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3.1 Il ruolo dell’insegnante consapevole ed il contenimento emozionale
Come la capacità di essere presenti a se stessi momento per momento senza giudizio, di ascoltarci ed ascoltare, di imparare a fermarci – coltivate attraverso la mindfulness – può favorire la regolazione emozionale ed aiutarci a fare scelte consapevoli di cui non dovremo poi pentirci? È possibile apprendere ed allenare queste capacità? E come queste capacità permettono di fare quelle scelte consapevoli necessarie a prevenire la violenza sessuale? Questo capitolo introduce il tema del “come”; troppo spesso infatti ci vengono indicate, come fossero prescrizioni, delle regole di comportamento – logiche, morali e benefiche – che non riusciamo a coniugare con il nostro modo di sentire e di reagire alle situazioni che la vita ci presenta. Vogliamo provare ad esplorare il modo in cui imparare ad agire in modo coerente con il nostro sistema di valori e la nostra immagine di noi stessi.
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Per fare questo dobbiamo chiederci: quando diventiamo capaci di autoregolare le nostre emozioni nel corso dello sviluppo? Come impariamo a prenderci la responsabilità di capire cosa sta accadendo nelle nostre vite per prendere decisioni ed orientare le nostre emozioni? Impariamo tutto questo durante l’adolescenza, proprio quando il sistema nervoso è ancora immaturo, incapace di calmarsi e di regolare stati emozionali molto forti. In questa fase, come nell’infanzia, la stabilità degli adulti di riferimento rappresenta un contenitore fondamentale in cui poter elaborare le emozioni violente. Ecco perché è indispensabile una competenza di base degli adulti di riferimento che ha a che fare con un saper essere, un modo di essere padroni delle proprie emozioni sul quale gli adolescenti possano sintonizzarsi. In particolare quelli più vulnerabili, che spesso vivono in ambienti caratterizzati dalla disregolazione emozionale. L’espressione facciale degli adulti, il loro tono di voce, la stabilità del loro stato mentale, la capacità di essere interamente presenti alla relazione è per gli adolescenti un accesso importante alla regolazione emozionale ed alla capacità di elaborare le proprie emozioni. Nel contesto dell’insegnamento c’è molto di più dello scambio di semplici informazioni cognitive: in classe vengono trasmesse moltissime informazioni non verbali, in un ciclo continuo di feedback, sia attraverso il “contagio emotivo” che attraverso l’azione dei neuroni specchio. Quando entriamo in classe, prima che sia detta una sola parola, gli studenti intuiscono lo stato d’animo degli insegnanti e registrano quando non sono totalmente presenti a se stessi. In particolare lo fanno i ragazzi “con bisogni speciali”, bambini ed adolescenti ad alto rischio, che da sempre sono più abituati a monitorare l’ambiente che li circonda: adulti “assenti” o “sregolati” sono stati troppo spesso i protagonisti delle loro vite. Lo stesso vale per gli insegnanti: ogni insegnante è in grado di riconoscere e monitorare nel tempo il clima della classe. In questo contesto così complesso e variabile, è importante essere in grado di fermarsi e riconoscere il proprio stato d’animo. Questa è una delle abilità che può essere appresa attraverso lo sviluppo della consapevolezza o mindfulness. Allenarsi nelle pratiche di mindfulness permette ad insegnanti (e studenti) di sviluppare doti di sensibilità, solidità, capacità di comunicazione consapevole, autenticità, capacità di espressione, tolleranza, curiosità ed empatia, che influenzano poi il contesto del loro essere insieme.
La nostra abilità di sentire cosa succede nelle altre persone è, infatti, direttamente proporzionale alla nostra capacità di fermarci per riconoscere cosa sta succedendo in quel preciso momento a
noi. È questo che ci rende più sensibili e sviluppa la nostra intuizione. In ogni processo di insegnamento/apprendimento ancorarsi nella presenza mentale è importante tanto quanto la conoscenza dei contenuti da trasmettere.
Il contenimento emozionale
Tutti abbiamo un umanissimo bisogno di essere accolti, compresi e sostenuti. E tutti proviamo una gioia profonda, un senso di benessere, quando sperimentiamo il “dono” dell’accoglienza. Se all’inizio della vita umana l’essere nutriti equivale all’essere amati, è pur vero che il bisogno biologico legato all’alimentazione è associato ad un altro bisogno, anch’esso fondamentale: quello di essere accettati, riconosciuti, apprezzati e sostenuti per quello che si è.
«Holding» (letteralmente «sostegno») è una funzione di primaria importanza nello sviluppo psichico. Il termine fu introdotto dal pediatra e psicoanalista inglese Donald Winnicott per definire la capacità della madre (o, più in generale, della figura che si prende cura del bambino, il «caregiver») di agire da «contenitore» delle angosce del bambino, di costituire un contesto fisico ma soprattutto psichico in cui il bambino si possa sentire accolto, rassicurato e incoraggiato nelle prime espressioni di sé.
L’ipotesi da cui partiva Winnicott (1965) è che non bisogna considerare il bambino nella fase della dipendenza assoluta soltanto come un individuo che ha fame e le cui pulsioni istintuali possono essere soddisfatte o frustrate, ma come un essere immaturo sempre sull’orlo di una “impensabile” angoscia. «Esistono alcuni tipi di angosce impensabili ciascuna delle quali costituisce l’elemento centrale di un aspetto dello sviluppo normale: angoscia di “andare in pezzi”, di “cadere per sempre”, angoscia di “essere senza alcuna relazione con il corpo”, angoscia di “essere senza orientamento”».
Se la funzione di contenimento è carente, il caregiver sarà incapace di rispondere in modo adeguato alle emozioni negative del bambino, ignorandole o lasciandosene coinvolgere a tal punto dal rimanere a sua volta invischiato, in una sorta di corto circuito emotivo. È possibile ipotizzare una continuità, anche se tutt’altro che lineare, tra l’esperienza relazionale del bambino e le strutture psicologiche che si evolvono dall’infanzia all’età adulta.
Scrive lo psichiatra Jeremy Holmes (1993): «Dall’holding materno deriva (per l’individuo)... la capacità di autoriflessione e la possibilità di concepire se stesso e gli altri (e di rispettarne i sentimenti n.d.r.)».
La meta-competenza della mindfulness promuove, in età successive, le stesse capacità di auto-
regolare i propri stati emotivi, di prendersi cura e sostenere psicologicamente se stessi e gli altri, di relazionarsi in modo rispettoso della individualità altrui, di immaginare il dolore che possiamo
provocare con parole ed atti violenti.