Inspired by Beijing Opera Final Report

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Inspired by Beijing Opera

Cultura dell’opera pechinese tradizionale e nuovo autentico contemporaneo

3^ report

dicembre 2010

pag 1. Obiettivi e contenuti del report pag 3. Sintesi tappe processo di ricerca pag 11. Album progetti

a cura UdR DeCH - Design for Cultural Heritage Dip. INDACO Politecnico di Milano Gruppo di ricerca progettuale: dott.se Eleonora Lupo e Raffaella Trocchianesi Borsista: dott.sa Elena Enrica Giunta



I beni culturali come open-ended knowledge system per il progetto contemporaneo: una verifica empirica attraverso il “re-design” degli “oggetti culturali” del teatro dell’opera pechinese ni iniziali, relative a puntuali specificità dell’opera, siano state selezionate ed assunte come ambito di intervento privilegiato rispetto ad altre può essere un indicatore delle effettive opportunità e potenzialità di “re-design” del patrimonio degli oggetti culturali dell’opera pechinese.

Con la conclusione del progetto “Inspired by Beijing Opera” finanziato dalla Fondazione Ada Ceschin Pilone e la chiusura del processo di ricerca, è possibile e necessario trarre delle conclusioni sulle ipotesi iniziali della ricerca, che promuovevano una strategia di valorizzazione del patrimonio culturale guidata dal design basata sulla “attivazione” di valori culturali (intesi come aspetti materiali ed intangibili insieme) di uno specifico patrimonio e i suoi “oggetti culturali”, e la loro “attualizzazione” nel contesto contemporaneo: in sostanza il valore del patrimonio culturale come repertorio per il progetto contemporaneo, o come Sennett lo definisce un “sistema di conoscenza aperto” (2009) a possibili e nuovi ri-usi ed interpretazioni.

In particolare preme verificare: - sul piano generale l’impianto strutturale del percorso di ricerca, ai fini di una maggiore generalizzabilità ed astrazione di ordine metodologico (replicabile anche in altri contesti e patrimoni culturali e con altri obiettivi);

Obiettivi e contenuti del report

- nello specifico, la coerenza interna dei suoi contenuti tra codici espressivi ed archetipi proposti per la lettura interpretativa metaprogettuale del patrimonio dell’opera pechinse, concept e progetti effettivamente sviluppati. Pure se i risultati sono associabili anche a scelte e motivazioni legate a fattori esterni (interessi del progettista, suggestioni ed altre opportunità) tuttavia il fatto che alcune intuizio1



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B.Ricerca metaprogettuale: analisi del patrimonio della fondazione Ada Ceschin Pilone a partire dai materiali documentali e dagli oggetti materiali per pervenire ad una astrazione immateriale dei suoi valori culturali. Sono stati sviluppati specifici strumenti per applicare concretamente al patrimonio dato l’analisi teorica presentata sopra.

Processo

Il processo di ricerca è così sinteticamente riassumibile: A.Costruzione del quadro teorico Si tratta di un quadro articolato che ragiona in termini di riconoscibilità e continuità di una cultura e insieme di sua evoluzione dinamica, attraverso il concetto di autenticità-autenticazione.

B.1 Rispetto al potenziale di attivazione si è proceduto alla redazione di un catalogo di codici espressivi o “abaco visivo” di unità culturali minime dell’opera pechinse. In particolare: codici processuali, gestuali, spaziali e visivi articolati ciascuno in dettagliati elementi di sintassi, ad esempio per i codici visivi: forme, pattern, cromie (fino al dettaglio delle volute posticce delle acconciature), per i codici gestuali: acrobazie, mimica, posturale (fino al dettaglio del gesto di apertura dei ventagli) etc. Tale abaco rappresenta visivamente in sintesi l’identità culturale dell’opera pechinese, e costituisce un indispensabile strumento di lavoro per l’ispirazione metaprogettuale.

In particolare si è sviluppato in : A.1 Definizione del “potenziale di attivazione” di un patrimonio culturale”, ovvero una matrice interpretativa in grado di leggere, mappare ed evidenziare i valori materiali e immateriali più rilevanti e distintivi (successivamente definiti “unità culturali minime”) di un sistema culturale complesso, suscettibili di valorizzazione e innovazione: ne risultano elementi quali dimensione formale, dimensione materiale, dimensione immateriale, tecniche produttive; A.2 Definizione dei “processi di attualizzazione”, ovvero una griglia operativa di azioni di ricontestualizzazione di tali valori attraverso una trasposizione nel tempo (dal tradizionale al contemporaneo) e nello spazio (dal contesto geo-culturale di partenza ad un nuovo contesto) ma anche di ambito tematico di applicazione: ne risultano processi di delocalizzazione, trasferimento, cross fertilisation interna ed esterna. A.3 Casi studio emblematici: 15 casi analizzati per dare evidenza di possibili best practice già esistenti di rielaborazione culturale in vari e diversi settori merceologici e contesti geografici.

Per facilitare il successivo passaggio, attraverso un intervento progettuale ed interpretativo di sintesi, alcuni elementi sono stati creativamente selezionati ed astratti in “archetipi culturali” dell’opera pechinese, ossia elementi primari concettuali di maggiore caratterizzazione dell’opera pechinese stessa, tuttavia abbastanza ampi e ricchi per permettere una successiva riprogettazione in grado di intervenire su più codici espressi insieme. In particolare sono stati proposti 4 archetipi: oggetto scenico, piatto-pieghevole-portatile, luccicante-vibrante-ritmico, iper-caratterizzato. 3

Sintesi tappe del processo di ricerca


2.

E’ stato quindi redatto un ulteriore abaco visivo volto a riordinare i codici precedentemente esplorati in base agli archetipi in cui meglio si inserivano. B.2 Rispetto ai processi di attualizzazione sono stati derivati (attraverso una sintesi creativa) alcuni macroscenari di valorizzazione e riprogettazione degli archetipi sopracitati. Questi sono stati visualizzati attraverso degli inspiration board in grado di restituire possibili “visions” di trasferimento di tipo geo-culturale o tematico, lavorando più sulle logiche di base che su precise esemplificazioni, ad esempio il make-up degli oggetti come strategia operativa di trasposizione del trucco del viso su altre superfici, fatto su qualunque tipo di oggetto, permanente o temporaneo, e con qualunque tipo di accessorio in modo da ottenere indicazioni sufficientemente ampie.

Valutazione

Rispetto al percorso svolto gli strumenti individuati restituiscono un quadro per cui, piuttosto che delineare una metodologia prescrittiva di “estrazione” degli elementi identificativi di una cultura e di un patrimonio culturale è preferibile sviluppare un set di strumenti che ne permetta di isolare i valori costitutivi, anche a fini diversi. Per esempio una ricerca metaprogettuale di questo tipo, oltre a permettere una interpretazione contemporanea del patrimonio volta a dare forma a nuovi artefatti, potrebbe essere la base per un progetto di valorizzazione “tradizionale” più consapevole dunque di comunicazione, promozione o allestimento del suo corpus materiale e immateriale. Rispetto alla coerenza interna dei contenuti, qui a seguire è presentata una tabella di sintesi che, per ciascun concept sviluppato, riporta l’archetipo principale di riferimento (ed eventuali concept specifici) nonché l’eventuale riferimento oggettuale (o suo codice base) rispetto alla collezione di partenza in relazione al potenziale di, e riporta l’ambito tematico/destinazione in relazione al processo di attualizzazione.

C.Concept design: è stata infine organizzata una sessione progettuale in cui 12 progettisti sono stati invitati a proporre, all’interno degli scenari e degli archetipi individuati e, su supervisione diretta da parte del gruppo dei ricercatori, alcuni concept di re-design degli elementi culturali dell’opera in artefatti contemporanei alla scala del prodotto, della performance, dell’allestimento, dell’accessorio moda. I concept sono stati sviluppati fino ad una fase di pre-fattibilità.

Rispetto al potenziale di innovazione è evidente che tutti gli archetipi sono risultati efficaci nel descrivere i valori dell’opera pechinese e che tutti i progetti ricadono all’interno dei quattro macro-scenari individuati, che si sono rivelati adeguati nel costruire una cornice interpretativa di elementi costanti e di riconoscibilità e tipizzazione dell’identità culturale dell’opera pechinese. Più difficile la valutazione dei macro-scenari proposti che, pur nella loro già ampia articolazione, sono stati assunti in modo critico e non vincolante dai progettisti e spesso ri4


tabella riassuntiva esiti progettuali (segue)

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tabella riassuntiva esiti progettuali

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di proposte in questo ambito operativo a causa del tempo limitato per lo sviluppo del progetto) e forse anche per non coerenza rispetto alla mission della Fondazione che si propone di valorizzare globalmente (dunque all’”esterno” del mondo cinese) le culture orientali. Tuttavia si tratta di una dimensione di sicuro interesse, atta a mantenere e diffondere all’interno della cultura stessa che l’ha generata i valori dell’opera pechinese e, per questo, interessante materia di approfondimento.

elaborati ed accorpati in una proposta personale. E’ stato necessario per i progettisti fare riferimento alla “materia prima” dell’opera pechinese risalendo dunque la filiera metaprogettuale fino al livello dei codici espressivi e delle unità culturali minime (colori, textures, oggetti, forme, suoni, ruoli, significati) per poter caratterizzare, in forma non mediata da ulteriori atti interpretativi e con qualità identificative inequivocabili, i loro concept. Rispetto ai processi di attualizzazione, i vari progetti si collocano principalmente in ambito di cross fertlisation esterna (ovvero differenti per contesto geo-culturale e ambito tematico di applicazione) rivolgendosi ad un contesto occidentale e in ambiti merceologici quali: accessori tecnici, moda, decorazione ed illuminazione per interni. Tuttavia è possibile individuare tre esempi di delocalizzazione in particolare quelli relativi agli allestimenti urbani e attrezzature teatrali, in cui l’ambito è ancora la messa in scena dell’opera pechinese ma decontestualizzata in ambito geo-culturale occidentale. Infine un unico esempio (“wearing the voice of light”) può essere ascritto (per quanto non specificamente indicato) a una cross fertilisation interna, in quanto l’innovazione tecnica del costume di scena fa riferimento all’ambito di destinazione di messa in scena dell’opera contemporanea ma non specifica esplicitamente la sua applicazione in un nuovo contesto geo-culturale, dunque può essere assunto come potenzialmente utilizzabile anche in un contesto orientale. Di difficile sviluppo il processo di trasferimento interno dei valori dell’opera in altri ambiti merceologici del contesto geo-culturale occidentale, probabilmente per scarsa conoscenza del contesto (difficilmente ottenibile e valutabile l’attendibilità 7


3.

Conclusioni

Il set di strumenti sviluppati e l’indubbio interesse dei risultati progettuali restituiscono un quadro operativo di indubbio interesse e applicazione del design per i beni culturali contemporaneo in cui una attenta sensibilità agli elementi culturali di un contesto e le capacità strategiche del design di incorporare tali valori in nuovi artefatti innovativi (quindi la costruzione di “repertori culturali per il progetto”), sono pratiche in grado di valorizzare un patrimonio salvaguardandone la trasmissione ma contemporaneamente innovandone la forma e la appropriazione fruizione. Si tratta indubbiamente di un insieme di strumenti e processi di design finalizzati a rendere tangibile degli “oggetti culturali” (Caoci, Lai, 2007) la loro dimensione di non-oggetti (Luckic, 2010) ovvero uno spazio progettuale che sta tutto nella relazione tra oggetto e persona, fatto non solo di forma e funzione, ma soprattutto di valori e significati.

BIBLIOGRAFIA Caoci A., Lai F. (a cura di), Gli oggetti culturali, FrancoAngeli, 2007 Lukic B., Katz B. M., Nonobject, MIT Press, 2010 Sennett R., L’uomo artigiano, Feltrinelli, 2009

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Dagli inspiration board verso i nuovi artefatti: progettare “l’autentico contemporaneo”. Gli esiti progettuali sviluppati nell’ultima fase della ricerca (vedi punto C del presente report, pag.4) sono stati -come detto- resi coerenti al sistema culturale di riferimento grazie alle cornici concettuali e agli strumenti metaprogettuali messi a punto dalla ricerca. Nelle pagine che seguono sono proposte due mappe che riassumono: -a sinistra- il panorama degli inspiration board (illustrati e raccolti nel 2^report) consegnati ai progettisti come un unicum creativo da cui elaborare le idee di progetto, la mappa specifica inoltre gli archetipi di riferimento dominanti ni singoli board; -a destra- sono mappati, invece, i nuovi artefatti esiti della sessione progettuale. In entrambe le mappe il posizionamento reciproco dei “prodotti” è espressione della vicinanza/lontananza tematica con quattro “azioni ricorrenti” o specificità processuali della Beijing Opera; in particolare nella mappa dei nuovi artefatti, tale posizionamento denuncia inoltre la relazione interoggettuale esistente nel nuovo sistema autentico che si è andato a formare e che costituisce una sorta di “collezione contemporanea”.

Album progetti

Il report si chiude con la raccolta di tutti i progetti sviluppati nell’workshop.

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Gli esiti progettuali sono qui presentati sinteticamente e raggruppati in tre cluster relativi alle famiglie merceologiche:

tro personaggi/ruoli principali (Sheng, Chou, Jing, Dan) attraverso un linguaggio che unisce elementi figurativi e verbali..

1. ALLESTIMENTO/URBAN DESIGN

Frames of Bejing opera di Ilaria Giulia Mafessoni

Il progetto Suggest-set propone un sistema allestitivo per la scenografia dell’opera pechinese contemporanea. L’elemento formale che sta alla base di questo progetto è il ventaglio (piatto-pieghevole), oggetto centrale nell’opera quale portatore di funzioni, caratteri, sentimenti dei personaggi. Da accessorio da indossare esso viene tradotto in pannello mobile con apertura variabile come dispositivo di supporto alla scena. Il gioco di apertura/chiusura (e di specifico significato scenico che acquisisce nelle diverse “posizioni”) e le texture che lo connotano diventano elementi di un codice che fa da oggetto scenico e fondale al contempo. In questo modo si crea un paesaggio di superfici in continua evoluzione volto a valorizzare la gestualità ed il dinamismo della messa in scena.

Il progetto propone un kit per la messa in scena “minima” (e itinerante) di quadri dell’opera pechinese. L’idea è quella di proporre ad un pubblico occidentale una sintesi minimale del complesso e denso bagaglio di contenuti e simboli che questa tradizione raccoglie. Si tratta di un oggetto (un cubo rosso che fa da elemento scenico ma che racchiude tutto il necessario per dare forma all’opera in termini di trucco, costumi, accessori…) che diventa spazio nel momento in cui si eventua l’azione teatrale. Tale kit racchiude il necessario per “segnare” lo spazio scenico attraverso uno stencil a pavimento, per dare vita a 4 personaggi (prevedendo la presenza di due attori) il cui costume è simbolicamente rappresentato da alcuni accessori trasformabili e gli appositi strumenti per una reinterpretazione della mschera-trucco.

Suggest-set di Glenda Sartori

Urban set design di Valeria Moliterno

2. MODA/ACCESSORI/COSTUMI

Be my mask di Davide Spallazzo

Il progetto propone un artefatto allestitivo itinerante volto a promuovere e comunicare l’opera pechinese nello spazio pubblico. La forte caratterizzazione dei personaggi, le suggestioni visive dettate dal ricco apparato iconografico e il carattere di itineranza di questo tipo di spettacolo sono gli elementi distintivi della proposta. L’allestimento s’ispira alla tecnica cinese del Paper Cutting e gioca su un sistema di telai e quinte la cui disposizione può variare in una continua riconfigurazione di spazi e di sovrapposizioni a leyer. La suggestione iconografica si basa sul Roleplayng e sull’evocazione dei quat-

Il progetto Be my mask individua in un elemento di protezione del viso (una mascherina tecnica e protettiva antismog da moto o bici) il supporto ideale per trasferire il concetto di roleplaying basato sul trucco e l’ipercaratterizzazione delle maschere dell’opera pechinese ad un accessorio di tipo funzionale e d’uso quotidiano. L’intercambiabilità della guaina removibile sul collare base della maschera tecnica consente di personalizzare di volta in volta il personaggio e il ruolo che si vuole interpretare nel 14


Robe de voyage di AnnaMaria Stefani

“palcoscenico urbano”. Tucano Urbano viene proposto come possibile brand di produzione di questo accessorio tecnico.

Robe de voyage è un sistema-prodotto che trasforma l’abito da viaggio -una stola dal taglio cinese classico- in un elemento di supporto per piccoli oggetti che “invadono” temporaneamente lo spazio: collo, maniche e cinta sono infatti micro-diaframmi semovibili in grado di interagire con le fonti luminose generando uno spazio evocativo personalizzato, ispirato al simbolismo della Beijing Opera. I tre elementi “extra” sono pensati come “accessori” role-playing portatori di significati legati ai codici dell’Opera (disponibili in una precisa pallette cromatica e secondo specifiche tipologie di pattern come peonia, fior di loto, dragone, fenice) in un’interessante operazione di democratizzazione fashion-made dei costumi teatrali; saranno realizzati in seta grezza doppiata con polimero e lavorati secondo la tradizionale tecnica del paper-cutting, attualizzata mediante taglio laser a controllo numerico.

+CC (combinable colors) di Diana Rizzoli

Il progetto +CC nasce dalla volontà di valorizzare il processo tradizionale del trucco di scena, evidenziandone anche le affinità con la tecnica artistica del body painting, proponendolo come una prassi più generale del “vestirsi di colore”. Nascono così una serie di elementi minimi indossabili, cromaticamente caratterizzati, che si possono acquistare e comporre/ri-comporre in modo del tutto personale. I pattern dei tessuti immaginati per questo prodotto potenzia un altro aspetto della cultura estetica dell’Opera ovvero l’infinito gioco dettaglio/figura d’insieme: avvicinandosi ai costumi, così come alle scene, si scoprono minuziosi decori, ricami preziosi; allo stesso modo gli elementi minimi di Combinable Colors rivelano complesse finiture, con texture double-face.

Opera gloves di Giorgio Affinito

Wearing the voice of light di Marko Radeta

Il progetto Opera gloves interpreta l’accessorio moda ed in particolare i guanti come oggetto espressivo in grado di “condensare” e indossare ruoli e qualità dei personaggi dell’opera, in modo evocativo ma anche ironico. La decorazione dell’accessorio, unita alla gestualità della mano, interpreta alcune “figure” dell’opera attraverso il rimando agli accessori di scena o al make up di specifiche maschere, unendo quindi il sistema dei ruoli alla ipercaratterizzazione dell’accessorio, all’interno di una dimensione quotidiana e non ostentata. La Camper, con la sua collezione Extra-ordinary craft viene proposta come possibile brand per la messa in produzione degli accessori.

Il progetto Wearing the voice of light sottolinea l’impatto acustico del falsetto nella performance dell’opera, rendendolo “visibile” attraverso effetti luminosi di tipo “responsivo” attribuiti ad un aggiornamento e implementazione tecnologica dei costumi di scena, che si illuminano in alcune parti in base alla variazione di frequenza dei suoni emessi dai cantanti, attraverso led e segnali di tipo wifi. L’ipercaratterizzazione dei costumi si lega quindi con le qualità visive vibranti e ritmiche dell’opera. La tecnologia può essere inoltre sviluppata per potenziare gli aspetti scenografici ed interattivi dell’opera pechinese contemporanea. 15


3. ARREDO/FURNITURE

Pechinese in un elemento d’arredo per interni, anch’esso potenzialmente destinato all’attrezzeria di scena o, ri-contestualizzato, per la “scena domestica”. La tipologia formale ricorda la quinta o il paravento classico: lo schermo “pieno” pensato per nascondere è però sostituito da un filtro evanescente che disvela/rivela; lo scarto innovativo del prodotto è dato dalla trasformazione della vibrazione meccanica (presente appunto in costumi e accessori) in vibrazione ottica, ispirata alle logiche della Op Art.

Surfaces costumes di Sara Radice

Il progetto Surface Costumes rielabora il tema del costume di scena trasferendolo come dispositivo per vestire lo spazio domestico, recuperando e riproponendo le qualità stratificate e ipercaratterizzate dell’abito come decorazioni per superfici e pareti domestiche, in una sovrapposizione di bidimensioneale e tridimensionale, che genera delle vere e proprie sculture da parete. La traduzione di elementi geometrici e floreali in pattern bidimensionali, texture e motivi decorativi tridimensionali ha creato un sistema di elementi che possono essere usati singolarmente o insieme, per comporre porzioni o intere superfici.

Lighthouse di Orsetta Mangiante

Il progetto Lighthouse propone il concetto scenografico di luce-ombra come elemento decorativo per un interno domestico, attraverso la realizzazione di un corpo illuminante modulare e modulabile, che è anche elemento spaziale dinamico che riprende la gestualità di apertura e chiusura del ventaglio tipica dell’opera pechinese. La proiezione luminosa avviene infatti da un corpo modulare ad emiciclo, un “faro” appunto, caratterizzato da diversi pattern e trame geometriche tratte dai codici espressivi dell’opera, che si riverberano e moltiplicano nello spazio circostante, unendo il tema del piattopieghevole a quello del luccicante-vibrante.

Op Wall di Enrico Salis

Il progetto Op Wall recupera e reinterpreta tre concetti chiave dell’Opera: elevazione, estensione, vibrazione. Il progetto trasferisce il dinamismo classico dei costumi e degli accessori di scena dell’Opera 16


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