Uso di droghe, servizi di assistenza sanitaria di base e politiche locali

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Uso di droghe, servizi di assistenza sanitaria di base e politiche locali

··························································· Guida per gli amministratori locali


FORUM EUROPEO PER LA SICUREZZA URBANA Progetto Democrazia, Città e Droghe Uso di droghe, servizi di assistenza sanitaria di base e politiche locali

A cura di Anne Coppel Coadiuvata da Elham Kashefi, Susanne Schardt e Thierry Charlois ····································································································

······················································································································· Finito di stampare nel febbraio 2008 Presso SNEL – Vottem, Belgio N° ISBN: 2-913181-33-3 N° EAN: 9782913181335

························································································································ FORUM EUROPEO PER LA SICUREZZA URBANA 38, rue Liancourt 75014 – PARIS – FRANCE

[t] [f]

+33 (0)1 40 64 49 00 +33 (0)1 40 64 49 10

www.urbansecurity.org fesu@urbansecurity.org

Con il sostegno della Commissione europea


Sommario Prefazione

1. Introduzione 09.

1.1 Le città europee di fronte alla droga

09.

1.2 Le azioni di riduzione del danno divise tra sicurezza e salute pubblica

11.

1.3 Un approccio sperimentale e negoziato 2. Ruolo degli amministratori locali

5. La costruzione di una strategia locale 48.

5.1 La presa in considerazione della coesione sociale

49.

5.2 Obiettivi e indirizzi di intervento

50.

5.3 I servizi di riduzione del danno nel contesto locale

52.

5.4 L’organizzazione dei servizi in un approccio integrato

52.

5.4.1 Conseguenze a livello dell’offerta di servizi

53.

5.4.2 Conseguenze per il percorso di formazione delle equipe

54.

5.4.3 Conseguenze a livello dell’organizzazione e della ripartizione dei compiti

14.

2.1 Amministratori locali e domanda sociale

55.

5.5 La condivisione delle informazioni

15.

2.2 Competenze territoriali e legittimità degli amministratori

55.

5.5.1 Ostacoli tecnici

17.

2.3 Per un approccio integrato

56.

5.5.2 Gli ostacoli organizzativi

57.

5.5.3 Gli ostacoli di natura politica e etica

3. La costruzione del partenariato 21.

3.1 Il multipartenariato, una necessità per l’azione

58.

5.6 Le azioni finalizzate alla mobilitazione delle risorse

22.

3.2 I servizi e le associazioni che operano a favore degli utilizzatori di droga

58.

5.6.1 La cooperazione con i servizi di repressione

24.

3.3 La partecipazione degli abitanti

60.

24.

3.3.1 Le sfide della partecipazione

5.6.2 I rapporti con i servizi sanitari e sociali nell’ambito dei diritti sociali comuni a tutta la collettività

24.

3.3.2 Ristabilire la fiducia, un processo

60.

5.6.3 Il funzionamento in rete, strumento privilegiato del partenariato

26.

3.3.3 Le varie forme di partecipazione

62.

5.7 Dall’informazione alla partecipazione

27.

3.4 La partecipazione degli utilizzatori di droga

29.

3.5 Forme organizzative, definizione dei compiti, definizione delle responsabilità

65.

6.1 Valutazione delle politiche nazionali in materia di droga

29.

3.5.1 N ecessità di organizzare un comitato di pilotaggio

66.

6.2 La scelta di indicatori quantitativi e qualitativi

30.

3.5.2 I l livello di responsabilità dei partner deve essere definito

67.

6.2.1 Indicatori di pilotaggio dell’azione

30.

3.5.3 I l comitato di follow-up è incaricato dell’attuazione del progetto sul campo

68.

6.2.2 Indicatori di attività, indicatori di risultato

31.

3.5.4 La questione della leadership

69.

6.2.3 Ricerche valutative

71.

6.3 Risultati, effetti, impatti

7.1 Cambiare gli atteggiamenti, cambiare le prassi

4. La diagnosi locale dei consumi di droga 33.

6. Valutazione dei programmi di azione locale

7. Per una strategia del cambiamento

4.1 Un’impostazione necessaria

34.

4.2 Un’impostazione operativa

76.

36.

4.3 Una diagnosi condivisa

77.

7.2 Promuovere il cambiamento sul medio e lungo periodo

37.

4.4 Diagnosi preliminare e definizione degli obiettivi

78.

7.3 Le difficoltà

40.

4.5 Il contesto dell’uso della droga

82.

8. Conclusioni

40.

4.5.1 Contesto economico, sociale e culturale del territorio

84.

9. Riferimenti bibliografici

40.

4.5.2 L e caratteristiche nazionali o regionali dei consumi di droga

41.

4.5.3 La storia della droga nel territorio

41.

4.6 Valutazione quantitativa

43.

4.7 Analisi dei bisogni e delle risorse

44.

4.8 Indagini esplorative complementari

45.

4.9 Dall’analisi locale alla definizione delle priorità


Prefazione

Tra i vari livelli istituzionali, le città si trovano in prima linea per affrontare e trovare risposte adeguate al fenomeno del consumo di droghe. Le autorità locali hanno la responsabilità di coordinare gli interventi dei vari attori locali che operano nel campo delle sostanze stupefacenti: gli operatori dei servizi di prevenzione, di riduzione dei rischi e di trattamento, i servizi sociali, i gruppi di autosupporto e le associazioni a carattere comunitario per la tutela della salute, le forze dell’ordine, la giustizia, le associazioni di residenti, gli esercenti di discoteche, gli organizzatori di serate,... Per scambiare le loro buone pratiche relative alle risposte locali e integrate in materia di droga, alcune città europee, collegate a reti europee della società civile, hanno creato la rete Democrazia, Città e Droghe (Démocratie, Villes et Drogues -Democracy, Cities & Drugs - DC&D). Il primo progetto DC&D (2005-2007), cofinanziato dalla Commissione europea, ha consentito ai partner di condividere le loro esperienze su tematiche quali il ruolo degli eletti locali nelle strategie comunali in materia di droga, i progetti locali di prevenzione in occasione di feste o altri eventi ricreativi, l’integrazione nei quartieri delle strutture di accoglienza per i consumatori di droga, il coinvolgimento nelle associazioni locali del mondo medico e scientifico, delle minoranze, dei gruppi specifici… La presente guida è frutto degli scambi di opinioni del Gruppo di lavoro “Rete delle città partner”, guidato dal Forum Europeo per la Sicurezza Urbana (FESU), di cui fanno parte le città di Charleroi (Belgio), Enschede (Paesi Bassi), La Spezia (Italia), Lubliana (Slovenia), Matosinhos (Portogallo), Praga (Repubblica Ceca) e Saint Gilles (Belgio). Costituisce un complemento alle altre guide elaborate dagli altri gruppi di lavoro del progetto1, poiché offre una visione globale della problematica. Qualsiasi scelta di una linea politica deve tenere conto dell’evidenza che la droga continuerà ad essere presente nelle nostre società. È pertanto necessario definire delle risposte durature, in grado di adattarsi alle evoluzioni della situazione. Lo sviluppo della democrazia partecipativa locale è una risposta a tale esigenza, poiché la sfida essenziale per una città è quella di creare dei partenariati che sappiano coinvolgere i consumatori di droga e gli abitanti. Per cui, la predisposizione di politiche integrate e partecipative per far fronte alle problematiche poste dalla droga contribuirà a sviluppare nuove forme di governance locale, e gli scambi tra città europee rafforzeranno il modello europeo di politica in materia di droga, basato su un equilibrio e una complementarità tra la riduzione dell’offerta, la riduzione della domanda e la riduzione dei danni correlati al consumo. Per ottenere qualsiasi informazione sulla rete Démocratie, Villes et Drogues, vi invitiamo a visitare il sito: www.democitydrug.org (1) Guides available at www.democitydrug.org

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1.1. Le città europee di fronte alla droga

01

Introduzione

··························································

La maggior parte delle città europee deve oggi affrontare le problematiche legate all’uso e al traffico degli stupefacenti. La situazione non è completamente nuova per le grandi capitali dell’Europa occidentale, che da oltre 20 anni ormai devono fronteggiare questa emergenza. Da Barcellona a Francoforte, da Londra a Rotterdam, tutte le grandi città europee hanno lanciato numerose iniziative, spesso diverse per portata e obiettivi. Alcune attività sono condotte nell’ambito delle politiche di contrasto alla delinquenza e alla criminalità, altre nell’ambito delle politiche per la protezione della salute. Certe città hanno poi sviluppato una politica globale, comprendente l’insieme degli strumenti utilizzati nella politica di lotta al fenomeno droga, ossia la prevenzione, la repressione, le cure e la riduzione dei rischi. Le città che si sono impegnate in politiche di lotta contro la droga hanno acquisito un’esperienza che è ormai indispensabile tanto nelle cittadine, che nelle metropoli, sia nell’Europa centrale, che in quella occidentale. Nonostante le differenze riscontrabili tra le città e ricollegabili alla diversità della loro storia in materia di droga, alle disparità delle risorse disponibili e alle varie modalità di ripartizione delle competenze, è indubbio che devono tutte fare fronte alle conseguenze dell’uso e del traffico di stupefacenti sulla vita degli utilizzatori e sull’ambiente in cui vivono. Le specificità locali, la complessità delle problematiche e lo stretto connubio con le politiche condotte a livello locale in tutti i settori (a favore della sicurezza, politiche sociali, sanità somatica e psichica, educazione, urbanistica), rendono illusoria la prospettiva di proporre un modello che possa essere riprodotto in modo sistematico in tutte le città europee. La presente guida ha l’ambizione di individuare le caratteristiche comuni della metodologia adottata dagli enti locali di fronte ai problemi correlati alla droga. Si tratta di un’impostazione metodologica, basata su alcuni principi comuni all’insieme delle politiche urbane: [·] Promuovere una politica globale e coerente: devono essere integrati gli obiettivi di promozione della salute, di sicurezza e di coesione sociale. [·] Sviluppare risposte adattate alle specificità locali, tenendo conto della natura dei problemi e delle risorse mobilitate per affrontarli. [·] Rafforzare la cooperazione e la responsabilizzazione di tutti i soggetti coinvolti, che si tratti delle autorità locali, regionali e nazionali, dei servizi pubblici e di quelli del settore privato, delle ONG e dei cittadini. 1.2. Le azioni di riduzione del danno divise tra sicurezza e salute pubblica

Gli enti locali si sono impegnati in tali azioni a prendere spunto dalle conseguenze dell’uso degli stupefacenti constatate sul territorio. Sotto il profilo della salute, le conseguenze dell’utilizzo delle droghe incidono negativamente sui loro utilizzatori,

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ma si deve constatare che spesso nelle città sono state piuttosto le conseguenze riscontrate sul territorio ad avere allertato le autorità locali.

[·] L’impostazione adottata colloca gli interventi nel quadro dell’azione locale in materia di droga.

All’origine del loro impegno c’è un’identica constatazione: malgrado gli interventi dei servizi delle forze dell’ordine, una parte rilevante dei consumatori di droga sfugge alle attività di repressione. Gli utilizzatori che causano disturbi alla quiete pubblica sono molto spesso anche quelli che eludono il sistema di assistenza e le terapie riabilitative. C’è voluta la minaccia dell’Aids perché tali utilizzatori si rendessero conto che era indispensabile proteggere la salute, pur continuando a far uso di stupefacenti.

[·] Le attività condotte in vista della riduzione del danno completano il dispositivo esistente in materia di prevenzione e di cure.

Esiste ormai tutta una serie di strumenti atti ad assistere i soggetti che non accedono ai servizi a livello istituzionale, tramite attività di cura o di repressione. Le iniziative sono proposte nel quadro dei servizi di assistenza sanitaria di base, che intervengono nel contesto della vita quotidiana del tossicodipendente. Delle equipe di strada (chiamate di outreach= andare incontro) sono a disposizione degli utilizzatori di droga, in strada, negli edifici occupati abusivamente, nel contesto di eventi e di feste. Vengono proposte strutture ambulatoriali di accoglienza diurna e notturna per l’utenza in situazione di grande esclusione. Reti di operatori intervengono nelle varie realtà in cui l’utilizzatore può essere contattato: all’ospedale, nei centri sociali di accoglienza, nei servizi di pronto soccorso, in carcere (vedi allegato x). I servizi di assistenza sanitaria di base hanno come missione la protezione della salute degli utilizzatori di droghe. Conducono una politica di sanità pubblica cosiddetta «di riduzione del danno» da consumo di sostanze stupefacenti (harm reduction). Dal momento che la loro utenza target sono i consumatori che possono provocare disturbi alla quiete pubblica, tali servizi possono ugualmente fornire un contributo alla sicurezza e alla coesione sociale. I risultati ottenuti nelle strutture istituite dai comuni dimostrano che gli obiettivi di protezione della salute e della sicurezza si possono potenziare: gli utilizzatori accolti nelle strutture non sono più lasciati in balia di se stessi per strada. Quando ne hanno la possibilità, avviano un percorso di inserimento e di cure. Più sono numerosi gli utilizzatori in trattamento, minore sarà il numero di quelli esposti alle conseguenze della tossicodipendenza (vedi valutazione Capitolo 3). Sanità pubblica, sicurezza, coesione sociale: ciascun settore persegue le proprie missioni. Tradizionalmente, ognuno di tali settori segue una propria logica, ma i sistemi di intervento si possono predisporre tenendo conto delle loro interazioni. È la scelta che abbiamo fatto in questa guida. La presente guida tratta dei servizi di assistenza sanitaria di base rivolti agli utilizzatori di droga.

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Gli interventi devono essere coerenti con le attività dei servizi delle forze dell’ordine. Un’offerta di servizi sanitari e sociali viene ormai proposta sul campo. I servizi delle forze dell’ordine non sono più i soli a intervenire in prima linea nei quartieri. Una politica locale coerente è ora possibile: le unità degli operatori di strada possono intervenire sul campo quando gli utilizzatori di droga pongono dei problemi agli abitanti, ai servizi e alle strutture. Gli utilizzatori di droga con comportamenti problematici possono essere indirizzati verso strutture di accoglienza, anche se non possono o non vogliono usufruire di un trattamento della tossicodipendenza. La serie di strumenti socio-sanitari può essere adattata a tutte le situazioni di rischio, a tutte le popolazioni, che si tratti di minori, immigrati, madri adolescenti, tossicodipendenti usciti dal carcere, casi di prostituzione. 1.3. Un approccio sperimentale e negoziato

L’estensione più o meno vasta dei servizi offerti dipende dal loro inserimento nella politica nazionale o regionale in materia di tossicodipendenza. Alcune azioni sono integrate nel dispositivo di assistenza e di cure, altre hanno un carattere sperimentale. A livello locale, possono essere accettate più o meno facilmente. L’apertura di centri di accoglienza per utilizzatori di droga non disintossicati ha fatto sorgere numerosi dibattiti. In Svizzera, Germania, Paesi Bassi, l’apertura di tali strutture è stata spesso negoziata insieme agli abitanti, inizialmente opposti all’idea di avere tali centri sul loro territorio, in base al ben noto atteggiamento «not in my backyard» (non nel mio cortile). Gli stessi residenti hanno però poi accettato di sperimentare delle iniziative concordate. Una ricerca condotta in Svizzera sull’insieme delle negoziazioni portate avanti nelle città ha indicato che gli abitanti, se associati alla ricerca di risposte e soluzioni, accettano tali strutture sul territorio, se viene loro garantita la sicurezza. A parte gli interessi specifici, l’offerta di servizi per gli utilizzatori di droghe solleva interrogativi che animano il dibattito pubblico: >Q uali sono i servizi utili? Quali servizi accettiamo di fornire agli utilizzatori di droghe? Che mezzi siamo disposti a consacrarvi? >C he cosa significa «accettare l’uso delle sostanze stupefacenti»? Vuol dire che siamo disposti ad accettare che esistano degli spazi in cui è tollerato il consumo di droghe illecite? Che spazio accordare nella città agli utilizzatori di droghe?

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>Q uale articolazione tra i servizi socio-sanitari e quelli di repressione? Quale scambio di informazioni, quali controlli troviamo legittimi? Queste nuove strategie, negoziate a cavallo tra sicurezza e libertà pubbliche, implicano che ogni attore coinvolto occupa il posto che gli spetta nella ricerca di risposte adattate al contesto e si responsabilizza, che si tratti dei servizi di repressione, o di cura, degli abitanti o degli stessi utilizzatori di droga. L’esperienza delle città nel campo della droga costituisce una particolarità europea. Degli amministratori locali si sono impegnati nel loro ruolo di garanti della sicurezza e della salute dei concittadini che rappresentano. Senza le risorse istituzionali per garantire la protezione sociale, senza le competenze delle figure professionali, senza la mobilitazione delle associazioni, l’esperienza non sarebbe stata possibile. Oggi tali esperienze spianano la via a un nuovo concetto di politica in materia di droga, che perde il suo carattere eccezionale per integrare le varie politiche settoriali che sono una risorsa incontestabile dei paesi europei. Questa guida intende completare i lavori pubblicati dal Forum europeo sulla sicurezza urbana sulla prevenzione della criminalità e della delinquenza, oltre che le guide destinate in modo specifico alla lotta contro la droga.2 Completa inoltre degli strumenti metodologici esistenti in materia di prevenzione e di cure.3

(2) Si veda l’elenco di pubblicazioni disponibili sul sito: www.fesu.org (3) Si veda la pubblicazione dell’Osservatorio europeo delle droghe sul sito www.emcdda.europa.eu

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Ruolo degli amministratori locali

··························································

02


2.1. Amministratori locali e domanda sociale

Quando dei tossicodipendenti vagano per le vie cittadine, quando corrono voci insistenti sulla presenza di droga in un istituto scolastico, in uno squat o in una piazza, gli abitanti si rivolgono all’amministrazione locale. La sicurezza è la principale preoccupazione, ma non bisogna dimenticare che quando le famiglie si preoccupano se si sente parlare di «droga a scuola», è perché vogliono proteggere la salute dei loro figli. Un evento, un incidente, un’overdose possono talvolta suscitare un’emozione collettiva, in cui si frammischiano richiesta di sicurezza e di protezione sanitaria. Qualunque sia il tipo di domanda, la risposta attesa è in primo luogo repressiva: cacciare i tossicodipendenti dal quartiere, mettere in carcere i trafficanti pare essere la richiesta più urgente degli abitanti, e molto spesso è la risposta che si sono impegnati a soddisfare numerosi eletti, nel corso degli anni. Ebbene, se i servizi delle forze dell’ordine sono immediatamente efficaci, se riescono a proteggere certi spazi pubblici, certi istituti scolastici, l’esperienza insegna che i tossicodipendenti, cacciati da un quartiere, si ritroveranno presto in un altro. Nell’impossibilità di occupare uno spazio pubblico, occupano abusivamente spazi privati meno protetti, le scale di un immobile, una cantina, un parcheggio. A questo punto, sorgono i sospetti nei confronti dei servizi pubblici, o della polizia o degli amministratori locali: non c’è forse il rischio che un quartiere sia stato privilegiato, a scapito di un altro? Più ci si trova di fronte a quartieri svantaggiati, meno la richiesta sociale è formulata in modo esplicito, ma l’assenza di denunce o di lamentele può essere ancora più preoccupante delle esigenze espresse dagli abitanti. Può infatti indicare una grave crisi di fiducia nei confronti delle istituzioni: non si insinua forse il dubbio che i pubblici poteri siano impotenti ad agire? Le richieste della cittadinanza in materia di tossicodipendenza non sono dissimili dal sentimento di insicurezza più generale: esigono una reale presa in considerazione del problema, che è tutto il contrario della demagogia. La domanda sociale evidenzia certe difficoltà, le più frequenti delle quali sono: [·] L ’assenza di risposte per affrontare il fenomeno dei tossicodipendenti più problematici: le vigenti legislazioni in Europa privilegiano il trattamento, compresi i casi in cui l’utilizzo della droga è punito per legge, ma i servizi di cure classici richiedono che i tossicodipendenti dimostrino di essere motivati per curarsi. Occorre sottolineare, in realtà, che gli utilizzatori che causano problemi e disturbi sono appunto quelli che non intendono curarsi. [·] L a carenza di informazioni sulla dipendenza e il traffico di stupefacenti: i cittadini che subiscono disturbi legati alle droghe esigono risposte immediate e valide, siano esse repressive o sanitarie. Invece, è risaputo che né il trattamento della dipendenza, né la lotta al traffico di stupefacenti possono contare su risultati immediati e sistematici. La tossicodipendenza non è una malattia, che si può

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curare come la tubercolosi, con un semplice ricovero in ospedale. Lo stesso vale per la lotta al traffico di stupefacenti. L’uso e il traffico non possono essere risolti in modo definitivo. Richiedono una mobilitazione costante, con risultati necessariamente parziali. [·] I servizi seguono ciascuno una loro propria logica: non c’è una coerenza assoluta tra i servizi delle forze dell’ordine, della giustizia e delle cure. Tale assenza di coerenza è immediatamente visibile: per soddisfare la domanda della società, i servizi di polizia fermano gli utilizzatori di droga che trovano in strada. Tuttavia, i cittadini constatano che, prima o poi, i tossicodipendenti ritornano in strada, anche quando il magistrato ha emesso un’ingiunzione o l’obbligo di farsi curare. Tanto la repressione, quanto le cure possono essere considerati inefficaci, o quantomeno impotenti. Quando la domanda della società non viene soddisfatta, si nota una propensione a rimettere in discussione i servizi, e i conflitti tra gli abitanti di un quartiere e gli utilizzatori di droga assumono toni più esasperati. Tali conflitti sono aggravati dalle difficoltà dei rapporti intergenerazionali, dei rapporti con le minoranze o con gruppi di popolazione in situazione di grande esclusione. Per rispondere veramente alla domanda sociale, occorre un dialogo rinnovato tra gli amministratori e i loro concittadini, dialogo che deve poggiare su presupposti ormai ben noti a noi tutti. Sappiamo infatti tutti che l’abuso della droga è come l’abuso dell’alcol: ha serie conseguenze tanto per la società, che per i singoli utilizzatori. Sappiamo inoltre che non esiste una soluzione miracolosa e che si devono ricercare insieme le risposte maggiormente atte a prendere in considerazione gli interessi e le necessità di ciascuno. 2.2. Competenze territoriali e legittimità degli amministratori

Un primo ostacolo all’azione degli amministratori locali è la ripartizione delle competenze, diversa a seconda dei paesi; è definita in funzione di vari livelli organizzativi, che delimitano le competenze rispettive di ogni singolo territorio (Stato e servizi deconcentrati, regione, città). A parte la lotta contro le droghe, l’attività degli amministratori locali deve prendere in considerazione svariate altre politiche settoriali, quali la sicurezza, la sanità, l’educazione, le politiche abitative e l’urbanistica. In numerosi paesi, la politica in materia di tossicodipendenza è di competenza degli enti territoriali, spesso a livello della regione, come in Spagna, Italia o Belgio, o dei Länder, in Germania. In questi paesi, il margine di manovra degli enti locali è tanto più importante, poiché hanno vaste competenze in materia di sicurezza e/o di politiche sanitarie e sociali. Tali competenze sono suddivise tra le regioni e le città. Nella maggior parte dei casi, tali competenze danno luogo a interazioni tra gli enti locali e lo Stato, sia nel campo sanitario, che in quello della sicurezza. Per esempio,

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la lotta per contrastare il traffico di stupefacenti può essere di competenza dello Stato, mentre la protezione della sicurezza quotidiana può spettare alle autorità locali. Frequentemente, sono di competenza degli enti locali le politiche per la riduzione dei rischi e la prevenzione, mentre le cure e/o la repressione possono dipendere dallo Stato.

nel quale emergono i problemi e conoscono inoltre gli abitanti, le associazioni o i servizi o le strutture incaricati di affrontare la problematica della droga. Sono d’altronde in grado di effettuare una valutazione qualitativa dell’offerta di servizi, determinante per la strategia da attuare.

La politica può inoltre essere condotta a livello nazionale, come per esempio in Francia e in Gran Bretagna, ma il ruolo degli amministratori locali resta molto dissimile tra questi due paesi. Gli amministratori locali partecipano di diritto all’elaborazione di tali politiche in Gran Bretagna, mentre in Francia i programmi locali sono predisposti da un capo progetto designato dallo Stato.

[·] L’efficacia degli interventi dipende dalla coerenza delle azioni condotte dall’insieme dei soggetti, in funzione delle realtà locali. Tradizionalmente, gli obiettivi di salute pubblica e di sicurezza sono visti come antagonistici. Infatti, i servizi incaricati della repressione non hanno la stessa percezione dei problemi di quelli sanitari, senza dimenticare che esistono altresì grandi differenze di percezione tra i medici e gli operatori sociali, tra i medici generici e gli specialisti. Sono del pari diversi i sistemi di giudizio delle forze dell’ordine e dei magistrati, o perfino tra gli stessi magistrati, a seconda che si occupino di minorenni o di adulti. Come prendere in considerazione delle impostazioni che nella maggior parte dei casi si ignorano, quando non sono addirittura conflittuali? Sapere «come» agire, presuppone anzitutto la definizione di obiettivi comuni. Il processo di diagnosi deve consentire di delineare le constatazioni sulle quali si è trovato un consenso e che serviranno da base per elaborare una strategia globale.

Le prime città che si sono impegnate nelle politiche locali sono quelle che avevano maggiori competenze in materia di droga, come è il caso per la Svizzera, la Germania e i Paesi Bassi. Si tratta soprattutto di città che hanno importanti competenze in materia di sicurezza, ma, malgrado le esperienze maturate da una città, resta evidente che gli amministratori locali sono obbligati a negoziare con partner che dipendono da altre autorità, che si tratti dello Stato, delle amministrazioni, o anche delle associazioni del volontariato e che rientrano nell’ambito delle iniziative private. Indipendentemente dalle sue competenze in materia di politica nel campo della droga, l’amministratore locale è stimolato a coinvolgersi sempre di più nelle iniziative per tutta una serie di ragioni: [·] A nche qualora non abbiano autorità sui servizi, gli amministratori locali sono i garanti della sicurezza e della salute dei loro concittadini. I traffici locali di stupefacenti, gli episodi di violenza, la delinquenza, ma anche l’esclusione sociale, le malattie infettive, i rischi per i giovani e le sofferenze per le loro famiglie sono minacce quotidiane che incidono negativamente sui rapporti sociali. L’amministratore locale è pertanto sollecitato, a nome di coloro che rappresenta, a cercare di migliorare il livello di vita, la sanità e la sicurezza dei suoi concittadini. A tal proposito, la questione della lotta contro la droga non può essere trascurata, né sotto il profilo della salute pubblica, né di quello della sicurezza. Per quanto riguarda la salute pubblica, si è acquisita una maggiore consapevolezza dopo la diffusione delle minacce di infezione da HIV, ma le gravi conseguenze sanitarie provocate dall’esclusione dalle cure non si limitano al rischio dell’Aids. Per quanto riguarda la sicurezza, si sono realizzati i primi esperimenti nelle «scene aperte», ossia negli spazi pubblici in cui i tossicodipendenti si ritrovano, consumano e si procurano la droga, ma il senso di insicurezza va ben oltre tali spazi pubblici, e può raddoppiare quando dei tossicodipendenti occupano degli spazi privati, quali le scale di un immobile o un parcheggio. [·] L ’azione per contrastare la tossicodipendenza deve essere adattata alla realtà locale e corrispondere ai bisogni e alle risorse disponibili. Se si vuole agire con efficacia, occorre conoscere la natura dei problemi specifici di ogni città. Il coinvolgimento degli eletti locali è sempre più necessario, dal momento che conoscono il contesto

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L’azione a livello locale richiede in parte la definizione di una metodologia per la risoluzione dei conflitti: in altri termini, occorre che soggetti diversi, la cui visione del problema non segue identiche impostazioni, riescano nondimeno ad agire insieme. Per ottenere l’adesione delle varie parti in causa, è indispensabile la presenza di un animatore. Il sindaco è la persona maggiormente in grado di negoziare tra queste diverse logiche, in nome dell’interesse generale che ha il mandato di difendere. Il sindaco rappresenta l’istituzione legittima destinata a fare da tramite tra i servizi e i suoi concittadini. 2.3. Per un approccio integrato

Se gli enti locali si mostrano alquanto esitanti a impegnarsi in attività di riduzione del danno a favore dei tossicodipendenti, è perché temono le reazioni dei cittadini. Bisognerebbe scegliere tra la decisione di distribuire le siringhe, e quella di «ripulire il quartiere dai tossicodipendenti». Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, tale opposizione semplicistica è lungi dal fare l’unanimità. Gli europei hanno ormai una lunga esperienza della tossicodipendenza e della lotta contro le droghe. La distribuzione di siringhe è stata generalmente accettata dall’opinione pubblica, a partire dal momento in cui i medici ne hanno affermato la necessità per lottare contro l’Aids e le epatiti. Per quanto concerne la lotta al traffico di stupefacenti, i cittadini sono consapevoli del fatto che le operazioni per smantellare una rete di trafficanti e spacciatori sono lunghe e complesse. Nei quartieri, hanno potuto constatare i limiti delle attività di repressione, il cui risultato è spesso quello di cacciare i tossicodipendenti da un quartiere per spingerli in un altro.

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I limiti dell’azione delle forze dell’ordine pongono in evidenza il problema della coesistenza tra persone tossicodipendenti e comunità locale; per esaminare tale questione, si devono prendere in considerazione tutte le dimensioni della situazione. Non si pone negli stessi termini per i minorenni residenti nel quartiere, i drogati emarginati e senza fissa dimora, i giovani che si ritrovano per una festa, un concerto o altro evento festivo, oppure per i casi in cui lo spaccio di droga ha cominciato ad occupare gli spazi pubblici. Gli interventi a favore dei tossicodipendenti all’interno della realtà cittadina modificano le tipologie di prevenzione, di terapia e di repressione:

La problematica dell’utilizzo della droga fa parte dell’insieme dei problemi che devono oggi affrontare le città europee, e non è né più facile, né più difficile da risolvere delle altre questioni sociali. Gli enti locali, integrando la lotta contro la droga nel quadro dei dispositivi di intervento esistenti, si dotano dei mezzi per fronteggiarla: L’esperienza europea dimostra che senza il coinvolgimento degli amministratori locali, non vengono realizzati interventi per la riduzione del danno, oppure hanno un’efficacia limitata, data l’assenza di un ente che gestisca la coerenza delle azioni dei vari servizi. Più l’eletto si impegna, più l’azione sarà incisiva e accettabile, oltre ad essere maggiormente efficace.

[·] P revenzione: grazie a un’informazione sui rischi che comporta la droga, a seconda del suo uso, la prevenzione si estende ai giovani utilizzatori che non richiedono interventi di trattamento; [·] T erapia: i contatti che si riescono a stringere con i tossicodipendenti nel contesto della loro vita quotidiana possono favorire l’accesso alle cure; in caso di ricaduta, possono contribuire a ristabilire il contatto. [·] R epressione: i servizi delle forze dell’ordine e quelli di assistenza socio-sanitaria di base intervengono sullo stesso campo. Come minimo, i servizi di polizia non devono fermare gli utilizzatori di droga quando procurano delle siringhe, ma la cooperazione può anche essere più approfondita. Gli agenti di polizia possono indirizzare i tossicodipendenti fermati verso delle strutture, o possono richiedere certi servizi nei commissariati. L’approccio integrato deve stabilire una coerenza tra la politica contro la droga e le altre politiche settoriali, soprattutto le politiche sociali, abitative, o riabilitative. Quando i tossicodipendenti seguono una terapia di sostituzione, la delinquenza associata all’uso della droga è ridotta in media del 70% nei programmi di mantenimento metadonico (vedi capitolo 6 Valutazione). Non basta però distribuire le siringhe per ridurre i disturbi alla quiete pubblica. La riduzione del danno sociale deve essere una politica volontaria: il programma di distribuzione di siringhe può contribuire a ridurre i disagi nel territorio, se i contatti con i tossicodipendenti forniscono l’occasione per offrire delle cure, se il drogato, affiancato dall’equipe, può avere accesso a un alloggio o a un dispositivo di reinserimento. A Francoforte, gli utilizzatori di droga accolti in uno stabilimento dismesso possono lavorare poche ore al giorno o a tempo pieno, come baristi, o in cucina, per preparare i pranzi, o per ristrutturare le camere in cui sono ospitati. Nel corso del periodo di stabilizzazione, possono usufruire di formazioni professionali, grazie a convenzioni stipulate con aziende.

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3.1. Il multipartenariato, una necessità per l’azione

03

La prima tappa dell’azione è individuare le possibilità di partnership e costruire il partenariato; i partner devono contribuire ad effettuare la diagnosi locale ed è con loro che devono essere discussi e negoziati gli obiettivi e le priorità. Per avviare l’azione, il comune deve:

La costruzione del partenariato

··························································

[·] Individuare gli attori interessati: deve trattarsi di soggetti che hanno sviluppato relazioni con gli utilizzatori di droga, o perché rientra nell’ambito della loro missione, oppure perché è una loro scelta o sono di fatto obbligati ad affrontare il problema. [·] Costruire il partenariato: il comune deve decidere quali attori riunire, a che livello di responsabilità e di rapporto con la questione della droga. Il partenariato evolve a ogni tappa dell’azione: la diagnosi della situazione può fare emergere nuovi attori. Il processo decisionale e l’attuazione non si rivolgono agli stessi soggetti. Dei gruppi di lavoro specifici possono rivelarsi necessari su obiettivi precisi: la prevenzione della recidiva, l’accesso a strutture di accoglienza, la protezione delle madri e dei bambini. Alcuni di tali attori saranno associati a una determinata tappa dell’azione, mentre altri potranno essere integrati al dispositivo. La costruzione del partenariato rientra in una strategia finalizzata al cambiamento: fare sedere gli attori locali intorno un tavolo di confronto, significa ascoltare il punto di vista di ciascuno. Ogni servizio diventa in tal modo consapevole dell’impatto dei suoi interventi sugli altri servizi. Quando un servizio di cure è obbligato a escludere un tossicodipendente che per esempio ha avuto un comportamento violento, l’esclusione ne può compromettere l’alloggio: i servizi sociali non hanno più possibilità di intervento. Quando i servizi di polizia deferiscono alla giustizia un tossicodipendente sottoposto a un programma terapeutico ambulatoriale, la sua cura o il suo progetto riabilitativo si interrompono. Gli operatori socio-professionali hanno in questo caso l’impressione di avere perso il loro tempo. La recidiva diventa pertanto molto più probabile. Le conseguenze dell’esclusione dal trattamento incidono negativamente in primo luogo sul tossicodipendente stesso. La sua salute è minacciata, poiché è chiaramente dimostrato che la cura riduce significativamente la mortalità, fino al 70%, (vedi Capitolo 6 - Valutazione). L’esclusione dalle cure ha poi un’incidenza negativa sui residenti del quartiere, poiché sono proprio questi tossicodipendenti che si ritrovano a vagabondare per strada. Il partenariato organizzato in ambito comunale introduce un nuovo attore, il cittadino, rappresentato dall’amministratore locale. Quest’ultimo impone ai servizi di prendere in considerazione l’interesse generale, comprendente sia quello dei residenti, che quello dei tossicodipendenti.

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Nei casi in cui il partenariato funziona bene, gli attori coinvolti avviano un processo di mutuo apprendimento: imparano a conoscere il funzionamento degli altri, riescono a elaborare una diagnosi comune delle difficoltà, ricercano insieme i mezzi per porvi rimedio. Ciò nonostante, per ottenere tale risultato, occorre una ferma e decisa volontà politica, data la tendenza naturale dei vari enti di funzionare in modo a sé stante. Riunire fin dall’inizio tutti gli attori istituzionali, significa assumere il rischio di un funzionamento puramente formale. È in tal senso che la costruzione del partenariato implica delle scelte: per dare impulso all’azione locale, il sindaco deve decidere quali attori debbano necessariamente partecipare al processo fin dalla fase iniziale, e quali altri debbano essere sollecitati in seguito, su alcuni obiettivi precisi. Un’altra questione esige una scelta iniziale: il comune deve infatti decidere se mettere in presenza gli attori in conflitto o se trattare i conflitti in una fase ulteriore. Il comune è pronto ad affrontare le difficoltà, o preferisce invece eluderle? Le scelte sono equilibrate, in funzione dell’interesse generale, oppure ubbidiscono a logiche di parte? Ecco gli interrogativi che si pongono gli operatori, i militanti delle associazioni, i residenti. La credibilità del dispositivo dipende dall’impegno dimostrato dal comune, che si manifesta in primo luogo attraverso le scelte operate. La costruzione del partenariato richiede un importante investimento, ma l’efficacia dell’azione esige che venga affrontata la questione della complessità dei sistemi di intervento. Ciascuno dei partner detiene un tipo di informazione sulla situazione e ha maturato una propria competenza, legata alla propria sfera di intervento. È grazie allo scambio di esperienze di ciascun partner che potranno essere elaborate le nuove conoscenze e le nuove competenze adattate al contesto locale. 3.2. I servizi e le associazioni che operano a favore degli utilizzatori di droga

Qualunque sia il contesto, tra i principali attori che operano a favore dei tossicodipendenti si devono necessariamente citare: [·] I servizi di repressione: in primo luogo, i servizi delle forze dell’ordine, che forniscono un’assistenza di base sul territorio. Sono servizi più o meno numerosi, più o meno compartimentati. I servizi specializzati nella lotta contro il traffico di stupefacenti molto spesso dipendono da autorità o da livelli gerarchici diversi da quelli della polizia urbana. Una politica integrata implica di prendere in considerazione l’articolazione tra la giustizia e la polizia, che si rivela spesso problematica. La partecipazione dei magistrati, dei servizi giudiziari, o dei servizi per la protezione dei minori può rivelarsi necessaria fin dall’inizio, o richiedere un’azione specifica, a seconda del tipo di problema, di come è radicato nelle realtà locali, della sensibilizzazione.

inoltre essere presi in carico nell’ambito di dispositivi più generalisti, quali l’ospedale, l’ospedale psichiatrico, le reti dei medici di base e dei farmacisti. L’offerta di cure può anche rientrare nell’ambito di iniziative private. [·] I rapporti tra gli specialisti e i generalisti, tra le iniziative pubbliche e quelle private, o tra le attività terapeutiche e quelle per la riduzione del danno possono essere sereni, o conflittuali, a seconda delle situazioni locali. Dei servizi non specializzati, ma posti di fronte al problema dei drogati, come per esempio i servizi di pronto soccorso degli ospedali, possono essere degli attori chiave. D’altronde, possono anche essere gli unici servizi con cui sono in contatto i tossicodipendenti che non hanno accesso ai servizi terapeutici. [·] Gli operatori professionali o appartenenti alla società civile che conducono attività a favore degli utilizzatori di droga: la partecipazione di persone che hanno instaurato dei rapporti personali con gli utilizzatori di droga può svolgere un ruolo determinante nel quadro di un dispositivo locale. Si rivela tanto più preziosa, poiché è difficilmente ipotizzabile una partecipazione degli utilizzatori di droga (vedi Capitolo 3.4.). Molto spesso si tratta delle equipe di operatori di strada (outreach) che svolgono attività di riduzione del danno, quando tali servizi esistono nella città, oppure attività di prevenzione nel corso di eventi festivi, o si tratta di iniziative attivate da associazioni di lotta contro l’Aids, o che operano nel settore umanitario, o da associazioni di genitori di allievi. [·] I servizi e le strutture che di fatto sono chiamati ad affrontare il problema degli utilizzatori di droga: a seconda dei luoghi, possono essere servizi di assistenza sociale, strutture abitative o di assistenza per un alloggio sociale, impianti sportivi, istituti scolastici, club per la prevenzione (educatori di strada), servizi per gli ex detenuti, ecc. [·] I servizi destinati ai giovani devono essere integrati nei partenariati, anche se non sono stati constatati casi di droga. La partnership consentirà alle figure professionali o alle associazioni del volontariato di individuare i comportamenti a rischio e di fornire assistenza ai giovani in difficoltà nel modo più tempestivo possibile. Nelle cittadine, oppure nelle città in cui la presenza della droga è ancora recente, pochi attori sono in relazione con i tossicodipendenti di un determinato territorio. In mancanza di servizi specifici, alcune persone possono impegnarsi individualmente per apportare sostegno e assistenza. Tali soggetti devono essere individuati chiaramente e integrati nel processo. Nelle grandi città, invece, sono numerosi i partner in contatto con gli utilizzatori di droga. Nella maggior parte dei casi, esistono già dei coordinamenti che possono raggruppare alcuni degli attori, per esempio i professionisti sanitari o l’insieme dei servizi per la repressione. I coordinamenti devono essere associati al dispositivo comunale, che deve però comprendere anche gli operatori di strada.

[·] I servizi di cure per gli utilizzatori di droga: i servizi specializzati di cure ai tossicodipendenti costituiscono i partner indispensabili. I tossicodipendenti possono

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3.3. La partecipazione degli abitanti

...... 3.3.1. Le sfide della partecipazione In materia di droga, la partecipazione degli abitanti soddisfa le stesse esigenze di tutte le politiche locali a favore dell’insieme della popolazione: [·] D eve ripristinare la fiducia nei confronti delle autorità e dei servizi pubblici: nell’integrare gli abitanti ai dispositivi predisposti, le autorità dimostrano di prendere in considerazione la loro esigenza di sicurezza. Gli abitanti imparano a conoscere in modo più preciso il funzionamento dei servizi. Sono meglio informati sulle realtà delle problematiche, e pertanto maggiormente in grado di comprendere i limiti della sfera di intervento dei servizi. [·] L a partecipazione degli abitanti deve contribuire a favorire la coesione sociale: gli abitanti che contribuiscono a ricercare delle risposte alle problematiche vissute dalla città diventano maggiormente consapevoli del fatto che non esistono soluzioni semplici, che non è né auspicabile, né possibile incarcerare tutti gli utilizzatori di droga non in trattamento. Sono così spinti a definire il posto dei tossicodipendenti nello spazio urbano. La partecipazione deve permettere di disinnescare i conflitti con i tossicodipendenti, spesso aggravati da conflitti intergenerazionali, con le minoranze, o perfino su micro territori locali, conflitti di vicinato. [·] N el modificare i rapporti con i responsabili politici, la partecipazione degli abitanti modifica il ruolo del cittadino nella città: da soggetto passivo, diventa un protagonista. Le decisioni politiche non vengono più imposte dall’esterno. Le strategie locali sono il frutto di una negoziazione che dà al cittadino lo status di «co-realizzatore» dell’azione locale. La partecipazione degli abitanti svolge inoltre una funzione specifica per la politica in materia di droga: le risposte all’uso della droga diventano comunitarie. Vale la pena di sottolineare che è proprio a livello della comunità nella sua integralità che si devono ricercare le risposte per fronteggiare l’abuso di stupefacenti. Spetta alla comunità determinare quanto vuole tollerare. Spetta inoltre ad essa determinare i limiti dell’azione collettiva. La partecipazione rende consapevoli del fatto che la comunità, comprendente tutti quanti vivono insieme, è in grado di esercitare un controllo sui comportamenti devianti, quali la tossicodipendenza, malgrado la sua fama di sfuggire ad ogni controllo. Le scelte, discusse collettivamente, richiedono una negoziazione tra gli interessi degli uni e degli altri, tra la tutela della sicurezza e il rispetto delle libertà individuali.

[·] Quando la partecipazione è voluta dai responsabili politici, è sempre molto difficile da organizzare. Infatti gli abitanti, quando vengono sollecitati, restano passivi. [·] Quando invece sono gli abitanti stessi a mobilitarsi spontaneamente, spesso gli amministratori locali si mostrano reticenti ad integrarli nel dispositivo delle politiche comunali. Si tratta di un paradosso solo in apparenza: la partecipazione stimola la responsabilità politica del cittadino. È una dimostrazione di fiducia nei confronti delle istituzioni e dei politici. Il cittadino che protesta contro i disturbi causati dai tossicodipendenti chiede che venga garantita la sua sicurezza. Lo richiede con tanta maggiore veemenza, poiché ha perso ogni fiducia nei servizi e nei politici: ha la sensazione che la polizia non faccia il proprio lavoro, che i servizi di cure siano impotenti, che i politici siano indifferenti. Il fatto di partecipare implica un’adesione all’impostazione proposta dai responsabili politici. La partecipazione degli abitanti richiede che venga ripristinata la fiducia, ma ciò avverrà tramite un processo, non è una pre-condizione. La partecipazione impone un cambiamento delle rappresentazioni collettive. Non sono solo gli abitanti a dovere cambiare, sono anche le autorità locali e i servizi. Gli abitanti sono considerati spesso e volentieri un ostacolo a una politica razionale ed equa: i loro timori vengono giudicati irrazionali, si ritiene che le loro posizioni siano dettate da pregiudizi razziali e discriminatori, si pensa che vogliano imporre il loro interesse individuale sull’interesse generale. Rappresentazioni di questo tipo trascurano il fatto che gli abitanti, compresi i più propensi alle proteste, hanno un atteggiamento ambivalente di fronte al problema della tossicodipendenza. Le indagini condotte in vari paesi d’Europa sulle opinioni della popolazione dimostrano che una grandissima maggioranza di europei è persuasa che il carcere non costituisca la risposta adeguata all’abuso di stupefacenti. L’utilizzatore di droga non è più un essere puramente immaginario, è una persona ben reale, spesso un giovane che si conosce fin dall’infanzia. Gli abitanti non costituiscono un gruppo omogeneo. I più svantaggiati, gli stranieri su cui corrono voci ingiuriose, i giovani, le famiglie, sono raramente rappresentati, mentre sono talvolta proprio loro ad avere rapporti quotidiani con degli utilizzatori di droga. Nel quadro del progetto Democrazia, Città e Droghe, la rete T3E-UK ha realizzato una guida sul coinvolgimento delle minoranze etniche nei partenariati. Questo progetto ha inoltre consentito di porre in luce le attività specifiche a vantaggio della popolazione rom e condotte dalla città di Praga nel quadro della sua strategia comunale in materia di lotta alla tossicodipendenza.4

...... 3.3.2. Ristabilire la fiducia, un processo La partecipazione degli abitanti è un obiettivo frequentemente affermato nell’ambito della politica in materia di droga, come pure di molte altre politiche urbane. Per il fenomeno della droga, tuttavia, si assiste a un paradosso:

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(4) L a guida elaborata da T3E-UK e gli elementi relativi alla politica della città di Praga sono disponibili sul sito www.democitydrug.org

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Un’indagine condotta in Svizzera ha posto in risalto il fatto che gli abitanti più propensi a protestare sono quelli residenti nel centro città e non i più svantaggiati. Le organizzazioni di categoria dei commercianti offrono un ambito di protesta di cui non dispongono gli abitanti dei quartieri svantaggiati. Il che non significa che gli abitanti dei quartieri sensibili non subiscono le conseguenze della tossicodipendenza e del traffico di stupefacenti, ma piuttosto che si sentono meno legittimati a protestare, meno pronti ad organizzarsi, e soprattutto che l’utilizzatore di droga non è per loro un essere immaginario, può essere il figlio di una vicina, un cugino. L’esperienza dimostra che più si prendono in considerazione gli interessi degli abitanti, più questi ultimi sono in grado di ricercare delle risposte eque, che rispettino le esigenze di ciascuno. ...... 3.3.3. Le varie forme di partecipazione Gli abitanti possono essere più o meno integrati nel dispositivo. L’informazione, la consultazione, la gestione delle situazioni conflittuali possono essere organizzate nell’ambito del quartiere, del comune. Gli abitanti rappresentati dalle associazioni possono anch’essi partecipare al dispositivo comunale. Le associazioni di abitanti che partecipano al dispositivo devono essere rappresentative dei vari approcci seguiti per affrontare il problema. Possono o meno subire direttamente il fenomeno, come nel caso di un’associazione di residenti, un’associazione di quartiere. Devono essere conosciute nel quartiere o nel comune per le loro attività. La credibilità del dispositivo dipende in gran parte dalla credibilità delle associazioni di abitanti. Può rivelarsi utile sollecitare dei soggetti che possano esprimere un’opinione particolare, come per esempio i giovani, le famiglie di tossicodipendenti, le persone di origine straniera. Delle regole contrattuali di dialogo devono essere elaborate tra il dispositivo di partenariato e gli abitanti. Un organo istituzionale può essere incaricato dell’articolazione dei rapporti. Il tipo di coinvolgimento degli abitanti nel processo dipende dalle tradizioni di partecipazione dei cittadini, dai tipi di rapporto tra gli amministratori locali e i loro concittadini, dal contesto politico. Nell’Europa del Nord, per esempio, i cittadini partecipano molto attivamente alla difesa del loro quadro di vita; la negoziazione deve essere una regola di condotta. Nei Paesi Bassi, la città di Amsterdam non ha esitato a costituire un tavolo che riuniva un’associazione di residenti e dei commercianti del quartiere della stazione e dei tossicodipendenti, rappresentati per l’occasione da un’associazione finanziata dal comune. Le trattative condotte in tal modo alla fine degli anni ’70 hanno portato alla creazione di un bus appositamente allestito per la distribuzione del metadone, attività che ha prefigurato le azioni di riduzione del danno portate avanti attualmente.

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Le modalità di partecipazione dipendono inoltre dalla tipologia dei gruppi di popolazione coinvolti nel dibattito sulla droga. Gli abitanti che protestano contro la creazione di un servizio di accoglienza per tossicodipendenti nella loro strada difendono i loro interessi particolari nella logica descritta come «la sindrome del NYMBY» (not in my Backyard) (non nel mio cortile). Al di là degli interessi specifici, le associazioni che si mobilitano e si oppongono lo fanno talvolta anche a causa di certe rappresentazioni che esulano dalla problematica della droga, e che riguardano il modo in cui viene percepito il potere politico, il ruolo del cittadino e la coesistenza di gruppi sociali diversi. Ricucire il legame sociale, prima sfida dell’approccio partenariale, significa in primo luogo riconoscere la pluralità delle opinioni. È la condizione indispensabile per ottenere un consenso sufficiente per potere poi agire insieme. Allorquando la negoziazione è condotta in modo rigoroso, e viene riconosciuto il punto di vista di tutti, può aprire la via a sperimentazioni che forse in altre circostanze sarebbero ritenute inaccettabili dall’opinione pubblica. 3.4. La partecipazione degli utilizzatori di droga

I soggetti maggiormente «interessati» sono evidentemente gli utilizzatori di sostanze stupefacenti, eppure la loro partecipazione alle attività condotte a loro favore sembra a priori difficilmente ipotizzabile. Nelle rappresentazioni sociali, il tossicodipendente è visto come una persona che ha perso il controllo di sé e delle proprie azioni, per quanto spesso i drogati dimostrino di sapere assumere le proprie responsabilità per proteggere la propria salute. Di fronte alla minaccia dell’Aids, le azioni di riduzione del danno li hanno resi consapevoli e in grado di scegliere tra l’utilizzo di siringhe sterili, la rinuncia all’uso per via iniettiva o l’abbandono della droga. Lo dimostra la diminuzione delle contaminazioni da HIV presso la stragrande maggioranza dei tossicodipendenti nei paesi che hanno realizzato delle azioni per la riduzione del danno (vedi capitolo 6.3). Gli utilizzatori che ricorrono all’iniezione sono però quelli che assumono i rischi più seri. I tossicodipendenti, oltre ad essere responsabilizzati individualmente, svolgono spesso altresì un ruolo rilevante nelle attività condotte sul campo in vari modi: [·] Certe attività sono realizzate da associazioni che comprendono utilizzatori di droghe e gruppi cosiddetti di autosupporto (self help). [·] Degli utilizzatori di droga sono stati inoltre integrati nelle équipe dei servizi di riduzione del danno, soprattutto nelle unità di strada (outreach). La collaborazione con gli utilizzatori di droga può inoltre essere semplicemente informale, tramite gli operatori che svolgono un ruolo di mediazione, sia grazie alla loro esperienza personale anteriore, diretta o indiretta, (un parente, per esempio), oppure grazie ai legami di fiducia che hanno saputo stringere. [·] Sono state condotte delle attività sanitarie a livello della comunità, cui partecipano gli operatori e gli utilizzatori di droga. Uso di droghe, servizi di assistenza sanitaria di base e politiche locali | 27


La partecipazione dei tossicodipendenti alle azioni condotte sul campo è indispensabile per stabilire i primi contatti. Per un tossicodipendente, non pone nessuna difficoltà entrare in contatto con un altro utilizzatore di droga, mentre gli operatori esterni devono superare la barriera posta dalle modalità clandestine dell’utilizzo della droga. Di conseguenza, l’alleanza con gli utilizzatori di droga non è soltanto utile per entrare in contatto con altri utilizzatori: è anche necessaria per comprendere quali sono le loro necessità sotto il profilo della tutela della salute. Il tossicodipendente sa quello che consuma, come lo consuma ed è anche consapevole, non foss’altro in modo empirico, dei rischi cui si espone. È l’unico in grado di decidere se utilizzare o meno un preservativo, una siringa sterile, se rinunciare all’iniezione e se accettare un percorso terapeutico. I tossicodipendenti devono essere associati alla diagnosi dei consumi di droghe e dei rischi assunti. Devono essere sollecitati, perché aiutino a definire i loro bisogni. Devono anche essere sollecitati in quanto utenti dei servizi, per aiutare a valutarne la qualità. Restano da determinare le modalità precise della loro partecipazione, definendo in quali fasi del programma e con quale status, formale o informale, verrà sollecitato il loro intervento. Si noti che, mentre è possibile che degli utilizzatori di droga partecipino alle attività a favore della loro salute, è molto più eccezionale che accettino di farsi coinvolgere, in quanto utenti, a dei dispositivi di politica locale. Per molteplici ragioni: [·] I l tossicodipendente si preoccupa meno della riduzione dei disturbi da lui provocati che della protezione della propria salute. Ciò nonostate, è possibile negoziare il rispetto del territorio, in cambio di servizi di cui il tossicodipendente riconosce l’utilità. Nelle strutture di accoglienza, per esempio, è generalmente richiesto tale rispetto dell’ambiente circostante. Il mancato rispetto dell’ambiente può essere considerato un sintomo di cattivo funzionamento del servizio. Lo stesso vale per i programmi di scambi di siringhe, nell’ambito dei quali il tossicodipendente deve impegnarsi a non gettare per terra le siringhe usate. In certi progetti, come quello di Lille, i tossicodipendenti hanno accettato di andare a raccogliere le siringhe del vicinato.5 [·] G li utilizzatori di droga che partecipano alle attività delle associazioni e assumono delle responsabilità sono raramente responsabili dei disturbi alla quiete pubblica. Esistono tuttavia esempi di concertazione, che hanno riunito dei soggetti in conflitto. Alcune città hanno istituito delle mediazioni tra i giovani sospettati di traffico di cannabis e gli adulti. Nel caso delle droghe cosiddette pesanti (eroina, cocaina), tali mediazioni sono più eccezionali. È stata tuttavia condotta un’esperienza in un quartiere ‘caldo’ di Liverpool tra utilizzatori di droga e residenti,

(5) Forum Europeo per la Sicurezza Urbana, Coinvolgimento dei residenti nelle strategie locali di prevenzione e di lotta contro la tossicodipendenza, 1998

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riunitisi in una specie di giuria cittadina, che ha anche affrontato la questione del traffico di stupefacenti. [·] Le associazioni locali comprendenti degli utilizzatori di droga sono rare. Sarebbe del resto auspicabile incoraggiare l’auto-organizzazione degli utilizzatori di droga, ma i rapporti tra le autorità locali e queste piccole associazioni locali devono essere gestiti da un responsabile che conosca i singoli individui, la loro reputazione nel quartiere e il loro comportamento a livello del consumo delle droghe. È importante incoraggiare il coinvolgimento degli utilizzatori, non foss’altro nelle attività che li riguardano, se non è possibile farli partecipare al dispositivo partenariale. Se non si riesce ad ottenere una partecipazione dei tossicodipendenti al partenariato, diverse mediazioni possibili possono essere ipotizzate: [·] Tramite le associazioni in stretto contatto con gli utilizzatori di droga, in un approccio sanitario dell’insieme della comunità (lotta contro l’Aids, la prostituzione) [·] Invitando come esperti le associazioni di utilizzatori di droga esistenti a livello nazionale o in altro luogo, [·] Rivolgendosi ai servizi che hanno organizzato gruppi di rappresentanza o una consultazione dei tossicodipendenti presi in carico. [·] Stimolando azioni partecipative, quali il recupero del degrado delle scale di certi immobili a Lille, effettuato da giovani che seguivano un percorso riabilitativo.

3.5. Forme organizzative, definizione dei compiti, definizione delle responsabilità

...... 3.5.1. Necessità di organizzare un comitato di pilotaggio Tale comitato sarà incaricato di definire le forme organizzative, i compiti e le responsabilità di ciascun soggetto. Necessità di designare un coordinatore: Il coordinamento del partenariato richiede un investimento di tempo, che non può andare ad aggiungersi alla mole normale di lavoro dei servizi. La gestione del partenariato richiede le competenze di un capo progetto. Non si tratta di una funzione puramente tecnica. Il coordinamento sarà tanto più efficace se il coordinatore conosce le logiche dei servizi, oltre che le problematiche. Il comitato di pilotaggio deve individuare le competenze esistenti nel comune e richiedere di essere affiancato dalle competenze mancanti, o per casi singoli, o per una missione di follow-up. Il coordinatore deve avere la capacità di mobilitare i partner. Deve sapere effettuare la sintesi dei lavori svolti. Deve rendere conto delle diverse logiche di ciascuno dei soggetti, senza privilegiare un approccio particolare. Si potrà preferire la soluzione che consiste nell’assumere un responsabile esterno, soprattutto in caso di situazioni conflittuali.

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I suoi compiti devono essere definiti in modo preciso. Occorre per esempio determinare se è incaricato della diagnosi locale, oppure se per questo è necessario rivolgersi a competenze esterne. ...... 3.5.2. Il livello di responsabilità dei partner deve essere definito Si deve distinguere tra il livello decisionale e quello operativo, che richiede l’istituzione di un comitato di follow-up. Un coordinamento non è necessariamente omogeneo: riunire dei decisori e degli operatori che conoscono bene la realtà locale della droga può contribuire a sensibilizzare i soggetti destinati a lavorare insieme. La scelta deve essere fatta ispirandosi a una strategia del cambiamento. I partner devono conoscere quali sono i loro impegni. Devono essere in grado di prendere delle decisioni o di negoziarle con la loro organizzazione. Il tempo dedicato al partenariato deve essere definito.

Nell’ambito di un partenariato locale, rendere conto del proprio operato è un’operazione tanto più delicata, in quanto i vari partner sono a conoscenza delle voci che corrono sulla reputazione degli uni e degli altri. Le diverse rappresentazioni, i conflitti di competenze o di area di intervento territoriale complicano le relazioni tra i servizi. La gestione delle relazioni tra i servizi non è una perdita di tempo: fa parte integrante del progetto stesso. ...... 3.5.4. La questione della leadership Il buon funzionamento del partenariato richiede una leadership la cui autorità sia riconosciuta da tutti. Gli amministratori locali hanno una legittimità democratica, ma le decisioni devono rientrare in un processo che richiede la partecipazione di ciascuno dei partner. Il consenso si deve costruire nel corso di discussioni condotte nell’ambito del partenariato. Il sindaco deve affermare la propria leadership, poiché rappresenta l’interesse generale. La sua leadership è tanto meglio riconosciuta, se il sindaco: [·] Spiega le ragioni del proprio impegno, definisce chiaramente il proprio ruolo

...... 3.5.3. Il comitato di follow-up è incaricato dell’attuazione del progetto sul campo

[·] Affronta la realtà dei problemi: i conflitti devono essere esaminati senza ipocrisie e opportunismi

Questo comitato di follow-up riunisce gli operatori attivi sul campo. Le riunioni sul campo devono essere regolari. Possono essere necessarie delle riunioni giornaliere per garantire un coordinamento efficace.

[·] Fornisce al partenariato i mezzi necessari al suo funzionamento.

Deve essere definita la partecipazione di ogni soggetto. Ognuno deve impegnarsi a rendere conto delle attività, delle difficoltà incontrate, delle evoluzioni constatate. Città come per esempio Saint Gilles, in Belgio, stipulano delle convenzioni chiare, che consentono di stabilire l’impegno di ogni partner.6

L’impegno degli amministratori locali è la condizione sine qua non per il buon funzionamento del partenariato, che non rappresenta un pre-requisito per l’attività, bensì già un primo risultato. Il funzionamento dei servizi e delle associazioni all’interno di una rete deve essere individuato già in quanto attività concreta.

Tale principio, sul quale si basano le attività di partenariato, incontra nella pratica tutta una serie di ostacoli ben individuati. Per le figure professionali, gli operatori, un servizio che non dispone dei mezzi necessari, non può ottenere risultati soddisfacenti. Per il pubblico, però, un servizio che non ottiene buoni risultati è un servizio che non svolge bene il proprio lavoro. Per accettare di rendere conto delle sue difficoltà, la figura professionale deve avvertire che il proprio operato è legittimo: quindi, che non è colpa sua, che semplicemente non ha i mezzi adeguati per svolgere la propria missione. Deve inoltre essere sostenuto dalla sua gerarchia. In un contesto in cui fossero rimessi in discussione i servizi, gli operatori hanno tendenza ad occultare le difficoltà.

(6) Si veda la scheda sul sito www.democitydrug.org

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04

La diagnosi locale7 che viene proposta riguarda in modo specifico i consumi di droga e le loro conseguenze a livello locale. Viene effettuata esaminando il profilo dei consumatori, i prodotti consumati, le tipologie di utilizzo, i rischi, l’accesso al trattamento, le possibilità sociali e giudiziarie, i rapporti con la realtà quotidiana del tossicodipendente: la famiglia, i vicini, la comunità educativa.

La diagnosi locale dei consumi di droga

··························································

4.1. Un’impostazione necessaria

Gli amministratori locali possono essere sollecitati perché: Circolano voci su un presunto traffico di stupefacenti in un determinato quartiere, o in un determinato istituto scolastico, o perfino all’interno di una famiglia Un incidente, un’overdose, un caso psichiatrico hanno fatto scoppiare uno scandalo nel quartiere. Dei tossicodipendenti occupano di notte degli spazi privati, scale, cantine, parcheggi. I problemi che si pongono alle autorità locali sono simili nelle varie città, pur riflettendo realtà locali molto diverse. [·] Le voci che circolano su un quartiere possono essere molto recenti, oppure, invece, il quartiere già da tempo è malfamato. In un istituto scolastico, il ceto sociale e la provenienza geografica degli allievi possono essere relativamente omogenei, oppure si sono creati gruppi con rapporti conflittuali, a scuola o nel quartiere. [·] È a causa di uno scandalo che gli abitanti osano rompere il silenzio sui problemi posti dalla droga nel loro quartiere, oppure il problema della droga non è la causa principale della loro esasperazione. I residenti protestano contro un servizio di pronto soccorso oberato di richieste, o un servizio psichiatrico inaccessibile. [·] I tossicodipendenti di cui si lamentano i residenti del quartiere sono utilizzatori di droga problematici, noti alle istituzioni, oppure si tratta di giovani che non hanno rapporti con i servizi. Nessuno sa in realtà che cosa consumano e quali rischi corrono. Quando un problema si pone in un quartiere, la reazione spontanea è quella di fornire una risposta immediata: quella che pare più efficace è la repressione. Anche nei casi in cui sono ricercate delle risposte socio-sanitarie, rimane forte la tentazione di risparmiarsi la fatica di un’analisi globale dei bisogni e delle risorse. La questione dei (7) Si vedano le seguenti pubblicazioni: SANSFACON Daniel, Guide méthodologique sur le diagnostic des nuisances relatives aux drogues et la prostitution, Centre international pour la prévention de la criminalité, marzo 2006 EMMANUELLI Julien, Contribution à l’évaluation de la politique de réduction des risques, SIAMOIS, Institut de Veille Sanitaire, Tomo 1. novembre 2000 Per gli studi relativi in modo specifico al traffico di droga, alla delinquenza e ai disturbi alla quiete pubblica, si veda la pubblicazione del Forum europeo per la Sicurezza urbana, Approccio locale alla criminalità organizzata, 2000

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giovani tossicodipendenti è l’esempio di una problematica esigente. Le risposte puramente repressive contribuiscono all’esclusione di tali giovani. L’accesso al trattamento solleva un altro interrogativo: che tipi di droghe consumano, in realtà? È necessaria una cura? L’offerta di cure è adattata alle nuove tipologie dei consumi della droga? Numerose iniziative sono suggerite da attori locali che hanno constatato un bisogno specifico. Tuttavia, in assenza di un’analisi globale delle risorse disponibili, tali attori ricercano le risposte in funzione dei mezzi che possono mettere in opera. Tali iniziative, attivate da attori locali, spesso innovative, costituiscono la ricchezza del tessuto sociale locale. Hanno tuttavia anch’esse i loro limiti: [·] I servizi vanno ad aggiungersi ai servizi esistenti, mentre il problema può essere determinato dall’assenza di una coerenza tra i servizi stessi [·] G li operatori mobilitati per risolvere un problema possono essere tentati di sostituirsi ai servizi esistenti, ricorrendo ad esempio, nel campo della sicurezza, a vigilantes, a interventi di pronto soccorso forniti in loco, in mancanza di un accesso all’ospedale, nel campo della sanità, mentre invece un adattamento dei servizi esistenti costituirebbe una politica ben più adeguata. Ogni regione, ogni città e perfino ogni quartiere ha la propria storia in materia di droga. La storia della droga in una città o in un quartiere dipende dal momento in cui è stata introdotta, dal profilo dei suoi utilizzatori e dal modo in cui hanno reagito i residenti. In un determinato luogo, la cocaina è ritenuta una droga riservata ai ceti privilegiati; in un altro, è venduta in strada. Le percezioni, i fattori di protezione, la qualità dei rapporti sociali contribuiscono a formulare la diagnosi. La visibilità del fenomeno è inoltre estremamente variabile a seconda dei territori. Molto spesso, la questione è al centro dei dibattiti tra residenti e figure professionali, poiché i primi denunciano il traffico organizzato e lo spaccio di droga, laddove gli altri vedono anzitutto un problema di coesistenza di generazioni. In numerosi luoghi, il consumo di droga resta invisibile: apparentemente, quindi, non si pone un problema di coesistenza tra gli utilizzatori di droga e il loro contesto di vita quotidiana. I rischi potenziali non sono però meno preoccupanti, ed emergono osservando qui un fallimento scolastico, là un tentativo di suicidio. La diversità delle problematiche rende necessaria una diagnosi precisa della situazione locale, dei bisogni e delle risorse. 4.2. Un’impostazione operativa

La diagnosi locale, pur essendo raccomandata in tutte le politiche urbane, è raramente realizzata. Il primo ostacolo è costituito dalla complessità degli elementi variabili da prendere in considerazione. In materia di droga, la difficoltà è intensificata dal

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carattere clandestino del consumo e del traffico. Eppure, in questi ultimi anni, sono stati realizzati notevoli progressi. Tutti i paesi europei raccolgono informazioni che vengono analizzate annualmente dall’Osservatorio europeo delle droghe. Si tratta di dati nazionali, sempre più uniformizzati. L’accesso all’informazione resta però problematico a livello locale: [·] Le fonti di informazione rimangono sparse e le informazioni non sono uniformizzate. [·] Le principali fonti di informazione sono costituite dalle statistiche realizzate dai servizi, comprendenti tanto quelli di repressione, che di cure. Non sono sufficienti per rispondere alle domande a livello del territorio. [·] Ogni tipologia di problema richiede un approccio specifico: consumi di droga e rischi, traffico, delinquenza e disturbi alla quiete pubblica. Delle ricerche approfondite richiederebbero risorse finanziarie e umane di cui non dispongono le autorità locali; [·] La valutazione delle risorse istituzionali contribuisce a delineare la diagnosi della situazione, ma la valutazione, oltre ad essere complessa, deve affrontare logiche istituzionali che sono spesso fonti di conflitti. Un’analisi precisa della situazione locale deve prendere in considerazione tutte le dimensioni del problema, ma le esigenze della ricerca fondamentale delle cause del fenomeno e delle ricerche operative per sostenere l’azione non sono le stesse. Nel caso delle ricerche operative, quanto occorre, non è conoscere tutto, bensì riunire le informazioni necessarie per prendere le decisioni. Quando si presenta un problema su un territorio, la diagnosi consiste nel: [·] Raccogliere l’informazione esistente [·] Sollecitare l’opinione dei soggetti interessati. La diagnosi locale della situazione porterà a convalidare o a invalidare certe opinioni contradditorie, quali per esempio il profilo degli utilizzatori di droga, considerati dagli uni come degli abitanti del quartiere, dagli altri come degli stranieri o dei vagabondi. Se prendiamo l’esempio dei giovani tossicodipendenti, ci troviamo di fronte a due interrogativi: l’uso della droga da parte di questi giovani richiede una cura della dipendenza? L’offerta di cure è adattata ai nuovi rischi? Sono domande che verranno poste agli operatori in contatto con i giovani del quartiere, medici generici e operatori sociali, specialisti in tossicodipendenza e alle equipe dei servizi di riduzione del danno. È essenziale inoltre conoscere l’opinione degli stessi giovani su tali servizi. L’azione da condurre, o più precisamente l’insieme delle azioni, è scelto in funzione delle ipotesi adottate all’avvio del progetto. Tali ipotesi verranno rivalutate nel corso dello svolgimento del progetto, in funzione dei risultati ottenuti. L’impostazione basata sulla diagnosi accompagna ciascuna delle tappe dell’azione, dalla scelta delle priorità, alla valutazione dei risultati, degli effetti e degli impatti.

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Nelle grandi città europee, numerosi studi sono già stati condotti e il partenariato è stato talvolta avviato in base a una diagnosi anteriore. Basta in tal caso individuare gli indicatori che giustificano le scelte e consentono di seguire l’evoluzione della situazione. È nel corso del progetto che può rivelarsi necessaria una diagnosi più precisa per comprendere una determinata difficoltà, prendere in considerazione nuovi consumi, nuovi rischi, ampliare l’azione rivolgendola a nuove popolazioni.

l’utilizzatore di droga, ciascuno ha la propria esperienza, indispensabile per la diagnosi, senza trascurare le opinioni delle famiglie, degli abitanti, della comunità educativa, degli operatori non specializzati. Ciascuno ha il proprio approccio al problema, che contribuisce all’elaborazione della diagnosi. Tutti partecipano a quanto i sociologi chiamano la “costruzione del problema”, vale a dire il modo in cui la collettività interpreta il fenomeno e ne percepisce le conseguenze.

La conoscenza della situazione locale diventa più precisa man mano che si sviluppano le azioni. Anche la conoscenza delle popolazioni si ottiene portando avanti l’azione. Infatti, è grazie alla presenza delle unità di strada nel corso di una festa, per esempio, che è stato possibile conoscere il profilo e i rischi dell’utilizzazione di natura ricreativa e festiva. Nel contempo, è stato necessario accogliere dei drogati senza esigere che accettino un programma di disintossicazione per misurare le ripercussioni dell’esclusione dalle cure. La verifica delle azioni realizzate permette di determinare se è necessario uno studio complementare nel corso del programma.

La prima fonte di informazione in un dispositivo partenariale, è l’esperienza di ciascuno dei partner. È la loro analisi della situazione: quali problemi solleva la presa in carico o meno dei tossicomani? Che cosa pensano dei servizi offerti? Che rapporti hanno con gli altri partner delle iniziative? Che problemi non sono risolti? Quali soggetti detengono una parte di queste competenze nella città? Di quali informazioni si sente la mancanza?

La metodologia deve essere flessibile, deve potersi adattare al territorio. Deve essere rapida. La valutazione iniziale deve servire a informare i partner, presentando una tabella sintetica delle conoscenze su un determinato territorio. Deve riunire degli indicatori che dimostrino l’evoluzione della situazione man mano che viene realizzata l’azione. 4.3. Una diagnosi condivisa

Prendere in considerazione tutte le dimensioni nella loro globalità, essere tempestivi e flessibili, sono esigenze che a prima vista possono sembrare contradditorie. Il partenariato offre un ambito di lavoro in cui le varie opinioni possono essere prese in considerazione. Confrontare i punti di vista è indispensabile per ottenere una conoscenza locale dei consumi di droga. Certe città, come La Spezia8 in Italia, hanno realizzato delle diagnosi condivise dall’insieme degli attori interessati, grazie alle quali è stato possibile elaborare un rapporto contente la totalità dei dati raccolti. A priori, si potrebbe pensare che per abbandonare le visioni utopistiche e toccare con mano la realtà obiettiva occorra evitare di prendere in esame i pareri degli individui, ma nulla è più lontano dalla realtà. Si deve notare, invece, che è grazie al confronto delle opinioni degli attori che si può sperare di riuscire a comprendere le varie sfaccettature del problema. L’uso della droga non è spiegato da un’unica verità. I punti di vista non coincidono tutti: il medico generico, l’agente di polizia,

L’analisi delle statistiche dei servizi implica la partecipazione delle figure professionali dei servizi: sono le uniche in grado di indicare se l’aumento o il calo del numero di persone fermate o di pazienti in trattamento è dovuto a un cambiamento dei mezzi messi in opera, oppure se rispecchia un cambiamento della situazione locale. La valutazione delle risorse istituzionali richiede una partecipazione ancora più attiva delle figure professionali. Occupano infatti la posizione idonea per conoscere i limiti delle loro attività. Talvolta può essere necessario ricorrere ad audit esterni, in particolare in casi di gravi carenze di funzionamento, ma per individuare le risorse disponibili nel servizio, nonché gli ostacoli per avere accesso ad altri servizi, la conoscenza dei professionisti è indispensabile. Quando le associazioni di residenti partecipano alla diagnosi, esprimono le esperienze quotidiane degli abitanti. Hanno spinto i pubblici poteri e i servizi a prendere in considerazione quei comportamenti che alimentano il loro senso di insicurezza. Queste associazioni sono inoltre portate a comprendere il funzionamento dei servizi, i limiti della repressione, le difficoltà di accesso al trattamento, l’utilità di potenziare l’offerta di servizi. Il partenariato è tanto necessario per analizzare la situazione, quanto per predisporre l’azione. La diagnosi condivisa è la condizione necessaria perché le azioni siano accettabili dalle parti interessate e perché gli operatori aderiscano ai nuovi obiettivi. 4.4. Diagnosi preliminare e definizione degli obiettivi

Il confronto dei punti di vista dei soggetti interessati deve portare a una diagnosi preliminare, che ha lo scopo di individuare: [·] I temi per i quali esiste un consenso tra i partner e quelli che accendono i dibattiti

(8) Si veda la scheda sul sito www.democitydrug.org

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[·] Gli elementi conosciuti e quelli che richiedono un’indagine approfondita o un complemento di indagine, sia presso i tossicodipendenti, che nel contesto in cui vivono.

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Gli obiettivi della diagnosi saranno definiti sulla base di questa diagnosi preliminare. La conoscenza del fenomeno non è statica, si accresce in funzione delle attività e delle ricerche già condotte.

richiedono un investimento importante, giustificato nelle grandi città per capitalizzare l’esperienza acquisita. Spesso, è nel corso del processo che tali strumenti si rivelano necessari. È vero anche per i sondaggi di opinioni o per le indagini epidemiologiche.

Quando sono limitate le conoscenze sugli utilizzatori di droga della città, la diagnosi locale deve prefiggersi ambizioni più modeste. Il suo obiettivo deve essere operativo: individuare le risorse in funzione delle necessità, per esempio:

[·] Quando occorre trattare l’informazione già esistente nei servizi, le competenze richieste partecipano alla gestione del progetto. Il coordinatore del partenariato può essere in grado di raccogliere le informazioni.

[·] ndividuare le popolazioni che devono essere il target privilegiato degli interventi

[·] Quando si rivelano necessarie delle ricerche complementari, bisogna avvalersi di competenze specifiche: esperti, studio di consulenti esterni.

[·] I ndividuare l’offerta di servizi che permettono di entrare in contatto con i tossicodipendenti [·] I ndividuare i soggetti che si trovano a dovere affrontare i tossicodipendenti problematici: residenti, reparti di ospedali, servizi comunali; occorre delineare una tipologia dei comportamenti violenti o che sconfinano nella delinquenza. Il risultato della diagnosi preliminare può portare a: [·] C reare strumenti che consentano di approfondire la conoscenza del problema, per esempio: >> Istituzione di un’unità di strada (outreach) che intervenga nelle vie cittadine, negli squat, nei luoghi di ritrovo dei tossicodipendenti e che possa indicare i rischi e le necessità. >> Istituzione di un’equipe di mediazione, che possa intervenire su richiesta degli abitanti. [·] Analizzare dati statistici o frutto delle osservazioni nei servizi: >> Raccolta e analisi delle denunce e delle lagnanze >> Analisi delle situazioni che hanno richiesto l’intervento dei servizi di emergenza [·] Creare dispositivi comprendenti l’insieme dei dati, per esempio: >> Osservatorio locale dei consumi di droga

[·] Si possono stipulare delle convenzioni con vari organismi di ricerca, nazionali o regionali, con Università, istituti di formazione professionale (assistenti sociali, operatori sanitari). [·] L’esperienza anteriore delle città europee è preziosa. Delle competenze utili sono già state acquisite in questo ambito; sono inoltre auspicabili scambi di esperienze, visite di studio in altre città. Charleroi9 in Belgio, ha saputo sviluppare questo tipo di scambi a livello europeo ed avvalersene per le proprie attività. Sarebbe illusorio sperare che il processo di diagnosi possa essere completamente affidato a un consulente esterno, poiché pochi consulenti possono disporre dell’insieme delle competenze necessarie: [·] Competenze generaliste in scienze sociali (sociologia, economia, e in particolare economia sommersa, criminologia) epidemiologia, ricerche nel campo della salute pubblica. [·] Conoscenze specifiche del problema della droga; capacità di instaurare rapporti di fiducia con i tossicodipendenti per un approccio etnografico. [·] Esperienza di valutazioni presso organismi e servizi. [·] Padronanza delle tecniche qualitative, dei colloqui individuali, colloqui di gruppo e del lavoro sul campo.

>> Predisporre un sistema di allerta precoce, per individuare nuove utilizzazioni e nuovi rischi >> Report di controllo delle attività, valutazione degli effetti e impatti, riorientamento delle azioni [·] Indagini relative a temi specifici, per esempio: >> O sservazione qualitativa di un luogo, di una popolazione, o delle interazioni tra i gruppi che la compongono >> Indagine epidemiologica sui comportamenti a rischio >> Studio dei percorsi socio-giudiziari >> Sondaggi di opinioni, indagini di soddisfazione. Gli obiettivi della diagnosi dipendono dai mezzi che possono essere dispiegati: [·] Un sistema di allerta, un osservatorio locale, un report di controllo delle attività,

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(9) Si veda la scheda sul sito www.democitydrug.org

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4.5. Il contesto dell’uso della droga

La raccolta di informazioni relative a un determinato territorio, città o quartiere, deve prendere in considerazione il contesto, definito secondo gli elementi seguenti: ...... 4.5.1. Contesto economico, sociale e culturale del territorio I consumi di droga non hanno le stesse caratteristiche se si verificano in un contesto di disagio economico e sociale, in città colpite dalla crisi industriale, oppure invece in un contesto di sviluppo economico. Le caratteristiche socio-demografiche, le relazioni familiari, la mobilità e le migrazioni incidono sui modi di consumo. Il turismo, le città portuali, le città di frontiera presentano contesti particolari. Hanno inoltre una grande incidenza sulla situazione i percorsi del traffico e dello spaccio di stupefacenti, le sue forme di organizzazione. A livello locale, si possono ugualmente sollecitare delle diagnosi elaborate dalle varie politiche pubbliche che non vertono in modo specifico sulla questione della droga, ma che possono contribuire a comprendere il quadro della situazione: diagnosi sulla sicurezza, sugli alloggi sociali, sugli insuccessi scolastici, sui suicidi di giovani, sulla delinquenza minorile, ecc. ...... 4.5.2. Le caratteristiche nazionali o regionali dei consumi di droga Numerose informazioni sulle droghe sono raccolte in Europa a livello nazionale in 15 centri di informazione, o Punti focali nazionali, raggruppati nella rete REITOX.10 Tali informazioni sono molto spesso raccolte a livello regionale da centri di informazione o centri di ricerca, in grado di valutare la portata del fenomeno e le sue evoluzioni. Tali informazioni comprendono: [·] L’elaborazione delle statistiche fornite dai servizi di repressione e dai servizi sanitari [·] Indagini sui consumi dell’insieme della popolazione [·] R icerche specifiche relative ai modi di consumo, ai rischi, alla salute degli utilizzatori di droga. Alcune di tali ricerche esaminano inoltre la delinquenza associata alla droga, l’organizzazione dello spaccio, la richiesta del carcere per gli utilizzatori. Le indagini nazionali o regionali offrono un quadro che permette di individuare le specificità locali: la mortalità dovuta a overdose è più elevata? Il numero di pazienti seguiti è più elevato, o inferiore? Quali particolarità sotto il profilo dei prodotti consumati, delle confische di droghe?

(10) I nformazione disponibile sul sito dell’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze: www.emcdda.europa.eu

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...... 4.5.3. La storia della droga nel territorio La storia della città di fronte alla droga è un altro dato che aiuta a determinare il contesto nel quale è organizzato il dispositivo comunale. La storia locale determina una parte delle rappresentazioni e percezioni e dei comportamenti, determina inoltre le risorse attuali e, in parte, quelle che potranno essere mobilitate. Nell’Europa occidentale, sono poche le città senza una vecchia storia di droga. Pur essendo talvolta poco conosciuto il percorso preciso dei consumi di droghe illecite, si sa quando il problema è diventato pubblico: un fatto di cronaca, un rave-party o un free-party, uno squat hanno provocato uno scandalo. I mass media locali hanno riportato tale storia. Ci possono essere tracce dei problemi del passato negli uffici degli eletti, degli amministratori degli alloggi sociali, nelle denunce sporte nei commissariati. Conoscere la storia locale, vuol dire conoscere anche le iniziative che sono già state lanciate, i dibattiti che hanno suscitato, oppure l’assenza di dibattiti, i risultati ottenuti, gli insuccessi e le riuscite. Queste tracce che si possono ritrovare - articoli di giornali, resoconti di riunioni comunali, apertura o chiusura di un servizio o di una ONG - devono essere esaminate raffrontandole con le testimonianze dei soggetti interessati. 4.6. Valutazione quantitativa

Quanti sono i tossicodipendenti della città? Quanti sono esclusi dalle cure? Quanti giovani utilizzatori di droghe ricorrono all’iniezione? Quali atti di delinquenza sono associati all’uso delle droghe? Con quale frequenza? Quanti abitanti ne sono vittime? La valutazione quantitativa è al centro del dibattito pubblico. Per tenere una contabilità, occorre sapere che cosa si deve conteggiare. Contabilizzare secondo la tipologia di droga consumata (cannabis, alcol, psicotropici, droghe di sintesi, cocaina, eroina) non indica il numero di utilizzatori problematici sul territorio. Inoltre, un drogato problematico per il quartiere in cui vive non è necessariamente un utilizzatore problematico in termini di salute. La valutazione quantificata non è impossibile, ma richiede che numerosi servizi e ONG siano in contatto con i tossicodipendenti e che la raccolta di informazioni sia affidabile: le statistiche dei servizi di repressione e dei servizi di cure specializzate non sono sufficienti per una valutazione soddisfacente. La valutazione quantitativa richiede che vengano mobilitati mezzi specifici. Numerose grandi città dell’Europa occidentale hanno intrapreso una valutazione del numero di utilizzatori di droga problematici. A partire dalla metà degli anni ‘80 fino ad oggi, sono stati ottenuti notevoli progressi.11 A parte la raccolta delle statistiche ottenute dai singoli servizi, sono utilizzate varie tecniche per elaborare una stima globale degli usi problematici (eroina, cocaina). Per esempio, la tecnica

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cosiddetta del «capture/recapture» è stata utilizzata in numerose città europee.12 L’elaborazione di questa informazione non normalizzata richiede un processo di ricerca. È del pari possibile valutare il numero di tossicodipendenti che frequentano una “scena aperta” della città, facendo un raffronto con i dati dei vari servizi che intervengono sul luogo. Oltre ai dati raccolti dalle unità di strada, è necessaria una ricerca complementare sugli utilizzatori che frequentano quel determinato luogo. A Rotterdam, il numero di utilizzatori problematici è valutato intorno alle 700 persone, ma tali dati sono stati raccolti soltanto dopo anni di interventi e di ricerche. La valutazione quantificata non deve essere un requisito preliminare all’azione. È invece indispensabile individuare gli indicatori quantitativi, migliorare la raccolta dei dati e garantirne il monitoraggio nel corso delle azioni. Tutti i dati contribuiscono a migliorare le conoscenze della situazione e a valutare i risultati in modo più adeguato. Le fonti principali di informazione esistenti sono: [·] L e statistiche fornite dai servizi: che si tratti dei servizi delle forze dell’ordine, o di quelli di cura, le statistiche fanno un rendiconto dell’attività dei servizi. L’aumento o la diminuzione da un anno all’altro del numero di persone fermate o di pazienti in trattamento dipende anzitutto dai mezzi assegnati (personale più o meno numeroso), oltre che dalla qualità della raccolta di informazioni. È solo nel caso in cui i mezzi siano costanti che l’evoluzione da un anno all’altro può essere considerata un indicatore dell’evoluzione della situazione. Nei servizi non specializzati, quali gli ospedali e i servizi sociali, può esistere anche una raccolta dei dati sugli utilizzatori di droga che sono stati assistiti, ma le informazioni sono spesso meno precise. Migliorare la raccolta delle informazioni in tali servizi può essere uno degli obiettivi assegnati ai partner. [·] I ndagini relative alle condizioni sanitarie: il contagio da HIV e le epatiti hanno dato luogo a numerosi studi. In Europa occidentale, i rischi dei tossicodipendenti sono inoltre stati studiati (iniezione, “snif”). Le altre patologie sono assai male conosciute. I disturbi psichici sono valutati unicamente in alcuni studi clinici. Le overdose non vengono calcolate nello stesso modo in tutti i paesi. Rendono conto in modo parziale della mortalità. Le altre cause di mortalità sono mal conosciute nella maggior parte dei paesi europei. Indicatori indiretti, quali la vendita di siringhe o di farmaci di sostituzione possono contribuire a realizzare una valutazione quantificata.

ne generale non riguardano i consumi di altre sostanze illecite, troppo clandestini e troppo marginali, quali l’eroina o la cocaina. I dati qualitativi sono necessari per comprendere il significato dell’uso, in particolare per i consumi più clandestini. I dati quantitativi sono indispensabili per analizzare le statistiche dei servizi. Esistono in certi luoghi. Possono essere raccolti nell’ambito di ricerche etnografiche, oppure dalle squadre dei servizi di riduzione del danno, eventualmente con il supporto di ricercatori.13 4.7. Analisi dei bisogni e delle risorse

Quali tossicodipendenti sono in contatto con i servizi? Qual è il loro profilo socio-demografico? Qual è il loro tipo di utilizzo? Quali sono i rischi? Quali sono i servizi offerti? Qual è l’accesso ai servizi? Come valutare la qualità dei servizi? A livello locale, l’informazione esistente è in primo luogo quella fornita dai bilanci annuali di attività dei servizi che intervengono in materia di droga Analizzare l’informazione fornita dai servizi ha una duplice funzione: [·] Riunire e raffrontare le informazioni disponibili sugli utilizzatori conosciuti; individuare le carenze [·] Individuare i servizi resi; individuarne i limiti (difficoltà di accesso al trattamento, domande non prese in considerazione, individuazione delle cause dell’interruzione delle cure, ecc.). Ogni servizio è in contatto con una parte dei consumatori di droghe illecite su un determinato territorio. Tali informazioni su queste popolazioni si possono incrociare solo parzialmente e anche le informazioni sui bisogni sono parziali. Per interpretare queste informazioni, occorre conoscere il funzionamento dei servizi, le loro missioni, le pratiche professionali.

[·] I ndagini dei consumi presso la popolazione generale: nei paesi europei sono condotte numerose indagini sui consumi di alcol, tabacco e cannabis (popolazione generale, giovani che frequentano istituti scolastici). Le indagini presso la popolazio-

Gli utilizzatori di droga sono maggiormente conosciuti nelle città in cui esistono dei servizi di riduzione del danno. Nei quartieri, in occasione di serate festive, le unità di strada entrano in contatto con utilizzatori che non sono conosciuti dagli altri servizi. Nonostante ciò, la loro conoscenza di questa parte della popolazione rimane anche in questo caso piuttosto parziale e dipende dal servizio offerto. Molte questioni restano irrisolte. Per esempio, i programmi di scambi di siringhe sono molto spesso realizzati a favore di utilizzatori di oltre trent’anni. Il che significa che i più giovani hanno rinunciato all’iniezione, oppure che rifiutano di essere identificati come «tossicodipendenti»?

(11) S i veda un’analisi comparativa di città europee: Ruud BLESS, Etude multi-villes, Consiglio d’Europa, Gruppo Pompidou, 2002 [P-PG/Epid (2002)11] (12) Per la Francia, si veda l’Osservatorio francese delle droghe e delle tossicodipendenze- Observatoire Français des Drogues et Toxicomanies, Etude multi-centres Lens, Lille, Marseille, Nice, Toulouse, 2001.

(13) Si veda il dispositivo TREND in Francia: www.ofdt.fr

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I servizi e le associazioni non specializzati nel campo della droga possono entrare in contatto con utenti i cui bisogni non sono stati individuati. Una delle difficoltà è legata al fatto che queste equipe non specializzate non dispongono degli strumenti necessari per fare un censimento dei consumatori di droga. Tali servizi dispongono tuttavia di un’esperienza indispensabile per l’analisi dei bisogni. 4.8. Indagini esplorative complementari

Le indagini esplorative sono condotte dopo un’analisi delle informazioni esistenti e in un lasso di tempo limitato (da poche settimane, a pochi mesi). L’informazione raccolta è di conseguenza parziale. Deve permettere di formulare delle ipotesi di lavoro necessarie per definire gli obiettivi di intervento. Le indagini complementari possono riguardare degli utilizzatori di droga in contatto con servizi o associazioni, per esempio: [·] P rofilo degli utilizzatori che richiedono un servizio di pronto soccorso; motivi della richiesta; risposte fornite; [·] Analisi delle situazioni conflittuali nei servizi (accoglienza, inserimento, attrezzature) [·] P rofilo degli utilizzatori in carcere; motivi della detenzione. Profilo dei recidivi e delle successive detenzioni. Le indagini complementari riguardano soprattutto degli utilizzatori di droga che non sono in carico alle istituzioni, nel loro contesto di vita quotidiano L’impostazione è qualitativa, nel senso che gli investigatori devono essere in grado di stabilire dei rapporti di fiducia con i tossicodipendenti. In questi ultimi anni, tali competenze e conoscenze sono state acquisite nell’ambito di interventi di strada (outreach), condotti sul campo dalle equipe per la riduzione del danno, spesso in collaborazione con dei ricercatori. Le azioni per la prevenzione dell’Aids attuate in contesti molto diversi richiedono di individuare gli strumenti necessari all’allestimento dei servizi: come entrare in contatto con gli utilizzatori di droga? Che servizi soddisfano una particolare domanda? Quali sono le esigenze sanitarie prioritarie? Una metodologia di indagine rapida (rapid assessment) è stata pertanto elaborata sotto l’egida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’ONU-AIDS per la lotta internazionale contro l’Aids.14

La metodologia utilizzata per entrare in contatto con i tossicodipendenti sul territorio si avvale di coloro che vengono definiti gli informatori chiave. Sono considerati informatori chiave coloro che, grazie al compito svolto o alla loro esperienza, possono fornire informazioni precise e documentate sugli utilizzatori di droga di un determinato territorio. Può trattarsi di un medico, o di un educatore, di un volontario di un’associazione, o di un membro della famiglia di un tossicodipendente, di un residente del quartiere, del portinaio di un immobile. Sono soggetti in grado di svolgere un ruolo di mediazione, poiché hanno potuto stringere rapporti privilegiati con dei tossicodipendenti. La qualità delle informazioni raccolte è maggiore se degli utilizzatori di droga sono integrati in questo gruppo degli informatori chiave. Questi informatori chiave possono essere sollecitati per collaborare alla realizzazione di un’analisi della situazione nell’ambito di colloqui individuali o di un gruppo di lavoro. La costituzione di gruppi di lavoro consente di confrontare le analisi dei problemi, le esigenze dei tossicodipendenti, i rapporti con il territorio. Possono inoltre avere ricevuto una formazione per condurre colloqui con i soggetti tossicodipendenti. In tal caso, tali intervistatori possono essere formati per questioni precise, per esempio, relativamente all’accesso al trattamento, alle risposte da fornire in situazioni di crisi, ai rapporti tra tossicodipendenti e residenti del quartiere, all’offerta di servizi corrispondenti a una richiesta dei tossicodipendenti. Gli informatori chiave, se integrati nell’impostazione della diagnosi, potranno successivamente essere associati al monitoraggio delle azioni. 4.9. Dall’analisi locale alla definizione delle priorità

La diagnosi pone sovente in luce: [·] L’assenza di coerenza tra salute pubblica e sicurezza: le forze dell’ordine si ritrovano sole in prima linea per le strade; non sono in grado di orientare i consumatori di droga da loro fermati verso un servizio di trattamento; non ci sono risposte alternative alle cure per gli utilizzatori che non sono dipendenti. Gli utilizzatori di droga che occupano spazi pubblici o privati sono spesso in situazione di grande esclusione; non hanno accesso all’alloggio, né a sistemi di cura. La carenza di risposte medico-sociali al momento dell’uscita dal carcere può contribuire alle ricadute, e, dal punto di vista della legge, facilita la recidiva. Il timore della repressione induce gli utilizzatori a non sollecitare i servizi nei momenti di crisi, per esempio in caso di overdose. Del pari, il timore di una chiusura amministrativa del locale ostacola la prevenzione nei night-club. [·] L’assenza di contatti tra i servizi medici e quelli sociali: dopo il ricovero in un servizio di

(14) Si veda “Rapid Assessment and Responses guides” disponibile sul sito www.who.int

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pronto soccorso, non c’è nessun follow-up. Non ci sono risposte sociali per gli utilizzatori di droga che seguono una cura medica. Non ci sono risposte in situazioni di crisi. [·] L ’assenza di concertazione con i residenti del quartiere, la carenza di informazioni sulle droghe e sulla dipendenza, fa sì che gli abitanti non capiscono perché gli utilizzatori di droga che pongono problemi non siano curati, o in carcere. Ritengono che la sicurezza delle persone più vulnerabili, le persone sole, anziane, disabili, non venga presa in considerazione. Il mancato riconoscimento dei bisogni sociali degli abitanti più svantaggiati fa sì che non capiscono perché i poteri pubblici debbano preoccuparsi dei bisogni dei tossicodipendenti. [·] N on ci sono risposte per i giovani utilizzatori di droga: la difficoltà dipende in gran parte dalle aspettative e dall’estrema varietà di percezioni che hanno le parti interessate, ossia i giovani, la comunità educativa, i servizi di repressione, gli operatori sanitari, le famiglie e i residenti. Lo status della cannabis è al centro del dibattito, mentre spesso l’abuso di alcol è passato sotto silenzio. Il consumo di cannabis è banalizzato per i giovani, pur preoccupando le famiglie. I rischi sono meglio conosciuti da quando delle equipe intervengono nel corso di feste, quali i teknival, ma i comportamenti a rischio sono raramente descritti nel contesto della vita quotidiana, all’interno delle famiglie o nei rapporti con il vicinato. I raggruppamenti di giovani possono provocare conflitti di vicinato, connessi o meno con lo spaccio della droga. Quando sono individuati degli usi problematici, la collaborazione con il sistema sanitario e di cure avviene ancora più difficilmente, poiché non ci sono cure mediche per il poliabuso, che è una combinazione di alcol, farmaci e droghe illecite. Lo stesso vale per le sostanze stupefacenti stimolanti, come la cocaina, di cui si osserva l’aumento nella maggior parte delle città europee. [·] D elle popolazioni particolari non sono assistite, o lo sono solo parzialmente: utilizzatori di droga in situazione di grande esclusione, emigrati, giovani erranti, minorenni, tra cui in particolare ragazze giovanissime, o madri adolescenti. [·] Certi eventi o contesti particolari modificano sia la domanda che l’offerta di droghe: possono essere eventi culturali, festival, concerti, teknival o trasformazioni periodiche del territorio, dovute al turismo (spiagge o sport invernali). La domanda di droghe diventa specifica, esige quindi interventi precisi. Nelle città di frontiera, nei porti, è il transito stesso del traffico della droga che può influenzare la domanda.15 La diagnosi locale non basta a determinare la scelta delle priorità per l’azione locale, che, pur dipendendo da scelte politiche, serve ad individuare la natura dei problemi in funzione delle risorse. Resta da determinare l’importanza relativa di tali problematiche sotto il profilo della sicurezza, della sanità e della coesione sociale.

(15) S i veda la pubblicazione del Forum europeo per la sicurezza urbana, Les parcours transfrontaliers en matière de drogues, 1998

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La costruzione di una strategia locale

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5.1. La presa in considerazione della coesione sociale

[·] I bisogni sociali devono essere presi in considerazione: l’accesso a una struttura di accoglienza può evitare che degli utilizzatori di droga occupino abusivamente luoghi privati di notte. L’inserimento socio-professionale offre una vera alternativa agli utilizzatori emarginati.

Stabilire una gerarchia degli obiettivi in una progettualità locale dipende dall’importanza dei problemi. Sia la sicurezza, che la salute pubblica dispongono di indicatori propri per valutare l’entità del problema. La presa in considerazione della coesione sociale modifica la gerarchia degli obiettivi di ogni settore:

[·] L’accesso alle terapie di sostituzione deve essere agevolato: l’utilizzatore, stabilizzato, ristabilisce rapporti con la famiglia e il suo ambiente.

[·] I l fatto che la delinquenza giovanile provochi un senso di insicurezza che va molto spesso ben oltre la gravità degli atti commessi, dimostra che i rapporti intergenerazionali sono una delle basi su cui deve poggiare la coesione sociale.

[·] Le situazioni particolari devono essere prese in considerazione: giovani incinte, o giovani madri, minoranze, ragazzi o ragazze che si prostituiscono, giovani erranti, senza fissa dimora che occupano abusivamente un alloggio.

[·] L a sanità pubblica definisce le proprie priorità, a partire dai tassi di mortalità e di morbidità. La prevenzione dell’Aids e delle epatiti è una priorità per la salute pubblica, ma l’esclusione dalle cure di una popolazione molto minoritaria può avere conseguenze sociali senza confronto con il numero di persone interessate. Basti pensare in particolare a gravi disturbi psichiatrici o alla grande esclusione. Per le città, è essenziale prendere in considerazione le ripercussioni dei problemi sanitari e di sicurezza sulla coesione sociale. Integrare le politiche in materia di droga in una politica di coesione sociale, vuol dire prendere in considerazione il benessere di tutti, procurare un uguale accesso alle risorse disponibili, tutelare il rispetto della diversità, l’autonomia personale e la partecipazione dei cittadini. Questi vari obiettivi costituiscono altrettanti indicatori di coesione sociale, quali sono stati individuati dal Consiglio d’Europa.16 La presa in considerazione della coesione sociale si è rivelata particolarmente importante nei programmi locali, per risolvere problematiche legate all’occupazione di spazi pubblici. A Oslo, Francoforte, Londra, la lotta alla criminalità e al traffico di stupefacenti è stata rafforzata, ma le risposte repressive sono state affiancate da strategie di azione sociale. Ad Amsterdam, delle alternative di cure e di inserimento sociale sono presentate sistematicamente agli utilizzatori di droga che vengono fermati dalla polizia. A Zurigo, la valutazione dell’azione comunale ha condotto alla stessa conclusione: «Qualsiasi azione isolata delle forze dell’ordine che non sia sostenuta dai servizi di sanità e dai servizi sociali è destinata all’insuccesso». La ricerca dell’equilibrio tra il diritto degli individui e il diritto della comunità si deve negoziare con la partecipazione degli abitanti, mediante il dialogo con i servizi di polizia, ma in modo ancora più lato, sviluppando azioni comunitarie.17

5.2. Obiettivi e indirizzi di intervento

Le attività di riduzione del danno sono di competenza della pubblica sanità. L’obiettivo generale è la tutela della salute dell’utilizzatore. Anche se continua ad utilizzare delle droghe, l’utilizzatore deve avere la possibilità di accedere ai servizi di prevenzione, deve avere la possibilità di farsi curare. Tale obiettivo di salute pubblica può contribuire alla sicurezza e alla coesione sociale, nel senso in cui il rapporto stabilito con l’utilizzatore nel suo stesso contesto di vita consente di favorire il suo reinserimento nel dispositivo istituzionale e nel suo ambiente. La protezione della salute degli utilizzatori è garantita nell’ambito di un approccio che si prefigge obiettivi specifici a ogni singola tappa: [·] Migliorare la conoscenza della situazione: adattare le risposte in materia sanitaria alla realtà dei rischi implica di conoscere il contesto dell’utilizzo della droga, i vari profili degli utilizzatori, i vari rischi, l’interazione tra i bisogni in materia sanitaria e quelli sociali. Un’azione adattata al contesto implica di conoscere le persone e i loro rapporti con il loro ambiente. [·] Migliorare l’offerta di servizi: in funzione delle problematiche, l’azione locale dovrà privilegiare il miglioramento della qualità dell’offerta, lo sviluppo delle competenze delle figure professionali, i legami tra i servizi per creare sinergie tra le risorse, lo sviluppo di un’assistenza organizzata nell’ambito di reti.

Gli obiettivi della coesione sociale devono essere presi in considerazione al momento di predisporre delle azioni per la riduzione del danno:

[·] Sviluppare nuovi servizi a favore degli utilizzatori di droga: questi nuovi servizi si affiancheranno in modo complementare a quelli già esistenti. Sono necessari per tutelare la salute dell’utilizzatore nel suo quadro di vita, o per entrare in contatto con utilizzatori che non accedono alle cure. La sperimentazione di nuove risposte può essere necessaria per soddisfare certi bisogni non coperti.

(16) S i veda la pubblicazione: Consiglio d’Europa, Guida metodologica per l’elaborazione degli indicatori della coesione sociale, 2005 (17) Si vedano le conclusioni di Johnny Connoly, Gruppo Pompidou, Responding to open drug scenes and drug-related crime and public nuisance – Towards a partnership approach, 2006

(18) Scheda disponibile sul sito www.democitydrug.org

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[·] P otenziare la partecipazione e la responsabilizzazione dei soggetti coinvolti: famiglie, giovani, vicini o residenti, volontari delle associazioni, tutti possono contribuire a individuare il problema e a ricercare le risposte. Per esempio, la città di Lubliana (Slovenia) organizza dei seminari di formazione rivolti ai genitori, per aiutarli a gestire i comportamenti a rischio. In ogni dimensione dell’azione, gli obiettivi generali devono tradursi in obiettivi operativi, con target precisi. Le città europee hanno affrontato le “scene aperte”, hanno istituito dei Piani d’azione comunali con obiettivi quantificati per ciascuno degli indirizzi dell’azione: per esempio, porre fine al reclutamento di nuovi utilizzatori nei luoghi pubblici (Oslo), vigilare affinché i quartieri vicini non subiscano le ripercussioni negative dell’azione condotta nel quartiere della stazione (Heerlen), proteggere il contesto scolastico (Vienna), aumentare il numero di utilizzatori che seguono delle terapie (Leeds). Questi obiettivi possono tutti essere valutati mediante indicatori precisi.19 La città di Matosinhos20 (Portogallo) fa partecipare gli abitanti all’elaborazione del Piano d’azione. 5.3. I servizi di riduzione del danno nel contesto locale

A seconda del contesto, una programmazione locale può privilegiare questo o quell’indirizzo di intervento, ma ciascuno di essi esige mezzi propri, che devono essere presi in esame fin dall’inizio di un’attività. Le attività di riduzione del danno condotte dai soggetti della società civile spesso soddisfano degli obiettivi limitati, che dipendono dalle possibilità degli operatori mobilitati: distribuzione di siringhe, accesso alle siringhe, mantenimento dei pazienti in un servizio ospedaliero, responsabilizzazione dell’utilizzatore di droga, aiutandolo ad avvalersi dei suoi diritti, protezione della madre e del bambino. Quando tali attività rientrano in un ambito comunale, devono in primo luogo prevedere lo sviluppo ulteriore dell’azione. Un’unità la cui missione essenziale consiste nell’esplorare il territorio deve essere in grado di proporre alcuni servizi. Ciò le consentirà di entrare in contatto con gli utilizzatori di droga. Nel corso dell’azione sarà in grado di proporre degli strumenti di prevenzione adattati ai rischi. Se deve valutare i disturbi subiti dai residenti, deve essere in grado di portare avanti alcune attività di mediazione. Nel corso dell’azione potrà valutare le ripercussioni sul vicinato dell’uso delle droghe. Se

(19) Connoly, 2006, op. cit. (20) Scheda disponibile sul sito www.democitydrug.org

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accompagnerà gli utilizzatori nei servizi, potrà meglio individuare gli ostacoli che incontrano a livello delle cure. Nel corso dell’azione potranno essere individuati i bisogni sanitari e sociali. I servizi di riduzione del danno sono servizi di assistenza sanitaria di base, definiti ugualmente come “servizi a bassa soglia” (low threshold), poiché sono rivolti agli utilizzatori di droga senza richiedere loro di rinunciare al consumo. Soddisfano dei bisogni immediati di tutela della salute: strumenti di prevenzione adattati ai rischi, secondo la tipologia del consumo (Aids, epatite, rischi di malattie sessualmente trasmissibili), risposte sanitarie di base (cure infermieristiche, risposte sanitarie di pronto soccorso, situazioni di crisi). Secondo il glossario dell’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, gli obiettivi dell’impostazione finalizzata alla riduzione del danno sono quelli di “ridurre il propagarsi delle malattie infettive ricollegabili all’uso delle droghe e alle overdosi, e incoraggiare gli utilizzatori a contattare i servizi socio-sanitari..” I servizi vengono semplicemente proposti all’utilizzatore: spetta a lui la scelta, per l’utilizzo delle droghe, come per il percorso riabilitativo. La sua volontà deve essere rispettata. I servizi devono, come dicono gli Inglesi, essere «user’s friendly», ossia accoglienti e calorosi, prendere in considerazione la singola storia di ogni individuo. Il rispetto del territorio è richiesto come contropartita. Responsabilità e solidarietà sono i termini dello scambio. È stata sperimentata una vasta gamma di servizi: accoglienza di utilizzatori non disintossicati, trattamento della dipendenza, senza richiedere l’astinenza, bus per la distribuzione del metadone nelle vie cittadine. Tali servizi possono comprendere delle sperimentazioni, come la prescrizione di eroina, o l’apertura di sale di iniezione o per il consumo di droghe, proposte in Spagna, Germania, Paesi Bassi. Due tipi di servizi sono in grado di svolgere un ruolo chiave nel dispositivo locale: [·] Le unità di strada - Tali unità, chiamate con termine inglese di outreach, vanno incontro agli utilizzatori di droga non presi in carico dalle istituzioni. Intervengono nel contesto della vita degli utilizzatori, nei quartieri, in strada, negli edifici occupati abusivamente o in occasione di eventi festivi, nei night-club, nei teknival, nei concerti. [·] Le strutture di accoglienza – Offrono una gamma di servizi più o meno ampia a utilizzatori di droga che non accedono ai servizi di trattamento: spazi di riposo e di convivialità, accesso a mezzi di prevenzione, cure infermieristiche, igiene con possibilità di docce, lavabiancheria. Dei progetti di cure e di percorsi riabilitativi possono essere elaborati. Nei dispositivi locali, sono spesso le prime attività condotte, poiché permettono di individuare le esigenze che richiedono l’attivazione di nuovi interventi. Le unità di strada e le strutture di accoglienza possono essere associate in base a varie modalità. Le strutture di accoglienza possono essere più o meno mobili («chill

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out» o aree di riposo nei rave-party e free-party, caravan o pulmino nei quartieri). Sono servizi che possono intervenire di giorno e/o di notte, su un territorio preciso o presso una popolazione particolare. 5.4. L’organizzazione dei servizi in un approccio integrato

L’integrazione degli obiettivi di salute pubblica, di sicurezza e di coesione sociale comporta numerose conseguenze. ...... 5.4.1. Conseguenze a livello dell’offerta di servizi La gamma dei servizi offerti in loco deve essere ben studiata. Per esempio, occorre aprire l’accesso ai diritti sociali in una struttura di accoglienza? Occorre fare una distribuzione quotidiana di un farmaco? L’urgenza del bisogno è uno dei criteri, ma non è l’unico: [·] P er l’utilizzatore di droga, i servizi offerti devono offrirgli la possibilità di entrare in un percorso terapeutico e di reinserimento sociale. Devono contribuire alla sua responsabilizzazione. [·] A ll’interno dei servizi, devono svolgere un ruolo di catena di trasmissione, favorendo l’adattamento e mobilitando le risorse esistenti. Le attività devono essere viste come un passaggio verso dei servizi previsti dai diritti sociali comuni a tutti. La scelta dei servizi offerti in loco o come supporto deve essere studiata in una strategia di accesso alle cure e ai servizi. Di fronte al problema dell’alloggio, una squadra può sollecitare i servizi sociali dei partner e definire con loro a quali condizioni potrebbero essere accettati gli utilizzatori di droga, per esempio se è attivata un’assistenza terapeutica. In assenza di un accesso possibile all’alloggio sociale, può essere necessario istituire un progetto specifico, tipo «sleep in», riservato agli utilizzatori di droga. Tali progetti specifici devono fornire l’occasione di individuare le buone prassi che dovranno poi essere diffuse presso i partner. Gli ostacoli all’accesso alle cure devono essere individuati e indicati ai partner. Certe questioni sono ricorrenti; l’accesso alle cure è particolarmente problematico per:

utilizzatori, le modalità di uso, i rischi, sono in costante evoluzione. L’evoluzione delle situazioni locali richiede un’organizzazione snella, aperta sull’ambiente circostante, in grado di inserirsi in nuovi spazi del territorio e di adattare le risposte ai nuovi tipi di rischio. Gli obiettivi e i mezzi devono essere regolamente rivalutati nel corso del processo, per farli coincidere con le realtà delle evoluzioni. ...... 5.4.2. Conseguenze per il percorso di formazione delle equipe: Le unità inserite nel tessuto locale richiedono competenze pluridisciplinari: conoscenze in materia di usi, rischi, patologie, contesto, cultura della strada, con le sue problematiche sociali locali, capacità di stringere contatti, fornire un sostegno e aiutare a realizzare cambiamenti di comportamento (counselling), capacità di gestire le situazioni di crisi, di garantire un controllo degli atti di delinquenza e dello spaccio di stupefacenti. La mobilitazione delle risorse della città richiede una conoscenza del funzionamento dei servizi. L’equipe deve essere in grado di condurre attività di comunicazione e di mediazione in relazione al territorio in cui opera. La composizione delle equipe deve prendere in considerazione tutte le dimensioni delle attività svolte. Lo scambio di esperienze professionali e di realtà vissute tra persone che conoscono il contesto della droga può contribuire a sviluppare competenze e conoscenze atte a ridurre i rischi. Deve essere ricercata la partecipazione dell’utenza della droga, come pure dei partner e dei membri della comunità locale in un’impostazione a favore della salute dell’insieme della comunità. Le diverse modalità di cooperazione dipendono dal contesto: esperti, reti, volontariato. Nell’ambito del progetto Democrazia, Città e Droghe, la rete T3E-UK ha realizzato una guida relativa al coinvolgimento delle minoranze etniche nei partenariati, che tiene conto inoltre dell’importanza che le equipe siano anche rappresentative delle minoranze etniche.21 La coesione dell’equipe dipende dalla suddivisione delle responsabilità e dall’esperienza di ciascuno, nonché dal perseguimento di comuni obiettivi tesi al cambiamento.

[·] I problemi psichiatrici

La creazione di un’equipe pluridisciplinare richiede che venga accordata un’attenzione particolare a tutti gli elementi che possono contribuire alla sua coesione:

[·] I problemi di alcol, poliassunzioni, combinazioni di vari tipi di sostanze

[·] Tempi di coordinamento: devono essere almeno settimanali. Delle trasmissioni

[·] I problemi dell’uso per via iniettiva [·] L’uso di droghe pesanti, cocaina e altre sostanze stimolanti Le risposte adattate a queste nuove problematiche richiedono il ricorso ad azioni sperimentali. Il processo sperimentale è ancora più necessario perché i profili degli

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(21) Guida disponibile sul sito www.democitydrug.org

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quotidiane di informazioni sono inoltre indispensabili per i soggetti che intervengono nello stesso settore

[·] Controllo: sostegno all’equipe, sviluppo delle competenze, gestione dei conflitti

Questi vari compiti sono spesso sottovalutati nei servizi di assistenza sanitaria di base, in parte perché i primi progetti sono in molti casi stati attivati da volontari, molto sovente senza qualifiche professionali, soprattutto se provenienti dal contesto stesso, (utilizzatori o ex utilizzatori, o appartenenti al loro nucleo familiare), ma il successo dell’azione, in particolare sul lungo periodo, richiede un’organizzazione identica a quella di qualsiasi altro servizio:

[·] F ormazione: i training devono contribuire ad ottenere una cultura comune sulle questioni riguardanti il fenomeno droga. Forniranno inoltre l’occasione di scambi di esperienze...

[·] Le responsabilità devono essere definite. Le risorse materiali e umane devono corrispondere ai compiti da svolgere. Possono essere proprie dell’equipe, o essere richieste presso squadre associate all’azione.

Le buone prassi devono essere individuate. Devono essere sostenute e valorizzate (Vedi esempi 6 e 8).

[·] Gli obiettivi dell’azione devono essere quantificati: numero degli utilizzatori ricevuti o contattati, numero delle persone seguite sul medio e lungo periodo, tipo di servizi resi.

Le attività di riduzione del danno richiedono un investimento personale, competenze diverse, la capacità di intervenire in contesti confusi e di affrontare situazioni le cui conseguenze sono spesso imprevedibili. Numerosi operatori dei servizi per la riduzione del danno non hanno una qualifica personale, in particolare quelli formati sul campo, ex utilizzatori di droga, parenti di tossicodipendenti, residenti del quartiere. Le qualifiche di coloro che intervengono devono costituire parte integrante della gestione dell’unità. I percorsi professionali devono essere qualificati in una prospettiva di promozione sociale. Altrimenti, le unità corrono il rischio di diventare conflittuali. Se manca un riconoscimento, i fallimenti, i cosiddetti «burn out» (le sindromi da logoramento) sono frequenti nei servizi di assistenza sanitaria di base. Non sono soltanto dannosi per il singolo, ma mettono a repentaglio l’approccio sanitario della comunità.

[·] La mobilità e la flessibilità dei servizi richiedono che si tenga conto dei percorsi professionali: le unità devono essere qualificate, devono essere in grado di operare in altri luoghi, di affrontare altri utilizzatori.

[·] G ruppi di lavoro: situazione clinica, situazione di crisi, gruppo particolare (donne, minorenni, famiglie, ecc.). I gruppi di lavoro possono essere specifici alla squadra, ma deve essere sollecitata l’esperienza degli altri partner.

Gli organi decisionali (comitato di pilotaggio, consiglio di amministrazione) devono integrare tutti gli attori che operano in questo settore: enti locali, partner, residenti, rappresentanti dei beneficiari dell’attività. Il monitoraggio dell’attività deve essere regolare. Le difficoltà devono essere individuate; le buone prassi e i buoni risultati devono essere valorizzati. 5.5. La condivisione delle informazioni

> Tempi di coordinamento

La condivisione delle informazioni è necessaria sia per le attività quotidiane, che per il buon funzionamento del partenariato. Dare accesso ai diritti sociali comuni a tutta la collettività, vuol dire diffondere le conoscenze e le prassi che agevolano l’assistenza. La conoscenza del loro settore d’azione è ugualmente necessaria ai decisori. Una migliore comprensione della situazione è infine la condizione che consente ai beneficiari, siano essi residenti, famiglie o utilizzatori, di affrontare i problemi. Nessuno è in grado di disporre di un’analisi globale della situazione. Gli utilizzatori di droga non costituiscono un gruppo omogeneo. Il raffronto di varie opinioni permette a quanti partecipano alle attività di esaminare i problemi con un certo distacco, di entrare in un’ottica di qualificazione.

> Tempi di formazione

La condivisione delle informazioni talvolta incontra numerosi ostacoli:

...... 5.4.3. Conseguenze a livello dell’organizzazione e della ripartizione dei compiti I compiti devono essere individuati, come devono essere definiti i tempi e le competenze necessari per la loro realizzazione: > Raccolta e elaborazione delle informazioni necessarie per la valutazione dell’attività > Accesso al materiale di prevenzione > Supporto agli utilizzatori di droga > Accompagnamento individualizzato degli utilizzatori nei servizi

> Animazione del partenariato > Mediazione con il territorio

...... 5.5.1. Ostacoli tecnici

> Sostegno alle famiglie

Raccogliere e analizzare le informazioni richiede l’acquisizione di una metodologia. Occorre precisare che tipo di informazione può essere raccolto mediante il lavoro

> Comunicazione

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consueto e ordinario, che rientra nell’ambito del bilancio delle attività, e quale altro tipo di informazione esige invece una metodologia particolare di indagine, sostenuta da mezzi appropriati. Gli operatori sul campo acquisiscono, grazie alla pratica, un’esperienza che non sono sempre in grado di formalizzare e di trasmettere. Il contesto particolare delle attività dei servizi di base limita spesso i rapporti. Il contatto può essere furtivo, l’utilizzatore non vuole essere identificato, oppure non ha tempo. Il contributo che altri operatori esterni forniscono all’equipe può essere necessario, poiché possono formare degli esperti per la raccolta dei dati, oppure possono sollecitare la competenza di professionisti esperti o di ricercatori. L’organizzazione dei servizi deve essere accompagnata da un’indagine esplorativa in merito agli utilizzatori e al loro contesto. Possono rivelarsi utili degli studi esplorativi puntuali, su un gruppo preciso di utilizzatori (minorenni, prostituzione, giovani erranti), o su una problematica precisa, quali le risposte a situazioni di crisi, i rapporti con la famiglia. Delle ricerche azione, o delle ricerche valutazione, condotte parallelamente alle azioni sperimentali, possono aiutare a formalizzare queste nuove competenze. I rischi legati all’utilizzo delle droghe sono in parte noti all’utilizzatore, a causa della sua esperienza pratica, ma la valutazione precisa del rischio sanitario richiede una collaborazione con esperti in salute pubblica. I mezzi per la raccolta dei dati devono essere elaborati utilizzando competenze utili (sanità pubblica, sociologia, etnologia, studi clinici). ...... 5.5.2. Gli ostacoli organizzativi Accomunare le informazioni richiede che si prendano in considerazione le esigenze particolari di ogni servizio. Fare propria l’informazione desunta dal territorio richiede di accettare di modificare le proprie prassi professionali, oltre che di adattare l’organizzazione del servizio alle esigenze degli utenti. La comunicazione tra i servizi è ostacolata dalle logiche organizzative e dagli obiettivi specifici di ciascuno dei servizi. I servizi delle forze dell’ordine temono la fuga di informazioni, i servizi medici sono tenuti al segreto professionale, l’approccio etnografico di attività clandestine esige che venga garantita la riservatezza delle informazioni. La circolazione delle informazioni tra i servizi è inoltre ostacolata dalle tradizioni: ogni servizio ha tendenza a custodire gelosamente le proprie. La raccolta di informazioni deve essere utilizzata in una strategia di azione comune (programma giudiziario, o assistenza volontaria per lo schedario centrale di Amsterdam).

...... 5.5.3. Gli ostacoli di natura politica e etica Quando si condivide l’informazione, si devono prendere in considerazione le diverse missioni affidate ai servizi. La sicurezza di tutti è un bene pubblico che giustifica un’azione comune. Gli obiettivi dell’azione saranno meglio condivisi se i partner riescono a trovare un consenso sulla situazione locale. La condivisione di informazioni su casi singoli può essere necessaria per trovare risposte a singole situazioni locali, ma deve essere negoziata con norme chiare, dal momento in cui la diffusione dell’informazione è limitata dal rispetto delle libertà individuali. Di fronte all’insicurezza, al traffico di stupefacenti e a utilizzatori problematici, i Paesi Bassi e il Regno Unito hanno istituito un ambito nazionale che permette alle città di elaborare strategie e programmi d’azione basati su una stretta partnership tra la giustizia, la polizia, e i servizi di cure. In città come Rotterdam (Paesi Bassi) o Leeds (Regno Unito), gli utilizzatori più problematici sono individuati, in particolare tenendo conto dei reati commessi e delle recidive.22 Una banca dati centrale riunisce l’insieme di queste informazioni provenienti dai servizi di polizia, giudiziari e dal sistema sanitario. La raccolta dei dati può ampliarsi ad altri soggetti, quali segnalazioni degli istituti scolastici o lagnanze degli abitanti. Gli obiettivi della raccolta di informazioni devono essere definiti. I mezzi per la raccolta (indicatori quantitativi, griglie di osservazione) devono essere negoziati tra gli organi decisionali e le equipe. La trasmissione delle informazioni deve osservare norme deontologiche esplicite. Gli utilizzatori di droga devono essere considerati cittadini come gli altri. Il rispetto dei diritti è la condizione preliminare per ottenere che tutti i partner forniscano il loro contributo alla raccolta di informazioni e alla loro trasmissione. Ogni attore, partner e beneficiario dell’azione, deve essere informato del tipo di dati raccolti e trasmessi. I mezzi umani e materiali devono corrispondere agli obiettivi: [·] Formazione degli operatori perché sappiano raccogliere le informazioni, [·] Presa in considerazione del tempo dedicato all’osservazione o ai colloqui, [·] Ricercatori associati alle unità (etnografia, sanità pubblica, servizi clinici)

(22) Si veda il rapporto: Thierry Charlois, Workshop Report “Drugs & Insecurity”, Urbact Programme, SecurCity project, 2005

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5.6. Le azioni finalizzate alla mobilitazione delle risorse

La cooperazione tra i servizi non è mai facile, né spontanea. Si ottiene con una lunga esperienza. Per lavorare insieme, occorre: [·] Conoscere le missioni, i funzionamenti, la cultura professionale di ciascuno dei partner [·] Accettare di modificare le prassi professionali che ostacolano il lavoro comune La cooperazione tra i servizi di repressione e quelli di sanità o di protezione sociale non pone gli stessi problemi di quella tra servizi che lavorano nello stesso settore. ...... 5.6.1. La cooperazione con i servizi di repressione Le pianificazioni locali in materia di droga stabiliscono obiettivi comuni ai servizi di repressione e a quelli sanitari e sociali: vale a dire lottare contro i comportamenti antisociali, i raggruppamenti di tossicodipendenti, il traffico di stupefacenti nelle strade, ridurre la delinquenza derivante dall’uso delle droghe. Sono obiettivi che fanno parte integrante delle missioni dei servizi di repressione, di polizia e giudiziari. La sicurezza di tutti è un bene pubblico, e deve essere perseguita da tutti i partner interessati, ma il contributo dei servizi sanitari e sociali deve avvenire rispettando la loro missione specifica. L’esigenza di sicurezza porta a una più stretta articolazione tra i servizi di repressione e quelli socio-sanitari La cooperazione tra i servizi di polizia e quelli di riduzione del danno è più diretta, rispetto ai servizi giudiziari, dal momento che i due tipi di servizi intervengono in prima linea sullo stesso territorio, nei quartieri, e nel corso di eventi festivi. Le azioni intraprese dipendono dal contesto: [·] N el contesto dei servizi di riduzione del danno: la sicurezza di tutti deve essere garantita. Gli utilizzatori devono recarsi nei servizi di assistenza sanitaria di base senza temere di essere fermati dalla polizia per uso di stupefacenti. Le unità di strada devono rivolgersi alla polizia quando i reati e il traffico di droga mettono in pericolo i soggetti interessati (operatori, abitanti, utilizzatori).

assistenza deve essere organizzata. La sicurezza sanitaria deve essere garantita stabilendo le responsabilità di ogni servizio. Numerose città europee hanno elaborato degli schemi regolamentari nei quali viene articolata l’azione dei servizi giudiziari, di polizia e di cura. Questi schemi trattano in particolare della giustizia per i minorenni, che è al centro di un dibattito pubblico nel quale si oppongono la protezione della società e la protezione dei minori. I comportamenti violenti, antisociali, la piccola delinquenza e la partecipazione dei minorenni al traffico e lo spaccio di stupefacenti richiedono che vengano rafforzate le risposte a livello della repressione.23 Questa opposizione è dovuta in parte ai mezzi inadeguati in materia di protezione, per mancanza di controlli individualizzati, di migliore collegamento tra momenti di assistenza successivi, per mancanza, infine, di un intervento precoce. La cooperazione tra i servizi di repressione e quelli socio-sanitari corrisponde agli obiettivi comuni a ciascuno dei servizi: [·] Garantire la sicurezza quotidiana di tutti [·] Offrire delle alternative al carcere [·] Ridurre il tasso di recidiva [·] Favorire l’intervento del dispositivo di assistenza il più precocemente possibile Ciascuno di tali obiettivi deve essere quantificato nell’ambito di un progetto d’azione che definisca i mezzi di intervento appropriati. La riduzione del tasso di recidiva richiede che venga messo in atto un dispositivo di follow-up dei tossicodipendenti usciti dal carcere. Il reinserimento socio-professionale può essere organizzato. A Herleen, (Paesi Bassi), nell’ambito dell’operazione Hertbeat,24 il partenariato associa partner istituzionali, imprese dei trasporti, l’esercito e l’amministrazione penitenziaria. Con la priorità di adattare l’offerta terapeutica agli utilizzatori più problematici, alcune città hanno istituito dei dispositivi particolari, come per esempio a Rotterdam, dove il progetto PGA 70025 è rivolto a questa tipologia di utilizzatori.

[·] N ei posti di polizia: devono essere organizzate delle consultazioni. Gli utilizzatori di droga fermati devono potere essere indirizzati ai vari servizi. In situazioni di crisi, violenze familiari, per esempio, i servizi di polizia devono potere rivolgersi agli esperti necessari. [·] N ei quartieri: delle azioni precise dei servizi di polizia (disperdere gli utilizzatori che si radunano in un luogo), possono essere articolate con modalità di accoglienza nei servizi. [·] N el corso di eventi festivi: tutte le dimensioni della sicurezza delle persone devono essere prese in considerazione. La circolazione dei partecipanti e dei servizi di

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(23) S i veda la pubblicazione del Forum europeo per la sicurezza urbana, Approche locale de la criminalité organisée, Forum Européen, 2000 (24) Thierry Charlois, 2005, op. cit. (25) Thierry Charlois, 2005, op. cit.

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...... 5 .6.2. I rapporti con i servizi sanitari e sociali nell’ambito dei diritti sociali comuni a tutta la collettività Il partenariato tra i servizi dei diritti sociali comuni a tutta la collettività e quelli che accolgono gli utilizzatori di droga è reso difficoltoso dalle rappresentazioni sociali che vengono fatte dei drogati, da un lato, e dai comportamenti particolarmente difficili di alcuni di loro. Nei servizi che rientrano nel quadro dei diritti sociali comuni a tutta la collettività, l’utilizzatore di droga ha cattiva fama, non vuole piegarsi agli obblighi, sollecita i servizi con urgenza, non è affidabile. Da parte loro, gli utilizzatori di droga temono di essere identificati. Le conseguenze di un’identificazione sono diverse secondo le legislazioni nazionali in materia di uso di stupefacenti e le prassi professionali. Gli utilizzatori temono, come minimo, di essere stigmatizzati in quanto tossicodipendenti. I minori, le donne incinte o madri di famiglia, quelle che si prostituiscono temono soprattutto i controlli sociali. Le situazioni devono essere trattate singolarmente, in funzione delle missioni dei servizi. I servizi di riduzione del danno, la cui missione è l’inserimento degli utilizzatori che non accedono alle cure, svolgono un ruolo di mediazione tra i drogati e gli operatori sanitari o gli assistenti sociali: [·] Q uando l’operatore conosce la situazione dell’utilizzatore, è in grado di adattare il servizio alle esigenza della persona. [·] L’utilizzatore, dal canto suo, si rende conto dell’importanza accordata alla sua evoluzione.

[·] I partener devono avere una cultura comune in materia di droga: «tossicodipendente», «droga», «consumo», sono nozioni che non hanno lo stesso significato per i diversi soggetti. La cultura comune si costruisce anzitutto all’interno di prassi professionali comuni. Comprendere la situazione precisa di un utilizzatore di droga consente all’operatore sanitario o sociale di adattare le sue risposte alla realtà dei bisogni. L’utilizzatore di droga non è più un essere astratto, diventa una persona normale, con i suoi bisogni, che tutti possono comprendere. La cultura comune deve costruirsi su una base comune di conoscenze. A parte le conoscenze nel settore degli stupefacenti, i partner di una rete devono conoscere le missioni di ogni servizio e le culture professionali, necessariamente diverse. > Obiettivo: armonizzare le conoscenze dei soggetti che operano insieme > Mezzi: >> A ttività di formazione: i contenuti delle formazioni specifiche di ogni settore devono essere armonizzati. Delle attività di formazione comuni ai partner di un dispositivo aiutano ad elaborare un’analisi comune delle situazioni e a comprendere e fare proprie le buone prassi. >> A ttività di comunicazione: il dispositivo partenariale deve accertarsi dell’accessibilità dell’informazione esistente sulla droga a livello nazionale o regionale. La rete deve inoltre produrre e distribuire un’informazione sulle utilizzazioni e i rischi constatati sul campo. Possono essere attuate delle iniziative specifiche del comune: centro di informazioni, call centre. [·] È necessario che ciascuno dei partner veda il proprio interesse: la rete deve essere utile a ciascuno dei suoi membri. Deve mettere a disposizione delle informazioni aggiornate sulle azioni condotte, sulle risorse esistenti sul territorio. Deve offrire un ambito in cui le competenze di ciascuno possano essere sollecitate.

La cooperazione si costruisce grazie ai rapporti interpersonali. Può essere aiutata da varie azioni:

> Obiettivo: creare una sinergia delle risorse

[·] L’accompagnamento individuale degli utilizzatori nei servizi

> Mezzi:

[·] L e assistenze congiunte: progetto di inserimento o di alloggio con supporto o assistenza terapeutica

>> A nimazione della rete: aggiornare e selezionare le informazioni utili; individuare e coinvolgere gli attori chiave che possono svolgere un ruolo di catena di trasmissione nel loro settore professionale

[·] L a creazione di azioni «ponte»: posti letto riservati all’ospedale, progetti socioeducativi specifici [·] L e consultazioni «avanzate»: dei medici, degli operatori, possono proporre delle consultazioni nei servizi di accoglienza e in seguito contribuire a facilitare il collegamento

>> M ettere a disposizione le competenze locali: consultazioni organizzate nei servizi (ospedalieri, sociali, psichiatrici). Monitoraggio congiunto dei pazienti difficili o presa in carico a turno.

[·] I gruppi di lavoro clinici su situazioni specifiche

>> I nvito di esperti nei vari settori (riduzione del danno, dipendenza, disturbi psichiatrici, prevenzione).

...... 5.6.3. Il funzionamento in rete, strumento privilegiato del partenariato

>> M essa a disposizione di materiali, di risorse umane: segreteria, mezzi di comunicazione.

Il lavoro di rete collega delle persone in funzione di un obiettivo di azione. Deve fornire i mezzi necessari al lavoro in comune:

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[·] Occorre valorizzare le attività della rete: Gli amministratori locali devono fornire un sostegno pubblico alle attività della rete in nome dell’interesse generale. La messa a disposizione di mezzi per il funzionamento della rete indica il loro impegno. I

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servizi beneficiari della rete possono anch’essi mobilitare le proprie risorse: mezzi materiali (locali, materiale), mezzi umani (tempo a disposizione), informazione interna. > Obiettivo: valorizzazione dei servizi resi dalla rete > Mezzi: >> I nformazioni sulle azioni condotte dalla rete all’interno del dispositivo partenariale; presa in considerazione delle azioni della rete nel bilancio di attività dei servizi del partenariato >> C omunicazione pubblica sulle attività della rete. Organizzazione di giornate di informazione, del tipo «porte aperte» o incontri su tematiche precise. 5.7. Dall’informazione alla partecipazione

La consapevolezza delle ripercussioni disastrose del processo di esclusione sulla collettività non nasce in modo spontaneo. Le attività di partecipazione devono costruire l’ambito per una negoziazione, che prenda in considerazione le esigenze di tutti, il bisogno di sicurezza, di salute, le esigenze sociali, nella prospettiva di rafforzare la coesione sociale; tuttavia, il margine di manovra delle autorità locali è piuttosto limitato. La richiesta di sicurezza non è unicamente di competenza delle politiche di sicurezza. Si inserisce nell’insieme delle politiche settoriali condotte a livello locale, dall’educazione, all’urbanistica.

[·] Il dibattito pubblico: dei dibattiti possono essere organizzati ai vari stadi dell’azione, per esporre agli abitanti di un quartiere i progressi del dispositivo partenariale per la diagnosi dei problemi locali, la scelta delle priorità, gli effetti e le incidenze delle attività svolte. [·] La mediazione: può essere dedicata in modo più o meno specifico alla questione della droga,27 utilizzando vari meccanismi per ottenere le opinioni dei residenti. Delle associazioni possono fungere da mediatori tra gli amministratori locali e gli abitanti. Altre associazioni specializzate possono assumere tale funzione per un gruppo particolare di residenti (immigrati, associazioni giovanili, famiglie). [·] La negoziazione: può trattare delle scelte delle priorità di azione o di un’attività precisa, quale la creazione di un servizio di accoglienza. L’azione deve essere negoziata, offrendo in cambio delle garanzie, se la decisione è stata presa precedentemente; gli abitanti diventano protagonisti di diritto a partire dal momento in cui l’attività è il frutto della negoziazione. L’ambito della negoziazione è più o meno formalizzato. Può essere condotta con attori appartenenti alle associazioni ritenute più rappresentative per le problematiche da esaminare. Sono spesso state anche utilizzate delle giurie di cittadini, composte da persone sorteggiate (per esempio a Burnley28 nel Regno Unito, o nel quartiere di Stalingrad a Parigi.

Gli obiettivi della coesione sociale non determinano soltanto gli obiettivi generali, ma modificano le modalità di azione, il modo in cui vengono mobilitate le risorse e i mezzi di comunicazione. Le attività richiedono tutti gli strumenti atti a favorire la democrazia locale. [·] L ’informazione del pubblico: l’informazione del pubblico circa le attività condotte è indispensabile per instaurare un dialogo con gli abitanti. Deve utilizzare tutti i canali di comunicazione, i mass media locali, la stampa comunale, le strutture comunali, e in particolare quelle partecipative, come le consulte di quartiere. I servizi e le associazioni partner devono inoltre utilizzare i propri canali di comunicazione interna ed esterna. [·] L a consultazione: gli abitanti possono essere consultati nel quadro di organi già esistenti, quali le consulte di quartiere.26 Possono essere sollecitati altri organi, quali i workshop sull’urbanistica, i consigli comunali dei giovani, i rappresentanti dell’utenza dei servizi pubblici. La consultazione può d’altro canto costruire degli ambiti specifici per dibattere del fenomeno droga, quali gruppi di lavoro o commissioni. Alcuni paesi o certe regioni ricorrono anche al referendum.

(26) S i veda l’esempio di Haarlem nella pubblicazione del Forum europeo per la sicurezza urbana, Implication des habitants dans les stratégies locales de prévention et de lutte contre les toxicomanies, 1998

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(27) Si veda l’esempio del contratto di sicurezza di Liegi (Belgio) e dei mediatori sanitari di Roubaix (Francia) nella pubblicazione del Forum europeo per la sicurezza urbana, Politiques de prévention de la criminalité urbaine en Europe : vers une culture commune? 2006 (28) Si veda la newsletter CRIPS-IDF, 56ème rencontre du CRIPS-IDF “Démocratie participative et réduction des risques”, 2004

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6.1. Valutazione delle politiche nazionali in materia di droga

06

Valutazione dei programmi di azione locale

··························································

La valutazione dei risultati nel campo della droga è relativamente recente. Fino alla metà degli anni ‘90, sembrava illusorio sperare di ottenere un miglioramento. Tutti i paesi assistevano all’aumento progressivo del numero di utilizzatori di droga fermati, delle quantità sequestrate e della mortalità dovuta all’overdose. Tale continua progressione ha fatto nascere un senso di impotenza. La classe politica era globalmente convinta che fosse indispensabile lottare contro la droga e la tossicodipendenza, senza peraltro dare per scontato di ottenere dei risultati. Le azioni di riduzione del danno sono state oggetto di attenta valutazione perché sembravano costituire l’opposto della lotta contro la droga. Non pare evidente distribuire delle siringhe. Si è dovuto dimostrare che si trattava di provvedimenti efficaci per la lotta all’Aids e in modo più generale per la protezione della salute dei tossicodipendenti. Si è dovuto soprattutto dimostrare che le azioni non costituivano un’istigazione al consumo di droga. L’accesso alle siringhe non aumenta il numero dei soggetti che si bucano. I provvedimenti per la riduzione del danno sono stati adottati basandosi sui risultati ottenuti dalle valutazioni. Sono due i risultati comuni a tutti i paesi europei che hanno adottato questa politica di sanità pubblica: il calo della mortalità per overdose, il calo dei contagi da virus dell’Aids. In Francia, i mutamenti sono stati particolarmente rapidi e importanti. Dal 1994, la politica di riduzione del danno è valutata dall’Istituto nazionale di monitoraggio sanitario (Institut National de Veille Sanitaire). I risultati principali indicano una diminuzione dell’80% dei casi di overdose mortali, e una riduzione dei 2/3 della mortalità dovuta all’Aids. Nel 2004, il 3% delle contaminazioni da HIV sono dovute all’iniezione (a fronte di circa il 30% nel 1991). A parte le questioni sanitarie, si osserva inoltre un calo del 67% dei fermi per uso di eroina, risultato correlato al numero di pazienti in terapia di sostituzione. I risultati ottenuti hanno spinto l’Osservatorio europeo delle droghe a raccomandare l’adozione di tale politica di salute pubblica.29 Ci sono tuttavia limiti ben precisi ai risultati che ci possiamo attendere da tale politica: [·] I risultati più validi sono ottenuti grazie alle terapie di sostituzione: riguardano unicamente gli utilizzatori di eroina. Non ci sono cure di sostituzione per le altre droghe. L’assistenza agli utilizzatori di cocaina o ai poliabusatori è auspicabile, ma i risultati sono meno probanti.

(29) O sservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, Annual report on the state of the drugs problem in Europe, 2007

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[·] G li utilizzatori più problematici richiedono un’assistenza specifica: la loro integrazione nei servizi di cure è un obiettivo determinante, ma incontra una serie di difficoltà dovute all’accumularsi di handicap. Un’assistenza globale richiederebbe di prendere in considerazione sia la dipendenza, che i disturbi psichiatrici, oltre ai bisogni sociali e ai problemi a livello giudiziario. Dei progetti individualizzati devono essere elaborati nel quadro di un pluripartenariato. [·] L a politica di riduzione del danno è limitata alla protezione della sanità dei consumatori di droga: la prevenzione dell’uso è più problematica. Malgrado sia opportuno rilevare che certi paesi hanno potuto stabilizzare il numero di utilizzatori di cannabis, grazie alla prevenzione, è però indubbio che le buone prassi di prevenzione non sono ben individuate e diffuse a livello europeo. Numerosi programmi di prevenzione non sono valutati. Le politiche nazionali in materia di droga devono sempre affrontare il problema dell’aumento del numero di utilizzatori, da un lato, il potenziamento delle reti di traffico e spaccio, dall’altro lato. I paesi europei presentano un certo numero di caratteristiche comuni: [·] A livello dei consumi: l’eroina per via iniettiva è sempre stata il problema più preoccupante; resta un problema sanitario principale, sebbene il numero di eroinomani sia diminuito in numerosi paesi dell’Europa occidentale. Gli oppiacei (tra cui essenzialmente l’eroina) continuano a costituire la prima causa di richiesta di cure. In questi ultimi anni, questi nuovi modi di consumo delle droghe hanno visto la diffusione dell’uso di droghe in contesti festivi o ricreativi, nei quali è sviluppato essenzialmente il poliabuso e l’uso di sostanze stupefacenti stimolanti, tra cui in particolare la cocaina. L’abuso di alcol è spesso la base delle poliassunzioni. La cannabis è la droga più consumata e la sua diffusione desta crescenti preoccupazioni. Mentre sarebbe auspicabile che l’assistenza in questo caso fosse la più precoce possibile, la domanda di cure da parte dei giovani resta limitata: meno del 7% dei pazienti ha meno di 20 anni. È urgente sviluppare risposte adattate alle problematiche complesse dell’uso della droga oggi: è questa una delle conclusioni del rapporto del 2007 dell’Osservatorio europeo. [·] I n materia di traffico di stupefacenti: l’impennata internazionale della criminalità, e in particolare delle reti di trafficanti ha portato la comunità europea ad adottare una politica comune dopo il trattato di Amsterdam. I risultati ottenuti sono valutati in termini di numero di trafficanti arrestati e di droga confiscata, ma è molto difficile valutare l’impatto di tali azioni sullo sviluppo del traffico. I buoni risultati della lotta per contrastare il traffico e la grande criminalità sono sempre parziali e limitati a territori precisi, né esiste un consenso sui risultati globali della lotta contro il traffico di stupefacenti. Il tipo di organizzazione criminale, i territori invasi, i legami tra la piccola e la grande delinquenza evolvono in funzione delle azioni repressive. Queste constatazioni determinano le aspettative di una pianificazione locale: [·] È possibile limitare le ripercussioni negative dell’uso della droga sia per il territorio, che per gli stessi utilizzatori.

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[·] È possibile esercitare un miglior controllo su un determinato territorio, lottando efficacemente contro il traffico di stupefacenti per strada, e riducendo i disturbi associati a tale traffico. Per i consumi, come per la lotta contro il traffico di stupefacenti, l’impostazione locale dei problemi fornisce nuovi strumenti, ma sarebbe illusorio sperare di risolvere definitivamente il problema. I programmi locali devono prendere atto del fatto che gli utilizzatori di droga non scompariranno: sono una delle componenti della popolazione. I problemi correlati alla droga presentano forti analogie con tutti i problemi sociali che devono affrontare le città: il controllo locale dei problemi legati alla droga richiede una costante mobilitazione. 6.2. La scelta di indicatori quantitativi e qualitativi

Valutare un programma locale richiede di mettere in opera un dispositivo di valutazione. Alcune città dell’Europa del Nord si sono dotate dei mezzi necessari con: [·] Obiettivi precisi definiti da indicatori quantificati [·] Raccolta di informazioni in una banca dati [·] Analisi dei dati quantitativi e qualitativi La scelta degli indicatori dipende dagli obiettivi dell’azione che si intende condurre, ma deve prendere in considerazione l’affidabilità della raccolta dei dati. [·] Gli indicatori devono essere poco numerosi: ogni settore di attività (polizia, giustizia, cure, riduzione del danno) deve definire i propri indicatori [·] Devono essere semplici: è auspicabile, per quanto possibile, che possano essere raccolti nel quadro dei bilanci di attività dei servizi [·] Devono essere significativi: la relazione stabilita tra i vari settori di attività potrà consentire di avere un rendiconto dei risultati globali dell’azione locale. Gli indicatori devono inoltre essere definiti con un duplice obiettivo, vale a dire il pilotaggio dell’azione, da un lato, e i risultati, gli effetti e gli impatti, dall’altro lato. ...... 6.2.1. Indicatori di pilotaggio dell’azione Il pilotaggio dell’azione esige che vengano individuati gli strumenti atti ad adeguare le modalità tecniche e organizzative, a mobilitare nuove risorse, a richiedere le competenze necessarie. Nel corso dell’azione, si devono porre le stesse domande: [·] I partner traggono un vantaggio dall’azione comune? La cooperazione tra i servizi è effettiva? Quali sono gli ostacoli?

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[·] L e scelte organizzative sono giustificate? La frequenza delle riunioni, il profilo dei partecipanti, la scelta delle tematiche sono sufficienti e adeguati? Corrispondono ai compiti attuali? [·] L e decisioni necessarie sono prese a tempo debito? Sono state negoziate? I soggetti che lavorano sul campo hanno ben assimilato gli obiettivi dell’azione? [·] I servizi hanno definito degli indicatori di qualità? L’accesso al servizio è facilitato? Gli operatori hanno usufruito di una formazione? [·] S ono stati stanziati i mezzi necessari per condurre l’azione? Sono stati ridefiniti gli obiettivi in funzione dei mezzi realmente disponibili? [·] È favorito il coinvolgimento dei soggetti interessati? Si è sviluppato il volontariato? Sono proposte nuove attività, nuove sperimentazioni? Le carenze di funzionamento si valutano con degli indicatori qualitativi, frutto di un’analisi strategica: Il funzionamento del partenariato diventa puramente formale se non ci sono dibattiti, oppure se i responsabili si fanno rappresentare da supplenti che non possono prendere decisioni, e se aumenta l’assenteismo. Sono difficoltà che possono presentarsi nel corso del progetto, ma nella maggior parte dei casi esse rispecchiano conflitti locali ben noti a tutti: tra i servizi delle forze dell’ordine, oppure tra la polizia e la giustizia, assenza di contatti tra i servizi sociali e quelli sanitari, conflitti in materia di competenze territoriali, conflitti politici tra gli organi decisionali. Pur essendo noti a tutti, sono conflitti che non vengono affrontati da nessuno. Occorre valutare in quale misura l’organizzazione del partenariato favorisce una dinamica del cambiamento. Spetta al coordinatore sollecitare i partner per individuare le difficoltà man mano che procede l’azione e per informarne il comitato di pilotaggio; tuttavia il coordinatore, per compiere questa missione delicata, deve essere certo di disporre del sostegno del comitato di pilotaggio. L’impegno degli amministratori locali è determinante: in caso di conflitto che non possa essere risolto sul campo, spetta a loro prendere le decisioni difficili. ...... 6.2.2. Indicatori di attività, indicatori di risultato Tutti i servizi hanno l’obbligo di contabilizzare la loro attività: numero di persone fermate, tipo di reato per i servizi di polizia, sanzioni giudiziarie per la giustizia, numero di pazienti assistiti per i servizi sanitari. Si deve fare una distinzione tra indicatori di attività e indicatori di risultato. In funzione delle situazioni locali, l’aumento del numero di utilizzatori di droga fermati può essere considerato un risultato buono o scadente. Lo stesso vale per l’aumento delle lagnanze e denunce. A seconda dei contesti, l’aumento può essere

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un indicatore del miglioramento della fiducia tra gli abitanti e i servizi di polizia. Può anche però essere un indicatore di un aumento di problemi di vicinato. Gli indicatori di attività e gli indicatori di risultato non corrispondono agli stessi obiettivi. I servizi devono dimostrare che portano avanti delle attività. Un numero importante di attività giustifica il personale richiesto, ma gli indicatori quantitativi possono anche avere impatti imprevedibili, in contraddizione con gli obiettivi del programma. Nei servizi socio-sanitari, il conteggio del numero di pazienti o di atti medici necessari ha spesso come conseguenza l’esclusione dei pazienti difficili, che richiedono troppo tempo, per pochi risultati. È del pari più facile arrestare degli utilizzatori noti da tempo ai servizi di polizia, piuttosto che smantellare una nuova rete di spacciatori e trafficanti. Più un’indagine è lunga e difficile, più diminuisce il numero di atti. Il numero di atti è un mezzo, ma non un risultato. Gli indicatori devono essere definiti in funzione dei risultati che si intende ottenere. Per esempio, occorre avere una valutazione precisa e quantificata del numero di reati e di disturbi della quiete pubblica legati direttamente alle droghe. Per essere significativi, gli indicatori di un’azione partenariale devono essere raccolti all’interno dei vari settori interessati. Uno degli obiettivi della città di Leeds è aumentare il numero di utilizzatori in trattamento. La valutazione di un partenariato tra i servizi giudiziari e quelli sanitari richiede degli indicatori specifici, per esempio, il numero di utilizzatori di droga fermati dalla polizia e indirizzati a un centro di cure, il numero di tali pazienti mantenuti in cura fino alla realizzazione del percorso terapeutico loro destinato. La qualità di un progetto può essere valutata con indicatori quantitativi, basati su un insieme di variabili, che diventano significative le une rispetto alle altre. ...... 6.2.3. Ricerche valutative Numerosi progetti richiedono l’elaborazione di strumenti specifici: [·] Il calo della recidiva: richiede una raccolta di informazioni, che si rivela più o meno facile da organizzare, a seconda del tipo di dati raccolti nei servizi giudiziari o dall’amministrazione penitenziaria. La valutazione deve contribuire a migliorare la raccolta e la diffusione delle informazioni, ma possono essere necessari degli studi su dei percorsi individuali. [·] Partenariato con controlli congiunti implicano che venga elaborato un documento individuale, da trasmettere da un servizio all’altro. La valutazione delle prassi professionali nel sistema di cure è necessaria per comprendere le riuscite, come pure gli insuccessi. [·] I cambiamenti di comportamento degli utilizzatori di droga: i comportamenti devono essere descritti nel contesto della vita del soggetto. Non basta descrivere il

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comportamento, ma occorre individuare i fattori di protezione e quelli che contribuiscono al cambiamento del comportamento. [·] I cambiamenti nelle prassi professionali: la valutazione deve concentrarsi sui cambiamenti di atteggiamento, sulla capacità di fornire un supporto, di sviluppare approcci comprensivi che favoriscano il cambiamento. Il quadro organizzativo dei servizi deve favorire ogni forma di cooperazione nel servizio e il lavoro esterno nell’ambito della rete. [·] L e attività sanitarie comunitarie: i criteri di valutazione sono in parte interni, quali il coinvolgimento dei vari attori del progetto, la credibilità degli esperti esterni. La valutazione deve inoltre prendere in considerazione lo sviluppo di progetti autonomi con nuovi attori. Alcuni di questi strumenti possono portare ad elaborare indicatori che potranno in seguito essere integrati nella raccolta dei dati dei servizi, per esempio per valutare l’evoluzione del tasso di recidiva. Altri indicatori sono tipici di un approccio preciso. Quando la città di Rotterdam ha sviluppato un approccio partenariale per i 700 tossicodipendenti più problematici, l’analisi della situazione ha richiesto le competenze di vari settori: psichiatria, criminologia, dipendenze, sociologia. È stata anche necessaria la conoscenza del contesto e in particolare del mercato della droga. Il progetto ha sviluppato una metodologia di assistenza individuale di rete, sollecitando tutte le competenze professionali. La valutazione dei risultati richiederà un controllo individuale, ma per comprendere la ragione per la quale un’assistenza ha avuto buon esito, occorre individuare come è stata attuata, il che presuppone una valutazione qualitativa delle prassi professionali.30 I risultati globali dell’azione dipendono dai risultati ottenuti sul campo, come avviene nel caso dei disturbi o molestie al vicinato, delle violenze e dei reati legati alla droga, ma per capire le ragioni che hanno permesso a un progetto di raggiungere il suo scopo, occorre prendere in esame il modo in cui è stato realizzato. Le buone prassi professionali richiedono un approccio qualitativo, che consentirà di trasmettere le conoscenze sul «come agire». Gli indicatori di valutazione sono qualitativi, prima di essere quantitativi. L’analisi deve prendere in considerazione la complessità delle variabili che interagiscono, per selezionare alcuni indicatori quantitativi significativi della dinamica del cambiamento.

(30) Thierry Charlois, 2005, op. cit.

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6.3. Risultati, effetti, impatti

I programmi locali sono molto spesso realizzati per fronteggiare le problematiche del consumo di droga negli spazi pubblici, dell’insicurezza e dei reati associati alla droga, quali la violenza tra tossicodipendenti, la prostituzione di strada, il consumo pubblico di droga, la piccola delinquenza correlata alla droga, ecc. Alcune città europee hanno oggi una lunga esperienza di tali fenomeni e hanno sviluppato varie strategie che si possono attualmente analizzare. Il livello di tolleranza di fronte alle “scene aperte” della droga nei luoghi pubblici è molto variabile a seconda delle società, ma, indipendentemente dalle scelte effettuate dalla società, le città europee con maggiore esperienza sono giunte ad alcune conclusioni comuni. Il primo consenso raggiunto è il fatto che è possibile ottenere buoni risultati. Per «buoni risultati» si intende che le scene aperte sono state risolte, o per lo meno sono ben controllate. In questi ultimi anni, l’accresciuto dibattito pubblico ha spinto a trovare misure più efficaci. Città come Zurigo, Francoforte, Amsterdam, che da tempo vivevano la problematica della droga nei luoghi pubblici, hanno sviluppato delle strategie efficaci sulla base della loro esperienza. Le principali constatazioni che fanno l’unanimità sono le seguenti: [·] I raggruppamenti di utilizzatori di droga hanno conseguenze nefaste, sia per i residenti della zona, che per gli stessi utilizzatori. I grandi raggruppamenti non devono essere tollerati. Se tali disturbi sono sottovalutati, si rischiano gravi conseguenze, sia per gli individui, che per la società e a livello politico, poiché dimostrano l’impotenza delle autorità e il fallimento del sistema, secondo l’interpretazione dominante. Né sono accettabili le conseguenze per i tossicodipendenti: essi devono affrontare la violenza quotidiana, l’esclusione sociale, il degrado della loro salute. Si sentono rinchiusi in un ghetto, e sanno che tale luogo può attirare nuovi giovani. Alcune città, pur riconoscendo che il consumo nei luoghi pubblici deve scomparire, hanno adottato una strategia di controllo che non vieta i raduni tra utilizzatori di droga, purché non occupino gli spazi, che devono restare collettivi. Del resto, nessun spazio pubblico deve essere riservato a un gruppo sociale, qualunque esso sia. [·] Le azioni unicamente repressive, se non sono affiancate dai servizi sanitari e sociali, non possono ottenere la scomparsa del consumo nella “scena aperta”. Possono al massimo ottenere il suo spostamento in un altro luogo. Si fa strada un consenso sempre più deciso sul ruolo determinante del partenariato. Il partenariato poggia anzitutto su due tipi di partner, i servizi di repressione e quelli sanitari e sociali. Questo partenariato può in seguito estendersi ad altri attori, servizi e cittadini che rappresentano tutte le parti interessate.

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Il partenariato tra i servizi di repressione (polizia e giustizia) e i servizi sanitari e sociali presuppone che gli obiettivi di ciascun settore di attività siano riconosciuti e rispettati dagli altri. In altri termini, richiede un equilibrio tra le risposte repressive e la presa in considerazione dei bisogni degli utilizzatori di droga. Il buon funzionamento del partenariato non è certo facile. Ci vuole un cambiamento nelle rappresentazioni sociali, nelle credenze e pratiche di tutti gli attori interessati. I responsabili politici devono rinunciare al discorso semplicistico della repressione a ogni costo. Devono adottare un approccio pragmatico, ossia cercare di risolvere i problemi come si presentano. Gli abitanti devono accettare la creazione di servizi nei quartieri in cui emergono i problemi. Si tratta di autentiche sfide, il cui risultato dipende dal buon funzionamento del partenariato, dal coordinamento degli attori interessati, dal processo decisionale e dalla comunicazione. [·] L o sviluppo degli strumenti per la riduzione del danno è determinante: le risposte non devono limitarsi alla cura di disintossicazione. Altre esigenze sanitarie e sociali devono essere prese in considerazione, il che presuppone una strategia globale, comprendente > Delle risposte ai bisogni più urgenti nei servizi detti ‘a bassa soglia’ > L’estensione della gamma dei servizi di cura > L’accesso ai servizi sanitari e sociali della comunità L’importanza accordata alle attività di riduzione del danno è variabile a seconda dei contesti. A Francoforte, Zurigo, Oslo, Dublino, Heerlen, il potenziamento dell’offerta dei servizi per gli utilizzatori di droghe è stato sistematico, con centri di accoglienza a «bassa soglia», l’apertura di sale di iniezione, un accesso esteso alle cure. Ciascuno di tali servizi, prima di essere istituito, ha richiesto un dibattito pubblico. La loro accettabilità dipende da tre tipi di fattori: il livello di tolleranza della società, le risorse finanziarie che possono essere stanziate e lo status legale dell’azione. Le sale di iniezione e i programmi di prescrizione di eroina sono sempre oggetto di dibattiti, per cui è necessario sviluppare delle ricerche valutative. [·] È possibile ottenere risultati soddisfacenti: Essi riguardano tanto gli utilizzatori di droga, che i residenti, e prospettano:

alloggio per tossicodipendenti, centri di informazione, ecc. Ciascuno di tali progetti può essere valutato con obiettivi interni, che comprendono per esempio il numero di utilizzatori di droga accolti, o il numero di atti compiuti; tuttavia, senza un approccio globale del fenomeno, è molto difficile valutare l’impatto dell’azione di tali servizi sulle problematiche che vivono le città. Ad Amburgo, si è constatata una diminuzione della piccola delinquenza associata all’uso delle droghe, quando è stato facilitato l’accesso alla distribuzione del metadone. I servizi di polizia sono convinti del nesso tra questi due fattori, ma le ricerche valutative condotte a posteriori hanno la difficoltà di dovere prendere in considerazione una serie complessa di variabili.31 Sono stati osservati risultati che indicano la riduzione della mortalità in numerose città, ma non è stato possibile stabilirne la relazione con le azioni condotte. Per valutare il calo della delinquenza legata alla droga, occorrerebbe disporre di una diagnosi iniziale che abbia stabilito la correlazione tra l’uso della droga e i reati. Gli strumenti di valutazione devono essere programmati prima della messa in atto delle azioni. In questi ultimi anni, sono stati realizzati notevoli progressi a livello della raccolta e dell’analisi delle informazioni. L’influenza esercitata dall’azione di ciascuno dei servizi può di conseguenza essere presa in considerazione. L’esperienza acquisita è stata integrata nella politica nazionale sulle droghe in Gran Bretagna, che presenta annualmente i risultati ottenuti. La politica nazionale sulle droghe è ormai basata su indicatori quantitativi. Il progetto pilota della città di Leeds rappresenta un esempio di pianificazione locale integrata. È stato realizzato in applicazione delle nuove misure legislative relative ai comportamenti antisociali (Legge sulla delinquenza e i disturbi alla quiete pubblica, 1998). La valutazione esamina in particolare l’efficacia dei provvedimenti alternativi al carcere. Viene indirizzato verso un servizio di cure il 60% degli utilizzatori di droga che hanno commesso un reato, ma tale percentuale non è ancora considerata soddisfacente. È invece dimostrata la riduzione della delinquenza. Da marzo 2004 a maggio 2005, la riduzione dei furti ha raggiunto il 54%, la riduzione degli incidenti dovuti a consumo di droga è stata del 40%. Per i reati legati in modo specifico alla droga, la riduzione è stata ancora più rilevante, dell’ 89,5%.32

> Una diminuzione significativa della delinquenza e dell’insicurezza

La città di Leeds trae tre insegnamenti principali da questi risultati:

>U na riduzione significativa della mortalità e un miglioramento della salute dei consumatori di droga.

[·] Gli obiettivi devono essere definiti con precisione. Per gestire il progetto, è stato necessario ricorrere a responsabili qualificati, che si sono intensamente impegnati.

La valutazione quantitativa svolge un ruolo essenziale sia all’interno del partenariato, che dei dibattiti cittadini, ma richiede un investimento di mezzi specifici, risorse tecniche, umane e finanziarie. Numerose città hanno istituito un partenariato che ha individuato dei bisogni e ha spesso sviluppato delle strutture, quali accoglienza e

(31) Si veda la pubblicazione del Forum europeo per la sicurezza urbana, Approche locale de la criminalité organisée, 2000 (32) Thierry Charlois, 2005, op. cit.

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[·] C onfrontare e avvicinare le prassi professionali di ogni settore richiede necessariamente del tempo, ma non è possibile trascurare questa tappa. [·] L e figure professionali assunte nell’ambito del progetto devono essere competenti e motivate. Gli eccellenti risultati sono dovuti agli sforzi congiunti degli attori coinvolti nel progetto. Spesso si tace l’importanza del coinvolgimento delle persone. È difficile da esplicitare. Eppure, la mobilitazione degli attori determina alla fine i risultati dell’azione.

Per una strategia del cambiamento

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7.1. Cambiare gli atteggiamenti, cambiare le prassi

Le azioni di riduzione del danno si sono sviluppate partendo da una prima constatazione: qualunque sia la strategia adottata, non bastano né la prevenzione, né la repressione per impedire il consumo di droga. La politica in materia di droga non si deve limitare a contrastare l’uso degli stupefacenti, deve bensì adottare un approccio globale, che prenda in considerazione le conseguenze del consumo in tutti i suoi aspetti. Le azioni per la riduzione del danno ampliano la gamma delle risposte da fornire per combattere l’uso della droga, e perseguono più obiettivi: [·] Evitare sul breve periodo il degrado della salute dei consumatori

Questo cambiamento culturale si realizza nel quadro di un’interazione, poiché riguarda tutti gli attori interessati, gli operatori, gli utilizzatori, la cerchia familiare. L’approccio adottato contribuisce a realizzare il cambiamento: [·] Quando riconosce la diversità dei bisogni di tutti i soggetti interessati, [·] Quando fa appello al senso di responsabilità di ciascuno, [·] Quando la negoziazione tra gli attori è condotta in vista del rafforzamento della coesione sociale. La problematica della droga deve perdere il carattere di evento eccezionale, deve essere trattata come uno dei problemi che si pongono alle società moderne

[·] Facilitare ai tossicodipendenti l’accesso alle cure [·] Combattere il processo di esclusione.

7.2. Promuovere il cambiamento sul medio e lungo periodo

L’impostazione deve rispondere ai problemi quali si pongono nella realtà locale, adattando le risposte alla diversità degli usi e delle problematiche. L’approccio concreto dei problemi deve sostituirsi alle rappresentazioni astratte che si potevano avere del drogato. Gli obiettivi devono essere pragmatici e realistici.

Il cambiamento dei comportamenti e delle prassi incontra difficoltà che non sono sempre specifiche del contesto della droga. I soggetti che si impegnano in attività innovative devono combattere la rigidità delle organizzazioni, la compartimentazione dei servizi, le logiche burocratiche.

È stata sviluppata una varietà di servizi nel quadro della promozione della salute: unità di strada notturne che intervengono sul territorio, programmi di scambi di siringhe, centri di accoglienza diurna e notturna, cure di sostituzione, sale di iniezione o di consumo. Queste varie azioni, chiamate «a bassa soglia», lottano contro le conseguenze dell’abuso di droga sia a livello individuale, che collettivo. Le azioni poggiano su due principi: [·] L ’utilizzatore deve potere proteggere la propria salute, anche se continua a fare uso di stupefacenti.

Gli operatori di strada sono particolarmente fragilizzati. Nel contesto di vita dell’utilizzatore di droga, devono affrontare le conseguenze dell’esclusione sociale. Devono trattare con utilizzatori in preda a grandi sofferenze, situazioni di crisi, comportamenti violenti. Nei servizi, sono i portavoce degli utilizzatori problematici, di cui nessuno si vuole occupare. Le competenze richieste per queste nuove pratiche professionali sono numerose, ma male individuate. Il «burn out», la sindrome del logoramento, è frequente. Ha spesso gravi conseguenze non solo per la persona interessata, ma anche per il progetto stesso, che perde la sua credibilità.

[·] L ’utilizzatore, come qualsiasi altro cittadino, ha delle necessità che non si limitano alla disintossicazione.

Il cambiamento nelle percezioni, negli atteggiamenti e nei comportamenti richiede un investimento sul medio o sul lungo periodo.

Le politiche di riduzione del danno implicano un cambiamento delle rappresentazioni sociali e dei comportamenti, che richiedono un cambiamento delle prassi professionali:

La attività sono spesso sovvenzionate per due o tre anni. È il periodo minimo per osservare cambiamenti di atteggiamenti o di comportamenti, ma i cambiamenti si devono consolidare. Inoltre, due o tre anni non sono sufficienti per le città che non dispongono di esperienze anteriori. Per conoscere la realtà, operare sul territorio, acquisire le conoscenze e le competenze ci vogliono anni di esperienza.

[·] L e azioni devono fare appello alla responsabilità: devono favorire la consapevolezza degli utilizzatori di droga. Il cambiamento di comportamento non si limita alla salute: la consapevolezza delle conseguenze dell’abuso di droga per il loro territorio fa parte del processo di responsabilizzazione. [·] L a diversità delle problematiche è presa in considerazione: le risposte devono essere adattate ai vari profili: utilizzatori saltuari, grande esclusione, minori, immigrati, donne, prostituzione, ecc. [·] L ’informazione deve essere credibile: è basata su una valutazione della realtà dei rischi che corrono i vari utilizzatori a seconda dei prodotti. Si deve evitare di drammatizzare.

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Bisogna sviluppare una reale strategia del cambiamento sul medio e lungo periodo. Tale strategia poggia su vari tipi di azione: [·] il supporto alle pratiche innovative: le azioni si devono adattare al cambiamento dei modi di consumo, dei profili degli utilizzatori, dei rischi. Lo sviluppo di azioni innovative deve essere continuo. È un criterio.

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[·] I nvito alla responsabilità: l’approccio della salute comunitaria, che associa l’insieme degli attori interessati, deve essere favorito, sia nell’ambito di gruppi di autosupporto tra gli stessi utilizzatori (self-help), che nei dispositivi che riuniscono utilizzatori di droga, operatori, abitanti. Vla valorizzazione delle buone prassi: devono essere individuate e sostenute. È la condizione indispensabile perché l’impegno degli attori si mantenga sul medio e lungo periodo. [·] l a formazione degli attori interessati: devono essere proposte delle formazioni a tutti gli attori interessati, gli operatori, i decisori, gli abitanti, gli utilizzatori di droga. È la base di una cultura comune in materia di droga e di tossicodipendenza. [·] I l riconoscimento delle nuove competenze tramite nuove qualifiche: le competenze necessarie devono essere individuate (in materia di utilizzo di droga, rischi, risorse istituzionali, nel campo della mediazione e della negoziazione). Gli operatori di strada e dei servizi di base devono essere qualificati. [·] l a comunicazione a ogni tappa: progetto, attuazione, risultati: tutti i mezzi di comunicazione devono essere utilizzati, dalla comunicazione interna, a quella comunale e ai servizi dei mass media. Il pubblico deve essere tenuto informato: riunioni pubbliche, porte aperte, internet. [·] I buoni risultati devono essere posti in risalto. Le difficoltà devono essere riconosciute e presentate in un dibattito pubblico. [·] l a mobilitazione dei media: un ruolo tradizionale dei media è quello di denunciare gli scandali. I media spesso contribuiscono ad alimentare i timori e la stigmatizzazione, ma suscitano altresì delle prese di coscienza necessarie. Devono essere sollecitati fin dall’avvio delle iniziative. Informare il pubblico contribuisce a ricercare delle risposte adattate, a sviluppare l’innovazione e soprattutto a valorizzare i buoni risultati, quando sono stati ottenuti. [·] i l ricorso alle competenze: l’esperienza acquisita dalle città europee deve essere sollecitata e devono essere organizzati degli scambi regolari di esperienze. Le risorse esistenti a livello europeo devono essere messe a disposizione di tutti gli attori interessati.

7.3. Le difficoltà

Lo sviluppo di azioni a favore degli utilizzatori di droga incontra vari tipi di difficoltà, tra cui spiccano in particolare: Il quadro legislativo: l’Unione europea favorisce lo sviluppo di azioni di protezione della salute degli utilizzatori di droga, ma tali azioni richiedono spesso un adattamento del quadro legislativo. È il caso per le terapie di sostituzione. L’efficacia di questi trattamenti è oggi riconosciuta, sia a livello europeo, che a livello mondiale,

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dall’OMS, ma in certi paesi europei questi trattamenti non hanno ancora un quadro legale. Inoltre tali terapie sono spesso fornite in un ambito ristretto, mentre, ai fini della sanità pubblica e della sicurezza, l’azione è tanto più efficace quanto più è importante il numero di utilizzatori che seguono il trattamento, a condizione che non ne vengano sistematicamente sviati gli obiettivi. Inoltre, certe azioni sono sempre ritenute sperimentali, sia a livello nazionale, che internazionale. È vero per i programmi di prescrizione dell’eroina, sperimentati in numerosi paesi europei. L’accettabilità delle azioni: a parte lo status legale, l’accettabilità delle azioni da parte dell’opinione pubblica è variabile a seconda dei contesti. L’apertura di strutture di accoglienza per tossicodipendenti ha suscitato numerosi dibattiti. Le sale di consumo sono considerate ancora inaccettabili in numerose città europee, anche quando si tratta di iniziative proponibili nell’ambito legislativo attuale. Tali sperimentazioni richiedono un cambiamento delle percezioni e dei comportamenti. L’azione deve corrispondere a obiettivi chiaramente individuati, deve essere negoziata, in base ai risultati ottenuti con le sperimentazioni in corso. La contraddizione tra gli obiettivi di repressione del traffico di stupefacenti e gli obiettivi di salute pubblica: una politica locale che si pone come obiettivo l’integrazione deve individuare le contraddizioni, che sono ben evidenti. Alcune rientrano nell’ambito delle prassi, tuttora da adattare, ma esistono molte differenze nelle missioni. Il traffico di stupefacenti si può sviluppare ovunque si incontrano degli utilizzatori di droga, nel contesto della vita corrente o in un contesto istituzionale, quali i centri di accoglienza. Il problema si pone in termini diversi a seconda che si tratti di una “scena aperta” urbana, di un programma di scambi di siringhe o di un centro di trattamento, o di contesti festivi. L’esperienza ha dimostrato che le “scene aperte” nelle città non devono essere tollerate, né a nome della sicurezza, né a nome della protezione della salute e della riabilitazione degli utilizzatori di droga. Invece, le pratiche culturali dei giovani devono essere accettate e anche incoraggiate e un’informazione adattata deve essere fornita per quanto riguarda i rischi. In ogni caso, occorre valutare in quale misura e con quali pratiche professionali può essere controllato il traffico di stupefacenti e possono essere garantite la sicurezza degli abitanti e degli utilizzatori e la protezione della salute. La crescente richiesta di sicurezza: la richiesta di sicurezza porta a misure più severe di controlli sociali, che possono nuocere ai principi su cui sono basate le politiche e le pratiche professionali nelle varie politiche settoriali, della salute, protezione della gioventù, della famiglia, ecc... Per fare un esempio di tali contraddizioni: è stato raggiunto un consenso tra gli esperti circa il rifiuto di trattamenti obbligatori, che conferiscono un carattere di punizione al trattamento. Contrariamento al trattamento della dipendenza, quello per gravi problemi psichici può invece essere imposto con provve-

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dimento giudiziario. Ebbene, il trattamento della dipendenza deve essere affiancato da quello dei disturbi psicologici per gli utilizzatori di droga che ne sono colpiti. Il reinserimento dei delinquenti recidivi utilizzatori di droga deve anch’esso prendere in considerazione la dipendenza. Il trattamento della dipendenza in tale ambito deve essere imposto? E quale definizione si dà di «delinquenti recidivi»? Ci si riferisce a furti, aggressioni a mano armata o detenzione di droga, necessariamente associata al consumo? L’utilizzo di test (urine, analisi dei capelli), secondo le legislazioni nazionali sullo status legale dei consumi di droghe può anch’esso violare le libertà dei singoli individui. Ciascuna di tali misure deve essere dibattuta pubblicamente, nell’ambito di discussioni che confrontino sia i mezzi di cui si vuole disporre, che i risultati, comprendenti tanto gli effetti ricercati quanto le varie incidenze (per esempio, sui rapporti professionali, sociali, a seconda dei gruppi di appartenenza, familiari, ecc).

impostazione. Come per tutte le questioni che riguardano la società, è essenziale fare la distinzione tra quanto è di competenza dell’esperienza e del know-how e quanto invece deve essere definito in un dibattito civico.

Queste varie contraddizioni devono essere gestite sulla base di tre principi: [·] La sperimentazione [·] La valutazione dei risultati [·] La negoziazione Questi tre principi contribuiscono a costituire delle politiche di riduzione del danno: le prime azioni hanno quasi sempre un carattere sperimentale, soprattutto quando richiedono un cambiamento del quadro legislativo, ma l’approccio sperimentale deve essere continuo: è necessario per adattare le azioni al cambiamento costante degli usi, dei rischi e delle loro conseguenze per gli utilizzatori di droga e il loro ambiente. Il carattere sperimentale è sempre necessariamente accompagnato da una valutazione dei risultati, degli effetti e degli impatti. I risultati possono essere ottenuti mediante azioni condotte precedentemente o in altri luoghi. È sulla base dei risultati ottenuti che devono essere condotte le negoziazioni tra gli attori. Inoltre, la negoziazione deve essere alimentata dai pareri degli esperti: l’accesso alle siringhe sterili non si presta a negoziazione. È necessario per la prevenzione delle malattie infettive, Aids, epatiti. Le modalità dell’azione, invece, possono essere oggetto di negoziazioni. Il rischio che si corre sono le risposte fornite frettolosamente, al solo fine di rassicurare l’opinione pubblica. Tali azioni portano a una escalation di provvedimenti repressivi che, invece di rassicurare, non fanno altro che aumentare le richieste di sicurezza, poiché non si dimostrano sufficienti per risolvere il problema. Per spezzare questo circolo vizioso, bisogna invece sapere dedicare tempo alla consultazione e ai dibattiti, associandovi tutti gli attori interessati, dagli operatori dei diversi settori, alle associazioni (utilizzatori di droga, giovani, famiglie, gruppi, ecc.). Le questioni sollevate dall’uso della droga non rientrano unicamente nella sfera del dibattito di opinioni, né del resto nella sfera del dibattito scientifico, tanto più che, dalla biologia all’antropologia, passando per tutte le teorie psicologiche o psicoanalitiche, ogni settore ha la propria

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Conclusioni

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I servizi di assistenza sanitaria di base, in stretto contatto con la popolazione, svolgono un ruolo cruciale nelle politiche urbane locali. Nella politica in materia di droga, i servizi di polizia sono stati a lungo (e lo restano sovente tuttora) i soli a potere intervenire sul territorio. Grazie a delle equipe che vanno ad assistere gli utilizzatori di droga nelle strade, negli edifici occupati abusivamente o nelle feste, esiste ormai una gamma di servizi sanitari e sociali che rappresentano un’alternativa sul campo a una risposta puramente repressiva. Tali servizi dipendono da una politica di sanità pubblica cosiddetta di «riduzione del danno» da consumo di sostanze stupefacenti (harm reduction). La loro missione principale è la tutela della salute. Gli interventi hanno lo scopo di evitare sul breve periodo il degrado della salute dell’utilizzatore di droga, di facilitare il suo accesso alle cure e di lottare contro l’esclusione. Tali azioni possono inoltre contribuire alla sicurezza e alla coesione sociale. D’altronde, è per rispondere ai disturbi alla quiete pubblica causati dai raggruppamenti di utilizzatori di droga che numerose città europee, soprattutto nell’Europa del Nord, hanno sviluppato una gamma di servizi di assistenza di base, che corrispondono a tutti i bisogni individuati e integrati nella politica urbana locale. La riduzione dell’offerta e la riduzione della domanda di droga mirano a essere complementari nelle politiche in materia di lotta alla droga dell’Unione europea, ma, per la tossicodipendenza, l’alternativa tra «repressione» e «trattamento» si è dimostrata insufficiente per trovare soluzioni ai problemi che si pongono a livello del territorio. Gli utilizzatori di droga che causano disturbi al vicinato sono appunto quelli che sfuggono all’assistenza istituzionale, di repressione o di cura. Le azioni di riduzione del danno forniscono un complemento necessario e incisivo, di cui è ormai dimostrata l’efficacia. Più sono numerosi gli utilizzatori assistiti, più sarà tutelata la loro salute, e meno gli abitanti dovranno subire disturbi, violenze o atti di delinquenza associati all’uso delle droghe. La cooperazione tra i servizi non è mai semplice. Ognuno ha le proprie missioni, ubbidisce alle proprie logiche. Gli amministratori locali sono in grado di negoziare tra queste varie logiche in nome dell’interesse generale che rappresentano. Sono l’istituzione legittima che fa da tramite tra i servizi e i cittadini, di cui sono i legittimi rappresentanti. Sono altresì i garanti della coesione sociale, che comprende il benessere di tutti, un equo accesso alle risorse disponibili, il rispetto della diversità, l’autonomia personale e la partecipazione dei cittadini. Qualunque sia la ripartizione delle competenze in materia di droga, l’impegno degli amministratori locali è quindi determinante per sviluppare un dispositivo di riduzione del danno che sia coerente con l’insieme dei servizi. La politica in materia di droga non è dissimile da tutte le altre politiche urbane: i risultati corrispondono al coinvolgimento degli attori.

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