kattamis
What health care professionals need to know about hemoglobinopathies in migrants and refugees? pag. 65 Duran Canatan, Joan Lluis Vives Corrons, Giorgio Piacentini, Basak Tezel, Aslıhan Ugur Kulekci, Elena Krishnevskaya, Özlem Zumrut, Zekiye Özdemir, Kemal Gursoy, Mustafa Hambolat,Tanju Altunsu, Levent Sağlam, İlhan Aydın, Abdullah Solmaz, Selin Akyuz, Gamze Kaymak, Reyhan Gur, Vincenzo de Sanctis
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L’accesso al test per l’accertamento dell’infezione da HIV in caso di soggetto adolescente
Paola DelbonDipartimento di Specialità Medico-Chirurgiche, Scienze Radiologiche e Sanità Pubblica, Sezione di Sanità Pubblica e Scienze Umane Università degli Studi di Brescia, Brescia.
Riassunto
In Italia, la Legge n. 135/ 1990 non contiene alcuna specifica previsione normativa in riferimento al sog getto minore d’età in materia di accertamento dell’infezione da HIV. In caso di minore, il consenso al trattamento sanitario è di norma espresso dai genitori o dal rappresentante legale. D’altra parte l’ordinamento giuridico prevede alcune ecce zioni, e afferma l’esigenza di promuovere l’autonomia del minore. L’accesso al test per l’accertamento dell’infezione da HIV per i minori non è ancora oggetto di regolamentazione legislativa; un recente parere dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza ha affrontato tale tema. Un update su questa problematica viene riportato dall'Autore del pre sente articolo.
Parole chiave: Autonomia del minore, consenso, test per la diagnosi di HIV, adolescenti.
Access to HIV testing for adolescents Summary
In Italy, access to HIV testing is defined by Law 135 of 5 June 1990; the Law does not contain any provi sions on access to testing for minors. Generally, when the patient is a minor, consent to treatment is expressed by their parents or legal guardian. The Italian legal system comprehends some exceptions, and affirms the duty to promote the developing autonomy of minor patients. Access to HIV testing for minors has not yet explicitly stated in Italian law. A recent opinion of the Italian Authority for Children and Adolescents has addressed this issue. An update is presented by the Author on this trail.
Key words: Autonomy of minor patients, consent, HIV testing, adolescents.
Introduzione
La valorizzazione dell’autonomia del minore, pur nel riconosci mento delle esigenze di protezione dello stesso ovvero nell’attribu zione della titolarità del consenso in ambito sanitario agli esercenti la responsabilità genitoriale o la tutela, trova espressa affermazio ne nella Legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) (1).
L’art. 3 (Minori e incapaci) della Legge, dopo aver stabilito che “La persona minore di età o incapace ha diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di comprensione e di decisione”, e pertan to “deve ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria salu te in modo consono alle sue capacità per essere messa nelle condizioni di esprimere la sua volontà” (comma 1), specifica inol tre che “Il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o
dal tutore tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità” (comma 2). L’esigenza del coin volgimento del minore nel processo decisionale trova riconosci mento nella “Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina” (2) del Consiglio d’Europa che, all’art. 6 (Protezione delle perso ne che non hanno la capacità di dare il consenso), dopo aver affermato che “Quando, secondo la legge, un minore non ha la capacità di dare consenso a un intervento, questo non può esse re effettuato senza l’autorizzazione del suo rappresentante, di un’autorità o di una persona o di un organo designato dalla legge”, precisa inoltre che “Il parere di un minore è preso in con siderazione come un fattore sempre più determinante, in funzione della sua età e del suo grado di maturità” (comma 2). Il dovere di prendere in considerazione l’opinione del minore, tenuto conto dell’età e del grado di maturità raggiunto, trova affermazione anche nelle norme che regolano l’esercizio delle professioni sanitarie (Codice di deontologia medica (3), art. 33 comma 4 e art. 35 comma 4; Codice deontologico delle Professioni Infermieristiche (art. 23) (4). L’ordinamento giuridico riconosce d’altra parte l’autonomia deci sionale del minore in alcune particolari situazioni: ad esempio in ambiti coinvolgenti aspetti delicati della vita del minore che in ipo tesi potrebbe scegliere di non rivolgersi a strutture e professionisti qualificati temendo un coinvolgimento dei genitori. In materia di interruzione volontaria di gravidanza (IVG), la Legge 22 maggio 1978, n. 194 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull’in terruzione volontaria della gravidanza) (5) prevede all’art. 12 che, nei primi novanta giorni, quando vi siano seri motivi che impedi scano o sconsiglino la consultazione delle persone esercenti la responsabilità genitoriale o la tutela, oppure le stesse, interpella te, rifiutino il loro assenso o esprimano pareri tra loro difformi, il giudice tutelare – su richiesta di un consultorio o struttura sociosanitaria, o del medico di fiducia –, sentita la minore e tenuto conto della sua volontà, delle ragioni che adduce e della relazio ne trasmessagli, può autorizzare la stessa a decidere sull’IVG. La stessa Legge, all’art. 2, stabilisce che “La somministrazione su prescrizione medica, nelle strutture sanitarie e nei consultori, dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile è consentita anche ai mino ri”. Con Determina n. 998 dell’8 ottobre 2020 (6) l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha abolito l’obbligo della prescrizione medica per la contraccezione di emergenza fino a cinque giorni dopo il rapporto anche per le minorenni, con l’intento di favorire il rag giungimento dell’obiettivo della “riduzione del tasso di concepi mento sotto i 18 anni nel quadro di miglioramento, in particolare, della salute sessuale delle adolescenti e, più in generale, della salute pubblica” (7). La Determina prevede che la dispensazione del farmaco avvenga contemporaneamente alla consegna, da parte del farmacista, di opportuno materiale informativo in forma to cartaceo sulla contraccezione.
Ancora, in materia di stupefacenti l’art. 120 (Terapia volontaria e anonimato) del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psico trope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossi codipendenza) (8) prevede che il minore possa chiedere perso nalmente al servizio pubblico per le dipendenze o ad una struttu ra privata autorizzata di essere sottoposto ad accertamenti dia gnostici e di eseguire un programma terapeutico e socio-riabili tativo, salva la possibilità che la richiesta di intervento venga pre sentata dagli esercenti la responsabilità genitoriale o la tutela.
Minori e accertamento dell’infezione da HIV: il contesto
La possibilità dell’accesso in autonomia per i minorenni, a partire dal raggiungimento di una determinata età, al test per l’accerta mento dell’infezione da HIV, è stata oggetto di un recente parere richiesto dal Ministero della Salute all’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza oltre che di alcune proposte legislative. Il Comitato ONU sui diritti dell’infanzia (9), in relazione all’art. 24 della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (10), che stabilisce che gli Stati riconoscono il diritto del minore di godere del miglior stato di salute possibile e di beneficiare di servizi medici e di riabilitazione, garantendo che nessun minore sia privato del diritto di avere accesso a tali servizi, ha sottolinea to l’importanza che gli Stati prendano in considerazione la possi bilità che ai soggetti minorenni sia riconosciuto di esprimere per sonalmente il consenso ad alcuni trattamenti sanitari, ad esem pio in caso di test per l’HIV e di servizi correlati alla salute ses suale e riproduttiva.
Lo stesso Comitato, in un precedente Commento generale (11), ha affrontato il tema del consenso e dell’accesso al test, affer mando che “l’accessibilità alla consulenza e al test dell’HIV a carattere volontario e confidenziale, con la dovuta attenzione allo sviluppo delle capacità del bambino, è fondamentale per i diritti e la salute dell’infanzia” (par. 22) e che lo sviluppo delle capacità del minore determinerà se il consenso deve essere espresso direttamente dallo stesso, dai genitori o dal tutore (par. 23). Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e Joint United Nations Programme on HIV/AIDS (UNAIDS), nella “Guidance on provider-initiated HIV testing and counselling in health facilities” (12) hanno ribadito l’importanza di individuare l’età ovvero le circostanze nelle quali i minori possano esprimere in autonomia il consenso al test e di determinare come acquisire e valutare l’assenso/ consenso in caso di soggetti adolescenti. In aggiunta, nelle “International Guidelines on HIV/AIDS and Human Rights” (13) viene indicato che gli Stati garantiscano ai minori un adeguato accesso nel rispetto della tutela della riserva tezza, ai servizi di salute sessuale e riproduttiva, inclusi offerta di informazione, consulenza e test relativi all’HIV, e a misure di pre venzione e supporto sociale in caso di accertata condizione di
sieropositività. L’offerta di tali servizi dovrebbe realizzarsi nella garanzia del bilanciamento tra diritto del minore, ad essere coin volto nel processo decisionale in relazione al suo livello di matu rità, e diritti e doveri riconosciuti ai genitori o al tutore a tutela della salute e del benessere del minore.
Anche nel Piano Nazionale di Interventi contro HIV e AIDS (PNAIDS), tra gli interventi proposti al fine di “Aumentare e diver sificare le occasioni/modalità di accesso al test”, risulta la defini zione di “procedure che permettano l’accesso al test ai minori, senza obbligo di richiesta del consenso da parte dei genitori, con interventi normativi adeguati” (14) . Il recente Notiziario dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) in tema di “Aggiornamento delle nuove diagnosi di infezione da HIV e dei casi di AIDS in Italia al 31 dicembre 2020” (15) riporta i dati sul l’incidenza dell’infezione aggiornati a dicembre 2020, fermo restando che gli stessi, come sottolineato nel documento, “hanno risentito dell’emergenza COVID-19 in modi e misure che potranno essere correttamente valutate solo verificando i dati dei prossimi anni”. Dall’aggiornamento emerge anzitutto l’andamen to in diminuzione dell’incidenza delle nuove diagnosi HIV dal 2012, con una riduzione particolarmente accentuata nel 2020; tale diminuzione risulta più evidente nella fascia d’età sopra i 25 anni, mentre nella fascia d’età 15-24 anni è stato rilevato un lieve aumento negli anni 2015-2017. Nel 2020 l’incidenza più elevata delle nuove diagnosi HIV è stata osservata nella fascia d’età 2529 anni. Dal 2015, è stato osservato un aumento della quota di persone a cui è stata diagnosticata tardivamente l’infezione da HIV; nel 2020 è aumentata la proporzione di persone, con nuova diagnosi di AIDS, che è venuta a conoscenza della propria con dizione di sieropositività nei mesi precedenti la diagnosi di AIDS. Suddividendo per fasce d’età la distribuzione delle nuove dia gnosi di infezione da HIV nel 2020, in età pediatrica (0-14 anni) vengono riportate 7 diagnosi comprendenti: 7 casi di trasmissio ne verticale in quattro neonati e in tre bambini di età di 2, 6, 10 anni; nella classe d’età 15-19 anni sono state riportate 9 diagnosi di infezione, le cui modalità di trasmissione sono riconducibili a rapporti sessuali (5 casi), utilizzo di siringhe infette (3 casi), altro/ non riportata (1 caso).
Il recente Rapporto sull’attività di counselling telefonico in materia di HIV, AIDS e infezioni sessualmente trasmesse, svolta nel corso del 2021 dall’equipe di esperti dell’Unità Operativa Ricerca psico-socio-comportamentale, Comunicazione, Formazione del Dipartimento Malattie Infettive dell’ISS, all’interno del Servizio nazionale “ Telefono Verde AIDS e Infezioni Sessualmente Trasmesse” (16), ha analizzato specificamente le informazioni raccolte durante l’attività di counselling telefonico rivolta a sog getti di età compresa tra 15 e 24 anni. Nel corso del 2021 il ser vizio ha ricevuto 826 telefonate (pari a 11,5% del totale) da parte di soggetti di età compresa tra 15 e 24 anni; di queste, 98 (11.8%) da soggetti di età compresa tra 15 e 19 anni.
I 3,250 quesiti posti al servizio da persone di età compresa tra 15 e 24 anni riguardano principalmente le modalità di trasmissione
dell’infezione (1.058 quesiti, 32,6%) ed i test diagnostici (956 quesiti, 29,4%); altri argomenti oggetto di quesiti sono gli aspetti psico-sociali (11,9%), la disinformazione (8,1%), gli agenti eziolo gici-virus, batteri (6,8%), la prevenzione (4,5%), i sintomi (2,6%), la terapia e la ricerca (1,1%), e altro (3,1%).
Nel rapporto si sottolinea quindi l’esigua percentuale di persone giovani nei soggetti che hanno usufruito del counselling e si evi denzia l’importanza, a garanzia della salute delle giovani genera zioni, di “proseguire attraverso interventi di prevenzione conformi al mondo giovanile, utilizzando linguaggi e modalità espressive che possano raggiungere un target caratterizzato da una bassa percezione del rischio e da un’alta attitudine al rischio”.
Tale preoccupazione emerge anche nella Relazione di accompa gnamento alla Proposta di Legge n. 1788 (17), presentata alla Camera dei Deputati il 17 aprile 2019 (XVIII legislatura), volta spe cificamente a definire l’accesso dei minori all’accertamento del l’infezione da HIV, nella quale appunto si sottolineava che “i mino ri possono essere esposti a un rischio significativo di contrarre l’infezione da HIV anche a causa dell’inesperienza e della disat tenzione legate all’età, che li può portare a una valutazione non corretta dei rischi” e nel contempo il noto vantaggio di una dia gnosi precoce dell’infezione.
Inoltre, una tardiva diagnosi di condizione di sieropositività, oltre a incidere sulla condizione dell’interessato, impedendo un tem pestivo intervento terapeutico e un miglioramento della qualità di vita del soggetto, favorisce il rischio di trasmissione del virus a un maggior numero di soggetti (18).
Da un’indagine nazionale svolta tra il 31 ottobre 2017 e il 30 marzo 2018 dall’Istituto Superiore di Sanità (19), alla quale hanno partecipato oltre 16.000 studenti, di 16-17 anni, sono emerse importanti informazioni riguardo a conoscenze, atteggiamenti e comportamenti degli adolescenti nell’ambito della salute sessua le e riproduttiva: il 57% delle ragazze e il 43% dei ragazzi ha dichiarato di non aver ancora avuto rapporti sessuali, il 15% delle ragazze e il 22% dei ragazzi ha dichiarato di aver avuto rapporti sessuali incompleti, il 28% delle ragazze e il 35% dei ragazzi rap porti sessuali completi; di questi ultimi il 77% sia dei ragazzi che delle ragazze ha dichiarato di aver utilizzato il profilattico in occa sione del primo rapporto; il 23% dei ragazzi e il 29% delle ragazze di aver praticato il coito interrotto e l’11% dei ragazzi e il 9% delle ragazze di non aver preso alcuna precauzione. Soltanto una ridotta percentuale (il 3% dei ragazzi e il 7% delle ragazze) si è rivolta ai professionisti dei consultori; il 29% dei ragazzi e il 16% delle ragazze ha dichiarato di non conoscere questi servizi. La famiglia risulta non essere il contesto principale nel quale si affrontano argomenti relativi alla sessualità e all’affettività (metodi contraccettivi, infezioni/malattie sessualmente trasmissibili, svi luppo sessuale e fisiologia della riproduzione, esperienze senti mentali); in particolare, solo il 20% dei ragazzi e il 21% delle ragazze ha dichiarato di aver parlato in modo approfondito con i propri familiari riguardo a “infezioni/malattie sessualmente tra smissibili”. Gli amici/ compagni sono le persone con le quali gli
adolescenti affrontano più frequentemente queste tematiche, in particolare le esperienze sentimentali (il 56% dei ragazzi e il 70% delle ragazze dichiara di averne parlato in modo approfondito), in misura minore le infezioni/ malattie sessualmente trasmissibili (affrontate in modo approfondito con gli amici/ compagni dal 27% dei ragazzi e dal 26% delle ragazze).
Il 22% dei quindicenni che hanno partecipato ad un’indagine condotta nel 2018 nelle Regioni italiane – indagine che ha coin volto quasi 59.000 studenti di 11, 13, 15 anni, nell’ambito dello studio internazionale HBSC-Health Behaviour in School-aged Children (20), – ha dichiarato di aver già avuto un rapporto ses suale completo (il 26% dei maschi e il 18% delle femmine); di questi, per quanto riguarda le misure contraccettive utilizzate, circa il 70% ha dichiarato di aver utilizzato il preservativo, il 44,3% di aver praticato il coito interrotto e l’11,3% di aver utilizzato la pil lola anticoncezionale durante l’ultimo rapporto.
Minori e accesso al test per l’accertamento dell’infezione da HIV: prospettive di riforma
La Legge 5 giugno 1990, n. 135 (Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l’AIDS) (21) stabilisce all’art. 5 (Accertamento dell’infezione) che “Nessuno può essere sotto posto, senza il suo consenso, ad analisi tendenti ad accertare l’in fezione da HIV se non per motivi di necessità clinica nel suo inte resse” e che “ La comunicazione dei risultati di accertamenti dia gnostici diretti o indiretti per infezione da HIV può essere data esclusivamente alla persona cui tali esami sono riferiti”, senza alcuna specifica previsione relativa al soggetto minorenne. L’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza (22), in risposta a una richiesta di parere formulata dal Ministero della Salute, si è espressa favorevolmente riguardo alla possibilità di valutare l’in troduzione di norme che consentano ai soggetti minorenni l’ac cesso in autonomia ai test per l’accertamento dell’infezione da HIV e di altre infezioni a trasmissione sessuale (IST): in particola re, secondo l’Autorità Garante, “a garanzia del superiore interes se della persona minore di età, a cui è consentito per legge di vivere consensualmente la propria sessualità a determinate con dizioni già a partire dai 13 anni […], al fine di rendere effettivo il diritto alla salute […] si ritiene lecito e opportuno valutare l’adozio ne di strumenti normativi che consentano alla persona di minore età l’accesso al test per l’HIV e per le IST in un contesto protetto e dedicato nell’ambito del SSN, anche senza il preventivo con senso del genitore o tutore”. Tale riconoscimento di autonomia non esclude il necessario coinvolgimento degli esercenti la responsabilità genitoriale o la tutela in caso di positività del test, in deroga alla norma in materia di riservatezza contenuta nell’art. 5 della citata Legge n. 135/ 1990: “può essere, infatti, considerato rispondente al superiore interesse del minorenne comunicare i risultati (positivi) ai genitori o al tutore, al fine di garantirgli adegua
to supporto affettivo nella gestione della notizia e della terapia”.
La previsione della possibilità di accesso per i minori in autono mia al test per l’accertamento dell’infezione da HIV era contenuta nella Proposta di Legge C. 1972 (XVIII legislatura) (23), recante “Interventi per la prevenzione e la lotta contro l’AIDS e le epidemie infettive aventi carattere di emergenza”, presentata il 10 luglio 2019, alla quale era stato in seguito disposto l’abbinamento di altre due proposte legislative vertenti sulla stessa materia (24).
Il nuovo testo, risultante dalle proposte emendative approvate dalla Commissione Affari Sociali al testo base, prevedeva la pos sibilità dell’accesso per i minori che abbiano compiuto quattordi ci anni al test per l’accertamento dell’infezione da HIV presso le strutture sanitarie pubbliche e le strutture sanitarie private accre ditate per la cura delle malattie infettive, senza necessità di auto rizzazione degli esercenti la responsabilità genitoriale. La propo sta di legge prevedeva che in tal caso la comunicazione al mino re della condizione di sieropositività o della necessità di ulteriori accertamenti fosse effettuata con la presenza di un medico infet tivologo e di uno psicologo, garantendo al minore assistenza e sostegno psicologico per la comunicazione dello stato di siero positività ai familiari o alle altre persone adulte di riferimento. Parallelamente all’introduzione della possibilità di accesso in autonomia al test per le persone minori di età, “in un contesto protetto e dedicato nell’ambito del SSN”, l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza (22) sottolinea la necessità di “promuo vere capillarmente la cultura della prevenzione e l’educazione alla affettività e alle emozioni”, in linea con la posizione della rete europea dei garanti per l’infanzia e l’adolescenza (ENOC) (25) che raccomanda l’inclusione nei programmi scolastici a tutti i livelli di un’educazione obbligatoria e di alta qualità. Del resto, dalla citata indagine nazionale sulla salute sessuale e riproduttiva degli adolescenti (19) emerge come siano gli stessi adolescenti a riconoscere alla scuola un ruolo formativo sulle tematiche della sessualità e della salute riproduttiva: secondo il 50% dei ragazzi l’informazione su tali tematiche dovrebbe essere garantita fin dalla scuola secondaria di primo grado.
Conclusioni
Il riconoscimento della possibilità per gli adolescenti di accedere in autonomia al test per l’HIV potrebbe dunque garantire i van taggi di una diagnosi precoce dell’infezione, rispetto ad un accertamento tardivo che non consentirebbe il ricorso in tempi ottimali alla terapia antiretrovirale; d’altra parte, se la mancanza di consapevolezza dello stato di infezione può favorire un’ulterio re diffusione del contagio, la terapia antiretrovirale, riducendo la carica virale può anche contribuire a limitare la diffusione (26). Se l’accesso ad una struttura per effettuare il test “rappresenta un contatto assolutamente importante in termini non solo di dia gnosi precoce, ma anche di prevenzione ed educazione sanita ria” (26), la regolamentazione delle modalità di accesso ed ese
cuzione del test in caso di minori non può non inserirsi nel qua dro di una strutturata promozione della consapevolezza del rischio e della prevenzione dell’infezione oltre che dell’educazio ne all’affettività, nei contesti e attraverso le modalità che possano risultare più adeguate ed efficaci.
Bibliografia
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17. Proposta di Legge C. 1788, recante “Introduzione dell’articolo 5-bis della legge 5 giugno 1990, n. 135, in materia di accesso dei minori agli accertamenti dell’infezione da virus dell’immunodeficienza umana (HIV), presentata il 17 aprile 2019.
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21. Legge 5 giugno 1990, n. 135 (Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l’AIDS), G.U. n. 132 del 8 giugno 1990.
22. Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza. Parere avente ad oggetto “Accesso in autonomia dei minorenni al test per la diagnosi di HIV e di altre infezioni a trasmissione sessuale (IST) – Parere AGIA”. 22 febbraio 2019. https://www.garanteinfanzia.org/sites/default/files/ accesso_in_ autonomia_dei_minorenni_al_test_per_la_ diagnosi_di_ hiv_e_di_altre_infezioni_a_trasmissione_sessuale_ist__parere_agia.stamped.pdf (accesso 20 luglio 2022).
23. Proposta di Legge C. 1972, recante “Interventi per la prevenzione e la lotta contro l’AIDS e le epidemie infettive aventi carattere di emergenza”, presentata il 10 luglio 2019.
24. Proposta di Legge C. 1788, cit. e Proposta di Legge C. 3464, recante “Introduzione dell’art. 5-bis della legge 5 giugno 1990, n. 135, in materia di assistenza dei minori affetti dal virus dell’immunodeficienza umana (HIV) o dalla sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) e delle loro famiglie”, presentata il 10 febbraio 2022.
25. European Network of Ombudspersons for Children (ENOC). Position Statement on a Comprehensive Relationship and Sexuality Education: The right of children to be informed. 21st ENOC General Assembly, 21 settembre 2017, Helsinki. https://enoc.eu/wp-content/ uploads/
2017/10/ENOC-position-statement-on-CRSE.pdf (accesso 29 agosto 2022).
26. Documento di consenso sulle politiche di offerta e le modalità di esecuzione del test per HIV in Italia. In: Ministero della Salute –Dipartimento della prevenzione e della innovazione – Direzione Generale della prevenzione. Relazione finale della Commissione Nazionale per la lotta contro l’AIDS 2009-2013. https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1904_allegato.pdf (accesso 16 settembre 2022).
Corrispondenza:
Paola Delbon
Dipartimento di Specialità Medico-Chirurgiche
Scienze Radiologiche e Sanità Pubblica, Sezione di Sanità Pubblica e Scienze Umane Centro di Studio e di Ricerca di Bioetica Università degli Studi di Brescia
Viale Europa, 11 - 25123 Brescia E-mail: paola.delbon@unibs.it
Come approcciare il periodo di transizione dal Pediatra di Libera Scelta (PLS) al Medico di Medicina Generale (MMG)
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito l’ado lescenza il “periodo della vita dell’individuo il cui inizio coincide con la comparsa dei primissimi segni morfo-funzionali e/o psico sociali di maturazione puberale ed il cui termine sopravanza la conclusione di quella che comunemente viene definita: l’età evo lutiva” (approssimativamente dal 10° al 20° anno di età). Per transizione si intende il “passaggio programmato degli adole scenti affetti da malattia cronica da un sistema di cure centrato sul bambino a uno orientato sull’adulto”. Viene, tuttavia, da chiedersi se la transizione deve essere un processo pianificato solo per gli adolescenti che hanno una patologia cronica oppure deve esse re garantita a tutti i ragazzi/e sani o con patologie croniche non complesse che, arrivati ad una certa età, lasciano il Pediatra di Libera Scelta (PLS) per passare obbligatoriamente all’assistenza del Medico di Medicina Generale (MMG).
L’Italia è una delle poche nazioni al mondo che ha un Sistema Sanitario Nazionale dotato di specialisti in pediatria che operano sul territorio, il che rappresenta una risorsa per la prevenzione e la cura in età infantile. La regolamentazione della medicina del territorio prevede che il passaggio alle cure del medico dell’adul to avvenga a 14 anni, solo in casi particolari a 16, ma il bambino di età superiore a 6 anni può essere assistito anche dal medico di medicina generale.
La letteratura internazionale sulla transizione delle cure dall’area pediatrica alla medicina dell’adulto (HRT: Health Care Transition), vanta ad oggi più di 3.000 articoli, di cui tre Consensus Statement dell’American Academy of Pediatrics ( nel 2002, 2011 e 2018).
Cionostante, dopo anni di sforzi, anche in sistemi sanitari alta mente perfezionati, la transizione rimane un processo frammen tario, non pianificato, per lo più con il carattere della volontarietà. Le ragioni delle difficoltà sono molteplici: scarso training, man canza di personale adeguatamente preparato, poche risorse economiche, mancanza di pediatri e medici dell’adulto adegua tamente preparati per affrontare questa fase molto delicata e complessa dell’adolescenza.
Nel 2013 sono stati intervistati 58 adolescenti ed un genitore del Distretto 1 di Latina, di età compresa tra 14 e 18 anni, di cui 11
affetti a patologia cronica. Lo studio osservazionale ha utilizzato un questionario anonimo che aveva come obiettivo la conoscen za sulla transizione al MMG degli adolescenti, con e senza con dizioni patologiche croniche.
All’indagine hanno aderito 59 MMG. Solo il 54% dei MMG ha dichiarato di aver ricevuto un report sulla storia clinica pregressa dei ragazzi/e. In sostanza, l'indagine descrittiva ha riportato che la transizione e l’attuale pratica assistenziale non sono ben strut turate e dovrebbero essere ottimizzate.
Come possiamo migliorare il passaggio dal pediatra di Libera Scelta (PLS) al MMG?
Affrontare gli aspetti organizzativi, formativi e la comunicazione tra pediatra di famiglia e medico di medicina generale? Questo tema è stato affrontato diversi anni fa ed ha prodotto un docu mento di consenso finale che ha preso in considerazione 6 aree d'intervento. Nonostante ciò, le varie risoluzioni sono state appli cate solo in parte:
1. Area clinica:
• Identificazione di alcune patologie e problemi che, più fre quentemente, richiedono una collaborazione/aggiornamen to/gestione comune tra MMG e PLS.
2. Area educazionale:
• Prevenzione;
• Educazione a corretti stili di vita;
• Campagne di informazione ed educazione alla salute (ad esempio, le vaccinazioni).
3. Area formazione:
• Formazione di base post-laurea di preparazione al ruolo pro fessionale;
• Scuola di specializzazione in pediatria con una formazione specifica rivolta alle competenze della pediatria di famiglia;
• Corso di formazione specifica in medicina generale (nel quale la formazione ai problemi pediatrici dovrebbe avvenire secon do la metodologia dell’approccio per competenze)
• Sviluppo professionale continuo durante l’attività professionale;
• Formazione, anche tramite corsi comuni che coinvolgano medici di medicina generale e pediatri di famiglia, sui problemi “di confine” (malato cronico, adolescente, stili di vita, ambien te e salute, prevenzione di incidenti domestici, strategie vacci nali, genitorialità, autogestione problemi comuni).
4. Area organizzazione:
• Promozione e sviluppo delle pratiche associative “miste” MMG/PdF;
• Richiesta alle software-house di elaborazione collaborativa (con PdF e MMG) di programmi informatici che si muovano sempre di più con una visione strettamente clinica, centrata sulla cartella individuale;
• Forme di comunicazione istituzionalizzate per il passaggio dell’assistito dal PdF al MMG, definendone la tipologia (con tatto diretto, form cartaceo o computerizzato) e qualità delle informazioni da trasmettere (ad esempio, mediante elabora zione di un minimum data set);
• Problema-privacy: passaggio di dati e informazioni tra profes sionisti con obiettivo di ottimizzazione delle cure.
5. Area di ricerca:
• Individuare campi di ricerca comuni di tipo sia qualitativo sia quantitativo, sollecitando un so-stegno istituzionale specie per quei progetti che si propongono di esplorare la continuità di cura dall’età pediatrica all’età adulta (ad esempio, follow-up della cronicità, valutazione degli esiti in età adulta di interventi iniziati in età pediatrica).
6. Area istituzionale:
• Interventi nell’area delle cure primarie con elaborazione di piani di integrazione a livello istituzionale (Piani di Zona, Distretti, ASL, Regioni) e di formulazione di indicatori di qualità che tengano conto della specificità dell’area delle cure prima rie e che permettano una valutazione dell’efficacia e della qua lità delle cure rese dagli operatori, oltre che del livello di inte grazione e di comunicazione raggiunto;
• Valutazione (e valorizzazione) del fattore “tempo” dedicato ad ascoltare/ comunicare con il paziente, alla cura e alla comuni cazione/collaborazione con altri professionisti.
Considerazioni conclusive
Nel momento della transizione verso le cure dell’adulto è neces sario stabilire dei punti cardine di comunicazione tra le medicine del territorio che, dialogando tra loro, possano favorire una ade guata fase di transizione. Attualmente i genitori molto spesso scelgono direttamente il proprio Medico di famiglia e gli adole scenti non sono incuriositi per il loro futuro sanitario. Allo scopo di facilitare il passaggio al MMG un report anamnestico redatto dal PLS faciliterebbe l’inizio della relazione con l’assistito adole scente soprattutto se portatore di una patologia non completa mente risolta o nei casi di “adolescenti problematici”.
Bibliografia essenziale
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Corrispondenza:
Vincenzo de Sanctis
Servizio di Endocrinologia ed Adolescentologia
Ospedale Privato Accreditato Quisisana - 44121 Ferrara E-mail: vdesanctis@libero.it
Riscontro occasionale di un allungamento del tratto QT (LQTS) in un adolescente che pratica attività sportiva agonistica
Vincenzo De Sanctis 1, Leopoldo Ruggiero 2 , Salvatore Di Maio 3, Armando Grossi 4
1 Servizio di Endocrinologia ed Adolescentologia, Ospedale Privato Accreditato Quisisana, Ferrara; 2 Specialista in Pediatria, Lecce; 3 Primario Emerito di Pediatria, AORN Santobono-Pausilipon, Napoli; 4 Divisione di Endocrinologia, Ospedale Bambino Gesù, IRCCS, Roma.
Presentazione del caso clinico
All’età di 14 anni, ad un ragazzo che praticava attività sportiva agonistica venne riscontrato dal medico sportivo un allungamen to del tratto QT. Veniva consigliata la sospensione dell’attività sportiva in attesa della consulenza cardiologica, che confermava la diagnosi di sindrome del QT lungo (LQTS) con un ECG basale a 12 derivazioni. In considerazione di ciò, veniva consigliato un trattamento con beta bloccanti, una sospensione dell'attività sportiva agonistica (calcio) e periodici controlli cardiologici (ogni 8-10 mesi). Dopo 2 anni di controlli, a causa delle frequenti richieste da parte del ragazzo di poter riprendere l’attività sporti va, il cardiologo consigliava una ulteriore valutazione presso un centro specializzato per valutare l'indicazione alla denervazione simpatica cardiaca sinistra (LCSD). La richiesta veniva conside rata dai genitori troppo invasiva e per questo motivo richiedeva no una valutazione adolescentologica.
L’anamnesi familiare era negativa per patologie significative e quella personale non riportava specifiche manifestazioni cliniche. All’E/O, il ragazzo all'età di 16 anni e 4/12, si presentava in buone condizioni generali, regolare ritmo cardiaco, eupnoico con una statura al 25° centile ed un peso al 10° centile. FC: 72 b.m.r, pres sione arteriosa:120/60 mmHg e QTc 480 ms (Figura 1).
Lo sviluppo puberale era completo, non si evocavano segni certi di eccitazione neuro-muscolare (manovre di Trosseau e Chvostek) e non erano presenti alterazioni cutanee. La tiroide non era ingrandita.
Dopo aver preso visione della diagnostica effettuata negli anni precedenti, le indagini di laboratorio venivano completate con la
Case ReportCase Report
Riassunto
La sindrome del QT lungo (LQTS) è dovuta ad una cardiopatia ereditaria caratterizzata dal prolungamento dell'inter vallo QT all'ECG basale e da un rischio elevato di aritmie, che pos sono portare al decesso. La prevalenza della malattia è stimata in 1 ogni 2.500 nati vivi. I due sintomi principali della LQTS sono epi sodi sincopali che possono provocare l'arresto cardiaco e le ano malie elettrocardiografiche che comprendono il prolungamento dell'intervallo QT e le anomalie dell'onda T. Può essere congenita e correlata a una mutazione genetica o secondaria all’assunzione di farmaci o ad alterazioni degli elettroliti nel sangue. Viene presenta to il caso clinico di un adolescente che praticava attività sportiva agonistica a cui è stato riscontrato occasionalmente una forma acquisita di LQTS. La valutazione endocrinologica, effettuata dopo due anni dalla prima osservazione, ha documentato una ipocalce mia secondaria ad ipoparatiroidismo. Vengono descritte breve mente le due patologie e viene sottolineata l'importanza di effettua re routinariamente una valutazione del metabolismo calcio/fosforo ed elettrolitico in tutti i casi in cui viene riscontrato un prolunga mento del tratto QT.
Parole chiave: Sindrome del QT lungo, ipocalcemia, ipoparatiroidismo, diagnosi, trattamento.
An occasional finding of long QT syndrome (LQTS) in an adolescent male practicing competitive sports
Summary
Long QT syndrome (LQTS) is a cardiac electrophy siologic disorder, characterized by QT prolongation and T-wave abnormalities on the EKG in patients with a structurally normal heart.
The LQTS may be either congenital or acquired. Acquired QTS usually results from drug therapy, electrolyte disturbances such as hypokalemia, hypomagnesaemia, hypocalcaemia as well as brady cardia, which can increase the risk of drug-induced LQTS. We pre sent a case of a male adolescent with acquired LQTS occasionally detected during a routine check of electrocardiogram for sport acti vity. Two years after the first observation, an endocrine evaluation detected a hypocalcaemia secondary to an undiagnosed hypopa rathyroidism. We report a brief description of the two pathologies and highlight furtherly the importance of a routine electrolyte and calciun analysis, during initial diagnostic workup for QT interval pro longation.
Key words: Long QT syndrome, hypocalcaemia, hypoparathyroidi sm, diagnosis, treatment.
richiesta di una valutazione del metabolismo calcio-fosforo (calcemia, fosforemia, fosfatasi alcalina, magnesemia, vitamina D e paratormone). Gli esami portati in visione erano compatibili con la diagnosi di ipoparatiroidismo (IPT) = calcemia totale : 8.2 mg/dl - v.n : 8,6-10,5 mg/dl; fosforemia:7.3 mg/dl- v.n. 2,5-4,8 mg/dl; fosfatasi alcalina: 50 U/L- v.n. 40- 150 U/L, per la fase puberale raggiunta (V fase di Tanner) ; magnesemia: 1.9 mg/dlv.n. 1.7-2.2 mg/dl; PTH:13 pg/ml - v.n. 12-72 pg/ml; 25-OH-D: 22 ng/ml- v.n. > 20 ng/ml (Tabella 1). La funzionalità renale, gli elet troliti sierici, l'albuminemia, la cortisolemia e la funzionalità tiroi dea risultavano nella norma.
La visita oculistica escludeva la presenza di cataratta e la TAC dell'encefalo evidenziava “minute calcificazioni dei nuclei della base”. Veniva prescritta una terapia con vitamina D (calcitriolo: 0.5 µg - 2 volte die, per os), supplemetazione orale di calcio car bonato dopo il pasto (il calcio carbonato contiene il più alto rap porto di calcio essenziale 40% e viene assorbito per il 20-40% in un ambiente acido, dopo il pasto; a distanza dal pasto funziona per lo più come chelante del fosforo, non essendo assorbito) ed una dieta a basso contenuto di fosfati.
La diagnosi veniva completata con una consulenza e valutazione genetica che escludeva la presenza di forme genetiche di IPT (Tabella 2) (1).
Durante il follow-up, sono state seguite le Linee Guida ed i target terapeutici della Società Europea di Endocrinologia (1) (Tabella 3). Il follow-up terapeutico dell’IPT prevede il controllo semestrale di calcemia, fosfatemia, creatininemia e calciuria nelle urine delle 24 ore. Se clinicamente indicato, ogni 5 anni è opportuno esegui re un'ecografia renale, l’esame oftalmologico per escludere una cataratta, e l’imaging per il controllo delle calcificazioni endocra niche.
L'intervallo QT si è regolarizzato stabilmente dopo 3 mesi di tera pia ed il ragazzo con l’approvazione del medico sportivo ha ripreso l'attività fisica agonistica. A distanza di 4 anni, i valori del metabolismo calcio/fosforo si mantengono nella norma con rap porto Ca x P al di sotto di 55 mg2/dl2 mg e calciuria nella norma (< 4 mg/kg peso corporeo), l’ecografia renale ha escluso segni riferibili a microcalcinosi. In occasione dell’ultimo controllo è stata programmata anche la rivalutazione oculistica e la RMN cerebrale.
Tabella 1.
PTH Calcio corretto Fosfato Mg 25OHD 1,25(OH)2D Creatinina
Ipomagnesemia
Deficit
Malattie
Normale
Tabella 2. Cause di ipoparatiroidismo.
Ridotta sintesi di PTH
Iatrogena (post chirurgico o post-radiante): >75%
Autoimmune (isolato o in APS)
Disordini infiltrativi
Funzionale da ipomagnesemia
Congenita
Idiopatica
Considerazioni ed approfondimenti
Il caso clinico rappresenta una occasione per una breve messa a punto su due temi clinici che contengono comuni punti di contatto che è necessario conoscere per una diagnosi corretta e precoce.
La sindrome del QT lungo (LQTS)
La Sindrome LQTS è causata da un’anomalia dell’attività elettrica del cuore per il cui determinismo è necessario il corretto funzio namento del passaggio, nelle cellule cardiache, di cariche elet triche trasportate da ioni di sodio, potassio e calcio (2-6). L’ingresso di sodio nelle cellule avvia il battito cardiaco, il calcio controlla la durata dell’attivazione, mentre l’uscita di potassio riporta il cuore in condizioni di riposo e lo rende pronto per l’atti vazione del battito successivo.
La LQTS si verifica quando vi sono alterazioni in queste correnti di ioni e, di conseguenza, il tempo richiesto alla componente elettrica del cuore per ritornare nella condizione di riposo è mag giore del normale. L’abnorme durata dell’attivazione elettrica si presenta all’elettrocardiogramma (ECG) con un prolungamento dell’intervallo QT (6).
La LQTS può essere di origine genetica (associata a specifiche mutazioni genetiche; colpisce 1:2.500 nati) o acquisita (secon daria ad anomalie elettrolitiche, come l’ipokaliemia, l’ipocalce mia, l’ipomagnesiemia o all’assunzione di determinati farmaci) (2-5). In entrambi i casi i pazienti affetti sono predisposti ad improvvisa insorgenza di aritmie ventricolari pericolose (tipica è la torsione di punta), che si possono manifestare come episodi sincopali o, nei casi più gravi, possono causare fibrillazione ven tricolare (2-6).
Tabella 3.
Linee guida della Società Europea di Endocrinologia per il trattamento a lungo termine dell’ipoparatiroidismo.
Target terapeutici suggeriti
Evitare segni e sintomi di ipocalcemia
Mantenere livelli di calcio nella parte bassa del range di normalità o leggermente al di sotto (0,5 mg/dl)
Mantenimento della fosfatemia nel range di normalità
Mantenimento del prodotto Ca x P < 55 mg2/dl2
Mantenimento della magnesiemia nel range di normalità
Evitare ipercalciuria ed ipercalcemia
Personalizzare la terapia in base alla QoL
Istruire il paziente delle manifestazioni legate sia all’ipocalcemia che all’ipercalcemia
I sintomi si presentano tipicamente durante l’età infantile o nel l’adolescenza (età media alla prima manifestazione clinica: 12 anni), raggiungendo la massima incidenza entro i vent’anni.
È fondamentale sottolineare che circa la metà degli individui affetti da LQTS non presenta alcuna sintomatologia per tutta la vita o presenta solo uno o rari episodi sincopali nell’infanzia, che non si ripetono più in età adulta (2-6).
Gli episodi sincopali possono essere scatenati dall’attività fisica (in particolar modo il nuoto o la corsa) o da rumori improvvisi (come il suono della sveglia o lo squillo di un telefono). I sintomi possono anche presentarsi a causa di una forte emozione.
Più rare sono le sincopi a riposo o al risveglio; una minoranza dei casi di morti improvvise si verifica nel sonno (2-5).
Il presentarsi di un episodio sincopale o di un arresto cardiaco in una persona giovane è, in genere, il primo elemento che deve far sospettare la LQTS: per questo motivo tutti i giovani che presen tino uno dei suddetti segni devono essere sottoposti a controlli cardiologici accurati (6).
Le ultime Linee Guida hanno introdotto, come criterio diagnosti co di certezza, la presenza di QTc > 480 ms (7). Nei casi in cui il solo ECG basale non sia sufficiente per porre la diagnosi, risul tano di grande aiuto l’ECG registrato durante lo sforzo e l’elettro cardiogramma Holter a 12 derivazioni registrato per 24 ore, che permettono di eseguire misurazioni più accurate dell’intervallo QT in diversi momenti della giornata.
Nei casi “borderline” per confermare la diagnosi è importante valutare la presenza di altri fattori quali: la storia familiare e la pre senza di una mutazione genetica. Tuttavia, è importante ricordare che circa il 20% dei portatori di un difetto genetico non mostra un prolungamento dell’intervallo QT. Questi individui, detti portatori silenti, possono trasmettere la malattia e, anche se in genere sono considerati a rischio aritmico più basso, possono comun que manifestare eventi aritmici (ad esempio, a seguito all’assun
zione di farmaci che prolungano l’intervallo QT).
Essendo la LQTS una malattia genetica, altri familiari possono essere affetti; è perciò necessaria una valutazione completa dei familiari del probando.
Nella diagnosi differenziale va presa in considerazione la sinco pe cosiddetta vaso-vagale (sincope su base neurogena o neuro cardiogena), l’epilessia, i disordini elettrolitici e quelli del metabo lismo Ca/P.
Il trattamento della LQTS comprende i farmaci beta-bloccanti, la stimolazione con pacemaker per mantenere la frequenza car diaca più alta e quindi accorciare il QT, oppure il cardiovertitoredefibrillatore impiantabile, da soli o in combinazione.
Le attuali Linee Guida consigliano l’impianto di un cardiovertitoredefibrillatore impiantabile nei pazienti sopravvissuti ad arresto car diaco e in quelli con sincope nonostante la terapia con beta-bloc cante. I farmaci beta bloccanti sono il cardine della terapia e ven gono anche raccomandati a tutti i portatori di mutazioni respon sabili di LQTS anche se presentano un intervallo QT nella norma.
La terapia con beta bloccanti va sempre effettuata sotto la guida di un cardiologo esperto della patologia, con aggiustamento del dosaggio dei farmaci in relazione alle modificazioni di peso durante la pubertà e si ritiene che possa essere efficace nella pre venzione dei sintomi e della morte improvvisa in circa l’80-90% dei pazienti (2-6). È fondamentale, pertanto, la collaborazione del paziente che deve assumere con regolarità il farmaco prescritto.
L’ipoparatiroidismo
L’IPT è una malattia piuttosto rara causata da un deficit totale o parziale di secrezione di paratormone (PTH) da parte delle ghiandole paratiroidi (IPT) (8). La malattia è caratterizzata sul piano biochimico da ipocalcemia, iperfosfatemia e normale fun zionalità renale, a fronte di sintomi conclamati o latenti di aumen tata eccitabilità neuro-muscolare.
Tabella 4.
Mutazioni genetiche responsabili dell'IPT.
MUTAZIONI GENETICHE
gene CaSR, gene GCM2 e gene PTH
Tra le cause di ipoparatiroidismo, la più frequente è la forma post-chirurgica, conseguente ad interventi di tiroidectomia e paratiroidectomia, oppure ad interventi di dissezione sul collo per neoplasie maligne. La prevalenza dell'ipoparatiroidismo da causa non chirurgica è stata stimata intorno a 2.3/100.000 (9).
La forma acquisita non chirurgica più frequente è quella autoim mune, che può presentarsi in modo isolato o associato ad altre malattie autoimmuni nelle cosiddette sindromi polighiandolari autoimmuni (SPA). L’epidemiologia della forma autoimmune iso lata è poco conosciuta e vi sono pochi dati in letteratura, anche per la difficoltà diagnostica dovuta alla mancanza di specifici marcatori immunologici sierici (10, 11).
L’ipoparatiroidismo può essere ancora distinto in acuto (sintomi conclamati e importanti) o cronico (sintomi latenti e sfumati o assenti) a seconda della modalità e rapidità di presentazione cli nica ed alla durata di malattia.
L’ECG nell'ipocalcemia mostra tipicamente un prolungamento degli intervalli QTc e ST. Si possono anche osservare alterazioni della ripolarizzazione, come una forma appuntita dell'onda T o la sua inversione. Nei quadri di ipoparatiroidismo severo è possibi le osservare scompenso cardiaco congestizio da cardiopatia dilatativa, che regredisce con la correzione dell’ipocalcemia, ed eventi cardio-vascolari ischemici maggiori senza incremento della mortalità cardio-vascolare (12, 13).
Nell'ipoparatiroidismo autoimmune vi è generalmente una distruzione su base autoimmune delle paratiroidi. In assenza di altre malattie autoimmuni associate e concomitan te assenza di anticorpi specifici, quali anti-NACHT leucine-rich repeat protein 5 (anti-NALP5), anti-interferone omega, anti-tripto fano-idrossilasi, anti-aromatico L-aminoacido-decarbossilasi o anti-tirosino-idrossilasi, e di mutazioni del gene regolatore del l’autoimmunità (AIRE), l’eziologia autoimmune rimane ipotetica (Tabella 4). Al momento, è controverso quando dover ricorrere alle indagini genetiche nei casi di ipoparatiroidismo idiopatico (14-16).
CLINICA
Ipoparatiroidismo isolato a tramissione autosomica dominante o recessiva
Sindrome di DiGeorge microdelezioni gene TBX1 aploinsufficienza del cromosoma 10p e del gene GATA3
gene SOX3: forme legate al cromosoma X [X-linked]
Sindrome di Barakat/HDR gene TBCE
Sindromi di Kenny-Caffey e di Sanjad-Sakati deficit geni mitocondriali Sindromi di Kearns-Sayre e di Pearson, encefalomiopatia mitocondriale, deficit LCHAD (long-chain 3-hydroxyacyl CoA dehydrogenase gene AIRE
Ipoparatiroidismi autoimmuni
Riscontro occasionale di un allungamento del tratto QT (LQTS) in un adolescente che pratica attività sportiva agonistica
Le altre cause acquisite comprendono: la terapia radiometabo lica dell'ipertiroidismo, la terapia radiante esterna sulla regione cervicale, i disordini infiltrativi quali emocromatosi ed emosidero si , la malattia di Wilson, la malnutrizione ed il malassorbimento intestinale.
La terapia dell’IPT consiste nella somministrazione orale di cal cio e vitamina D. Lo scopo principale della terapia è quello di mantenere entro l’intervallo basso della normalità la calcemia totale corretta per l’albumina e la normalizzazione della fosfore mia. Il corretto follow-up del paziente, una volta ottenuto un buon controllo della calcemia, si basa sul monitoraggio semestrale/annuale del calcio corretto per il valore di albumine mia, fosfato, creatinina, calciuria ed un rapporto calcio x fosfato inferiore a 55 mg²/dl².
Conclusioni
La presentazione di questo caso clinico sottolinea l'importanza di effettuare routinariamente una valutazione del metabolismo cal cio/fosforo e elettrolitico in tutti i casi in cui viene riscontrato un prolungamento del tratto QT. La precoce identificazione della causa responsabile del prolungamento del tratto QT consente di evitare misure diagnostiche e terapeutiche non necessarie.
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Corrispondenza:
Vincenzo De Sanctis
Coordinatore del Network ICET-A (International Network of Clinicians for Endocrinopathies in Thalassemia and Adolescence Medicine) Servizio di Endocrinologia Pediatrica ed Adolescentologia Ospedale Privarto Accreditato Quisisana 44121 Ferrara E-mail: vdesanctis@libero.it
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La Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza, quadrimestrale, pubblica articoli di aggiornamento, articoli originali, casi clinici, esperienze sul campo, rassegne specialistiche di Esperti di diverse discipline mediche (pediatria, medicina legale, dermatologia, ginecologia, andrologia, odontoiatria, diagnostica di laboratorio e per immagini, medicina dello sport).
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Parkin MD, Clayton D, Black RJ et al. Childhood leukaemia in Europe after Chernobil: 5 year follow-up. Br J Cancer 1996; 73:1006-1010.
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The Cardiac Society of Australia and New Zealand. Clinical exercise stress testing. Safety and performance guidelines. Med J Aust 1996; 164:282-286.
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End o -Thal
NETWORK OF CLINICIANS FOR ENDOCRINOPATHIES IN THALASSEMIA AND ADOLESCENT MEDICINE (ICET-A)
EDITOR IN CHIEF
Vincenzo De SanctisPediatric and Adolescent Outpatient Clinic, Quisisana Hospital, Ferrara (Italy) - Former Director of Pediatrics, Adolescent Medicine and Thalassemia Center, Ferrara (Italy) - e-mail: vdesanctis@libero.it
DEPUTY EDITORS
Christos KattamisEmeritus Professor, First Department of Pediatrics , National Kapodistrian University of Athens ‘Agia Sophia’ Children Hospital, Athens 115 27 (Greece)e-mail: christos.kattamis@gmail.com
Ashraf T. SolimanDepartment of Pediatrics,
EDITORIAL BOARD
Atanas Banchev (Bulgaria), Iva Stoeva (Bulgaria), Denka Stoyanova (Bulgaria), Michael Angastiniotis (Cyprus), Soteroula Christou (Cyprus), Mohamed El Kholy (Egypt), Heba Elsedfy (Egypt), Polyxeni Delaporta (Greece), Antonis Kattamis (Greece), Haleh Bozorgi (Iran), Mehran Karimi (Iran), Saveria Campisi (Italy), Salvatore Di Maio (Italy), Carmelo Fortugno (Italy), Maria Concetta Galati (Italy), Giuseppe Raiola (Italy), Soad K. Al Jaouni (Kingdom of Saudi Arabia), Shahina Daar (Oman), Doaa Khater (Oman), Yasser Wali (Oman), Mohd Abdel Daem Mohd Yassin (Qatar), Joan Lluis Vives Corrons (Spain), Dulani Kottahachchi (Sri Lanka), Duran Canatan (Turkey), Ploutarchos Tzoulis (UK), Bernadette Fiscina (USA).
Polyxeni Delaporta 1, Christalena Sofokleous 2, Christina Vrettou 2, Antonis Kattamis 1, Christos Kattamis 1
1 Thalassemia Unit, Division Pediatric Hematology - Oncology, 1st Department of Pediatrics, National and Kapodistrian University of Athens; 2 Laboratory of Medical Genetics, Medical School, National and Kapodistrian University of Athens.
Background : Hemoglobin H (HbH) disease is the most severe type of α thalassemia in postnatal life. In Greece, although α thal trait has an incidence of 8.5% (7.2% with α+) HbH disease is low and with variable cli nical expression. Objectives: Retrospective and real time evaluation of cli nical, hematological, and biochemical findings and outcomes at last exami nation of patients with HbH disease in respect to underlying genotypes.
Patients and Methods: The cohort comprised sixty-four patients with molecularly characterized HbH disease and a detailed clinical, hematolo
gical, and biochemical evaluation of phenotypes at diagnosis and last visit. Laboratory and molecular methods for diagnosis, were those applied in our Unit, previously described.
Results: Based on the genotype and in specific of the presence of deletion and non-deletion α thal variants, patients were classified in three Groups: A. Deletion α thal variants: 30 patients, B. Deletion/nondeletion: 21 patients, C. nondeletion/nondeletion: 13 patients. Twenty distinct genoty pes resulting from combinations of 13 α thal variants were identified.
Genotype, clinical phenotype, and long-term outcomes in patients with HbH disease in Greece: Experience of a tertiary Thalassemia Unit
were the more frequent; in 8 genotypes interaction with an α chain Hb variant was identified. Upon last clinical and laboratory eva luation during 2019-2020, severe clinical phenotypes were recorded only in patients of group B (7/21) and group C (5/13), mainly in patients with genotypes where an α chain Hb variant was involved. Conclusion: HbH disease in Greece presents extreme genetic and clinical
heterogeneity whereby deletion variants mainly present with mild phe notypes, while the nondeletion α thal variants (Groups B and C) with a wider spectrum of intermediate and severe phenotype. The latter, most with α-chain Hb variants, were either splenectomized or frequently tran sfused. As recorded upon last evaluation the overall outcomes were in general fair and manageable; even severe patients preserved Hb levels > 8 g/dl.
Key words: α thalassemia, HbH disease, Greece, genotypes, final outcome.
Introduction
Adult hemoglobins A, A2 and F consist of two α chains combined with a pair of either, β chains in HbA ( α 2 β 2), δ chains in HbA 2 ( α 2 δ 2) or γ chains in HbF (α2γ2). The α chains gene clu ster, located in the short arm of chromosome 16 (16p13.3), consists of ζ gene, two α pseudoge nes, and α2/α1 genes arranged according to the order in which they are expressed during deve lopment (5’-ζ μ α2 α1-3’) (1, 2). In thalassemias, a diverse group of inherited disorders characterized by decreased hemoglo bin production, complete or partial loss of globin chains is recorded. Based on the deficient globin chain, thalassemia is classified to the most com mon and clinically important β- (including the δβ) and α thalassemia, and the less common γ-, δ-, γδβ-, and εγδβ thalassemias (1, 2). Extensive population studies demonstrated hete rogeneous worldwide distribution of β-, and in a lower scale, α thalassemia heterozygotes. A higher prevalence of thalassemias is recorded in malarial tropical and sub-tropical countries; and for α thalassemia particularly, in Africa, Mediterranean, Middle East, India and Southeast Asia. A small number of population specific variants prevail and shape the specific landscape of genotypes and clinical phenotypes for β-, and α thalassemias for each population (2).
So far, more than 125 α thalassemia variants have been characterized worldwide. The most common comprise deletion variants; while less common nondeletion ones, include alterations of one to a few nucleotides along either of the α alleles; most frequently α1 (3).
Four clinical and hematological phenotypes of α thalassemia were recognized even before the molecular characterization of α thalassemia variants. The Silent or α2 thalassemia, where one α gene is deleted (α+ , -α/αα), has normal clinical
phenotype and minor, if any, changes in red cells. In α1 thalassemia, with two α genes deleted (α0, --/αα) the clinical phenotype is still normal with no or mild reduction in hemoglobin levels and severe changes in red cells morphology (microcytosis and hypochromia). Hemoglobin H (HbH) disease, results from the inactivation of three α genes (--/-α) and the subsequent excessi ve β globin chains production, forming β4 tetra mers (HbH). HbH disease is characterized by mild, intermediate, or exceptionally severe ane mia with significant hypochromia and microcy tosis. Homozygous α 0 thalasssemia or Bart’s hydrops fetalis is usually lethal in utero or in the neonatal period and is caused by the loss of all four α genes (--/--) and the formation of γ chain tetramers (γ4), known as Hb Bart’ s (70-80% of Hb), hemoglobin H(β4) (15-20%), and Hb Por tland (ζ4) (Table 1).
Hemoglobin H disease was first detected in one family in 1956 as a novel hemoglobin (4). A few case reports from USA and one with 9 families from Greece (5) were reported in the 60’s. Diagnosis of HbH required a combination of laboratory tests; complete blood count (CBC), blood smear properly stained for identification of precipitated β 4 tetramers, high performance liquid chromatography (HPLC) or capillary elec trophoresis for identification and quantification of hemoglobins H and Barts, as well as chains synthesis (3). Detection of α thal traits was also difficult and in need for chain synthesis studies (5) hence explaining the limited population stu dies on the incidence of α thal heterozygotes; those studies were restricted mainly to α thal carriers recognized after the assessment of Hb Bart’s levels in neonates. It was only around the mid 80’s and the advent of molecular genotyping techniques that any epidemiological studies of α thalassemia became available. In Greece the pre
Genotypes Clinical phenotype
Hematological Phenotype
when they had their last clinical, hematological, and biochemical tests. Evaluation of their long term follow since diagnosis and retrospective analysis of their records data allowed assessment of α thalassemia genotypes and corresponding clinical phenoty pes including severe events or compli cations related to HbH disease. The clinical diagnosis of HbH disease was generally based on Hb and red cell indices, hemoglobins’ quantification, and β 4 tetramers inclusion bodies identification, and was confirmed by molecular genotyping all according to previously described methodologies applied in our Unit (8-11). Characteri zation of clinical phenotypes of HbH disease to mild, intermedia and severe followed the criteria proposed and used in our unit (5, 7, 8).
valence of α thal carriers was studied in 1986 in 227 newborns using hematological and gene mapping techniques. An overall incidence of 8.5% was found, 7.2% with α+(-α/αα) and only 1.3% of α0(--/αα) (6).
Further characterization of genotypes in HbH disease showed a close correlation of the molecu lar findings to the severity of clinical phenotype.
A study of 21 Greek patients with HbH in 1988, showed that gene deletions resulted in milder cli nical phenotypes compared to those of com pound deletion /non-deletion heterozygotes or non-deletion homozygotes (7) designating the prognostic value of genotyping. Similar findings were recorded in 2000, with the recruitment of 75 patients with HbH disease who were diagno sed and followed in “Agia Sophia” Childrens’ Hospital where both an academic and a National Health System Thalassemia Units operate and serve as a National Reference Center (8).
In this report (twenty years later), retrospective analysis of records from 64 patients with HbH disease, closely followed since diagnosis was performed. The main objective was the long-term evaluation of clinical phenotypes progress and outcomes
to underlying genotypes.
Patients and Methods
Sixty-four patients with HbH disease, were clo sely followed in January 2019 to December 2020
Statistical Analysis
Numerical variables are expressed as mean ± Stan dard Deviation (SD), range and percentage (%).
Ethics
The Ethics Committee of “Aghia Sophia” Chil dren’s Hospital approved permission for medical review, a weaver of information consent and anonymous publication of data, according to the 1964 declaration of Helsinki and its amendments of October 2013.
Results
The type and incidence of genotypes in 64 patients with HbH disease characterized by DNA studies are summarized in Table 2 . Thirty patients carried deletions (Group A), 21 were compound heterozygotes of a deletion and α non-deletion α thal variant (Group B) and 13 were homozygous for non-deletion α thal and α chain Hb variants (Group C). Combinations between 13 distinct α thal variants (including 5 α chain Hb variants) gave rise to 20 different genotypes of which the most common were: - α 3.7/-- Med; followed by - α 3.7/ --( α ) 20.5; -- α 3.7/ α PolyA α ; α PolyA α / α PolyA α ; -- Med/ α Hph α
Endo-Thal
The remaining 14 genotypes were rare (Table 2).
and
Genotypes with an α chain Hb variants include Hb Agrinion, Constant Spring, Icaria, Adana, and Souli. Combination with an α chain Hb variant was identified in 13 patients. Hb Agri nion, in particular, a variant characterized in our Unit (12) is not very rare in Greece and was found to be a component of three genotypes
(--Med/
), in this study.
Detailed genotype- phenotype correlations allowed identification of genotypes related to the non-frequent severe clinical phenotype of HbH disease. Mean hemoglobin levels in non-transfu sed patients, was above 9g/dl at last evaluation in all three groups indicating that in most Greek patients the clinical phenotype is mild or inter mediate. High severity was deemed upon criteria that included the age of diagnosis (first two years of life), the low hemoglobin levels that need fre quent transfusions and splenomegaly requiring splenectomy (Table 3).
Severe clinical phenotypes in patients with HbH disease were recorded in -- MED/
genotypes, confirming that severity is closely related to the presence of one or two nondeletion variants (7) and highli ghting an aggravating nature for Hb Agrinion. Splenectomy and/or frequent transfusions were encountered only in a few patients, either hete rozygous for deletion/nondeletion variants (Group B, 6/21) or homozygous for nondeletions (Group C, 6/13).
In respect to outcome, it was fair in all patients except those with severe clinical phenotypes, managed with splenectomy or frequent transfu sions. Nearly in all patients, Hb levels increased and preserved above 8 g/dl after splenectomy. Among the total of the 128 chromosomes asses sed in this cohort, 81 carried a deletion variant and 47 a non- deletion α thal variant (Table 4). Prevailing deletions were αo:--Med and -α20,5 , and α+:-α3.7 and -α4.2 with 42 and 39 chromosomes respectively. Non-deletion variants comprised αPolyAα (22); αHphα (5), αNOIα (1) and αPolyAII (1) α thal variants, and 18 α chain Hb variants mainly specific for the Greek population, as Hb Agrinion, Hb Souli, and Hb Icaria.
Discussion
considered the most severe clini cal form of
thalassemia in postnatal life. Origi nally based on the
gene duplication theory, advanced by Lehmann and Carrell (13), α thalas semias were classified according to the number of
genes deleted. HbH disease was characteri zed as
type with three deleted genes (--/-α)
phenotype eventually pro
Table 3. Relevant demographic variables in 64 patients with HbH disease at last evaluation.
Variables A. Deletion B. Del/nondeletion C. Nondeletion/nondeletion
N° patients (M/F) 30 (9/21) 21 (6/15) 13(6/7)
Age in years mean ±SD (range) 17.9± 17.6 (3.1-61.6) 14.4± 9.7 (4.2-33.7) 20.5±18.4 (5.26-66.88)
Hb g/dl mean ± SD (range) 9.3 ± 0.72 (8-10.6) 9.4 ± 0.84* (7.7-10.6) 9.1 ± 0.93* (7.6-10.4)
Splenectomy no of patients 0 4 3
Frequent Transfusions no of patients 0 2 3 *Excluding patients on transfusion
Table 4. Types and incidence of α thalassemia
chromosomes
Type
patients
variants
characterization of
of single a-gene;
site mutation
mutation
aPolyA
ved to result from a high number of a-thal variants and genotypes (3). The pathophysiology of anemia in α-thalassemia and namely HbH disease is significantly different from that in β thalassemia. In patients with HbH disease the excess of β globin chains forms β4 tetramers (HbH) that are unstable and liable to become methemoglobin. β4 tetramers precipitate within the red cells their, affect the red cells’ membrane and facilitate mechanical destruction in microcirculation resulting to variable degrees of haemolysis. In addition, β4 tetramers being avid of oxygen, do not show the Bohr effect (the important feature of HbA) and fail to provide additional oxygen when pH falls. In adult patients with HbH disease and high HbH levels, left shifted oxygen dissociation curves were recorded indicating that they are not able to adopt properly to the level of anemia caused (1). Impaired tissue oxygenation was also demonstra ted in Greek patients with HbH disease (14). Conversely β thalassemia is mainly caused by intramedullary apoptosis of erythroid progeni tors, induced by the excess of α chains and lea ding to a significant degree of ineffective erythro poiesis and anemia in addition to extensive bone marrow expansion with the characteristic facies. Patients with HbH disease present extreme clini cal heterogeneity that, according to even the first Greek report, may be expressed as variable ages at diagnosis (2- 40 years) and low hemoglobin levels (6 and 7g/dl) in two patients (5). Upon the advent of molecular genotyping technologies, these discrepancies were attributed to the diffe rent types of causative α thal variants, often cha racterized as population specific, and to the pre sence of non-deletion α thalassemia variants
Endo-Thal
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 20, n. 2, 2022
(2, 3, 15).
Variants prevailing in Greece were basically detected in our Unit, with methods implemented for the deletion and non-deletion α thal variants as well as for the characterization of novel α chain hemoglobin variants (8). All 64 patients in this cohort are still followed in the Unit and had a real time precise clinical exa mination and laboratory investigation upon their last visits between 2019-2020. Combined with the retrospectively assessed relevant data, recor ded to include also complications and adverse events since diagnosis, evaluation of the longterm course and outcomes became available. All 30 patients with deletion α variants (group A) had uneventful outcomes and a mean Hb level of 9.3±0.72 (range 8-10.6g/dl). Only a few patients of groups B (4/21) and C (3/13) required sple nectomy or were on frequent transfusions (2/21 and 3/13 respectively). Even in these two groups the mean Hb levels were for group B 9.4±0.83 (range 7.7-10.6) and for C, 9.1±0.93 (range 7.610.4) excluding transfused patients. Considering the types and prevalence of α thal variants in α thalassemia {α+ (7.2%); αo (1.3%) (6) and nondeletion traits (<1%)}, it is evident that pairing of heterozygotes with variants pre vailing in Greece will lead to genotypes of HbH disease with mild, intermediate, and rarely seve re clinical phenotypes. Homozygosity for severe causative variants is rather unlikely, since within the last 50 years only one case of Hydrops Fetalis syndrome has been described in Greece (16). Nevertheless, studying the mechanisms underlying expression of α thalassemia, involving both α genes and regulatory elements such as enhancers, transcription factors and chromatin modifications is important for the prognosis, management and genetic counselling of patients and their families. Expansion of national β thalas semia prevention programs to include screening for α thalassemia traits, (αo deletion/nondeletion variants, and α chain Hb variants) is certainly worth for the prediction of patients with severe HbH disease, or even the extreme Bart’s hydrops fetalis syndrome, for which proper and responsi ble genetic counselling is important and welcome.
Conflicts of interest: Τhe authors declare no conflicts of interest and no commer cial associations (e.g. consultancies, stock ownership, equity interest, patent/licensing arrangements etc.) that might pose a conflict of interest in connection with the sub mitted article.
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Correspondence:
Christos Kattamis Emeritus Professor Pediatrics NKUA 41 Themistocleous Street Alimos,17455 ,Attica, Greece. E-mail christos.kattamis@gmail.com; ckatamis@med.uoa.gr Tel: +30 210 9823639 Mobile: +30 694 800 9885
End o -Thal
NETWORK OF CLINICIANS FOR ENDOCRINOPATHIES IN THALASSEMIA AND ADOLESCENT MEDICINE (ICET-A)
EDITOR IN CHIEF
Vincenzo De Sanctis
DEPUTY EDITORS
Christos KattamisEmeritus Professor, First Department of Pediatrics , National Kapodistrian University of Athens ‘Agia Sophia’ Children Hospital, Athens 115 27 (Greece)e-mail: christos.kattamis@gmail.com Ashraf T. Soliman
Department of Pediatrics, Division of Endocrinology, Hamad General Hospital, Doha (Qatar) - e-mail: atsoliman@yahoo.com
EDITORIAL BOARD
Atanas Banchev (Bulgaria), Iva Stoeva (Bulgaria), Denka Stoyanova (Bulgaria), Michael Angastiniotis (Cyprus), Soteroula Christou (Cyprus), Mohamed El Kholy (Egypt), Heba Elsedfy (Egypt), Polyxeni Delaporta (Greece), Antonis Kattamis (Greece), Haleh Bozorgi (Iran), Mehran Karimi (Iran), Saveria Campisi (Italy), Salvatore Di Maio (Italy), Carmelo Fortugno (Italy), Maria Concetta Galati (Italy), Giuseppe Raiola (Italy), Soad K. Al Jaouni (Kingdom of Saudi Arabia), Shahina Daar (Oman), Doaa Khater (Oman), Yasser Wali (Oman), Mohd Abdel Daem Mohd Yassin (Qatar), Joan Lluis Vives Corrons (Spain), Dulani Kottahachchi (Sri Lanka), Duran Canatan (Turkey), Ploutarchos Tzoulis (UK), Bernadette Fiscina (USA).
health
most of European coun tries.
of
in
Introduction
International migration is among the most chal lenging aspect of our time and Europe does not escape from its intertwined impact and influen ce. The global situation is largely explained by the attraction capacity of the European Union countries (EU), due to their economic situation, international image and geographical position. It is noteworthy that in recent years, the profile of patients with hemoglobinopathy in Europe has significantly changed due to the steady flow of migrants from Syria, Iraq, and other Middle East countries, in addition to the classical migra tion from African and Asian countries (1). Research on migrant populations is challenged by the diverse terminology and definitions used. For the purposes of this report, we use the fol lowing UNHCR definitions (2):
(a) A migrant refers to any person who move, either temporarily or permanently from one place, area or country of residence to another for reasons such as work or seeking a better life (i.e. economic migrants), for family reasons or to study. People also migrate to flee conflict or per secution, which is where the definition conver ges with the terms refugee and asylum seeker.
(b) An asylum-seeker is a person who has sought international protection and whose claims for refugee status have not yet been determined, irre spective of when they may have been lodged. An asylum seeker has applied for asylum on the grounds of persecution in their home country relating to their race, religion, nationality, political belief or membership of a particular social group. This population remains classified as asylum seeker for as long as the application is pending.
(c) A refugee is a person who has been forced to leave their country in order to escape war, perse cution or natural disaster. The 1951 Convention relating to the Status of Refugees describes a refu gee as “a person who owing to a well-founded fear of being persecuted for reasons of race, religion, natio nality, membership of a particular social group, or political opinion, is outside the country of this natio nality and is unable to or, owing to such fear, is unwilling to avail himself of the protection of that country”. A refugee is an asylum seeker whose application has been successful. (d) Unaccompanied children (also called unaccompanied minors) are children who have been separated from both parents and other rela tives and are not being cared for by an adult who,
by law or custom, is responsible for doing so. Separated children who have been separated from both parents, or from their previous legal or customary primary care-giver, but not necessa rily separate from other relatives. These may, therefore, include children accompanied by other adult family members.
Numbers of irregular or undocumented migrants are difficult to ascertain and definitions differ by member state within the EU and across coun tries, making comparisons challenging. Moreo ver, processes of migration and population mobi lity have complex ethical, legal, administrative, and social components that relate to the health of the migrant and host communities. Studies have shown that the lack of familiarity with migrant health conditions or the nature of health deter minants in migrant communities can negatively affect the effectiveness of care (3). Therefore, determining the healthcare needs of specific immigration groups should lead to the establishment of evidence-based guidelines for providing screening and healthcare services to immigrant populations, for the benefit of the individuals concerned, as well as the host coun tries (4).
The most vulnerable groups of migrants include women and children, unaccompanied minors, irregular migrants, refugees, asylum seekers, to be trafficked and smuggled migrants, and labour migrants who hold jobs in high risk occupations (5).
Although hemoglobinopathies are common in tropical and subtropical regions due to natural selection, the malaria hypothesis has been a significant public health problem in many parts of the world due to migration. The World Health Organization (WHO) resolutions are based on the results of the Hemoglobinopathy Control Programs and the community-based Thalassemia Control Program in the Mediterranean region since the 1970s. The hemoglobin disorders are endemic in 60% of the 229 world countries, affecting about 5.2 % of the population and 7% of pregnant women. Accordingly, every year, 332.000 newborns are affected by hemoglobino pathies (6).
This global humanitarian situation is complica ted by the fact that the thalassemias and the hemoglobinopathies (the most common being sickle cell disorders) are autosomal recessive conditions frequently in populations of African
and Caribbean descent and in individuals of Mediterranean, Middle Eastern, and East Indian descent (4, 5).
We still have not an exact knowledge of both pathological hemoglobin’s carriers and hemoglo binopathies among immigrants, as well as of their epidemiological impact on the general resi dent population. Moreover, health services may not be accessible because of linguistic, cultural, religious, and social barriers and this situation may sadly persist for many years after their esta blishment in the new host country (7).
Considering the importance of an early diagnosis and treatment of these hemoglobinopathies in hosting countries we report a short summary of the Equality Plus workshops held in Barcelona and Ferrara in June and July 2022. The aims of the project are mainly screening, prevention, and education.
Hemoglobinopathies among migrant groups in Italy, Spain and Turkey
Italy and Spain receive mainly African migrants due to their geographic proximity, while Turkey receive more patients from Syria, The Figure 1 reports the arrivals of refugees via Mediterranean and Nothwest and Central African maritime rou tes to Spain and Italy in February 2022. Data of Syrians under temporary protection, refugees and asylum seekers under international protec tion in Turkey are also illustrated, as well as the number of refugees from Ukraine (8).
At the end of 2021, Spain had registered around 64,500 new asylum applications and Italy 13,780 sea arrivals. As in previous years, the top nationalities in Spain were from Latin American countries such as Venezuela and Colombia,
Figure 1. Data on arrivals via Mediterranean maritime routes to Spain and Italy (in green). Ukraine refugees and Syrian under temporary protection in Turkey (Source: UNHCR- Regional Bureau for Europe- February 2022; Ref. 8).
Endo-Thal
although it also registered applications from Moroccan, Malians and Senegalese persons (Figure 2). 43,000 arrivals were registered by sea and land (Ceuta and Melilla) through the Western Mediterranean route and the North/West Africa Atlantic route towards the Canary Islands, over half of them to the Canaries shores. The percentage of asylum applications by gender and age, and the main provinces of tem porary protection application are illustrated in Figure 2 (8).
The ten most common countries of origin of new asylum applications in Italy are illustrated in Figure 3. The data are compared with the first four months of 2021 (8).
Turkey continues to host the largest number of refugees worldwide, as the number of people for cibly displaced across the world due to conflict, violence and persecution hit record levels. Turkey currently hosts some 3.7 million registe red Syrian refugees (Figures 4 and 5) along with close to 320,000 persons of concern from other nationalities, including Iraq, Afghanistan, Iran and Somalia (8). Continued deterioration in the economy and employment opportunities in Afghanistan as well as uncertain security situation will likely continue to present push factors for additional number of Afghan nationals to move towards Turkey, through Iran and Pakistan. The current strategies by the Government of Turkey to support the delivery of health services are targeted in 29 high-refugee-concentration provinces. The aim is to adapt the delivery of public health services, both primary health care (PHC) and secondary health care (SHC) services, to the particular needs of the refugee community (Figure 5) (9). Two-thirds of the consultations were provided to females due partly to the deli very of antenatal and post-natal consultations to mothers and their babies (Figure 6 and Table 1) (9).
In 2019, there were a total of 672,935 new asy lum seekers in Europe. Of these, one-third (202,945) were children (9). Figure 1 shows the number of accompanied, and unaccompanied and separated children by country of arrival between January and December 2019 (9). Unaccompanied children (also called unaccom panied minors or aliens) are children who have been separated from both parents and other rela tives and are not being cared for by an adult who, by law or custom, is responsible for doing so.
Figure 2. The percentage of asylum applications by gender and age, and the main provinces of temporary protection application. (Source: Asylum and Refugee Office, Ministry of Interior, Spain and Eurostat, published by UNHCR- 17 May 2022; Ref. 8).
Figure 3. Most common nationalities of asylum applicants in Italy (Source: UNHCR- Italy weekly snapshot- 16-22 May 2022, Ref. 8).
Figure 5. Migrant Health Centres (MHCs)
PHC consultations in Turkey
province
Table 1. The distribution consultations of supported health service programmes (SIHHAT) delivered PHC consultations
Ref. 9).
Consulation Number (Q2 only)
General medical consultations 1,297,333
Sexual and reproductive health consultations 18,805
Antenatal care (ANC) consultations 113,959
MHPSS 5,989
Mobile health services 29,978
TOTAL 1,466,064
Separated children are children who have been separated from both parents, or from their pre vious legal or customary primary care-giver, but not necessarily from other relatives. These may, therefore, include children accompanied by other adult family members.
Figures 7 and 8 show the number of accompa nied, and unaccompanied and separated chil dren (UASC) in Italy and Spain between January and December 2020 (9).
In Italy, on December 31, 2020, there were 7,080 unaccompanied foreign minors. They were mainly from Bangladesh (1,558 minors), Tunisia (1,084), Albania (972), Egypt (696) and Pakistan (574). The other most represented citi zenships were Somali (309), Ivorian (244), Gui nean (242), Afghan (178) and Kosovar (163) (10).
Impact of hemoglobinopathies in hosting countries
This global humanitarian situation is complica ted by the fact that the thalassemias and the hemoglobinopathies (the most common being sickle cell disorders) are autosomal recessive conditions affecting the quantity and quality, respectively, of hemoglobin molecules within red blood cells (11-14).
The thalassemias are distributed across Africa, the Mediterranean region, the Middle East, the Indian subcontinent, and China and throughout southeast Asia in a line stretching from Southern China down the Malaysian peninsula to the
Indonesian islands. In these populations, the car rier frequency is greater than 1%, in contrast to a carrier frequency of approximately 0.1% in indi viduals of Northern European ancestry (11-14). Sickle cell disorders (SCD) are seen more fre quently in populations of African and Caribbean descent and in individuals of Mediterranean, Middle Eastern, and East Indian descent (11-14).
β thalassemia is classified into three main sub groups based on their clinical expression: major, intermedia, and minor. β thal major presents itself within the first 2 years of life with severe anemia, poor growth, and skeletal abnormalities and requires regular, lifelong blood transfusions. β thal intermedia requires only periodic blood transfusions, while β thal minor does not requi re a specific treatment. Alpha-thalassemia pre sents with moderate anemia when there is a significant lack of synthesis of α globin chains (HbH disease). There are several combinations of β thalassemia with other diseases associated with abnormal β globin, such as HbE and HbS (sickle cell disease) that can be expressed clini cally with severe anemia. A combination of β thalassemia with α thalassemia results in a mil der disease, most likely owing to the less severe α:β imbalance. Thanks to the significant impro vement in therapy, patients with β thalassemia may reach an advanced age. This is associated with clinical symptoms that are the consequence of the disease itself and the treatment modalities (15-17).
Sickle cell disease (SCD) is a heterogeneous disorder, with clinical manifestations including chronic haemolysis, an increased susceptibility to infections and vaso-occlusive complications that cause pain crisis and acute chest syndrome, which is considered the major cause of hospita lization and death among SCD patients. Chronic complications of SCD start to appear with age as organ failure due to the progressive ischemia leads to earlier death, cerebrovascular disease, pulmonary hypertension, retinopathy, and pria pism. In addition, complications during pre gnancy include preeclampsia and preterm deli very. In developed countries, the life expectancy of SCD patients has been improved by early dia gnosis, comprehensive treatment, and general medical care. Therefore, early detection sup ports the effective management of the disease (18-22).
Figure 7. Demographic of arrivals in Italy including accompanied, unaccompanied and separated children (UASC) (Ref. 9).
Figure 8. Demographic of arrivals in Spain including accompanied, unaccompanied and separated children (UASC) (Ref. 9).
What
Challenges for health professionals at arrival of migrants in the hosting country
The early detection and treatment of hemoglobi nopathies among refugees and migrants are essential to reducing the burden of disease among these groups. Access to integrated pri mary health care for early detection and treat ment, as well as supporting self-management, are important considerations for secondary preven tion among refugees and migrants. However, the majority of European countries do not maintain comprehensive registries of patients, that include diagnosis, age distribution, location within a country, data on new cases, complication rates, and mortality data.
In Turkey, hemoglobinopathies are a very impor tant public health problem as described by law in 1993, and a regulation in 2002. The Ministry of Health (MOH) and the National Hemoglobino pathy Council (NHC) 33 provinces for National Hemoglobinopathy Prevention Program (HPP) and the study was started on 8 May 2003 in Mer sin. Accordingly, 90% of newborns were preven ted by HPP first ten years. This program was extended to overall of Turkey in 2018. The num ber of patients and carriers of hemoglobino pathies has increased, especially in the south and southeastern provinces, with the intense arrival of Syrian migrants. Currently, the number of newborns with hemoglobinopathy is around 100 per year, and total patients with hemoglobino pathy is about 6,000 in Turkey.
The number of refugees with SCD arriving in Italy between 2014 and 2017 revealed a peak in 2,016 (48%) corresponding to the arrival of a large num ber of refugees from sub-Saharan Africa (41%).
To expedite the identification of SCD and mitiga te complications, De Franceschi (23) undertook a pilot study in which they performed point-ofcare screening of refugees seen in a single refugee center during October 2017. Three percent were found to have SCD and 20% were found to have the heterozygous AS genotype.
The majority of sickle hemoglobin (HbS) carriers were from West Africa, and the authors noted that “none of the newly identified SCD patients were aware of their condition”. These findings promp ted the researcher to propose several initiatives to improve screening of SCD among migrants arri ving to Italy, in particular:
• A routine screening for SCD in refugees from countries endemic for SCD within 10-14 days from their arrival to identify potentially vulne rable patients;
• A structured, collaborative national network;
• A rapid referrals of refugees with SCD or symptomatic HbS-carrier genotype to a com prehensive SCD reference center;
• An earlier initiation of disease-modifying treat ment (e.g., hydroxyurea) and educating physi cians to identify and treat acute SCD-related events (such as: SCD-related acute vaso-occlu sive events).
To appropriately address the dynamic changes in the distribution and prevalence of SCD in Euro pean countries, De Franceschi et al. (24) proposed: (a) the development of flow charts facilitating the early and systematic identification of SCD in refugees at their arrival or in second-level refugee camps; (b) to educate health professionals, such as ED physicians, pediatricians, internal medicine doctors, and hematologists, about the early identification and treatment of acute vaso-occlusive events;
(c) to rapidly refer refugees with SCD or sympto matic HbS-carrier refugees to the comprehensive SCD reference center for treatment and follow-up; and (d) to rapidly start disease modifying treat ment, such as hydroxyurea. These actions will allow for the earlier identification of patients with SCD, preventing severe complications and decreasing the overall health care costs associa ted with this population.
Pediatricians have reported barriers that influen ced the health outcome of refugee children. The most important barriers were the frequent relocations of refugee children and their unk nown medical history. Other barriers were poor hands off of medical records, poor health literacy of the refugees, and cultural differences between the refugees and pediatricians (25). Many countries have made the development of a comprehensive and reliable neonatal/antenatal screening programme a key strategy in their goal of delivering optimal health care to all patients with sickle cell disease (www.screening.nhs.uk/ sickleandthal). However, most European coun tries have not established it to date. The Euro pean screening map is surprisingly heteroge nous. The first countries to introduce sickle cell
screening on a national scale were France and England. The Netherlands, Spain and Malta also have national programs.
Newborn screening (NBS) for hemoglobino pathies facilitates early identification of affected individuals to ensure the prompt institution of comprehensive medical care for affected new borns. These babies can then be regularly fol lowed up with the provision of comprehensive care and timely management to reduce morbidity and mortality. It has been demonstrated in seve ral countries that early diagnosis and providing care is critical in SCD because of the possibility of lethal complications in the first few years of life in pre-symptomatic children. Young children with SCD have an increased susceptibility to bac teremia due to Streptococcus pneumonia , which can be fatal in many cases. Acute splenic seque stration crisis is another cause for mortality in infancy. Many studies done globally have shown that early prophylactic penicillin can significan tly reduce the morbidity and mortality due to pneumococcal sepsis and they have also shown the importance of pneumococcal vaccines for the prevention of pneumococcal sepsis, thus justifying the need for implementing newborn screening programs for SCD (26, 27).
Conclusions
Even though population movements have been a phenomenon known throughout history, the recent increase of population shifts from south to north and east to west, have brought with them with an increase in chronic diseases which are over above the general acute health issues that are expected.
Italy and Spain receive mainly African migrants due to their geographic proximity, while Turkey receive more patients from Syria. These are coun tries, which have an indigenous hemoglobino pathy problem, a burden with which they are hardly coping for their own population. The migration of people from different regions of the world has also meant the importation of selec ted genetic diseases. Sickle-cell anaemia and tha lassaemia stand out as two of the ones most important ones. More typically seen in Africa, the Caribbean and Mediterranean regions, these blood disorders are now more evident throu ghout the EU. The growing incidence/prevalence of sickle cell disorders in the context of migration
has led to calls for pregnant women originating from countries with a high prevalence of sickle cell disorders to be routinely screened as part of their antenatal care. The optimal care for children with SCD starts with NBS, which allows for a dia gnosis to be established before the onset of symp toms thus permitting early interventions. NBS fol lowed by adequate comprehensive care reduces morbidity, mortality, and healthcare costs while improving the quality of life for patients.
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Declaration of interest: The authors report no conflicts of interest.
Acknowledgement: This project is supported and Co-Funded by the Erasmus and Programme of the European Union.
Correspondence: Duran Canatan, MD
Project Coordinator, Akdeniz Kan Hastalıkları Vakfı Başkanı (AKHAV)
President of Mediterrenaean Blood Diseases Foundation Güllük Cd. Antelsan İş Merkezi 8/3 - Muratpaşa-Antalya-Turkey Tel & Fax: :+90.242.2432020-21 E-mail: durancanatan@gmail.com www.equalityplus.eu
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