EikonCultureMagazine marzo 2020 #5

Page 1


2


Editoriale

S

iamo arrivati al numero di febbraio 2020 di EikonCultureMagazine e a quasi due anni dall’uscita del nostro primo numero.

Se dovessimo fare un bilancio, possiamo dire semplicemente di essere soddisfatti per i risultati raggiunti e riconoscenti verso tutti coloro che ci hanno dato fiducia, condividendo con noi vissuti ed esperienze, che ci consentono di continuare a viaggiare nel panorama nazionale ed internazionale della fotografia! In questo numero, oltre ai numerosi Progetti e alle copertine del Gruppo Eikon, continuano le “Pillole di composizione fotografica� e le Panoramiche sui nostri Eventi.

3


Entra anche Tu a far parte di Eikon Culture Join Eikon Culture EikonCultureVisualReflections promuove la diffusione dell’interesse per la fotografia intesa come parte integrante della cultura, dell’arte e del costume del nostro tempo. La rivista offre la possibilità a tutti di dare visibilità ai propri progetti. Come partecipare: Per proporre la pubblicazione di un progetto è necessario inviare una selezione di fotografie accompagnate da un testo, utilizzando Wetransfer e indirizzando a eikonculture@gmail.com Ogni proposta deve possedere i seguenti requisiti: – originalità dell’opera. – piena titolarità dei diritti d’autore e di ogni altro diritto. – eventuali liberatorie dei soggetti ripresi.

L’autore, con l’invio delle immagini, si assume la responsabilità del proprio lavoro riguardo ai suddetti requisiti, escludendo da ogni responsabilità in proposito lo Staff di EikonCultureMagazine.

Ogni progetto dovrà essere composto da: – da 15 a 25 immagini, jpg 1500 lato lungo. – un testo di massimo 4.000 caratteri spazi inclusi (Il testo dovrà fornire al lettore il contesto dei fatti, senza contenere analisi o giudizi). – didascalie per ogni singola foto massimo 2000 caratteri spazi inclusi. – scheda tecnica con nome, cognome, Paese, website dell’autore, camera e ottiche utilizzate. I diritti d’autore delle immagini rimangono di proprietà del fotografo.

EikonCultureVisualReflections promotes the spread of interest in photography as an integral part of the culture, art and customs of our time. The magazine offers everyone the opportunity to give visibility to their projects. How to participate: To propose the publication of a project it’s necessary to send a selection of photographs accompanied by a description, using Wetransfer and directing to eikonculture@gmail.com Each proposal must meet the following requirements: - originality of the work. - full ownership of copyrights and all other rights. - possible releases of the subjects taken back. The author, by sending the images, assumes responsibility for his work regarding the aforementioned requirements, excluding the EikonCultureMagazine staff from any responsibility in this regard. Each project must be composed of: - from 15 to 25 images, jpg 1500 long side. - a text of up to 4,000 characters including spaces (The text must provide the reader with the context of the facts, without containing analyzes or judgments). - captions for every single photo maximum 2000 characters including spaces. - data sheet with name, surname, country, website of the author, camera and optics used. The copyright of the images remain the property of the photographer.

4


Paula Navarro - Conflitto sociale in Cile Peppe Gambino - Suddenly Massimo D’Amato - Le Pulci scomparse Alessandro Marcello-Paesaggi, come opere d’arte da preservare Diana Markosian - Tra memoria e luoghi Matteo Garzonio - Memoriale Roberta Costanzi - Vite del lago Zri Mario Conti - I DIAVOLI, tra tenebre e luce Sarah Wouters - I cacciatori con le aquile della Mongolia Sandro Maddalena - FATHERLAND Le selezioni di Eikon

Eventi - EIKONDAY 2019 Corso di fotografia in pillole - LA SEZIONE AUREA – IL TRIANGOLO AUREO La libreria di Eikon

5


Paula Navarro Conflitto sociale in Cile “Il Cile si è svegliato” è lo slogan di una crisi sociale che fa imprecare milioni di persone contro tutte quelle ingiustizie che da anni erano diventate regole. Perché l’aumento del biglietto della metropolitana a $ 30 pesos, ha scoperchiato una pentola a pressione in cui noi cileni siamo stati immersi per più di 30 anni? Il 18 ottobre passerà alla storia come il giorno in cui ha avuto inizio questa rivoluzione contro il sistema neoliberale e capitalista prevalente. Gli studenti si sono organizzati per protestare attraverso un evento di massa, per distruggere sofferenze e disparità. Da quel giorno, dopo gravi atti vandalici a danno di alcuni settori durante questa settimana, sui quali si sta indagando l’origine, nonché una serie di violazioni dei diritti umani, per le quali una commissione delle Nazioni Unite arriverà nel nostro paese insieme ai rappresentanti dei diritti umani, che hanno ricevuto innumerevoli segnalazioni di casi di morte, torture e stupri attribuiti alle forze speciali e militari, i cacerolazos e le manifestazioni pacifiche non si sono arrestate, nemmeno durante il coprifuoco, imposto dal governo, che ha dichiarato lo stato di emergenza e ha portato i militari in strada. Sebastian Piñera, presidente del Cile, ha dichiarato apertamente al mondo che "Eravamo in guerra". A lui i cittadini hanno risposto con fermezza, insieme e vigorosamente, NO! NON SIAMO IN GUERRA. Siamo più svegli che mai, senza una classe politica che ci rappresenti e vogliamo un vero cambiamento, dove si sentano le vere esigenze della gente, dove prevalgano l'empatia, la solidarietà, l'equità, la dignità e abbiamo smesso di farci manipolare, derubare e imbrogliare dalla classe politica attuale. Per questo, venerdì 25 ottobre, più di un milione e duecento manifestanti sono scesi in strada per marciare e raggiungere Plaza Italia (il centro nevralgico delle riunioni sociali di massa), per mostrare al mondo la nostra unione, che ha generato la più grande mobilitazione nel Paese e probabilmente in America Latina e che senza dubbio è passata alla storia ed è stata replicata in diverse regioni del Cile. Questo è solo l’inizio, perché il Cile si è svegliato per non addormentarsi più. Ora i plebisciti, le assemblee e i consigli auto-convocati hanno iniziato ad avere una priorità nella cittadinanza e continueremo con questo cambiamento sociale che senza dubbio sarà un riferimento per il mondo. Abbiamo richieste eque e vogliamo soluzioni concrete. Eccone alcune: _ Nuova Costituzione _ Assemblea costituente _ Permesso per i plebisciti nazionali _ Destituzione di Piñera per aver portato i militari in strada, per le torture e le morti che ciò ha causato. _ Educazione gratuita e di qualità per tutti i cileni. 6


_ Diritto alla salute per tutti, non solo per alcuni settori. _ Riduzione dell'IVA sui medicinali. _ Diminuzione dei privilegi salariali attualmente mantenuti dal Parlamento. _ Aumento dei salari di base _ Aumento della pensione _ Trasporto pubblico gratuito per anziani. _ ParitĂ di giustizia per tutti gli strati sociali senza privilegi, senza tangenti, piĂš trasparenza. _ Prigione efficace per reati fiscali (evasione fiscale) _ Eliminazione del TAG. _ Restituire ai Mapuche, la loro terra, riconoscendo la loro lingua e la loro cultura come parte integrante della nostra origine. _ Riconoscimenti e supporti a tutti i nativi. _ Protezione e dignitĂ per i bambini di Sename. (Riforma)

7


Queste sono solo alcune delle richieste che ho sentito fotografando e anche come cittadino quando cammino per le strade di Santiago del Cile. Ho documentato ciò che ritengo giusto, per dimostrare attraverso il mio umile sguardo ciò che sta accadendo nel mio Paese. Instagram: @fotografacaminante Sito Web: www.paulanavarro.cl

8


9


10


11


12


13


14


15


16


17


18


19


20


21


Peppe Gambino

Suddenly è un progetto coraggioso e “normale”. L’aggettivo non è messo a caso, perchè si sforza di evidenziare quanto una famiglia viva il quotidiano di una figlia con una epilessia invasiva e ovviamente condizionante. Una vita fatta a volte di ospedali e di azioni compiute augurandosi che non ci siano improvvisi attacchi di un coinquilino che se lasciato fare diventa poco gentile. Per questo Suddenly è normale, perché non si vuole porre l’accento sul pietismo o sul piangersi addosso. Luna, questo il nome della protagonista, è una bambina piena di sogni, che ama i supereroi e che ha una gatta che la ama. Mamma, papà e una sorella che la accudiscono e non la lasciano mai. Luna, coraggio e normalità e due occhi che guardano il mondo senza stancarsi mai di inventare storie e realizzare piccoli sogni dispensando sorrisi. Luna è così meravigliosamente, coraggiosamente normale. Voi ci credete che la quotidianità è bella da morire? Noi sì. Rendere visibile l’Epilessia attraverso chi la vive, raccontandone la quotidianità perché non resti un tabù e affinché chi la ignora smetta di farlo e chi ne soffre smetta di aver paura di mostrarsi. Le crisi epilettiche per chi non ha una specifica formazione fanno paura. E' un problema culturale antichissimo, ma ancora presente e l'unica arma per combatterlo è l'informazione.



24


25


Massimo D’Amato A Firenze nel marzo 2017 è stato demolito il Mercato delle Pulci, dopo cinquant’anni di vita nel quartiere Santa Croce. Adesso in piazza dei Ciompi è aperto il nuovo giardino: panchine, lampioni e un cancello. Al centro, circondato da altre piante e dai fiori, c’è un pino marittimo, è sopravvissuto alla storia, mentre le pulci sono scomparse. Anzi, no, si sono trasferite poco lontano. Il paesaggio del quartiere è in trasformazione e il mercatino dell’antiquariato ha trovato una nuova collocazione cento metri più avanti: in largo Annigoni, di fronte alla facoltà di architettura. Nella piazza, il pensiero ritorna alle vecchie baracche di cemento, agli oggetti e ai colori; rimane la vita di tutti i giorni, con il desiderio di intravedere un ricordo dentro una fotografia. “Le Pulci Scomparse” è un progetto realizzato con la partecipazione dei residenti in piazza dei Ciompi e nelle strade vicine. Le immagini incontrano le parole: un muro svuotato diventa la cornice di una storia; le persone raccontano le riprese, gli anni della guerra, la partita a calcio, i matrimoni e il lavoro. Le fotografie scandiscono il tempo, come una linea di confine che precede nuovi percorsi; nella composizione, la linea centrale rappresenta l’incertezza verso il futuro e le inquadrature frontali permettono diverse interpretazioni, accoppiando le immagini. I materiali della costruzione - ferro, vetro e cemento - ricordano l’archeologia industriale, mentre i segni dei graffiti sulle pareti riavvicinano il tempo. L’immaginario e il reale si confondono, come accade nella memoria. WEBSITE: www.socialphoto.it

26


01 Si ritornò dal Venezuela nel 1970, i miei genitori volevano che studiassi in Italia. Qualche mese a Moliterno, in Basilicata, poi un paesano disse a mio padre che a Firenze vendevano una bottega. E’ questa in via dei Pepi, e a settembre ci siamo trasferiti. Si stava in via Mannelli, la mattina prendevo la bicicletta per andare a scuola, in piazza Santa Croce; passavamo da Sant’Ambrogio, io e mia sorella, lì ci conoscevano tutti: il giornalaio “Giuliano!!!” e lui rispondeva “Andate a scuola!”; il pizzicagnolo “Nicola!!!”, e lui “Grulli!!!”. Dopo la scuola si stava in bottega, qui davanti passava tanta gente. Mi ricordo il Monti che camminava e cantava, con una foglia d’edera nel taschino della giacca. E Giangaben, lo chiamavano come quell’attore perché camminava tutto storto; forse lui è ancora vivo.

27


02 Una sera d’estate, saranno passati sei o sette anni, organizzammo una cena nella bottega del Biagi. Eravamo una ventina, forse di più, tutti uomini: antiquari, commercianti, artigiani, e qualche amico; poteva entrare solo Serena, “la vinaina” di via dell’Agnolo, con tutte le sue baciasche di pasta. Mi ricordo che c’erano il Marchi il Giannini e Tiziano, il meglio restauratore del quartiere, e poi anche Angelo, “il Principe”. Una cena semplice con tanto vino; Leonardo Conti cantava le arie d’opera, e durante “Nessun dorma” di Puccini qualcuno pensava a Pavarotti e Domingo; eh sì, il livello alcolico cresceva, tra le risate e gli aneddoti di vita nel quartiere. Mi ricordo che il Biagi tirò un coltello che si piantò in un credenzone. Fu davvero uno spaccato di quartiere che ricorderò sempre. Una socialità difficilmente replicabile in altre latitudini. Siamo fiorentini, nel cuore e nell'anima.

03 Piazza dei Ciompi non aveva questo nome, quando noi ragazzi ci andavamo in bicicletta; di pomeriggio, perché la mattina c’erano i banchi dei contadini che legavano gli asini alla “Casa del Boia” in via Buonarroti. Il mercato di frutta e verdura si è poi trasferito in piazza Ghiberti e sono arrivati gli antiquari, presto spazzati via dall’alluvione. Di pomeriggio si sentivano estrarre i numeri della tombola al Circolo Buonarroti, la casa del Ghiberti... Erano gli anni animati dalle liti tra protettori e prostitute che in Borgo Allegri e via dell’Agnolo avevano il loro territorio. Nel frattempo erano state ricostruite le baracche per i venditori di mobili e cianfrusaglie, andate in fumo in un incendio di qualche anno prima; adesso sono state trasferite in piazza Annigoni, vicino al mercato della frutta e della verdura.

28


04 Attraverso il vetro, lo guardo. Nel vento d’aprile, tra la pioggia battente o illuminato dal sole c’è sempre. Chiudo gli occhi e respiro. Immagino quanto tempo ha visto passare. Giovani amanti in cerca di un bacio, chitarre che suonano sotto una luna distante, canzoni di ubriachi ebbri di vino, litigi di odio e di lontani rancori. Traccia un confine tra il passato e il futuro, tra una terra sempre più arida e un cielo tinto di rabbia. Mi piace fermarmi ai suoi piedi e toccare la sua pelle ruvida e dura. Vive, lo sento dalla linfa che scorre nel tronco, la sua chioma oscilla nella brezza serale. Mi saluta insieme alla sera.

05 Mi ricordo il periodo della guerra. Io ero una bambina; in via dei Pepi al numero 10, casa nostra, al terzo piano c’era una famiglia di due fratelli: uno aveva sette figli, maschi e femmine, e l’altro sei femmine. Quello che ne aveva sette era alle ferrovie, e siccome non era iscritto al fascio, lo licenziarono…. Una miseria, questi ragazzi! Mi ricordo che andai di sopra e vidi una tavola decorosa, apparecchiata con una patatina e una fetta di pane per ognuno, il giorno e la sera. Ai Ciompi c’erano i barrocci dei contadini e andavamo insieme per fare la fila, così ci davano più roba da mangiare: un chilo di patate a testa, la farina di castagne e i capi rotti, le arance spezzate a metà. Lasciavo tutto a loro e poi ritornavo a casa: “Babbo, ho fame”.

29


06 Ve la ricordate La Contessa? Abitava in un portone accanto alla Casa del Popolo, e non ho mai capito se tutto il palazzo fosse suo o se vivesse in quel piccolo pianerottolo d’ingresso, nello spazio lasciato dagli oggetti di ogni genere che strabordavano ammucchiati come nelle botteghe della piazza. Era bellissima, con i lunghi capelli biondocenere ondulati sulle spalle e gli occhi azzurri, alta e diritta, elegantissima nelle calze sdrucite e gli abiti di velluto e seta lisi da decenni di nobiltà. Settant’anni o di più, con la sporcizia fra le rughe, ma nobile di una nobiltà fiabesca come solo una vera contessa può essere. Lanciava uno sguardo azzurro, malinconico e altero sulla piazza, e subito spariva dietro al portone. Ve la ricordate?

07 La conosco anche dall’alto. Vado a lezione di voce da Francesca, che sta proprio lì sopra la piazza. Canto rivolta alle finestre: si vedono la loggia, il pino, il piazzale svuotato del mercato, i caffè. Devo mandare la voce “oltre l’altra sponda”, dice Francesca; laggiù, al di là di un fiume immaginario. Misuro le distanze: sulla destra un terrazzino con una pianta di rose e davanti, oltre la piazza, più lontano, il palazzo con la fila di finestre dove abitava Antonio, il mio amico attore che alle Pulci cercava oggetti in stile “un po’ ‘38”. Antonio se n’è andato molto giovane, da molti anni…. venticinque? La mia voce raggiunge le sue finestre, attraverso la piazza, oltre la sponda

30


08 Da più di vent’anni ho una bancarella di libri. Ho conosciuto tante persone: penso a una signora esile, vestita con abiti che avevano visto tempi migliori. Lina aveva la sua dignità quando veniva a comprare i fotoromanzi: uno alla settimana, 500 lire, di più la pensione non consentiva. Ogni tanto le regalavo, o come diceva lei prestavo, un fotoromanzo che avrebbe pagato dopo; mi raccontava la sua vita e la solitudine: era vedova, con un figlio che vedeva poche volte; aveva bisogno di qualcuno che ascoltasse. Un giorno le confidai che andavo pazzo per il ciambellone, un dolce che facevano le nonne. Dopo una settimana la vidi arrivare con un vassoio avvolto in un tovagliolo; scelse un fotoromanzo e mi dette il vassoio: “Te l’avevo detto che avrei pagato”. Incredulo apro il tovagliolo: c’era un ciambellone, tutto per me. “Grazie, zia Lina”, e le ho dato un bacio in fronte. Ho pensato tante volte a quel giorno e a quel gesto semplice. Da molti anni zia Lina non passa più, ci avrà di sicuro lasciato. Ma un altro bacio te lo mando ugualmente. Ciao, zia Lina.

09 Camminavo e scendendo per borgo La Croce e via Pietrapiana incontravo il mercatino dei Ciompi: una sorpresa, non avevo mai visto niente di simile nella mia città, Genova; una scoperta, come se l'armadio di mia nonna si fosse aperto e potessi ammirarne il contenuto per intero. Mi piaceva la sistemazione a casette disposte lungo le stradine: era un piccolo villaggio ricolmo di cose con cui liberare la fantasia, un'isola in cui andare per la caccia al tesoro, un ambiente dove ripararsi dalla calura fiorentina o dalla pioggia e dal freddo; gustando gli effetti di luce e colore che collegavano gli oggetti, spesso ammonticchiati a casaccio, alle pareti o alle vetrate smerigliate. Un insieme cresciuto spontaneamente e armoniosamente e, cosa non da poco, un'oasi di silenzio e di quiete in mezzo al frastuono della città.

31


10 Ci mangiamo ancora con le posate che comprammo 40 anni fa. Ci volle più di una visita per decidere; erano care per noi studenti squattrinati, ma alla fine le portammo a casa. Era bello e piacevole andare al mercatino: le persone cordiali e scanzonate, toscanacci puri. E così visita dopo visita, una volta il divano, un’altra il tavolo, ci arredammo casa. Ricordi di gioventù… che tornano ora che il Mercato delle Pulci non c’è più, con le sue risate e le sue corbellerie. Solo il vecchio pino resta, con la sua imponenza e la sua maestosità; chissà quante ne ha sentite e quante ne ha viste! Ah, se potesse parlare…

11 Era il 2 o 3 Agosto, si voleva chiudere per le ferie. Per arrivare in bottega avevo preso una multa, mi veniva quasi da piangere; ero lì a mettere a posto, mi giro e vedo entrare un texano, con il cappello bianco a tesa larga da cowboy. Comincia a guardare i mobili: “Questo quanto costa, questo quanto costa…” e poi “Okay Fabio”, e giù pacche sulle spalle. “Prendi il book e scrivi, stasera vieni in via Bolognese che ti pago”. Vado a prendere la mi’ figliola che sa l’inglese, e andiamo alla villa di questo texano, si chiamava Roger Marshall. C’era la piscina, e tutta Firenze sotto: “Mettetevi a sedere”. Stappò una bottiglia di Sassicaia, e si fece l’affare.

32


12 La data del matrimonio era fissata, luglio del 1977, e avevamo finito di restaurare l’appartamento; iniziava così la fase esaltante di arredarlo. Le risorse erano limitate, ma volevamo qualcosa di bello e la quotidiana passeggiata sotto casa, al mercato delle Pulci, era fonte di ispirazione e desideri. I divani fatti dal Vangi di Borgo Pinti, in damasco écru “tono su tono” erano già nella sala da pranzo insieme al tavolo fratino dove avevo studiato per la tesi in Storia Economica. Ma ecco scoppiare l’amore a prima vista per uno stipetto seicentesco che faceva bella mostra di sé in piazza, nello stand di Luciano Vaneffi. Il mio entusiasmo contagiò tutti e convinsi Luciano a ricoprire l’interno del mobile con una carta fiorentina, dipinta a mano, che ancora oggi è bellissima; e solo a guardare questo stipetto sento come allora la stessa gioia di vivere.

33


13 Anche molti anni fa si parlava di un nuovo progetto per il mercato dei Ciompi. Una mattina venne qui mio nipote, allora laureando in architettura; aveva con sé un bellissimo disegno che contemplava tanti piccoli edifici circondati da alberi e verde a profusione. Mi venne un'idea brillante: io e mio marito, plico sottobraccio, spiegammo a Tina Lucca, personaggio indimenticabile della piazza, che quel disegno sarebbe stato il nuovo mercato antiquario; lo avevamo avuto grazie a conoscenze preziose! Tutti avrebbero dovuto segnare la postazione preferita, indicandola con una croce. Nel progetto solo una costruzione si distingueva dalle altre per la dimensione e per la posizione: ecco, quella era la nostra!!! La notizia destò incredulità e agitazione alle Pulci, poi tutto finì tra risa e schiamazzi! Magia...

14 Quando il cinema e il teatro erano amati, al mercato del Piccolo Antiquariato e delle Pulci venivano spesso i “trovarobe”, gente di grande pazienza e gusto. Ho avuto modo di osservare da vicino un mestiere dedito all'attenzione dei particolari, capace di valutare gli oggetti per l'aspetto estetico e la significatività. Mi pareva d'imparar di storia e di cronaca, seguendoli -senza parere- nelle loro ricerche. Gli operatori li segnalavano con sussurri agli amici, perchè si ritenevano onorati da quelle presenze, a patto però che la curiosità dei non addetti fosse discreta e non li distraesse. Si percepiva in questi professionisti l'impegno tenace nel guardare e riguardare oggetti, rigirandoli e contestualizzandoli con gli altri già trovati, allo scopo di comporre scene suggestive come quadri; a volte gli oggetti scelti venivano acquistati, altre volte solo noleggiati. In quei momenti sentivo l'effimero come cosa buona.

34


15 Si giocava a calcio in piazza, quando c’era il mercato della frutta, verso il 1960. Venivano i vigili a farci la multa, e bucavano il pallone; ma noi si tornava il giorno dopo, come a guardie e ladri. Quando aprì il mercatino si fece il torneo, di domenica vicino all’Arno, nel campo da sette. C’era la squadra Santa Croce, quella delle pulci, il bar La Loggia, il banchino dei libri, il bar Romano e la mia, Savino; facevo il barbiere. Un giorno, alla partita contro il Santa Croce, noi tifosi eravamo pochi e loro cantavano: “Savino, Savino vaffanculo”. Poi si segnò un gol, e zitti; pareggiarono, e di nuovo partì il vaffanculo. Allora entrai in campo e dissi alla squadra: “Se vincete, capelli gratis a tutti”. Finì 2 a 1 per noi.

Massimo D’Amato - Le pulci scomparse

35


Alessandro Marcello

L’obiettivo fotografico non può sottrarsi al fascino delle geometrie del paesaggio vitivinicolo piemontese. Una vista pari ai disegni dei più eccellenti maestri d’architettura. Le Langhe, assieme al Roero e al Monferrato sono state incluse dal comitato UNESCO nell’elenco dei beni “Patrimonio dell’Umanità”. Questa stagione può essere un’occasione per passeggiate meditative, sebbene ferocemente fredde. Trovo che l'inverno accentui le qualità grafiche della natura, offrendo un invito a uno stato contemplativo arricchito dal silenzio, riuscendo a soffermarsi nell'essenza della luce e del bianco e nero, dove le texture risaltano nel paesaggio irriconoscibile

WEBSITE: www.marcelloalessandro.it

36


37


38


39


40


41


Diana Markosian

“Le sue foto, sempre incentrate sul rapporto tra memoria e luoghi”

Diana Markosian, fotografa armeno-americana, nasce a Mosca nel 1989. La sua carriera inizia come fotografa documentarista, scrittrice e regista. Nel 1996 si trasferisce in California con sua madre e suo fratello, mentre il padre rimane in Russia. Si laurea, nel 2008, all’università dell’Oregon in Storia e studi internazionali e nel 2010 accede al Master in giornalismo alla Columbia University. Nel 2011 viene inviata come fotogiornalista in Azerbaijan per il Bloomberg News ma le viene negato l’ingresso nel Paese, in guerra con l’Armenia, a causa del suo cognome armeno. I suoi lavori sono stati pubblicati su World Policy Journal, The New York Times, Foreign Policy, The Times, Human Rights Watch, Amnesty International, National Geographic. Ha vinto il premio annuale di fotogiornalismo alla Columbia School. E’stata selezionata per il Joop Swart Masterclass da World Press Photo ed è stata vincitrice, nel 2013, del Magnum Emerging Photographer Fund. Nel 2015 viene selezionata come prima destinataria del Chris Hondros Emerging Photographer Award. Nel 2016 riceve la candidatura per la nomina a membro di Magnum Photos. Diana Markosian è molto nota per i suoi saggi fotografici tra cui Inventing My Father, sul suo rapporto con il padre e quello

sul genocidio armeno. Diana aveva un bisnonno che era sì riuscito a scampare al genocidio armeno ma che mai più era tornato nel suo Paese d’origine. Lei è andata alla ricerca dei pochi sopravvissuti e ha fatto loro un regalo. È andata a trovarli in Armenia con fotografie di grandi dimensioni della loro terra natale. Ha immortalato i vari incontri con immagini toccanti e il risultato sono fotografie nelle fotografie, “storie di ciò che avevano, di ciò che hanno perso. E che hanno ritrovato di nuovo” anche se per un’ultima volta. .

42


43


44


45


46


47


48


49


Matteo Garzonio

Berlino è una città che non dimentica il suo passato. Si possono seguire i resti e i segni appositamente tratteggiati sulle strade dove, fino al 1989, correva il Muro che divideva l'Est, sotto il controllo sovietico, dall'Ovest. Soprattutto Berlino non vuole dimenticare un passato meno recente che l'ha vista capitale del Reich nazista, responsabile del genocidio di milioni di Ebrei e di altre minoranze. Berlino vuole fermamente ricordare perché c'è ancora chi nega o minimizza quel tragico capitolo della storia tedesca ed europea e quindi il ricordo è il migliore antidoto affinché la barbarie non si possa ripetere. Il compito della memoria è affidato al Memoriale dell'Olocausto dell’architetto Peter Eisenmann e al Museo Ebraico progettato da Daniel Libeskind, due monumenti che riescono a coinvolgere il visitatore, facendolo riflettere sulla lucida follia della persecuzione nazista. La mia serie di immagini vuole testimoniare l'incredibile potere evocativo di questi luoghi. Ho provato a coglierne l'essenza, andando oltre il dato direttamente visibile e cercando di rappresentare le emozioni provate. Ho cercato di rendere visibile la violenza e l'annullamento totale di ogni forma di umanità. Ho preferito togliere e non aggiungere. Sono rimaste solo sei immagini a raccontare il fortissimo senso

di alienazione e di totale straniamento. Berlino, 2018

WEBSITE: www.matteogarzonio.com .

50


51


52


53


54


55


56


57


Roberta Costanzi

Il Lago Trasimeno è da sempre considerato il mare degli abitanti di Perugia. Così è stato per me in un lungo periodo della mia vita in cui non mi sono potuta allontanare da casa. Il Lago è diventato il mio rifugio. Sono rimasta stupita dalle sue mille sfaccettature; posti diversi, inaspettati e una sorpresa unica

che nasce dal connubio tra il piacere della vista e quello dell’anima. Le sue sponde formano una sorta di cornice naturale alle tradizioni tramandate con passione da persone che hanno donato la loro vita al Lago. Nel mio viaggio nella conoscenza di luoghi e persone mi sono imbattuta in Pierina (83 anni) che ha trasmesso la sua esperienza al nipote Andrea. Lui ora la usa e vuol far rifiorire l’attività proponendo idee nuove che si adattino ad un mondo in costante movimento. Ho raccolto i racconti di questa donna che proiettano in una realtà laboriosa e semplice dove il sacrificio si mescola alle soddisfazioni. Reti da pesca costruite interamente a mano, tende, tovaglie e persino reti per porte da calcio e poi alla fine accorgersi di uno sbaglio e ricominciare senza abbandonarsi allo sconforto. Tutte le sue conoscenze sono appuntate a mano in foglietti e sono un’eredità inestimabile. Capitando nel porticciolo di Sant’Arcangelo ho conosciuto Giocondo, splendido novantatreenne che ha fatto per 70 anni il pescatore e che ancora oggi ripara le reti per il figlio Marsilio che ha la sua stessa passione. Giocondo guarda i pescatori di oggi e racconta che quando ha iniziato lui non c’erano tante comodità come gli stivaloni di gomma, la cerata pesante o gli indumenti tecnici. Lui andava a pesca in barca di notte, da settembre a febbraio, con gli zoccoli ai piedi e dei giornali sotto la giacca, unico rimedio per ripararsi dal freddo. Rientrando in porto si lavava le mani con i ghiaccioli che si formavano nel bordo dell’imbarcazione. Altri tempi! Incontrare, ai piedi di San Savino, Orlando e Pietro è sempre piacevole e istruttivo. Due fratelli che lavorano, sin da piccoli, nell’azienda creata dai genitori; uno è pescatore l’altro lavora la canna lacustre per vari usi tipo stuoie, ombrelloni, coperture e altre opere uniche di artigianato sincero. Ascoltare aneddoti che profumano di vero, di unità familiare con la mamma che non solo pensava alla casa e a tutta la famiglia, ma organizzava e seguiva il lavoro di tutti; l’orgoglio nel mostrare un macchinario per assemblare le canne inventato da lui, ancora in pieno uso. Entri nel loro regno e ti trovi in un piacevole disordine, immerso nel caos trovi la pace. Fermarsi a parlare con queste persone è come aprire uno scrigno pieno di passione, simpatia e sincerità; è entrare in un luogo fatato, lontano dal mondo conosciuto che corre e urla; è trovare l’amore per il Trasimeno. .

58


59


60


61


62


63


64


65


66


67


68


69


70


71


72


73


Zri Mario Conti

“Formans lucem, et creans tenebras, faciens pacem, et creans malum”

“Emano luce, e creo tenebra, modello il Bene, e creo il Male” (Isaia , cap XLV - 7)

Per un artista siciliano che vuole rappresentare la propria terra e che rifiuta di sentirsi esule in terra d’origine, il proprio limite potrebbe essere: la ricerca del compiacimento. L’orgoglio di non aver ceduto o non aver avuto l’occasione di una, almeno apparente, definitiva partenza, e non fuga, dalla terra del rimpianto. Parafrasando una terminologia foto-geografica adottata per raccontare uno dei più celebri fotografi esuli isolani, Franco Pinna1, Zri può semmai definirsi come non-esule in terra sempre straniera. Resta che quell’inferno distruttore è un mistero individuale: cambiando il veggente, cambia la visione dell’inferno. Allora la rivelazione diventa sogno.2 Ma l’occhio del veggente non sempre coincide con quello del viandante. Ed ecco che stare tra la gente, riconosciuta ma senza nome, in mimesi tra simili,

mascherandosi da superstiti alla festa dei diversi, non spegne il sacro fuoco di una ricerca continua, impulsiva, viscerale ed emersa, di prossemica focale. Partendo alla volta della Riserva Naturale del Bosco della Ficuzza, nell’entroterra nord-occidentale della Sicilia, Zri lascia la sua natìa Villafrati e la sua adottiva Godrano, oltrepassando l’arca capovolta della Rocca Busambra, per raggiungere Prizzi, a quasi 1000 m s.l.m., uno dei comuni più alti dei Monti Sicani. È durante la Quaresima che si mette in scena il cosiddetto “Ballu di li Diavuli” lungo le vie del paese. Grottesche figure rivestite da sacchi neri e torve maschere, ostentano balestre, falci e campanacci, coinvolgendo il pubblico in un ballo estenuante, che impedisca l’incontro tra la Madre Addolorata e il

Risorto. Gli Angeli riescono a legare i Diavoli e la Morte, stanchi e trafelati, trascinandoli al cospetto di Maria. Il rito pagano che invocava fertilità, nuova vita e floridi raccolti, passa dalla espiazione ma esorcizzando paure e sensi di colpa attraverso la vera festa dei diversi: quella, innanzitutto, collettiva3. L’ebbrezza dei colori cangianti di maschere e vesti della messa in scena, rosse per i Diavoli, gialla per la Morte, dei fiori svelati dal manto nera della Vergine Addolorata alla vista del Figlio, lascia il posto alla quarta dimensione, quella del tempo, come un’orma nera sul diaframma, il tempo del Ballo. Il binomio bianco/nero, caratteristica della ricerca fotografica di Zri, è forma arcaica di entità contrapposte e vibranti, danzanti in un mandala di Morte e Vita, Freddo e Caldo, passaggio decisivo tra Tenebre e Luce 4, sacro e profano vincolo di comunità.

74


Furio Jesi notava come le feste fossero occasione per vedere e non per essere visti. Ne “I Diavoli” di Zri, il ghigno che vivifica i volti dei guardiani-spettatori e quello infernale dei diavoli-diversi, annulla lo scarto tra lo spazio della festa e quello della vita. Eppure, in questo spazio ibrido, il fotografo alla stregua di un antropologo, sembra applicare lo studio di un rito di passaggio5 come regola di composizione geometrica: separazione, tra spettatori e attori; margine: delle vesti, pelli, pellicce, mani, finestre e altari; aggregazione: il ballo, l’incontro tra Bene e Male. E quando quest’ultima avviene, e avviene con una risata e alla fine della festa, sembra dimostrato che:

la sola prova dell’esistenza del diavolo è il nostro desiderio di vederlo all’opera6. Daniela Cappello

Riferimenti bibliografici: 1 Franco Pinna, L’isola del rimorso, Fotografie in Sardegna 1953 - 1967, a cura di Giuseppe Pinna, Imago multimedia, Nuoro, 2004 2 La carta è stanca, di Guido Ceronetti, Adelphi, Milano, 1976 - 2005 3 Il tempo della festa, Furio Jesi, Nottetempo Edizioni, Roma 2003 4 I morti e il grano, Tempi del lavoro e ritmi della festa, di Ignazio E. Buttitta, Maltemi editore, Roma, 2004 5 Les rites de passage, di Arnold Van Gennep, Francia,1909 6 Il nome della rosa, di Umberto Eco, Bompiani Editore, Milano, 1984

75


76


77


78


79


80


81


82


83


84


85


86


87


88


89


90


91


Sara Wouters

Questa serie di foto è stata realizzata durante il mio viaggio fatto all'inizio di ottobre 2018 per catturarelo stile di vita e la storia dei cacciatori con le aquile reali della Mongolia e il loro Festival chesi svolge, ogni anno, durante la prima settimana di ottobre. In futuro questa tradizione potrebbe scomparire o estinguersi a causa del modo di pensare delle nuove generazioni che preferisce andare a vivere nelle città per lavoro e invece di rimanere con la famiglia d’origine, prendendosi cura del proprio bestiame. Per raggiungere questa regione sul monte Altai si deve volare da Ulanbataar, la capitale della Mongolia, a Bayan Uglii, la provincia più occidentale vicino ai confini con la Russia, la Cina e il Kazakistan. Il viaggio dura circa 3 ore in aereo. Da Olgii, per spostarci, abbiamo usato un veicolo 4x4 e abbiamo pernottato in una tenda rotonda chiamata Ger. In questo viaggio ho soggiornato con 2 famiglie di cacciatori con l'aquila, prima con la famiglia Chai Murat. Il suo ger era situato vicino a Atlantasugts a circa 2 ore da Olgii. In un secondo tempo siamo rimasti con la Famiglia Baibolat con suo figlio di nome Baka vicino al villaggio di Sagsai a circa un'ora da Olgii. Ma prima di tutto chi sono i cacciatori con l’aquila? Sono kazaki fuggiti in Mongolia durante il periodo comunista e stabilitisi nella provincia di Bayan-Olgii, che hanno mantenuto la tradizione della pastorizia semi-nomade muovendosi coni loro animali più volte all'anno e hanno portato con sé anche la loro tradizionale caccia con le aquile. Ci sono circa 250-300 cacciatori con l’aquila a Bayan-Olgii, che si trova sulle montagne Altai, nella Mongolia occidentale. I cacciatori con l'aquila si chiamavano Burkitishi e le usano per cacciare le volpi rosse. Le volpi, le marmotte, le lepri e persino il lupo, per la sua pelliccia e la pelle, servono per fare i vestiti invernali. Per addestrare le aquile, i Berkutchi rubano i piccoli aquilotti dal loro nido quando hanno appena due mesi di vita oppure preparano trappole per catturarle con il siero del latte a circa 2 anni. Catturano solo aquile femmine. Le aquile femmine sono più aggressive e di dimensioni maggiori, l'apertura alare varia da circa 1,8 mt a quasi 2,5 mt. La cattura, l'addestramento e l'allevamento è un'attività altamente ritualizzata. La maggior parte di esse, che possono vivere circa 40 anni, vengono catturate giovani, incappucciate e fatte giocare in gabbia appollaiate su un’asta che ondeggia costantemente mentre il Berkutchi canta, imprimendo il suono della sua voce e la sua personalità sulle aquile. Le aquile vengono domate legando le loro caviglie con strisce di pelle ad un pezzo di legno su striscia di cuoio. Ogni volta che cerca di volare via cade a testa in giù e dopo pochi giorni è esausta e addomesticata. Quindi può essere avvicinata ed ha imparato a tornare dal suo Berkutchi. Più tardi l'aquila è in grado di distinguere la voce umana e obbedirà solo il suo padrone. La formazione delle aquile dura circa 3-4 anni, deve essere eseguita da una persona e richiede una costante attenzione quotidiana. Quando l'aquila è quasi adulta, gli addestratori mostrano all'aquila le pelli e le pellicce degli animali così da abituarsi all'odore e alle caratteristiche della preda, tutto questo viene fatto con comandi diretti. L’aquila riceve un pezzo di carne come ricompensa dopo ogni caccia. Sono tenute incappucciate quando non cacciano per essere tenute calme. Sebbene le aquile possano vivere circa 40 anni, i cacciatori le tengono per circa 10 anni e poi le rilasciano nel loro ambiente 92


naturale. L'uccello viene condotto lontano e talvolta i cacciatori si devono nascondere e aspettare il buio per impedire alle aquile di seguirli fino a casa. Per coloro che vogliono vedere il Festival delle aquile reali è necessario prenotare l'alloggio all'inizio. L'evento si svolge durante la prima settimana di ottobre di ogni anno. È uno degli eventi asiatici da non perdere. Il festival si svolge a circa 7 km dalla città di Olgii, quindi è possibile soggiornare negli hotel della città e in campeggi turistici o si può piazzare la tenda vicino al luogo del festival. Al festival ci sono ristoranti ghee temporanei che offrono piatti tradizionali kazaki, mongoli e occidentali. Questo affascinante festival è organizzato dalla minoranza kazaka locale per mostrare e promuovere il loro patrimonio culturale alle generazioni future e al mondo. Il festival dura 2 giorni, il primo giorno più di 120 cacciatori tengono le loro aquile a cavallo, mostrano la loro cultura della caccia con le aquile e le loro tradizioni uniche. L’evento è iniziato con l’apertura a1000 visitatori che sono venuti al Festival delle aquile reali 2018. L'inaugurazione inizia con la sfilata dei cacciatori ben vestiti e mostra le loro abilità di addestramento dell'aquila e di caccia l’animale. Le aquile appositamente addestrate catturano piccoli animali di peluche come volpi e lepri. La prima prova consiste nel chiamare le loro aquile dalla cima della montagna ed esse devono raggiungere il braccio del loro padrone che mostra come l’animale è legato al suo padrone. Il secondo giorno dell’evento mette in risalto giorno come l’aquila e il suo padrone cacciano insieme con successo, una cosa che avviene da migliaia di anni; gli occhi dell'aquila sono focalizzati sul viso del cacciatore, il tono della voce che la chiama e l'azione della cattura della preda è un momento indescrivibile. Il rapporto tra cacciatori e aquile è unico; non si possono immaginare i kazaki senza aquile, perché la caccia con l’aquila è diventata una tradizione da 6000 anni. Ci sono molti racconti e storie sul magnetismo che si genera tra l’occhio dell’aquile e i Kazaki.

93


94


95


96


97


98


99


100


101


102


103


104


105


Sandro Maddalena Durante l'era sovietica, nella scuola ucraina, gli studenti hanno imparato ad assemblare e disassemblare i kalashnikov. L'ordine era che tutti nel momento del bisogno avrebbero dovuto essere in grado di difendere il proprio Paese. Questo retaggio della guerra fredda non

si è perso con la caduta dell'Unione Sovietica. Le lezioni di "Difesa della Patria" sono continuate nell'Ucraina indipendente e continuano ancora oggi. Ora il nemico non è più a ovest ma al confine orientale e la guerra non è una potenziale minaccia ma la dura realtà. È facile intuire, analizzando gli eventi storici e la situazione attuale, che il paese ha acquisito familiarità con le armi da fuoco e che i corsi di tattiche militari sono stati fatti per i civili. Dall'estate del 2015, il battaglione Azov organizza campi militari estivi per bambini e adolescenti. I partecipanti acquisiscono capacità militari, abilità e disciplina, imparano a usare le armi e hanno sviluppato un senso di cameratismo. Inoltre, in linea con lo spirito nazionalista e patriottico di Azov, gli istruttori affrontano questioni relative al senso di appartenenza, identità e orgoglio nazionale. Quello che segue è il rapporto fotografico del campo estivo di Azov tenutosi nell'agosto 2018. WEBSITE: sandromaddalena.photoshelter.com

106


107


108


109


110


111


112


113


114


115


116


117


118


119


120


121


122


123


124


125


Le Selezioni di EikonCulture

© Alba Bellucci

© Ana Filipa Garin Scarpa 126


© Andrea Comino

© Angelo Ferlisi 127


© Anton Laba

© Carmelo La Ferla 128


© Claudio Ruggeri

© Cristina Secci 129


© Dao Pham Xuan

© Domenico Tangro 130


© Dorota Hoffmann

© Eduardo Meraner

131


© Edwin S. Loyola

© Francesco Agati 132


© Franck Robin

133


© Geoff Robinson

134


© Gianna Pen

© Giuseppe Pitino 135


Š Antonella Losso

136


© Ivan Fei

© Jesse Alegre 137


© Lilian Fraga

© Lorenza Gori 138


Š Luciano Angelini

Š Marco Arnesano 139


Š Marco Borzacchi

Š Marco Scintilla 140


Š Maresa Jung

Š Maribel Jimenez Jimennez 141


Š Marina Tomasi 142


© Mirko Giambanco

© Mladen Pidžo Ranković 143


Š Morena Bellini

Š Nino Lo Pinto 144


© Nopparat Dewa

© Ornella Lo Pò 145


© Otmane HadjBrahim

© Roberta Marras 146


© Paola Mischiatti

147


© Paolo Esposito 148


© Paolo Trainito

© Preziosi Domenico 149


© Prianca Ray

© Rene Stuardo

150


© Paula Pamies Teixeira

151


© Rino Rossi

152


© Ritwick Dey

© Saro Sgroi

153


© Roberta Costanzi

© Tino De Luca 154


© Sonja Marinsek

© Strain Ingrid 155


© Vito Dell’Orto

© 林文豪 156


© Santo Vuono

© Tom Rogers 157


© Teresa Amaro

© Uka Lambavelar

158


© Татьяна Бондаренко

© Zri Mario Conti 159


Eventi

EIKONDAYS 2019 La Fotografia per unire e raccontare… Workshop sull’Editing, Shooting fotografici sul territorio, condivisione di idee ed esperienze… Questo il ricco programma dell’Evento 2019. Due intensi giorni di Corso sull’Editing, tenuto da Vito Finocchiaro nell’Open Space di Mascali, durante i quali tutti i partecipanti, provenienti da diverse regioni d’Italia, hanno appreso le basi per imparare a realizzare un Progetto e quindi la grammatica e la sintassi del racconto per immagini. Dalla teoria alla pratica sul campo…

Sabato 24 Agosto, un emozionante shooting fotografico sul vulcano più alto e attivo d’Europa…. a Muntagna. Il respiro dell’Etna, le sue distese lunari, l’adrenalina che sale mentre si osserva il cratere, la nebbia che avvolge ogni cosa, l’odore dello zolfo che ti toglie il respiro… Accompagnati da Vincenzo Greco, guida alpina dell’Etna, tutto il gruppo ha vissuto un’intensa esperienza sui crateri sommitali del vulcano, cogliendone, ognuno a suo modo e con occhi diversi, i vari aspetti che caratterizzano un territorio tanto ostile quanto misterioso …

Domenica 25 Agosto, Shooting fotografico al millenario Castagno dei Cento Cavalli e a Ripa della Naca, per ripercorrere la storica eruzione dell’Etna del 1928.

Giornate intense, cariche di emozioni e con un obiettivo comune…divulgare la Cultura Fotografica!

160


La vista dell’Etna con i suoi fumi, i boati che sembrano squarciare la terra, l’incombere delle rupi … tutto appare immane e minaccioso. Luogo di leggende, l’Etna: i Ciclopi, fabbricanti delle folgori celesti, genio benefico degli abitanti della zona. A Muntagna quasi temuta dai paesi a lei devoti, premurosa nell’avvertire con i brontolii delle sue viscere e prodiga di raccolti irreali. Ti cattura a Muntagna, fermando il tuo e suo tempo insieme. Francesca Naccarato 161


Giornata all'altezza ...di chi ama "A MUNTAGNA" Giuseppe Savoca

162


AMO IL MIO VULCANO Spettacolare e straordinario nelle sue manifestazioni, chiede rispetto e incute timore ma non è mai stato nemico. Pieno di contraddizioni! Il territorio è aspro e selvaggio eppure il suolo è tra i più fertili che si conoscano. Sterilità e vita convivono insieme. Non è semplice spiegare il legame dei siciliani con il vulcano. Non si tratta di abitudine nel vederla tutti i giorni, è un vero e proprio rapporto d’amore con “IDDA”. Giusi Nicotra

163


Leo Gemellaro

164


In alto, quasi a toccare il cielo. Sommitali 3340m: viaggio sul vulcano più attivo e alto d’Europa… l’Etna. Leo Pappalardo

165


Nei giorni dell’EikonDay ho vissuto una esperienza indimenticabile. Salire ai crateri sommitali insieme a delle fantastiche persone e sentire la voce di Idda e’ stata una emozione unica. Un’ avventura assolutamente da ripetere. Mauro Ciangottini 166


EIKONDAY 2019 – crateri sommitali mt 3300 E poi ti trovi li, come essere su un altro pianeta, paesaggi surreali, nebbia e nuvole, fumo e odore di Zolfo che ti prende la gola, il calore che sale attraverso le scarpe. La porta dell’Inferno in Paradiso. Da un lato la strada per scendere, dall’altro la bocca del cratere e come sottofondo il suo respiro. E poi immergersi nella nebbia, isolarsi per rivivere con la memoria ciò che hanno visto gli occhi, nessun rumore, il nulla intorno, riconciliarsi con se stessi ed il mondo, una pace interiore che ti accompagna per tutto il tragitto. Tutto questo mi ipnotizza, ma bisogna continuare perché a volte l’aria è irrespirabile. Esperienza unica, faticosa la strada per arrivare alla cima (almeno per me) ma oggi, a distanza di giorni, posso dire che la rifarei.

Morena Bellini 167


L’Etna, “a Muntagna” nel gergo popolare, è un concentrato d’immaginario fantastico, un patrimonio inestimabile di miti e di storie. All’interno del suo cratere pulsa la realtà più profonda dell’universo, che si riverbera in presenze oscure e inafferrabili, divinità sotterranee, mostri giganteschi, maghi ed eroi. Questo mondo ai confini tra realtà e immaginario, per gli antichi, costituiva l’emblema stesso del soprannaturale. L’Etna è dunque, ancora oggi, un posto in cui gli uomini osservano silenziosi la potenza del Pianeta con la consapevolezza di essere delle formiche. Ornella Lo Po 168


Salire ai crateri sommitali dell’Etna per gli EikonDays è stata un’esperienza incredibile. La fatica della salita stemperata dalla meraviglia del paesaggio che cambia grazie al gioco di luci e ombre creato dalle nuvole, arrivare ai crateri e rimanere toccati nel sentire il respiro del Vulcano e poi l’adrenalinica discesa. Giornata indimenticabile condivisa con persone speciali in un luogo unico al mondo. Roberta Costanzi

169


Ero già stata sull’Etna da ragazza quando avevo deciso di visitare la Sicilia con una sorta di viaggio turistico, di quelli in cui il tuo tempo è confezionato e prestabilito dagli altri in una sorta di pacchetto volto a promettere serenità ed a scongiurare eventuali imprevisti. Fu solo un primo approccio con un’Isola che da subito mi apparve incantevole, ma della quale compresi ben poco poiche’ ho bisogno di tempo per capire e per conoscere; mi rimase l’amaro in bocca, ma compresi pienamente che i viaggi turistici non fanno per me. Ritornai in Sicilia trent’anni dopo, appena tre anni fa. L’occasione mi venne offerta dal gruppo degli Amici di EikonCulture che organizzavano una Mostra fotografica a Porto Empedocle alla quale ebbi l’onore di partecipare.

Stavolta non fu un viaggio turistico, mio marito ed io percorremmo in lungo e in largo la Sicilia con tutto il tempo necessario per esplorare le bellezze ed i tesori del territorio. L’Etna fu una tappa obbligata alla quale dedicammo ben due giorni, godendo di spettacoli che mutavano continuamente e della struggente bellezza dei boschi di betulle ammantate dalla neve. Salimmo con la funivia, ma non arrivammo alla cima, la neve ricopriva la montagna, impossibile per noi l’ascesa. Ci rimase il desiderio e ci ripromettemmo di ritornare presto. Sono passati tre anni invece, tre anni molto difficili, ma ho voluto ritornaci da sola alla fine dell’agosto scorso in occasione dell’Eikon Day. Il sentirmi parte di un gruppo di Amici con i quali condivido la passione per la Fotografia, ha acquietato il mio animo, ha stemperato le forti emozioni dei ricordi, la nostalgia, la malinconia hanno addolcito il mio animo, hanno reso possibile che io lasciassi andare ciò che non è più. Non ho sentito la fatica dell’ascesa tanto era forte il desiderio di arrivare in cima, ho goduto di un paesaggio solo all’apparenza brullo e inospitale, ma in realtà vibrante di una sacralità antica. Arrivati ai crateri sommitali, mi sono appartata fisicamente, ma soprattutto emotivamente, il bisogno di compiere un Rito da tempo anelato richiedeva che mi sedessi in completa solitudine. Ho a lungo ammirato le fauci da cui esalavano densi vapori di zolfo ed ho goduto della magica atmosfera. Ho chiuso gli occhi e mi sono immersa in un silenzio totale. Ero sola, ma il conforto di essere là accompagnata da coloro ai quali L’Etna scorre nelle vene da secoli,ha fatto sì che non sentissi alcun timore e mi immergessi in uno stato di profondo abbandono. È stata una vera” discesa a zero”, non facile neanche per coloro che come me da anni praticano Meditazione. La mente ha taciuto in una totale assenza di pensieri.

Non più io e il Vulcano, io ero il Vulcano, le sue viscere erano le mie viscere, il suo cuore pulsante era il mio cuore, il suo respiro aveva il ritmo del mio respiro, una simbiosi nella quale il mio Spirito era lo Spirito della Natura in cui ero immersa e il mio Silenzio era il Silenzio di tutti coloro che mi stavano accanto. Non sono esperienze che si possono raccontare, né tantomeno spiegare, è l’esperienza dell’esserci e non 170


del fare. Ciononostante, avrei voluto fare delle foto nelle quali l’obbiettivo riuscisse a immortalare ciò che sentivo

dentro e oltre, lo stupore e l’esperienza del Sublime e le suggestioni di tutte le letture classiche che sin da ragazza mi avevano affascinata, benché a quei tempi l’Etna fosse per me solo una immagine da cartolina. Ho fatto ciò che ho potuto, ma ogniqualvolta che riguardo le mie foto rivivo l’indicibile emozione di questa esperienza. Grazie con tutto il cuore a Vito, Teresa, a tutti gli Amici di Eikon per avermi fatto sentire a casa. Roberta Marras

171


Bellissima avventura quella di Eikon Day insieme a tanti amici provenienti da tutta Italia riuniti per la stessa passione, quella della fotografia, in un unico scenario apocalittico, quello dei crateri sommitali dell'Etna tra vento, acqua, cenere, il forte odore di zolfo e tanta adrenalina. Saro Sgroi

172


Incontrarsi, condividere gioie e fatiche ‌ le lezioni di Vito , la sacralità della Muntagna , un susseguirsi di emozioni che hanno reso indimenticabili le mie giornate . Grazie Eikon

Sonja Marinsek

173


Corso di Fotografia in pillole…

La composizione fotografica LA SEZIONE AUREA – IL TRIANGOLO AUREO

La sezione aurea, chiamata anche proporzione divina, è alla base di opere umane come architettura, scultura, pittura, ma anche all’interno di strutture anatomiche, forme delle galassie ed elementi del mondo minerale e naturale. Si tratta di un’ulteriore regola di composizione, più complessa ma assolutamente più efficace. La troviamo ovunque attorno a noi: in natura la troviamo nel Nautilus (mollusco di grandi dimensioni), nella disposizione dei petali delle rose o dei gerani e nelle corna, zanne e artigli di alcune specie di animali. Anche i grandi Brand mondiali studiano pubblicità e loghi secondo il numero aureo, basti guardare i loghi del National Geographic, della Apple, della Toyota, di Twitter e di Google perfettamente in sintonia con la sezione aurea Il motivo di questa passione smodata per la sezione aurea è che le composizioni strutturate, seguendo i suoi rapporti matematici, sono molto apprezzate dall’occhio umano sia per estetica sia per gradevolezza generale. Tale rapporto è stato considerato, sin dalla sua scoperta, come rappresentazione della legge universale dell’armonia. In fotografia la sezione aurea genera proporzioni fortemente armoniche e ci permette di ottenere una composizione più equilibrata e naturale.

Sfruttando la sezione aurea è possibile creare figure geometriche che aiutano nella composizione, il TRIANGOLO AUREO è una di queste. Esso si ottiene tracciando una diagonale dell’inquadratura e poi la perpendicolare che la collega ad uno degli angoli che non le appartengono. L’inquadratura ha due diagonali e ognuna ha due perpendicolari, si ottengono al massimo quattro combinazioni. L’intersezione tra le due linee è il punto importante. Esso va sovrapposto al punto di interesse della foto (il soggetto principale).

174


175


La Libreria di EikoCulture In questa rubrica diamo spazio e visibilità alle pubblicazioni dei nostri autori. Vi invitiamo a segnalarci le vostre pubblicazioni scrivendoci a eikonculture@gmail.com

Consigliato da Eikon:

AFRICA di Sebastiao Salgado Edizione Taschen

Immagini forti, scattate in bianco e nero, per omaggiare l’Africa con la sua storia, i suoi popoli, la sua fauna e i suoi paesaggi. Un’Africa vista sotto tutti gli aspetti, dalle tribù Dinka del Sudan, agli Himba della Namibia, dai gorilla e vulcani nella regione dei grandi laghi fino ai rifugiati di ogni parte del continente. Immagini che fanno toccare con mano gli effetti disastrosi di guerre, carestie, malattie e condizioni climatiche sempre più ostili. Il libro è suddiviso in tre parti: la prima è dedicata al sud del continente (Mozambico, Malawi, Angola, Zimbabwe, Sud Africa e Namibia), la seconda alle regioni dei laghi (Congo, Ruanda, Burundi, Uganda, Tanzania, Kenya), la terza alle regioni sub-sahariane (Burkina Faso, Mali, Sudan, Somalia, Chad, Mauritania, Senegal, Etiopia). 176


177


EikonCulture Entra anche tu a far parte di EikonCulture Join EikonCulture

www.eikonculture.com Seguici anche su: www.facebook.com/groups/817006478318575/ www.facebook.com/eikonculture/ eikonculture

La Redazione Vito Finocchiaro direttore Claudia Bobond redattore Teresa Gangemi redattore Morena Bellini redattore Marco Scintilla progetto grafico

Foto di copertina: Paula Navarro

Tutte le foto e i testi sono presenti in questa pubblicazione sono di proprietà di Eikon Culture e dei relativi autori. Ogni riproduzione, anche parziale, è vietata.

Per contattare la redazione scriveteci a: eikonculture@gmail.com 178


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.