Immigrazion e Prevenzione: Un referenziale diformazione per gli attori locali

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FORUM EUROPEO

EU FORUM

SECUCITES

SICUREZZA & DEMOCRAZIA

INTI2004

Immigrazion e Prevenzione: Un referenziale diformazione per gli attori locali

CON IL SOSTEGNO DELLA COMISSIONE EUROPEA

INTI2004


Forum Europeo per la Sicurezza Urbana

SECUCITES IMMIGRAZIONE E PREVENZIONE

UN REFERENZIALE DI FORMAZIONE PER GLI ATTORI LOCALI

Sven Engel, responsabile di progetto Dominique Lodwick, Zakia Khattabi, esperti di progetto 2


Con il sostegno finanziario del programma inti2004, Comissione Europea.

Stampato in Francia dalle Edizioni Lalo presso la tipografia Rochelaise ISBN : 2-913181-26-0 - EAN : 9 9782913181267 Finito di stampare : settembre 2006

Traduzione in italiano a cura di Maria Scala Carelli

FORUM EUROPEO PER LA SICUREZZA URBANA 38, rue Liancourt 75014- Paris- France Tel : +33 (0) 1 40 64 49 00; fax : +33 (0) 1 40 64 49 10 Internet : http://www.fesu.org Email : fesu@urbansecurity.org 3


RICONOSCENZA

Questo manuale d’utilizzo disegnato per gli agenti locali che lavorano nel settore della prevenzione e integrazione, è il risultato dello sforzo colletivo dei partner del progetto in tutta l’Europa. Dunque vorremmo esprimere i nostri più sentiti ringraziamenti agli amministratori locali e ai suoi collaboratori per la loro attiva partecipazione ai seminari e la loro disponibilità nel corso delle visite di studio. In modo particolare alla città di Charleroi e all’ Istituto Giuridico della Lituania per la loro eccellente organizzazione di seminari e la loro calorosa accoglienza a tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo progetto. I nostri gradimenti si rivolgono pure agli esperti, le signore Zakia Khattabi e Dominique Lodwick per la loro straordinaria sapienza, enorme flessibilità e intenso impegno nel progetto. Infine vorremmo ringraziare anche alla Direzione Generale di Giustizia, Libertà e Sicurezza, e ai nostri colleghi del Forum Europeo per la Sicurezza Urbana che si sono sforzati nel sucesso di questo progetto.

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SOMMARIO

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PREFAZIONE

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1. INTRODUZIONE a. Cronistoria e contesto del progetto b. Obiettivi c. Attori del progetto d. Svolgimento e seminari

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2. UNA SOCIETÀ MULTICULTURALE: NUOVE SFIDE PER LE CITTÀ a. La città e la diversità culturale b. Immigrazione e criminalità c. Difficoltà e sfide per le amministrazioni locali d. Le esigenze formative

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3. GLI ATTORI LOCALI a. Gli attori interessati al referienziale di formazione a1. I decisori: gli eletti locali a2. Un gruppo target: gli Agenti locali a3. Un livello da mobilitare: i Capiservizio b. Cultura e identità professionale degli agenti locali

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4. TIPI E METODOLOGIE DI FORMAZIONE a. Approccio teorico al processo di formazione b. Elementi costitutivi e criteri metodologici c. Presentazione degli strumenti specifici c1. Analisi delle rappresentazioni c2. Choc culturali c3. Armoniche c4. Presa di coscienza dei fabbisogni formativi e rimessa in questione delle abitudini di lavoro

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5. RACCOMANDAZIONI PER UN REFERENZIALE a. Raccomandazioni generali per la formazione degli agenti locali b. Raccomandazioni sistematiche per la formazione di diversi agenti locali b1. Difficoltà incontrate b2. Raccomandazioni specifiche

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6. IL BUON USO DEL REFERENZIALE DI FORMAZIONE a. Uno strumento a disposizione dei quadri per il management strategico b. Raccomandazioni generali b1. Affidare lo strumento a quadri mobilitati b2. Sostenere i quadri proponendo loro di investire sul medio e lungo periodo, di articolare formazione e progetto di servizio c. Elaborazione del capitolato d’oneri c1. Come raccogliere informazioni locali sui fabbisogni formativi? c2. Come redigire un capitolato d’oneri? d. Come ottimizzare l’uso del referenziale e la realizzazione della formazione?

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7. CONCLUSIONI

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8. ALLEGATO a. Tavola comparativa dei risultati dei questionari b. Descrizione dei partner e delle loro realità locali b1. Charleroi (Belgio) b2. Francoforte sul Meno (Germania) b3. Torino (Italia) b4. Vilnius (Lituania) b5. Quartiere Waltham Forest di Londra (Gran Bretagna) c. Altri referenziali di formazione d. Elenco dei partecipanti

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9. REFERENZE

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PREFAZIONE La migrazione è diventata un problema per le nostre società. Essa è stata considerata a lungo come un movimento naturale all'interno dei paesi (esodo dal mondo rurale verso le città oppure, in Italia, dal Sud verso il Nord), all'interno dell'Europa (Spagnoli e Portoghesi verso il nord dell’Europa, Polacchi verso i paesi industrializzati), al di fuori dell'Europa (Africani verso i paesi colonizzatori oppure Europei verso il Canada o l'Australia), e a livello mondiale, con il lontano esempio dei Cinesi verso tutti i continenti. Questa migrazione è sempre stata costituita da una comunanza di persone appartenenti all’élite di un paese, che lo abbandonavano per ragioni politiche, di persecuzione, oppure di persone che cercavano la sopravvivenza economica per se stessi e le proprie famiglie. Questa migrazione, costituita in maggioranza da poveri, ha permesso a tutti i Paesi di industrializzarsi e di modernizzarsi con una manodopera a costi molto basso, che spingevano talvolta gli operai autoctoni a ribellarsi contro gli immigranti. Oggi, i poveri continuano a migrare, ma questo movimento è percepito come una minaccia per la stabilità dei nostri modi di sviluppo. In effetti, alla concorrenza salariale interna che gli immigranti hanno sempre generato, è venuta ad aggiungersi la concorrenza della manodopera di tutti i Paesi del mondo. Basta con i poveri, ma la frontiera è sempre aperta per coloro che hanno qualifiche corrispondenti alla domanda interna. In effetti, gli sforzi di formazione dei Paesi vengono sempre più massicciamente captati dalle economie floride. Le migrazioni di natura economica hanno sempre affiancato migrazioni di natura bellica o politica: questo fenomeno ha portato allo sviluppo di diverse forme di status di rifugiato, riconosciute dal diritto internazionale. È necessario costatare che la moltiplicazione delle guerre civili e la maggiore presa di coscienza della questione dei diritti dell'uomo hanno accelerato il movimento migratorio. Quest’ultimo si è focalizzato a lungo sugli ex paesi colonizzatori dell'Europa. In questi ultimi anni, a causa della chiusura delle frontiere di questi ultimi, i movimenti si concentrano più massicciamente verso l'Italia e la Spagna, che devono predisporre politiche di accoglienza, in situazioni di emergenza. Man mano che le frontiere dei Paesi si chiudono, si sviluppa l'immigrazione clandestina, sempre più spesso gestita da persone che sfruttano il desiderio di partire a qualunque costo. Le Nazioni Unite stimano all'80% la quota rappresentata dalla criminalità organizzata nell’immigrazione clandestina. Bisogna prudenzialmente distinguere, tuttavia, ciò che rientra nella vera e propria tratta di esseri umani, che suppone una costrizione esercitata su una persona, dalla partenza fino al momento in cui viene messa a lavorare per “rimborsare”, dall'aiuto fornito per il passaggio della frontiera. 7


Gran parte dei dibattiti politici si focalizza sulla questione del flusso “incontrollabile”. Il discorso assume sempre toni allarmistici, evidenziando il rischio corso dai nostri modi di vita a causa di tale immigrazione. I rapporti con la criminalità, l'insicurezza, l'introduzione di costumi familiari inammissibili, vengono utilizzati come uno spauracchio dalle correnti estremistiche. Le città costituiscono il quadro di accoglienza di tali popolazioni. Gli eletti delle collettività territoriali non possono nullamente influire sui movimenti migratori, né sul loro controllo. Viceversa, spetta a loro far fronte alla presenza dei migranti e, in particolare, gestire la loro relazione con gli abitanti autoctoni, senza parlare dei servizi da fornire e da condividere. L'impatto della qualità dell'accoglienza è considerevole, e numerose città sono riuscite a mantenere un clima sufficientemente sereno nel proprio ambito, per evitare tensioni e reazioni di rigetto. Numerose città hanno anche cercato di sviluppare contatti internazionali, per migliorare la propria conoscenza delle altre culture, per meglio prenderle in considerazione nella vita locale. È a partire da tali città che il Forum europeo, dalla sua creazione, ha sempre trattato tale questione, essendo perfettamente consapevole del pericolo degli amalgami, in particolare di quello tra immigrazione e delinquenza. Nessuna statistica ha mai indicato un incremento della delinquenza, tranne quella inerente alla situazione irregolare per mancanza del titolo di soggiorno. Tuttavia, la ragione non basta, e gli scambi tra le città sono indispensabili per conservare un'impostazione democratica della questione, a fronte del clima di intolleranza che appesantisce il dibattito pubblico. Nel 2000, il Forum ha organizzato un’importante conferenza a Napoli, adottando un Manifesto sulla sicurezza, che lasciava ampio spazio al tema dell'immigrazione. Le città chiedevano pressantemente agli Stati di adottare una strategia comune, e manifestavano l'auspicio di essere associati all’elaborazione di tale strategia, che avrebbe dovuto basarsi sulla definizione di “(1) nuove vie per l'immigrazione legale, abbandonando l'impostazione della chiusura delle frontiere, (2) lotta contro l'immigrazione clandestina, (3) politiche di integrazione, (4) partenariati con i paesi d'origine e (5) una politica di accoglienza per ragioni umanitarie”. Gli eletti sostenevano “con vigore le iniziative europee volte ad assicurare ai migranti condizioni di vita e di lavoro uguali a quelle degli altri cittadini...”. Essi insistevano con veemenza sulla necessità di ampliare le politiche di lotta contro le discriminazioni e la xenofobia, e costatavano che una “società multiculturale deve essere il frutto di un adattamento, sia degli immigrati, sia delle società di accoglienza”. La promozione di una società di questo tipo deve basarsi su “tutte le forme di rappresentanza e di partecipazione alla vita politica locale, a cominciare dal riconoscimento del diritto di voto alle elezioni locali per i residenti in regola”.

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Ci è sembrato che, nell'ambito dello sviluppo di società multiculturali, fosse importante che le persone incaricate dell'accoglienza e dell'inserimento dei migranti cercassero di definire gli eventuali principi di un referenziale di formazione, destinato a tutte le città europee. Quello che presentiamo rappresenta il lavoro di una rete di città e di esperti. Si tratta di una tappa supplementare in tale processo di realizzazione di un approccio europeo comune, che il Forum sostiene.

Michel Marcus Delegato generale Forum Europeo per la Sicurezza Urbana

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INTRODUZIONE

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1. INTRODUZIONE a. Cronistoria e contesto del progetto Sviluppando progetti locali di prevenzione dei conflitti correlati alle migrazioni, le città intendono elaborare sul proprio territorio un intervento pubblico attuato dagli attori locali. La tematica affrontata nel presente progetto è correlata all'incremento e alla diversificazione dei flussi migratori, associata alla più intensa circolazione delle merci, dei capitali, dell'informazione. Negli ultimi anni, l’intensificarsi dei movimenti di capitali, di beni e di servizi, stimolato da una crescita senza precedenti dei trasporti e delle nuove tecnologie della comunicazione, ha accelerato la mobilità delle popolazioni e suscitato nuove tendenze. La povertà, i conflitti politici e le guerre continuano ad influire in modo rilevante sui flussi migratori. In tale contesto, i paesi europei e, sui rispettivi territori le città, rappresentano una sede pertinente di osservazione, sia dei percorsi seguiti dai migranti e delle eventuali difficoltà create da tale fenomeno, sia ancora del livello in cui la coesione sociale è idonea a ridurre e prevenire la criminalità in genere1. Le città aderenti al Forum europeo per la sicurezza urbana hanno adottato, in dicembre 2000 a Napoli, il "Manifesto delle città sulla sicurezza e la democrazia", fondato sulla constatazione che i problemi correlati all'immigrazione non possono essere risolti attraverso la criminalizzazione di quest’ultima e il rifiuto della diversità (FESU 2000, Art. 6). Esse confermano la volontà di vivere in città eterogenee, ospitali e tolleranti, nelle quali “i legami di prossimità, di convivialità e di comunità, e il senso di appartenere a una città comunitaria e multiculturale si trovano rinforzati” (FESU 2000, Art. 11). Tra i diversi attori coinvolti, gli agenti del settore pubblico si trovano in una situazione professionale spesso complessa, a causa dell'inadeguatezza delle formazioni iniziali. In una posizione di intercessori tra l'istituzione che rappresentano e il pubblico che ricevono, essi percepiscono, più di chiunque altro, i limiti di una risposta standardizzata alle richieste, ai fabbisogni o alle tensioni espresse. Il contesto e la principale tematica del progetto riguardano, di conseguenza, l'adattamento delle prassi professionali alla diversità. Esso verterà sulla diversità culturale: diversità delle culture d'origine, ma anche diversità delle culture professionali. Inoltre, si affronteranno i temi della diversità dei contesti sociali ed economici, la storia della città e del paese, ma anche la diversità dei flussi migratori e, tra questi, dei percorsi migratori. Esistono oggi, ad esempio, nette differenza tra i paesi dell'Europa occidentale e orientale, nei quali si assiste piuttosto ad un fenomeno di emigrazione, dopo il crollo dell'Unione sovietica. Tali sviluppi si basano, in effetti, su storie estremamente diverse, dove i termini stessi di “minoranze” e “immigrati” acquistano significati differenti. 1

Confermato, ad esempio, per la Gran Bretagna: vedi Wedlock 2006, pp. 2 et 5.

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Questo progetto tenta, in tutta modestia, di sostituire una logica di interazione ad una logica di intercessione o di delega ad operatori esterni, incaricati di realizzare un’opera di mediazione in caso di conflitti. Questo referenziale di formazione propone di mobilitare le istituzioni responsabili della sicurezza e della prevenzione sul territorio della città; esso è elaborato per l’insieme delle parti presenti su tale territorio e prende in considerazione le diverse “categorie” di mestieri. Si presenta come uno strumento che consente l'attuazione di un'azione collettiva, atta a soddisfare nel miglior modo possibile l'interesse di ciascuno. Esso propone, inoltre, un obiettivo strategico, che deve permettere di passare da una condizione in cui i protagonisti, istituzioni e utenti, sono entrambi perdenti, ad una condizione in cui ciascuno trova interesse a migliorare la situazione. Nell'ambito delle città, gli eletti hanno la responsabilità di impegnare l'istituzione e l'amministrazione che essi gestiscono in questa lotta contro il degrado dei legami sociali, rivelato in modo lampante da fenomeni quali la xenofobia, il razzismo, la designazione di un capro espiatorio2. Essi sono latori, di conseguenza, di una legittima esigenza di buone prassi, in primo luogo da parte degli agenti posti sotto la loro autorità. È per questa ragione che l'elaborazione di tale referenziale ha permesso parallelamente di portare avanti, nell'ambito del gruppo di partecipanti, fruttuosi dibattiti sulla concezione e il ruolo di ciascuno nella realizzazione delle politiche pubbliche di prevenzione sulla tematica della “Migrazione”. Affiancando i partecipanti a tale programma, il FESU propone un modo di affrontare con realismo la difficile questione della gestione della diversità culturale e della lotta contro tutte le discriminazioni, coinvolgendo attraverso la formazione l’insieme degli attori dell'integrazione. Le collettività aderenti al FESU, che partecipano al programma, hanno ampiamente contribuito all'elaborazione di tale referenziale, dimostrando in tal modo il loro coinvolgimento in tali questioni e la loro volontà di definire una prospettiva realistica, nonostante le difficoltà del tema affrontato. Il lavoro di elaborazione del presente documento esigeva la presa in considerazione delle questioni di intolleranza e di razzismo3, nonché della difficile situazione sociale di molti immigrati. Ci auguriamo che il miglioramento delle situazioni sociali riduca considerevolmente il rischio di conflitti. La lotta contro il 2 Utilizzeremo in questa sede il termine di razzismo istituzionale conformemente alla definizione del rapporto di inchiesta della commissione Stephen Lawrence [Stephen Lawrence Inquiry Report] (MacPherson 1999) : L'insuccesso collettivo di un'organizzazione nel fornire il servizio professionale appropriato alle persone a causa del colore della loro pelle, della loro cultura o origine etnica. [Il razzismo istituzionale] può essere osservato e rilevato nei processi, negli atteggiamenti e nei comportamenti che possono rivelare una discriminazione a causa di pregiudizi, intolleranza, ignoranza e stereotipi razzisti, che mettono in situazione di svantaggio le persone appartenenti a minoranze etniche. » [The collective failure of an organisation to provide the appropriate and professional service to people because of their colour, culture or ethnic origin. It can be seen or detected in processes, attitudes and behaviour which amount to discrimination through unwitting prejudice, ignorance, thoughtlessness, and racial stereotyping which disadvantage minority ethnic people. 3 Esiste un certo livello di razzismo in tutti paesi europei: vedi statistiche di EUMC 2005.

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razzismo esige una lotta parallela contro la violenza e le discriminazioni emergenti in seno agli stessi gruppi minoritari e tra alcuni di essi. I dibattiti hanno evidenziato la necessità di definire come requisito preliminare per qualunque riflessione il rifiuto di pericolosi amalgami: non è possibile, in effetti, correlare l'immigrazione alla criminalità e, di conseguenza, designare come capri espiatori i gruppi più vulnerabili della popolazione. b. Obiettivi Il progetto SécuCités Immigrazione e Prevenzione si propone di definire un referenziale di formazione. Esso si basa su un'analisi della società multiculturale (capitolo 2), definisce il pubblico target della formazione (capitolo III: gli attori locali), e identifica tipologie e metodologie di formazione (capitolo IV). Su questa base, esso formula raccomandazioni per la realizzazione di formazioni destinate agli agenti locali in tema di immigrazione e di prevenzione (capitoli V e VI). Si tratta, di conseguenza, di un documento di supporto alla riflessione sugli obiettivi e i contenuti della formazione. Strumento di supporto decisionale, che deve permettere agli eletti e ai quadri, interessati all'attuazione di piani di formazione per gli agenti locali, di predisporre e negoziare l'offerta formativa in funzione del contesto locale e disponendo di tutte le informazioni utili. Il referenziale di formazione potrà raggiungere i propri obiettivi nel limite in cui consentirà ai responsabili di “farsi una propria cultura sul soggetto”. c. Attori del progetto Questo progetto, presentato dal Forum europeo per la sicurezza urbana, è stato co-finanziato dalla Commissione europea nel quadro del programma INTI 2004, e ha riunito le seguenti città e istituzioni: la città di Le Havre (Francia), la città di Francoforte sul Meno (Germania), la città di Charleroi (Belgio), il quartiere di Waltham Forest di Londra (Gran Bretagna), la città di Torino (Italia), la città di Siena (Italia), l’Istituto di Diritto della Lituania (Vilnius). Le collettività e le istituzioni partner erano rappresentate da eletti, funzionari e responsabili di progetto. Il lavoro è stato arricchito dall'esperienza di due professioniste della migrazione: Zakia Khattabi e Dominique Lodwick. d. Svolgimento e seminari Il presente manuale è stato elaborato in occasione di tre seminari, secondo le seguenti tappe: 1. Identificazione delle questioni e delle problematiche del lavoro quotidiano degli attori locali, correlate all'immigrazione e alla pubblica sicurezza, e analisi dei problemi nella prospettiva di migliorare o creare nuovi strumenti di formazione; 2. Identificazione delle questioni relative alla formazione e ai programmi 13


di formazione già esistenti, nella prospettiva di censire le esigenze specifiche di formazione ; 3. Realizzazione di un referenziale di formazione adeguato agli attori locali. Il primo seminario (ospitato dalla città di Charleroi) si è interessato alle principali problematiche e difficoltà del lavoro sul campo: sono stati presentati i diversi territori coinvolti nel programma, permettendo in tal modo di raccogliere diverse tipologie di situazioni professionali, corrispondenti ai responsabili e agli agenti locali. Il secondo seminario (ospitato dal FESU a Parigi) ha permesso di analizzare tali situazioni, e di realizzare raffronti tra i diversi territori, per definire il “tronco comune” delle problematiche vissute e dei mestieri coinvolti, senza soffermarsi sulla diversità dei territori. Tale tappa indispensabile costituisce, a sua volta, un compito difficile al quale i partecipanti hanno pienamente aderito, procedendo in tal modo ad un'elaborazione collettiva complessa. In effetti, non è facile prendere le distanze rispetto alla propria funzione e al proprio territorio, accettare di rimettere in questione le proprie conoscenze e rappresentazioni, nella prospettiva di costruire uno strumento comune a tutti. È per questa ragione che sono stati programmati alcuni contributi teorici durante tali sessioni, in modo da offrire tempi di recupero e di rimessa in prospettiva dell'attività quotidiana. Tale seminario cruciale ha permesso di rilevare “situazioni tipiche” e “tipologie di agenti”, di analizzare le esigenze formative specifiche degli attori locali in funzione di tali tipologie, di elaborare un canovaccio per un manuale di formazione e di approfondire la discussione riguardo al suo contenuto. Infine, l'ultimo seminario (ospitato dall'Istituto di Diritto della Lituania a Vilnius) ha rappresentato un momento pregnante di sintesi, dopo sei mesi di attività collettiva. Esso ha consentito di riconsiderare l'architettura complessiva del progetto (cosiddetto sommario), discuterne e validarne la costruzione, la denominazione dei diversi contenuti, e di integrare i commenti del gruppo di partecipanti che, in questa fase del progetto, disponevano di un'identità plurale ed europea e di una cultura collettiva sul tema in questione. Restava ancora da prevedere e garantire un buon uso di tale strumento: è per questa ragione che il documento dedica l'ultimo capitolo alle raccomandazioni metodologiche, auspicando che i futuri utenti ne fruiscano con lo stesso entusiasmo degli attori del progetto.

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UNA SOCIETÀ MULTICULTURALE : NUOVE SFIDE PER LE CITTÀ

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2. UNA SOCIETÀ MULTICULTURALE: NUOVE SFIDE PER LE CITTÀ a. La città e la diversità culturale La disoccupazione di massa, la povertà, le repressioni, la violenza e le guerre in diverse regioni del mondo incitano le popolazioni a spostarsi, alla ricerca di condizioni di vita migliori. In Europa, in effetti, sono venute ad installarsi popolazioni di origini culturali diverse. Anche se, nei dibattiti relativi all'immigrazione, si evocano più spesso le popolazioni originarie del Sud (Africa, Asia, America Latina ...), esistono altri gruppi di migranti: i cittadini degli stessi paesi europei che, nella loro ricerca di occupazione o per ragioni di ordine privato, circolano attraverso l'Europa. A tale popolazione di cittadini degli "antichi" Stati membri, si aggiungono i cittadini dei nuovi Stati membri dell'Unione Europea, ancora ostacolati, oggi, nell'accesso ai mercati del lavoro in numerosi paesi occidentali. Esistono anche cittadini europei "provenienti dall’immigrazione", che sono spesso confusi con degli immigrati, forse a causa della loro emarginazione sociale o anche per il colore della pelle. Si comprende perfettamente, quindi, che le popolazioni che cercano di adattarsi e di integrarsi nella società che le accoglie possono essere estremamente diverse, e che è opportuno evitare le semplificazioni oltranzistiche, le classificazioni inadeguate, che corrispondono alle diverse rappresentazioni del problema, caratterizzato da multiformi sfaccettature. Al di là dei dibattiti sulla nozione e sul concetto di integrazione o di assimilazione4, i partecipanti hanno identificato, sulla base delle proprie esperienze, tre strategie politiche attuate sui loro territori: 1. Assistenza agli immigrati in un processo di adattamento alla comunità e alla cultura locale: politiche di integrazione intese come processi di integrazione culturale; 2. Miglioramento della coesione della comunità e dei contatti infracomunitari: integrazione come miglioramento del vivere insieme nel rispetto e nella tolleranza; 3. Assistenza da parte delle amministrazioni locali: istituzione di servizi di mediazione e di programmi antidiscriminatori. Si osserva, quindi, che in numerose città europee, la presenza di immigrati di prima o di seconda generazione pone autentiche sfide in termini di politica pubblica, e che i servizi pubblici tentano, senza esservi stati preparati, di offrire una risposta alle esigenze particolari, correlate all'incontro con un'altra cultura.

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Sui diversi livelli di integrazione degli immigrati nei paesi europei, vedi Migration Policy Group 2005.

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b. Immigrazione e criminalità Si osserva che alcune statistiche5, che indicano un tasso più elevato di delinquenza tra le popolazioni immigrate o di seconda generazione, e spesso, un elevato tasso di vittimizzazione, sono state elaborate in base a rappresentazioni e amalgami che trascurano fattori importanti6: Le statistiche comprendono le infrazioni al codice degli stranieri, delitti che non possono essere commessi dai cittadini del Paese, Il tasso di giovani e di soggetti di sesso maschile è più elevato tra gli immigrati che nella popolazione in genere (Germania: 55% ragazzi nelle famiglie di immigrati, 50% nelle famiglie tedesche), ed è ben noto la criminalità coinvolge maggiormente il sesso maschile Gli immigrati vivono più frequentemente nei grandi agglomerati urbani, dove la criminalità è più forte che negli ambienti rurali (in Germania: 44% degli stranieri, 29% dei Tedeschi), Le denunce presentate contro delinquenti appartenenti all'immigrazione sono più numerose di quelle che riguardano delinquenti nazionali, Gli immigrati sono più spesso oggetto di controlli da parte degli agenti di polizia, Non sono presi in considerazione gli effetti negativi dell'immigrazione sui rapporti familiari (“illusione del ritorno”, conflitti generazionali, mancanza di sostegno parentale, ecc.). Da parte loro, i mass media presentano spesso la delinquenza delle popolazioni “immigrate/di seconda generazione” come un effetto dell'immigrazione stessa. Ciò induce l'idea di una criminalità importata, che può suscitare una politica antiimmigrazione. Rispetto all'obiettivo di lavoro, si rivela più pertinente tener conto dei seguenti fattori: Situazione economica più difficile (disoccupazione, fragilità rispetto alle crisi economiche e, in particolare, alle trasformazioni post-industriali: calo dell’occupazione nell'industria, creazione di occupazione nei servizi), Difficoltà di integrazione nei sistemi di educazione e di formazione, nelle funzioni pubbliche ecc, Problemi incontrati dai giovani nell'accesso ai servizi di prevenzione; interventi sociali spesso difficili, Gli immigrati appartengono spesso a classi sociali marginalizzate. Una breve discussione ha riguardato il rischio potenziale di comunitarizzazione, 5 Vedi Home Office 2006 sul fatto che gli immigrati sono soggetti, nello stesso tempo, ad un rischio elevato di delinquenza e ad un rischio elevato di vittimizzazione. 6 Vedi Gesemann 2004 sulla problematica delle statistiche che collegano immigrazione e criminalità, come nella città di Berlino.

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raggruppando e classificando gli individui all'interno di gruppi di immigrati definiti in via preliminare. Un'altra realtà importante affrontata riguarda l'esistenza di livelli di percezione, e quindi di accettazione, differenti rispetto allo straniero. Per fare un esempio, i Sudafricani di razza bianca sono socialmente ed economicamente meglio integrati in Gran Bretagna rispetto ai lavoratori stagionali polacchi o baltici, pur non avendo un passaporto europeo. Il terzo elemento verteva sulla constatazione della presenza di diverse forme di rappresentazione nei confronti delle questioni di status giuridico. In questo senso, dovrebbero essere incluse nel manuale di formazione delle definizioni chiaramente formulate in campo giuridico, sociologico e amministrativo. Infine, è stato precisato che un manuale di formazione dovrebbe adottare un'impostazione molto semplice, elementare, che fornisca un quadro di riferimento alle persone che lavorano direttamente sul campo, destinate ad affrontare realtà e richieste molto differenziate. Si è riscontrato che le categorie “immigrati/seconda generazione” oppure “stranieri” sono secondarie nel dibattito relativo alla prevenzione, che deve concentrarsi maggiormente sull'azione sociale e educativa. c. Le difficoltà e sfide per le amministrazioni locali Abbiamo rilevato analogie rispetto alle sfide da raccogliere e alle difficoltà incontrate dalle amministrazioni locali nelle diverse città europee: 1. Mancanza di interlocutori dal lato degli immigrati/rappresentanti della seconda generazione: spesso, le eventuali associazioni non sono rappresentative; 2. Ricorrenti difficoltà nel mobilitare le popolazioni immigrate/di seconda generazione e le relative associazioni; 3. Il personale è in contatto con persone in situazione irregolare (residenza, lavoro, etc.), ma è costretto a prendere in considerazione gli obblighi legali e le procedure amministrative, verificando parallelamente il rispetto dell'accesso ai diritti fondamentali (sanità, istruzione ...); 4. Il lavoro dipende spesso dalla disponibilità delle reti insediate presso popolazioni differenti (associazioni turche, associazioni italiane, etc.): il coordinamento tra tali diversi gruppi può rivelarsi inesistente; 5. In caso di conflitti tra valori personali e istituzionali, gli agenti locali sono tenuti ad adottare la posizione istituzionale; 6. Le preoccupazioni in tema di sicurezza prevalgono sugli sforzi realizzati a livello della prevenzione; 7. Le politiche pubbliche si focalizzano maggiormente sull'accesso all'occupazione, investendo meno nella risoluzione dei conflitti comunitari; 8. I problemi più visibili si concentrano spesso in alcuni quartieri molto limitati (un quartiere particolare, o anche semplicemente una strada, una piazza, una scuola, un mercato etc.): in questo caso, i servizi devono cercare di individuare i problemi in altri quartieri; 19


9. Le amministrazioni locali mancano di informazioni su alcune problematiche specifiche alle comunità immigrate, il che induce una difficoltà di comunicazione tra servizi amministrativi e popolazioni immigrate; 10. Le culture veicolano valori e concezioni della vita collettiva molto diverse: il fatto che i bambini giochino per strada o che facciano molto chiasso può essere considerato accettabile in una cultura e non in un'altra; la tolleranza, da sola, non può bastare per risolvere i conflitti di vicinato che ne risultano; 11. L'espressione delle convinzioni religiose pone alle amministrazioni un certo numero di problemi; ad esempio, quello della partecipazione di alcune ragazze musulmane ai corsi di educazione sportiva nelle scuole, etc. 12. La scarsa conoscenza della lingua rende difficile l'integrazione di lungo periodo degli immigrati. d. Le esigenze formative Sulla base di tali problematiche, ma anche in linea più generale, le esigenze formative identificate dai partecipanti sono le seguenti: 1. Formazione al lavoro sociale informale, lavoro di strada (« street-work »), lavoro di prossimità effettuato al di fuori degli uffici dell’assistenza sociale, delle amministrazioni locali e dei circuiti ufficiali; 2. Sensibilizzazione al contesto culturale degli immigrati (per meglio comprendere la loro situazione e i loro valori, diversi dei nostri, come ad esempio il loro modo di concepire diversamente l'attività economica), senza tuttavia sconfinare nella specializzazione antropologica. Sussistono difficoltà nel definire chiaramente il concetto e la portata della nozione di cultura; 3. La formazione degli operatori sociali all’accettazione dell'Altro, alle realtà concrete delle situazioni degli immigranti e all'analisi preliminare dei loro valori; 4. Esigenze formative specifiche sulle problematiche dei giovani di seconda generazione. La formazione deve prendere in considerazione le realtà concrete del pubblico interessato (ad esempio, la situazione spesso complessa e poco nota degli immigrati), in modo da far evolvere la cultura istituzionale su tali questioni. Il personale che lavora in prima fila deve essere prioritario, senza tuttavia trascurare la mobilitazione della gerarchia per i problemi incontrati nel lavoro quotidiano (aggressioni, discriminazioni, frustrazioni, barriere linguistiche e culturali, etc.). Sono stati citati esempi relativi al personale di prima fila: a Charleroi, quest'obiettivo è stato parzialmente realizzato con il Forum Théâtre e le metodologie di giochi di ruolo, in cui il personale può interpretare diversi ruoli.

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GLI ATTORI LOCALI

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3. GLI ATTORI LOCALI a. Gli attori interessati al referienziale formativo Il referenziale di formazione “Immigrazione e Prevenzione” è stato elaborato per gli agenti locali, impiegati nei servizi dipendenti da collettività situate nei Paesi europei. Le presentazioni effettuate durante il primo seminario, relative al contesto storico, economico, sociologico di ciascun territorio e ai dispositivi posti in essere in materia di prevenzione, ha permesso di individuare ciò che in questo testo viene definita: « Diversità culturale delle risposte fornite in materia di integrazione e di prevenzione». Le differenze tra i metodi di approccio e di risoluzione delle problematiche dipendono non soltanto dalle differenze culturali della società di accoglienza, ma anche dalle differenze nell'origine culturale dei migranti presenti sui singoli territori. Tuttavia, dobbiamo andare al di là di tali considerazioni per costruire un referenziale di formazione migrazione/prevenzione utilizzabile da tutte le collettività. Una delle ipotesi di lavoro consiste, quindi, nel riprendere il minimo denominatore comune a tali territori: l'agente locale di prevenzione, qualunque sia la diversità dei contesti e delle situazioni professionali, qualunque sia la realtà dell'immigrazione nel territorio in cui lavora. Cercando ciò che è "teoricamente" comune a tutti, possiamo cominciare a porre le basi per una proposta formativa che diventi un riferimento per ciascuno. In un primo momento, dobbiamo quindi interessarci a ciò che sono, piuttosto che a ciò che fanno. Si esaminerà quindi il loro statuto, la loro funzione e il loro ruolo. Osserveremo che le differenze correlate ai contesti sono, in un certo qual modo, effetti ottici che è possibile prendere in considerazione in quanto tali. Analizzeremo, inoltre, la situazione professionale dei capi servizio e i vincoli imposti dalla gestione pubblica. Affronteremo rapidamente, infine, le ragioni di tali problematiche migratorie: complesse, a volte fonte di violenza e di insicurezza, esse riguardano l'eletto locale e la collettività in senso lato, quale entità politica che gestisce il territorio in questione. Questa prima tappa di chiarimento degli elementi comuni a tutti gli agenti, a tutti i quadri, si rivela indispensabile, sia per affrontare la formazione, considerata quale processo di professionalizzazione e quindi di qualificazione degli agenti, sia anche per sostenere l'attuazione da parte dei quadri di un approccio volto all’elaborazione di un progetto di servizio, compatibile con la realtà del territorio. a1. I decisori: gli eletti locali L’elaborazione di politiche preventive correlate alle problematiche migratorie corrisponde a una preoccupazione fondamentale per un gran numero di eletti delle città europee. 23


Tali problematiche si trovano al crocevia di numerose tematiche: migrazione, solidarietà, sicurezza, educazione. Queste tematiche riguardano in primo luogo i pubblici poteri. In effetti, il fatto stesso che si risenta l'esigenza di elaborare un referenziale di formazione in questo campo, rivela l’esistenza di un rischio, se non addirittura di una realtà di degrado, che è opportuno rimuovere. Tale degrado è illustrato da incidenti e situazioni conflittuali di cui si è discusso, che sono stati affrontati secondo modalità operative, presentate a loro volta durante il primo seminario. I motivi per i quali i pubblici poteri sono spinti ad intervenire localmente risultano evidenti, e non meritano una descrizione troppo particolareggiata. In un contesto di estensione della mondializzazione, la circolazione degli uomini e delle merci si è accelerata in quest'ultimo ventennio. In questo stesso contesto, si può affermare, in modo forse un po' schematico, che si è accentuata la disparità tra una regione e l'altra, l'ineguaglianza fra un gruppo e l'altro. In altri termini, il mercato non può regolare tutto, e certamente non può impegnarsi nella risoluzione di problemi di lungo periodo poiché, per sua stessa natura, esso è portato a privilegiare il breve periodo. In effetti, spetta allo Stato farsi carico di una strategia di lungo periodo in tema di sicurezza, educazione, sanità, ecc. Il fatto che possa saltuariamente svilupparsi un'iniziativa privata non impedisce che, in tutte le città e i territori esaminati, esista un attore che assume tale funzione più globale e più strategica. Si tratta delle collettività e degli Stati, ed in particolare dell'obiettivo assegnato ai programmi realizzati dalle collettività nel settore della prevenzione. L’interesse manageriale di tali attori è focalizzato su un obbligo di risultato in materia di mantenimento dell'ordine, di preservazione dell'interesse generale, del collettivo, del lungo periodo. L'adozione su tali questioni del principio della sussidiarietà o della delega è esclusivamente dovuta all'auspicio che tali preoccupazioni vengano affrontate il più vicino possibile ai cittadini, e che i risultati siano percettibili per questi ultimi. a2. Un gruppo target: gli Agenti locali Gli agenti locali dispiegati in prima linea e demandati ad accogliere, orientare, assistere fasce di pubblico di origine diversa, sono confrontati, non sempre preparati, alle mutazioni sociali e alla diversificazione dei flussi migratori. Esse devono essere in grado di offrire una risposta non soltanto le aspettative degli utenti, ma anche a quelle dell'istituzione cui appartengono o per la quale assicurano una prestazione di servizio pubblico. Il loro ruolo ed è finito è garantito dallo statuto di agente della collettività o di un'organizzazione sulla quale la collettività esercita la propria autorità. Tale statuto, in un certo qual modo, li protegge e protegge la loro attività. 24


L'origine latina del sostantivo “statutum” è comune al verbo statuire: si tratta di una decisione di ordine giuridico, che consente di definire, ad esempio, le modalità di reclutamento, ma anche l’insieme delle leggi che disciplinano la situazione di tali agenti, le capacità di ciascuno di loro o del gruppo di operatori professionali cui appartengono, i loro diritti e obblighi. Osserviamo, tuttavia, l’esistenza di categorie di agenti che esercitano attività diverse: agenti di pubblica sicurezza, di accoglienza, di prevenzione ecc. e ciascuno di essi compie una mansione specifica: ciascuno ha, di conseguenza, una funzione specifica. La funzione definisce quindi il ruolo caratteristico di un elemento in un insieme. Il termine “Funzione” deriva dal latino “functio”: realizzazione. In latino giuridico, il termine funzione è correlato a “functum” (servizio pubblico) e a “fungere” (adempiere). Esso sancisce con precisione ciò che deve essere realizzato da una persona per essere efficace in un gruppo sociale. Associato alla nozione di dovere, il termine funzione rappresenta l'onere specifico di ciascun posto di lavoro. Possiamo affermare, di conseguenza, che gli agenti locali dispongono di uno statuto e che realizzano una funzione che attiene al servizio pubblico. Se ne evince che la questione della partecipazione attiva ad una missione di servizio pubblico non è negoziabile, né frazionabile, e che il servizio reso a ciascuno deve essere, per natura stessa, equo ed efficace. Si parla anche spesso del ruolo di determinati agenti, generalmente quando si evoca la partecipazione di alcuni servizi alla realizzazione di una politica, di un progetto settoriale: educativo, preventivo, sociale ecc. Il termine “Ruolo”, che deriva dal latino medievale “rotulus”, antica pergamena arrotolata, può rivestire vari significati. Il primo significato è correlato alla legge: si definisce ruolo un atto notarile, una sentenza, un capitolato d'oneri, l'elenco del personale che compone l'equipaggio di una nave, che indica il servizio che incombe a ciascuno a bordo. Tuttavia, il ruolo è anche sinonimo di incarnazione di un personaggio interpretato da un attore, o anche il comportamento di una persona che “recita” un personaggio. Il ruolo riguarda, di conseguenza, un’attuazione, una messa in scena, un comportamento osservabile. Ciascuno l'incarna con la sensibilità e le specificità che gli sono proprie. In altri termini, lo statuto trova origine nella legge, implica una funzione che deve essere espletata eseguendo un ruolo, definito nell'ambito di tale funzione, un ruolo che ciascuno eseguirà diversamente in funzione di ciò che è in quanto individuo, in quanto soggetto. 25


Qualunque formazione deve prendere in considerazione i tre assi intorno ai quali è articolata la struttura sociale dell'individuo per il quale il referenziale è stato predisposto. La presa in considerazione dei suddetti tre assi consente di ricentrare i nostri obiettivi sui destinatari del referenziale, per ciò che hanno in comune, a prescindere dai territori interessati, in modo da permettere agli agenti di sviluppare un knowhow nonostante tali differenze. La tematica della prevenzione e dell'immigrazione costituisce un'opportunità per approfondire più particolarmente le questioni relative al confronto, o addirittura allo scontro tra culture di appartenenza. Possiamo supporre che la formazione costituisca un supporto, a condizione che si consideri che i servizi ai quali appartengono gli agenti siano organizzazioni vive ed evolutive. Gli agenti in formazione sono i protagonisti di un cambiamento di prospettiva, di modalità operative. Adottando tale tematica e concedendosi il tempo di lavorare su ciò che essi sono, sui vincoli cui sono sottoposti, essi potranno riflettere sul loro rapporto con l'Altro, e sul rapporto di tutti gli utenti con l'istituzione. a3. Un livello da mobilitare: i Capiservizio Il caposervizio è garante di un’organizzazione e di un quadro di lavoro che consente di conciliare la diversità delle domande dei privati cittadini e l'interesse generale. Per rispettare queste esigenze di efficacia sul territorio, e per aiutare o supportare le proprie équipe, i responsabili: 1. Esigono persone che detengono competenze tecniche e, di preferenza, persone con competenze diverse, poiché considerano, in genere, che tali differenze consentono di adattarsi alle singole situazioni particolari; 2. Sviluppano partenariati e contribuiscono all’attuazione di progetti, che consentono di completare o compensare la prestazione fornita dai servizi pubblici. Tali strutture e organizzazioni partner garantiscano, per delega, una prestazione pubblica. In questo modo è possibile che si sviluppino occasionalmente alcuni nuovi mestieri, tra cui quello di mediatore culturale che, nell'ambito dell'istituzione, garantisce una prestazione volta alla preservazione dei legami sociali e alla prevenzione dei conflitti. 26


Dobbiamo considerare, in questa sede, che il know-how di tali professionisti, che operano sotto la mano pubblica, non costituisce una verità assoluta in qualunque luogo e in qualunque circostanza, e non basta per affrontare all'interno, e sulla base del diritto comune, la questione delle esigenze formative degli agenti che sono confrontati, a loro volta, a certe difficoltà. È per questa ragione che è emersa in modo evidente, durante il primo seminario, la necessità di inserire tali partner tra il pubblico mirato dalla formazione e, di conseguenza, di lavorare sulle esigenze formative dell’insieme dei protagonisti della prevenzione. In questo caso, siamo partiti dal presupposto che i capiservizio devono essere idonei ad analizzare la funzione del servizio che dirigono inserendola in un insieme più vasto, che comprende i partner istituzionali e associativi. Constatando che la delega ai partner non può compensare all'infinito le difficoltà vissute dagli agenti dei servizi, essi auspicano che la formazione consenta ai loro agenti di prevenire gli incidenti, regolare le tensioni e, di conseguenza, partecipare attivamente ad una buona gestione delle mutazioni sociali ed economiche. L'elaborazione di un referenziale deve, di conseguenza, prefiggersi l'obiettivo di sviluppare “Un'intelligenza della pratica preventiva per i propri agenti”. Essere in grado di prendere in considerazione le leggi, i regolamenti o le procedure esistenti, ma soprattutto di renderne intelligente l’applicazione rispetto alle esigenze particolari e/o al contesto locale. È probabile che una formazione immigrazione/prevenzione faccia emergere la necessità di prendere in considerazione le difficoltà dei quadri intermedi nell'esercizio della loro responsabilità su tale tematica. Qualunque impulso proveniente dalla gerarchia, espresso attraverso la voce di un eletto, dell'autorità di tutela o dell'amministrazione, suscita resistenze al cambiamento che, pur essendo ben note a livello teorico, restano comunque difficili da rimuovere nell'organizzazione. È per questa ragione che il referenziale si riferirà al supporto ai capiservizio (§ Del buon uso del referenziale). Per concludere il presente capitolo, ricorderemo i principali obiettivi sottesi all'elaborazione di formazioni nel campo dell’immigrazione/prevenzione: • Ricordare agli agenti locali che il loro statuto definisce i loro diritti e obblighi. Tale statuto consente loro di occupare una funzione e di assicurare un ruolo preventivo su tale tematica. 27


• Ricordare ai capiservizio che la gestione pubblica consiste nel supportare l'adattamento del servizio alle esigenze del territorio e della popolazione. Per realizzare tali obiettivi, prenderemo in considerazione il fatto che nella sua relazione con il servizio, l'utente non è “il più forte”. Per analizzare e migliorare il rapporto tra il richiedente (utente) e l’agente (operatore sociale, agente del servizio pubblico di prossimità, agente di prevenzione), è utile poter chiarire i rispettivi vincoli e obbligazioni dell'agente e del richiedente. Proponiamo quindi di classificare gli agenti in funzione di quattro categorie: 1. Gli agenti di sportello: si intendono con tale definizione gli impiegati dello Stato civile, ad esempio, che ricevono tutti i tipi di pubblico (tutti gli abitanti) e che sono quindi “esposti” in modo quasi quotidiano; 2. Gli agenti di pubblica sicurezza (ordine pubblico, igiene, ambiente ...) che, in considerazione della loro funzione, devono intervenire sul posto in situazioni rischiose; 3. Gli operatori sociali e socio-educativi (assistenti sociali, educatori, insegnanti), che intervengono nell'accompagnamento di gruppi e garantiscono una funzione di rapporto sociale; 4. Gli agenti cosiddetti “interculturali”, che corrispondono ai nuovi mestieri: medie fiori, scrivani pubblici.

Polizia

Quadri interinali Agenti di pubblica sicurezza

QUADRI SUPERIORI Quadri interinali Agenti operatori Agenti di sociali e sociosportello educativi Quadri interinali

Quadri interinali Agenti attivi nell’interculturale

TAVOLA 1: Le categorie di agenti locali La formazione prenderà in considerazione la funzione di ciascun gruppo, e probabilmente il ruolo assegnato a ciascuno di essi nell'attuazione di una politica preventiva. b. Cultura e identità professionale degli agenti locali Affrontare i problemi incontrati dagli agenti locali, significa in un primo momento elaborare ciò che pone loro problemi nel contesto di lavoro. È per questa ragione che bisogna prendere in considerazione l'istituzione in cui essi evolvono che, come già detto in precedenza, è un’organizzazione viva e capace di evolvere. Gli agenti delle collettività svolgono le proprie funzioni riferendosi alla cultura della loro istituzione. La cultura dell'organizzazione è costituita da tutti gli elementi che consentono a tali membri di vivere, lavorare, comunicare, e risolvere collettivamente 28


i problemi. Essi sono formati per pratiche professionali che non hanno un nesso diretto con la nozione di vivere meglio insieme. Formati per “fornire” prestazioni di vario tipo, la loro appartenenza al servizio pubblico non implica esplicitamente che essi debbano “valutare” o “rivalutare” il proprio mestiere includendovi la capacità di creare relazioni e di prevenire il conflitto interculturale. La collettività, chiedendo ai suoi agenti di coinvolgersi - ciascuno nel proprio ruolo – nella prevenzione dei conflitti correlati alle migrazioni e alla diversità, introduce un nuovo obiettivo negli orientamenti istituzionali. Formando gli agenti locali su tale questione, si contribuisce a fare evolvere la cultura dell'organizzazione. Si pone quindi la questione del contributo degli agenti o attori che, ai margini di questa stessa organizzazione, hanno ricevuto una delega per prevenire e risolvere i conflitti sul campo. I nuovi mestieri del sociale, attinenti al “vivere meglio insieme”, agiscono a loro volta riferendosi ad una cultura. Ci si può chiedere, tuttavia, se essi dispongono tutti della stessa cultura d’organizzazione, oppure se si basano su altri riferimenti e su un'altra cultura? (possiamo affermare che essi si creano una cultura sul terreno delle nuove problematiche e che questa nuova cultura interessa gli altri agenti?). I partecipanti al programma hanno superato tale difficoltà senza tuttavia negarla, scegliendo di osservare il dispositivo globale di intervento sul territorio, e di isolare esclusivamente ciò che collega gli uni agli altri. Poiché essi sono, in realtà, indipendenti, anche nel caso estremo in cui si ignorano, è opportuno porre come principio assoluto che le formazioni devono essere progettate basandosi su tali relazioni di interdipendenza, e che è utile quindi sviluppare una cultura comune all’insieme degli attori che agiscono sullo stesso territorio, siano essi agenti di collettività o agenti di prevenzione sul terreno. Si è deciso quindi: Di utilizzare le relazioni di interdipendenza dei diversi agenti nell'organizzazione locale per elaborare tale cultura comune, ipotizzando che tale metodo indurrà l'adattamento dei mestieri cosiddetti “tradizionali” e dei mestieri cosiddetti “nuovi”. Poiché la formazione iniziale di ciascuno non viene rimessa in questione, s'intende in questa sede che la realizzazione di un piano di formazione inter-servizi, che coinvolga attori differenziati, resta il mezzo più sicuro per suscitare un cambiamento culturare nell'organizzazione, e che tale cambiamento produrrà effetti sulle prassi professionali di ciascun agente interessato; Di affermare che il miglioramento delle prestazioni e l'adattamento della pratica professionale a fronte della diversità, richiede un lavoro di 29


chiarimento e di supporto rispetto ai valori dell'organizzazione. Per valori, intendiamo ciò a cui si crede nell'organizzazione e che serve da riferimento per i comportamenti; Di rinforzare i legami tra impiegati di collettività (agenti pubblici), deleganti (capiservizio ed eletti) e delegatari (agenti di prevenzione, nuovi mestieri); Di censire ed elaborare ciò che pone problemi a ciascuno senza eccezioni: ciò significa riconoscere la diversità come componente dell'istituzione. In situazioni formative, i gruppi di agenti di origine e di ambienti socio-professionali differenti vengono affiancati per affrontare ciò che emerge, a volte, dallo scontro delle culture. Sarebbe pregiudizievole privarsi di tale opportunità: in questo caso, i formatori dovranno trarne il massimo vantaggio in funzione delle sfide della formazione. Viene presentato qui di seguito un abbozzo di modello, che consente di individuare l'origine di alcune situazioni conflittuali. Lo statuto, la funzione o il ruolo dei funzionari possono a volte essere incompatibili con le loro convinzioni

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Persona utente dei servizi pubblici

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Fornitore di servizi in quanto rappresentante pubblico

Fornitore di servizi in quanto persona singola

Relazione conflittuale

TAVOLA 2: la posizione complessa degli agenti locali personali o il loro valori (vedi tavola successiva). Questo grafico mostra che gli impiegati della pubblica amministrazione possono avere le loro convinzioni, opinioni e idee, ma che devono anche agire quali rappresentanti dell'amministrazione pubblica, e svolgere in tal modo il 30


proprio ruolo nei confronti dell'interesse pubblico, in senso lato. In una società multiculturale ed eterogenea, il ruolo della pubblica amministrazione è anche quello di porsi come esempio rispetto al modo in cui possono coesistere differenti gruppi, persone e culture. A tale livello, esiste anche una “cultura istituzionale, cosiddetta di organizzazione” ed una “cultura personale” dei funzionari. I limiti tra tali due riferimenti non sono sempre rispettati con chiarezza. Per illustrare tale affermazione, immaginiamo un immigrato di prima generazione, uomo o donna, che lavori come operatore sociale, ma che porti in sé le idee e valori culturali del mondo rurale del proprio paese d'origine, o ancora dei giovani immigrati impegnati nel lavoro di mediatori in diversi quartieri, senza disporre di una formazione specifica in materia, oltre all'eventuale competenza attribuita alla loro identità culturale. Si tratta, in questi casi, di attori locali che hanno acquisito uno statuto sulla base dell'ipotesi che la loro identità culturale si sarebbe automaticamente trasformata in competenza professionale. È emerso degli scambi che spesso, essi non sono in grado di reagire a fronte delle complesse realtà dei quartieri sensibili. Raccomandiamo di trattare tale questione facendo apparire nel referenziale di formazione delle proposte di lavoro sui conflitti tra il riferimento ai valori personali che sottende l'intervento, e i valori istituzionali che sottende il servizio pubblico (conflitti di lealtà correlata alla doppia appartenenza). Un'altra illustrazione concerne, in questo caso, un conflitto relativo alla funzione occupata. Anche se la funzione degli impiegati del settore pubblico può essere, nel suo insieme, identica in quartieri e per utenti differenti (ad esempio, la raccolta dei rifiuti urbani), ci si rende conto che il luogo in cui viene esercitata tale funzione induce aspettative diverse in funzione del ruolo attribuito a tale funzione. Il ruolo che essi svolgono dipenderà, in gran parte, dai quartieri in cui verranno inviati a raccogliere i rifiuti. I due esempi citati hanno suscitato una discussione sul modo in cui un'amministrazione pubblica deve lavorare nella realtà di una società multiculturale.7 7 In mancanza di una migliore definizione, viene utilizzato, in questo caso e nell’insieme del testo, il termine di “società multiculturale”, nonostante i problemi che pone. Deve essere inteso nel senso di una società costituita in realtà da gente di ambienti culturali diversi, e non nel senso di un concetto politico o ideologico elaborato, e neppure nel senso di una prospettiva culturalista che suppone l’esistenza di culture statiche e immutabili, separate da frontiere nette.

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Tale analisi è stata completata da numerosi e interessanti scambi, di cui indichiamo qui di seguito alcuni elementi: 1. Sul riferimento all'ordine laico repubblicano: un ordine pubblico laico e repubblicano, del tipo francese, ad esempio, non significa che le differenze culturali siano negate o ignorate, ma piuttosto che lo Stato non interviene in campo religioso. In Francia, ad esempio, le moschee non possono essere edificate con fondi pubblici, ma esigono tuttavia la concessione di licenze edilizie pubbliche. Allo stesso modo, i gruppi religiosi possono essere associati ai processi decisionali quali organi consultivi, senza tuttavia essere ufficialmente riconosciuti. Viceversa, in altri Paesi, alcune istituzioni religiose possono essere sovvenzionate dallo Stato.8 2. Sul riferimento alla legalità: non è soltanto la legge che entra in gioco nel modo di agire della gente. Altri fattori quali la cultura, i consigli, la politica, le convinzioni, i valori personali, ecc. svolgono un ruolo sensibilmente più importante, sfumando il modo in cui la gente applica leggi e regolamenti nel proprio lavoro quotidiano, e le differenze possono essere rilevanti. 3. Sul riferimento al concetto di multiculturale: bisogna essere prudenti nell'utilizzo del termine di “società multiculturale”, e riservarlo alla coesistenza fattuale di diverse culture sullo stesso territorio. Il rischio è che le culture possano apparire come entità stabili, che esistono indipendentemente l’una dall’altra, o ancora come un termine ideologico sfruttato nei confronti politici. 4. Sul riferimento alla nozione di interesse generale: il termine “general interest/ interesse generale” può essere preferibile rispetto quello di “institutional/administrative culture” (cultura istituzionale), poiché ha un senso più ampio. 5. Sull'obiettivo di professionalizzazione: la professionalizzazione travalica il dialogo interculturale. Suo obiettivo è fornire servizi eccellenti, indipendentemente dalle differenze culturali, ma senza ignorarle. Ad esempio, la direzione della polizia olandese cerca di suscitare un atteggiamento generale: qualunque agente di polizia, a prescindere dal suo contesto culturale, presterà attenzione a qualunque problema posto, nel momento in cui un cittadino si rivolgerà a lui; la finalità reale è che il contesto culturale degli agenti di polizia venga totalmente escluso dal loro lavoro quotidiano. Questo approccio è volto ad evitare lo scoglio rappresentato dal disporre di agenti di polizia turchi che lavorano soltanto nei quartieri turchi, e di agenti di polizia olandesi che lavorano soltanto nei quartieri olandesi. 6. Sulla democrazia locale e la partecipazione degli abitanti: “l’empowerment” degli utenti svolge, a sua volta, un ruolo cruciale. La partecipazione e la mobilitazione attiva degli utenti dei servizi pubblici, effettivamente associati ai processi decisionali, possono alterare la relazione di potere, spesso a scapito dei gruppi minoritari. 8 Vedi Hoare, Marshall e Chu 2006 per un confronto del rapporto tra scuola pubblica e religione in Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti.

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Le raccomandazioni formulate dal gruppo in questa fase possono essere riassunte nel modo seguente: gli interventi e gli sforzi devono essere coordinati e applicati a livello locale. Inoltre, la formazione deve essere correlata alla pratica. Si pone quindi la questione del rapporto con le fasce di pubblico interessate o con coloro che sono vittime della violenza. Ecco perché la formazione deve affrontare sia il problema degli agenti che rischiano di essere brutalmente aggrediti nel loro lavoro quotidiano, sia quello del pubblico vittima di violenze. 1. Il gruppo target per la formazione è costituito da agenti pubblici e da agenti di prevenzione, che hanno ricevuto delega per missioni di prevenzione. 2. La formazione deve focalizzarsi sugli orientamenti istituzionali politici di prevenzione e non di repressione. 3. È opportuno tener conto dei limiti professionali e individuali, scegliendo di lavorare sulle abitudini di lavoro e sulla cultura dell'organizzazione, piuttosto che sulla questione delle reticenze e difficoltà personali. 4. È importante prendere in considerazione i conflitti e le tensioni correlate alla situazione professionale. Conflitti tra fornitori di servizio pubblico e utenti. Conflitti tra convinzioni personali e cultura dell'organizzazione. Conflitti correlati alla scarsa corrispondenza tra la funzione e il ruolo attribuito ad un agente.

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TIPI E METODOLOGIE DI FORMAZIONE

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4. TIPI E METODOLOGIE DI FORMAZIONE Gli operatori professionali devono quotidianamente affrontare la cosiddetta diversità culturale. Come stabilire una comunicazione qualitativa, come riuscire a parlarsi, in altri termini a comprendersi, e scambiare idee quando i punti di riferimento, i codici culturali, le abitudini non sono le stesse? Come evitare i malintesi, le incomprensioni, o addirittura le tentazioni di rigetto inerenti a qualunque situazione che mette a confronto persone di culture differenti? Come superare l'ostacolo, sempre presente in un primo momento, del confronto con la diversità culturale, perché la cooperazione possa prevalere il più rapidamente possibile sullo scontro? In una situazione professionale, più che in ogni altro caso, l'approccio interculturale implica necessariamente il riconoscimento dell'esistenza di due attori diversi, ciascuno con i propri sistemi di valori e di rappresentazione. Risulta sempre più evidente che la comprensione di tale questione implica uno sforzo personale di correzione esercitato su se stessi, per porre i limiti dello stato affettivo generale, prendere le necessarie distanze e travalicare le proprie rappresentazioni. Gli operatori professionali devono quindi effettuare un autentico lavoro di costruzione intellettuale, volto ad acquisire le conoscenze utili e ad appropriarsi le impostazioni indispensabili per facilitare l'interazione. È necessario quindi disporre di sapere, saper fare e saper essere. Si tratta di modificare atteggiamenti e comportamenti. È opportuno dotarsi di autentiche competenze professionali, che possono essere acquisite esclusivamente attraverso la formazione: è questo il nostro obiettivo. a. Approccio teorico al processo di formazione Qualunque elaborazione di formazioni suppone un livello minimo di conoscenze acquisite in materia teorica e metodologica. Vedremo che la formazione coinvolge gli aspetti cognitivi e l'esperienza pratica degli agenti. Al di là dei diversi metodi utilizzati nelle numerose formazioni disponibili sul mercato, è importante precisare la metodologia generale adottata, in proporzioni variabili, dall’insieme delle proposte formative. Abbiamo visto, in effetti, che la formazione rientra in un campo teorico situato tra tre poli (vedi tabella): • L'insegnamento, che designa la trasmissione di un sapere sancito istituzionalmente. L'esempio classico è costituito dall'insegnamento nelle scuole, in cui il professore trasmette agli alunni un sapere precisamente definito; • L’istruzione, che indica l'acquisizione di un saper fare adeguato alle esigenze socioprofessionali; un esempio classico è costituito dalla formazione professionale, che trasmette tecniche specifiche. In questo caso, l'iter è piuttosto orientato verso la pratica, che consiste nell’agire per apprendere. Questo tipo di formazione insegnerà come diventare panificatori, ad esempio, con conoscenze precise su ciò che fa e su chi è un panificatore, 35


e sui codici di condotta ai quali deve conformarsi. Oltre ad imparare come fare il pane, il panificatore imparerà anche “l'arte” di fare il pane e l'orgoglio insito nel fatto di essere un panificatore; • L’educazione, che può, invece, essere intesa in senso ampio, come conoscenza di sé e del proprio posto nel mondo (perfetta conoscenza di un saper essere). Essa indica un processo di acquisizione di conoscenze teoriche e pratiche, e di riflessione continua, non dissimile dalla trasmissione di valori: un vero e proprio modo di essere e di comprendere il mondo. Tale iter coinvolge non soltanto le istituzioni pubbliche, ma anche le scuole, la famiglia, il contesto più ampio dei quartieri, delle culture, delle religioni e delle tradizioni, delle convinzioni personali e politiche, ecc.

La formazione deve mirare questo settore

Educazione Società – Valori – Culture

Istruzione Formazione professionale

Insegnamento Scuole, università, ecc.

TAVOLA 3: Tre poli Se ne evince che nello zoccolo comune, al di là di tali tre poli, l'attività formativa include generalmente la trasmissione di saperi articolati intorno a delle prassi, nella prospettiva di uno sviluppo globale della persona quale soggetto e attore sociale. A tale livello, non si deve assolutamente dimenticare l'importanza del modo in cui un soggetto espleta le proprie funzioni e il proprio ruolo. Un panificatore, ad esempio, deve soddisfare alcune esigenze che vanno oltre la semplice fornitura del pane, e che dipendono dal contesto locale in cui egli opera. In un quartiere musulmano, ad esempio, il panificatore fabbricherà dolciumi speciali durante il Ramadan, mentre altri contesti potranno esigere competenze e know-how differenti. 36


Per riprendere l'esempio di un agente di polizia, quest'ultimo deve ricevere un insegnamento appropriato sulle leggi e i regolamenti (presso la scuola di polizia), un'istruzione adeguata (sotto forma di formazione pratica sul campo, supervisione del lavoro in équipe e formazione professionale continua), ma anche l'educazione adeguata (una comprensione dello statuto, della funzione e del ruolo di un agente di polizia in una società democratica; il che significa l'importanza di essere cortesi, di assicurare alla gente un trattamento identico, ragionevole ed equo). In questo senso, la formazione degli attori locali in materia di immigrazione e di prevenzione deve comprendere nello stesso tempo la trasmissione di conoscenze teoriche (storia dell'immigrazione, ad esempio), lo studio degli strumenti pratici e del knowhow (gestione dei conflitti, ad esempio), ma deve anche perseguire una logica di cambiamento che travalichi i limiti dell'identità professionale. Il lavoro degli attori locali, in effetti, può essere significativamente migliorato grazie all'insegnamento della storia delle migrazioni, del razzismo, della tolleranza, dei valori democratici, ecc., nell'ambito di un'apertura verso orizzonti più vasti di realtà sociali e culturali, esterne alla pubblica amministrazione o all'istituzione. b. Elementi costitutivi e criteri metodologici Poiché la peculiarità del processo formativo si evince nel confronto con attività simili ma distinte, bisogna ora farne emergere le specificità attraverso il loro contenuto comune, al di là delle molteplici modalità delle formazioni particolari. A tale scopo, sono stati definiti alcuni elementi caratteristici delle prassi formative: 1. La logica di cambiamento: la formazione è volta a indurre cambiamenti, sia nelle persone (comportamenti, rappresentazioni, atteggiamenti, metodi), in funzione di diversi approcci psicosociali, sia nei sistemi (cesure, culture e funzionamento delle imprese), secondo diversi strumenti socio-analitici. 2. L'adattamento dei programmi, degli obiettivi e delle attività alle esigenze o alle richieste, nonché al contesto dell'intervento. Tale obiettivo presuppone di negoziare programmi, obiettivi, attività, in funzione delle priorità dei mandanti e delle esigenze o delle richieste del pubblico da formare. Le distorsioni tra le priorità degli stagisti e quelle dei formatori devono a loro volta essere negoziate. Nell'esempio di una collettività che propone una formazione al personale, il formatore deve innanzi tutto scoprire gli obiettivi degli eletti, e successivamente gli obiettivi del personale destinato a beneficiarne, per cercare poi di ridurre l'inevitabile divario tra queste due posizioni. 3. Articolazione tra le teorie e le pratiche: il sapere non è un obiettivo, né in quanto tale né come sfera autonoma di riferimento, ma viene utilizzato in funzione delle sfide che gli attribuiscono un senso. La teoria viene comunicata, se del caso, come strumento di risoluzione di problemi emersi dalla pratica. Qualunque formazione deve sfruttare e appoggiarsi sul contesto delle persone che operano sul terreno. In tali condizioni, la teoria deve essere applicata per risolvere i problemi concreti sul terreno. 37


4. Razionalizzazione e professionalizzazione: per processo di razionalizzazione della formazione si intende la capacità del formatore di oggettivare le proprie intenzioni, i propri mezzi, il contesto di intervento e i risultati attesi. Tutto questo si traduce in una serie di esigenze: dalla definizione degli obiettivi, al negoziato con l’eventuale mandante e/o con i partecipanti, fino alla predisposizione di un dispositivo di valutazione. Il processo di razionalizzazione presuppone il ricorso a professionisti riconosciuti e abilitati, che dispongono di un'esperienza in materia. Il carisma personale, la competenza teorica o il know-how pedagogico non consentono di attribuire la qualifica di "formatore". D'altra parte, quest'ultimo deve vivere la formazione in una relazione di partenariato che non è priva di rischi, riferendosi a prassi o a conoscenze di cui non detiene il monopolio. Ne risulta un posizionamento critico del formatore, che non interviene in qualità di esperto, né di terapeuta, e neppure di insegnante, e che spesso deve plasmare il proprio status e dar prova delle sue competenze durante lo stesso iter di formazione. È opportuno, inoltre, prendere in considerazione dieci criteri metodologici nella costruzione di qualunque iter formativo (vedi Tavola 4). Qualunque formazione, nonostante obiettivi chiaramente definiti, deve corrispondere alle aspettative delle persone da formare, e parallelamente a quelle dell'istituzione che l'ha organizzata. Il formatore deve negoziare le possibili distorsioni e programmare un'azione basata su strumenti e condizioni chiaramente definite. Gli strumenti pedagogici devono essere idonei a permettere una formazione fruttuosa; i metodi e i contenuti devono essere studiati in funzione delle esigenze dei beneficiari, e gli obiettivi definiti nell'ambito più generale di una politica formativa. Un programma di formazione valido deve sempre essere seguito da un dispositivo di valutazione funzionale e significativo. 1

Precisare gli obiettivi

Define objectives

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Analizzare i fabbisogni e/o le richieste

Analyse needs and/or demand(s)

Distinguere domanda istituzionale e domanda del pubblico Negoziare le eventuali distorsioni Pianificare l'azione Definire i mezzi e le condizioni Adattare i propri metodi Modulare i contenuti Inserire il piano di formazione in una politica generale

Distinguish institutional and public demand(s) Negotiate possible distortions Plan the action Determine means and conditions Adapt your methods Shape contents Base training plans in a general policy framework

Istituire un dispositivo di valutazione

Establish an evaluation mechanism

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TAVOLA 4: Criteri metodologici 38


Questa metodologia ci ha spinti, nell'ambito della costruzione di un iter formativo in materia di immigrazione e di prevenzione, a riflettere su differenti elementi (per cosa formare gli attori locali, quali campi di conoscenze/competenze affrontare), e a definire con precisione l'oggetto di tale strumento in fieri. Nell'ambito di questo progetto, si deve effettivamente riflettere su strumenti idonei ad aiutare, accompagnare gli agenti locali di prevenzione a meglio gestire, nella loro vita professionale quotidiana e nel rispetto della loro identità professionale, le difficoltà correlate al contatto con persone di altre origini culturali. Tenuto conto dell'esistenza di società multiculturali in Europa, l'obiettivo del vivere meglio insieme non esige soltanto una migliore comprensione delle culture, ma richiede anche l'arte di comunicare nell'ambito di queste ultime. In tale prospettiva, la formazione è orientata verso la creazione di un’empatia, e mira un obiettivo molto più vasto delle semplici conoscenze (acquisite grazie all'insegnamento) o del knowhow (acquisito attraverso l'istruzione). c. Presentazione degli strumenti specifici Senza voler essere esaustivi, presentiamo qui di seguito tre strumenti specifici per le proposte di formazione in materia interculturale, che ci sono sembrati particolarmente pertinenti. c1. Analisi delle rappresentazioni L’analisi delle rappresentazioni9 indica le metodologie che stimolano la presa di coscienza, l'esame e la decodificazione dei pregiudizi, dei preconcetti, degli stereotipi che si creano in ogni persona – molto spesso a sua insaputa, in funzione dell'impatto della cultura circostante – nei confronti dell'altro o dell'ignoto. Tale analisi, fondata, tra l'altro, sull'introspezione, lo scambio, la dinamica di gruppo, i giochi di ruolo, ma anche sullo sfruttamento pedagogico di diversi supporti (articoli, pubblicità, documenti audiovisivi, lavori personali, brainstorming, ...) è volta a procurare una migliore conoscenza delle percezioni spontanee e/o elaborate, nella prospettiva di ridurre il divario tra la realtà obiettiva e le interpretazioni personali. Per tale ragione, questo tipo di analisi risulta particolarmente idonea ad un contesto interculturale. c2. Choc culturali Il metodo degli “choc culturali” 10 è volto a rendere più idonei gli operatori professionali in situazioni interculturali, a scoprire e poi a comprendere le differenze culturali a partire dalla presa di coscienza dei propri valori, norme, schemi di 9 Referenze: Mucchielli (s.d.), Moscovici 1973, Mendras 1978 10 Referenze: Camilleri/Cohen Emerique 1989, Antipodes 1995, che ha integrato e abbreviato due articoli redatti da Margarita Cohen Emerique nel 1984 e 1986, aggiornati dall’autore. La presente rubrica si è ampiamente ispirata a tale dossier, considerato come un’autorità in materia. Antipodes è pubblicato da ITECO.

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riferimento, pregiudizi, che costituiscono altrettanti ostacoli alla comprensione e alla comunicazione con le persone o i gruppi di cultura differente. Tale metodo è stato ideato dalla psico-sociologa Margalit Cohen Emerique negli anni ’80. Constatando le difficoltà di trasmettere efficacemente le caratteristiche culturali e le peculiarità identitarie dei migranti agli operatori sociali e ai professionisti dell'intervento medico-psicologico, il dottor Cohen Emerique ha optato per metodi formativi che associavano simultaneamente un'apertura verso la conoscenza delle altre culture e una sensibilizzazione alla percezione, il riconoscimento e la ricerca delle differenze culturali come condizione primaria per l'approccio interculturale. Per individuare le zone di incomprensione in situazione interculturale, è emersa la nozione di choc culturale, quale reazione di smarrimento, di frustrazione o di rifiuto, se non addirittura di rivolta, di ansia ma anche di stupore positivo. L'ipotesi di partenza è che tale choc agisca come rivelatore della propria cultura e delle zone più critiche nell'incontro. In pratica, il metodo procede ad una selezione di situazioni nelle quali i partecipanti alla formazione hanno vissuto degli choc culturali. Tali choc vengono analizzati secondo una griglia standard, che consente di individuare le variabili oggettive di tali “incidenti critici” riferiti dai narratori. Dopo aver risposto alle domande relative agli attori in causa, alla situazione di choc, al contesto e allo schema di riferimento di ciascuno dei protagonisti (colui che ha subito lo choc e colui che è all'origine di quest'ultimo) e agli strascichi dell'incidente stesso, si creano dei sottogruppi per una messa in comune guidata dal formatore. Grazie ad allenamenti successivi, i partecipanti diventano progressivamente più consapevoli delle zone culturalmente sensibili in cui si scontrano spesso concezioni diverse (della persona, della famiglia, dell'educazione, delle relazioni uomo/donna, del rapporto rispetto al tempo, allo spazio, alla religiosità ...), che si riferiscono a sistemi di norme e di valori differenti. Questa migliore comprensione del quadro di riferimento culturale proprio e altrui, consente di ottenere una prospettiva diversa riguardo alle situazioni vissute e di cercare soluzioni appropriate con gli interessati attraverso il dialogo e il negoziato. Pur ponendo l'accento in modo prioritario sulle dimensioni culturali delle interazioni, tale metodo non è culturalista, poiché la griglia proposta evidenzia fattori di contesto (sfide istituzionali, rapporti Nord/Sud, assistente/assistito, status nella società, contenziosi storici ...), e aiuta ad individuare la molteplicità e la dinamica dei referenti identitari dei protagonisti. c3. Armoniche Il metodo Armoniche11 tende alla presa di coscienza dell'esperienza della discriminazione nei suoi meccanismi e nei suoi effetti, attraverso un dispositivo di 11 Referenze: Amoranitis/Manço 1998, RTBF 1997.

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immersione in un ambiente discriminatorio, implementato secondo metodologie che si riferiscono al socio-dramma piuttosto che ai giochi di ruolo. Tale metodo si ispira all'esperienza della “Classe divisa” dell'americana Jane Elliot (da un lato gli “occhi castani”, dichiarati categoria dominata, e dall'altra gli “occhi azzurri”, dichiarati categoria dominante) che, negli anni ’70, invitava i partecipanti a vivere direttamente una situazione di discriminazione razziale piuttosto che analizzarla o denunciarla basandosi su considerazioni scientifiche o morali. Dopo aver vissuto e sentito l'impatto delle discriminazioni, si assisteva ad un netto cambiamento dell'atteggiamento mentale dei partecipanti al socio-dramma rispetto alle testimonianze di razzismo che alcuni partecipanti di colore riferivano in modo neutrale. c4. Presa di coscienza delle esigenze formative e rimessa in questione delle abitudini di lavoro Nella discussione generale che ha seguito l'illustrazione delle linee guida della formazione, è stato presentato un modello supplementare di concezione delle diverse dimensioni della formazione, citando come esempio il modo in cui impariamo a guidare (vedi Tavola 5). INCOMPETENZA INCOSCIENTE

COMPETENZA INCOSCIENTE

INCOMPETENZA COSCIENTE

COMPETENZA COSCIENTE

TAVOLA 5: Modello formativo coscienza-competenza Il processo di apprendimento inizia nel primo quadro, in alto a sinistra (incompetenza incosciente) e continua nella direzione delle frecce grise. Un neonato, ad esempio, non ha nessuna idea del modo di guidare un'automobile, e neppure dell'esistenza stessa dell'automobile. Per imparare a guidare un'auto, è necessario rendersi conto, innanzi tutto, del fatto che se n'è incapaci. Il fatto di realizzare che esistono delle automobili, che la gente le guida intorno a voi, ma che voi non potete farlo, corrisponde alla fase di incompetenza cosciente; quando vi metterete al volante per la prima volta, sarete maldestri e poco sicuri di voi, ma imparerete facendo degli errori e con l'aiuto di un istruttore o di un consulente. Per finire, quando guiderete senza neanche pensarci, facendolo tutti i giorni per andare in ufficio senza troppo riflettere a ciò che state facendo, avrete raggiunto la fase di competenza incosciente. 41


A tale riguardo, è importante comprendere che, talvolta, i progressi nell'apprendimento e il senso delle frecce grise nel diagramma possono e devono invertirsi. In questo caso, la formazione è volta a seguire le frecce nere, quando le persone apprendono qualcosa che migliora la loro competenza incosciente. In materia di sicurezza stradale, ad esempio, dei buoni guidatori dovranno ritornare dalla competenza incosciente verso la competenza cosciente per perdere cattive abitudini, una guida troppo distratta; oppure dovranno ritornare ad un’incompetenza cosciente, per ricordarsi che bere e guidare sono comportamenti antitetici. È anche possibile, semplicemente, che un conducente che arrivi dalla Gran Bretagna in Francia, debba cambiare le sue abitudini per guidare a destra, ritornando alla fase di competenza cosciente. È precisamente a questo livello che interviene la più forte resistenza individuale alla formazione. Un agente amministrativo o un funzionario recalcitrante insisteranno sul fatto che le cose sono sempre andate così, che le procedure non devono cambiare, e conserveranno i loro vecchi metodi, anche se le situazioni e le società cambiano, piuttosto che adattarsi a situazioni nuove e utilizzare la formazione come strumento per migliorare non soltanto le proprie conoscenze personali, ma anche il proprio lavoro professionale. Nella discussione che ne è seguita, sono stati affrontati numerosi aspetti importanti: 1. È raro che il cambiamento dei comportamenti o delle procedure riguardi soltanto un determinato funzionario o impiegato; nella maggior parte dei casi, la logica del cambiamento deve applicarsi a tutto il dipartimento o a tutto il servizio pubblico, il che esige la partecipazione dell'insieme della gerarchia. In tal modo, gli effetti della formazione saranno duplici: da una parte, il cambiamento del singolo agente, dall'altra, quello dell'intero sistema in cui egli opera. 2. La formazione deve conciliare la trasmissione di nuove conoscenze e l'incitamento a nuovi modi di comportarsi e di agire. 3. Il soggetto che riceve la formazione ha il ruolo principale nei processi formativi, poiché nessuno può agire al suo posto in mancanza di una sua volontà di apprendere. 4. La formazione può scontrarsi con gravi ostacoli: l'assenza di motivazione e la mancata presa di coscienza delle esigenze formative. È stata citata come esempio la pubblica amministrazione, poiché è abituale trovarvi persone che sono d'accordo sul fatto che le cose devono cambiare, ma considerano che ciò riguardi esclusivamente “gli altri” o altri colleghi. Quando il personale in prima linea si trova in situazione di diniego delle difficoltà, è necessario trovare il modo di negoziare per superare tale resistenza, sia tramite un attacco frontale, sia riuscendo ad evidenziare i vantaggi correlati al cambiamento di procedure e/o di comportamenti. Ci si troverà confrontati a reticenze di 42


natura diversa, in funzione delle categorie professionali: operatori sociali, agenti di polizia ... 5. È necessario prendere in considerazione l’incapacità di ciascuno a far fronte a situazioni difficili, e l'ansia suscitata da tali situazioni. 6. Sarà difficile realizzare il cambiamento se si continua a pensare che questo possa applicarsi soltanto a uno o due dettagli o problemi. Il cambiamento non può intervenire senza una presa in considerazione dei valori culturali e delle situazioni, in senso lato. 7. Mirando con precisione il gruppo di beneficiari, si evita un approccio di massa globalizzante, inefficace. I programmi di formazione obbligatoria per tutti hanno dimostrato in passato la propria inefficacia e creato un senso di frustrazione. Oggi, la formazione deve essere perfettamente adatta ad un pubblico specifico, latore di precise esigenze in materia.

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RACCOMANDAZIONI PER UN REFERENZIALE

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5. RACCOMANDAZIONI PER UN REFERENZIALE a. Raccomandazioni generali per la formazione degli agenti locali Dopo aver considerato gli aspetti metodologici nello sviluppo di una politica formativa generica, sono stati evidenziati numerosi elementi relativi all'elaborazione di una formazione specifica destinata agli agenti locali: 1. A fronte di situazioni difficili, gli agenti hanno bisogno di essere preparati, di disporre di strumenti e di metodologie per reagire; essi devono poter esprimersi e scambiare con i loro colleghi e la gerarchia; 2. È indispensabile che la gerarchia nel suo insieme venga sensibilizzata sulla questione e fortemente coinvolta, in modo che l'agente non si trovi solo davanti al problema; 3. La riflessione sul tema deve essere organizzata nell'ambito delle singole amministrazioni; si dovrà sviluppare l'ideazione e la sperimentazione delle metodologie formative e di accompagnamento degli agenti; 4. L'obiettivo è fornire strumenti perfettamente adeguati alle situazioni locali, adottando come punto di partenza le realtà complesse e specifiche (piuttosto che le strutture istituzionali o quelle del progetto); 5. È necessario chiarire le definizioni/la terminologia dei diversi gruppi di persone presenti su un territorio (rifugiati, migranti per ragioni economiche, ecc.), e affrontare la situazione degli irregolari e delle comunità difficili da raggiungere; 6. Identificare e analizzare le principali sfide nel lavoro quotidiano del personale locale, e sviluppare una tipologia di domande/conflitti; 7. Identificare le specifiche esigenze formative risultanti da tale tipologia domande/conflitti/situazioni; 8. Chiarire il rapporto tra prevenzione e sicurezza, evitando pericolosi amalgami tra immigrazione e criminalità; 9. Vhiarire la differenza tra formazione/sensibilizzazione/informazione, e scegliere una di queste tre possibilità in funzione dei punti 3 & 4; 10. Vhiarire la relazione tra valori personali/istituzionali/culturali; 11. Vhiarire la differenza tra saper fare e saper essere, e sviluppare formazioni precisamente mirate ai due aspetti; 12. Sviluppare strumenti formativi identificando un pubblico, un contenuto, limiti, metodi, risorse e formatori.

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b. Raccomandazioni sistematiche per la formazione di diversi agenti locali b1. Difficoltà incontrate

Categorie A - D A

B

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D

Polizia/ Sicurezza

Operatori sociali

Operatori professionali della diversità culturale

Agenti di pubbliche amministrazioni

Dopo aver trattato i problemi pratici quotidiani comuni agli attori locali, il gruppo ha predisposto un canovaccio di questioni da affrontare in un manuale di formazione. La tavola 6 riprende quindi le difficoltà degli attori locali identificati. A tale scopo, questa Tavola a duplice entrata, che comprende da una parte il tipo di statuto dei principali attori in materia di immigrazione e di prevenzione e dall'altra, le problematiche e le difficoltà che essi incontrano, consente di individuare le sfide da raccogliere nella formazione.

Sfide I - XI I. Conflitti tra valori istituzionali e valori personali II. Conflitti tra cultura professionale e missione di prevenzione III. Problemi tecnici e di comunicazione IV. Presa in considerazione delle richieste alle quali non si può rispondere/limiti V. I gnoranza della legge e dei regolamenti VI. Incompatibilità di codici e usi VII. Cultura di partenariato rispetto a cultura amministrativa VIII. S carsa conoscenza delle risorse esterne e dei partner (limiti di competenza) IX. Assenza di partecipazione o scarsa conoscenza del processo decisionale X. Effetti del livello locale/regionale/ nazionale --> confusione degli attori locali XI. Rapporti di potere & empowerment

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TAVOLA 6: Tipologia di situazioni problematiche per gli attori locali

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Principali commenti sulla Tavola: • Si è constatata la necessità di collaborazione tra i diversi partecipanti. Deve essere sviluppata in modo più sistematico una cultura di partenariato tra pubblica amministrazione e altri attori, per evitare che le culture amministrative siano eccessivamente dominanti. • I partenariati vengono attuati in modo diverso, in funzione dei Paesi. Essi sono definiti da un'autorità centrale in Francia in Germania. In Gran Bretagna, le associazioni sono riconosciute alla stregua degli altri partner. Un gruppo locale, ad esempio, può addirittura lavorare nello stesso edificio della polizia. In Germania, il movimento associativo rispecchia il carattere federale, estremamente decentrato fin dall'inizio, della pubblica amministrazione (è stato citato come esempio il caso di membri di un governo regionale della Hesse, che possono decidere di assumere cittadini non tedeschi nelle forze di polizia tedesca). • Il margine decisionale dei rappresentanti eletti è limitato in alcuni Paesi, in cui le decisioni vengono prese dall’insieme dei partner (Gran Bretagna, Germania, Belgio), mentre essi hanno un ruolo più importante in altri Paesi (Francia). • I traumi subiti dai rifugiati, utenti dei servizi pubblici, possono costituire un grave soggetto di preoccupazione per il fornitore di servizi, e creare problemi di comunicazione e conflitti. Numerosi immigrati, che si rivolgono alla pubblica amministrazione per essere aiutati a risolvere i loro problemi sociali o economici, soffrono inoltre di uno stress post-traumatico, risultante dalla loro storia personale, dai conflitti nel loro paese d'origine o dalle esperienze negative con le autorità statali addette alla repressione. • Un’imperfetta formulazione da parte degli utenti non deve essere confusa con l'incapacità dei fornitori di servizi di rispondere ad una domanda specifica. È possibile che una domanda, anche se chiaramente formulata, resti incompresa o ignorata. In altri casi, le capacità di comprensione possono essere eccellenti, ma l'utente non riesce ad esprimere le proprie esigenze in modo sufficientemente chiaro – entrambi i casi si verificano in numerose amministrazioni locali. • I limiti delle risorse dei servizi rappresentano un vincolo considerevole per un lavoro efficace. Tali limiti possono riguardare il personale e i suoi membri, aspetti finanziari, ma anche le conoscenze e le pratiche. • La mobilitazione delle risorse deve effettuarsi sia all'interno delle amministrazioni, sia dal lato degli utenti dei servizi pubblici, dei gruppi locali, delle associazioni, delle organizzazioni di cittadini ..., in modo da meglio utilizzare le qualifiche esistenti, le conoscenze e le risorse umane presenti in determinati quartieri. • I rapporti di potere strutturano gli scambi tra agenti della pubblica amministrazione e loro utenti. Gran parte degli utenti è strettamente dipendente dall'istituzione. • La diversa incidenza della legislazione e dei regolamenti, definiti a livello locale, regionale, nazionale o addirittura europeo, può porre al personale 47


locale gravi dilemmi, poiché è già difficile tenersi al corrente delle strutture e delle competenze amministrative che evolvono, e a maggior ragione delle modifiche legali. • La riga V deve essere adeguata ai diversi gruppi target. Ad esempio, un funzionario responsabile delle cerimonie nuziali, deve conoscere altre leggi e regolamenti rispetto ad un ufficiale di polizia, un operatore sociale, un mediatore interculturale o un professore di scuola. • La riga I, “valori istituzionali” avrebbe potuto chiamarsi anche “valori pubblici”, spostando l'attenzione dal lato istituzionale verso il lato pubblico, per ricordare che la nozione di servizio “pubblico” corrisponde alla percezione degli utenti, più che a quanto i decisori ne pensino o vorrebbero che fosse. • A proposito della riga I della Tavola 6, si è discusso riguardo alle diverse connotazioni nella terminologia francese e inglese: mentre il concetto di "interesse generale" deriva dalla filosofia francese, da Rousseau a Montesquieu e ai loro eredi, la stessa considerazione non può applicarsi ai termini inglesi “general values” o “public interest”. • In alcuni Paesi, come la Lituania, esistono soltanto i primi due gruppi di agenti identificati (forze di polizia e operatori sociali), mentre gli altri due sono assenti. Solo di recente, la formazione degli operatori sociali è organizzata in un cursus universitario. • La polizia dovrebbe, inoltre, apparire sulle righe I e V della Tavola 6, ma dipende dal suo statuto (polizia nazionale, polizia di prossimità, polizia municipale o altro). Dopo l’analisi, i partecipanti non hanno desiderato gerarchizzare i problemi e le difficoltà elencate. b2. Raccomandazioni specifiche In considerazione della tematica affrontata, si osserva che qualunque formazione deve rispondere a quattro esigenze principali, qualunque siano le città interessate: 1. Esigenza di prendere le distanze: questione del coinvolgimento emotivo 2. Esigenza di superare gli ostacoli correlati alla mancata conoscenza della lingua: questioni di adattamento del linguaggio del professionista e della traduzione 3. Esigenza di far coesistere nel miglior modo possibile i diversi quadri di riferimento esistenti: questione dei codici culturali, credenze e stereotipi 4. Esigenza di prendere in considerazione i limiti della negoziazione: questione dell'ambito e dei vincoli istituzionali.

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DEL BUON USO DEL REFERENZIALE DI FORMAZIONE

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6. DEL BUON USO DEL REFERENZIALE DI FORMAZIONE Qualunque politica formativa ha come obiettivo finale l'efficacia. Esistono campi di formazione in cui quest'ultima è facilmente misurabile, quelli che riguardano la conoscenza degli strumenti informativi, ad esempio. Ne esistono altri in cui la questione dell'efficacia è nettamente meno quantificabile. Si tratta, essenzialmente, di tutto ciò che attiene al sociale e alla prevenzione. Quest'ultimo caso riguarda anche le formazioni sulle tematiche della prevenzione e dell'immigrazione. Si rivela quindi indispensabile fornire alcune indicazioni, che consentano agli utenti del referenziale di comprendere ciò che rappresenta questo strumento e come utilizzarlo nella loro funzione. Riflettere su un giusto utilizzo significa già porsi l'obiettivo dell'efficacia della formazione. Si può essere tentati di decidere una volta per tutte di non porsi mai la questione della valutazione. Questa scelta avrebbe come conseguenza l'esclusione di qualsiasi possibilità di riflessione sull'azione e sul metodo, per garantirne il monitoraggio. In questo capitolo, adotteremo una prospettiva diametralmente opposta. Consideriamo che il referenziale di formazione “prevenzione - migrazione” sia uno strumento per avviare un'impostazione qualitativa, dinamica e interattiva, che abbia l'effetto di fornire anche un metodo per riflettere sull'intervento formativo e seguirlo con uno sguardo critico. In un primo momento, definiremo chi può utilizzare tale referenziale. I primi destinatari di tale referenziale sono tutti i quadri che operano nel servizio pubblico o nei servizi al pubblico (per distinguere e associare le organizzazioni partner del servizio pubblico, che forniscano per delega una prestazione pubblica). Tale capitolo riguarda, di conseguenza, in primo luogo i quadri, e più particolarmente i dirigenti, che hanno un ruolo nella definizione delle opzioni fondamentali definite dalla collettività. a. Uno strumento a disposizione dei quadri per il management strategico Si parte dal presupposto che se la città realizza una politica di prevenzione e se, nel suo ambito, i servizi sono tenuti a partecipare all'attuazione di tale politica, i quadri sono incaricati di far convergere gli sforzi di ciascuno, per realizzare questa nuova missione. Si tratta, in effetti, di ciò che viene comunemente definito management strategico. Ricordiamo, innanzi tutto, in cosa consiste il lavoro di un quadro, o meglio qual è il ruolo di un quadro. Un quadro è colui che esercita contemporaneamente due mestieri: da una parte, il suo mestiere di base, e cioè ingegnere, giurista, operatore sociale, medico, e dall'altra svolge simultaneamente un secondo mestiere, che 51


consiste nel far lavorare gli agenti, e soprattutto nel far lavorare gli agenti insieme. Questo secondo mestiere viene ad aggiungersi alla tecnicità di base del primo mestiere, il che non è evidente. Il posto occupato da ciascuno dei due mestieri varia in funzione del ruolo che il quadro occupa nell'organizzazione. Non tutti i quadri si trovano allo stesso posto nella linea gerarchica. Per un quadro che si trova al primo livello di inquadramento, la parte essenziale del lavoro riguarda la sua tecnicità di base. Più si sale nella gerarchia, e più la tecnicità di base diventa secondaria. Esse viene sostituita dalla preoccupazione manageriale.

Preoccupazione

Spazio occupato dal management

Livello gerarchico

Spazio occupato dal mestiere tecnico di base

1° livello

Quadro intermedio

Dirigente

TAVOLA 7: Il mestiere di quadro Questo schema illustra come sono posizionati e coinvolti i diversi livelli della linea gerarchica nella messa in opera di una politica di formazione degli agenti. La principale preoccupazione manageriale dei quadri riguarda la motivazione degli agenti. In un contesto reso più difficile dalla diversità delle fasce di pubblico, e a volte dei compiti da realizzare, il quadro è colui che, in un servizio, è spesso considerato come l'estremo ricorso in caso di conflitti o di tensioni con l'utente. La sua funzione consiste nell'impartire una direzione e un significato al lavoro delle équipe. Nel lavoro, ciascuno ha bisogno di sentirsi utile, di sentire che il proprio lavoro ha un senso. Questo senso non è immediatamente percettibile per l'agente che interviene in prima linea: spetta al quadro fare in modo che lo diventi. 52


Nel caso in cui una collettività decida di applicare una politica di prevenzione sulle tematiche dell'immigrazione (a richiesta degli eletti), spetterà ai quadri far convergere gli sforzi di tutti su questo stesso obiettivo. Ciò richiede un lavoro di comunicazione interna, e il ricorso a tecniche di management adeguate agli obiettivi da raggiungere. Il lavoro sul progetto di servizio consente di riprendere la questione delle funzioni e dei ruoli degli agenti rispetto alla missione di prevenzione. Di conseguenza, il responsabile del servizio è colui che attribuisce il “senso”: nello stesso tempo la direzione e il significato. Sarebbe un errore considerare che la mobilitazione si basi esclusivamente sulla motivazione degli agenti o del quadro stesso. In realtà, è proprio impartendo una direzione – si parla in questo caso di focalizzazione – che i quadri mobilitano gli agenti su determinati obiettivi. La mobilitazione risulta, quindi, dalla motivazione e dalla focalizzazione. Chiarendo gli obiettivi, l'intervento formativo avrà come effetto di mobilitare gli agenti. b. Le raccomandazioni generali b1. Affidare questo strumento a quadri mobilitati Tenuto conto di quanto detto in precedenza, il principale consiglio che si può formulare rispetto all'utilizzo di tale referenziale, è verificare che i quadri siano essi stessi motivati e consapevoli degli obiettivi da raggiungere. Devono essere capaci di dire dove si va: quali sono le missioni del servizio di cui sono responsabili, quali gli obiettivi da raggiungere rispetto alla problematica “migrazione”. Devono quindi essere capaci di enunciare obiettivi classificati in ordine di priorità. In secondo luogo, devono essere capaci di dire come andare in tale direzione: qual è la strategia? Quali sono i valori12 dell'organizzazione da privilegiare? Quali le regole del gioco? Essi devono quindi essere capaci di utilizzare la formazione come un'opportunità per far evolvere il servizio. È frequente cogliere l'opportunità di una riorganizzazione dei servizi, di un trasferimento di competenze da un servizio ad un altro, per attuare un intervento formativo. Tale azione, e più particolarmente rispetto alla tematica che ci interessa, rappresenta una leva per suscitare cambiamenti. Il quadro e il formatore sono quindi uniti nella messa in opera di un intervento formativo, anche se, poiché la tematica proposta comporta un carico emotivo sottostante che può rivelarsi consistente (timore dell'ignoto, paura dell'altro o dell'avvenire ...), è utile prevedere i “contraccolpi” nel servizio. 12 Valori di un’organizzazione: ciò a cui si crede nell’organizzazione e che serve da referenziale per i comportamenti.

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È opportuno, quindi, prendere in considerazione il fatto che la realizzazione di un intervento formativo su tale tematica costituisce una leva per l'elaborazione o la ripresa di un progetto di servizio. b2. Sostenere i quadri proponendo loro di investire nel medio e lungo periodo, di articolare formazione e progetto di servizio Il management degli uomini rappresenta un'attività che comprende due orizzonti: da un lato, il breve termine, che corrisponde ad un management relazionale. Siamo nel campo della gestione dei colloqui con gli agenti, dell'animazione delle riunioni, della comunicazione quotidiana. Dall'altra parte, c'è il medio e lungo periodo, che rientrano nel management strategico. Si tratta, in questo caso, della mobilitazione delle energie, della gestione del cambiamento, della politica di comunicazione interna, della gestione strategica delle competenze. In tal senso, la formazione degli agenti alle politiche di prevenzione sulle questioni di immigrazione riguarda il medio e lungo periodo, e corrisponde alla “volontà di mobilitare le energie”. Questa preoccupazione strategica è supportata da scelte effettuate a monte: dagli eletti, dai vertici dell'organizzazione; si tratta, ad esempio, di un contratto locale di prevenzione o dell'annuncio di un progetto locale di accesso al diritto, di lotta contro le discriminazioni o, semplicemente, di miglioramento dell'accesso di tutte le fasce di pubblico al consesso della collettività. Per il quadro, far convergere gli sforzi di medio e lungo periodo su tale tematica significherà: 1. Ottenere l'adesione agli obiettivi, ai valori, istituendo un management che susciti l'adesione, sviluppando la comunicazione, mostrando i risultati. 2. Ridurre i conflitti, sempre presenti nella vita di qualunque équipe 3. Identificare gli agenti dinamici, le locomotive. Qualunque siano le molle della loro motivazione, il referenziale di formazione può essere considerato come un supporto all'elaborazione di un progetto di servizio nell'organizzazione, a condizione che i quadri abbiano la possibilità di lavorare sull'elaborazione del capitolato d'oneri. c. Elaborazione del capitolato d'oneri Il capitolato d'oneri deve prendere in considerazione i fabbisogni formativi, fabbisogni collettivi e individuali. In genere, in una collettività, il responsabile del personale e delle risorse umane si occupa dei piani di formazione: il quadro intermedio può essere incaricato di raccogliere le richieste individuali degli agenti e di trasmetterle, oppure egli stesso può proporre un'azione formativa per tutto il servizio, poiché considera che il servizio ne abbia “bisogno” (è il caso tipico delle azioni di formazione in informatica). 54


Abbiamo parlato dei fabbisogni, ma potremmo anche parlare delle aspettative degli agenti. Soffermiamoci un istante su tale distinzione. Un agente formula una richiesta di formazione, che corrisponde alla situazione professionale immediata, spesso ad una difficoltà. È opportuno non confondere fabbisogno e aspettativa. Non esistono fabbisogni avulsi da un'analisi preliminare. È per questa ragione che sarà opportuno procedere ad un'analisi dei fabbisogni. Tale analisi dei fabbisogni è importante: • • • •

per gli agenti che seguiranno la formazione per il quadro gerarchico per il responsabile della formazione per il formatore

È opportuno, inoltre, prendere in considerazione il fatto che la raccolta dei fabbisogni formativi, la partecipazione all'elaborazione del capitolato d’oneri degli interventi formativi, e la valutazione del trasferimento sul campo delle conoscenze acquisite, rientrano nelle competenze dei quadri. c1. Come raccogliere informazioni locali sui fabbisogni formativi? Esistono i fattori cosiddetti “induttori di bisogni”, suddivisi in sei categorie. A ciascuna di esse corrispondono fonti di informazione utili (vedi tabella qui di seguito). Fattori induttori di bisogni

Dove raccogliere le informazioni utili?

Individui e gruppi

I sindacati, gli stessi agenti, gli organi consultivi

Ambiente circostante

Gli esperti, i mass media, la gerarchia

Risorse e proposte formative

Il servizio formazione dell'istituzione, gli organismi di formazione, le università, le pubblicazioni

Esigenze del pubblico

Il pubblico, i mass media

Posti di lavoro

Gli agenti interessati, la gerarchia, gli organismi di studi prospettici

Organizzazione istituzionale

Il sistema decisionale, la gerarchia

TAVOLA 8: Informazione sui fabbisogni formativi L'evoluzione di ciascuno di tali fattori induce un fabbisogno formativo. Abbiamo visto in precedenza che l'evoluzione di più fattori, rispetto alla tematica proposta, creava un forte fabbisogno di formazione.

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c2. Come redigere un capitolato d’oneri? Il capitolato d’oneri è un documento descrittivo, che servirà da documento di riferimento tra la collettività e il fornitore. I precedenti capitoli sono utili per definirne i contenuti. La redazione del capitolato d'oneri costituisce l'occasione per i responsabili di lavorare insieme per chiarire alcuni punti preliminari, che riguardano gli obiettivi strategici e politici. Il miglior modo di enunciarli è annotare fin dall'inizio le vostre aspettative, più particolarmente i risultati attesi dalla formazione. In tal modo, potrete collegare un'azione formativa ad un programma in corso di realizzazione, ad un evento particolare, o anche a studi diagnostici, realizzati sul territorio di cui siete responsabili. È importante notare l'esigenza di coinvolgere gli agenti in una gestione adeguata delle situazioni. L'attitudine a far fronte al cambiamento, alla diversità, è una nozione che indurrà una proposta formativa corrispondente alle vostre aspettative. Quale “responsabile”, colui che richiede un intervento formativo è soggetto, a sua volta, ad un certo numero di vincoli. Una delle vostre preoccupazioni dovrà essere quella di verificare che l'azione si svolga in modo coerente. È per questa ragione che dovrete iscrivere nel capitolato d'oneri informazioni e dati non negoziabili, quali la durata, il numero di persone coinvolte, il monitoraggio delle sessioni e la partecipazione degli agenti. Dovrete, inoltre, pensare ad indicare quale servizio, quale livello gerarchico, o meglio quale quadro referente di tale azione, resteranno corrispondenti privilegiati del fornitore durante lo svolgimento della prestazione. Questo lavoro preliminare vi consente, quindi, di definire i criteri che permetteranno di accertarvi della coerenza nello svolgimento dell'azione e nei mezzi che saranno messi in opera per garantire i risultati finali. Il capitolato risponde, in genere, alle seguenti domande: 1. Perché? Nel referenziale che vi è proposto, disponete dei principali elementi relativi alle difficoltà, alle disfunzioni abituali per tale tematica, e avrete realizzato a monte uno studio specifico dei fabbisogni (vedi paragrafo precedente). 2. Chi? Le caratteristiche della popolazione da formare; il responsabile delle risorse umane o il caposervizio hanno molte informazioni da comunicare su tale questione. 3. Cosa? Gli spunti per i contenuti si trovano anch'essi nel referenziale: il formatore dovrà tradurli in obiettivi pedagogici, in termini di sapere, saper fare e di comportamenti al termine della formazione. 4. Come? Il capitolato d'oneri può suggerire una durata e delle metodologie: si dovrà quindi trasmettere il referenziale al formatore. 56


d. Come ottimizzare l'utilizzo del referenziale e la realizzazione della formazione? Per garantire il miglior utilizzo possibile del referenziale e per realizzare una formazione per gli attori locali, è opportuno: 1. Sincronizzare l'intervento formativo con la messa in opera di un progetto di prevenzione sul terreno, come ad esempio una campagna di accoglienza per i nuovi arrivati in città, o la creazione di un'antenna di mediazione in un quartiere. 2. Cogliere l'opportunità fornita dalla formazione per riflettere sulla riorganizzazione degli spazi, come ad esempio gli spazi per l'accoglienza del pubblico nei quartieri, o la possibilità di ristrutturare i locali. 3. Cogliere l'opportunità fornita dalle formazioni inter-servizi per lavorare sull'abbattimento delle barriere tra i servizi: ad esempio, per l'applicazione di una nuova circolare amministrativa, che esige la partecipazione di più servizi, e che darà luogo ad un lavoro solidale inter-servizi. 4. Cogliere l'opportunità fornita dagli studi dei fabbisogni e dagli interventi formativi per sviluppare modalità partecipative di gestione urbana (associare gli abitanti, ad esempio), in particolare in occasione della diagnosi dei fabbisogni, dell'identificazione nella comunità di persone-risorse che, in un primo momento, possono trasmettere informazioni, per diventare più tardi un relè per la realizzazione di progetti. 5. Attuare azioni formative transnazionali su tale tematica, sviluppando scambi di buone prassi. Si può cogliere l'opportunità costituita dalle gare indette a livello europeo per creare una rete tra collettività e operatori che hanno sviluppato progetti pertinenti.

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CONCLUSION

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7. Conclusioni Tutti gli sforzi formativi devono essere basati su obiettivi chiramente definiti e devono riguardare un pubblico preciso (nel caso che ci interessa, direttamente o indirettamente coinvolto in questioni di migrazione). Si tratta degli ‘specialisti’ che lavorano nel settore correlato all’integrazione, come i mediatori, ma anche degli agenti locali che hanno una certa esperienza del lavoro in prima linea. I capi dipartimento, gli amministratori dei servizi sociali sono direttamente interessati all’elaborazione e allo svolgimento della formazione, poiché essa consentirà di sostenere un progetto locale di prevenzione dei conflitti o di adattamento del servizio pubblico. Può rivelarsi utile aprire la formazione agli agenti dei servizi “partner”, effettivi o potenziali: forze di polizia, giustizia. La partecipazione degli eletti rappresenta sempre un elemento favorevole. I contenuti della formazione devono essere elaborati a monte, prendendo in considerazione il contesto locale, e gli obiettivi da raggiungere. Gli strumenti proposti devono permettere di migliorare contatti e comunicazione. La preparazione dell'azione formativa a livello locale farà emergere risorse (formatori, insegnanti, competenze specifiche di alcuni agenti o persone, risorse su un sito, dati raccolti non sfruttati in precedenza, ecc.). Esse dovranno essere messe a disposizione e valorizzate. Devono essere definiti i limiti della formazione : limiti strutturali, inerenti a qualsiasi pubblica amministrazione, situazioni ripetitive o problemi che possono sussistere perché riguardano la legislazione nazionale ed europea. Uno degli obiettivi del gruppo è stato il lavoro sui rischi correlati all'attuazione di un'azione di formazione su tale tematica. Un approccio inadeguato alla situazione locale e specifica della città: è la ragione per cui lo studio delle situazioni locali è stato oggetto di un particolare lavoro durante il seminario. Si raccomanda, quindi, di dedicare tempo a questa questione. Proposte formative inadeguate (formatori incompetenti, contenuti irrilevanti, ecc.): sono state esaminate, di conseguenza, le tipologie formative idonee a sostenere la discussione con il fornitore. La semplificazione dei problemi sociali e culturali nella formazione, che rischia di potenziare ulteriormente stereotipi e pregiudizi; la mancanza di professionalità da parte dei formatori. Il “rischio antropologico” di formare gli agenti locali esclusivamente per il rapporto con un determinato gruppo di immigrati, mentre la situazione potrebbe cambiare dopo alcuni anni (esempio: Londra, ha agenti ben formati per i rapporti con immigrati asiatici e antillesi, ma non con gli immigrati dell'Europa orientale). 59


Lavorando localmente sulla scelta dei mezzi e dei metodi formativi, cercando quindi il modo in cui la formazione potrà essere proposta al personale locale, si creano le basi (se non è già stato fatto) per rafforzare una politica locale di prevenzione. Tale referenziale appartiene oggi a tutti. Le città aderenti al FESU, che vi hanno contribuito, hanno scelto una cooperazione e una riflessione “Positiva”, partendo da un tema complesso. I lettori del presente documento in tutta l'Europa forniranno, attraverso l'uso specifico che ne faranno, un contributo intelligente e sensibile allo sforzo collettivo volto a sviluppare le politiche preventive e ad inventare un futuro privo di razzismo e discriminazione.

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ALLEGATO

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8


8. ALLEGATO

a. Tavola comparativa dei risultati dei questionari

All'inizio del progetto, è stato distribuito un questionario per raccogliere alcune informazioni basilari sulla situazione nelle città che hanno partecipato al progetto. La tabella comparativa presentata qui di seguito riassume tali informazioni.

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CITTÀ Abitanti in città

LE HAVRE (Francia)

Situazione sociale

LONDON BOROUGH OF WALTHAM FOREST (Gran Bretagna)

657.000

190.000

220.000 nel quartiere

6.4 milioni nella regione Reno-Meno

230.000 nell’agglomerato

7.5 milioni nella grande Londra, 12.5 milioni nella zona metropolitana

25.6% stranieri 40% tedeschi di origine straniera

Non conosciuto

35.5% di comunità di neri e minoranze etniche

Turchi, Jugoslavi, Italiani, Spagnoli, Portoghesi, Marocchini, Russi, Francesi

Maghreb (Algeria, Marocco); Africa occidentale (Senegal, Mali, Mauritania)

Antillesi di pelle scura, Pakistani, Africani neri. I Pakistani rappresentano numericamente la seconda popolazione di Londra; il gruppo a più forte espansione è quello degli Europei dell’Est (Russi e Polacchi); Comunità con molteplici religioni, sei moschee ; conflitti tra gruppi tamul

Problemi di lingua e d’integrazione, di disoccupazione, di droga tra i giovani

Città portuale ed industriale, forte tasso di disoccupazione (12% in città, fino a 30% per alcune categorie di popolazione o quartieri)

11 dei 33 quartiri di Londra in situazione di privazione, 25 dei 354 autorità locali in Gran Bretagna, 5 sezioni elettorali tra il 10% più sfavorito e 1 sezione tra il 5% più sfavorito

Comunità immigrate

Abitanti Immigrati (%) nella regione

FRANKFURT AM MAIN (Germania)

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TORINO (Italia)

SIENA (Italia)

CHARLEROI (Belgio)

VILNIUS (Lituania)

950.000

54.000 (città e zona metropolitana)

200.000

1.5 milioni nella zona metropolitana

3.5 milioni nella Regione Toscana

3.4 milioni nella regione Vallonia

4.2 %

4.2%

14% in città 9% nella regione Vallonia

Les habitants Gli abitanti sono diminuiti, ‘anche gli anziani; importanti ondate di immigrazione dall’Africa settentrionale, dall’Europa centroorientale; Comunità più importante la Romania (molto recente), seguita da Marocco, Cina, Sud America: prima generazione di non Italiani, la seconda oggi molto giovane (scuola elementare)

Albania, exJugoslavia, Romania, Bulgaria, ex-URSS, Marocco, Algeria, Tunisia, Senegal, Camerun; Grecia e Polonia per l’UE

Italiani (17.000), Polacchi 18%, Russi Turchi (2800), 14%, Bielorussi 4%, Francesi (2300), Ebrei 0.5%, altri 5% Maroccchini (2100), Algerini (1300), Greci (900), Congolesi (200)

Economia sempre legata all’industria automobilistica (Fiat), molte perdite occupazionali negli anni ’80, transizione da città fordista con un’impresa a città post-moderna

Economia fondata sul turismo, nessuna grossa zona industriale, città storica, apprezzata università

Città multiculturale, post-industriale in fase di riconversione, tasso di disoccupazione 13% Situazione degli immigrati: concentrazione in certi quartieri, problemi di lingua e scolarità, violenza domestica

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540.000

42.2% non Lituani

Gli zingari sono i più vulnerabili (discriminazioni e violenza domestica); gli Ebrei non sono socialmente vulnerabili, ma problemi per il recupero della cittadinanza, restituzione di proprietà e antiseminismo; problemi di lingua per altri.


FRANKFURT AM MAIN (Germania)

LONDON BOROUGH OF WALTHAM FOREST (Gran Bretagna)

No

Problemi di lingua, di educazione dei bambini per certe comunità, difficoltà di integrazione dei giovani i cui genitori vivono nei centri di accoglienza (in particolare Europa dell’Est); concentrazione voluta o subita per certi quartieri

Zone più sfavorite al centro del quartiere, dove la proporzione delle minoranze è più elevata

Violenza urbana, discriminazione, immigrati-polizia, conflitti di vicinato

Problemi di incendi, forte delinquenza dei minori (interruzione della frequenza scolastica);

Tensioni inter-generazionali; dispute e alleanze territoriali basate sul luogo e la fede; aumento della criminalità di strada da due anni, a danno principalmente dei giovani; sensazione che le autorità non li proteggono; criminalità armata; livello elevato di timore della criminalità; problemi di alcoolismo; aumento dei comportamenti antisociali (alcoolismo, schiamazzi, molestie, rifiuti, graffiti, prostituzione)

Conflitti di vicinato

Problemi di educazione: come esercitare l’autorità senza violenze fisiche, come affrontare la legislazione francese; presenza di persone che transitano per Le Havre (direzione UK)

Natura transitoria della popolazione; accesso a servizi chiave, quali l’alloggio, il reddito e la protezione dell’infanzia; conflitti su base razziale, religiosa o sulla segregazione nei ghetti; diritto alle cure mediche e all’occupazione

Marginalizzazione e/o esistenza di ghetti Problemi correlati alla prevenzione Problemi correlati all’immigrazione

LE HAVRE (Francia)

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TORINO (Italia)

SIENA (Italia)

CHARLEROI (Belgio)

Nessun “ghetto” in senso stretto, e nessuna “periferia” isolata dal resto della città; recenti flussi di immigrati che vivono in quartieri sfavoriti dove il mercato del lavoro informale e lo sfruttamento del mercato privato degli alloggi sono usuali (Porta Palazzo, San Salvario)

Né segregazione nei ghetti, né grande densità in zone specifiche ; gli immigrati vivono con gli Italiani negli stessi quartieri.

Micro-criminalità urbana (droga, refurtiva), conflitti di vicinato e di condivisione dello spazio pubblico, immigrato percecito dai “nativi” come responsabile dell’alcoolismo per strada, degli schiamazzi, delle molestie, rifiuti, graffiti e prostituzione, delle numerose rappresaglie e dell’impressione che le autorità sono incapaci di proteggere i cittadini.

Integrazione continua degli immigrati tra gli Italiani per i giovani nati in Italia (confusione tra cultura originaria e cultura italiana)

Emarginazione sociale, economica e culturale, coesione sociale, deficit di integrazione, precarizzazione e impoverimento in certi quartieri, popolazione molto giovane.

Condizioni di vita e di alloggio (pochi immigrati hanno accesso al sistema di case popolari), sfruttamento nel settore privato, difficoltà di trovare un lavoro fisso, precarietà, povertà e esclusione sociale, diritti culturali; accesso ai servizi sociali chiave in materia di alloggio, reddito, protezione dell’infanzia, occupazione;

Problemi di lingua per la prima generazione ; gli immigrati occupano segmenti di lavoro particolari ; con la crisi economica, esiste il rischio che gli Italiani considerino gli immigrati come concorrenti sul lavoro, anche se accettano tipi di lavoro che gli Italiani non gradiscono effettuare

Problemi di lingia, problemi di educazione (scuola), concentrazione in certi quartieri, frattura figli-genitori

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VILNIUS (Lituania)

Installazioni isolate di zingari.

Zingari: cultura specifica, stile di vita basato sulla comunità, mancanza delle competenze e della motivazione necessarie per trovare lavoro ; coinvolti nel traffico di stupefacenti; problemi simili per gli immigrati asiatici (richiedenti asilo dei paesi dell’ex-URSS); molto spesso sono gli immigrati ad essere responsabili di attività criminali


Servizio degli Affari multiculturali, Comitato di Prevenzione della Città

Incidenti per conflitti o discriminazione

LE HAVRE (Francia) Servizio della sicurezza e della politica della città

Integrazione e antidiscriminazione; apprendimento della lingua; formazioni professionali, consulenze e mediazione (in caso di discriminazioni)

LONDON BOROUGH OF WALTHAM FOREST (Gran Bretagna) Partenariato di riduzione della criminalità e dei disordini (SafetyNet), con la partecipazione delle autorità locali, polizia, sanità, pompieri, servizi di sorveglianza di condannati condizionali, scuole, comunità religiose; vontariato

Vedi strategie sulla home page http://www.walthamforest.gov. uk/index/safety.htm

ONG

Associazione di mediazione culturale; dipartimento nell’ambito della protezione dell’infanzia (PMI); strutture relative all’occupazione

Sorveglianza tra vicini, associazione di residenti, centri religiosi, poliziotti di quartiere, gruppi consultivi di polizia

Conflitti poliziaimmigrati, problemi di comunicazione tra immigrati e impiegati dei servizi pubblici

Discriminazioni per l’assunzione sul lavoro; scarsa commistione nei quartieri e, di conseguenza, nelle scuole

Sfida relativa alla segnalazione dei crimini di odio; impatto dell’inchiesta S. Lawrence; impatto delle bombe del 7/7/05 sulle comunità e rappresaglie razziste; conflitti e violenza nell’ambito e tra le comunità; problemi di droga occultati all’interno delle comunità

Altri attori

Obiettivi e Programmi

Servizi e partenariati locali

FRANKFURT AM MAIN (Germania)

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TORINO (Italia)

SIENA (Italia)

CHARLEROI (Belgio)

VILNIUS (Lituania)

CRIC, CUNIC, FUNOC, associazione Accueil et Promotion, servizio comunale

Comune, Servizio Migrazione, Ministero degli Interni, Servizio delle minoranze nazionali e dei Lituani espatriati, Casa delle comunità, Centro delle Comunità rumene

Provincia di Torino, Comune (Servizio Immigrazione, Servizio di formazione e occupazione, Servizio Educazione, Servizi sociali, Servizio di integrazione urbana), scuole, prefettura e polizia, servizi di pubbica sanità, settore terziario (associazioni)

Ufficio municipale dell’immigrazione; polizia e prefettura; assistenti sociali nell’ambito dei servizi sanitari; Servizio amministrativo provinciale dell’occupazione

Strategia di approccio di integrazione e di prevenzione : reagire ai problemi urbani e sociali, mobilitando tutti gli attori locali appropriati (pubblici e privati); approccio integrato che ha indotto molteplici progetti locali, metodologie e strumenti differenti, diversi partenariati e risultati; Progetto Gate come migliore prassi

Integrazione degli Promuovere (vedi questionario) immigrati rispettando qualunque iniziativa le loro culture che favorisca l’integrazione, supporto logistico alle associazioni che perseguono l’obiettivo dell’integrazione

Settore terziario, associazioni, club di quartiere, associazioni di immigrati, gruppi formali/informali

Cooperative e associazioni sociali per gli immigrati

Associazioni di immigrati

Problemi individuali con alcuni servizi pubblici, vita quotidiana nel quartiere, partite di calcio

Nessun problema correlato al razzismo

Ricorsi nei confronti del servizio comunale degli stranieri, reazioni e rigetto nei confronti degli immigrati, problematica del velo islamico

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Pubblicazioni antisemite nei giornali nazionali, installazioni illegali di gitani demolite dal comune


Programmi di Prevenzione

LE HAVRE (Francia)

LONDON BOROUGH OF WALTHAM FOREST (Gran Bretagna)

Diverse posizioni piuttosto costruttive, agenti locali più comprensivi se a contatto con gli immigrati, percezione postiva della polizia in genere

Difficoltà nel comprendere le differenze culturali; problemi di lingua; forme di diffidenza o di razzismo

Poca attività politica dell’estrema destra, anche se questo fenomeno ha caratterizzato periferie limitrofe; giunta municipale di alleanza laburista e liberale; percezione negativa dei sussidi per l’alloggio e l’occupazione degli immigrati da parte delle comunità residenti, costantemente confrontati alla discriminazione; gestione seria dei crimini di odio da parte della polizia; le minoranze lavorano con le autorità, ma tensioni per i fermi di polizia, soprattutto nelle comunità arrivate di recente

Si, ma soltanto per ordine pubblico (sosta vietata, pulizia)

Polizia municipale senza ruolo particolare, missioni definite rispetto al diritto francese e non ad una comunità

La polizia metropolitana ha definito progetti per quartieri più sicuri, che si estendono a tutte le sezioni elettorali nel 2007 (sei impiegati)

Vedi sopra

Politica di prevenzione focalizzata sui minorenni e attraverso la partnership

Riferirsi alla strategia; centro di segnalazione dei crimini di odio; addetti alla criminalità di strada; Beat Sweeps; Defending Da Hood; Travel Safe; Asian Women Against Crime; STEP; Parents Against Violence

Vedi sopra

Accesso al diritto (MJD), associazioni di mediazione culturale, predisposizione di formazioni per gli attori di prossimità rispetto alla popolazione sub-sahariana; Giornate nazionali sulle memorie delle migrazioni

Vedi sopra

Politica di Prevenzione

Polizia locale

Percezioni degli immigrati/ Percezione dei servizi locali

FRANKFURT AM MAIN (Germania)

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TORINO (Italia)

SIENA (Italia)

CHARLEROI (Belgio)

VILNIUS (Lituania)

Comunicazione e dialogo interculturale; approccio integrato alle difficoltà provenienti dai fabbisogni individuali; burocrazia e sistema giuridico molto complessi.

I problemi sono legati alla burocrazia e alle difficoltà dovute alla lingua, e ai documenti richiesti per ottenere la residenza in Italia

Problemi di comunicazione/ lingua, reazione degli agenti di polizia nei confronti degli immigrati che non capiscono il francese, diffidenza tra i giovani nei confronti delle forze dell’ordine

Nei dibattiti politici e pubblici, razzismo e discriminazione condannati, ma alcuni uomini politici hanno posizioni estremistiche (raramente); confronto tra polizia e zingari; gli zingari hanno una reputazione di trafficanti di droga, sono insoddisfatti del controllo permanente, hanno incendiato il commissariato e i responsabili sono stati accusati di terrorismo

Vedi progetto The Gate http://www.comune. torino.it/portapalazzo/ index.htm

Quartieri della polizia, che aiuta la gente nei problemi quotidiani correlati alla microcriminalità, ma non necessariamente agli immigranti

Polizia locale con agenti di quartiere, il cui ruolo principale è essere in contatto con gli abitanti

Vedi progetto The Gate

Prevenzione criminale presso i giovani

Politica globale di prevenzione, Commissione comunale di prevenzione e di sicurezza (CCPS) e Commissione di prevenzione di prossimità (CPP)

Organizzata per integrare la comunità, le ONG e il settore privato nei programmi di prevenzione, incoraggiando la cooperazione tra la polizia e la comunità

Vedi progetto The Gate

Mediazione nelle scuole per bambini immigrati, gli immigrati sono ammessi negli stessi servizi degli Italiani

Prevenzione sociale, culturale, interculturale, sportiva, educazione e inserimento, prevenzione della tossicodipendenza, messa in sicurezza di scuole, trasporti, ospedali, parchi

«Iniziativa civica di autodifesa, polizia e comunità mirano alla cooperazione, la sensibilizzazione, i programmi di prevenzione « ragnatela», destinati a prevenire i furti; nessun programma particolare per gli immigrati e i crimini razzisti

Le forze politiche utilizzano il “conflitto tra civiltà” come piattaforma per manipolare i problemi reali o i sentimenti, non nell’ambito del governo di Torino, ma a livello della coalizione nazionale

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LONDON BOROUGH OF WALTHAM FOREST (Gran Bretagna) Partenariato SafetyNet sulla criminalità e i tumulti

Lavoro in rete

Ampia partnership Vedi parte 8 a livello locale (associazioni, comune, CAF, ecc.); lavoro in rete; partnership con la “città nazionale della storia dell’immigrazione”

Partecipazione attraverso gruppi di lavoro e supporto finanziario

Gruppo di lavoro con le popolazioni; difficoltà di lavoro con persone in transito e con gli irregolari

Numerosi gruppi di collegamento e impegno delle comunità nei progetti e la gestione; rapporti con il Consiglio per l’uguaglianza razziale

Partecipazione attiva, contatto permanente tra immigrati e amministrazione locale

Forte volontà politica e mobilizione di tutte le amministrazioni (non soltanto nei quartieri sensibili)

Elaborazione di un progetto, valutazione e gestione dei rischi, personale qualificato, entusiasta e con esperienza. Informazione e analisi del problema nel suo contesto, comunicazione effettiva e identificazione anticipata dei problemi, monitoraggio e valutazione.

Condizioni di successo

Partecipa-zione degli immigrati

LE HAVRE (Francia)

Servizio degli affari Servizio politico multiculturali, comitato di comunale prevenzione, polizia

Partner di prevenzio-ne

Addetti alla prevenzio-ne

FRANKFURT AM MAIN (Germania)

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TORINO (Italia)

SIENA (Italia)

CHARLEROI (Belgio)

VILNIUS (Lituania)

Vedi progetto The Gate

Sindaco e Direttore del Servizio sociale

Funzionario di prevenzione, in diretto collegamento con il Borgomastro

Polizia, ONG, Municipalità

Vedi progetto The Gate

Rete tra settore pubblico e privato (no-profit)

Una quindicina di partnership private e pubbliche, con uno schema formale (convenzioni scritte e firmate)

Comunità, settore pubblico, privato a scopo non lucrativo; partenariato spesso su base contrattuale

Vedi progetto The Gate

Consulta Comunale per l’Immigrazione, un organismo composto da parti politiche e associazioni di immigrati

Partecipazione Nessun particolare all’attività locale (per programma di scopi precisi), un prevenzione certo ripiego sulle associazioni fondate da comunità

Lasciare pieni poteri alle comunità locali; migliorare la partecipazione civica, comprese le minoranze; consultare e facilitare la comunicazione con i cittadini e nelle istituzioni; approccio olistico e progetti integrati (relativi a questioni sociali, urbane, economiche e di sicurezza); presenza e prossimità, un atteggiamento rivolto alla risoluzione dei problemi, motivazioni personali e competenze interculturali

Lottare contro Potenziare il lavoro di il razzismo e la prossimità presso il xenofobia, non pubblico mirato creare segregazioni nei ghetti ma lavorare per l’integrazione

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Preparazione adeguata, finanziamenti sufficienti, serie di programmi e valutazione della loro efficacia


LE HAVRE (Francia)

LONDON BOROUGH OF WALTHAM FOREST (Gran Bretagna) Priorità di attuare programmi già esistenti e ottenere finanziamenti permanenti; si auspica che i programmi si estendano a scuole e università; maggior coinvolgimento nel lavoro con le comunità dell’Europa orientale.

No

Essenziale sviluppare la formazione per meglio comprendere le differenze culturali e limitare i pregiudizi

Formazione limitata e insufficiente; rafforzare il reclutamento di agenti locali che abbiano una migliore conoscenza della comunità; sarebbe utile una formazione basata in modo più incisivo sulle competenze; la partnership garantisce agli impiegati direttamente interessati una formazione per comprendere i crimini di odio e saper risolvere i conflitti.

Vedi progetto con la polizia, incaricati di missione per le questioni di immigrazione presso la polizia (a loro volta di origine straniera), comitati locali di prevenzione

Formazione sulla cultura degli immigranti provenienti dai paesi sub-sahariani; possibilità di scambi in serate organizzate, particolarmente sui quartieri

Ad un livello regionale più esteso, rappresentato da conferenze; si stanno organizzando scambi tra polizia e organizzazioni di assistenza agli immigrati, grazie al Community Cohesion Task Group (Servizio di coesione sociale e comunitaria) e al Faith Communities Forum (Forum di gruppi confessionali).

No

Formazioni realizzate dall’ADRI

Si, ma spesso di cattiva qualità

Programmi di sensibilizzazio-ne

Altre formazioni

Formazione degli agenti Altri progetti da locali implementare?

FRANKFURT AM MAIN (Germania)

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TORINO (Italia)

SIENA (Italia)

CHARLEROI (Belgio)

Nessuna risposta.

Programmi per l’integrazione, volti a conoscere culture diverse, a viaggiare e a rendersi conto delle differenze.

Sviluppare una piattaforma di concertazione con tutti gli attori, sostenere i bambini fin dalla scuola materna

Non strutturata, ma esistono numerose formazioni per i servizi che lavorano presso gli immigranti.

Formazione non professionale, ma si dispone di mediatori (che hanno ricevuto una formazione specifica nella risoluzione dei conflitti).

Formazione sul tema dell’interculturalità organizzata dal CUNIC

Sono in corso numerosi progetti e programmi: vedi progetto The Gate»

Buona collaborazione tra forze di polizia e responsabili che lavorano presso gli immigrati

No

Si, in numerose strutture e in più occasioni, alcuni agenti sono stati formati con attori sociali (del settore pubblico e privato) (vedi progetto LIA, cofinanziato dall’UE 1996-1998, o progetto Nafidat, cofinanziato dall’UE 2000-2002)

Si

No

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VILNIUS (Lituania)


b. Descrizione dei partner e delle loro realtà locali b1. Charleroi (Belgio) La città di Charleroi (200.000 abitanti) ha una popolazione di circa 22.000 immigrati, di cui la maggioranza è costituita da Italiani (17.000), seguita da Turchi (2.800), Francesi e Nord-Africani. Il programma di mediazione urbana mira a ridurre il razzismo e la paura de « l’altro» attraverso il dialogo, la comunicazione e la valorizzazione del rispetto reciproco. Questo programma ha due aspetti: mediazione interculturale e mediazione sociale. La mediazione interculturale gestisce circa 70 caso l’anno, affrontando problemi di comunicazione (barriere linguistiche), conflitti tra differenti gruppi multiculturali e conflitti tra immigrati e pubbliche amministrazioni. L’organico ridotto (un solo mediatore interculturale) e la varietà delle lingue da conoscere (turco, arabo, lingue dell’Europa orientale e asiatiche) rendono difficile il lavoro. È interessante notare che la metà circa dei casi sono segnalati dalle scuole, la polizia e i servizi pubblici. I problemi di competenza della mediazione sociale (194 casi nel 2002, 244 nel 2003, 396 nel 2004, oltre 400 nel 2005) comprendono lo status di residenza (visti, naturalizzazione e regolarizzazione), l’occupazione (ricerca di un lavoro, equipollenza dei diplomi stranieri, permesso di lavoro) e altre questioni amministrative. È prevista una consultazione giuridica e sociale gratuita, 2 ore la settimana, presso il Comune e 2 ore la settimana nelle scuole. La mediazione nelle scuole è volta a riunire allievi, professori e genitori e a migliorare l'apprendimento precoce della lingua francese per i bambini. Poiché molti immigrati provengono da regioni a tradizione rurale, la lingua e l'alfabetizzazione rappresentano le questioni chiave per creare valori educativi. Inoltre, la partecipazione delle donne ai corsi di apprendimento del francese è aumentata dal 2002 (da 94 a 128 partecipanti), e si auspica che l'educazione migliori l'integrazione, elemento fondamentale per accedere all'occupazione. Basandosi sull'esempio di una scuola elementare di Marcinelle, nella periferia di Charleroi (74% di bambini turchi, 14% di nordafricani, 12% di belgi), le principali problematiche sono la violenza, la mancanza di rispetto (soprattutto nei confronti delle donne insegnanti) e la questione del velo islamico (hijab). In questa scuola, la mediazione tende a coinvolgere persone con valori diversi, senza tuttavia accettarli (ad esempio, la non partecipazione delle ragazze ai corsi di nuoto, inaccettabile per le autorità scolastiche). La mediazione cerca di riunire le parti che si contrappongono (direttore, allievo e genitori), per evidenziare la mancanza di comunicazione, di comprensione e le posizioni conflittuali. Continuando con un altro esempio, quello di una ragazza scappata di casa a causa delle violenze familiari, la discussione ha sottolineato che la cultura non può essere accettata per giustificare la violenza, poiché la violenza ha origini sociali e non 77


culturali. Il personale di terreno confrontato a tali casi risente, a sua volta, l'esigenza di una formazione specifica, poiché è necessario prendere in considerazione i valori culturali, senza tuttavia accettarli. Confrontando tale caso con quello di una ragazza morta a causa di negligenza e maltrattamenti nel nord di Londra, senza che le autorità locali fossero intervenute, è emerso chiaramente che la Gran Bretagna era forse andata troppo lontano nell’accettazione della diversità culturale, ma che ne aveva tratto una dura lezione. In conclusione, la linea di demarcazione è molto sottile tra comprendere e tollerare le culture, da una parte, e dall’altra ignorare o accettare la violenza inerente ad ogni cultura, provocata dai contesti sociali. b2. Francoforte-sul-Meno (Germania) La città di Francoforte sul Meno (657.000 abitanti) ha creato un Servizio degli Affari Multiculturali (Amt für multikulturelle Angelegenheiten – AmkA), nel 1989, basato su un ampio consenso a favore della tolleranza e contro la discriminazione, e appoggiato da tutti i partiti politici rappresentati nella giunta comunale. Nel 1990, una dichiarazione politica contro il razzismo e l'antisemitismo ha inviato un messaggio politico incisivo, volto a trasformare la lotta contro la discriminazione in una nuova sfida per le amministrazioni locali; tale dichiarazione è stata rinforzata nel 1993 da una risoluzione della giunta municipale. Nel 2003, il comune ha adottato la Direttiva contro la Discriminazione, applicando in tal modo la legislazione in materia dell'Unione Europea, che si estende anche al settore privato (purtroppo, la direttiva UE contro la discriminazione non è ancora applicata a livello federale, in Germania). Sulla base delle statistiche annuali relative alla lotta contro la discriminazione, su circa 600 ricorsi in materia di discriminazione, 49 si sono rivelati fondati (un numero sempre molto elevato), mentre altri corrispondevano a conflitti tra vicini o residenti, che avrebbero potuto essere risolti da interventi di mediazione. In tutti i casi citati, era necessario affrontare problemi complessi (compresi gli aspetti sociali, psicologici, economici e culturali). L'ufficio di controllo anti-discriminatorio dell’AmkA è ben noto a Francoforte, e sovvenziona anche associazioni che hanno gli stessi obiettivi. Tuttavia, anche se la discriminazione è regolamentata dalla legge (come nel caso del raggruppamento familiare, ad esempio, che per legge è limitato a 16 anni, in Germania), l’AmkA non ha nessuna competenza per intervenire. Tenuto conto degli esempi concreti di casi, nella speranza di trarre conclusioni relative ai fabbisogni formativi, sono stati presentati tre esempi specifici: 1. Una giovane studentessa straniera ha dato alla luce un bambino in Germania, ma la sua richiesta di contributi familiari è stata respinta dai servizi sociali comunali. Si tratta di un caso concreto di discriminazione, poiché i diritti alle prestazioni familiari non dipendono dallo status legale di residenza della madre (dipendono da quello del bambino). Un intervento dell’AmkA ha potuto risolvere il problema, ed è stato redatto un rapporto di discriminazione. 78


2. Un cittadino tedesco (di origine turca) ha ricevuto una multa per aver parcheggiato la sua auto in una zona a stazionamento vietato. Ha presentato ricorso per discriminazione razziale contro l'agente di polizia che aveva redatto la contravvenzione. Dall'incontro con l’AmkA, destinato a chiarire la situazione, è emerso che l'uomo aveva anche insultato l'agente di polizia chiamandolo nazista (un insulto piuttosto grave nel contesto tedesco). Questo caso non è stato considerato discriminatorio, ed è stato risolto durante l'incontro, che ha portato alla presentazione di scuse. 3. In un violento conflitto tra due gruppi di giovani, la polizia è intervenuta e sono state ferite due persone durante il loro arresto. Dall’esame di tali casi emerge che il lavoro di prevenzione e i contatti di prossimità tra forze di polizia e comunità interessate sono di estrema importanza. È per questo che l’AmkA ha lanciato un progetto Polizia e Immigrati in Dialogo (vedi schema allegato del progetto), che riunisce agenti di polizia e rappresentanti di associazioni di immigranti, nella prospettiva di superare pregiudizi e di meglio comprendere il lavoro e la responsabilità altrui. Indipendentemente da tutto ciò, sono stati assunti nelle forze di polizia dello Stato di Hesse 100 agenti di polizia di nazionalità straniera, durante l'attuale legislatura (in Germania, la polizia è controllata dalle province Bundesländer). Tale decisione è stata favorita dalla grave mancanza di nuove reclute nel corpo di polizia. Inoltre, l’AmkA organizza campagne di informazione, partecipa al consiglio locale di prevenzione del crimine e incoraggia il dialogo tra i diversi gruppi religiosi (per differenziarsi con chiarezza dal dialogo tra le istituzioni statali e le religioni). b3. Torino (Italia) Torino è una città di circa un milione di abitanti, la cui economia resta ancora molto legata all'industria automobilistica. Dagli anni ’80, dopo cospicui licenziamenti e ondate di immigrazione provenienti dall'Africa settentrionale e dall'Europa dell'Est (4,2% dei residenti stranieri) Torino ha subito una transizione, trasformandosi in città « post-fordista » e multiculturale. Il quartiere Porta Palazzo-Borgo Dora accoglie il più grande mercato d'Europa, ed è un sito storico, nei pressi del centro città, frequentato dagli abitanti di tutta la città e da gente di tutte le origini: operai, impiegati, casalinghe, immigranti provenienti non soltanto dai tradizionali luoghi d'origine, come il Sud dell'Italia, ma dal mondo intero. La popolazione straniera (19%) ha indotto nuovi fabbisogni impellenti, e strategie violente di sopravvivenza che si esprimono attraverso il lavoro nero, alloggi vetusti, e tutte le forme di delinquenza permesse dalla nostra società. È a Porta Palazzo che si è installato il Gate Project Committee (comitato del progetto della porta) – un’organizzazione semipubblica e semiprivata a scopo non lucrativo –, che dal 1998 riceve fondi nell'ambito del progetto di Sviluppo Regionale Europeo, nonché finanziamenti da parte del comune di Torino, del governo italiano e di numerose istituzioni. Il principale obiettivo dell'organismo locale è dirigere e attuare 79


un progetto di rinnovo/ristrutturazione/trasformazione, volto ad affrontare le difficoltà emergenti, dovute alla disoccupazione, alla criminalità e all'immigrazione. L'originalità del progetto è l'adozione di un metodo che si basa sulla partecipazione diretta dei residenti, e prende in considerazione il contesto multiculturale. L'associazione rappresenta uno strumento per l'amministrazione della città di Torino e per i suoi collaboratori, per quanto concerne tutta una serie di iniziative relative alla trasformazione integrata e coordinata, che si suddivide in cinque campi d'azione. L'ambiente economico, in modo da migliorare e rafforzare il tessuto economico grazie ad interventi di incentivazione, assistenza e riqualificazione dell'economia non pianificata (piccoli commercianti, artigiani, ecc.). L'ambiente sociale, al fine di contribuire, rinforzare e promuovere le dinamiche positive in tutto il settore in termini di coesione sociale, ponendo l’accento sulle nuove tipologie di povertà e di esclusione sociale, minimizzando il fenomeno di emarginazione e i conflitti sociali, nonché l'impressione di insicurezza percepita dagli abitanti. L'ambiente urbano, onde continuare a portare avanti attività di trasformazione dell'ambiente urbano, tanto nel settore pubblico che in quello privato, basandosi sulle politiche pubbliche del territorio nel suo insieme. Stimolare il settore privato, fare in modo che i diversi interessi concordino, e migliorare le condizioni di vita. L'ambiente di vita, in modo da perseguire le attività relative al miglioramento della qualità ambientale del territorio, mediante interventi volti a riorganizzare, educare e sensibilizzare la popolazione. L'ambiente culturale, nella prospettiva di promuovere il quartiere, quale risorsa culturale e turistica della città, di portare avanti le attività che migliorano il plusvalore sociale e che rafforzano i legami e di sostenere lo sviluppo culturale in un ambiente culturale e creativo, in cui possono essere sviluppate le attività del tempo libero. Il progetto Shanghai è una delle più recenti iniziative predisposte e dirette dal Gate Project Committee, Il progetto riguarda l'ambiente sociale e, più particolarmente, la sicurezza e l'immigrazione. Esso ha ricevuto una sovvenzione regionale nel 2005, ed è volto a prevenire i soprusi, le attività irregolari degli immigranti (commercio clandestino di prodotti legali) nelle strade del quartiere Porta Palazzo. Alcuni operano sui mercati all'aria aperta, mentre altri sono piuttosto concentrati nel commercio illegale: droga, prodotti rubati o contraffazioni. Gli abitanti sono incapaci di differenziare un'attività irregolare da un'attività illegale, e hanno l'impressione di essere confrontati ad una grave mancanza di sicurezza e di legalità; essi immaginano che l'illegalità sia in aumento nel quartiere di Porta Palazzo. La polizia ha adottato, di conseguenza, misure repressive per evitare che il problema si aggravi, ma quest'ultimo continua a svilupparsi. La gente tende ad assimilare “gli immigrati” con “la criminalità”, ciò che crea un ulteriore senso di insicurezza e di paura. 80


Il progetto continua oggi a far partecipare direttamente i venditori all'attività irregolare, in modo di trovare soluzioni insieme con loro, utilizzando metodi innovativi e incaricandoli di affrontare loro stessi i problemi. I venditori, la polizia, il comune, il servizio di sviluppo economico: tutti partecipano alle ricerche sul campo. In collaborazione con i venditori che hanno un'attività irregolare, si tenta di creare opportunità volte a mirare il problema principale e le soluzioni collettive condivise, di censire e coinvolgere dirigenti informali, di promuovere un sentimento collettivo di appartenenza, di accrescere le responsabilità e la portata del loro influsso. Cerchiamo di far partecipare le istituzioni al processo di cooperazione, e anche di legittimare tale processo di cooperazione, e di promuovere i nuovi tentativi di regolamentazioni/ regolazioni. In questo progetto, abbiamo deciso di lavorare direttamente con gli individui, piuttosto che con le associazioni di assistenza agli immigrati, tenuto conto dello scarso successo ottenuto dai tentativi precedenti. Esistono numerose soluzioni possibili, in funzione dei seguenti assi: lavorare direttamente con i gruppi di venditori, e utilizzare metodologie partecipative e di terreno, in modo da coinvolgere venditori, residenti e istituzioni. I fabbisogni formativi emergenti da tali problematiche sono: Formazione per un lavoro sociale informale, lavoro in strada (“streetwork”), lavoro di prossimità (effettuato al di fuori degli uffici di assistenza sociale, delle amministrazioni locali e al di fuori dei circuiti ufficiali); (Un fabbisogno antropologico) sensibilizzazione al contesto culturale dei venditori (per meglio comprendere la loro situazione e i loro valori specifici quali, ad esempio, la diversa concezione dell'attività economica); Formazione per migliorare la partecipazione degli abitanti e rafforzare una cittadinanza responsabile attiva; Metodi di ricerca sul terreno, volti a migliorare l'analisi e la partecipazione delle comunità locali. Il Security Committee (comitato per la sicurezza) di Porta Palazzo rappresenta un altro progetto, nel quale il Gate Project si è impegnato, che si occupa di sicurezza e immigrazione. Si tratta di una rete formale composta da istituzioni: ufficio del Vicesindaco della città, ufficio dei servizi sociali e sanitari, ufficio incaricato dell'assistenza ai minori stranieri isolati, servizio di sviluppo economico, amministrazione locale, e quattro diversi tipi di polizia locale, nonché 14 comitati locali. Il Security Committee è stato creato nel 2001, dopo un’ordinanza del Prefetto di Torino che invitava le autorità locali del quartiere a promuovere: -

Una più incisiva cooperazione istituzionale in materia di sicurezza Un rapporto diretto tra la polizia locale e le regioni. 81


In termini di struttura, il Security Committee si è organizzato sulla base di un processo partecipativo attuato durante il primo anno di creazione e di un capitolato d’oneri formale; ogni anno la sua struttura viene rivista (frequenza delle riunioni, partecipanti, ecc.), in modo da assicurarne costantemente l'efficacia. Ogni mese si svolgono riunioni formali nel Distretto; il presidente del Security Committee è il presidente delle autorità locali, che presiede tutte le riunioni; i partecipanti sono divisi in due gruppi: il tavolo dei cittadini e il tavolo delle istituzioni; ogni due mesi si svolgono riunioni cui partecipano entrambi i tavoli. Il comitato riceve dal Gate Project un supporto organizzativo e metodologico. Nel 2005, il Gate Project ha proposto l'idea di un processo di valutazione del Security Committee e delle sue organizzazioni, sulla base di incontri individuali e di gruppi di consultazione. I principali risultati sono i seguenti: Le istituzioni e la polizia devono comprendere che una migliore cooperazione e relazioni meno formali semplificano il loro lavoro (in particolare per quanto concerne i casi di immigranti minorenni); La condivisione delle difficoltà e, di conseguenza, la riduzione dei problemi sul lavoro ha permesso di presentare richieste comuni e di condividere risorse limitate; Per la prima volta, è stata constatata una maggiore cooperazione tra le diverse brigate di polizia, che ha permesso loro di meglio comprendere le missioni, le strutture, le priorità e gli obiettivi di altre istituzioni; Una maggiore fiducia reciproca, e tra istituzioni e residenti. Un esempio: quando la polizia organizza un’irruzione in più appartamenti del quartiere, vengono convocati i servizi sociali per organizzare un intervento coordinato; è chiaro, in effetti, che ci si troverà in presenza di un trafficante di droga o di altri problemi legati agli immigrati o ai minorenni. Sussistono, tuttavia, numerose difficoltà: i residenti sono insoddisfatti del Security Committee, perché alcuni problemi complessi non sono stati sradicati (spaccio di droga, vendite irregolari, reati minori); i residenti e il comitato hanno difficoltà a formulare progetti e proposte comuni; anche se la gran parte dei problemi cui è confrontato il Security Committee riguarda gli immigranti, è difficile coinvolgere nel comitato le associazioni di assistenza agli immigranti. In effetti, gli immigranti non legittimano e non hanno fiducia in questo tipo di associazioni, e neppure il comune e i residenti. b4. Vilnius (Lituania) La città di Vilnius (600.000 abitanti), capitale del paese (3,5 milioni di abitanti), ha subito importanti perdite dovute al fenomeno dell'emigrazione (secondo le stime, in questi ultimi dieci anni, da 300 000 a 600 000 persone hanno lasciato la Lituania). 82


Il 42,2% degli stranieri concentrati a Vilnius sono di origine polacca (18%) e russa (14%), e vivono in Lituania da molto tempo, il che spiega che la cultura e la lingua del paese siano loro diventate familiari. L'importante numero di stranieri è un retaggio dell'epoca sovietica, quando i Russi sono massicciamente immigrati in Lituania. Eccetto alcuni problemi di emigrazione (con l'aumento delle difficoltà occupazionali, si è assistito alla fuga dei cervelli e alla riduzione delle conoscenze), i problemi di integrazione delle minoranze sono principalmente correlati all'insufficienza delle competenze, che ha provocato, a sua volta, l'insuccesso dell'integrazione sociale e lavorativa e, di conseguenza, lo sviluppo nel paese dell'attività criminale e, spesso, del traffico di stupefacenti. Gli zingari (che vivono su terreni isolati), i nuovi arrivati dai paesi limitrofi dell'Est, e i richiedenti asilo provenienti dai Paesi dell'Asia centrale (anche se in numero relativamente limitato), rappresentano i gruppi più vulnerabili in Lituania. A volte, scoppiano conflitti tra zingari e forze di polizia. In Lituania, gli ebrei (circa 0,5% della popolazione) devono affrontare problemi di antisemitismo. Gli schemi migratori si sono rapidamente evoluti con conflitti che insorgono tra i diversi gruppi di nuovi arrivati. Parallelamente, numerosi abitanti lasciano la Lituania (200.000 persone tra il 1998 e il 2001) per emigrare, in particolare, verso l'Europa occidentale. Si pongono numerosi interrogativi su come gestire i ricorsi delle comunità nei confronti delle nuove comunità immigrate, su come gestire il senso di insicurezza, su come utilizzare le esperienze dell'Europa occidentale, che ha già vissuto in passato ondate di immigrazione. Il nuovo schema delle migrazioni in Europa ha chiaramente posto la questione della definizione delle “minoranze”. La Civil Self-Defence Initiative (Programma di autodifesa sociale) rappresenta il nuovo programma di sicurezza comunale, volto a promuovere la cooperazione tra polizia e comunità, alla stregua di quanto fatto dal movimento Stop Crime, ecc. Non esistono programmi preventivi riguardanti gli immigranti o volti ad impedire atti e crimini razzisti, salvo il programma di controllo dei processi migratori, adottato dal governo della Repubblica di Lituania nel 1999. b5. Il quartiere Waltham Forest di Londra (Gran Bretagna) Il London Borough of Waltham Forest è un quartiere centrale, situato nel NordEst di Londra. Comprende 225.000 abitanti, di cui il 26% ha meno di 21 anni, di cui il 44% ha origini etniche minoritarie (Antillesi di pelle scura e Pachistani costituiscono i due gruppi principali, con circa l'8% ciascuno), e di cui il 15% è musulmano (dati del 2001). Sulla base delle stime, da allora, la popolazione proveniente dall'Europa dell'Est è rapidamente aumentata, e i servizi pubblici lottano per adattarsi a questi nuovi cambiamenti. Gli attentati del 7 luglio 2005 hanno certamente avuto effetti negativi sulle relazioni in seno alla comunità, ma il fatto che i “crimini di odio” siano solo in lieve aumento dopo gli attentati potrebbe essere considerato un successo del lavoro di prevenzione. Tuttavia, resta difficile tenere sotto controllo i conflitti all'interno della comunità, che evolvono rapidamente e nascono da ragioni complesse (è stata utilizzata l'immagine di un iceberg), ma possono distruggere o compromettere gravemente la qualità della vita della gente. 83


In materia di immigrazione e di sicurezza urbana, devono essere presi in considerazione tre aspetti importanti. Il primo riguarda i giovani (con numerose tensioni tra immigranti di prima e seconda generazione), per i quali il partenariato locale di sicurezza tenta di lavorare anche con le famiglie, secondo un'impostazione ascendente, piuttosto che imponendo soluzioni alle famiglie. Il secondo riguarda l'origine etnica, che resta un fattore importante, anche se non tra i principali. Il terzo concerne l'abuso di stupefacenti, che ha un grave impatto sulle relazioni comunitarie. I giovani: in un sondaggio realizzato tra 3000 giovani, la povertà dell'ambiente circostante e la paura della violenza o la sua realtà sono le questioni "più preoccupanti" per i giovani; tale risultato corrisponde, in modo sorprendente, alle principali preoccupazioni che caratterizzano l’insieme della popolazione. Tra i giovani, esiste una tendenza ad affrontare i conflitti tra gruppi di giovani, spesso non portandoli a conoscenza delle autorità, della polizia o delle altre istituzioni pubbliche. Emerge quindi un problema di “cultura di banda”, quale elemento di un problema più vasto, in tutto l’East London. È necessario, tuttavia, differenziare le « gang», definite dalle loro attività essenzialmente criminali, con un nocciolo duro e una gerarchia coerente, dalle « engeances », i cui membri partecipano alle attività criminali ma non le progettano, e la cui gerarchia risulta più instabile ed emotiva. I problemi di Waltham Forest rientrano in questa seconda categoria. Questioni etniche: Waltham Forest comprende una comunità molto tollerante (di una grande diversità, idonea alla prevenzione). Tuttavia, i conflitti indicati vengono risolti tra bande, il che “importa” a volte nei quartieri di Londra conflitti comunitari provenienti da località situate a grande distanza, quali la Bosnia o lo Sri Lanka. I “crimini di odio” e i crimini nell'ambito delle comunità vengono raramente segnalati, il che pone problemi, anche se l'inchiesta di Stephen Lawrence, all'indomani dell'omicidio di un nero, ha rivelato la mancanza di fiducia e la scarsa motivazione a cooperare con la polizia dei gruppi di immigrati (è stato quindi applicato a Waltham Forest un progetto Non-Police Reporting, grazie al quale è possibile segnalare i crimini razzisti a organismi che non dipendono dalla polizia). Abuso di stupefacenti: il programma di sicurezza urbana è riuscito a chiudere circa 60 punti di spaccio di crack nel 2004, ma continua a dover affrontare il problema dei cospicui utili realizzati nel mercato della droga, nettamente superiori a quelli realizzati con l'attività economica tradizionale, il che continua ad alimentare il fenomeno. Sono state identificate le principali caratteristiche del conflitto comunitario, che si presenta come: 1. Territoriale (con giovani che non escono da un perimetro molto ristretto, che considerano il “loro” territorio, mentre gli altri cittadini non ne sono consapevoli) 84


2. Indotto dalla coabitazione di comunità di nuovi arrivati con comunità sfavorite (con conseguenti conflitti comunitari) 3. Impregnato di caratteristiche di latenza, di fuoco che cova sotto la cenere, che può portare ad improvvise esplosioni di violenza. Dal punto di vista dei giovani, il “sistema” è visto come un nemico; è per questa ragione che i programmi sociali si rivelano spesso un insuccesso. I giovani trovano la cultura della strada più comprensiva rispetto a quella dei servizi pubblici. Il partenariato di sicurezza urbana di Waltham Forests, Safety Net13 (Rete di sicurezza) è stato creato dopo la legge del 1998 Crime and Disorder Act, che imponeva alle autorità locali di creare associazioni locali di sicurezza urbana, demandate a sviluppare strategie triennali, basate su audit della comunità. Safety Net occupa oggi 90 persone (rispetto alle 10 del 2000), che riuniscono le seguenti caratteristiche principali: Un’ampia gamma di risposte ai problemi, in funzione del luogo e delle circostanze Un approccio che collega molteplici iniziative, molteplici agenzie e molteplici settori La scelta di privilegiare l’« empowerment » della comunità piuttosto che l’applicazione della legge Una focalizzazione sulla risoluzione dei problemi Una gestione del rischio che comprende la valutazione, la prevenzione e il trattamento dei rischi Cassetta degli attrezzi per i conflitti comunitari Defendin’ Da Hood, Swapping Cultures, Parents Against Violence e Asian Women Against Crime sono esempi di progetti correlati all’immigrazione (vedi questionario o proiezione di diapositive per maggiori dettagli). La discussione successiva ha riguardato la partecipazione delle donne/ragazze e la terminologia della “razza”/”etnia”. Abitualmente, i partecipanti a programmi di sicurezza urbana sono per il 30-40% donne/ragazze. Fortunatamente, mentre altri quartieri vicini, come Brent e Peckam hanno problemi di bande di ragazze, lo stesso fenomeno non si ritrova a Waltham Forest. Riguardo alla questione etnica, è importante tenere presente questa particolarità britannica in materia, che emerge in molte attività governative ufficiali, che impone l'obbligo di valutare costantemente la categoria etnica in tutti i programmi pubblici. Tuttavia, poiché l'appartenenza ad una “etnia” o altra categoria viene auto-definita dagli interessati, le categorie variano, passano di moda e sono costantemente oggetto di dibattiti pubblici. Riguardo ai centri di segnalazione non gestiti dalla polizia, il personale delle associazioni, che detiene già una serie di competenze valide per segnalare e/o consigliare a proposito delle questioni etniche, si avvale di una formazione complementare, per 13 Per maggiori informazioni, consultare : http://www.walthamforest.gov.uk/index/safety/safetynet.htm

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imparare a redigere dei rapporti di polizia, che sono elaborati in modo identico a quelli redatti dalla polizia stessa. Altre iniziative per ridurre l’insufficiente segnalazione dei “crimini di odio” riguardano la presenza, a tempo pieno, di un coordinatore del partenariato di sicurezza urbana, che lavora sui “crimini di odio”, nonché la disponibilità di una linea telefonica aperta 24 ore al giorno. I problemi non sono risolti per le comunità di nuovi arrivati. Analogamente alla Francia, l'etnia rappresenta un aspetto dei conflitti, ma non la parte essenziale. I problemi considerati più gravi riguardano piuttosto la depravazione sociale, le vite parallele e la mancanza di scambi tra gruppi e residenti; anche le questioni culturali sembrano più importanti dell'etnia. c. Altri referenziali di formazione 1. Il Consiglio d’Europa ha pubblicato, nel 1994, una guida di pratiche per il lavoro della polizia nelle società multiculturale, che riassume le formazioni esistenti in diversi paesi. La guida ha raccomandato una strategia trasparente di formazione applicata nelle formazioni di base e di monitoraggio, utilizzando le conoscenze delle ONG competenti. (Vedi Consiglio d’Europa, 1994); 2. Guide relative a pratiche simili sono state sviluppate dalla polizia di Toronto (Canada) dal 1989; esse sono molto più sviluppate e privilegiano in modo prioritario i concetti di diversità nella formazione. Tali guide somigliano a quelle del Consiglio d’Europa, ma sottolineano maggiormente l'importanza di una politica di integrazione volontaria nelle formazioni destinate alla polizia: Risultano essenziali la promozione e il supporto visibile dell'educazione alla diversità da parte del personale direttivo». Secondo tali raccomandazioni, il supporto, il coinvolgimento e la partecipazione dei massimi vertici a queste iniziative devono essere evidenti per tutta l'organizzazione (vedi Rosenzweig Armor 1999, cit. dopo Büttner, p. 14). 3. Il Police Board of Victoria in Australia ha ordinato uno studio per meglio comprendere ciò che le differenti comunità attendono dalla polizia, la loro percezione del suo ruolo, nella prospettiva di migliorare i propri servizi e quelli degli agenti di pubblica sicurezza in genere. Più preciso, l'obiettivo è di “identificare e valutare la percezione delle popolazioni rispetto alle minoranze straniere (Non English speaking backgrounds) in materia di crimine, sicurezza e polizia nei quartieri” (Victorian Mult. Comm. 2000, p. 6). Le raccomandazioni sono rivolte a diversi livelli di governance (comunale, regionale, nazionale).

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d. Elenco dei partecipanti Qui di seguito le persone che hanno partecipato al progetto nel suo insieme: Bertrand BINCTIN

Assessore alla Sicurezza, Comune

Le Havre

Francia

Giulietta BONECHI

Comune

Siena

Italia

Isabella BROSSA

Porta Palazzo The Gate Project

Torino

Italia

Nihat DURSUN

Direttore del Servizio di mediazione interculturale e sociale, Comune

Charleroi

Belgio

Dr. Aurelijus GUTAUSKAS

Direttore del Dipartimento ricerche in giustizia penale, Istituto di diritto di Lituania

Vilnius

Lituania

Dr. Akli KEBAILI

Ufficio degli affari multiculturali, Comune

Francoforte sul Meno

Germania

Zakia KHATTABI

Bruxelles

Belgio

Marsiglia

Francia

Fanny MOTHRE

Consulente sulle questioni di immigrazione (esperto) Direttrice dell’Associazione Jeunes Errants (esperto) Servizio politico della città di Le Havre

Le Havre

Francia

Robin TUDDENHAM

Direzione della sicurezza urbana, Comune

London Borough of Waltham Forest

Gran Bretagna

Sven ENGEL

Responsabile di progetto, Forum europeo per la sicurezza urbana (FESU)

Parigi

Francia

Elizabeth JOHNSTON

Vicedelegata, Forum europeo per la sicurezza urbana (FESU)

Parigi

Francia

Dominique LODWICK

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Erano presenti soltanto ad un seminario del progetto: Dr Gintautas BUZINSKAS

Ministro della Giustizia, Repubblica di Lituania

Vilnius

Lituania

Dr Algimantas CEPAS

Direttore, Istituto di diritto di Lituania

Vilnius

Lituania

Nathalie CORDIER

Divisione Prevenzione dei quartieri

Charleroi

Belgio

Angelica FERULLO

Centro Régional d'Intégration di Charleroi (CRIC)

Charleroi

Belgio

Dr. Svetlana GECENIENE

Direttrice Dipartimento ricerche criminologiche, Istituto di diritto di Lituania

Vilniua

Lituania

Chantal GOSSEAU

Centro Régional d'Intégration de Charleroi (CRIC)

Charleroi

Belgio

Rasa PAUZAITE

Ricercatore in giustizia penale, Istitut di diritto della Lituania

Vilnius

Lituania

Carmelina RUSSO

Fond d’Impulsion à la Population Immigrée (FIPI)

Charleroi

Belgio

Julius SABATAUSKAS

Presidente della commissione diritto e ordine pubblico, Parlamento di Lituania

Vilnius

Lituania

Natalia SIDOROVA

Servizio mediazione

Charleroi

Belgio

Vida VALECKAITE

Vicedirettrice, Istituto di diritto di Lituania

Vilnius

Lituania

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REFERENZE

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