Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

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European Forum for Urban Security

Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale Per contrastare la radicalizzazione, le risposte repressive, da sole, non sono sufficienti. Occorre ugualmente attuare misure preventive per affrontarne la cause profonde. Tali interventi devono mirare a stimolare la creazione di partenariati locali per la prevenzione della criminalitĂ , volti a rafforzare la resilienza degli individui e dei gruppi contro il rischio di radicalizzazione. La presente pubblicazione si propone di tracciare un quadro di questa problematica e di fornire spunti e strumenti pratici per potenziare le capacitĂ dei soggetti interessati a livello locale di combattere il fenomeno, tanto sul piano politico che tecnico.


Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> Il presente documento, pubblicato dal Forum europeo per la sicurezza urbana (Efus), è frutto delle attività condotte dal 2014 al 2016 nell’ambito del progetto “Local Institutions AgaInSt Extremism” (LIAISE). È stato redatto da Sebastian Sperber, Juan Cristellys e Véronique Ketelaer, in qualità di responsabili del programma, sotto la direzione di Elizabeth Johnston, Direttrice esecutiva dell’Efus, con il contributo degli esperti delle associazioni partner, Götz Nordbruch, dell’Ufuq.de, e Charlotte Kathe, Tanya Silverman e Rashad Ali, dell’Institute for Strategic Dialogue, nonché delle città partner del progetto. L’utilizzo e la riproduzione sono concessi a titolo gratuito per scopi non commerciali e a condizione che venga specificata la fonte. Revisione: Francesca Saltarelli Traduzione: Gianfranca Gabbai Impaginazione: Marie Aumont, micheletmichel.com Stampato presso: Cloître Imprimeurs, Saint-Thonan - France ISBN : 2-913181-48-1 Deposito legale: settembre 2016 European Forum for Urban Security 10, rue des Montiboeufs 75020 Paris - Francia Tel.: + 33 (0)1 40 64 49 00 contact@efus.eu - www.efus.eu

Con il sostegno finanziario della Commissione europea. Il contenuto della presente pubblicazione non riflette la posizione dell’Unione europea. Gli autori sono i soli responsabili delle informazioni e delle opinioni che vi sono espresse.


European Forum for Urban Security

Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale


Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

Ringraziamenti

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> Il progetto “Local Institutions AgaInSt Extremism” (LIAISE) è stato condotto grazie all’impegno dei rappresentanti delle città partner Augsburg (Germania), Bruxelles (Belgio), Düsseldorf (Germania), l’Hospitalet de Llobregat (Spagna), Liegi (Belgio), Malmö (Svezia), Reggio Emilia (Italia) e Vilvoorde (Belgio), nonché dell’Associazione tedesca per l’educazione civica e le attività di prevenzione Ufuq.de e dell’Istituto britannico Institute for Strategic Dialogue, che hanno fornito un contributo concreto apportando le loro competenze alle diverse sessioni di formazione del progetto e alla redazione della presente guida. Ringraziamo gli amministratori locali e i loro collaboratori per avere condiviso le loro esperienze e conoscenze e desideriamo inoltre estendere un vivo ringraziamento agli esperti per il prezioso contributo e gli approfondimenti forniti. Oltre alla Commissione Europea, il cui sostegno finanziario è stato essenziale per la realizzazione di questo progetto e di questa pubblicazione, desideriamo ringraziare tutte le persone che ci hanno accolti durante le nostre sessioni di formazione e gli oratori che sono intervenuti nei dibattiti.

Città partner del progetto Diana Schubert (Augsburg, Germania), Hadelin Feront (Bruxelles, Belgio), Tanja Schwarzer e Stephan Glaremin (Düsseldorf, Germania), José Antonio García-Calvillo Moreno, Laia González Pradanos e Oscar Negredo Carrillo (L’Hospitalet de Llobregat, Spagna), Manuel Comeron e Catherine Schiltz (Liegi, Belgio), Malin Martelius, Anna Kosztovics e Arash Zinat Bakhsh (Malmö, Svezia), Papa Seck (Reggio Emilia, Italia) e Jessika Soors (Vilvoorde, Belgio).

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Istituzioni partner del progetto Götz Nordbruch (Ufuq.de, Germania), Institute for Strategic Dialogue (Regno Unito).

Partner associati Laetitia Nolet (Forum belga per la prevenzione e la sicurezza urbana, Belgio), Harald Weilnböck e Anika Posselius (Cultures Interactive, Germania).

Altri contributi Sophie Le Bihan (Montreuil, Francia), Farid Bounouar (Sarcelles, Francia), Christiane Nischler (Stato di Baviera, Germania), Hans Bonte (Vilvoorde, Belgio), Andreas Schönström, Per-Erik Ebbeståhl, Sarah Hansson, Julia Kjellbom, Aviva Suskin Holmqvist, Dirk Wurm, Peter Bommas (Augsburg, Germania), Chris Williams (Brent, Regno Unito), Arris Blom (Rotterdam, Paesi Bassi), Marik Fetouh (Bordeaux, Francia), Henning Mols (Aarhus, Danimarca), Sindyan Qasem (Ufuq.de, Germania), Sasha Havlicek, Erin Saltman, Henry Tuck, James Kearney, Munir Zamir, Zahed Amanullah, Rebecca Skellett, Sarah Kennedy (Institute for Strategic Dialogue, Regno Unito), Ross Frenett, Vidhya Ramalingam (Moon Shot CVE), Anissa Akhandaf (Anversa, Belgio), Georgina Nitzsche, Edit Schlaffer (Women Without Borders, Austria), Saliha Ben Ali (Society Against Violent Extremism, Belgio), Willy Demeyer (Liegi, Belgio), Alain Grignard, Hassan Bousseta (Università di Liegi, Belgio), Juan Cortes Leclou (Direzione generale per la sicurezza e la prevenzione, Belgio), Erwin Van Vlierberghe (Organo di coordinamento belga per l’analisi delle minacce, Belgio), Craig McCann (Unità centrale della polizia per il contrasto del terrorismo, Regno Unito), Victor Steenssens (Arktos asbl, Belgio), Robert Örell (Fryshuset/Exit Sweden, Svezia), Julia Reinelt (Violence Prevention Network, Germania), Lily Maxwell, Tomás Santamaría Agudo (Centro di lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata, Ministero dell’Interno, Spagna)

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Indice

>>>>>>>>>>>>>>> Prefazione.......................................................................p. 8 Introduzione.................................................................p. 10 Capitolo I - Comprensione della radicalizzazione e sensibilizzazione al fenomeno................................p. 15 I. Definizione dei concetti............................................................. p. 16 II. Meccanismi e livello di spiegazione: comprensione del processo.... p. 16 III. Prevenzione della radicalizzazione che conduce all'estremismo violento......................................................................................... p. 17 IV. Pratiche e strumenti................................................................. p. 17

Capitolo II – Elaborazione di una strategia locale interistituzionale.........................................................p. 29 I. Pensa globale, agisci locale: "glocalizzazione" e sviluppo di una strategia locale................................................................... p. 31 II. Tipi di azione attuati a livello locale.......................................... p. 32 III. Raccomandazioni.................................................................... p. 32 IV. Pratiche e strumenti................................................................ p. 32

Capitolo III - Sostegno e rafforzamento delle famiglie................................................................................. p. 35 I. Supporto alle famiglie e rafforzamento delle loro capacitĂ : tappe e modalitĂ ........................................................................... p. 37 2. Come avvicinare le famiglie e stabilire un dialogo con loro....... p. 59 3. Raccomandazioni...................................................................... p. 64

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4. Pratiche e strumenti................................................................. p. 68


Capitolo IV - Prevenzione e costruzione della resilienza.............................................................p. 35 I. Istituti scolastici ed educazione formale.................................... p. 37 II. Politiche di welfare e servizi sociali per la gioventĂš.................. p. 59 III. Le comunitĂ ............................................................................ p. 64 IV. Le forze di polizia..................................................................... p. 68 V. Raccomandazioni...................................................................... p. 68 VI. Pratiche e strumenti................................................................ p. 68

Capitolo V - Deradicalizzazione e iniziative di disimpegno...............................................................p. 35 I. Il processo di gestione delle segnalazioni.................................. p. 37 II. Struttura dell'intervento........................................................... p. 59 III. Guadagnarsi la fiducia............................................................. p. 64 IV. Il caso dell'estremismo religioso: il ruolo della religione.......... p. 68 V. Disimpegno............................................................................... p. 68 VI. Raccomandazioni.................................................................... p. 68 VII. Pratiche e strumenti............................................................... p. 68

Capitolo VI - Contro-argomentazioni...........................p. 35 I. 1. Pianificare e creare una campagna......................................... p. 37 II. Realizzare una campagna......................................................... p. 59 III. Diffusione e valutazione.......................................................... p. 64 IV. Raccomandazioni.................................................................... p. 68 V. Pratiche e strumenti................................................................. p. 68

Riferimenti bibliografici.............................................p. 79 7


Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

Prefazione

>>>>>>>>>>>>>>>>>>> La radicalizzazione che conduce all’estremismo violento è un problema sociale dilagante. Le città europee lo hanno sperimentato in prima persona in questi ultimi anni, poiché sono state teatro di eventi drammatici e tragici. I recenti attacchi terroristici hanno sottolineato, non soltanto in Europa, ma anche altrove nel mondo, l’urgente necessità di combattere un fenomeno le cui cause profonde devono essere affrontate mediante un’azione di prevenzione. Gli atti di estremismo violento che intendono colpire i valori fondamentali delle società democratiche, lungi dal farci arretrare di fronte al terrore, rafforzano le profonde convinzioni che il Forum europeo per la sicurezza urbana sostiene da circa 30 anni, e cioè che la sicurezza deve essere considerata un bene comune condiviso da tutti e che la prevenzione dell’esclusione sociale e la lotta contro le discriminazioni contribuiscono a consolidare i legami sociali e a costruire la resilienza individuale e collettiva. Per questo motivo è oggi più che mai fondamentale che le città collaborino per costruire una rete di solidarietà. In tale contesto, gli enti locali non possono agire da soli per affrontare le cause profonde della radicalizzazione, in particolare perché tale fenomeno può alcune forze politiche ad alimentare pregiudizi e fare amalgami pericolosi, incitando alla stigmatizzazione di determinati gruppi di popolazione.

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È per questa ragione, e per rispondere alle richieste di numerose città aderenti, che l’Efus ha deciso di aiutare gli enti locali a sviluppare la propria capacità di prevenire la radicalizzazione, ribadendo il ruolo strategico essenziale che possono svolgere nel contrastare tale fenomeno. Per perseguire questo obiettivo, l’Efus si è progressivamente impegnato in una vasta rete di cooperazioni e di attività a livello europeo e internazionale. In tale ambito, l’Efus si adopera per diffondere il punto di vista e le esigenze degli enti locali, sottolineando l’importanza di garantire che ogni misura preventiva di contrasto alla radicalizzazione non leda i diritti umani fondamentali. Tra le iniziative più importanti in questo campo figura il progetto Local Institutions AgaInSt Extremism (LIAISE), lanciato dall’Efus nel settembre 2014 con il sostegno finanziario della Commissione europea. Dopo due anni di intense attività, condotte da 10 città partner appartenenti a sei paesi europei e costantemente sostenute dall’Efus e dagli esperti, le conoscenze ottenute nel corso di questo progetto sono state raccolte in questa pubblicazione. L'obiettivo principale è quello di assistere le città a mettere in pratica le competenze attualmente disponibili in materia di radicalizzazione sotto il profilo della ricerca e delle decisioni politiche. Non ha certo la pretesa di fornire una risposta esauriente a questo fenomeno straordinariamente complesso, ma si propone di presentare una raccolta di conoscenze, prassi e strumenti destinati ad aiutare le città a trovare risposte ai loro interrogativi, affrontando il problema in funzione del contesto locale. Elizabeth Johnston Direttrice esecutiva

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Introduzione

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Negli ultimi vent’anni, la radicalizzazione è diventata un problema sempre più cruciale a livello della ricerca e delle decisioni politiche. Nelle agende politiche di tutta Europa sono state inserite iniziative di contrasto del fenomeno, molto spesso in periodi di intensa attività politica e legislativa, generalmente sotto la spinta di eventi drammatici con una forte carica emotiva, quali gli attacchi terroristici. L'elaborazione e l'attuazione di politiche di contrasto sono state caratterizzate, nella loro fase iniziale, spesso all'indomani di un attentato, da misure piuttosto "dure" e "repressive", di natura giuridica e amministrativa (arresti, messa al bando dell’organizzazione, congelamento dei beni, ecc.). Tuttavia, la prevenzione è rapidamente emersa come una componente essenziale di ogni strategia, dal momento che le risposte repressive, da sole, non bastano per contrastare efficacemente la radicalizzazione. Oltre alle azioni condotte dalle forze di polizia e alle misure adottate dalle autorità giudiziarie per far fronte alle conseguenze della radicalizzazione, occorre ugualmente porre in essere misure preventive per combatterne le cause profonde, che spingono individui e gruppi verso l’estremismo violento. Dunque, al fine di individuare opportunità di prevenzione e di intervento, è fondamentale comprendere che la radicalizzazione è un processo che può essere contrastato con il coinvolgimento degli enti locali. Infatti, nonostante non sia possibile comprendere esattamente le cause della radicalizzazione, è innegabile che tale processo e i suoi fattori esplicativi presentano componenti locali e si manifestano localmente, talvolta con atti violenti. Per quanto Internet e i social media forniscano ormai una piattaforma estremamente efficace per la diffusione di ideologie estremiste, il contatto virtuale online solitamente induce a cercare un contatto fisico offline con individui o gruppi estremisti, che avviene in luoghi specifici. Questo evidenzia il fatto che gli enti locali1, vista la conoscenza precisa che hanno del loro contesto e la loro prossimità

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1- Nel presente documento si utilizza l’espressione enti o collettività locali come termine generico per indicare tutti i tipi di governo locale presenti nei paesi europei, quali città, comuni, ecc. Ai sensi della Carta europea dell’autonomia locale, adottata dal Consiglio d’Europa nel 1985, “le collettività locali (sono) dotate di organi decisionali democraticamente costituiti, che beneficiano di una vasta autonomia per quanto riguarda le loro competenze, le modalità di esercizio delle stesse e i mezzi necessari all’espletamento dei loro compiti istituzionali”.


ai cittadini, occupano una posizione strategica ideale per coordinare o attuare direttamente le misure preventive e per mobilitare tutti gli attori locali che possono contribuire a prevenire la radicalizzazione. Le autorità locali, pur non essendo assolutamente gli unici enti responsabili o in grado di determinare da soli la realtà delle situazioni locali, dispongono ciò nonostante di una notevole capacità di contrastare tale fenomeno. Quali sono i settori di intervento in cui dovrebbero agire per prevenire la radicalizzazione a livello locale? Come possono dare attuazione pratica alle proprie iniziative? Il presente documento intende affrontare tali questioni tracciando un quadro della problematica e fornendo spunti e strumenti pratici destinati a formare i portatori di interesse a livello locale su come affrontare il fenomeno, sia sul piano tecnicosia su quello politico. Tutte le informazioni contenute nella presente pubblicazione sono frutto dei lavori condotti tra il 2014 e il 2016 nell’ambito dei progetto europeo LIAISE (Local Authorities AgaInSt Extremism) guidato dall’Efus. Il progetto ha riunito dieci città di sei diversi paesi: Augsburg (Germania), Bruxelles (Belgio), Düsseldorf (Germania), L’Hospitalet (Spagna), Liegi (Belgio), Malmö (Svezia), Montreuil (Francia), Reggio Emilia (Italia), Sarcelles (Francia), Vilvoorde (Belgio), nonché l’istituto di ricerca britannico Institute for Strategic Dialogue, specializzato nello studio del fenomeno dell’estremismo, e l’associazione tedesca per gli scambi interculturali, Ufuq.de. Vi hanno inoltre partecipato, in quanto partner associati, il Forum belga per la prevenzione e la sicurezza urbana e l’associazione tedesca Cultures Interactive. Il progetto mirava a definire un programma di formazione studiato per rispondere alle esigenze specifiche dei portatori di interesse locali; sono stati raccolti nella presente pubblicazione i contenuti e le conoscenze elaborati nel corso delle varie sessioni di formazione. Il documento è strutturato in funzione delle questioni affrontate nel corso del progetto e individuate congiuntamente da tutte le città partner come aree tematiche di particolare rilevanza per gli stakeholder locali. Tali tematiche, che corrispondono ai diversi capitoli della pubblicazione, sono presentate qui di seguito:

 Comprensione della radicalizzazione e sensibilizzazione al fenomeno

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 Elaborazione di una strategia locale interistituzionale  Sostegno e rafforzamento delle famiglie le famiglie  Prevenzione e costruzione della resilienza  Deradicalizzazione e iniziative di disimpegno  Contro-argomentazioni Questi capitoli tematici presentano tutti la stessa struttura:

 Analisi: questa sezione sviluppa l’argomento di cui tratta il capitolo e illustra vari modi per affrontare la radicalizzazione e l’estremismo violento a livello locale. Questa parte analitica si conclude con una serie di raccomandazioni pratiche.

 Pratiche e strumenti: questa sezione fornisce due tipi di indicazioni pratiche: 1) studi di casi concreti, per illustrare le prassi locali, in funzione del problema affrontato, e 2) vari strumenti per l'applicazione dei metodi illustrati nel capitolo. Entrambi gli aspetti sono sintetizzati e presentati brevemente in questa sezione e sono disponibili online con maggiori dettagli. Inoltre, sono disponibili online sei video tematici per introdurre gli argomenti e le idee illustrati in ciascun capitolo. Tali supporti audiovisivi possono essere utilizzati, ad esempio, per introdurre l’argomento durante una sessione di formazione. (Si possono visionare su www.efus.eu). Un’attenzione particolare dovrebbe essere rivolta all’ambito analitico del documento. Tenendo conto della varietà dei contesti locali studiati in questo progetto, l’espressione “radicalizzazione che conduce all’estremismo violento”, utilizzata nella presente pubblicazione, include ogni forma di radicalizzazione. Si è ritenuto indispensabile tale approccio, poiché varie forme di radicalizzazione possono rafforzarsi reciprocamente. In effetti, gli attentati terroristici, a medio e lungo termine, non provocano soltanto morte, distruzione e danni economici, ma causano divisioni e polarizzazioni all’interno delle comunità e determinano l’insorgere di ideologie estremiste e reazionarie in alcune fasce sociali. Questa situazione crea un terreno favorevole alla propagazione dell’estremismo, contribuendo a innescare un circolo vizioso di radicalizzazione e di reazioni violente per contrastarla. Pertanto, il presente documento non si concentra su un'unica forma di radi-

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calizzazione che conduce a un determinato tipo di estremismo violento, ma mira a coprire tutte le forme che può assumere questo fenomeno.

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Capitolo I

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Comprensione della radicalizzazione e sensibilizzazione al fenomeno

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1. Comprensione della radicalizzazione e sensibilizzazione al fenomeno

Vai a www.efus.eu per vedere il video introduttivo a questo capitolo Ad oggi, non esiste un consenso o una definizione universalmente accettata, né a livello accademico, né a livello governativo, di ciò che costituisce precisamente la radicalizzazione. Il concetto stesso non può essere dato per scontato. Oggi la confusione sulla sua definizione è acuita dalle crescenti preoccupazioni associate al terrorismo e dall’enorme copertura mediatica, non sempre basata su prove o analisi informate. Oltre al problema di una corretta definizione della radicalizzazione, vi sono anche alcuni accademici che hanno provato a dimostrare che il fenomeno della radicalizzazione non esiste, ma che si tratta un mito funzionale alla creazione di nuovi programmi di sicurezza, nonché alla legittimazione delle reazioni degli Stati.2 Tuttavia, anziché negare la validità di un concetto che molto probabilmente nei prossimi anni dominerà la ricerca, il dibattito pubblico e la politica, la maggior parte dei ricercatori e dei responsabili politici cerca di comprendere meglio le cause e i meccanismi che portano ad accettare la violenza come mezzo giustificabile per raggiungere gli obiettivi.

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2- A. Hoskins e B. O’Loughlin, “Media and the myth of radicalization”, in Media, War and Conflict 2: 2009.


I. Definizione dei concetti

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> Sebbene la sua definizione rimanga ambigua e controversa, esiste un consenso generale sul fatto che la radicalizzazione consiste nel processo attraverso il quale un soggetto o un gruppo diventa estremista.3 4 Pertanto, la radicalizzazione può essere intesa come un percorso verso varie forme di estremismo come, ad esempio, l’estremismo di destra, di sinistra, anarchico, religioso, nazionalista e ambientalista. Comprendere questo fenomeno in quanto processo implica la consapevolezza del fatto che la sua progressione porta a un risultato: l’estremismo. Ed è a questo punto, quando si tratta di definire il "risultato finale" di questo processo, che emergono ulteriori controversie. Molto spesso, il termine radicalismo è utilizzato anche per indicare il risultato di un processo di radicalizzazione, ovvero il fatto che soggetti radicalizzati diventano radicali. Tuttavia, se si osservano le radici lessicali dell’espressione, radicale racchiude l’idea di un cambiamento dello status quo della società, e significa anche cambiamento progressivo e rinnovo.5 I movimenti politici associati alla riforma liberale del XVIII secolo e i movimenti socialisti della fine del XIX secolo e dell’inizio del XX si definivano radicali. Nelson Mandela e Martin Luther King, ad 3- Alcuni studiosi sostengono che il concetto di radicalizzazione può essere applicato anche alla “preparazione dello Stato al conflitto”, nonché ad attori non statali. Tuttavia, il concetto è comunemente applicato ad attori non statali, che per lo Stato e la popolazione rappresentano una sfida o perfino una minaccia. La presente pubblicazione si concentra sull'uso comune del concetto di radicalizzazione, riferito appunto ad attori non statali. Cfr. C. McCauley e S. Moskalenko “Mechanisms of Political radicalization: Pathways Toward Terrorism”, in Terrorism and Political Violence, 20:3, 2008, pagg. 416. 4- P. Neumann, “The trouble with radicalization”, in International Affairs, The Royal Institute of International Affairs Volume 89, Issue 4, pagg. 873-893, luglio 2013; Della Porta e G. LaFree, Guest Editorial: ‘Processes of Radicalization and De-Radicalization’, IJCV, Vol. 6, n. 1, 2012, pag. 4; C. McCauley e S. Moskalenko (2008) Mechanisms of Political radicalization: Pathways Toward Terrorism, Terrorism and Political Violence, 20:3, 2008, pag. 416; M. Ranstorp, Understanding Violent Radicalisation: Terrorist and Jihadist Movements in Europe, Routledge, New York, 2010, pagg. 19-23; R. Borum, “Radicalisation into Violent Extremism II: A Review of Conceptual Models and Empirical Research”. Journal of Strategic Security 4, n. 4, 2011, pagg. 37-62; F. Khosrokhavar, Radicalisation, Éditions de la Maison des sciences de l'homme, Parigi, 2015 5- A. P. Schmid, “Radicalisation, De-Radicalisation, Counter-Radicalisation: A Conceptual Discussion and Literature Review”, The International Centre for Counter-Terrorism, 2013, pag. 12.

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esempio, che vennero considerati dei radicali, lottarono per le libertà e per i diritti che oggi fanno parte dei nostri valori fondamentali. D'altro canto, nonostante la sua ambiguità e le sue diverse accezioni, l’estremismo può essere descritto come insieme di idee diametralmente opposte ai valori fondamentali di una società, caratterizzato dall’intolleranza verso i discorsi che gli sono contrari.6 Generalmente si distinguono due principali tipi di estremismo che derivano da processi di radicalizzazione: estremismo cognitivo e estremismo comportamentale:7

 Estremismo cognitivo: riguarda le idee che, secondo le attuali democrazie liberali, sono diametralmente opposte ai valori fondamentali della società. Può comprendere qualsiasi tentativo di imporre alla società la supremazia di una determinata ideologia o credenza, attraverso la negazione dei principi democratici e dei diritti umani.

 Estremismo comportamentale: riguarda i mezzi e i metodi utilizzati da chi cerca di raggiungere i propri obiettivi senza tenere conto della vita, dei diritti umani o della libertà altrui. Di conseguenza, alcuni considerano la radicalizzazione come un processo che porta a punti di vista “estremisti”, mentre altri sottolineano anche il comportamento violento che talvolta deriva da tale processo. Ovviamente, suscita maggiore preoccupazione la radicalizzazione che conduce all’estremismo comportamentale, poiché spesso sfocia nell’uso della violenza come mezzo per mettere in atto determinate idee e, di conseguenza, può costituire una vera e propria minaccia per la società e la sua sicurezza. Pertanto, numerosi studiosi e governi utilizzano l’espressione “estremismo violento” per indicare quest’ultimo tipo di estremismo.8 6- Roger Scruton fornisce tre definizioni di estremismo: “Termine vago, che può significare: 1. Spingere al limite un’idea politica, a prescindere dalle ripercussioni ‘incresciose’, l’attuazione impossibile, le argomentazioni e i sentimenti diversi, con l’intenzione non solo di combattere ma anche di eliminare l’opposizione. 2. Intolleranza nei confronti di qualsiasi opinione diversa dalla propria (vedere tolleranza). 3. Adozione di mezzi per fini politici che disattendono le norme di condotta accettate, e che mostrano in particolar modo disprezzo per la vita, la libertà e i diritti umani degli altri”. Consultare R. Scruton, The Palgrave Macmillan dictionary of political thought, 3° ed., Basingstoke: Palgrave Macmillan, 2007. 7- P. Neumann, “The trouble with radicalization”, in International Affairs, The Royal Institute of International Affairs Volume 89, Issue 4, pp 873–893, luglio 2013 8- I termini estremismo o estremista sono quasi sempre esonimi, ovvero sono definizioni applicate da altri a un gruppo, e non sono utilizzate dal gruppo stesso per definirsi tale.

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La correlazione tra l’estremismo cognitivo e quello comportamentale è oggetto di dibattito. Sebbene alcuni sostengano che il primo conduca al secondo, altri ritengono che non vi sia un collegamento tra i due tipi di estremismo. Chiaramente, non tutte le persone che sostengono un pensiero radicale si comportano in modo radicale. Infatti, una società democratica pluralista in cui esiste la libertà di pensiero e di coscienza concede ai propri cittadini la libertà di sostenere opinioni radicali. Tuttavia, nel caso in cui una visione del mondo non solo sia radicale a livello ideologico, ma inoltre consenta e richieda attivamente l’uso di metodi estremi e violenza per raggiungere i propri obiettivi, si avvicina inevitabilmente alla violenza e potenzialmente al terrorismo. Per tale motivo, e poiché ciò rappresenta la minaccia più grave per la società, questa pubblicazione verte sul problema della radicalizzazione che conduce all’estremismo violento e sulla sua prevenzione.

II. Meccanismi e livelli di spiegazione: comprensione del processo

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> Come già detto, non esiste un’unica teoria sulla radicalizzazione. Discipline diverse forniscono letture differenti del fenomeno. La sociologia, la psicologia e la psichiatria, ad esempio, consentono di capire i fattori che aumentano le probabilità di radicalizzazione. Le scienze politiche, la teologia e la filosofia forniscono indicazioni sulla logica delle opinioni estremiste in termini di rivendicazioni politiche e identitarie, mentre l’economia e il diritto descrivono il contesto materiale in cui ha luogo il processo e il quadro giuridico con cui viene affrontato. Tuttavia, nonostante la diversità delle teorie, praticamente tutti i modelli accademici concettualizzano la radicalizzazione come processo progressivo che avviene in un periodo di tempo. Pertanto, la natura progressiva del fenomeno implica il passaggio attraverso più fasi e stadi nel tempo, nonché il coinvolgimento di diversi fattori e dinamiche scatenanti ed esplicativi.

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Questa progressione è stata descritta attraverso vari modelli accademici, come la scala di Moghaddam9, la piramide di McCauley e Moskalenkos10, il nastro trasportatore di Baran11 o il modello di Huq/ NYPD 12. Fathali Moghaddam ha elaborato la metafora della “scala del terrorismo” per spiegare la natura progressiva della radicalizzazione. Questo modello indica che i soggetti partendo da un livello di base, attraversano cinque livelli successivi e ascendenti che culminano nell'ultimo, cioè nell'estremismo. (vedi figura 1). Secondo questo modello, sempre meno persone salgono al livello successivo, il che significa che un numero relativamente ridotto di persone raggiunge l’ultimo livello, ossia il terrorismo.

9- F. M. Moghaddam, "The Staircase to Terrorism: A psychological exploration," in American Psychologist 60 ,2005, pp 161–169. 10- C. McCauley e S. Moskalenko, “Mechanisms of Political radicalization: Pathways Toward Terrorism”, in Terrorism and Political Violence, 20:3, 2008, pp 415-433 11- Z. Baran, “Fighting the war of ideas”, in Foreign Affairs 84: 6, nov.–dic. 2005. 12- M. D. Silber e A. Bhatt, Radicalization in the West: The Homegrown Threat, New York: Police Department, City of New York, NYPD Intelligence Division, 2007.

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Figura 1: scala di Moghaddam

Quinto piano Atto terroristico ed elusione del meccanismo inibitorio Quarto piano Potenziamento del pensiero categorico e di ciò che si percepisce

Terzo piano Coinvolgimento morale

Secondo piano Spostamento dell’aggressione

Primo piano Possibilità percepite per combattere il trattamento ingiusto

Piano terra Interpretazione psicologica delle condizioni materiali

Fonte: F. M. Moghaddam, "The Staircase to Terrorism: A psychological exploration", in American Psychologist 60, 2005, pagg. 161-169

Allo stesso modo, sempre sottolineando il fatto che solo una piccola minoranza delle persone che si radicalizzano diventa effettivamente terrorista, McCauley e Moskalenko formulano un’ipotesi analoga nel loro modello piramidale.13 Dalla base al vertice, i livelli più alti della 13- Clark McCauley, “Jujitsu Politics: Terrorism and Response to Terrorism”, in Paul R. Kimmel e Chris E. Stout, eds., Collateral Damage: The Psychological Consequences of America’s War on Terrorism, Westport, CT: Praeger, 2006, pagg. 45-65 e Clark McCauley e Sophia Moskalenko (2008) Mechanisms of Political radicalization: Pathways Towards Terrorism, Terrorism and Political Violence, 20:3, pagg. 415-433

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piramide corrispondono a una maggiore radicalizzazione delle convinzioni, dei sentimenti e dei comportamenti. I confini tra i diversi livelli della piramide rappresentano i principali punti di transizione della radicalizzazione: da uno stato di inattività a uno stato di attività. Ad esempio, dall’azione politica legale a quella illegale e da quest’ultima all’effettivo compimento di un atto di terrorismo. Questo modello evidenzia inoltre il fatto che un soggetto, durante il percorso che lo porta a diventare un terrorista, non necessariamente attraversa tutti i livelli in modo lineare. Figura 2: Piramide di McCauley e Moskalenko

Obbligo morale personale

Sostenitori

Simpatizzanti

Neutrali

Fonte: Clark McCauley e Sophia Moskalenko, “Mechanisms of Political Radicalization: Pathways Toward Terrorism”, in Terrorism and Political Violence, 20:3, 2008, pagg. 415-433 In entrambi i modelli, salire le scale o i livelli della piramide della radicalizzazione non è un processo automatico. In ogni fase entrano in gioco diversi processi psicologici, spiegati da varie teorie psicologiche. In questo senso, non esiste un’unica causa o combinazione di fattori

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che spiega la progressione in entrambi i modelli, ma vi è una correlazione tra fattori diversi che emerge da diversi contesti e livelli di spiegazione (livello locale e globale). Pertanto, trovare i fattori determinanti si è dimostrato estremamente difficile. Tuttavia, gli sforzi compiuti per individuare alcuni di questi fattori hanno contribuito a elaborare un “caleidoscopio di fattori” che potrebbe favorire la radicalizzazione.14 I fattori di questo caleidoscopio possono essere raggruppati in grandi categorie a seconda delle loro dimensioni geografiche. Alcuni studiosi utilizzano la distinzione tra livelli interni ed esterni15, mentre altri indicano tre livelli di spiegazione: livello micro, livello meso e livello macro.16 Le differenze tra questi tre livelli di spiegazione possono essere esposte come segue:

 Livello micro: questo livello di comprensione riguarda il livello individuale e include tutte le forme di esperienza o sentimento individuale (reale o percepito), come l’emarginazione, la discriminazione e l’umiliazione.

 Livello meso: questo livello di spiegazione riguarda l’ambiente circostante delle persone e le dinamiche che esistono al suo interno.

 Livello macro: questo livello di spiegazione si riferisce all’ambiente considerato su più ampia scala e riguarda principalmente le questioni sociali e di politica nazionale/estera. Tutti questi livelli di comprensione, che siano indicati come interni o esterni, micro, meso o macro, evidenziano il ruolo fondamentale dell’insoddisfazione e dello scontento tra questi fattori, nonché l’importanza della vulnerabilità individuale e dell’esposizione ad ambienti radicali. 14- M. Ranstorp, Understanding Violent Radicalisation: Terrorist and Jihadist Movements in Europe, Routledge, New York, 2010, pp 19-23 15- ivi 16- A. P. Schmid, “Radicalisation, De-Radicalisation, Counter-Radicalisation: A Conceptual Discussion and Literature Review”, The International Centre for Counter-Terrorism, 2013, pag. 4; M. Sageman, Understanding Terror Networks (Philadelphia: University of Pennsylvania Press, 2004, pag. 115; S. Malthaner, The Radical Milieu, Bielefeld: Institut für interdisziplinäre Konflikt- und Gewaltforschung (IKG), 2010, pag. 1; vedi anche S. Malthaner e P. Waldmann (Eds.), Radikale Milieus. Das soziale Umfeld terroristischer Gruppen, Frankfurt am Main: Campus Verlag, 2012.

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Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

III. Prevenzione della radicalizzazione che conduce all’estremismo violento

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> Riconoscere che la radicalizzazione è un processo dimostra che vi è un ampio margine di prevenzione che consente agli attori locali, e in particolare alle autorità locali, di offrire un importante contributo per affrontare il fenomeno. I modelli accademici precedentemente presentati indicano la presenza di almeno quattro diversi destinatari delle misure di prevenzione (vedere la figura 3 sottostante): il pubblico generale (indicato in verde), i soggetti potenzialmente a rischio di radicalizzazione (indicati in giallo), i soggetti che si trovano in un processo di radicalizzazione (indicati in arancione) e infine i soggetti che sono già estremisti violenti (indicati in rosso). Figura 3: Destinatari di misure preventive

Estremisti violenti Soggetti in un processo di radicalizzazione

Soggetti a rischio

Pubblico generale

Fonte: Efus17 17- Questo diagramma si basa sui diversi modelli presentati in questo capitolo e sui diversi strumenti utilizzati dalle autorità nazionali e locali. Vedere la sezione “Pratiche e strumenti”.

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È possibile tracciare dei paralleli con la prevenzione primaria, secondaria e terziaria. Mentre la prima ha lo scopo di limitare in generale i fattori di rischio, la seconda si rivolge concretamente ai soggetti il cui comportamento è stato già identificato come problematico e la terza incoraggia e aiuta i soggetti ad abbandonare l’estremismo violento, incentrandosi sul disimpegno rispetto alla violenza, sulla deradicalizzazione e sulla prevenzione della recidiva. La prima consiste nel creare resistenza all’attrattiva dei messaggi estremisti, fornendo spazi in cui i soggetti possano esprimere le proprie insoddisfazioni e sviluppare competenze personali e fiducia in se stessi. La seconda consiste nel creare il dubbio e offrire assistenza ai soggetti che hanno intrapreso il processo di radicalizzazione, come pure ai loro familiari e amici. L'ultimo tipo di prevenzione è, chiaramente, il più difficile da mettere in atto, ma anche quello che offre maggiori possibilità di rivolgersi ai soggetti che vorrebbero abbandonare un gruppo estremista. Come illustrato più dettagliatamente nei capitoli successivi, esistono diversi strumenti e tipi di azione che possono essere utilizzati come guida per sviluppare e fornire assistenza. Una delle questioni principali è come identificare i soggetti a rischio, quelli che iniziano a radicalizzarsi ma non sono ancora estremisti violenti e quelli per cui sono stati concepiti i sistemi di assistenza generica e specifica. Questa è una delle sfide maggiori, in particolare perché la radicalizzazione non si limita a un ambiente sociale o a un’origine etnica o religiosa specifica.18 Pertanto, comprendere il processo di radicalizzazione in questa area è fondamentale. Al fine di identificare segnali di radicalizzazione o lo stadio di reale radicalizzazione dei soggetti, nonché di elaborare un modo efficace di avvicinarsi a queste persone sono stati compiuti diversi tentativi. In base alla comprensione teorica e alla successiva esperienza diretta del processo di radicalizzazione le autorità nazionali e locali hanno elaborato un sistema di indicatori per rilevare segnali di radicalizzazione (per ulteriori dettagli, consultare la sezione relativa agli strumenti). Questi strumenti possono essere utilizzati per sensibilizzare i 18- F. Vermeulen e F. Bovenkerk, Engaging with Violent Islamic Extremism. Local Policies in Western European Cities, L’Aia 2012; D.H. Heinke, German Jihadists in Syria and Iraq: An Update, ICSR Insight, Londra 2016

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Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

gli operatori di prima linea e dotarli di una guida atta a individuare e sostenere i soggetti nelle primissime fasi del processo di radicalizzazione, nonché per fornire loro formazione efficace sull’argomento. È importante sottolineare che i segnali d’allarme, se gestiti da operatori non formati, rischiano di generare falsi positivi/false segnalazioni, che possono avere un impatto negativo sulle persone e sulla coesione sociale rischiando di stigmatizzare e danneggiare la capacità dei professionisti locali di intervenire nei casi reali. Pertanto, in questa fase è indispensabile agire con cautela. In primo luogo, ciò che conta non sono segnali d'allarme isolati ma il quadro generale, stabilito in base a un intero insieme di indicatori. È difficile che un singolo indicatore segnali qualcosa di concreto sulla potenziale radicalizzazione di un soggetto. Inoltre, il quadro fornito dagli indicatori non rispecchia necessariamente tutta la realtà di una persona, non è sufficiente a determinare se sia in processo di radicalizzazione o sia concretamente pericolosa. Un insieme di indicatori è solo uno strumento per aiutare a stabilire quale tipo di sostegno e di assistenza dovrebbe essere fornito in ogni singolo caso. Pertanto, dovrebbe essere utilizzato con cautela ed essere considerato solo per quello che rappresenta: uno strumento per comprendere meglio una situazione. Può essere utilizzato, ad esempio, per sottoporre singoli casi all’attenzione di esperti o di una commissione di esperti, in grado di valutare i singoli casi nel dettaglio e di decidere ciò che potrebbe o dovrebbe essere fatto. Sempre in relazione ai segnali d’allarme, chi opera con questi indicatori deve essere a conoscenza del fatto che sono in costante evoluzione, perché gli estremisti, consapevoli dell'esistenza di parametri che rilevano i loro comportamenti, fanno il possibile per passare inosservati.

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Pratiche e strumenti

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> Visita www.efus.eu per consultare le risorse seguenti

Pratiche Rotterdam - Punto di contatto e consulenza sulla radicalizzazione (Paesi Bassi) Creato nel 2011, dopo la precedente versione del 2005 denominata Information Switchpoint, il punto di contatto e consulenza fornisce sostegno a volontari e professionisti sulla qradicalizzazione in generale e i sui singoli casi.

Bordeaux - Centro per la prevenzione della radicalizzazione individuale (Francia) Il Centro per la prevenzione della radicalizzazione individuale è stato istituito nel 2016 per informare i cittadini e fornire pareri a cittadini, giovani e operatori sociali di prima linea, nonché per prevenire la radicalizzazione smantellando le teorie e i discorsi estremisti e promuovendo la comprensione dei messaggi religiosi.

Strumenti, metodi e insiemi di indicatori per rilevare e analizzare lo stato della radicalizzazione Strumento di prevenzione del Regno Unito: metodologia Extremist Risk Guidance 22+ (ERG22+) (Regno Unito) La metodologia Extremist Risk Guidance 22+ (ERG22+) del Regno Unito descrive la vulnerabilità individuale rispetto alla radicalizzazione in base a 22 fattori. Partendo dai sentimenti molto generici di rabbia e ingiustizia, senso di insicurezza o di minaccia, necessità di identità e appartenenza, ricerca di uno status e necessità di esaltazione e avventura, questa metodologia presenta innanzitutto 13 indicatori di coin-

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Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

volgimento e ne aggiunge altri che rilevano l'intenzione (compresa la sovraidentificazione con un gruppo, il ragionamento in termini di “loro e noi” e obiettivi di utilizzare mezzi dannosi) e la capacità (tra cui la conoscenza, l’accesso alle risorse e i precedenti penali).

Ministero dell’Interno francese: Indicateurs de basculement (indicatori di transizione a un’altra fase) (Francia) L’insieme di indicatori francesi dell’indice di radicalizzazione elenca gli indicatori associati a segnali di rottura forti e deboli, ambiente personale, teorie e discorsi, nonché tecniche e tempo passato in carcere. Tutti questi indicatori dovrebbero aiutare a rilevare e analizzare la radicalizzazione dei soggetti, al fine di fornire il sostegno adeguato. Possono essere utilizzati per sensibilizzare i professionisti di prima linea e fornire loro gli strumenti per individuare e aiutare le persone nelle primissime fasi del processo, oltre a offrire una formazione efficace sull’argomento. http://www.interieur.gouv.fr/SG-CIPDR/Prevenir-la-radicalisation/ Prevenir-la-radicalisation/Indicateurs-de-basculement

Centro di studi superiori del Ministero dell’Interno - Piattaforma di e-learning per la prevenzione della radicalizzazione (Francia) Questa piattaforma di e-learnig, che offre strumenti di comprensione del fenomeno della radicalizzazione e illustra il ruolo dei sindaci nelle azioni di contrasto, può essere utilizzata per sensibilizzare e formare operatori e amministratori locali. https://allchemi.eu/blocks/catalog/catalog.php

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Centro per la prevenzione della radicalizzazione che porta alla violenza, Montreal (Canada) - Barometro del comportamento Questo barometro consente di valutare meglio i comportamenti associati al processo di radicalizzazione che porta alla violenza. Tuttavia, dovrebbe essere utilizzato con cautela in quanto i comportamenti illustrati non sono esaustivi e non sono sempre definitivi. Il barometro è solo un indicatore e non dovrebbe portare a conclusioni affrettate o essere utilizzato in sostituzione di una piÚ completa valutazione degli esperti. https://info-radical.org/en/radicalization/recognizing-violent radicalization/

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Capitolo II >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Elaborazione di una strategia locale interistituzionale >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

2. Elaborazione di una strategia locale interistituzionale

Vai a www.efus.eu per vedere il video introduttivo al capitolo Nonostante la portata transnazionale della radicalizzazione, alcuni dei fattori a essa associati mostrano componenti locali, come l'insoddisfazione per le condizioni di vita nei quartieri, la discriminazione, l’influenza negativa dei gruppi di coetanei, la mancanza di coesione sociale e la mancanza di qualsiasi reale esperienza dei valori democratici. La radicalizzazione è pertanto, almeno in parte, una questione locale, che implica la distruzione delle famiglie e la stigmatizzazione dei quartieri e delle comunità. Le autorità locali si trovano in una posizione strategica per reagire a questo fenomeno, in particolare per i seguenti motivi: sono vicine alla popolazione, sono in contatto diretto con i cittadini che possono informare e sostenere, sovrintendono ai servizi pubblici locali e gestiscono le istituzioni principali che operano in ambito di prevenzione e sicurezza. Sulla base di ciò, è opportuno che le autorità locali integrino le loro azioni preventive in una strategia locale più ampia. Nel capitolo seguente vengono illustrati i principi chiave da prendere in considerazione per l’elaborazione, l’adozione e la valutazione di una strategia locale di prevenzione della radicalizzazione. Tali principi includono: la necessità di interventi basati su esperienza e prove, il ruolo chiave degli amministratori locali, l’importanza di integrare tutti i livelli

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di prevenzione, la necessità di sviluppare un approccio olistico e multidisciplinare attraverso solide collaborazioni tra i servizi e l’utilizzo di una strategia di comunicazione locale.

I. Pensa globale, agisci locale: “glocalizzazione” ed elaborazione di una strategia locale

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> La fase di elaborazione nella messa a punto di una strategia locale di prevenzione della radicalizzazione è essenziale per creare un chiaro quadro di intervento all’interno del quale sia possibile adottare un piano d’azione sostenibile. In questa fase iniziale i principali attori locali devono poter definire la visione politica del comune, individuare gli obiettivi e i metodi per raggiungerli, stabilire il processo di valutazione e il quadro per la comunicazione. Seguono alcune linee guida, sebbene non esaustive, per l'elaborazione di strategie locali integrate di prevenzione della radicalizzazione. L’importanza di utilizzare prove ed esperienza per formulare strategie: L'elaborazione delle strategie e le azioni da esse derivanti devono essere basate sull'esperienza diretta.

 Diagnosi: per affrontare le cause dell’estremismo violento, la diagnosi dovrebbe specificare i fattori protettivi e di rischio (fattori di spinta e di attrazione) da affrontare, nonché il modo in cui il fenomeno si manifesta a livello locale.

 Analisi: i partner locali di diversi servizi dovrebbero essere coinvolti nella valutazione della situazione, compresi i servizi di polizia e intelligence, i servizi municipali, gli operatori di prima linea, il settore accademico e la società civile. Questo sforzo di cooperazione deve essere sostenuto dal sindaco, il quale dovrebbe assumere un ruolo di leader del partenariato locale e promuovere il dialogo interdisciplinare.

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Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

 Valutazione: Le strategie dovrebbero essere valutate e aggiornate periodicamente, considerando che il fenomeno della radicalizzazione, la capacità di contrasto locale, le risorse e le priorità cambiano inevitabilmente nel corso del tempo.

 Esperienza: data la complessità della questione, i principali attori locali dovrebbero costantemente aggiornare le proprie conoscenze ed essere disposti a chiedere il sostegno di esperti esterni e, in caso di necessità, a utilizzare ricerche anch'esse esterne al proprio territorio.

Il ruolo degli amministratori locali: Sebbene i sindaci di diverse parti d’Europa abbiano competenze giuridiche diverse in termini di sicurezza19, generalmente svolgono tutti un ruolo chiave nel garantire una governance efficace dei programmi di prevenzione. Tuttavia, i sindaci e i loro team locali si trovano ad affrontare sfide e ostacoli diversi alle azioni di prevenzione della radicalizzazione e ciò condiziona i tipi di ruolo che possono svolgere e la misura in cui possono contribuire alla lotta contro la radicalizzazione. Il loro coinvolgimento nelle strategie di prevenzione locali presenta diversi vantaggi:

 Poiché operano a stretto contatto con la popolazione locale, i sindaci sono maggiormente in grado di ascoltare le preoccupazioni delle persone, sensibilizzare fornendo informazioni sul contesto locale, spiegare la strategia e comunicare le azioni intraprese, nonché le procedure e i servizi disponibili per i cittadini (che cosa fa il comune per affrontare il problema? In che modo ottenere i servizi di assistenza?).

 I sindaci e gli amministratori locali possono contribuire al potenziamento o alla creazione di un rapporto di fiducia tra le istituzioni locali e la popolazione e promuovere la partecipazione attiva dei cittadini nel processo di definizione delle politiche, evidenziando soprattutto i vantaggi che comporta per la cittadinanza il coinvolgimento diretto nelle questioni locali.

 Attraverso la comunicazione con i media e altre istituzioni (la polizia, il sistema giudiziario, i servizi di intelligence, i ministeri, ecc.), gli amministratori locali possono veicolare informazioni accurate sulla situazione locale, sulle necessità e sulle iniziative in corso.

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19- Le competenze dei sindaci nei Paesi Bassi, in Belgio e in Francia sono diversi; in Belgio, ad esempio, i sindaci godono di autorità amministrativa giuridica rispetto alla polizia locale e sono responsabili della sicurezza pubblica locale, mentre in Francia la sicurezza è sotto la giurisdizione dello Stato e della sua Prefettura dipartimentale.


 Il coinvolgimento degli amministratori locali nelle iniziative di prevenzione è fondamentale ai fini della loro visibilità e legittimità.

Adozione di una strategia bilanciata per la prevenzione della criminalità: Le azioni preventive devono includere vari livelli e ambiti di prevenzione e rivolgersi a destinatari specifici (ulteriori dettagli nella parte finale di questo capitolo):

 Misure preventive specifiche e generiche: le strategie di prevenzione devono essere rivolte a situazioni individuali (ad esempio, sostegno sociale alle persone e alle loro famiglie), ma anche a categorie generiche (ad esempio, azioni incentrate su grandi gruppi della popolazione, professionisti o territori).

 Una strategia di prevenzione bilanciata: i finanziamenti non dovrebbero essere destinati unicamente alla prevenzione della radicalizzazione. E' necessario continuare a finanziare e pianificare anche altri ambiti di intervento, quali la prevenzione precoce e la coesione sociale perché contribuiscono anch'essi alla prevenzione della radicalizzazione.

Approccio interistituzionale e integrato: In qualità di coordinatori delle politiche locali, i sindaci ricoprono un ruolo strategico nel promuovere la cooperazione tra i vari servizi per affrontare i diversi aspetti della radicalizzazione. I partner principali possono essere: la polizia, i servizi di sicurezza, i servizi di intelligence e di giustizia, le scuole, i principali attori locali che operano in ambito di prevenzione, i centri giovanili, le famiglie, i centri sociali, le le comunità e le aziende private locali (elenco non esaustivo).

 È importante cercare di collaborare con le risorse esistenti per evitare la sovrapposizione dei servizi e assicurare che le azioni adottate siano coerenti.

 La collaborazione interistituzionale richiede una buona comunicazione tra i partner e procedure di azione ben definite (chi fa cosa? Quando? Come?). Ciascun partner deve specificare esattamente le

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Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

proprie azioni affinché tutti i partner conoscano e comprendano il loro ruolo e il ruolo degli altri. Occorre individuare un rappresentante per ciascun servizio al fine di garantire e migliorare la comunicazione e la condivisione delle informazioni tra i servizi.

 È necessario mettere a disposizione informazioni chiare e trasparenti sulle singole attività dei partner per evitare diffidenza o tensione tra i partner durante l’attuazione delle azioni.

 Il rispetto dell’etica e dei valori dei partner è essenziale: il segreto professionale è una questione delicata ma non deve ostacolare la collaborazione. Molto spesso la legislazione prevede casi eccezionali, in cui è possibile condividere informazioni riservate senza mettere in pericolo gli operatori o i destinatari dell’azione.

Strategia di comunicazione: L’estremismo violento è un fenomeno delicato e complesso. Una strategia di comunicazione istituzionale adeguata ed elaborata correttamente è fondamentale per evitare diffidenza, malintesi o la diffusione di pericolosi messaggi negativi tra le comunità, che potrebbero danneggiare la coesione sociale.

 Informazione del pubblico: mantenere informata la popolazione locale sull’approccio del comune per combattere la radicalizzazione è cruciale per creare e mantenere fiducia e credibilità nella comunità. Data la natura sensibile di alcuni aspetti della strategia e delle questioni che affronta, è importante che la comunicazione sia aperta. La strategia di comunicazione deve inoltre affrontare le preoccupazioni delle persone, che vanno dalla privacy e la libertà di parola, alla stigmatizzazione di determinati gruppi.

 Strategia di comunicazione interna: i servizi municipali devono essere adeguatamente informati per poter applicare le procedure e adottare la strategia in modo corretto.

 Le autorità locali devono stabilire le procedure per trattare con i media, soprattutto dopo eventi inattesi. L’eventualità di dover rispondere a eventi inattesi, dalle dimostrazioni estremiste agli attacchi terroristici, deve essere inclusa nella strategia di comunica-

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zione. Le autorità locali dovrebbero garantire che la risposta sia fornita in modo tempestivo per mantenere la popolazione informata e al sicuro, che il flusso di informazioni sia controllato e che gli estremisti non possano approfittare della situazione.

 La strategia di comunicazione locale dovrebbe essere elaborata in linea con la politica di comunicazione delle autorità regionali, nazionali e internazionali al fine di essere coerente con i messaggi provenienti dalle suddette istanze politiche.

II. Tipi di azione attuati a livello locale

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> La radicalizzazione viene spiegata attraverso diversi fattori di livello micro, meso e macro. Le autorità locali possono agire a livello micro e meso (relazioni con la comunità, ambiente locale) e attuare diversi tipi di azioni preventive.20 La seguente gamma di azioni non è esaustiva e dipende dal contesto e dalle risorse locali. Prevenzione primaria (pubblico generale):

 Centri informativi; programmi di prevenzione precoce (miglioramento della resilienza individuale e collettiva): educazione al pensiero critico, alla cittadinanza, alla coesione sociale e programmi interculturali; investimenti per migliorare le condizioni di vita (alloggi, infrastrutture collettive e rinnovo urbano dei quartieri).

Prevenzione secondaria (individui a rischio):

 Programmi di prevenzione sociale individuali e collettivi (capacità di resilienza, inserimento sociale); sostegno familiare (reti peer-topeer, informazioni giuridiche, sostegno psicosociale); mediazione interculturale nei quartieri; mentoring.

20- Consultare la distinzione di Brantinham e Fausts tra prevenzione primaria, secondaria e terziaria in P.J. Brantingham e F.L. Faust, “A Conceptual Model of Crime Prevention”, in Crime and Delinquency, luglio 1976 22, pagg. 284-296

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Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

Prevenzione terziaria (estremisti):

 I programmi di deradicalizzazione e disimpegno sono incentrati sul reinserimento sociale: unità di gestione dei casi, monitoraggio intensivo delle persone. I soggetti non più radicalizzati possono essere d’aiuto in questi programmi di prevenzione, soprattutto nelle iniziative di prevenzione secondaria e terziaria. Possono, ad esempio, contribuire con le proprie esperienze e partecipare in qualità di attori credibili alla deradicalizzazione o alle misure di confutazione delle argomentazioni. 21 Oltre ad occuparsi della strategia di prevenzione sociale, le autorità locali devono anche reagire a eventi inattesi, come gli attacchi terroristici. Infatti, sebbene la gestione di eventi di questo tipo sia generalmente affidata agli enti nazionali, anche gli enti locali possono reagire gestendo la situazione locale attraverso i vari servizi di loro competenza. I piani di emergenza locali devono pertanto essere aggiornati periodicamente per garantire che le autorità siano in grado di reagire in maniera adeguata e tempestiva a tali eventi.

III. Raccomandazioni

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> Le seguenti raccomandazioni possono essere applicate ai punti precedentemente illustrati:

 Le strategie non devono essere elaborate in maniera affrettata, neppure in caso di pressioni da parte dei media o dei partner; una strategia solida e sostenibile è più efficace di un “risultato immediato” che avrebbe invece scarso impatto locale a lungo termine. In primo luogo, occorre ascoltare i servizi competenti, le famiglie e i soggetti interessati per analizzare la situazione e, successivamente, agire in modo strategico.

21- Le autorità devono accertarsi che queste persone ricevano una formazione adeguata prima di essere chiamate a partecipare ai progetti di deradicalizzazione e disimpegno. I servizi di intelligence possono aiutare a individuare, controllare e selezionare ex estremisti adatti per queste attività.

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 La sicurezza è un tema che riguarda tutti e la collaborazione della società civile è essenziale per la prevenzione. I rappresentanti della comunità possono contribuire offrendo e condividendo informazioni e contribuendo alle valutazioni locali della situazione e all'esecuzione degli interventi.

 Occorre garantire sempre il segreto professionale. Si tratta di un obbligo giuridico e di una tutela per i destinatari delle azioni. Generalmente non è necessario modificare la legislazione per rendere effettivo l’approccio multi-agenzia. Anziché richiedere modifiche giuridiche, dovrebbero essere chiarite le linee guida, le procedure e le norme professionali che garantiscono la riservatezza del lavoro sociale e il rispetto dell’etica professionale.

 Occorre accertarsi che venga dedicato il tempo necessario alla valutazione del processo politico. Questa fase viene spesso tralasciata per mancanza di tempo e/o risorse. Una comunicazione interna trasparente è essenziale per garantire una collaborazione efficace tra i servizi locali e per evitare notizie infondate, malintesi e la polarizzazione dei comportamenti.

Pratiche e strumenti

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> Visita www.efus.eu per consultare le risorse seguenti

Pratiche Unità di prevenzione della radicalizzazione di Bruxelles (Belgio) L’Unità di prevenzione della radicalizzazione di Bruxelles opera secondo i tre livelli tradizionali di prevenzione: primario, secondario e terziario. A seconda del livello di prevenzione, le azioni possono essere rivolte a uno o più gruppi. Questa unità si basa sulla collaborazione tra diversi servizi locali e nazionali.

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Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

Strategia locale per la prevenzione della radicalizzazione di Liegi (Belgio) Basata su un approccio cooperativo e locale intersettoriale (servizi comunali, giovanili, sociali, scolastici e di polizia), questa strategia copre l’insieme dei tre livelli di prevenzione: azioni formative con i giovani, comunicazione positiva alla popolazione e intervento psicologico individuale. In questa strategia sono integrati diversi servizi nazionali e locali.

Rete per la prevenzione del salafismo di Augsburg (Germania) La rete è stata istituita nel 2016 per sensibilizzare tutti gli attori principali sulla radicalizzazione e prevenirla attraverso una maggiore conoscenza del fenomeno. La rete si basa su una solida cooperazione e sul sostegno tra i servizi municipali e le ONG specializzate. La strategia include inoltre interventi di deradicalizzazione.

Key Figures, Amsterdam (Paesi Bassi) La città di Amsterdam ha sviluppato il programma “Key Figures”, a cui hanno aderito oltre 200 giovani adulti per aiutare le comunità locali a riconoscere e attenuare le tensioni fra la cittadinanza. Attraverso questo programma, i segnali di radicalizzazione vengono individuati in modo preciso e ciò consente una migliore comprensione del contesto locale.

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Strumenti Il ruolo degli enti locali nelle strategie nazionali di lotta alla radicalizzazione, Efus Negli ultimi anni, in tutta l’Europa sono state elaborate e attuate strategie nazionali per combattere la radicalizzazione. Il rapporto dell’Efus “The role of local authorities in national strategies for combatting radicalisation” (Il ruolo degli enti locali nelle strategie nazionali di lotta alla radicalizzazione) presenta le strategie nazionali adottate da nove paesi europei, che coinvolgono le autorità locali nelle azioni pianificate. Il documento contiene un riepilogo dei punti principali degli approcci e delle misure. https://efus.eu/topics/risks-forms-of-crime/radicalisation/efus/11551/

Le autorità locali nelle linee guida europee e internazionali per la lotta alla radicalizzazione, Efus Il ruolo delle autorità locali europee nella lotta contro la radicalizzazione è stato affrontato in diverse linee guida internazionali ed europee pubblicate da organizzazioni internazionali. Questo articolo presenta l’approccio globale consigliato da tali organizzazioni per affrontare il processo di radicalizzazione che, per sua natura, deve coinvolgere le autorità locali. https://efus.eu/topics/risks-forms-of-crime/radicalisation/efus/11551/

Kit di strumenti Terrorism and radicalisation (TerRa) Questo kit di strumenti prevede come punto di partenza un approccio guidato dalla comunità. È concepito principalmente per supportare le nuove reti ed, o quelle già esistenti, di insegnanti, operatori sociali, funzionari delle forze dell’ordine, leader religiosi e responsabili delle politiche locali e nazionali, nello scambio di informazioni sui giovani o sulle persone provenienti da quartieri socialmente instabili. Inoltre, fornisce a giornalisti e responsabili politici informazioni circa la loro influenza sulle cause della radicalizzazione (il kit di strumenti è disponibile in inglese e in tedesco). http://www.impact-kenniscentrum.nl/en/carousel/terra

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Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

Strong Cities Network Strong Cities Network (SCN) è la prima rete globale di sindaci, responsabili politici a livello comunale e tecnici con l’obiettivo di costruire la coesione sociale e la resilienza comunitaria per contrastare l’estremismo violento. Gestita dall’Institute for Strategic Dialogue, la rete SCN ha lo scopo di fornire una piattaforma globale per sostenere le città nello sviluppo di quadri e pratiche efficaci di contrasto dell'estremismo, agevolando l’apprendimento reciproco e lo scambio delle best practice tra le città in materia di prevenzione dell’estremismo violento. http://strongcitiesnetwork.org/

Alleanza delle città europee contro l’estremismo violento Lo scopo dell’iniziativa “Alleanza delle città europee contro l’estremismo violento” è quello di fornire una piattaforma per agevolare lo scambio tra le città a livello politico e successivamente tecnico, e di mobilitare le autorità locali e regionali europee per prevenire la radicalizzazione che porta all’estremismo violento. A tal fine fornisce un forum europeo per lo scambio di informazioni sulla promozione delle pratiche, dei programmi esistenti e degli strumenti per la prevenzione della radicalizzazione. Questa iniziativa è condotta dal Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa e dal Forum europeo per la sicurezza urbana (Efus). http://citiesagainstextremism.eu/

Prevent, Communication guide (Regno Unito) Questa guida alla comunicazione elaborata dalla Research, Information and Communications Unit (RICU) del governo del Regno Unito è concepita per aiutare gli enti locali a comunicare in modo efficace e trasparente alla popolazione locale le strategie e le iniziative di lotta all’estremismo. http://www.wlga.gov.uk/publications-equalities-and-social-justice/ ricu-prevent-a-communications-guide.

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Metodi e strumenti per un approccio strategico alla sicurezza urbana, Efus Lo scopo di questa guida è incoraggiare e aiutare i responsabili delle politiche e i tecnici locali europei a elaborare e rivedere regolarmente le loro politiche di sicurezza sulla base di informazioni e dati attendibili raccolti sul campo. La guida fornisce una panoramica sui metodi e sugli strumenti a disposizione degli attori locali e presenta un’analisi delle esperienze e delle pratiche di diversi paesi. http://efus.eu/en/resources/publications/efus/11191/

RAN Local, Radicalisation Awareness Network Il gruppo di lavoro RAN LOCAL ha come obiettivo quello di riunire le autorità locali incaricate del coordinamento degli operatori e dell’organizzazione del lavoro e delle strutture multi-agenzia. A tale proposito, RAN LOCAL raccoglie, confronta e condivide diversi modelli esistenti per organizzare i diversi approcci alla prevenzione a livello locale. http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/what-we-do/networks/radicalisation_awareness_network/about-ran/ran-local/index_en.htm

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Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

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Capitolo III >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Sostegno e rafforzamento delle famiglie >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

3. Sostegno e rafforzamento delle famiglie

Vai a www.efus.eu per vedere il video introduttivo a questo capitolo Le pubblicazioni sulla prevenzione della criminalità hanno mostrato negli anni 199022 che le famiglie possono svolgere un ruolo determinante nell’affrontare i fattori di rischio che conducono al coinvolgimento di un individuo in attività criminali. Partendo da questo presupposto, negli ultimi decenni le autorità hanno elaborato numerosi programmi di prevenzione della criminalità basati sulle famiglie. Nella stessa ottica, i politici, come pure le ricerche condotte attualmente, tendono a riconoscere sempre più il ruolo essenziale svolto dalle famiglie nella prevenzione della radicalizzazione. I membri della famiglia sono infatti generalmente tra i primi ad avvertire i segni premonitori della radicalizzazione e possono fungere da importanti agenti del cambiamento, offrendo un supporto ineguagliabile agli individui radicalizzati, considerate la vicinanza e l’esistenza di legami affettivi. Le famiglie sono per questo generalmente considerate attori centrali, bisognosi però assistenza e di sostegno. Si utilizzano frequentemente i termini “supporto alle famiglie”, oppure “assistenza alle famiglie” per indicare il sostegno specifico offerto alle famiglie, e soprattutto ai genitori, per aiutarli a fronteggiare il problema della radicalizzazione di

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22 L. W. Sherman, “Family Based Crime prevention”, in Preventing crime: what works, what doesn’t, what’s promising, Capitolo 4, National Institute of Justice, 1998


uno o più membri della famiglia. Tuttavia, sebbene le famiglie23 siano in un certo modo ugualmente vittime del processo di radicalizzazione, e per questo abbiano bisogno di assistenza e consigli per fronteggiare il problema della radicalizzazione dei/l loro familiari/e, dovrebbero essere considerate anche attori forti e determinanti, le cui conoscenze ed esperienze possono essere utilizzate per integrare le misure preventive. Le famiglie non devono essere pertanto viste unicamente come attori passivi cui occorre fornire aiuto e supporto, ma anche come portatori di interesse con un ruolo proattivo, in possesso di informazioni e di risorse preziose, il cui coinvolgimento nelle azioni preventive può rivelarsi estremamente utile.

I.Supporto alle famiglie e rafforzamento delle loro capacità: tappe e modalità

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> In materia di supporto alle famiglie e rafforzamento delle loro capacità, è importante tenere in considerazione che ciascuna di esse si trova di fronte a uno scenario diverso, a seconda dello stadio di radicalizzazione del loro familiare e delle ragioni che lo spingono in questa direzione. Le famiglie si trovano ad affrontare essenzialmente tre tipi di scenari:

 Nessun segno di radicalizzazione  Persone a rischio che mostrano i primi segni di radicalizzazione (prime fasi)

 Persone già radicalizzate o coinvolte nelle attività di gruppi estremisti violenti Ciascuna di tali fasi richiede risposte diverse che possono determinare differenti tipi e livelli di coinvolgimento delle famiglie. I diversi tipi di coinvolgimento e/o di responsabilizzazione della famiglia corrispondono ai tre livelli di prevenzione della criminalità, ossia primaria, se23- Il termine ‘famiglia’, pur riferendosi di solito ai genitori, può comprendere altri membri del nucleo familiare, quali fratelli, cugini o nonni.

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Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

condaria e terziaria, nonché alle due dimensioni principali dell’azione: universale/generale (prevenzione primaria) e mirata (prevenzione secondaria e terziaria).

Prevenzione primaria (generale): nessun segno di radicalizzazione Le famiglie dovrebbero essere coinvolte in misure preventive precoci anche quando non appaiono segnali evidenti di radicalizzazione. In tal senso, tutte le famiglie usufruiscono di tale tipo di prevenzione, indipendentemente dai problemi di radicalizzazione che possano avere.

Sensibilizzare sul problema della radicalizzazione Le famiglie devono essere informate e sensibilizzate sul problema della radicalizzazione. Si possono utilizzare a tal fine vari canali di comunicazione per trasmettere loro informazioni affidabili su un fenomeno spesso oggetto di malintesi e su cui circolano informazioni confuse (derivanti spesso da una copertura mediatica tendenziosa). Tale comunicazione può assumere la forma di campagne di sensibilizzazione o di incontri organizzati negli istituti scolastici locali o nei quartieri. Campagne di comunicazione: si possono rivelare molto utili per accrescere la consapevolezza delle famiglie. Un’attenzione particolare dovrebbe essere rivolta al modo in cui è presentata la questione e sono inviati i messaggi. La campagna dovrebbe essere basata su un approccio responsabile ed equilibrato, al fine di evitare ogni conseguenza negativa non intenzionale, quale ad esempio la paranoia o la paura. Incontri nei quartieri/negli istituti scolastici: gli incontri tra famiglie e autorità locali/ONG offrono ottime opportunità di discutere insieme del fenomeno della radicalizzazione, trattato sovente dai media, ma meno frequentemente dalle persone delle comunità che ne possono essere veramente interessate. Anche in questo caso, il modo di presentare il fenomeno nel corso di tali incontri deve essere basato su un approccio responsabile ed equilibrato.

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Diffusione delle opportunità di assistenza Le autorità locali devono informare i cittadini sull’esistenza di servizi destinati a fornire assistenza alle famiglie. E' necessario fornire informazioni sulle modalità di accesso ai servizi, siano essi erogati dal comune o da una ONG.

Prevenzione secondaria (mirata): individui a rischio e primi segni di radicalizzazione Le famiglie sono di solito le prime a percepire i segnali inquietanti del processo di radicalizzazione di un loro membro, ma spesso non sanno come affrontare la situazione. Le autorità locali dovrebbero pertanto garantire che i servizi già esistenti, o i nuovi servizi creati appositamente, offrano alle famiglie competenze e consulenze affidabili per gestire le preoccupazioni riguardanti i componenti del loro nucleo familiare. I principali beneficiari delle iniziative qui di seguito menzionate sono le famiglie interessate o preoccupate dall’eventuale radicalizzazione di un loro membro.

Consulenze familiari (individuali o di gruppo) Le consulenze familiari possono essere di diverso tipo, secondo le circostanze. Le famiglie possono avere bisogno di informazioni precise sui cambiamenti che hanno osservato nel comportamento di un loro membro, oppure di informazioni legali sui procedimenti giudiziari in cui potrebbero incorrere (per esempio, nel caso in cui un familiare intendesse recarsi in una zona di conflitto). Gli interventi di informazione possono essere organizzati a livello sia individuale sia collettivo. A tale scopo alcune città, in alcuni casi anche tramite reti di genitori, hanno organizzato incontri con famiglie che si trovavano in questa situazione. Reti dei genitori: i genitori hanno bisogno di uno spazio sicuro dove scambiare esperienze e ottenere informazioni da altri genitori che possano avere simili problemi. Rompere il silenzio e eliminare la stigmatizzazione in cui vivono molti genitori è essenziale per affrontare la minaccia della radicalizzazione. È pertanto molto importante, quando si lavora con le famiglie, il supporto di gruppi e reti di genitori.

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Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

Rafforzare le capacità delle famiglie Affinché le famiglie siano in grado di proteggere efficacemente i propri figli dalle ideologie dell'estremismo violento e dai loro reclutatori è necessario trasmettere loro fiducia e gli strumenti adeguati. Sempre più spesso è questo l'obbiettivo delle sessioni formative destinate alle famiglie. Formazione: le famiglie possono essere formate affinché sappiano intercettare i primi segnali di radicalizzazione nei membri del nucleo e reagiscano adeguatamente. Inoltre, le famiglie possono essere formate per poter partecipare a dibattiti o a esercizi interattivi riguardanti segnatamente lo sviluppo infantile, l’adolescenza, le dinamiche genitoriali e la comunicazione, nonché la costruzione della resilienza personale, familiare e di comunità.

Prevenzione terziaria (mirata): individui già radicalizzati/coinvolti in attività/gruppi di estremismo violento Le famiglie possono inoltre trovarsi di fronte al caso di individui estremisti radicalizzati, eventualmente già coinvolti in episodi violenti nella loro vita quotidiana o che potrebbero essere rientrati da una zona di conflitto dopo avere partecipato ad attività terroristiche. I principali beneficiari delle iniziative descritte qui di seguito sono le famiglie degli individui radicalizzati o coinvolti in attività/gruppi di estremismo violento.

 Deradicalizzazione e disimpegno: le famiglie possono essere coinvolte in iniziative miranti ad aiutare gli individui che intendono abbandonare il processo di radicalizzazione o disimpegnarsi dagli ambienti o dalle ideologie dell’estremismo violento. Le famiglie hanno infatti dimostrato la loro capacità di svolgere un ruolo efficace nel garantire il reinserimento sociale degli individui radicalizzati che desiderano abbandonare i gruppi/le attività estremiste e nel prevenire la recidiva. I legami affettivi ed emotivi sono di fondamentale importanza in questo tipo di iniziative, e garantiscono risultati a più lungo termine, rispetto ai programmi che coinvolgono unicamente gli operatori professionisti.

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 Consulenze familiari: di fronte a parenti radicalizzati o di ritorno da zone di conflitto, le famiglie possono avere bisogno di assistenza. In particolare, possono aver bisogno di aiuto per seguire eventuali procedure amministrative quando siano previste anche sanzioni penali, come nel caso di un familiare di ritorno da una zona di confitto dove ha combattuto tra le fila dei terroristi o era impegnato in attività terroristiche. Questo tipo di supporto comprende anche il sostegno psicologico per quelle famiglie un cui membro ha commesso azioni violente.

II. Come avvicinare le famiglie e stabilire un dialogo con loro

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> Uno dei principali problemi che devono affrontare le autorità locali per svolgere un lavoro in collaborazione con le famiglie è rappresentato dalla difficoltà di avvicinarle o di convincerle ad avvalersi dei servizi di supporto disponibili. È dunque essenziale mantenere aperti i canali di contatto illustrati precedentemente, mediante i quali le famiglie possono richiedere aiuto e avere accesso ai servizi. Esistono vari tipi di servizi di assistenza:

 Numero verde per servizio di assistenza telefonica: questo tipo di assistenza mira anzitutto a fornire supporto e orientamenti a tutte le persone che telefonano. A differenza del termine “hotline”, che si riferisce a un numero telefonico destinato a segnalare attività sospette, il termine “assistenza telefonica” indica che si forniscono ai chiamanti assistenza e informazioni specifiche.

 Punto di contatto e di consulenza: oltre che ai numeri di assistenza telefonica, le famiglie possono anche essere indirizzate a un centro di supporto e consulenza, dove possono sono assistite da professionisti in possesso delle competenze e delle conoscenze adeguate.

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Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

 Servizi locali di strada: i servizi di strada/di quartiere (mediatori, operatori di comunità, operatori sociali di quartiere) godono di un certo grado di accettazione e di rispetto all’interno delle comunità e sono facilmente accessibili da parte delle famiglie. Possono inoltre diffondere informazioni sui servizi di supporto disponibili. Hanno di solito una buona comprensione delle dinamiche sociali di certi quartieri, il che consente loro di individuare più facilmente le famiglie che potrebbero essere interessate dalla radicalizzazione, ma potrebbero non volere chiedere aiuto.

 Reti familiari: organizzare incontri tra le famiglie può rivelarsi un buon mezzo per avvicinarle. Tali incontri costituiscono per loro uno spazio sicuro, soprattutto perché condividere le stesse preoccupazioni crea un clima di solidarietà.

 Istituti scolastici: le strutture scolastiche rappresentano dei canali strategici per avvicinare le famiglie e in particolar modo per sensibilizzarle. La maggior parte dei docenti è già in contatto con i genitori e può quindi fornire facilmente informazioni e consigli sui servizi disponibili. I vari canali di contatto e i tipi di iniziative illustrati precedentemente possono essere gestiti dagli enti locali o da ONG. La scelta dell’ente a cui affidarli e che avrà quindi il compito di avviare il dialogo con le famiglie è un fattore cruciale per la riuscita dell’iniziativa. La volontà di una famiglia di collaborare con le autorità dipende interamente dall’organismo che la contatta e dalla modalità dell'approccio. Molte famiglie sono restie ad avvicinarsi alle istituzioni per timore di essere stigmatizzate, o che i loro parenti possano incorrere in conseguenze giudiziarie, o semplicemente per problemi di comprensione dovuti alle barriere linguistiche. Per questo è essenziale fare in modo che le famiglie si sentano sicure e a loro agio con l’organismo che interviene e che si instauri una relazione di fiducia tra le due parti. Alcune città potranno decidere di delegare tale compito alle ONG o alle associazioni locali, mentre altre preferiranno operare tramite i servizi locali ufficiali.

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III. Raccomandazioni

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> Incontrare le famiglie e lavorare con loro

 Al fine di realizzare le azioni precedentemente illustrate è fondamentale l'impegno volontario delle famiglie.

 È importante tenere presente che le famiglie, pur rappresentando parte della soluzione, possono talvolta anche essere parte del problema e fungere esse stesse da fattori scatenanti della radicalizzazione, motivo per il quale devono essere trattate come tali.

 Il personale coinvolto in questo processo deve essere ben formato.  La presenza di uno psicologo durante gli incontri è importante, poiché le famiglie possono temere la stigmatizzazione o esitare a parlare di quanto succede a casa.

 Le famiglie devono essere continuamente rassicurate sul fatto che gli operatori che si offrono di aiutarle rispetteranno il segreto professionale.

 Con le famiglie è fondamentale costruire un rapporto di fiducia. A questo proposito, è importante ricordare che il fatto di prendere appunti durante gli incontri può minare la fiducia.

 Le famiglie devono essere incoraggiate a non entrare in conflitto con i propri parenti quando si trovano a discutere del problema

Approccio e organizzazione

 Gli attori coinvolti nelle azioni di supporto alle famiglie devono comprendere e accettare le restrizioni in materia di sicurezza/ intelligence e agire entro tali limiti.

 La valutazione rappresenta uno strumento chiave di tale processo. Ad esempio, la valutazione del rischio di radicalizzazione per determinati individui, o perfino di alcuni nuclei, è un fattore essenziale dell'azione di supporto alle famiglie.

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Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

Comunicazione e informazione

 Occorre accrescere la consapevolezza evitando la stigmatizzazione e completarla con un approccio globale di supporto alle famiglie.

 Gli enti locali/le ONG devono essere in grado di comunicare con le famiglie e di creare un clima di fiducia, in modo che le famiglie interessate sentano di potersi fidare e si rivolgano a loro. È in tal senso importante creare strutture affidabili, specializzate e disponibili.

 La comunicazione dovrebbe contribuire a individuare i programmi già esistenti e le alternative “soft” da proporre agli individui (ad es. i combattenti di ritorno).

 Qualsiasi attività (incontro, consulenza o assistenza telefonica) deve essere presentata alle famiglie come uno strumento destinato ad aiutarle, e non a segnalarle. In tal modo si garantirà che gli interventi siano visti in modo positivo, sia in termini di fiducia che di efficacia. Un’immagine positiva consentirà di migliorare la visibilità dell’azione nelle comunità interessate e stimolerà altri a chiedere aiuto, ad esempio i combattenti stranieri, che potrebbero richiedere assistenza mediante programmi di supporto (in funzione di quanto previsto nei singoli paesi).

 I funzionari responsabili dell'assistenza alle famiglie dovrebbero sforzarsi di garantire che i loro servizi compaiano sullo schermo come primo risultato della ricerca su Internet.

Canali di contatto

 I servizi di assistenza telefonica devono essere disponibili 24 ore al giorno / 7 giorni su 7, essere gratuiti e in varie lingue; devono garantire l’anonimato dei chiamanti e il rispetto di una carta deontologica.

 Il personale che vi lavora deve essere formato sugli aspetti psicologici, giuridici e geopolitici del fenomeno della radicalizzazione.

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Pratiche e strumenti

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> Visita www.efus.eu per consultare le risorse seguenti

Pratiche Strategia interistituzionale di supporto alle famiglie, Anversa (Belgio) Fin dal 2012, la città di Anversa ha attuato una politica di prevenzione per affrontare la radicalizzazione a livello locale. Le attività sono realizzate a seconda dei vari livelli di intervento (individuale e collettivo). Il lavoro con le famiglie ha costituito un aspetto fondamentale della strategia, soprattutto nei programmi di reinserimento.

Team di consulenza, Malmö (Svezia) Il comune di Malmö dispone di un’assistenza telefonica cui possono rivolgersi famiglie e singoli individui preoccupati per l’estremismo violento di una persona della loro cerchia familiare. Il team analizza ogni caso e decide l’intervento più appropriato. Tale struttura coopera con le ONG e con altri servizi pubblici.

Collettivo dei marocchini abitanti nei Paesi Bassi (Paesi Bassi) Questa organizzazione ha lanciato nel 2014 un servizio di assistenza telefonica per aiutare a prevenire la radicalizzazione. L’organizzazione ritiene importante che sia la comunità marocchina a promuovere e consolidare la resilienza contro la radicalizzazione e a parlarne apertamente. La linea di assistenza telefonica è un’iniziativa indipendente, tramite la quale si offrono sostegno e aiuto ai genitori in modo professionale e riservato.

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Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

Hayat (Germania) Hayat (termine turco e arabo che significa “vita“) è il primo programma tedesco di sostegno per le persone coinvolte nelle attività dei gruppi radicali salafiti o che rischiano di intraprendere un percorso di radicalizzazione jihadista, compresi coloro che intendono recarsi in Siria e in altre zone di combattimento. Hayat offre supporto anche ai familiari degli individui radicalizzati.

Strumenti SAVE, Society Against Violent Extremism (Belgio) SAVE Belgio è stata istituita allo scopo di sensibilizzare la cittadinanza sull’impatto della radicalizzazione sulle famiglie e di offrire loro un sostegno per affrontare il fenomeno. Ha in tal modo realizzato una serie di video che possono essere utilizzati come esempi concreti di famiglie sconvolte dal processo di radicalizzazione al loro interno. http://www.savebelgium.org/index.html#Resources

Women Without Borders (Austria) Si tratta di un’organizzazione che incoraggia le donne a partecipare attivamente all’interno delle loro comunità a alla costruzione di una realtà presente e futura in positivo, promuovendo il ruolo delle donne in ambito di sicurezza. L’organizzazione si adopera per sensibilizzare in modo particolare le madri sul loro ruolo e le loro responsabilità nel contrastare le ideologie estremiste e violente. Propone in tal modo corsi di formazione per accrescere la consapevolezza e rafforzare le capacità delle madri di contrastare questo fenomeno. http://www.women-without-borders.org/aboutus/#aboutus1

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Families Against Terrorism and Extremism Families Against Terrorism and Extremism (FATE) è un network strutturato di organizzazioni che operano con le famiglie interessate dal fenomeno della radicalizzazione e dell’estremismo violento. FATE mette a disposizione toolkit, orientamenti e un supporto alla comunicazione, collegando i membri in un'ampia rete. http://www.findfate.org/

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Capitolo IV >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Prevenzione e costruzione della resilienza >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

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4. Prevenzione e costruzione della resilienza

Vai a www.efus.eu per vedere il video introduttivo a questo capitolo Un approccio preventivo si rivolge in particolar modo agli individui più propensi ad ascoltare messaggi estremisti e a lasciarsi sedurre dalle idee e dalle opinioni che questi diffondono. Mira a renderli consapevoli delle falsità delle ideologie dei gruppi estremisti e dei loro comportamenti e a costruire la resilienza24 alle loro proposte e lusinghe. Intende bloccare il percorso verso l’estremismo e gli ambienti estremisti intervenendo sui fattori di rischio individuali, sociali e politici. La prevenzione richiede un cambiamento sia tra gli adolescenti e i giovani adulti potenzialmente vulnerabili sia all’interno della stessa società. L’estremismo di estrema destra, come pure l’estremismo religioso non sono circoscritti a uno specifico contesto sociale.25 Le misure per prevenire la radicalizzazione sono quindi rivolte al vasto pubblico, indipendente24- La resilienza può essere Intesa come “la capacità di non farsi piegare e di riprendersi dopo avere affrontato situazioni difficili e avversità.” Significa essere pronti a far fronte a circostanze impreviste, trovando risposte agli eventi, traendone insegnamento, ed emergendo perfino fortificati da esperienze difficili (....). La resilienza è una combinazione competenze e di consapevolezza fisica, emotiva, sociale e mentale. Si veda: Servizio pubblico federale del Ministero dell’Interno del Belgio, BOUNCE along, Awareness-raising for Parents and Frontline Workers, 2014, p15 25- F. Vermeulen e F. Bovenkerk, Engaging with Violent Islamic Extremism. Local Policies in Western European Cities, L’Aia 2012; D.H. Heinke, German Jihadists in Syria and Iraq: An Update, ICSR Insight, Londra 2016

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mente dalle origini sociali, etniche o religiose dei cittadini.26 Tali misure spesso si sovrappongono ad azioni già esistenti, maggiormente concentrate sulla coesione sociale, le politiche di salute pubblica, le consulenze familiari, l’educazione alla cittadinanza e ai diritti umani, i programmi di contrasto ai i pregiudizi e alla violenza, l’educazione alla diversità e l’educazione religiosa. Tale sovrapposizione è evidenziata dall’ampia gamma di attori coinvolti nella costruzione della resilienza e nelle misure di prevenzione che operano nei settori dove sono formulate e attuate le iniziative in questo campo. L’esperienza ha dimostrato che i centri giovanili, i servizi sociali e di salute mentale, i centri di consulenza e supporto familiari, i circoli sportivi e le comunità religiose sono ambiti di prevenzione sempre più importanti, in grado di individuare le persone a rischio di radicalizzazione e di proporre alternative all'estremismo. Prevenire significa migliorare l'educazione alla cittadinanza e ai diritti umani per promuovere la tolleranza e valorizzare la diversità sociale, culturale e religiosa come pilastro di una società pacifica e moderna. Ciò significa anche riconoscere l'uguaglianza universale di tutti gli esseri umani, senza distinzioni etniche, culturali, religiose o di genere. L’educazione interculturale e interreligiosa è essenziale per confutare la visione di una società omogenea e monolitica sostenuta dall’estrema destra e dall’estremismo religioso. Contribuisce inoltre a consolidare la coesione sociale, incoraggiando gli individui a riflettere su esperienze e prospettive di vita diverse e a provare empatia per le situazioni vissute dagli altri e a partecipare attivamente alla vita della società. Tutto ciò richiede altresì che le istituzioni locali siano anch'esse diversificate e rappresentative. In molti casi i comuni e le altre istituzioni non sono totalmente rappresentativi della popolazione : per esempio fra il loro personale non vi è una rappresentanza sufficiente delle minoranze etniche o di colore, dunque il loro messaggio sul valore sociale della diversità risulta contraddittorio.

26- Numerosi studi hanno indicato l’effetto stigmatizzante delle politiche di prevenzione rivolte esclusivamente ai musulmani. Si veda, ad esempio L. Lindekilde, “Neo-liberal Governing of “Radicals: Danish Radicalization Prevention Policies and Potential Iatrogenic Effects”, in International Journal of Conflict and Violence 6 (1), 2012, 109-122 e Öktem K., Signale aus der Mehrheitsgesellschaft. Auswirkungen der Beschneidungsdebatte und staatlicher Überwachung islamischer Organisationen auf Identitätsbildung und Integration in Deutschland, Oxford 2013.

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I. Istituti scolastici ed educazione formale

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> La scuola è un attore di cruciale importanza nelle strategie di prevenzione. Gli istituti scolastici, a contatto con la maggior parte dei giovani, rappresentano l’ambito ideale per sensibilizzarli sull’importanza della resilienza alle ideologie estremiste e violente e per contribuire a costruirla, soprattutto sviluppando la capacità di pensiero critico. L’educazione formale oltre a garantire un impegno a lungo termine, permette anche di dare risposte immediate alle sfide del momento. Anche se nella maggior parte dei paesi europei i comuni non sono direttamente coinvolti nell’educazione formale, possono tuttavia promuovere approcci strategici per contrastare la radicalizzazione, ad esempio, creando centri di informazione sulla radicalizzazione, o costituendo partenariati per favorire la collaborazione tra istituti scolastici e servizi locali/organizzazioni, al fine di creare reti durevoli a livello locale. Una stretta cooperazione tra il comune e gli istituti scolastici e i loro insegnanti è essenziale per lo scambio di informazioni e la valutazione dell’evoluzione del problema. I docenti, grazie ai contatti giornalieri con gli studenti, sono spesso i primi a rendersi conto dei cambiamenti nel comportamento e sono in grado di comprenderne e valutarne le cause potenziali. Tuttavia, le scuole sono spesso preoccupate dal fatto che rendere noti casi di estremismo verificatisi presso le loro strutture possa danneggiare la reputazione degli istituti. Pertanto, è fondamentale elaborare procedure concrete e trasparenti per rispondere a questa preoccupazione: del resto i casi di estremismo individuati in un centro scolastico non dovrebbero essere interpretati come un segno di debolezza della struttura. L’educazione formale consente agli studenti di essere informati sui contenuti ideologici e sui principali attori dell’estremismo; fornisce inoltre una struttura istituzionale che rafforza le competenze sociali e cognitive degli studenti e promuove la cittadinanza attiva. Incoraggia in tal modo gli studenti a sviluppare ed esprimere opinioni e interessi, fornendo un ambito di partecipazione attiva ad attività extrascolastiche che possono essere realizzate all'interno o all'esterno dell'istituto.

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Ci sono notevoli differenze tra le scuole primarie e secondarie:

 Scuole primarie: in quest'ambito è possibile affrontare le questioni riguardanti l'identità e la religione per spiegare agli alunni la diversità culturale e religiosa e per renderli consapevoli dell’esistenza di stili di vita e credenze differenti.

 Scuole secondarie: sono il luogo ideale per promuovere la democrazia locale e il pensiero critico. Gli strumenti a disposizione possono essere, per esempio, dibattiti e tavole rotonde con la partecipazione di politici locali alla vigilia delle elezioni amministrative, l'organizzazione di eventi benefici a favore delle vittime di un conflitto o di calamità naturali, o ancora l'allestimento di mostre a contenuto storico, culturale, sociale o religioso. Nelle “classi multiculturali”, tali attività consentono di introdurre elementi della storia, la politica e la società delle comunità emarginate (ad esempio, la storia mondiale, i conflitti regionali, le questioni identitarie, ecc.) normalmente esclusi dal discorso dominante. L’educazione formale permette inoltre di decostruire i messaggi estremisti diffusi dai social e di ridurre la vulnerabilità delle persone nei rispetto alle strategie e alle dichiarazioni ideologiche dei media che istigano all’estremismo. Diversamente dall'educazione alla cittadinanza, che è una materia regolarmente contemplata dai programmi scolastici nazionali, nell'educazione formale la religione occupa uno spazio differente a seconda dei paesi. In realtà l'educazione religiosa, intesa come introduzione agli insegnamenti e alle pratiche delle diverse religioni è un mezzo efficace per instillare il rifiuto di concezioni rigide, poiché presenta tradizioni differenti e avvicina l'insegnamento della religione ai contesti locali e al mondo dei giovani. Permette inoltre di individuare i temi comuni a tutte le comunità religiose, nonché di smantellare gli stereotipi e gli eventuali conflitti fra loro. Gli argomenti di carattere religioso possono inoltre essere affrontati in contesti non confessionali, ad esempio durante le lezioni di storia, politica, etica o studi sociali. Diversamente dall’educazione religiosa confessionale tali discussioni non mirano a promuovere le credenze o a insegnare i riti religiosi; intendono invece collocare le preoccupazioni

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religiose dei giovani (“Come devo vestirmi?”, “Come devo comportarmi in una determinata situazione?”, “Quali valori sono importanti per me?”) in un contesto sociale e storico più ampio, non limitato alle convinzioni e alle credenze religiose. Come l’educazione religiosa, questo approccio consente di contestare le narrazioni religiose estremiste, le tradizioni rigide e le direttive categoriche.

II. Politiche di welfare e servizi sociali per la gioventù

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> Le politiche di welfare e i servizi sociali per la gioventù, gestiti dai comuni o dalle ONG, costituiscono un ulteriore ambito di prevenzione e di costruzione della resilienza, poiché promuovono le capacità e le competenze sociali e comunicative. Permettono ai giovani di impegnarsi in attività atte a rafforzare la fiducia in sé stessi, a promuovere l’auto-efficacia e a favorire i legami sociali ed affettivi. In linea di massima, lo stesso vale per i servizi di assistenza all’infanzia e per il ruolo da essi svolto nel sensibilizzare i bambini alla diversità culturale e religiosa. Anche le politiche di welfare e le attività di animazione per i giovani e sono una valida risposta alle tendenze recentemente riscontrate nelle correnti più radicali dell’estremismo di destra e dell’estremismo religioso. Le organizzazioni estremiste stanno adottando sempre maggiormente i modelli e le attività culturali dei giovani in quanto parte delle loro strategie per avvicinarli e allettarli. La musica, i social media e le attività di svago hanno uno spazio rilevante nella comunicazione dei gruppi estremisti. Comprendono concerti, escursioni ed altri eventi sociali. Pur non essendo illegali, tali attività sono utilizzate per spingere gli adolescenti e i giovani ad aderire alle affermazioni ideologiche di tali organizzazioni e ad agire sulla base di tali convinzioni. Infatti, sempre più spesso le organizzazioni estremiste adottano i modelli culturali giovanili come strategia per avvicinare e sedurre i ragazzi; nelle strategie di comunicazione dei gruppi estremisti la musica, i social e le attività di svago, come concerti, gite e altri eventi sociali, occupano uno spazio

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importante. Pur non essendo illegali queste attività costituiscono un mezzo per spingere gli adolescenti e i giovani ad aderire alle ideologie estremiste e ad agire in base a tali convinzioni. Queste attività (l‘animazione giovanile di stampo estremista) spesso colmano un vuoto nei servizi pubblici. Un quadro istituzionale inadeguato o insufficiente fornisce dunque alle organizzazioni estremiste l’opportunità di avvicinare i giovani vulnerabili.27 È proprio in tale contesto che le associazioni sportive e culturali possono essere validi partner nelle attività di prevenzione. Gli allenatori di calcio, ad esempio, raccontano spesso di episodi di giovani con problemi identitari o che non riescono a conciliare il proprio credo religioso con il gioco del calcio. Gli allenatori, essendo in stretto contatto con questi giovani, sono spesso tra i primi a notare sentimenti di malcontento e di ingiustizia, conflitti interni che di per sé non sfociano immediatamente nell'adesione a convinzioni o comportamenti estremisti. Tuttavia, se gli allenatori non dispongono delle conoscenze, delle competenze e delle strutture di supporto necessarie per affrontare tali situazioni e coinvolgere altre istituzioni, non sono preparati per intervenire e reagire. È dunque essenziale, ai fini di un intervento precoce, rafforzare le capacità di tali attori di individuare i segnali di una potenziale radicalizzazione e incoraggiarli a contrastarla. Oltre alle attività di gruppo, il supporto individuale ha assunto una crescente importanza per la costruzione della resilienza e la prevenzione dei processi di radicalizzazione. Numerosi studi hanno sottolineato come le crisi personali, i problemi di salute o familiari possono rappresentare importanti fattori di rischio di radicalizzazione. In tale contesto, i servizi giovanili, sociali e di salute mentale hanno un ruolo cruciale da svolgere nel sostenere le famiglie nella cura dei figli e nell’affrontare i conflitti intra-familiari. La costruzione della resilienza all'estremismo si basa sulle conoscenze acquisite mediante un approccio privo di pregiudizi e non violento, in grado di consolidare capacità e competenze dell'individuo, come la consapevolezza di sé e l'autostima. Tutto ciò 27-Le iniziative promosse dall’estremismo religioso spesso organizzano, ad esempio, i loro eventi in giorni festivi (Pasqua o Natale), quando la maggior parte delle strutture pubbliche sono chiuse. Parimenti, sono stati segnalati in numerosi paesi ripetuti tentativi di organizzazioni dell’estrema destra di infiltrare dei servizi esistenti, quali kindergarten e centri giovanili per diffondere i loro messaggi.

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permette che i giovani si preparino adeguatamente a una professione, aiutandoli a inserirsi nel mercato del lavoro. Gli educatori, i consulenti di orientamento al lavoro e i tutor sono ben preparati per questi compiti. È tuttavia necessaria una formazione supplementare per garantire che tali figure professionali siano in grado di comprendere i fattori di rischio che portano alla radicalizzazione, fra cui eventuali conflitti identitari nei giovani appartenenti a minoranze. Tra questi figurano eventuali conflitti di identità nei giovani appartenenti a minoranze. Accrescere la consapevolezza su tali questioni consente di adattare le strategie esistenti ai bisogni specifici e alle esigenze derivanti dal processo di radicalizzazione, nonché alle tattiche di adescamento delle organizzazioni estremiste.

III. Le comunità

>>>>>>>>>>>>>>>>>>> Le comunità religiose ed etniche sono spesso basate su forti rapporti e interazioni interpersonali. In molti settori, forniscono servizi sociali importanti che vanno a integrare quelli delle strutture e delle istituzioni pubbliche (ad esempio, in materia di welfare, istruzione, attività culturali). In numerosi paesi le comunità religiose sono state individuate come partner importanti per l’elaborazione di programmi di prevenzione dell'estremismo religioso, principalmente nel campo dell’educazione religiosa, ma anche dell’erogazione di servizi e di strutture di supporto in materia di consulenze alle famiglie, welfare e istruzione generale. Malgrado la loro importanza in quanto attori sociali, le comunità religiose molto spesso non dispongono di finanziamenti sufficienti e sono frequentemente gestite da volontari sprovvisti delle qualifiche adeguate per occuparsi di problemi educativi e amministrativi di ampia portata. Le strategie di collaborazione con le comunità religiose dovrebbero riconoscere tali limiti istituzionali e prevedere l’erogazione di corsi di formazione e di risorse.

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Le stesse comunità islamiche hanno espresso crescenti preoccupazioni per i segni di radicalizzazione e l’influenza che le correnti estremiste esercitano sulla loro popolazione. Ciò avviene in un momento in cui i comuni e altre istituzioni pubbliche compiono maggiori sforzi per integrare le comunità e i loro rappresentanti in reti per la prevenzione, a livello locale, regionale e nazionale. Tale cooperazione in alcuni paesi si basa su contatti e rapporti già ben stabiliti, mentre in altri è legata direttamente alle recenti preoccupazioni in materia di sicurezza dovute alla radicalizzazione e al crescente numero di individui che vanno ad ingrossare le fila delle organizzazioni jihadiste. In alcuni casi, ciò ha fatto sorgere notevoli tensioni con i rappresentanti delle comunità islamiche che si opponevano a una cooperazione esclusivamente mirata alla tutela della sicurezza. Essi sostengono, infatti, che la cooperazione dovrebbe essere intesa nel suo senso più ampio e comprendere il riconoscimento delle comunità religiose in quanto erogatori importanti di servizi nel campo dell’istruzione e del welfare. Un’altra riserva circa il coinvolgimento delle comunità religiose in attività di prevenzione riguarda la scelta degli eventuali partner. Ad esempio, mentre le comunità più solidamente stabilite comunicano attivamente con segmenti significativi della popolazione musulmana locale, gli studi riguardanti i cittadini europei che combattono nelle fila delle organizzazioni jihadiste indicano che la maggior parte di loro non partecipava alle attività delle strutture tradizionali della comunità nel loro paese di provenienza. Tali studi sostengono che le moschee tradizionali non attirano gli individui che si sentono maggiormente allettati dalle narrazioni rigide e semplicistiche delle correnti estremiste. Tuttavia, le comunità solidamente stabilite possono contribuire in maniera significativa a rafforzare gli approcci alternativi alle tradizioni religiose e ad ampliare la gamma delle scelte religiose possibili. Pur non essendo probabilmente in grado di avvicinare gli individui che hanno già imboccato la strada dell’estremismo, possono fornire punti di riferimento alternativi per una vita religiosa e comunitaria alle persone non ancora radicalizzate. La scelta dei partner religiosi può essere difficile anche perché certe istituzioni religiose della comunità sostengono interpretazioni o credenze in contraddizione con i principi e i valori basilari delle società

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europee (ad esempio, per quanto concerne i ruoli di genere, il pluralismo, la democrazia, ecc.). In paesi come il Regno Unito, la Germania e i Paesi Bassi il ruolo di tali organizzazioni nei programmi di prevenzione locali o nazionali è al centro del dibattito politico. Mentre alcuni paesi hanno assunto una posizione chiara e netta contro qualunque forma di collaborazione con le organizzazioni ritenute estremiste (anche quelle che non promuovono la violenza), altri paesi hanno optato invece per approcci più pragmatici coinvolgendo per esempio anche comunità come quelle di tendenze salafite moderate. Malgrado il rischio che tali approcci possano rafforzare lo status di tali organizzazioni all’interno della comunità, questa impostazione consente una collaborazione caso per caso e interventi coordinati quando si verificano problemi di sicurezza o si presenta il rischio di atti violenti.. In tali casi, l’obiettivo della collaborazione dovrebbe essere definito e comunicato chiaramente.

IV. Le forze di polizia

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> Il lavoro delle forze di polizia non si limita alle indagini e alla repressione, ma comprende anche la prevenzione della criminalità e dei reati. In numerosi paesi le forze dell’ordine sono impegnate in attività di prossimità miranti a rafforzare i legami con le varie comunità religiose e culturali. L’importanza di tali attività non risiede nella raccolta di informazioni o nella “sorveglianza”, ma piuttosto nel supporto fornito alle comunità e nella costruzione della fiducia al fine di promuovere la collaborazione in vari contesti. Le esperienze in numerosi paesi hanno dimostrato i limiti della cooperazione quando è esclusivamente legata alla lotta contro l’estremismo religioso. Il fatto di considerare le comunità come dei partner implica ugualmente che venga loro fornito un sostegno contro la discriminazione e i crimini dettati dall’odio. Il processo di radicalizzazione porta un individuo ad allontanarsi dalla società e a contestarne le istituzioni. Il rafforzamento della fiducia nelle istituzioni pubbliche, quali le forze di polizia, è pertanto un aspetto importante delle strategie di prevenzione. Considerare la polizia un’is-

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tituzione pronta a difendere gli interessi e i diritti dell’individuo smentisce la propaganda estremista, che accusa la polizia di prevaricazione promuovendo un'immagine vittimista e impotente delle minoranze. In tal senso, la collaborazione e il dialogo permettono di informare i giovani sul ruolo delle forze dell'ordine e sul loro dovere di tutelare tutti i cittadini, senza distinzioni di etnia o di credo religioso. Ciò è importante al fine di consolidare l'identificazione dei cittadini con le società in cui vivono, nonché la convinzione di essere uguali a tutti gli altri membri della comunità.

V. Raccomandazioni

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> La prevenzione e la costruzione della resilienza a livello comunale dovrebbero includere:

 L'accesso alle informazioni sulle ideologie e le organizzazioni estremiste (ad esempio, tramite pubblicazioni, centri di informazione, ecc.) per i professionisti e gli operatori di prima linea

 Una formazione riguardante i vari settori della prevenzione  L’erogazione di sostegni finanziari e amministrativi agli attori locali  La creazione di reti locali e di strutture di scambio tra i diversi servizi (le scuole, i servizi comunali, i circoli sportivi e culturali, le comunità, le forze di polizia, ecc.)

 L'aggiornamento continuo dei servizi comunali a richieste ed esigenze in costante evoluzione.

 La sensibilizzazione delle istituzioni comunali sulla diversità religiosa e culturale

 Il potenziamento dei servizi destinati a sostenere la costruzione della resilienza nei bambini e nei giovani

 La promozione della democrazia locale, della cittadinanza attiva e del pensiero critico;

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Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

 La predisposizione di politiche trasparenti ed efficaci contro la discriminazione

 Il sostegno alle comunità nell’affrontare l’esclusione sociale e i discorsi discriminatori/di incitamento all’odio.

Pratiche e strumenti

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Pratiche Progetto Second Wave, Vilvoorde (Belgio) Nel 2013, la città di Vilvoorde ha deciso di organizzare degli incontri tra i giovani e le forze dell’ordine. L’obiettivo era quello di prevenire la polarizzazione degli atteggiamenti della popolazione affrontando i conflitti esistenti tra i due gruppi ed evitare che tali conflitti potessero contribuire a favorire la radicalizzazione. I dibattiti miravano inoltre a promuovere il pensiero critico dei partecipanti e a migliore i loro rapporti.

Signpost, Düsseldorf (Germania) Nel 2013, lo Stato della Vestfalia ha lanciato il programma “Wegweiser” in varie città tedesche, con lo scopo di responsabilizzare i giovani e rafforzare la loro resilienza nei confronti delle ideologie estremiste che esaltano la lotta contro l’ingiustizia. È stato creato un centro di consulenza, in particolare sul neo-salafismo.

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Servizio di mediazione, L’Hospitalet de Llobregat (Spagna) Nella città di L'Hospitalet de Llobregat a partire dal 2006 sono diminuiti i conflitti giovanili sia in ambito scolastico sia, soprattutto, fra bande. Il servizio di mediazione e la sua metodologia di intervento si sono dimostrati efficaci per la gestione dei conflitti e la prevenzione del coinvolgimento dei giovani in bande violente.

Strumenti Bounce (Belgio) Il progetto Bounce è un programma di formazione basato sulla ricerca che mira a potenziare la resilienza dei giovani nei confronti della radicalizzazione violenta. Si concentra sugli aspetti psicologici e fisici della prevenzione precoce e fornisce strumenti per accrescere la consapevolezza degli adolescenti e delle persone appartenenti alla loro cerchia (genitori, docenti, operatori sociali, ecc.) Il programma e gli strumenti di formazione sono attuati in 10 città appartenenti a cinque Stati membri dell’Ue. http://www.bounce-resilience-tools.eu/en

Protest, provocation or propaganda? Guida per prevenire l’ideologia salafita nelle scuole e nei centri per la gioventù, Ufuq.de (Germany) La guida è rivolta essenzialmente agli educatori nelle scuole e nei centri giovanili: tratta della crescente popolarità dell’ideologia salafita presso i più giovani e sottolinea le varie motivazioni che possono spingere giovani e adolescenti ad aderire a gruppi e organizzazioni che sostengono l’estremismo religioso. La guida, rivolta alle scuole e agli animatori giovanili, fornisce esempi concreti su come prevenire il processo di radicalizzazione e intervenire in conflitti motivati dalla religione. http://www.ufuq.de/Preventing_radicalisation.pdf.

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Guida del docente per la prevenzione dell’estremismo violento, UNESCO Si tratta di un documento studiato per gli insegnati delle ultime classi della scuola primaria, e delle scuole secondarie inferiori e superiori. Intende fornire consigli pratici su come e quando discutere con gli studenti del problema della radicalizzazione che sfocia nell'estremismo violento e aiuta i docenti a instaurare nelle classi un clima scolastico inclusivo, migliorando il pensiero critico e il dialogo. http://unesdoc.unesco.org/images/0024/002446/244676e.pdf

Manuale del docente per un programma scolastico sulle competenze civiche e sociali degli adolescenti, Universal Curriculum Against Radicalisation in Europe (UCARE), University College Roosevelt UCARE è un programma che fornisce strumenti educativi destinati a promuovere la cittadinanza e le competenze sociali presso gli studenti delle scuole superiori, allo scopo di prevenire i processi di radicalizzazione. Il programma UCARE consiste in una sequenza di sette workshop che potranno essere tenuti dal docente stesso o da un formatore esterno. Se necessario, i workshop possono essere estesi a più lezioni. (Il manuale è disponibile in inglese, olandese e spagnolo) http://www.ucr.nl/academic-program/Research/Terra%20II/Pages/U-CaRe-curriculum.aspx

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Capitolo V >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Deradicalizzazione e iniziative di disimpegno >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

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5. Deradicalizzazione e iniziative di disimpegno

Vai a www.efus.eu per vedere il video introduttivo a questo capitolo

Un intervento precoce in quanto strategia di deradicalizzazione o di disimpegno è stato utilizzato in vari settori, tra cui la sanità, il benessere dell’infanzia, l’istruzione, la lotta contro le droghe, la criminalità. Il principio guida generale è la considerazione che, in presenza di rischi elevati, situazioni di vulnerabilità o una particolare predisposizione negativa a una situazione, a una determinata conseguenza o a un comportamento, un intervento precoce può prevenire il verificarsi di tale condizione. Per quanto riguarda la radicalizzazione, la teoria afferma che, fintanto che non è stato avviato un singolo processo lineare di radicalizzazione, è possibile ed è necessario intervenire, prima che l’individuo si radicalizzi e decida di commettere un atto estremistico violento. Gli interventi possono quindi rivolgersi a una varietà di persone, dagli estremisti di lunga data, agli individui che hanno appena iniziato il processo di radicalizzazione. Nell’analizzare il funzionamento di tali interventi, occorre porsi numerosi interrogativi iniziali e affrontare le seguenti questioni: come individuare le persone appropriate, e come sono valutati e gestiti i rischi e la vulnerabilità alla radicalizzazione? Come è avviato l’inter-

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vento e il processo di deradicalizzazione, e da parte di chi? Come è monitorato e valutato il processo? Mentre altri paesi stanno sviluppando strategie nazionali/locali per prevenire la radicalizzazione (si veda la sezione “Pratiche e strumenti”), il Regno Unito è stato preso come esempio per illustrare una strategia nazionale che integra il livello locale in questa logica di intervento. Altre buone prassi relative a interventi di deradicalizzazione sono presentate nella sezione “Pratiche e strumenti”.

I. Il processo di gestione delle segnalazioni

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> L’individuazione delle persone a rischio è l’aspetto più controverso della politica di intervento. Individuare la vulnerabilità nei confronti della radicalizzazione è un processo difficile. Attualmente, esistono svariate opinioni riguardo alle cause della radicalizzazione e del terrorismo, riconducibili a insoddisfazioni, rancori o ingiustizie subite a livello locale o nazionale, a ideologie, condizioni personali, una patologia, o una serie di fattori. L’approccio britannico è basato su ricerche che hanno esaminato un campione di terroristi condannati, e hanno sviluppato un quadro di valutazione accurato per verificare i “fattori di vulnerabilità”, la cui causa è legata o almeno correlata con la psicologia di tutti gli individui dell’intero campione. Il programma britannico Channel28 —un servizio che fornisce interventi per gli individui ritenuti vulnerabili alla radicalizzazione — utilizza tale quadro di valutazione per determinare se un individuo è adatto per un intervento precoce. In particolare, tali fattori sono utilizzati da un comitato interistituzionale del programma Channel, com-

28- La completa strategia di contrasto al terrorismo ha una componente che mira a prevenire l’estremismo violento, di cui il programma Channel costituisce un aspetto, si veda: https://www.gov.uk/government/publications/counter-terrorism-strategy-contest

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prendente gli erogatori dei servizi tradizionali pertinenti (nel campo dell’istruzione, dei servizi sociali, della salute mentale e della religione), in grado di fornire il supporto olistico necessario per un intervento riuscito. Il quadro di valutazione consente al comitato di valutare il livello di rischio di un individuo e di determinare la strategia adeguata di riduzione del rischio, per prevenire il reato o la recidiva. Questo stesso quadro di valutazione è utilizzato per determinare la vulnerabilità di un individuo rispetto alla radicalizzazione e alla violenza. Per definire la durata dell’intervento i membri del “Channel Panel” procedono a monitorare il caso, valutandolo in corso d'opera e acquisendo elementi relativi al caso specifico. Questi elementi, elencati nelle linee guida statutarie, identificano in termini generali tre condizioni: coinvolgimento, intenzione di nuocere, e capacità di nuocere.

Coinvolgimento I fattori che determinano il coinvolgimento sono talvolta denominati “ganci psicologici.” Comprendono le necessità, le propensioni, le motivazioni e le influenze contestuali, e insieme tracciano la mappatura del percorso di un individuo verso il terrorismo. Possono figurare in tale elenco, che non è affatto esauriente, i seguenti fattori: sentimenti di rancore, insoddisfazione e ingiustizia, il sentimento di sentirsi minacciato, il bisogno di affermare la propria identità, il bisogno di significato e di appartenenza, il bisogno di status, un desiderio di emozioni e di avventure, il bisogno di dominare e di controllare gli altri, la propensione all’indottrinamento, il desiderio di cambiamento politico o morale, l'opportunismo, il coinvolgimento di un familiare o di un coetaneo nell’estremismo, l’attraversamento di una fase di transizione della propria vita, l'influenza o il controllo di un gruppo e la presenza di gravi problemi di salute mentale.

Intenzione di nuocere Non tutti coloro che sono coinvolti in un gruppo, una causa o un’ideologia hanno il desiderio o l’intenzione di nuocere. Per questo, tale di-

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mensione della valutazione del rischio viene esaminata separatamente dai fattori che determinano il coinvolgimento. I fattori di intenzionalità evidenziano una forma mentis aperta alla possibilità della violenza, e riguardano le azioni che il soggetto intende compiere nonché lo scopo di tali azioni. Tali fattori possono comprendere: un’eccessiva identificazione con un gruppo o un’ideologia, la logica del “noi contro di loro”, la disumanizzazione di colui che è percepito come nemico, atteggiamenti che giustificano l’illegalità, per raggiungere obiettivi illegali.

Capacità di nuocere Parimenti, non tutti coloro che desiderano nuocere a nome di un gruppo, una causa o un’ideologia sono capaci di farlo, considerando che per la riuscita di un complotto spesso è necessario possedere capacità personali elevate, risorse e una rete di fiancheggiatori. La capacità di nuocere di un individuo è pertanto il criterio fondamentale per valutare se una persona sia realmente una minaccia per la cittadinanza. I fattori che identificano la capacità di nuocere comprendono la rete di conoscenze del soggetto, le sue abilità e competenze, l'accesso a reti, finanziamenti e strutture, la concreta capacità criminale. Prima che un individuo possa essere ammesso a questo programma di intervento, le forze di polizia esaminano la valutazione del rischio e sono incaricate di determinare se il soggetto è attivamente coinvolto in una rete terroristica, se occorre aprire un’indagine o se deve essere perseguito penalmente per accuse legate al terrorismo. Se si constata che è attivamente coinvolto in una rete terroristica il soggetto è dichiarato adatto alla sezione Prevenzione del programma Channel, uno dei quattro pilastri della strategia britannica per il contrasto al terrorismo, CONTEST. Invece, le persone già perseguite per reati di terrorismo non hanno i requisiti per essere ammesse al programma Prevent (Prevenire) e rientrano quindi nel regime Pursue (Perseguire) della strategia. Questa distinzione tra Prevent e Pursue è essenziale in quanto istituisce una netta separazione, la cosiddetta “muraglia cinese” tra la componente investigativa delle operazioni di contrasto al il terrorismo, che implica la raccolta di informazioni e l'avvio di azioni penali contro i colpevoli, dalla componente di prevenzione che favorisce la deradicalizzazione.

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Le segnalazioni alle autorità competenti possono essere effettuate dagli operatori di prima linea, dal personale che opera all’interno delle comunità, o anche da comuni cittadini. Tra gli operatori impegnati in prima linea figurano le forze di polizia, i funzionari addetti ai servizi di probation, il personale penitenziario, gli operatori sociali, i servizi sociali e gli istituti scolastici, da cui proviene il maggior numero di segnalazioni. Appunto perché Prevent rappresenta un modello di intervento precoce, la priorità è accordata all’individuo segnalato, piuttosto che un contesto di criminalità generalizzata. Per tanto, ogni funzionario comunale che ha contatti e interazioni con il pubblico è considerato un operatore di prima linea. Le segnalazioni possono provenire sia da persone condannate ai sensi della Legge sul terrorismo, sia da coloro che hanno subito condanne per violenza di stampo estremista ai sensi di altre leggi. La struttura di questo sistema richiede la promozione di numerose campagne di sensibilizzazione da realizzarsi congiuntamente con i gruppi locali, nonché la formazione degli operatori di prima linea, per garantire che tutti i membri deputati della comunità siano in grado di riconoscere i segnali di vulnerabilità e le fasi precoci della radicalizzazione.

II. Struttura dell’intervento

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> Dopo la presentazione di ogni segnalazione, il caso è valutato dal Channel Panel locale. Dopo aver valutato i fattori di vulnerabilità, il panel decide se è necessario richiedere il coinvolgimento di una figura professionale per un intervento specializzato (un tutor, approvato dai direttori del dipartimento Prevenzione, incaricato di ridurre la vulnerabilità dell’individuo alla radicalizzazione o ai rischi di reato). È indispensabile, prima dell’avvio dell’intervento, che i soggetti da esso interessati diano il loro consenso informato, indicando che sono consapevoli della natura del programma e che acconsentono volontaria-

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mente a parteciparvi. Ogni soggetto assegnato al programma Prevent incontra un funzionario del servizio pertinente della comunità, un funzionario del servizio di reinserimento, un insegnante e ogni altra persona che nel corso del programma venga ritenuta adatta. Tali incontri tra la persona affidata al servizio e i relativi operatori si svolgono in luoghi diversi, scelti in base alla loro efficacia ai fini dell'intervento. Ovviamente, i colloqui iniziali provocano una serie di reazioni disparate: alcuni soggetti hanno inizialmente un atteggiamento ostile, altri mostrano preoccupazione e paura soprattutto perché sono coinvolte le autorità, anche se generalmente le persone ottengono rassicurazioni al riguardo e acquistano fiducia. La durata del programma varia a seconda dei casi, anche se nella maggior parte di essi è di sei-otto mesi, fino a un massimo di due anni. Spesso accade che il caso sia stato segnalato per errore, pertanto il processo si conclude poco dopo la valutazione iniziale. L’intervento è seguito nella sua totalità con la massima attenzione, il che consente di apportare adeguamenti costanti alla valutazione iniziale di vulnerabilità oltre che di valutare la validità degli interventi di tutti gli operatori. Ogni caso è riesaminato tre mesi dopo la sua conclusione, e ancora una volta sei mesi dopo. Questo aspetto è fondamentale poiché consente di procedere a una verifica accurata sia dell’individuo che del risultato dell’intervento stesso. Il monitoraggio accurato dell’intervento in corso d'opera e dopo la conclusione del programma permette ai funzionari coinvolti di riesaminare le decisioni iniziali e l'evoluzione delle circostanze e dei cambiamenti di situazione, nonché di decidere se proseguire con un ulteriore impegno. Spesso i soggetti stringono solidi legami con il loro referente e mantengono contatti informali per anni, dopo essere usciti dal programma.

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Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

III. Guadagnarsi la fiducia

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> L’impegno iniziale dei servizi è quello di dimostrare chiaramente all’individuo ammesso al programma che le persone incaricate dell’intervento si preoccupano essenzialmente del suo interesse, e non hanno secondi fini. Inoltre, gli operatori utilizzano le sessioni iniziali per diagnosticare la presenza di eventuali problemi o di ostacoli. In questa fase, gli obiettivi generali sono la valutazione del soggetto e la conquista della sua fiducia. Nelle prime fasi dell’intervento, le cause più comuni di preoccupazione sono la capacità e l’abilità dell’individuo a trattare i problemi affrontati. Coloro che sono attivamente impegnati in ideologie estremiste, siano essi singoli individui od organizzazioni, spesso abbracciano la mentalità del "noi contro di loro" e talvolta esprimono apertamente il loro sostegno a favore di atti o gruppi terroristici.

IV. Il caso dell’estremismo religioso: il ruolo della religione

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> La natura dell’intervento solleva molti e difficili interrogativi di natura etica. I professionisti dell’intervento non cercano forse di influenzare gli atteggiamenti e il dissenso politico? E fondamentalente, il programma non è forse un mezzo per consentire allo Stato di ingerire nelle convinzioni religiose di un individuo? In effetti, buona parte delle reazioni politiche a tale programma di intervento ha rivendicato l'importanza di garantire che il programma non costituisca un'ingerenza in materia religiosa e non intenda reprimere la libertà di espressione o il libero dibattito. La prima preoccupazione merita un'attenta considerazione, poiché alcune misure di contrasto al terrorismo hanno storicamente mirato a rafforzare certi filoni conserv-

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atori della religione. Fra le critiche mosse a queste misure, oltre alle perplessità di natura etica, vi sono anche quelle relative alla loro reale efficacia o reale necessità tattica, nonché all'opportunità che a promuoverle e finanziarle siano gli Stati. Per quanto riguarda quest’ultimo punto, in linea di principio gli interventi non intendono influenzare le personali e legittime convinzioni religiose e politiche di un individuo. Al contrario, il programma utilizza un metodo neo-socratico, che mette in discussione sia i presupposti di base legati alle credenze religiose—l’affermazione dell’autenticità religiosa, canonica o teologica—sia quelli afferenti la sfera politica, mediante un dibattito che si sforza di spingere l’individuo a ripensare i propri atteggiamenti, le proprie credenze e i propri comportamenti.

V. Disimpegno

>>>>>>>>>>>>>>>> Il disimpegno, tuttavia, non è necessariamente ideologico. Il percorso che può portare al disimpegno comprende le seguenti forme di intervento, pur senza limitarsi ad esse.

Riallineamento su interessi comuni e integrazione Questo approccio è simile a quello seguito in altri paesi, e cioè prevede che un individuo possa essere reinserito nella società se i suoi principali interessi, di natura educativa, finanziaria e di altro tipo possono essere pienamente soddisfatti ; questa strategia mira a risolvere i problemi di tipo socio-economici fornendo un’alternativa di vita e di realizzazione personale nel paese in cui è insediato il soggetto. Questa alternativa è stata utilizzata in particolare per i combattenti stranieri di ritorno, che firmano un patto di intesa con il comune e stabiliscono accordi e piani di sviluppo. Viene loro fornito un supporto multi-istituzionale, oltre che una valutazione psicologica e assistenza. Tale approccio è stato utilizzato in Danimarca ed è stato chiamato il Modello di Aarhus.

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Disimpegno psicologico È l’approccio utilizzato per certi interventi e consiste nel non cercare di deradicalizzare e cambiare immediatamente la visione ideologica della persona, ma piuttosto di rimuovere le cause della radicalizzazione, che erano emotive. Rimosse tali cause, il soggetto viene gradualmente convinto ad abbandonare l'intenzione di commettere azioni violente in nome della causa e, infine, a riconsiderare ciò le proprie motivazioni e il proprio operato.

Tattiche diversive In altri casi è stato adottato un approccio di carattere indiretto e più diversivo, con il semplice obiettivo di reindirizzare la vita e gli interessi di quei giovani che non sono profondamente coinvolti con un gruppo estremista né sono fortemente radicalizzati. Tale approccio può rivelarsi efficace quando il soggetto mostra unicamente una tendenza alla radicalizzazione. Le iniziative miranti a sottrarre gli individui all’estremismo senza focalizzarsi in modo specifico sull’ideologia o sull’obiettivo della deradicalizzazione spesso sono condotte nell’ambito di attività sportive o culturali.

VI. Raccomandazioni

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>  L’elaborazione di strategie e di tattiche richiede un’analisi completa di ogni area locale, compresa la determinazione dei fattori “push pull”(di spinta e di attrazione) in ciascuna area, nonché l’esame delle minacce locali e delle vulnerabilità all’interno di una comunità.

 Il coinvolgimento del maggior numero possibile di enti e istituzioni: sono essenziali tutte le informazioni ottenute dal settore della sanità, della salute mentale, dai servizi per la gioventù, dai servizi di assistenza sociale e dalla polizia locale.

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 L’utilizzo di approcci diversi adattati alle esigenze specifiche degli individui con cui si lavora è indispensabile per creare il servizio giusto per le singole persone.

 Una valutazione del lavoro svolto e dei presupposti su cui poggia, al fine di correggere, se del caso, le ipotesi iniziali.

 Il monitoraggio e la valutazione costituiscono un processo costante e in continua evoluzione che richiede ricerche e sviluppo costanti.

 Una revisione e un orientamento esterno fornito dal mondo accademico e da professionisti specializzati negli approcci alternativi alla deradicalizzazione o nelle strategie di disimpegno possono costituire fonti importanti ed estremamente valide per una revisione peer to peer e per condividere le migliori prassi.

Pratiche e strumenti

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Pratiche Il modello della città di Aarhus (Danimarca) La città di Aarhus ha elaborato nel 2007 una strategia per la prevenzione della radicalizzazione, con un interesse particolare rivolto al modo in cui i programmi di deradicalizzazione sono stati integrati in tale strategia, soprattutto tramite interventi di accompagnamento (mentoring). Questa strategia locale si basa su una forte cooperazione tra i servizi nazionali e locali.

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The Safer Brent Partnership Community Safety Strategy–Preventing Radicalisation, Brent (Regno Unito) La città di Brent fa parte delle numerose città del Regno Unito che realizzano il programma CHANNEL, organo interistituzionale di tutela della sicurezza, che esamina le persone ritenute maggiormente a rischio di radicalizzazione e condivide risorse e informazioni per pianificare congiuntamente la riduzione della vulnerabilità di tali individui.

Taking responsibility - Breaking Away from Hate and Violence, Violence Prevention Network (Germania) Il Violence Prevention Network ha individuato un mezzo per rivolgersi alle persone che hanno aderito a strutture o movimenti anti-democratici senza umiliarle, facilitando in tal modo il loro reinserimento nella comunità democratica. Tale approccio è attualmente utilizzato per deradicalizzare gli individui coinvolti in gruppi estremisti violenti (movimenti islamici e di estrema destra).

EXIT Sweden (Svezia) EXIT sostiene gli individui che vogliono uscire dal movimento neonazista svedese “White Power”. Le attività sono adattate alla situazione specifica e alle esigenze di ciascuna persona. Si concentra essenzialmente sugli individui che percepiscono la società come il nemico e li stimola a cambiare la loro visione delle cose e a riavvicinarsi alla società.

Strumenti Channel Vulnerability Assessment Framework (Regno Unito) È il quadro di valutazione utilizzato dal programma Channel del governo britannico e si ispira all’approccio del servizio National Offender Management Service (NOMS) per la valutazione dei rischi di recidiva in attività terroristiche. https://www.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/118187/vul-assessment.pdf

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Counter Extremism Consultancy, Training, Research and Intervention (CENTRI), (Regno Unito) CENTRI fornisce soluzioni per il contrasto all’estremismo basate su fatti concreti, mediante un approccio specializzato in questioni connesse con l’Islam, la fede, l’estremismo, la diversità culturale e l’integrazione. Tali soluzioni comprendono attività di deradicalizzazione, di formazione degli operatori e dei servizi di prima linea, di ricerca e di consulenze sulle politiche. http://www.centri.org.uk/CENTRI/Home.html

A Guide to Refuting Jihadism – Rashad Ali e Hannah Stuart Si tratta di una guida che propone un’analisi completa delle argomentazioni ideologiche e teologiche sostenute da vari gruppi estremisti islamici, accompagnata da una confutazione approfondita di tali tesi. Viene utilizzata per la formazione dei professionisti dell’antiterrorismo del servizio per la sicurezza e il contrasto al terrorismo (OSCT) presso il Ministero dell’Interno. http://henryjacksonsociety.org/wp-content/uploads/2014/02/Refuting-Jihadism.pdf

A Guide to Countering Far-Right Extremism Si tratta di una guida pratica per i professionisti di prima linea e gli attivisti, ed è basata sull’esperienza collettiva di oltre 120 operatori che affrontano l’estremismo di destra in 10 paesi (Danimarca, Finlandia, Germania, Ungheria, Svezia, Regno Unito, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia e Repubblica slovacca). http://www.strategicdialogue.org/wp-content/uploads/2016/03/ On_The_Front_Line_Far_RighHANDBOOK.pdf

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Capitolo VI >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Controargomentazioni >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

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6. Contro-argomentazioni

Vai a www.efus.eu per vedere il video introduttivo a questo capitolo Per contro-argomentazioni si intendono i contenuti destinati a rispondere in modo proattivo alla propaganda estremista. In quanto parte di una più vasta campagna online, ma anche offline, le contro-argomentazioni o contro-narrative possono offrire un’alternativa ai discorsi estremisti. Rientrano a pieno titolo nella risposta online chiamata “counter-speech”, ossia confutazione. Mentre il counter-speech mira ad affrontare un’ampia serie di questioni, dal discorso di incitamento all’odio motivato dall’omofobia a quello basato su pregiudizi di genere, le campagne di contro-narrativa si occupano di un problema più specifico. Sono talvolta condotte a livello locale e adattate alle esigenze di un determinato pubblico, con lo scopo particolare di diffondere messaggi positivi o alternativi alla propaganda estremista, al fine di accrescere la resilienza, offrendo ipotesi alternative o cercando di sviscerare la verità. Il presente capitolo è una breve guida per i comuni desiderosi di imparare come sostenere la produzione di contro-argomentazioni e assimilare le migliori prassi per realizzare campagne di contro-narrativa.29

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29- Le linee guida presentate in questo capitolo sono ispirate a numerose campagne di contro-narrativa condotte dall’Institute for Strategic Dialogue (ISD), e costituiscono la base dei “Laboratori dell’innovazione” dell’ISD, destinati ad aiutare a presentare tali campagne ai giovani, agli attivisti e alle ONG. I Laboratori forniscono l’opportunità di mettere in comunicazione voci attendibili di attivisti ed esperti di numerosi settori chiave, quali la tecnologia, le comunicazioni e l’arte. Allo stesso modo, il ruolo dei comuni è quello di fungere da facilitatori, incoraggiando i collegamenti tra gli attivisti e gli esperti e promuovendo nuove idee su come contrastare l’estremismo violento e su come condurre campagne di contro-narrativa.


I comuni possono fungere da facilitatori per stimolare la produzione di campagne di contro-narrativa da parte delle ONG e sono sovente meglio attrezzati degli enti e organismi nazionali, poiché conoscono bene le realtà locali. Nel sostenere le campagne di contro-narrativa condotte dalle ONG, i comuni dovrebbero continuare a semplificare e rendere più incisiva la loro comunicazione strategica sulla radicalizzazione, l’estremismo violento o il terrorismo. Questo capitolo evidenzia un certo numero di mezzi pratici grazie ai quali i comuni possono sostenere la produzione di contro-narrative. Non esistono regole rigide per preparare una campagna, tuttavia questa sezione descrive i seguenti aspetti: pianificazione e creazione di una campagna, realizzazione di una campagna, sua diffusione e valutazione. Tali processi possono essere sostenuti con il finanziamento e la creazione di un pacchetto centralizzato di risorse, comprendente guide regolarmente aggiornate sull’uso delle nuove tecnologie che possono incoraggiare tale attività.

I. Pianificare e creare una campagna

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> La narrativa dei gruppi estremisti è spesso articolata su più livelli o temi. Per ottenere una contro-narrativa efficace e adattata alle necessità, sarà utile individuare l'elemento della narrativa da confutare. La pianificazione di una campagna di contro-narrativa richiede quattro componenti cruciali, che sono: individuare il pubblico giusto, definire un messaggio, decidere il mezzo e trovare il messaggero giusto. Dopo aver il pubblico, sarà più facile elaborare un messaggio efficace, scegliere il mezzo per diffonderlo e decidere a chi affidarne la diffusione, stabilendo chi avrà maggiore impatto e risonanza presso la cittadinanza del comune e con chi la popolazione sarà più propensa ad instaurare un dialogo. I comuni possono finanziare la creazione di un pacchetto centralizzato di risorse comprendente guide regolarmente aggiornate sull’uso delle nuove tecnologie e delle piattaforme social che possono incoraggiare tale attività.

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Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

Il pubblico destinatario Il primo valido punto di avvio è la comprensione del pubblico specifico che si vuole raggiungere con la campagna. Prima di avviare il processo di pianificazione di una campagna, è importante definire se le contro-narrative dovranno essere adattate alle persone “a monte” (cioè se dovranno essere orientate alla prevenzione), oppure a quelle “a valle” (prevedendo quindi un approccio più incisivo nei confronti di individui ritenuti più estremisti). Tale riflessione aiuterà ad adattare i contenuti e l'intera campagna al pubblico destinatario, condizionando la scelta del messaggio, del mezzo e del messaggero. La comprensione di come agisce il pubblico selezionato, sia online che offline, aiuterà a capire chi sono i suoi componenti e come rivolgersi a loro nel modo migliore. È importante coinvolgere il pubblico, se possibile, al momento dell’elaborazione delle contro-narrative. I focus group possono rappresentare un buon metodo al riguardo. Anche se lavorare con focus group funziona unicamente per preparare una campagna "a monte", cioè di prevenzione, considerando che organizzare un focus group con giovani estremisti non è né sicuro né realmente fattibile. I comuni sono meglio attrezzati dei governi nazionali per trasformare i contesti locali e comprendere le specifiche esigenze locali, poiché conoscono le dinamiche demografiche delle loro aree e possono facilitare i collegamenti.

Il messaggio Una volta definito il pubblico, è importante riflettere sulla narrativa che potrà avere maggiore risonanza. È questo il messaggio. A livello di base, il messaggio dovrebbe permettere di dialogare con il pubblico, e non limitarsi a parlare al pubblico. Ad esempio, creare un messaggio che dica “l’estremismo è cattivo” è semplicistico e per di più non offre un’alternativa positiva o una spiegazione ben motivata. Ci sono poche probabilità che messaggi di questo tipo abbiano un impatto forte e duraturo. I messaggi più efficaci non sono una conferenza al pubblico, ma quelli che dialogano con il pubblico e suscitano riflessione e forti reazioni emotive.

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Il mezzo Il mezzo da utilizzare dipende da come si presenterà il messaggio (video, immagine o testo). La scelta è quasi illimitata, ma occorre tenere presenti alcune considerazioni, quali le risorse, il budget della campagna e il contenuto che ha più probabilità di coinvolgere il pubblico destinatario. Sarà anche necessaria una buona conoscenza degli spazi e delle piattaforme online più utilizzate dal pubblico destinatario, poiché una contro-narrativa non implica semplicemente la confutazione del discorso estremista davanti al pubblico destinatario, ma anche la conoscenza degli interessi che tale pubblico coltiva online.

Il messaggero Esistono vari modi per dare risonanza al contenuto e coinvolgere il pubblico destinatario nel dialogo. Per questo è essenziale disporre di un messaggero credibile per diffondere le contro-argomentazioni, per cui la tappa successiva è quella di determinare quale messaggero avrà più probabilità di essere ascoltato dal pubblico, di essere considerato degno di fiducia, e di avere la capacità di ispirarlo. Molte contro-narrative utilizzano storie personali di ex fondamentalisti e di persone sopravvissute al terrorismo. Il fatto di coinvolgere degli ex estremisti, che “ci sono stati, lo hanno fatto” può essere un buon metodo per avvicinare un pubblico che è già radicalizzato o che sta esplorando i contenuti estremisti online. Tali oratori sono i più adatti per svelare le realtà indesiderabili della vita in un gruppo estremista. I sopravvissuti ad atti di terrorismo e le loro famiglie possono fornire una testimonianza commovente e convincente dell’atroce impatto della violenza sulla vita della gente e i loro racconti non possono che delegittimare gli atti estremisti violenti. I comuni possono migliorare l’impegno e il lavoro con messaggeri credibili, quali ex estremisti e vittime (compresi i loro familiari) e facilitare gli scambi tra i messaggeri e le ONG locali.

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Prevenire e combattere la radicalizzazione a livello locale

II. Realizzare una campagna

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> È importante definire le piattaforme più adeguate per ciascuna campagna, poiché poche avranno la necessità, o la possibilità e le risorse per essere presenti su ogni piattaforma o sito web. Esaminare il comportamento del pubblico aiuterà a decidere come interessarlo e raggiungerlo meglio. Ad esempio, è importante conoscere gli orari della giornata in cui le persone sono più propense a navigare su internet o individuare i social più popolari. Al momento di decidere la durata di una campagna è importante individuare il modo di ottenere il maggior impatto possibile sul pubblico destinatario. Alcune contro-narrative si ricollegano ad eventi attuali nazionali o mondiali. I gruppi estremisti colgono spesso l’occasione per manipolare rapidamente le informazioni su tali eventi e per alimentare l’insoddisfazione delle reclute potenziali. In questi casi le ONG sono in grado di rispondere più rapidamente, poiché non sono tenute a seguire la trafila delle procedure e delle autorizzazioni che rallentano i comuni, ma è importante che la strategia sia coordinata tra le due parti, garantire la completezza delle comunicazioni. La riposta del pubblico dipende in prima battuta dal suo interesse per i contenuti e la forma della campagna, ma l'elemento fondamentale sarà costituito dal dialogo, dall'interazione. Gli organizzatori possono utilizzare semplici tecniche per aumentare il coinvolgimento del pubblico: fare domande, creare liste, seguire l'attualità, partecipare ai forum nel modo adeguato. Se una campagna è condivisa su più piattaforme, è importante mantenere diciture e toni coerenti, e postarne i link. Per capire qual è il contenuto che ha dato i migliori risultati e ha maggiormente coinvolto il pubblico si potranno utilizzare gli utili strumenti di analisi disponibili sui social. Del resto, la valutazione è importante perché fornisce le informazioni necessarie per migliorare le campagne future.

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III. Diffusione e valutazione

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> Una campagna di contro-narrativa può avvalersi gratuitamente di una serie di strumenti per infondere interesse nel pubblico e aumentare il numero di follower: si tratta della cosiddetta diffusione "organica". Tuttavia, anche la pubblicità online, o la diffusione "a pagamento" può inizialmente dimostrarsi efficace per guadagnare follower ampliando in maniera naturale il pubblico cui si rivolge la campagna. I comuni possono apportare un valido contributo in termini di valutazione, impegnandosi in ricerche su larga scala che permettano di valutare meglio i risultati delle controargomentazioni e di divulgarli adeguatamente ai messaggeri più credibili.

Diffusione organica La diffusione organica può rappresentare un metodo efficace per spingere il messaggio e il contenuto della campagna verso il pubblico giusto. Tuttavia, essendo gratuita, richiede molto tempo. È pertanto utile che gli organizzatori della campagna esaminino quali sono le persone o le organizzazioni influenti che potrebbe essere utile includere in una strategia di diffusione organica. I comuni possono facilitare fruttuose connessioni con le ONG. La possibilità di coinvolgere nella campagna di contro-narrativa soggetti influenti che godono della fiducia del pubblico o sono oggetto della sua ammirazione aiuterà a ottenere i follower iniziali, o almeno a diffondere la campagna fra un pubblico più vasto.

Diffusione di messaggi a pagamento La diffusione di messaggi a pagamento può essere efficace per catalizzare un gruppo di follower e il pubblico iniziale che promuoveranno la crescita esponenziale della campagna. La pubblicità a pagamento sui social è funzionale per rivolgersi al pubblico al pubblico destinatario della campagna di contro-narrativa. Grazie alle specifiche capacità di

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targeting di cui dispongono piattaforme popolari come YouTube, Twitter o Facebook è possibile ottenere buoni risultati perché. queste piattaforme forniscono informazioni relative all'utente, come le pagine che gli piacciono e che visita, o le parole chiave che inserisce nei motori di ricerca. Ad esempio, se un adolescente ha cercato Xbox in un motore di ricerca, ci sono molte probabilità che riceva pubblicità per console di gioco quando naviga sul web, senza che ciò costituisca una violazione della privacy. Pertanto, se l’adolescente cerca “come aderire all’IS”, potrà ricevere pubblicità sul contenuto delle contro-narrative, in funzione dei suoi termini di ricerca. In tal modo la pubblicità a pagamento è in grado di raggiungere un pubblico molto specifico, un fatto, questo, particolarmente importante per una campagna downstream destinata a persone già radicalizzate. È quindi fondamentale in primo luogo individuare correttamente il pubblico destinatario comprendendone i tratti distintivi e, successivamente, sperimentare e perfezionare la comunicazione. Le opzioni di targeting variano leggermente tra una piattaforma e l’altra, ma grazie alle numerose somiglianze non è difficile adattarsi. I comuni possono sostenere e facilitare gli sforzi effettuati dalla società civile per predisporre e condurre campagne di narrativa alternativa mediante finanziamenti diretti o contributi in natura, o semplificando le procedure per il settore privato impegnato a sostenere le reti della società civile. Per le ONG impegnate nella navigazione online, fra complesse pubblicità mirate, è certamente vantaggioso poter contare sul sostegno adeguato.

Valutazione delle campagne Non bisogna dimenticare che l'obiettivo di una campagna riuscita non è necessariamente quello di raggiungere il maggior numero di persone possibile quanto quelle giuste. Una campagna, per poter essere considerata di successo, non deve necessariamente raggiungere subito migliaia di persone, ma sensibilizzare quelle cui è rivolta. A questo proposito, le piattaforme dispongono di tecnologie analitiche incorporate che aiutano gli organizzatori della campagna a valutare il risultato delle pubblicità a pagamento sulle piattaforme.

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Fortunatamente numerose ONG stanno ora creando contro-argomentazioni e campagne di contrasto alle ideologie rivolgendosi a vaste fasce della popolazione. Tuttavia, non è sempre possibile valutare l'impatto di queste campagne. Al fine di migliorarne i risultati,è necessario monitorare, verificare e valutare sempre le campagne di contro-narrativa avvalendosi delle prassi già esistenti. Non è sempre facile valutare il successo di una contro-narrativa, e può rivelarsi complesso capire se una campagna ha ottenuto l’effetto desiderato o se ha raggiunto l’obiettivo generale. Se tale obiettivo consiste nell’impedire a dei giovani di recarsi in Siria sarà difficile verificare oggettivamente i risultati. Sarà invece più facile valutare quegli obiettivi più limitati e maggiormente misurabili che contribuiscono al raggiungimento dell'obiettivo generale. Per esempio, sarà più facilmente verificabile quali persone hanno reagito al contenuto delle contro-narrative, se costituiscono l'obiettivo demografico previsto e in che modo è stato intavolato il dialogo con queste persone. Tali informazioni serviranno a organizzare al meglio le campagne successive in termini di contenuti e strategie. È pertanto fondamentale monitorare e valutare una campagna nel miglior modo possibile, non solo durante il suo svolgimento, ma anche dopo la sua conclusione. Dunque, la valutazione e la condivisione delle informazioni emerse dalla campagna costituiscono un valido strumento per migliorare la penetrazione dei contenuti delle contro-argomentazioni. In tal senso, i comuni possono impegnarsi a comunicare i risultati ai messaggeri più credibili, compatibilmente con le proprie esigenze operative.

Criteri e indicatori di valutazione Le diverse piattaforme esistenti offrono diverse possibilità di targeting e varie modalità di analisi dei risultati di una campagna. Esiste una vasta gamma di indicatori e di misure che possono aiutare gli organizzatori a comprendere l’efficacia della campagna. In linea di massima, tali indicatori possono suddividersi in tre tipi:

 Consapevolezza: indica il numero di persone raggiunte da una

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campagna (ad esempio, mediante commenti, reach o video consultati) fornisce informazioni demografiche (età, sesso, o posizione geografica) permettendo così di capire se è stato raggiunto il pubblico desiderato.

 Impegno: indica fino a che punto le persone hanno interagito con il contenuto della campagna di contro-narrativa, i social o i siti web (compresi il tasso di penetrazione dei messaggi video, il numero di like (mi piace), i commenti, o le condivisioni).

 Impatto: questo criterio aiuta a determinare se una campagna è riuscita a fare dei passi avanti in direzione dell'obiettivo generale. La prova del successo varia in funzione del tipo di campagna realizzata e di pubblico destinatario: nel caso di una campagna di stampo generalista, la prova della riuscita potrà essere misurata in base alle discussioni suscitate, al potenziamento del pensiero critico, al sostegno fornito all'impegno online sulle questioni relative all'estremismo violento. Nel caso invece di una campagna rivolta a soggetti radicalizzati o incentrata sugli interventi, la prova del successo potrebbe essere il fatto che i destinatari sono usciti allo scoperto per chiedere aiuto e consigli. Il rilevamento dell'impatto di una campagna è spesso di tipo qualitativo e non dovrebbe essere ignorato, perché fornisce informazioni molto utili. Sebbene non garantisca la certezza statistica del numero delle persone raggiunte o del loro coinvolgimento, costituisce la lente migliore attraverso la quale osservare le reazioni del pubblico e l'impatto della campagna su di esso. I comuni dovrebbero tener conto di tutto ciò quando collaborano con le organizzazioni non governative o sostengono gli sforzi delle ONG locali finanziando direttamente la realizzazione di una campagna di contro-narrativa. fornendo un contributo in natura o semplificando le procedure per il settore privato impegnato a favore della società civile.

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VI. Raccomandazioni

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>  I comuni sono meglio attrezzati dei governi nazionali per trasformare i propri territori e comprendere le specifiche esigenze delle ONG locali che si sforzano di creare contro-narrative. Grazie alla loro maggior sensibilizzazione rispetto alle problematiche sono in grado di incanalare adeguatamente le risorse e di promuovere le capacità locali.

 I comuni possono perfezionare e migliorare il loro coinvolgimento con messaggeri credibili, quali ex estremisti e persone sopravvissute ad attacchi terroristici, e facilitare i rapporti tra tali messaggeri e le ONG locali.

 Il ruolo di un comune può consistere nel rafforzare le capacità delle persone più idonee a diffondere le contro-narrative e degli organizzatori delle campagne, che spesso mancano delle abilità e delle competenze necessarie per svolgere efficacemente tale lavoro al livello adeguato ; possono inoltre mettere in comunicazione i gruppi impegnati in queste attività.

 I comuni potrebbero inoltre finanziare la creazione di un pacchetto centralizzato di risorse, comprendente un aggiornamento regolare di guide sull’uso delle nuove tecnologie e sulle piattaforme social per contrastare i messaggi estremisti.

 Possono altresì sostenere e agevolare gli sforzi della società civile per predisporre e attuare campagne di narrativa alternativa tramite finanziamenti diretti e contributi in natura o semplificando le procedure per il settore privato impegnato a favore delle reti di base della società civile.

 Le autorità potrebbero offrire un contributo estremamente valido impegnandosi in ricerche su larga scala per comprendere meglio l’efficacia delle contro-argomentazioni, nonché adoperarsi per diffondere i risultati ai messaggeri più credibili, compatibilmente con le proprie.

 Proporre corsi di formazione alle ONG locali basati sui principi esposti in questo capitolo.30 30- Basato su Counter-Narrative Toolkit and Handbook, a cura dell’Institute of Strategic Dialogue in 2016, si veda T. Silverman e H. Tuck, The Counter Narrative Handbook, Institute for Strategic Dialogue, 2016

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Nel sostenere la produzione di campagne di contro-narrativa, i comuni dovrebbero anche tenere presenti i meccanismi di comunicazione online, semplificare la propria comunicazione strategica e garantire che i propri messaggi vadano a integrare le narrative alternative create dalle ONG locali. È altresì che i comuni colleghino le proprie attività offline di contrasto all'estremismo e la radicalizzazione con ogni altra attività di comunicazione online. Oltre ad agevolare i rapporti fra messaggeri credibili, pubblico e ONG, i comuni possono fornire un valido contributo investendo nella ricerca e condividendo i risultati, in modo che gli organizzatori delle campagne possano imparare dalle reciproche esperienze e e acquisire una maggior conoscenza del terreno dove sono chiamate a intervenire. In larga parte, tale contributo consiste nel semplificare le procedure per il settore privato impegnato a favore delle della società civile, in grado di offrire un valido supporto alla navigazione fra pubblicità mirate e alla valutazione.

Pratiche e strumenti

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> Visita www.efus.eu per consultare le risorse seguenti

Pratiche EXIT USA (downstream) EXIT USA realizza un’attività di approccio per aiutare le persone che vogliono abbandonare i gruppi di estrema destra a cui hanno aderito. Ha prodotto e condiviso sui social alcune serie di quattro video ciascuna, e ha instaurato un dialogo approfondito e positivo con i suoi gruppi target rispondendo spesso sui social e nei video ai commenti e ai messaggi del pubblico. Come risultato della campagna un certo numero di estremisti è uscito allo scoperto per chiedere aiuto.

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Safeguarding Multi-Agency Approaches Reduces Terrorism (SMART) (upstream) Nel Derbyshire, Regno Unito, il corpo di polizia ha elaborato una serie di video di contro-narrativa, in collaborazione con gli studenti dell’Università di Derby. I video del progetto SMART sono stati approvati dal Ministero dell’Interno e sono stati messi a disposizione delle scuole in tutto il Regno Unito. Si trovano su YouTube e mirano a mostrare i rischi della radicalizzazione veicolando il messaggio che il terrorismo non sempre è una questione di fede o di religione. Inoltre illustrano i comportamenti che docenti, genitori e coetanei dovrebbero individuare come campanelli d'allarme.

Extreme Dialogue La campagna Extreme Dialogue è stata lanciata in Canada nel febbraio 2015 allo scopo di ridurre l’attrattiva esercitata dalle narrative degli estremisti sui giovani. Extreme Dialogue consiste in una serie di brevi documentari accompagnati da un pacchetto di risorse pedagogiche per uso delle classi o delle comunità. Con la collaborazione dei comuni, questa campagna avrebbe potuto incoraggiare scuole e centri sociali ad avvalersi delle sue risorse pedagogiche nello svolgimento delle proprie attività.

Strumenti Counter-Narrative Toolkit Il “Counter-Narrative Toolkit” (www.counternarratives.org) è uno strumento educativo che fornisce semplici guide esplicative delle fasi del percorso che le organizzazioni devono intraprendere per realizzare campagne di contro-narrativa. La prima guida, il toolkit, insegna agli utenti le migliori prassi per pianificare una campagna, creare un buon contenuto e promuovere le contro-narrative online per il pubblico target. Counter-Narrative How To Videos

 What is a counter-narrative?: si tratta di un video che spiega che 99


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cosa è una contro-narrativa e come può rappresentare uno strumento potente contro le narrative dell’estremismo.

 Creativity in Counter-Narratives: questo video insegna che le contro-argomentazioni sono un mezzo di comunicazione, e sottolinea l’importanza di utilizzare la creatività non solo nella presentazione dei contenuti, ma anche nella ricerca del pubblico online.

 Counter-Narratives and Social Media: il video spiega che la chiave per utilizzare i social al fine di contestare online le narrative dell'estremismo consiste nell'utilizzare efficacemente il targeting e gli indicatori.

Counter-Narrative Handbook Si tratta di un manuale elaborato per aiutare chiunque cerchi di rispondere in modo proattivo alla propaganda estremista mediante campagne di contro-narrativa, ed è studiato come una sorta di guida per principianti, ossia per coloro che hanno poca o nessuna esperienza di tali campagne. Accompagna i lettori attraverso le fasi principali della creazione, del lancio e della valutazione di una campagna di contro-narrativa efficace. Il manuale completa gli insegnamenti contenuti nel Toolkit. http://www.strategicdialogue.org/wp-content/uploads/2016/06/ Counter-narrative-Handbook_1.pdf

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Riferimenti bibliografici >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>  Baran Z., Fighting the war of ideas, Foreign Affairs 84: 6, Nov.–Dic. 2005  Borum R. “Radicalization into Violent Extremism II: A Review of Conceptual Models and Empirical Research” in Journal of Strategic Security 4, no. 4, 2011, p. 37-62;  Brantingham P.J. e Faust F.L., “A Conceptual Model of Crime Prevention”, in Crime and Delinquency, July 1976 22, pp. 284-296  Consiglio d’Europa, Carta europea dell’autonomia locale, Strasburgo, 1985  Della Porta D. e LaFree Gary, Guest Editorial: Processes of Radicalisation and De-Radicalisation, IJCV, Vol. 6, No. 1, 2012  Heinke, D. H., German Jihadists in Syria and Iraq: An Update, ICSR Insight, Londra 2016  Hoskins A. and O’Loughlin B., "Media and the myth of radicalization", War and Conflict Vol. 2(2): pp. 107–110, 2009  Lindekilde L., “Neo-liberal Governing of “Radicals”: Danish Radicalization Prevention Policies and Potential Iatrogenic Effects”, International Journal of Conflict and Violence 6 (1), 2012, pp. 109-122  Khosrokhavar F., Radicalisation, Éditions de la Maison des sciences de l'homme, Paris, 2015  Malthaner S., The Radical Milieu, Bielefeld: Institut für interdisziplinäre Konflikt- und Gewaltforschung (IKG), 2010, p. 1  Malthaner S. and Waldmann P.(Eds.), Radikale Milieus. Das soziale Umfeld terroristischer Gruppen (Frankfurt am Main: Campus Verlag), 2012

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