La città orto: ricerca per un paesaggio commestibile.
Scuola di Architettura e Società Corso di Laurea in Scienze dell’Architettura a.a. 2014/2015 Tesi di Laurea Elena Parnisari Relatore: Arch. Professore Lorenzo Consalez
“Oh, fortunatissimi gli agricoltori, se si rendessero conto della loro fortuna! A loro, lontano dalle armi in discordia, la stessa giustissima Terra profonde dal suolo un facile vitto” Georgiche, Virgilio
Pagina accanto: Alex. S. MacLean, aerial photographer. Wheat strips run perpendicular to the prevailing. Conrad area, Montana. Fonte: Portfolio Growing, in www.alexmaclean.com, 21-01-2015.
INDICE
Indice
11
Premessa: Torino e Bologna due casi studio sugli orti urbani
19
Capitolo 1 _ Osservare 1.1 Coltivazioni di guerra 1.2 Coltivazioni di guerra nella città di Torino 1.2.1 Il conflitto a Torino
1.2.2 La battaglia del grano a Torino
1.3 Coltivazioni di guerra nella città di Bologna
1.3.1 Semina e raccolto a Bologna
1.3.2 Terreno comunale adibito per gli orti
1.3.3 Normative per l’impianto degli orti di guerra
53
Capitolo 2 _ Informare
2.1 Statistiche di produzione e consumo alimentare dei prodotti agricoli 2.2 Densità e tipologie di verde urbano nei capoluoghi di regione
69
Capitolo 3 _ Agire 3.1 Agricoltura urbana
3.1.1 Agricoltura biologica
3.1.2 Filiera corta
3.2 Orto urbano
3.2.1 Come si organizza un orto urbano
3.3 Tipologie di orti 3.3.1 Orto in affitto
3.3.2 Orto scolastico
3.3.3 Fattorie verticali
3.3.4 Permacultura
107
Capitolo 4 _ Dimostrare
4.1 Esempi di orti urbani nel mondo
4.1.1 The Science Barge
4.1.2 Gary Comer Youth Center
4.1.3 Leadenhall Street City Farm
4.1.4 Fairmont Hotel Gardens
4.1.5 Lafayette Greens
4.1.6 Slow Food Nation Victory Garden
137
Capitolo 5 _ Partecipare 5.1 Il caso italiano, la città di Torino
5.1.1 Inquadramento generale
5.1.2 Schedatura delle aree ortive
5.1.3 Il progetto Miraorti
5.2 Il caso italiano, la città di Bologna
5.2.1 Inquadramento generale
5.2.2 Schedatura delle aree ortive
5.2.3 Il concorso Ortipertutti
235
Strumenti di ricerca e conclusioni
241
Bibliografia
257
Ringraziamenti
Pagina accanto: Alex. S. MacLean, aerial photographer. Road intersects with field. Conrad area, Montana. Fonte: Portfolio Growing, in www.alexmaclean.com, 21-01-2015.
PREMESSA
12
Premessa: Torino e Bologna due casi studio sugli orti urbani
Citizens! No great people can be truly small. No great people can live long as second class. No great people can be without a driving idea. Citizens, how was it? An old idea of being. That of the previous century. It was called “city” The city of industry and technology, The city of trade and world economy, The city of wealth and pleasure, The city of poverty and soullessness – The city is dead… The old idea was called city. A new one lives, The general idea of the 20th Century: Land!
13
Everyman Self-Sufficient!
Cittadini! Nessun grande popolo può davvero essere piccolo. Nessun grande popolo può vivere a lungo in seconda classe. Nessun grande popolo può esistere senza un’idea trainante. Cittadini, com’era? Una vecchia idea di esistenza. Quella del secolo precedente. Era chiamata “città” La città dell’industria e della tecnologia, La città del commercio e dell’economia mondiale, La città della ricchezza e del piacere, La città della povertà e dell’assenza di anime – La città è morta... La vecchia idea si chiamava città. Ne vive una nuova, l’idea generale del ventesimo secolo: la terra!
Ogni uomo autosufficiente!
“The Green Manifesto” (“Das Grüne Manifest”) pubblicato sulla rivista di Eugen Diederichs Die Tat nel 1919, è uno dei tratti più politicamente ambiziosi di Lebercht Migge, architetto paesaggista tedesco. Il Manifesto Verde è stato un invito a un movimento popolare nazionale per creare un paesaggio nuovo, sovvertendo piuttosto che rovesciare il capitalismo 14
centralizzato. Nel Manifesto il giardino è elevato a livello di cura sociale, come mezzo di ritorno per il popolo alla terra e al grande ciclo organico, liberando gli uomini dall’oppressione capitalista.1 Questa citazione, vuole essere un mezzo di rivolta e di rinnovamento per la popolazione tedesca dei primi anni del 1900, dove viene promossa una nuova prospettiva della città, che abbandona l’industria e la tecnologia per fare ritorno alla terra; il primordiale mezzo di sviluppo dell’umanità, l’uso del suolo come primo gesto dell’evoluzione, che ha nutrito e dato forza all’uomo dell’economia e del commercio. Quando la città, intesa come macchina urbana che produce, lavora e crea non è più in grado di darci questo primitivo nutrimento è tempo di fermarsi e pensare ad una nuova idea di città, sostituire il grigio con il verde. La tesi tratta il tema degli orti urbani, visti come ritagli di verde all’interno di una città ormai rimasta senza respiro, in risposta al problema dell’emergenza alimentare, e si propone come una delle soluzioni possibili alla crisi economica di questi anni. Si parte da una ricerca storica, fatta per individuare similitudini tra la situazione odierna e il ripetersi ciclico della storia, concentrandosi sugli orti di guerra realizzati durante la Seconda Guerra Mondiale. Osservare per capire ciò che è già stato fatto, in che modo e quali traguardi sono stati raggiunti, guardare, esaminare con attenzione e considerare con cura gli episodi che ci hanno preceduto, per trarne insegnamento. Attraverso un percorso di informazione sul metodo proposto, indicando con cura cosa sia un orto urbano, come si organizza e quali sono le varie tipologie di coltivazione si può esporre l’esempio di questa novità sul 1 Haney D. H., 2010, “The Green Manifesto: calling for a revolution of gardens”, in Haney D. H., When modern was green. Life and work of landscape architect Leberecht Migge, Routledge, New York, pp. 122-125.
15
territorio italiano nella situazione odierna. Lo studio si concentra su due città italiane: Bologna e Torino, entrambe
stanno portando avanti la politica agricola dell’orto in città ma con approccio differente, e proprio per questo motivo la scelta verte su questi due centri per offrire al lettore punti di vista differenti di uno stesso sistema, che appare efficace e incisivo. Dal momento che nel resto dell’Europa e soprattutto negli Stati Uniti, la tecnica dell’orto urbano viene portata avanti da anni con metodi che ormai hanno attecchito tra la popolazione delle metropoli, la scelta dei casi studio è caduta sull’esempio italiano, per dar voce a questa novità che ormai da una decina d’anni o più sta prendendo piede anche nel Bel Paese. Viene preso in esame lo stato italiano, come esso reagisce a questa inversione di marcia, del ritorno all’agricoltura e dell’inserimento della stessa nell’ambiente cittadino. In particolare la tesi si concentra su due città del Nord Italia, che appaiono in questo momento come i due centri all’avanguardia sul tema, e che si fanno promotrici di questa nuova tecnica sostenibile cercando di mettersi al pari con gli esempi europei. Bologna è stata eletta città degli orti in vista di Expo 2015, si sta impegnando nel sostegno, nell’ampliamento e nell’innovazione degli orti urbani in città, valorizzando una tradizione centenaria che ha portato a rendere gli orti un vero e proprio patrimonio della collettività. Questa è infatti la prima città italiana che ha deciso di promuovere la politica di portare la campagna nell’urbe; a partire dagli anni ‘80 infatti sono state introdotte delle aree ortive nel centro cittadino, tuttora in espansione. L’analisi di questo caso studio risulta interessante perchè Bologna è la città che ha mosso i primi passi nella politica dell’orto urbano, ma mentre il resto dell’Italia iniziava a seguirla, ha mancato di organizzazione e voglia di rinnovamento e la si ritrova oggi invece con l’obiettivo di riconquistare il titolo di “città degli orti”, partendo dalla promozione di nuovi concorsi sul tema e sfruttando l’evento dell’esposizione universale di Milano. Bo16
logna rappresenta quindi la città pioniera in questo tema, che oggi sta cercando di riguadagnarsi la fama perduta negli anni a causa della mancanza di regole e organizzazione. Torino invece si presenta come una città cambiata, non più one company town dove i ritmi, i servizi e la stessa urbanistica sono pensati per la produzione industriale dell’auto, ma laboratorio di un nuovo modo di vivere la realtà urbana divisa tra i luoghi del lavoro e quelli del verde agricolo; questo è l’esempio di come anche una città industriale possa avviare progetti di agricoltura urbana. Questa città è stata scelta quindi come caso studio per dimostrare come in questi anni di crisi economica italiana, anche una città pensata e nata per produrre beni industriali voglia in questo momento dare un'immagine nuova di se stessa, pensando ai beni di prima necessità che in questo momento non devono mancare. È interessante come Torino si stia impegnando per reinverdire gli spazi di ritaglio cittadini, e per sfruttare le aree industriali dismesse. Come l’architetto austriaco e scrittore prolifico, Adolf Loos scrisse nelle prime righe al suo articolo del 1920, “Norme per l’insediamento”, per stabilire una priorità: “Ogni Siedlung inizia con il giardino, il giardino è primario, la dimora secondaria.». Loos ha creduto che chiunque desiderava coltivare il proprio cibo aveva il diritto alla propria casa e terra, ma a sua volta questo ha fatto sì che il piccolo giardino Siedlung dovesse essere rigorosamente utilitarista.2
2 Haney D. H., 2010, “Vienna comes to Worpswede: the Adolf Loos connection and Leopold Fischer”, in Haney D. H., When modern was green. Life and work of landscape architect Leberecht Migge, Routledge, New York, pp. 159.
17
Pagina accanto: Alex. S. MacLean, aerial photographer. Large desert center pivot irrigation system. Eloy, Arizona. Fonte: Portfolio Growing, in www.alexmaclean.com, 21-01-2015.
1
OSSERVARE
A sinistra: I cittadini sono stati invitati a far crescere i propri prodotti in cortile, soprannominato “giardini di guerra” nella prima Guerra Mondiale e “giardini della vittoria” nella seconda Guerra Mondiale. Fonte: Victory gardens posters, in www.apsu.edu, 12-11-2014.
20
1
Osservare
Observare, guardare o esaminare con attenzione, considerare con cura. Prima di affrontare il tema relativo agli orti in città in epoca contemporanea è necessario conoscere lo scenario storico da cui questi prendono esempio. Bisogna quindi osservare il modello che la storia ci offre per capire cosa è già stato fatto e perché, per sapersi muovere nella giusta direzione seguendo le orme di chi prima di noi ha agito in modo analogo. Per l’elaborazione del seguente capitolo riguardante l’analisi storica nel preciso ambito degli orti di guerra, invece di avvalersi di fonti bibliografiche si è ritenuto opportuno svolgere un lavoro di ricerca recandosi negli archivi storici delle due città in esame: Bologna e Torino. Lo studio è stato condotto esaminando i faldoni degli anni della seconda Guerra Mondiale, in particolare 1941 e 1942, sotto la voce “coltivazioni di guerra”. Tutte le informazioni di seguito riportate non fanno riferimento quindi a testi specifici consultati, ma sono attribuite a singoli documenti presenti nei suddetti raccoglitori.
21
A sinistra: Il poster promuove i Victory Gardens, per sfamare le famiglie e per contribuire direttamente allo sforzo bellico. Fonte: Victory Garden Posters, in www.en.wikipedia.org, 12-11-2014.
22
1.1
Coltivazioni di guerra
Negli Sati Uniti, Regno Unito, Canada e Germania durante la prima e la seconda Guerra Mondiale nascono i Victory Gardens, dove si coltivava frutta e verdura per aiutare lo sforzo bellico. In Italia, seguendo l’esempio dei Giardini della Vittoria, negli anni 40, per ridurre le importazioni di frumento dall’estero e propagandare la politica autarchica, il regime fascista propose gli “orti di guerra” che, occuparono non solo i terreni pubblici incolti ma addirittura i parchi e i giardini delle città italiane: “dove Flora ha ceduto il posto a Cerere”, come declamava la stampa di regime. Il Bel Paese impiegò per le colture durante gli anni della seconda Guerra Mondiale, tutta la terra disponibile, intensificando al massimo la cosiddetta “battaglia del grano”. Venne quindi deciso di coltivare anche le aree fabbricabili nelle città e di trasformare i giardini, le vaste aiuole e i parchi in orti e campi di frumento. Alle coltivazioni degli orti di guerra provvedevano gli stessi cittadini o i giovani delle 1 Mighetto P., 2012, “Torino”, in Mighetto P., Orti urbani. Coltivare le città, Architettura del paesaggio AIAPP, Torino, pp. 2-3.
22
organizzazioni del Partito Nazionale Fascista. Nessun particolare recinto li chiudeva, essi erano affidati al rispetto dei cittadini.1
A sinistra: Orti di guerra ai Fori Imperiali, Roma, 1942. Fonte: Archivio storico della città di Torino, Archivio Gazzetta del Popolo, Sez I.
24
1.2
Coltivazioni di guerra nella città di Torino
N°. 62728 =
Roma, 18 Agosto 1941 – XIX.
Ai Podestà di tutti i comuni d’Italia N. 62728 Vi impegno personalmente a non lasciare incoltivata una sola zolla dico una sola del territorio del Vostro Comune alt Superate ogni eventuale ostacolo alt pigrizia alt misoneismo di singoli alt Dovete contribuire e contribuirete ad alleviare il problema alimentare e lo farete alt Premierò quelli più meritevoli Mussolini2
Visto l’art. 18 della legge 19 gennaio 1939-XVII, n.129, ritenuto lo stato di necessità per causa di guerra, sentito il Consiglio dei Ministri, sulla proposta del DUCE del Fascismo, Capo del Governo, d’intesa con i Ministri Segretari di Stato per l’agricoltura e le foreste, per le finanze, abbiamo 2 Regio decreto legge 18 Agosto 1941 – XIX n.62728, in Archivio storico della città di Torino. 3 Regio decreto legge 10 ottobre 1941-XIX n.1249, in Archivio storico della città di Torino.
25
decretato e decretiamo. Per la campagna granaria 1941-1942 è concesso, a carico del bilancio dello Stato, un premio di semina di L. 200 per ogni ettaro seminato a segale o ad orzo, nel territorio del Regno. Il premio è attribuito al conduttore del fondo. 3
A sinistra: “Chi non semina non raccoglie né poco né molto”, orti di guerra a Torino. Fonte: Archivio storico della città di Torino, Archivio Gazzetta del Popolo, Sez I.
26
1.2.1
Il conflitto a Torino
La Seconda Guerra Mondiale aveva portato alla luce una situazione che giaceva latente già da alcuni anni che, sotto la crosta di un’apparente normalità, scontava le conseguenze della politica autarchica che il fascismo era stato costretto a introdurre sotto la spinta delle sanzioni adottate nei confronti dell’Italia. L’enciclopedia Treccani definisce l’autarchia come lo strumento che mira all’autosufficienza economica, nell’obbiettivo di produrre sul territorio nazionale i beni che consuma o utilizza, limitando o annullando gli scambi con l’estero. La battaglia del grano si inserisce nella politica autarchica varata dal fascismo nel 1925 nel tentativo di ridurre al massimo le importazioni di frumento. Sostenuta con premi in denaro messi in palio dalle amministrazioni civiche, giunse al suo apice tra il 1940 e il 1942 con la realizzazione degli “orti di guerra” e la conseguente trasformazione dei giardini pubblici in aree coltivabili. La guerra arrivò a Torino con il volto dei bombardamenti nella notte tra il 12 e 13 giugno del 1940. Lo choc provocato dagli aerei inglesi fu uno dei punti che segnarono una delle svolte più grandi nel comportamento e nella vita degli abitanti. In momenti come quello, segnati dal terrore e da una situazione instabile, gli abitanti della città che non erano sfollati diedero vita a uno dei gesti di responsabilità e bontà d’animo più dimen27
ticati dai resoconti del conflitto.
Il 1° ottobre 1940 veniva imposto il tesseramento per il consumo di grassi: burro, olio, lardo e strutto. La quantità mensile di grassi prelevabile da ciascun cittadino consisteva in mezzo litro di olio e in 300 grammi di altri grassi. Il 2 dicembre veniva imposto il tesseramento per farina, pasta e riso. Il razionamento dei farinacei rappresentava il primo, vero sacrificio legato alla guerra. Con questi razionamenti la guerra entrava in tutte le case sconvolgendo le abitudini alimentari dei cittadini. Alle difficoltà di approvvigionamento motivate dai mancati conferimenti da parte dei produttori per effetto del blocco dei prezzi, si sommava il blocco delle importazioni per quei prodotti, sempre di prima necessità, per i quali la produzione nazionale era sempre risultata carente. Se all’inizio del conflitto i beni razionati potevano essere considerati sufficienti ad assicurare il normale nutrimento giornaliero, con il tempo, vista la progressiva riduzione delle razioni e, spesso, la mancanza sugli scaffali dei negozi dei beni alimentari, essi diventavano sempre più insufficienti. Probabilmente consapevole del fatto che con quella dieta in breve tempo la popolazione italiana si sarebbe estinta per inedia, il regime incoraggiava i cittadini a dedicarsi alla produzione agricola trasformando terrazze e balconi in altrettanti orti di guerra. Negli 11350 orti di guerra, come pomposamente erano stati ribattezzati i balconi, talvolta di minime proporzioni, censiti a Torino all’agosto 1942, si coltivava di tutto. L’incitamento ai privati a inventarsi agricoltori e a creare orti di guerra era poi accompagnato da un notevole impegno pubblico a rendere coltivabili parchi, giardini e più in generale le aree incolte: tra queste, anche le sponde delle massicciate delle strade ferrate. Si trattò di uno sforzo generale che vide impegnate diverse forze, come i soci del Dopolavoro delle ferrovie, i responsabili dell’Istituto Autonomo Case Popolari, i ragazzi della colonia Italo Balbo e, soprattutto i giardinieri municipali. 4 Questi orti non erano altro che un’idea semplice e allo stesso tempo ge-
4 Bassignana P., 2013, “Morigerati loro malgrado. La vita quotidiana dei torinesi al tempo delle bombe”, in Bassignana P., Torino in guerra, Edizioni del Capricorno, Torino, pp. 41-52.
28
niale: sfruttare i maggiori parchi e giardini per la coltivazione di verdure e tuberi. La carestia e le difficoltà nei trasporti di cibo vennero combattuti da un’organizzazione profonda e socialmente sentita, che sotto volere ed aiuto del regime, fece resistere i torinesi nel periodo bellico. La produzione agricola spostò quindi il suo baricentro: il parco del Valentino fu adibito alla coltivazione di patate, la piazza d’Armi a quella dei cavoli e le zone adiacenti gli stabilimenti industriali come Mirafiori, videro la comparsa dei cereali. Come incoraggiamento e per celebrare la partecipazione attiva dei torinesi al sostegno della città, il governo organizzò addirittura una cerimonia di trebbiatura del grano degli orti di guerra, che si tenne a luglio del 1942 in piazza Castello, in presenza delle maggiori autorità dell’epoca. I cittadini dimostrarono una grande responsabilità e generosità in quegli anni, ogni raccolto veniva tassativamente diviso in parti uguali e le coltivazioni venivano seguite da gruppi spontanei o associazioni, come nel caso del Dopolavoro Fiat ASF.5 Torino, tra le prime grandi città nell’osservanza dell’imperativo del Duce, celebrò nella prima settimana di luglio dell’anno 1942, in piazza Castello 5 Albera M., 2012, “Orti di guerra: quando Torino coltivò il meglio di sé”, in www.mole24.it, 10-11-2014.
alla presenza delle massime autorità, l’inizio della trebbiatura del frumento seminato e cresciuto rigoglioso in tutti i terreni di proprietà comunale,
6 Manzo L., Peirone F., 2004, “La battaglia del grano e gli orti di guerra”, in
da quelli che un tempo giacevano o incolti o scarsamente produttivi a
Manzo L., Peirone F., A tavola con i torinesi: cibo, commerci e ricette dal
quelli coltivati a piante verdi, a fiori, a prati nei giardini e nei magnifici
medioevo al Novecento nei documenti dell’Archivio storico della Città di Torino, Archivio Storico della Città di Torino, Torino, pp. 83.
29
parchi. 6
1.2.2
La battaglia del grano a Torino
Nell’autunno 1940, nel Parco della Pellerina, vennero seminati a segala considerevoli appezzamenti per una superficie di circa mq. 75000. Poiché il terreno era particolarmente adatto per una nuova cultura cerealicola, fu ritenuto conveniente, seminarvi grano l’anno seguente.7 Proseguendo nel programma di utilizzazione di tutte le aree aventi possibilità agricole, fu studiata la possibilità di coltivare a grano, numerosi appezzamenti di considerevole superficie esistenti in parchi pubblici ed in altri terreni di proprietà municipale. Fra tali appezzamenti erano compresi quelli già coltivati a patate nel 1941, che per una razionale rotazione, sarebbero stati destinati a coltura cerealicola. Tali appezzamenti erano: 1. Parco Gerolamo Napoleone Bonaparte mq. 34000 2. Parco della Villa S. Severino mq. 11500 3. Parco del Valentino mq.28000 4. Parco Michelotti mq. 6500 5. Stadio Mussolini mq. 4000 6. Corso Stupinigi mq. 72000
7 Aratura ed erpicatura del terreno per la semina del grano nel Parco della Pellerina. Affidamento dei lavori alla Sig. ra Cristina ved. Cordero. Ap. VII Amm. LL. PP, 23 agosto 1941, 17, Verb.36, pp. 12-13, in Archivio storico della città di Torino.
30
A destra: Falciatura del fieno, orti di guerra a Torino. Fonte: Archivio storico della città di Torino, Archivio Gazzetta del Popolo, Sez I.
7. Corso Tazzoli e IV Novembre mq. 18000 8. Piazza Risorgimento mq. 5000 9. Ex-Stadium mq. 26000 Per una superficie totale di mq. 205000.8 Nell’ultima decade del mese di giugno e nel mese di luglio 1941 nei parchi della città si svolsero i lavori di mietitura e di trebbiatura del grano e della segala coltivati in economia. L’organizzazione e la cura delle 8 Aratura ed erpicatura di appezzamenti vari di parchi pubblici e proprietà
coltivazioni di guerra e dei lavori predetti vennero affidati ad un ufficio
municipali per la semina del grano. Affidamento dei lavori alle ditte Atuso
espressamente a tal fine istituito il 21 agosto 1941, che dovette provve-
Michele, Astrua Ernesto, Monticone Giulio e nolo di moto-aratrice dalla ditta
dere all’accertamento di tutti i terreni pubblici e privati assoggettabi-
Cappella Giuseppe. Ap. VIII Amm. LL. PP, 13 settembre 1941, 28, Verb.39, pp. 20-21, in Archivio storico della città di Torino.
31
li a coltivazione, alla formazione delle relative planimetrie e schedari,
all’affitto o concessione dei terreni municipali, a stimolare ed assistere all’occorrenza i privati proprietari, all’assegnazione delle semine e fertilizzanti, alla diffusione ed applicazione delle norme superiori in materia agraria, ai rapporti con le autorità e con i Dopolavoro interessati alle coltivazioni. 9 Nell’attuazione del programma di utilizzazione di tutte le aree aventi possibilità agricole, fu risultato conveniente coltivare a frumento marzuolo, avena e patate alcuni appezzamenti di terreno di proprietà municipale o di proprietà privata messi a disposizione della Città per coltivazioni di guerra, siti nei corsi Trapani, Montecucco, Altacomba e Tazzoli. 10 Nell’area del costruendo Parco della Pellerina, adibito a coltivazioni di guerra, furono messi a coltura con semina di grano, patate e segala, appezzamenti di terreno per la superficie di circa mq. 95000. Fu pertanto necessario avere a disposizione mezzi animali, cavalli e muli, da adibire ai lavori agricoli inerenti alle coltivazioni stesse. In considerazione della natura del lavoro, per il quale occorrono animali idonei, i cavalli ed i muli vennero forniti dai conduttori di aziende agricole della zona. 11 I campi già coltivati a grano in economia nei parchi pubblici ed in alcune proprietà della Città, sia se destinati a seconde culture quanto se lasciati liberi fino al ringrano autunnale, dovevano essere arati nel mese di luglio e nella prima decade di agosto. Una seconda aratura sarebbe poi stata eseguita nell’autunno. Per tali lavori non furono sufficienti i mezzi animali a disposizione e, per i campi di grande estensione, fu necessario ricorrere al nolo di motoaratrici. 12 La coltivazione dei cereali nei parchi e terreni prima incolti, di proprietà della Città, fu effettuata in economia diretta con l’impiego del personale addetto alla manutenzione dei giardini. 13 Sui vari appezzamenti di terreni municipali esistenti entro il perimetro del territorio comunale furono eseguite colture di granoturco, ricavandone quintali 32,95.14
9 Coltivazioni di guerra. Compensi al personale direttivo e di assistenza. Ap. VIII Amm. LL. PP, 5, in Archivio storico della città di Torino. 10 Coltivazioni di guerra. Dissodamento di appezzamenti vari di terreno nei corsi Trapani, Montecucco, Altacomba e Tazzoli. Nolo di moto-aratrice della ditta Genero Giuseppe di Stupinigi. Ap. VIII Amm. LL. PP, 21 febbraio 1942, 39, Verb. 9, pp.26, in Archivio storico della città di Torino. 11 Parco della Pellerina. Nolo di cavalli o muli per i lavori agricoli inerenti alle coltivazioni di guerra. Ap. VIII Amm. LL. PP, 25 aprile 1942, 44, Verb. 18, in Archivio storico della città di Torino. 12 Aratura dei campi nei parchi pubblici. Nolo di motoaratrici dalle ditte Cappella Giuseppe e Genero Giuseppe, Ap. VIII Amm. LL. PP, 1 agosto 1942, 35, Verb. 33, in Archivio storico 13 Trebbiatura del grano, segale ed avena coltivati nei parchi pubblici. Pagamento delle diverse prestazioni, Ap. VIII Amm. LL. PP, 26 settembre 1942, 33, Verb. 41, in Archivio storico della città di Torino. 14 Decreto del Podestà n°3, 1942, in Archivio storico della città di Torino.
32
A destra: La semina delle patate al parco del Valentino, Torino, 1941. Fonte: Archivio storico della città di Torino, Archivio Gazzetta del Popolo, Sez I.
Dalla vendita della paglia prodotta dalla trebbiatura di frumenti in piazza Castello e nel Parco della Pellerina, effettuata a ditte diverse su buoni rilasciati dal Consorzio Provinciale tra i Produttori dell’Agricoltura, Sezione Cerealicoltura, venne ricavata la somma complessiva di L. 22272,70.15 Dalla trebbiatura del grano raccolto nel Parco di San Paolo vennero prodotti quintali 266,90 di paglia che venne consegnata a ditte diverse su buoni rilasciati dal Consorzio Provinciale tra i Produttori dell’Agricoltura, Sezione Cerealicoltura. 16 Torino, in linea anche nella battaglia del grano, diede nel 1942 un soddisfacentissimo raccolto tra cui circa 800 quintali di frumento, che fu semi15 Decreto del Podestà n°729, 1942, in Archivio storico della città di Torino. 16 Decreto del Podestà n°867, 1942, in Archivio storico della città di Torino.
33
nato per ordine del Podestà in terreni di proprietà municipale, cioè nelle cosiddette piantagioni di guerra, nei parchi e nelle altre aree che un
A sinistra: Orto di guerra a Torino, 1942. Fonte: Archivio storico della città di Torino, Archivio Gazzetta del Popolo, Sez I.
tempo erano coltivate a giardini. 30 mila ettari di terreni furono destinati tempestivamente alla coltivazione di biade e ortaggi. Orto di guerra era anche il balcone di casa, o le aiuole nei cortili delle case popolari. A parte il consueto raccolto delle sette-otto cascine di proprietà municipale, si calcola che soltanto le cosiddette piantagioni di guerra diedero in un anno circa 800 quintali di grano, 1200 quintali di paglia e 4000 quintali di altri prodotti tutti di provenienza dei vari terreni di proprietà municipale tra cui i parchi delle Pellerina, di regione S.Paolo, dell’ex villa San Severino, del Valentino ed altri minori aree come villa Genero, lo stadio Mussolini e gli appezzamenti di corso Stupinigi e Giordano Bruno. Non furono risparmiati lavori di bonifica del terreno e cure poiché molte zone non erano le più indicate per coltivazioni.17 Per l’ordinario mantenimento dei parchi, giardini ed alberate della Città e per i lavori agrari
17 Gazzetta del popolo, Si trebbierà in piazza Castello, 26 giugno 1942, in Archivio storico della città di Torino.
34
18 Parchi, giardini ed alberate della Città. Manutenzione e coltivazioni di
inerenti alle coltivazioni di guerra fu necessario avere a disposizione carri
guerra. Autorizzazione della spesa relativa al nolo di cavalli per trasporti e
e cavalli per trasporti di materiali vari, nonché cavalli idonei al traino di
lavori agricoli da eseguirsi dalla ditta Demichelis Tommaso nei mesi di marzo
macchine agricole, nei mesi di marzo ed aprile 1943.18
ed aprile 1943. Ap. VIII Amm. LL. PP, 13 marzo 1943, 35, Verb. 12, pp. 23, in
Il terreno coltivato a grano nel comune urbano era di circa 1500 ettari,
Archivio storico della città di Torino. 19 Gazzetta del popolo, In città si è mietuto il grano, 10 luglio 1941, in Archivio storico della città di Torino.
35
cosicché anche in questa battaglia nobilissima Torino industriale, guerriera, lavoratrice è stata ancora una volta in linea.19
1.3
Coltivazioni di guerra nella città di Bologna
Il podestà, a richiesta dell’interessato; visti gli atti; dichiara di aver affidato al Dott. Carlo Alberto Ghillini la direzione del coordinamento delle attività tecniche per la creazione degli orti di guerra nel Comune di Bologna: e ciò fino all’agosto 1941 XIX, in relazione all’ordine allora impartito direttamente dal DUCE ai Podestà d’Italia circa la necessità di coltivare ogni zolla di terreno. Dalla Residenza Municipale li 21 aprile 1942 XX Il Podestà Ing. Enzo Fernè20
Il Podestà di Bologna aveva disposto la semina di tutte le aree comunali, nascevano così gli orti di guerra; tra i più estesi c’erano quelli nei parchi e giardini, ma erano impegnate anche le aiuole del centro cittadino e i terrazzi privati si riempivano di terra, si coltivava all’interno di vasi, cassette e a volte vasche da bagno.21 Nell’estate del 1942 il grano raccolto
20 Dr. Ghillini, Orti di guerra, Bologna, ufficio di segreteria, 25 aprile 1942, in Archivio storico della città di Bologna. 21 Biblioteca.salaborsa, 2013, “Gli orti di guerra”, in www.bibliotecasalaborsa.it, 4-12-2014.
36
A destra: Orto di guerra 1941-1942. Fonte: Archivio storico della città di Torino, Archivio Gazzetta del Popolo, Sez I.
in città venne trebbiato dai gerarchi in camicia nera al centro di Piazza Maggiore, i covoni vennero raccolti attorno al monumento a Vittorio Emanuele, ricoperti di bandiere tricolori e vessilli fascisti e furono benedetti dal cardinale Nasalli Rocca dalla scalinata di San Petronio. Nel corso dell’ultimo anno di guerra, con lo sfollamento dei residenti delle campagne, l’intera città aveva assunto un aspetto rurale, molti cortili si trasformarono in stalle improvvisate e alcuni sagrati diventarono aie; tut22 Resistenza mAPPe, “Bologna: la città in guerra. La vita quotidiana”, in www.resistenzamappe.it, 4-12-2014.
37
te le attività produttive tendevano a concentrarsi negli spazi cittadini.22
1.3.1
Semina e raccolto a Bologna
In tutte le città d’Italia, le autorità Comunali si erano preoccupate, seguendo le direttive impartite dal governo, di mettere a coltura di piante ortive, le aree pubbliche e private che pur comprese nel perimetro urbano, erano suscettibili di dare un qualche apporto all’alimentazione della Nazione in guerra. Attraverso la collaborazione dei Gruppi Rionali si era potuto concretizzare un piano d’azione per cui tutti coloro che avessero desiderato mettere terreno a coltura avrebbero potuto rivolgersi alle sedi dei gruppi rionali stessi; questi nuovissimi lavoratori della terra avevano così la soddisfazione di essere spesso nutriti dal frutto delle loro dirette fatiche, oltre a quella di far sì che in questo grave momento, pieno per tutti di responsabilità e di doveri, nemmeno una zolla di terra italiana andasse perduta. Seguendo le direttive impartite, il Gruppo Magnani fece il censimento dei proprietari di fabbricati che avevano terreno ad uso giardino ma che erano trasformabile in Orti di Guerra, I possidenti di stabili con terreno nella giurisdizione del Gruppo erano circa 300 e tutti avevano aderito con entusiasmo alla trasformazione: si trattava normalmente di piccole aree dai 20 ai 100 mq., poco soleggiate e in molti casi ombreggiate da muri o alberature, i proprietari dei terreni erano stati incitati ad eseguire 38
A destra: Alla coltivazione degli orti di guerra provvedevano gli stessi cittadini o i giovani delle organizzazioni del P.N.F. Fonte: Archivio storico della città di Torino, Archivio Gazzetta del Popolo, Sez I.
le lavorazioni e preparazioni per le semine primaverili. 23 Dal censimento eseguito a cura del Gruppo Rionale Edgardo Gardi risultavano complessivamente n°47 appezzamenti di terreno suscettibili di qualche coltura, numerosi appezzamenti censiti erano di proprietà dell’Istituto delle Case Popolari e della Cooperativa Risanamento; quasi tutti avevano già dato inizio alle prime lavorazioni del terreno, e ave23 Ufficio tecnico agrario Martelli Luigi perito agrario, Relazione sull’attività
vano dimostrato piena comprensione e interessamento all’iniziativa nei
svolta dal gruppo per gli orti di guerra, Bologna, Gruppo rionale “M. Magna-
limiti consentiti dalle possibilità dei singoli appezzamenti. L’iniziativa presa
ni”, 18 novembre 1941, in Archivio storico della città di Bologna.
dalla Amministrazione dell’Istituto delle Case Popolari consentiva inoltre
39
l’installazione di pollai e conigliere nonché l’impianto degli orti famigliari nelle corti interne degli stabili stessi; al termine dei lavori di preparazione del terreno tutti gli interessati si erano impegnati a provvedere per proprio conto ai necessari quantitativi di concimi e sementi. 24 Furono assegnati ai tredici Gruppi Rionali del Comune di Bologna altrettanti tecnici agricoli che avevano svolto il programma stabilito nelle adunanze, questo lavoro preliminare era costituito in un primo tempo dal censimento dei terreni incolti, dei giardini, delle aree fabbricabili, dei terreni abbandonati passibili di essere coltivati e in possesso di enti pubblici e di privati. La prima indagine, era stata completata con la chiamata degli intestatari dei terreni censiti, che venivano interpellati dal tecnico preposto per riferire i dati della superficie del terreno e per apprendere le disposizioni sulla lavorazione, preparazione e messa a coltura del proprio appezzamento di terreno. Dal censimento vennero omessi i terreni che, apparentemente coltivabili, non davano affidamento per una conveniente coltura: terreni ciottolosi di scarico, ombreggiati, in forte pendio. Dai dati ottenuti dal primo censimento risultava che 8.831 proprietari od enti avevano risposto alla chiamata, iniziando con notevole alacrità la preparazione dei terreni o le semine a seconda delle istruzioni tecniche. Le direttive tecniche erano state orientate nello stimolare la preparazione dei terreni per le semine o gli impianti primaverili, perché nei terreni mai prima d’ora coltivati non era facile fare attecchire colture se non dopo un certo tempo dalla preparazione delle zolle. La coltivazione degli ortaggi vernini ed alcune semine di cereali erano invece consigliate nei terreni già precedentemente coltivati a giardino o preparati alla coltura da alcuni mesi. I terreni comunali in totale avevano una superficie di ettari 109.509 alcuni di questi erano seminati a cereali, mentre altri erano preparati per le semine primaverili. Com’era prevedibile il notevole lavoro fino ad allora svolto aveva incontrato spesso difficoltà tec-
24 Dott. R. Marabini, Gruppo rionale fascista “Edgardo Gardi”, Orti di guerra, Bologna, 14 ottobre 1941, XIX°, in Archivio storico della città di Bologna.
40
A destra: Orti di guerra durante la seconda Guerra Mondiale. Fonte: Il fenomeno degli “Orti di guerra”, in www.bdp.it, 13-12-2014
niche e organizzative dovute alle contingenze del momento che erano state però sempre superate; in particolare la scarsità di mano d’opera, supplita tempestivamente e con ottimo esito con soldati ceduti dall’autorità militare, la mancanza di trattori per deficienze di carburante a cui si rimediava con un trattore a gassogeno, la scarsità di concimi chimici, i sopralluoghi dei tecnici per gli accertamenti nei vari terreni incolti giardini od aree censite, erano tutte cause che avevano ritardato le semine. I terreni da poco messi a coltura richiedevano un notevole periodo 25 Dott. C. A. Ghillini, Al Gr. Uff. Ing. E. Fernè podestà di Bologna, oggetto:
di tempo, a volte anche alcuni anni, prima di essere completamente
relazione dell’attività svolta dal comitato dei tecnici, istituito e diretto dal
sfruttabili.25 Nelle aiuole cittadine si era disposta la coltura del lino da
Podestà di Bologna, per la propaganda degli orti di guerra, Bologna, in Ar-
olio che, oltre ad essere utile come pianta oleaginosa, era una pianta
chivio storico della città di Bologna, pp. 1-5.
41
ornamentale in fioritura. I lavori per la preparazione del terreno, le concimazioni, le semine, le sarchiature nei terreni comunali erano eseguiti a mezzo di mano d’opera prelevata dal personale addetto ai giardini, con soldati provenienti dalle classi contadine assegnati.26
26 Relazione attività “orti di guerra” del comune di bologna dal febbraio al maggio 1942, Bologna, in Archivio storico della città di Bologna 29 maggio 1942=XX.
42
1.3.2
Terreno comunale adibito per gli orti di guerra
Il terreno comunale di Bologna era stato suddiviso in zone, ognuna da destinarsi alle coltivazioni per gli orti di guerra. Ogni area era stata censita e organizzata differentemente a seconda delle colture:
Giardini Margherita Barriera S.Stefano mq. 2171 Ex parto fanciulli
mq. 1237
Terreno attiguo Campo ippico
mq. 3190
Canestra a monte mq. 1800 Viale centrale mq. 1036 Ex stemma davanti allo chalet
mq. 490
Punto delle maglolie mq. 150 N. 3 punte nei pressi del laghetto
43
mq. 500
Borre Terreno prospicente la lavanderia
mq. 3000
Porta Saragozza Giardino Cassarini mq. 2000 Giardino fra Viale Aldini e Via Saragozza
mq. 1000
Villa Ronzani Prato Scuola Grosso
mq. 4600
Orto ex scuola agraria
mq. 3000
Prati di Caprara
mq. 60000
Piazza Trento e Trieste Giardino pubblico ex area da adibirsi a Mercato Rionale
mq. 2000
Porta Galliera Spartigente
mq. 500
Piazza XX Settembre
mq. 300 44
A destra: Settori degli orti di guerra. Fonte: Roma in guerra e liberata, in www.mediatecaroma.it, 13-12-2014.
Punta del resto del carlino
mq. 200
Piazzale Stazione
mq. 100
Giardini di città
45
Giardino Minghetti
mq. 15
Pozzo del Terribilio
mq. 80
Giardino Cavour
mq. 40
A sinistra: Orto di guerra. Fonte: Roma in guerra e liberata, in www.mediatecaroma.it, 13-12-2014.
Lazzaretto
mq. 20000
Via Camicie nere
mq. 2000
Totale mq. 109.409
Le aree seminate a grano rappresentavano mq. 22.034, le aree coltivate a orzo da foraggio mq. 640, le aree da destinare a colture primaverili mq. 86.600, le aree coltivate ad ortaggi (insalata) mq. 135.27 Venivano messi a semina i cereali, tra cui grano, frumentone e orzo dai quali si ricavavano circa Q.li 265, culture ortensi, come avena, patate e fagiolo per Q.li 1.358, oleaginose, in particolare lino da olio e ricino in Q.li 30, foraggere, foraggio per conigli e fieno per Q.li 190.
27 Relazioni dei tecnici per gli orti di guerra, in Archivio storico della città di Bologna.
46
1.3.3
Normative per l’impianto degli orti di guerra
Il Duce aveva detto che nessuna zolla doveva rimanere inoperosa, ed ogni zolla doveva essere coltivata, perché tutti i terreni, per quanto ingrati e sterili, avrebbero potuto produrre qualora fossero stati opportunamente lavorati. Era pertanto dovere ed interesse di ciascuno che possedeva anche un piccolo spazio di terra, lavorarlo a modo per ottenere quanto più sostanze alimentari fosse possibile. Chi non avesse provveduto già a lavorare il suo terreno ed a seminarlo a frumento, avrebbe potuto iniziare a vangare e zappare la sua terra, sotterrando quanto concime avesse potuto racimolare servendosi di rifiuti della casa, escrementi di animali da cortile, cenere di legna, calce, adeguatamente poi integrati con concimi chimici. Durante l’inverno si lasciava che il gelo e gli agenti atmosferici compissero l’opera disgregatrice e purgassero il terreno e in primavera si preparava la semina. Se l’estensione del terreno di cui si disponeva era abbastanza rilevante, si poteva seminare del frumentone a righe larghe con intercalate file di fagioli nani, oppure si piantavano patate primaticce e piselli, da togliere in giugno e da sostituire con cipolle od altre culture ortive quali i pomodori, melanzane e zucche. Tolti questi secondi prodotti in agosto, con successive lavorazioni al terreno e concimazioni, si potevano piantare cavolfiori, verze e sedani, che si 47
raccoglievano da ottobre a dicembre. Se si disponeva invece di uno
A sinistra: Orto di guerra cittadino. Fonte: Gli orti di guerra, in www.inilossum.com, 13-12-2014.
48
spazio limitato, si poteva coltivare in parte ad ortaggi da foglia (lattuga, cavoli, melanzane) e in parte ad ortaggi da radice (rape, carote, ravanelli). La concimazione da preferire era quella classica con il concio (letame), ma non disponendone si potevano usare concimi chimici, quali perfosfato minerale da spargere sul terreno prima della semina, nitrato o solfato ammonico, solfato di potassio e gesso. Le piccole partite di seme per l’impianto degli orti si potevano acquistare da stabilimenti ortofrutticoli privati.28 Il contratto per la concessione di terreno a compartecipazione aveva la durata di un anno, decorreva dall’inizio dei lavori di preparazione del terreno per la semina del grano, e terminava con l’ultimo raccolto dell’annata all’effettuata divisione del prodotto. Il locatore concedeva il terreno a compartecipazione all’operaio agricolo che lo assumeva, la direzione tecnica ed amministrativa dell’azienda spettava al locatore, i piccoli arnesi agrari per la lavorazione del terreno e per la raccolta dei prodotti, sarebbero stati forniti dal compartecipante e mantenuti a sue spese. Rimanevano a totale carico del locatore: l’aratura del terreno, le prestazioni col bestiame, i noleggi delle macchine agrarie, la spesa per i combustibili delle macchine stesse, la spesa per il vino e vitto al personale di macchina e quella per il vino al personale d’aia, il trasporto dei prodotti e la razionale somministrazione dei fertilizzanti e dei letami che venivano sparsi a cura del compartecipante. Restavano invece a totale carico del compartecipante: le spese di manodopera, occorrente per la lavorazione ordinaria del terreno e dei prodotti e le spese per la squadra del personale d’aia, venivano divise in ragione della suddivisione dei prodotti: le spese per l’acquisto degli anticrittogamici, dei legacci e delle sementi e il premio di assicurazione dei prodotti dai danni provocati 28 Norme illustrative per l’impianto degli orti di guerra, in Archivio storico della città di Bologna.
49
dall’incendio e dalla grandine.
A sinistra: Trebbiatura del grano. Fonte: Gli orti di guerra, in www.inilossum.com, 13-12-2014.
Nella coltivazione del frumento, segala, orzo ed avena, il prodotto di granella era diviso in 35% al compartecipante e 65% al locatore, ed in egual misura veniva sostenuta a spesa per la somministrazione dei relativi fertilizzanti. Per la trebbiatura il compartecipante era tenuto a prendere in consegna i sacchi e gli altri accessori dei quali era responsabile nel tempo in cui restavano nelle sue mani, ed a consegnarli a lavoro ultimato. La paglia spettava per intero al locatore e dei cumuli di covoni venivano portati nei pagliai sotto i porticati dei fienili quando questi si trovavano a non grande distanza, a cura esclusiva del compartecipante. Infine il locatore aveva la facoltà di seminare leguminose di foraggio in mezzo al frumento dato in compartecipazione senza peraltro doverne corrispondere compenso alcuno al compartecipante.29
29 Capitolato provinciale, per la concessione di terreni a compartecipazione, Bologna, Tipografia Irnerio 1939, federazione prov. Fascista degli agricoltori della provincia di Bologna, unione prov. Sind. Fascisti dell’agricoltura bologna, in Archivio storico della città di Bologna.
50
51
Pagina accanto: Alex. S. MacLean, aerial photographer. Dryland farming. Shelby, Montana. Fonte: Portfolio Growing, in www.alexmaclean.com, 21-01-2015.
2
INFORMARE
A sinistra: Carrot City è un’iniziativa di ricerca della Ryerson University, che guarda a come la progettazione può consentire la produzione di alimenti in una città. Fonte: Carrot city: urban agriculture in Toronto, in www.torontopubliclibrary. typepad.com, 28-12-2014
54
2
Informare
Informare, istruire, dare notizia, mettere a conoscenza di qualche fatto. Per verificare se lo scopo della tesi ha dei presupposti su cui basarsi al fine di proporre un nuovo modello di progettazione come risoluzione di un problema che coinvolge l’intera popolazione italiana è necessario rappresentare il quadro della situazione. Vengono di seguito esposti ed elencati dati riguardanti la produzione e il consumo alimentare in Europa e nel caso specifico italiano, e le tipologie e modalità in cui il verde urbano viene trattato. Si informa il lettore sullo stato di fatto attuale, per prepararlo alle nuove soluzioni progettuali proposte.
55
2.1
Statistiche di produzione e consumo alimentare dei prodotti agricoli
Le principali statistiche agricole registrate nel 2012 in Italia fanno riferimento ai seguenti numeri: Superficie agricola utilizzata 13.134.000 ettari. Numero di aziende 1.616.000. Occupazione nel settore agricolo, forestale, caccia e pesca 937.000 persone. Uscite del settore agricolo 48.632.000.000 euro. Quota delle importazioni di prodotti alimentari e agricoli 9,6%. Quota delle esportazioni di prodotti alimentari e agricoli 8,2%.1 Nel 2013, il valore di produzione agricola è rimasto invariato in termini reali, con la performance positiva del valore della produzione animale + 1,5%, compensando la riduzione della produzione agricola -1,1%, il calo del valore di quest’ultima è dovuto ad un calo dei prezzi reali -3,7% in parte compensati da un incremento dei volumi + 2,7%. I maggiori volumi sono stati registrati per i cereali e i semi oleosi (di oltre il 6% ciascuno), patate (+ 1%), frutta e vino (di circa il + 7% ciascuno) mentre la produzione
1 European Commission, 2013, “Basic data”, in European Commission, Agriculture in the European Union. Statistical and economic information. Report
di olio d’oliva è sceso vertiginosamente del 31%. C’è stato uno sviluppo
2013, www.ec.europa.eu, pp. 48-51.
impressionante nel 2013 con un commercio netto di circa 19 miliardi di
2 European Commission, 2013, “General overview”, in European Commis-
euro guidato da maggiori esportazioni + 4% sulla riduzione delle importazioni -2%.
2
sion, Agriculture in the European Union. Statistical and economic information. Report 2013, www.ec.europa.eu , pp. 15.
56
A destra: Sono state formalmente adottate le nuove norme europee per la promozione dei prodotti agricoli che potranno beneficiare per i prossimi anni di maggiori finanziamenti a livello UE, con l’obiettivo di aumentare il grado di conoscenza dei consumatori riguardo ai meriti dei prodotti agricoli e dei metodi di produzione dell’Unione nonché a rafforzare la consapevolezza e il riconoscimento dei regimi di qualità. Fonte: “Enjoy, it’s from Europe”: nuovo regolamento per la promozione dei prodotti agro-alimentari, in www.regionieambiente.it, 28-12-2014
Nel 2013 l’area UE-28 coltivata a cereali (escluso il riso) ha registrato solo un leggero aumento dello 0,3% (raggiungendo 57,8 milioni di ettari) rispetto alla campagna precedente. Tuttavia, tutte le principali colture individuali hanno visto un aumento di raccolto rispetto allo scorso anno, portando la produzione totale utilizzabile UE-28 a 301,5 milioni di tonnellate + 8,2%. La produzione di riso UE ha raggiunto 1,89 milioni di t nel 2012/13, le importazioni di riso sono passate da 0,87 nel 2011/12 a 0,93 milioni di tonnellate nel 2012/13, mentre le esportazioni sono rimaste stabili a 0.18 milioni t. Il 2013 è stato in termini globali un anno positivo per il settore della frutta e meno positivo per alcuni ortaggi in serra. La produzione di pesche e nettarine dell’UE è stata inferiore del 7% rispetto al raccolto precedente e la produzione italiana è diminuita. Per quanto riguarda i prezzi c’è stato un aumento nei principali Stati membri produttori, che vanno dal + 6% al + 23%, tale positivo andamento dei prezzi è 57
dovuto principalmente alla limitata offerta legata alle cattive condizioni
meteorologiche registrate. Nel 2013/14 la produzione di mele e pere è iniziata con buoni prezzi in autunno, con livelli molto più alti rispetto alla media delle campagne precedenti, la produzione di agrumi è stata del 9% rispetto alla stagione precedente, con circa 10 milioni di tonnellate e il 10% al di sotto della media negli ultimi dieci anni, le arance sono diminuite del 10% e i limoni del 11%, la produzione di patate è stata inferiore alla media e questo ha portato ad un aumento dei prezzi. Secondo i dati preliminari, confrontando i primi 10 mesi del 2013 con lo stesso periodo del 2012, le importazioni comunitarie di frutta fresca e secca e noci sono aumentate del 5,3% a circa 10,2 milioni di tonnellate. Le importazioni di frutta secca (tropicali e non-tropicale) sono aumentate dell’8% rispetto al 2012. Per quanto riguarda i prodotti, principalmente importati per completare la produzione stagionale europea, gli agrumi sono aumentati di quasi il 2,6% che rappresentano il 17% delle importazioni di frutta totale. I prodotti principalmente importati sono i pomodori (-3,6%) che rappresentano il 24% del totale delle importazioni di verdure, cipolle, scalogno e aglio (+ 6%) che rappresentano il 23% del totale, legumi (+ 10%), che rappresentano il 13% e peperoni dolci (-6.5%) che rappresentano il 12%. Le importazioni di patate sono aumentati del 33,6% rispetto al 2012, raggiungendo 447.000 tonnellate. Nei primi 10 mesi del 2013, le esportazioni comunitarie di frutta fresca o secca e noci hanno raggiunto 3,1 milioni di tonnellate, -5% rispetto allo stesso periodo del 2012. Le esportazioni di mele fresche e pere è aumentato del 7%, nei primi 10 mesi del 2013, l’UE ha importato poco più di 1,3 milioni di tonnellate di ortaggi freschi, che rappresentano un aumento del 1,8% rispetto al 2012 (escluse le patate). Le esportazioni UE di verdura fresca sono aumentate del 12,5%, i principali prodotti esportati sono cipolle, scalogno e aglio (+ 4,7%) che rappresentano una quota del 39% del totale delle esportazioni, seguiti da pomodori (+ 35,6%), il 18% del 58
A destra: Cosa significa biologico. Fonte: Ecco perchè è un diritto il piatto senza veleni, in www.slowfood.it, 28-12-2014 3 European Commission, 2013, “Overview on agricultural markets”, in Euro-
totale delle esportazioni, brassiche (+ 9,2%) e dolci peperoni (-0,6%), l’e-
pean Commission, Agriculture in the European Union. Statistical and econo-
sportazione di patate è diminuita del 16,1%, a 663 mila tonnellate.3
mic information. Report 2013, www.ec.europa.eu, pp. 16-22.
I reali prezzi di acquisto di beni e servizi consumati in agricoltura in Italia
4 European Commission, 2013, “Table 3”, in European Commission, Agricul-
sono pari a 124.8 euro/ettaro.4 Lo sviluppo del reddito agricolo per unità
ture in the European Union. Statistical and economic information. Report
di lavoro annuale nel 2013/14 in Italia è stato del +8,9 %.5 Lo sviluppo del
2013, www.ec.europa.eu, pp. 25.
reddito agricolo misurato come fattore di reddito per unità di lavoro an-
5 European Commission, 2013, “Graph 1”, in European Commission, Agri-
nuale in Italia è di 13.685 euro.6 Il consumo umano dei principali prodotti
culture in the European Union. Statistical and economic information. Report
agricoli registrato nel 2010 in Italia si attesta intorno alle seguenti cifre:
2013, www.ec.europa.eu, pp. 27.
Cavolfiori 4,4 kg/persona
6 European Commission, 2013, “Table 6”, in European Commission, Agricul-
Pomodori 8,6 kg/persona
ture in the European Union. Statistical and economic information. Report
Mele 22,5 kg/persona
2013, www.ec.europa.eu, pp. 29.
Pere 11,5 kg/persona
7 European Commission, 2013, “Human consumption of certain agricultu-
Pesche 15,9 kg/persona
ral products”, in European Commission, Agriculture in the European Union.
Agrumi 40,7 kg/persona
Statistical and economic information. Report 2013, www.ec.europa.eu, pp.
Patate 55,8 kg/persona 7
205-206.
59
2.2
Densità e tipologie di verde urbano nei capoluoghi di regione
Negli ultimi anni è aumentata la consapevolezza che il suolo e in particolare le superfici agricole sono limitate e che tale condizione mette a rischio la capacità di sostenere le produzioni necessarie. Il pianeta sta perdendo terreni agricoli al ritmo dell’1% di estensione annua, a causa del degrado, dell’inquinamento, dell’espansione delle città e delle infrastrutture. Questa situazione è destinata a peggiorare come conseguenza non solo di una sempre maggiore domanda di suolo (aumento della richiesta di cibo e in particolare di carne, crisi dei fertilizzanti indispensabili all’agricoltura intensiva), ma di una trasformazione del terreno come entità produttiva agraria a un fattore economico.8
Italia Densità del verde urbano
2,7%
Grandi parchi urbani
9%
51.804.279 mq.
Giardini scolastici 3,3% 19.196.194 mq. Orti urbani 0,6% 3.296.148 mq. Verde incolto 5,1% 29.231.449 mq.
8 Legambiente Emilia-Romagna, 2012, “Suolo: una risorsa limitata e non rinnovabile”, in Legambiente Emilia-Romagna, Il valore de suolo. Il consumo di territorio in Emilia-Romagna e i piani delle città, Tipografia negri, Bologna, pp. 18-19.
60
Ancona Densità del verde urbano
1,8%
Grandi parchi urbani
0%
0 mq.
Giardini scolastici 10,7% 246.628 mq. Orti urbani 0% 500 mq. Verde incolto
0%
0 mq.
Aosta Densità del verde urbano
2,5%
Grandi parchi urbani
0%
0 mq.
Giardini scolastici
9,8%
52.680 mq.
Orti urbani
2,2%
12.00 mq.
6,3%
33.889 mq.
Verde incolto
Bari Densità del verde urbano
2,1%
Grandi parchi urbani
0%
0 mq.
Giardini scolastici
14,2%
356.419 mq.
Orti urbani
0%
0 mq.
0%
0 mq.
Verde incolto
Bologna Densità del verde urbano
8,0%
Grandi parchi urbani
26,1%
2.920.135 mq.
Giardini scolastici
6,6%
744.825 mq.
Orti urbani
1,4%
160.781 mq.
0%
0 mq.
Verde incolto
61
Cagliari Densità del verde urbano
10,1%
Grandi parchi urbani
12,7%
1.090.775 mq.
Giardini scolastici
3,4%
294.737 mq.
Orti urbani
0%
0 mq.
28,4%
2.427.314 mq.
Verde incolto
Campobasso Densità del verde urbano
1,5%
Grandi parchi urbani
0%
0 mq.
Giardini scolastici
12,3%
104.798 mq.
Orti urbani
0%
0 mq.
0%
0 mq.
Verde incolto
Catanzaro Densità del verde urbano
3,8%
Grandi parchi urbani
3,4%
144.900 mq.
Giardini scolastici
0,8%
35.00 mq
Orti urbani
0%
0 mq.
0,1%
4.300 mq.
Verde incolto
Firenze Densità del verde urbano
7,0%
Grandi parchi urbani
11,5%
822.480 mq.
Giardini scolastici
2,7%
661.118 mq.
Orti urbani
0,1%
72.309 mq.
5,4%
0 mq.
Verde incolto
62
A destra: La Commissione intende rivedere le politiche dell’UE sul consumo e sulla produzione. Fonte: Consumo sostenibile: l’Unione Europea consulta i cittadini, in www. ecodallecitta.it, 28-12-2014
Genova Densità del verde urbano
1,5%
Grandi parchi urbani
19,8%
733.244 mq.
Giardini scolastici
2,7%
98.497 mq.
Orti urbani
0,1%
3.500 mq.
5,4%
200.000 mq.
Verde incolto 63
L’Aquila Densità del verde urbano
0,1%
Grandi parchi urbani
0%
0 mq.
Giardini scolastici
0%
23.000 mq.
Orti urbani
0%
0 mq.
0%
0 mq.
Verde incolto
Milano Densità del verde urbano
12,4%
Grandi parchi urbani
41,4%
9.295.945 mq.
Giardini scolastici
6,2%
1.384.130 mq.
Orti urbani
0,2%
52.839 mq.
0%
0 mq.
Verde incolto
Napoli Densità del verde urbano
10,1%
Grandi parchi urbani
4,6%
549.200 mq.
Giardini scolastici
2,8%
342.600 mq.
Orti urbani
0,1%
8.775 mq.
14,7%
1.773.730 mq.
Verde incolto
Palermo Densità del verde urbano
4,4%
Grandi parchi urbani
0%
0 mq.
Giardini scolastici
10,2%
716.000 mq.
Orti urbani
0,4%
30.000 mq.
2,4%
164.300 mq.
Verde incolto
64
Perugia Densità del verde urbano
1,4%
Grandi parchi urbani
0%
0 mq.
Giardini scolastici
10,6%
651.436 mq.
Orti urbani
0,7%
44.955 mq.
0%
0 mq.
Verde incolto
Potenza Densità del verde urbano
14,2%
Grandi parchi urbani
3,4%
838.050 mq.
Giardini scolastici
0,1%
34.336 mq.
Orti urbani
0%
0 mq.
0%
0 mq.
Verde incolto
Roma Densità del verde urbano
3,5%
Grandi parchi urbani
39,4%
17.856.896 mq.
Giardini scolastici
2,6%
1.180.005 mq.
Orti urbani
0,1%
40.000 mq.
0%
0 mq.
Densità del verde urbano
16,4%
Grandi parchi urbani
4,6%
979.999 mq.
Giardini scolastici
8,4%
1.791.022 mq.
Orti urbani
9,2%
1.958.237 mq.
1,7%
372.091 mq.
Verde incolto
Torino
Verde incolto
65
Trento Densità del verde urbano
30,8%
Grandi parchi urbani
1,1%
531.053 mq.
Giardini scolastici
0,3%
150.102 mq.
Orti urbani
0,1%
28.300 mq.
0%
0 mq.
Verde incolto
Trieste Densità del verde urbano
7,9%
Grandi parchi urbani
2,5%
169.700 mq.
Giardini scolastici
3,7%
248.671 mq.
Orti urbani
0%
840 mq.
0%
0 mq.
Verde incolto
Venezia Densità del verde urbano
2,4%
Grandi parchi urbani
14,5%
1.416.888 mq.
Giardini scolastici
4,5%
445.783 mq.
Orti urbani
0,2%
16.600 mq.
0%
0 mq.9
Verde incolto
9 Istat, 2013, “Densità e tipologie di verde urbano nei comuni capoluogo di provincia. Incidenza percentuale sulla superficie comunale e composizione percentuale. Superficie in metri quadri”, in Istat, Dati ambientali nelle città, www.istat.it.
66
67
Pagina accanto: Alex. S. MacLean, aerial photographer. Rice field. Davis, California. Fonte: Portfolio Growing, in www.alexmaclean.com, 21-01-2015.
3
AGIRE
3
Agire
Agere, fare, procedere, compiere un’azione. Per apprendere come avvicinarsi alla tematica degli orti urbani e in senso più generale a contribuire al rinverdimento delle città e a uno sviluppo più sostenibile delle stesse è necessario conoscere quali sono i mezzi a disposizione dei cittadini e in che modo è possibile sfruttarli. Procedere partendo dall’agricoltura in campagna fino a portare le coltivazioni nei centri abitati, sfruttando le metodologie più varie: orto in affitto e scolastico, orto verticale e permacultura. Agire con tecniche avanzate per promuovere sistemi biologici e di filiera corta.
Pagina accanto: Broadacre City, Frank Lloyd Wright, 1934-1935. Fonte: Broadacre City, in www.studyblue.com, 15-12-2014
71
3.1
Agricoltura urbana
Il termine agricoltura urbana fu creato negli anni ‘80 in Francia per designare nei paesi del Sud del mondo il cosiddetto “giardinaggio familiare” per la sopravvivenza, realizzato da cittadini costretti a migrazioni forzate (guerra civile e povertà rurale) o privati della possibilità di accedere al mercato per povertà o a causa della mancanza di approvvigionamento in caso di guerra. In Italia, l’agricoltura urbana che in passato era un’attività per lo più praticata in piccole cittadine o cosiddetti paesi di campagna, è diventata una realtà rappresentando una novità ormai sempre più diffusa in molte città più o meno grandi. L’agricoltura urbana, viene definita come un agricoltura in grado di coltivare, trasformare e distribuire il cibo all’interno di zone urbanizzate o peri-urbane, per esempio città, villaggi e comunità; questo tipo di attività agricola, può anche prevedere nei contesti in cui opera l’allevamento di animali di specie ittiche (acquacoltura), pratiche agro-forestali e orticole. Un’agricoltura di questo tipo promuove la sicurezza alimentare e l’igiene dei prodotti in due modi: incrementando la disponibilità di cibo per gli abitanti della città e mettendo a disposizione dei consumatori urbani prodotti freschi.
72
Il termine agricoltura urbana, si riferisce ad un modello economico che, pur mantenendo come scopo l’attività di coltivazione di piante e l’allevamento di animali per fini alimentari, persegue anche il bene comune secondo i principi dell’economia civile attraverso il risultato di tutti i livelli di benessere dei singoli individui di una collettività; si fonda sul coinvolgimento delle comunità locali e dei cittadini, abbracciando sistemi In alto:
di produzione e di commercializzazione innovativi, che rappresentano
Nelle metropoli si sta ormai da diversi anni assistendo allo sviluppo sempre
una visione della società fondata su pratiche sociali, economiche e am-
più numeroso di un importantissima realtà: gli orti urbani. Fonte: L’agricoltura urbana come veicolo di condivisione e socializzazione, in www.onnoffmagazine.com, 15-12-2014
73
bientali sostenibili, sull’etica, sul senso di responsabilità e sulla reciprocità. L’attenzione crescente all’agricoltura urbana consente una diversifica-
zione delle filiere agroalimentari e una crescente opportunità di sviluppo di altre attività, come l’aumento della qualità dei prodotti, soprattutto biologici, recupero di possibili scarti produttivi e impiego degli stessi per attività collaterali quali produzione energetica e compost, recupero della biodiversità e recupero di prodotti tipici.1 La progettazione di agricoltura urbana è l’intersezione di ecologia, design e comunità, si tratta di un dialogo sui modi per invitare il cibo a tornare in città e creare un percorso verso la creazione di una comunità e un ambiente più sano, è l’agricoltura che si verifica all’interno della città, su terra, tetti, facciate e confini. Richiede terreni, ma in cambio arricchisce il paesaggio, riducendo l’impatto ambientale e migliorando la qualità degli spazi. L’Agricoltura urbana ha il beneficio di conservare la biodiversità e di affrontare gli sprechi riducendo la quantità di energia utilizzata per produrre e distribuire cibo.2 È un settore che produce, trasforma e commercializza prodotti alimentari e carburante, in gran parte in rispo-
1 Bertuzzi M., 2013, “Agricoltura urbana”, in www.rivistadiagraria.org, 1512-2014.
sta alla domanda giornaliera di consumatori all’interno di una città, o
2 Viljoen A., Bohn K., Howe J., 2005, “Planning for CPULs: urban agriculture”,
metropoli, applicando metodi di produzione intensiva, utilizzo e riutilizzo
in Viljoen A., Bohn K., Howe J., CPULs. Continuous productive urban landsca-
delle risorse naturali e dei rifiuti urbani, per produrre una varietà di colture e bestiame.3 Uno dei punti di forza è la sua capacità di migliorare visibilmente la qualità della vita delle persone. La produzione alimentare urbana è un mezzo eccellente per coinvolgere gruppi che sono spesso discriminati, come le donne, le minoranze etniche e gli anziani, e ha spesso fornito anche un valido mezzo di espressione di identità locale o etnica, ad esempio mediante la coltivazione di prodotti culturalmente significativi. “Food growing projects can act as a focus for the community to come together, generate a sense of “can-do”, and also help create a sense of local distinctiveness – a sense that each particular place, however ordinary, is unique and has value.”
4
pes. Designing urban agriculture for sustainablen cities, Architectural Press, Oxford, pp. 21-22. 3 Viljoen A., Bohn K., Howe J., 2014, “Urban Agriculture on the map: Growth and challenges since 2005”, In Viljoen A., Bohn K., Howe J., Second nature urban agriculture. Designing productive cities. Ten years on from the Continuous Productive Urban Landscape (CPUL City) concept, Taylor & Francis Group, New York, pp. 6. 4 Viljoen A., Bohn K., Howe J., 2005, “New cities with more life: benefits and obstacles”, in Viljoen A., Bohn K., Howe J., CPULs. Continuous productive urban landscapes. Designing urban agriculture for sustainablen cities, Architectural Press, Oxford, pp. 57-58. “I progetti alimentari che crescono possono agire come un punto di riferimento per la comunità a venire insieme, generano un senso di “poter-fare”, e anche contribuiscono a creare un senso di carattere distintivo locale - il senso che ogni luogo particolare, ma ordinario, è unico e ha valore.”
74
3.1.1
Agricoltura biologica
L’agricoltura biologica è un modo di produrre cibo che rispetta i cicli di vita naturali, minimizza l’impatto umano sull’ambiente e funziona nel modo più naturale possibile; le colture sono ruotate in modo che le risorse in loco siano utilizzate in modo efficiente, pesticidi chimici, fertilizzanti sintetici, antibiotici e altre sostanze sono soggetti a rigorose restrizioni, gli organismi geneticamente modificati (OGM) sono vietati, risorse in loco sono messe a buon uso, come ad esempio il letame per fertilizzante o mangimi prodotti in azienda, specie vegetali e animali resistenti alle malattie adattati all’ambiente locale vengono utilizzati, pratiche di allevamento sono su misura per le varie specie di bestiame. L’agricoltura biologica è parte di una vasta catena di fornitura, che comprende anche la trasformazione alimentare, la distribuzione e la vendita al dettaglio. Ogni anello di questa catena si propone di fornire i vantaggi della produzione di alimenti biologici in termini di: fiducia dei consumatori, protezione dell’ambiente, qualità dei prodotti alimentari e benessere degli animali. Una volta che il prodotto biologico lascia l’azienda può passare attraverso diverse fasi per diventare cibo. I principi chiave per la trasformazione dei prodotti biologici sono: uso di additivi e trattamento dei cibi limitati, possono essere utilizzati solo piccole quantità di ingredienti sintetici e non 75
organismi geneticamente modificati (OGM). Secondo la normativa eu-
A sinistra: Agricoltura: le nuove proposte della commissione europea per dare ulteriore propulsione al biologico. Fonte: A tutto BIO: arrivano le riforme UE, in www.econewsweb.it, 16-12-2014
ropea sull’agricoltura biologica la maggior parte degli ingredienti deve essere di origine agricola organica, solo piccole quantità di additivi o coadiuvanti tecnologici possono essere utilizzati in determinate condizioni, nessun impiego di aromi artificiali e coloranti. I prodotti biologici vanno da frutta e verdura fresche direttamente dalla fattoria ai vini e formaggi stagionati nell’arco di diversi anni e i canali di vendita sono altrettanto diversi: mercati biologici locali, negozi organici in zone rurali o urbane, bancarelle lungo la strada nel paesaggio, vendita diretta presso l’azienda agricola in cui è stato prodotto il cibo, ordinazione online di scatole consegnate alla porta o ai punti di raccolta e supermercati.5
5 European Commission, 2013, “Producing organic”, in European Commission, www.ec.europa.eu, 16-12-2014.
76
3.1.2
Filiera corta
Nel mondo quasi un miliardo di persone vive con meno di un dollaro al giorno, che non basta a comprare il cibo sufficiente per la sopravvivenza. La fame si diffonde sempre di più nelle realtà del Sud del mondo caratterizzate da una forte produzione agricola. Questa situazione dipende da un modello economico che induce a specializzare sempre di più le produzioni agricole di queste aree per destinarle alle filiere lunghe dell’esportazione globalizzata. Da un lato si moltiplicano le monocolture intensive dall’altro l’agricoltore si trasforma da produttore a salariato con bassissimo potere contrattuale, aumenta l’uso di sostanze chimiche e si riducono gli spazi per coltivare diversi tipi di prodotti agricoli.6 Le filiere corte alimentari coinvolgono pochi intermediari: in molti casi, la produzione si sposta solo a breve distanza, così il produttore e il consumatore possono effettivamente parlare tra di loro, tali catene di fornitura tipicamente coinvolgono i produttori locali che lavorano insieme per promuovere i mercati alimentari locali. Queste partnership contribu6 Calori A., 2009, “Mercato globale e sovranità alimentare”, in Calori A.,
iscono a rafforzare l’economia rurale, creando nuovi modi di vendere
Coltivare la città. Giro del mondo in dieci progetti di filiera corta, Coedizione
prodotti locali e attrarre nuove tipologie di clientela. L’acquisto di cibo
Altra Economia. Cart’armata edizioni, Milano, pp. 35-37.
prodotto localmente contribuisce allo sviluppo sostenibile attraverso la
7 European Commission, 2013, “Short food supply chains”, in European
riduzione di spese di trasporto, emissioni di CO2, usura sulle strade rurali,
Commission, www.ec.europa.eu, 17-12-2014.
congestione del traffico e incidenti stradali.7
77
Il termine filiera corta indica le diverse modalità di accorciamento dei passaggi tra produttore e consumatore. La forma più semplice è quella della vendita diretta di un prodotto agricolo che viene praticata nel luogo di produzione e che è una forma diffusissima in tutto il mondo perché
In alto: Allevatori, produttori e distributori che distano gli uni dagli altri al massimo 20 km. Fonte: Filiera corta controllata, qualità 10! Km zero, in www.buonoperche. it, 17-12-2014.
è legata alle modalità più elementari di autoconsumo e di relazione di vicinato. Una seconda modalità è quella del mercato contadino in cui gli agricoltori vendono direttamente i propri prodotti. Una terza modalità è quella dei gruppi di consumatori che si organizzano per effettuare degli acquisti collettivi presso uno o più produttori, negoziando direttamente con essi il prezzo, le caratteristiche dei prodotti e le modalità di trasporto e consegna.8 La vendita diretta è uno scambio in cui il produttore agricolo vende i propri prodotti direttamente al consumatore senza alcun tipo di passaggio commerciale intermedio. Lo scambio diretto di
8 Calori A., 2009, “Lo scambio diretto e le sue forme”, in Calori A., Coltivare la città. Giro del mondo in dieci progetti di filiera corta, Coedizione Altra Economia. Cart’armata edizioni, Milano, pp. 29-31.
prodotti alimentari, che avviene all’interno di reti sociali, assume le forme dei mercati locali, dei gruppi di consumatori organizzati, delle reti di negozi gestiti dai produttori e dai consumatori.9
9 Calori A., 2009, “Uno sguardo oltre la globalizzazione”, in Calori A., Coltivare la città. Giro del mondo in dieci progetti di filiera corta, Coedizione Altra Economia. Cart’armata edizioni, Milano, pp. 5-7.
78
3.2
Orto urbano
Con il termine “orto”, ci si riferisce a molteplici tipologie di esperienze: -giardino condiviso (community garden o jardin partagé), coltivazione collettiva di un appezzamento di terra destinato alla produzione di fiori, frutta e ortaggi dove prevale la dimensione collettiva e partecipata; -orto didattico, ha lo scopo di avvicinare i giovani alla conoscenza e al piacere del coltivare la terra, i ragazzi sono guidati nelle attività teoriche e pratiche sul terreno; -orto sociale, area di proprietà comunale dedicata alle coltivazioni ortofrutticole e assegnate ai cittadini, generalmente in concessione gratuita, al fine di stimolare e agevolare l’impiego del tempo libero della popolazione in età pensionabile; -orto urbano, si intende un appezzamento di terreno in territorio urbano, destinato alla produzione di fiori, frutta, ortaggi per i bisogni dell’assegnatario e della sua famiglia. Un orto urbano è un luogo in cui si sperimentano metodi di coltivazione e pratiche rispettose dell’ambiente, contribuisce al mantenimento della biodiversità in ambito cittadino e rurale, alla conoscenza e diffusione di pratiche sostenibili tra cui gestione razionale dell’acqua (sistemi di irrigazione localizzati e recupero dell’acqua piovana), raccolta differenziata 79
dei rifiuti, gestione dei rifiuti verdi (valorizzazione del compost), gestione
dei consumi energetici ed introduzione di piccoli sistemi di produzione di energia da fonti rinnovabili, ridotto utilizzo di concimi minerali e pesticidi di sintesi sostituiti da prodotti naturali, introduzione di sistemi di coltivazione biologici o integrati.10 Il tema dell’orticoltura urbana e degli hobby farmers si sta sempre di più affermando nelle nostre città e nelle aree periurbane. L’idea che la nostra società ha del lavoro della terra è cambiata notevolmente in questi anni, tanto che sono molte le richieste di uno spazio da adibire a orto sociale in tutte le grandi città italiane. A Torino il comune ha messo in piedi un progetto che ha assegnato ai cittadini circa 330 lotti, divenuti anche importanti luoghi di aggregazione, così pure a Bologna, Padova, Vicenza e Bergamo. 11 Coltivare un roof garden, un giardino verticale sul tetto di casa o un orto sul proprio balcone è l’ultima frontiera dell’impegno civile nelle grandi metropoli, giova molto alle città dal punto di vista economico, ambientale e sociale (l’orto produce a Km 0, migliora la qualità dell’aria e della vita nei quartieri). Il rilancio di tutto ciò che è sano, biologico e naturale è diventato elemento imprescindibile per la pianificazione delle città del futuro, inoltre l’orto aiuta la famiglia italiana nel tempo della crisi. Nel Belpaese si è raggiunto il record di 1,1 milioni mi metri quadrati di terreno di proprietà
10 Campagna amica, 2012, “Carta degli orti di Campagna Amica”, in Campagna amica, Orti Urbani, Campagna Amica, Roma, pp. 1-2.
comunale adibiti alla coltivazione ad uso domestico, all’impianto di orti
11 Taffon D., 2013, “Gli altri orti. Iniziative sul territorio nazionale”, in Taffon D.,
e al giardinaggio ricreativo, le coltivazioni, assegnate in comodato ai
Coltiviamo la città, Fondazione campagna amica, Roma, pp. 56-57.
richiedenti, concorrono al mantenimento di aree altrimenti destinate al degrado.12
12 Coldiretti, 2013, “Tetti inglesi e italiani. Perché l’ortomania è dura a morire”, in Tempi, Tempi Società Cooperativa, Milano, pp. 38.
80
3.2.1
Come si organizza un orto urbano
Gli orti urbani sono un importante strumento per salvaguardare e valorizzare aree che altrimenti verrebbero abbandonate al degrado e al contempo sensibilizzare i cittadini sui temi riguardanti l’ambiente, il cibo e il territorio. In seguito all’inarrestabile processo di industrializzazione e globalizzazione gli abitanti delle metropoli hanno una sempre maggiore volontà di conoscere cosa arriva sulle loro tavole e aumenta ogni anno la percentuale di chi, anche per risparmiare, si dedica alla coltivazione di ortofrutta fai-da-te. È necessario sottrarre il territorio all’abusivismo edilizio, alle speculazioni, valorizzando al contempo il paesaggio e riducendo l’inquinamento ambientale. Gli orti urbani possono essere uno strumento fondamentale per sviluppare politiche sociali di inclusione, dialogo intergenerazionale e integrazione, sono uno strumento didattico ormai ampiamente riconosciuto nelle scuole.13 Più di ogni altra caratteristica, la quantità e l’esposizione di luce solare è un fattore critico nella progettazione degli orti urbani sulla terra, sui tetti e sulle superfici verticali, occorre fare un’analisi nel sito per verificare la quantità di ombra e di luce, perché nelle aree urbane, gli edifici possono 13 Taffon D., 2013, “Aspetti organizzativi”, in Taffon D., Orto amico in città,
bloccare la luce del sole. È importante fornire degli accessi universali e
Fondazione Campagna Amica, Roma, pp. 9.
abbastanza spazio lungo i percorsi per prendersi cura delle piante e per
81
farle crescere, il passaggio tra le coltivazioni dovrebbe essere almeno largo 1/2 metri. È meglio usare materiali locali che sono subito disponibili e riciclare, specialmente per progetti con un basso budget è importante selezionare materiali senza conservanti chimici. Utilizzare l’acqua piovana come fonte di irrigazione per gli orti attraverso il metodo a goccia o con le tecniche di subirrigazione è considerato sicuro, tutte le verdure dovrebbero essere pulite con acqua potabile una volta che sono state raccolte. La catena alimentare del suolo è il mix di milioni di microorganismi e piccole creature che vivono nella terra come un completo ecosistema, include radici delle piante, acqua, aria e composizione del suolo, tutti questi elementi sono importanti e devono essere presenti per bilanciare le piante. Gestire l’ecologia del suolo è essenziale per una gestione della terra in modo sostenibile, dovuto ai nutrienti, parassiti, erbacce, acqua e ciclo dei rifiuti che aiutano il suolo; la soluzione migliore per il compostaggio dell’agricoltura è creare un sistema chiuso per il verde organico e per i rifiuti marroni in un sito di compostaggio, che una volta esaurito, diventa compost per costruire un ricco suolo, da mettere nel giardino; l’area del compost può includere un bidone o una serie di bidoni che aiutano il processo di biodegradazione, che deve essere tenuto a certe temperature in modo da raggiungere i giusti risultati. 14 Con cadenza triennale viene pubblicato un bando per l’assegnazione degli orti disponibili nel quale sono indicati i criteri per la formazione della graduatoria. La concessione può essere interrotta in qualsiasi momento, per sopravvenute necessità di diversa destinazione pubblica delle aree su cui insistono gli orti urbani, o per alienazione dell’area stessa. La concimazione del terreno viene effettuata con fertilizzanti organici, sostanze minerali naturali e compost e per combattere gli insetti dannosi alle colture si ricorre alla pratica della lotta biologica; con l’utilizzo
14 Philips A., 2013, “Urban agriculture resource issues that affect design choices”, in Philips A., Designing Urban Agriculture. A complete guide to the planning, design, construction, maintenance, and management of edible landscapes, John Wiley & Sons, Hoboken, pp.169-172.
82
A destra: L’orto urbano è una soluzione dalle mille virtù: servirà per salvaguardare il territorio e occuperà le giornate degli assegnatari degli appezzamenti, per lo più pensionati. Fonte: Roma: 33mila mq di terreno destinato agli orti urbani, in www.eticamente.net, 18-12-2014.
di prodotti omeopatici e macerati vegetali viene favorita la fertilità del terreno e si fa uso di tecniche agronomiche che prevedano la rotazione delle coltivazioni, con divieto di utilizzare prodotti chimici di sintesi, pesticidi, diserbanti, anticrittogamici e prodotti geneticamente modificati e specie esotiche. L’orto non è cedibile né trasmissibile a terzi a nessun titolo, il concessionario non può sub-concedere il terreno affidatogli né può locarlo a terzi, gli orti assegnati debbono essere coltivati direttamente dai concessionari, che non possono avvalersi di manodopera retribuita. Al concessionario dell’area è fatto divieto di: svolgere sul terreno attività diversa da quella della coltivazione orticola, aggiungere altre strutture o costruzioni non previste nel presente regolamento né modificare quelle esistenti, circolare all’interno dell’area, con automezzi o motocicli senza autorizzazione preventiva rilasciata dal Comune, lavare autoveicoli 83
di qualsiasi genere all’interno dell’area, tenere animali in forma stabile entro il proprio lotto, coltivare piante velenose e illegali la cui coltivazione sia vietata da norme di legge, commercializzare sotto qualsiasi forma i prodotti derivanti dalla lavorazione dell’orto assegnato; depositi per attrezzi non dovranno contenere bombole di gas, gruppi elettrogeni e qualsiasi altro impianto, eventuali coperture tipo serra, la cui altezza massima consentita è di 1,5 m, tunnel e reti antigrandine sono consentite in modo provvisorio e stagionale e devono rispettare le distanze di 15 cm dai confini della particella orticola. Infine non è possibile occultare la vista dell’orto con teli di plastica, steccati o siepi e scaricare materiali inquinanti, provocare rumori molesti e quant’altro possa essere in contrasto con i vigenti regolamenti comunali. Il concessionario si impegna ad assumere a suo carico i seguenti obblighi: utilizzare metodi di coltivazione biologici, mantenere la superficie del terreno adeguatamente sistemata ed evitare le formazioni di pozze di acqua piovana lungo i percorsi pedonali, l’erogazione d’acqua, anche se di derivazione dello stesso acquedotto comunale, non deve comportare formazione di ristagni; ha inoltre l’onere di mantenere pulito l’appezzamento in godimento e i sentieri di accesso, non può abbandonare sul terreno altrui attrezzi e altri oggetti, e deve garantire ai funzionari del Comune l’accesso per eventuali ispezioni, non irrigare il lotto di terreno con acqua derivante dall’acquedotto comunale nei periodi e negli orari in cui vige il divieto disposto con ordinanza sindacale, procedere allo sgombero della neve sulle parti eventualmente interessate al passaggio pedonale, non accendere fuochi in luogo, infine vigilare sull’insieme degli orti, segnalando all’ufficio comunale competente ogni eventuale anomalia. Su ogni appezzamento è consentito ubicare n. 2 bidoni per la raccolta dell’acqua, in materiale plastico della capacità massima di 100 litri ap84
A destra: Nel mondo, sono circa 800 milioni le persone che si occupano di agricoltura urbana, producendo in questo modo il 15-20% del cibo complessivo. Gli orti urbani sono 18 milioni solo in Italia. Fonte: L’agricoltura urbana produce circa il 20% del cibo mondiale, in www. dolcevitaonline.it, 18-12-2014.
positamente chiusi perché non diventino ricettacoli di insetti. L’Amministrazione comunale declina ogni responsabilità per eventuali infortuni o danni o furti a persone e cose all’interno degli orti urbani, derivanti dall’attività svolta negli stessi da parte degli assegnatari dall’uso di attrezzi e strumenti e dalla presenza di animali. La concessione potrà essere revocata: se l’area risulterà incolta per la durata di un anno solare senza giustificato motivo, ovvero sporca e disordinata, tale revoca verrà disposta senza che il concessionario possa accampare richiesta o pretesa di risarcimento danni. La revoca della concessione non comporta diritto a risarcimento o rimborsi da parte del concessionario, il quale non avrà diritto ad accedere alla prima graduatoria utile.15 15 Taffon D., 2013, “Regolamento degli orti urbani di un comune”, in Taffon D., Orto amico in città, Fondazione Campagna Amica, Roma, pp. 11-17.
85
3.3
Tipologie di orti
3.3.1
Orto in affitto
Con l’iniziativa “adotta un orto” di Campagna Amica, ogni singolo cittadino può gestire in completa autonomia una striscia di terra di mq. 50, già concimata, arata e zappata, sarà a cura dell’azienda fornire acqua e attrezzi.16 L’azienda agricola interessata al progetto d’affitto di lotti di terreno deve trovarsi nell’area peri-urbana di grandi città, nelle vicinanze di territori densamente popolati con presenza di popolazione di origine non agricola (impiegati e pensionati). L’azienda deve avere disponibilità di: terreni fertili inutilizzati per l’attività aziendale e acqua, l’accesso alla stessa deve essere comodo e possibile con autovetture private, il territorio deve mantenere dei connotati agricoli e l’iniziativa deve essere pubblicizzata adeguatamente. L’orto in affitto deve essere un luogo di socializzazione e per questo deve possedere le strutture adeguate per permettere la conoscenza e la collaborazione tra gli affittuari (area comune, spazio bimbi, servizi igienici, area picnic e barbecue), inoltre l’imprenditore agricolo deve organizza-
16 Coldiretti Emilia Romagna, 2014, “Torna l’iniziativa per famiglie: adotta
re iniziative culturali e sociali (feste a tema, pranzi sociali e gite) e deve
un orto in campagna”, in Coldiretti Emilia Romagna, La Nuova Prima Pagi-
dare la disponibilità per svolgere lezioni di supporto nella pratica agrico-
na, Coldiretti Emilia Romagna, Reggio Emilia, pp. 10.
la prevedendo corsi e lezioni aperti anche ai non affittuari.17
17 Taffon D., 2013, “Criteri progettuali”, in Taffon D., Orto amico in campa-
Per orto familiare s’intende un appezzamento di terreno messo a dispo-
gna, Fondazione Campagna Amica, Roma, pp. 5-9.
86
A destra: Li chiamano urban farmers: sono i 4,9 milioni di italiani che, pur vivendo in città, coltivamo verdura bio. Molti prendono in affitto fazzoletti di terra che vanno dai 5 agli 8 metri quadri. Fonte: A Milano è boom degli orti in affitto, in www.milano.repubblica.it, 1912-2014.
sizione dei locatari, con l’obiettivo di favorire un utilizzo di carattere ricreativo, destinato alla sola coltivazione naturale di ortaggi, piccoli frutti, cucurbitacee e fiori ad uso della parte affittuaria. La concessione degli orti, è di competenza del proprietario, la locazione al contadino non può né essere ceduta, né data in affitto, né data in successione e la sua coltivazione deve essere fatta con continuità. Il canone di locazione comprende l’utilizzo dell’acqua per l’irrigazione, il concedente declina ogni responsabilità per eventuali danni causati da mancanza di irrigazione dovuta a guasti tecnici. Il locatario è obbligato a: curare l’ordine e la pulizia del proprio orto affinché venga rispettato il decoro dello stesso, non alterare in alcun modo il perimetro e la fisionomia dello stesso, rispettare e mantenere le naturali pendenze dei terreni avendo cura di tenere puliti i canali di scolo ove presenti onde evitare allagamenti e danni al proprio ed altrui appezza87
mento, contribuire alla manutenzione e pulizia degli spazi comuni, infine gettare i rifiuti non biodegradabili negli appositi contenitori generici. È consentita la coltivazione esclusivamente con metodi biologici di ortaggi, piccoli frutti (lamponi, mirtilli, fragole, ribes e more), cucurbitacee (meloni, angurie, zucche e zucchine) e fiori, è vietata la piantumazione di alberi, di qualunque genere, sull’intera area degli orti. I residui vegetali che si intendono trasformare in compost dovranno essere depositati in apposite compostiere, non devono creare problemi di alcun genere (odori, degrado e incuria) sul contesto rurale o verso gli altri orti, pena la revoca del contratto di affitto con restituzione dell’orto assegnato senza risarcimento alcuno per quanto già versato. È vietato l’interramento di qualsiasi cosa, eventuali ripostigli e strutture che potrebbero essere inseriti nelle aree comuni non possono essere usati per il pernottamento, né per contenere elettrodomestici, bombole di gas, gruppi elettrogeni e qualsiasi altro impianto; coperture tipo serra, la cui altezza massima consentita è di m 1,5, tunnel e reti antigrandine sono consentite in modo provvisorio e stagionale e devono rispettare le distanze di 15cm dai confini. È vietato allevare e tenere in custodia animali nell’orto, depositarvi materiali non attinenti alla coltivazione dello stesso (legnami e inerti), commerciare i prodotti coltivati, effettuare allacciamenti alla rete elettrica, idrica e qualsivoglia utenza, scaricare materiali inquinanti e rifiuti, internamente ed attorno, produrre rumori molesti, installare chiusure di qualsiasi genere all’entrata del proprio appezzamento e modificare recinzioni esistenti senza parere scritto del proprietario, fare arrampicare sulle reti di confine qualsiasi pianta, entrare negli orti altrui senza permesso, bruciare stoppie e rifiuti, superare l’altezza di m 1,5 con eventuali paletti di sostegno delle piante, occultare la vista con teli plastici, steccati, siepi e simili, usare l’acqua per scopi diversi dall’annaffiatura del terreno. Inoltre instal88
lare elettrodomestici, bombole di gas, gruppi elettrogeni e qualsiasi altro impianto, utilizzare e tenere in deposito nei ripostigli sostanze tossiche in genere, ma in particolare antiparassitarie pericolose per la salute pubblica, fare uso di qualsiasi prodotto chimico, spargere qualsiasi sostanza che crei cattivo odore (letame), tranne un’ora prima della chiusura e lo stesso deve essere ben maturo e stabile, infine non è ammesso svolgere all’interno degli orti e degli spazi comuni attività di carattere personale 18 Taffon D., 2013, “Regolamento per ortisti in affitto”, in Taffon D., Orto amico in campagna, Fondazione Campagna Amica, Roma, pp. 13-16.
89
o che comportino il consumo di acqua, non inerenti l’attività di coltivazione degli stessi.18
3.3.2
Orto scolastico
Da molti anni ormai è consuetudine in diversi istituti scolastici di creare un orto didattico che possa attirare l’attenzione dei ragazzi e sia funzionale alla trattazione di diversi argomenti contemplati dai programmi ministeriali. Realizzare un orto a scuola è un modo per imparare, significa coltivare saperi e tradizioni, conoscere gli esseri viventi e farne esperienza diretta, comprendere il funzionamento di una comunità e l’importanza di tutelare dei beni comuni. È un modo per applicare le numerose discipline apprese tra i banchi, per interagire in modo nuovo con gli adulti e con i compagni condividendo obiettivi, metodi e gesti. Soprattutto nei territori più urbanizzati i bambini e i ragazzi hanno dell’ambiente naturale una conoscenza limitata ed indiretta e la scuola può assolvere meglio al suo compito educativo realizzando luoghi opportunamente attrezzati per offrire veri e propri “laboratori” in cui valorizzare il rapporto città-campagna, recuperare conoscenze ormai perdute e promuovere comportamenti responsabili e rispettosi dell’ambiente. Le attività didattiche realizzate nell’orto rappresentano preziose occasioni di apprendimento e crescita, poiché privilegiano un apprendimento attivo che mira a coinvolgere direttamente i partecipanti attraverso l’esperienza pratica, si avvalgono del gioco come strumento
90
A destra: Gli agriasili diventano presidi per l’educazione alimentare dove si creano le basi per un’alimentazione consapevole fatta di prodotti genuini e locali. Fonte: Agriasilo nel parco di Vejo, in www.viterbonews24.it, 20-12-2014.
per sostenere la motivazione, favorire il coinvolgimento e quindi facilitare l’apprendimento; rappresentano occasioni di socializzazione e di apprendimento cooperativo in cui i partecipanti sono chiamati a sviluppare le loro competenze psicosociali confrontandosi, collaborando e prendendo decisioni insieme. Attraverso esperienze di questo tipo la scuola ha l’opportunità di: ampliare la propria offerta formativa con proposte di apprendimento diversificate e caratterizzate da una valenza pratica, attiva e partecipata; viene recuperato e valorizzato il rapporto città-campagna, approfondendo il legame che unisce l’ambiente, il territorio, il cibo, la salute.19 Il primo pilastro è la sperimentazione personale, il gioco e l’apprendimento è davvero efficace se riesce ad integrare l’esperienza e la teoria, 19 Gioggi A., Taffon D., 2013, “Perché un orto a scuola”, in Gioggi A., Taffon D., Orto amico a scuola, Fondazione campagna amica, Roma, pp. 5-9.
91
l’osservazione e l’azione. L’attività dell’orto sviluppa la capacità di concentrazione e l’attenzione verso il mondo che ci circonda, questo faci-
literà anche l’apprendimento sui banchi di scuola perché non sarà più l’esito di una specifica memorizzazione, ma il risultato di un’attività che coinvolge direttamente l’individuo con tutti i suoi cinque sensi.20 L’orto può essere considerato un’attività adatta ad ogni età in quanto la maggior parte degli spunti educativi che offre sono applicabili in tutte le fasi della vita. Dai 3 ai 5 anni l’attività dell’orto è uno strumento molto efficace per favorire lo sviluppo del bambino, in quanto opera con una metodologia in linea con quella tipica della scuola dell’infanzia. L’attività svolta in gruppo e sotto forma di gioco diventa un’occasione privilegiata per sviluppare potenzialità cognitive e relazionali, attraverso il confronto attivo e creativo con gli altri. In questa fascia di età, le attività proposte attraverso l’orto scolastico sono finalizzate ad avvicinare i bambini al lavoro manuale, attraverso la manipolazione della terra, l’irrigazione, la raccolta dei prodotti, quindi conoscere come è fatto un orto e cosa produce, sperimentare la semina e osservare le fasi di sviluppo delle piantine (potenzialità di un piccolo seme, tempi e attesa della crescita), osservare i cambiamenti dell’orto rispetto alle stagioni, raccogliere e consumare i prodotti coltivati, apprezzare il profumo, il gusto e l’aspetto degli stessi e della natura (colore, forma e consistenza); educare alla cura e al rispetto dell’ambiente (innaffiare, non calpestare) e promuovere l’educazione alimentare (stagionalità e varietà). Nella classe dei bambini di 3 anni si possono portare frutta e verdura di stagione per permettere agli stessi di dare un nome ai prodotti, sentirne l’odore, provarne la consistenza, questi possono raccontare dove hanno visto questi prodotti, se li hanno mai assaggiati e che sapore hanno. L’attività nell’orto rappresenta la fase più pratica in cui i bambini po-
20 Gioggi A., Taffon D., 2013, “Il metodo orto”, in Gioggi A., Taffon D., Orto amico a scuola, Fondazione campagna amica, Roma, pp. 11-13.
92
tranno toccare con mano e sperimentare direttamente quanto hanno sentito e visto in classe. Ai bambini di 3 anni si potrà proporre l’attività di trapianto, più semplice rispetto alla semina e con il vantaggio di poter godere subito del risultato. I bambini più grandi invece potranno dedicarsi alla semina, mentre per tutti andrà bene l’attività periodica di cura delle piantine, l’osservazione delle fasi di crescita e la raccolta dei prodotti. Dai 6 ai 10 anni nel corso della scuola primaria vengono poste le basi per lo sviluppo dell’identità individuale e per l’acquisizione di quelle competenze indispensabili per proseguire l’apprendimento a scuola e nella vita. In questa fascia di età, le attività proposte attraverso l’orto scolastico sono finalizzate a: conoscere come si realizza un orto e le caratteristiche delle varie piante (radici, fusto, foglie, frutti), scoprire come vive una pianta e le cure necessarie per la sua crescita, approfondire le caratteristiche di un sistema ecologico che non genera rifiuti, e imparare a riciclare e acquisire comportamenti responsabili verso gli altri e l’ambiente che ci circonda, imparare a lavorare in gruppi e ad apprendere collaborando, acquisire le caratteristiche di un’alimentazione sana e confrontarla con le proprie abitudini alimentari, conoscere le coltivazioni tipiche del proprio territorio e compararle con quelle di altri paesi. Dagli 11 ai 13 anni il ragazzo, già alle soglie dell’adolescenza, prosegue a grandi passi il suo cammino verso l’autonomia, la formazione della propria identità personale e sociale e una sempre maggiore apertura verso il mondo esterno. In questa fascia di età, le attività proposte attraverso l’orto scolastico sono finalizzate a: imparare come si realizza un orto e le tecniche di coltivazione, definire regole per la sua corretta gestione, sviluppare il senso di 93
A sinistra: Coltivare l’orto a scuola può essere un’esperienza altamente istruttiva, si parla infatti di “orto didattico” per insegnare agli alunni la cultura ortista educandoli all’autoproduzione degli alimenti. Fonte: L’orto didattico: coltivare i pomodori a scuola, www.ideegreen.it, 2012-2014.
responsabilità, conoscere la filiera produttiva e riflettere sull’importanza di un consumo consapevole, sperimentare modalità ecologiche per la gestione dei rifiuti, conoscere il territorio con le sue produzioni tipiche e le realtà agricole presenti. Vi è inoltre una collaborazione con i compagni e con gli adulti per la realizzazione di obiettivi comuni, e sono promossi nuovi stili di vita. Dai 14 ai 18 anni in questa fase gli adolescenti si trovano ad affrontare delle esperienze fondamentali dal punto di vista fisico, cognitivo e relazionale. Allargano gli interessi nei confronti della realtà esterna, e fanno progetti di un certo interesse verso temi culturali, sociali e politici. Ogni esperienza diventa valida per raccogliere informazioni utili ad approfondire la conoscenza di sé e del mondo. La scuola si pone come luogo di 94
socializzazione e di crescita, oltre che di formazione culturale e professionale e con adeguate proposte progettuali può far fronte al rischio sempre presente di dispersione e disagio scolastico. Le proposte di educazione ambientale, come quella della realizzazione di un orto, possono puntare in questa fase a un livello più elevato di approfondimento e acquisire così un’importante valenza orientativa come occasione di conoscenza delle proprie risorse, attitudini e capacità oltre che di specifiche attività lavorative o percorsi di studio. In questa fascia di età, le attività proposte attraverso l’orto scolastico sono finalizzate a: progettare, organizzare e gestire lo spazio dedicato all’orto, conoscere le caratteristiche dei prodotti agricoli, la loro stagionalità e il loro ruolo in una corretta alimentazione, sperimentare e promuovere modalità ecologiche per la gestione dei rifiuti, educare al senso di responsabilità; comprendere le applicazioni pratiche delle materie apprese a scuola, approfondire il ruolo e le competenze delle figure professionali coinvolte in un’attività agricola, creare occasioni per esperienze di formazione-lavoro (partecipazione a seminari e tirocini), approfondire gli aspetti economici, sociali e politici legati all’agricoltura, sperimentare forme di collaborazione con adulti e coetanei.21 Un orto a scuola deve possedere determinati requisiti funzionali alla sicurezza, alla didattica, alla fruibilità, all’estetica e deve essere bello, comprensibile, divertente e sicuro. Quando si pensa ad un orto in termini di sicurezza la prima cosa che viene in mente è l’utilizzo degli strumenti da lavoro infatti la prima regola da seguire perciò riguarda l’attenzione che l’educatore/docente deve porre in essere nel consegnare gli attrezzi agli studenti in particolare a quelli diversamente abili o con disturbi del 21 Gioggi A., Taffon D., 2013, “Proposte educative e percorsi di crescita”, in Gioggi A., Taffon D., Orto amico a scuola, Fondazione campagna amica, Roma, pp. 15-29.
95
comportamento per i quali è necessaria la supervisione di un adulto o dell’insegnante di sostegno; lo stesso discorso può essere esteso ai mezzi
tecnici di produzione: terra, argilla espansa, sostegni per piante e vasi. Nell’orto la parte didattico-comunicativa dovrà essere curata attentamente, coinvolgendo i ragazzi, ogni pianta dovrebbe avere il suo cartellino con la descrizione breve delle principali caratteristiche (nome scientifico, nome d’uso, periodo di semina, trapianto e raccolta, proprietà nutritive e officinali, curiosità). Per un migliore apprendimento potrebbe essere opportuno dividere gli spazi tra le classi, sui muri potrebbe essere utile appendere cartelli che descrivano il progetto con note informative su stagionalità, biodiversità, inoltre tali spazi dovranno essere ben definiti e senza barriere architettoniche. Per venire incontro alle esigenze di eventuali diversamente abili si possono predisporre degli orti in cassone che hanno caratteristiche di accessibilità e comunicativa di cui potranno beneficiare tutti gli studenti, nel momento in cui si stabilisce la posizione è opportuno tener conto della posizione della fonte dell’acqua per l’irrigazione e della esposizione. Infine l’orto deve trasmettere bellezza ai fruitori ed ai visitatori. Se il luogo lo consente si dovrà stabilire un disegno degli spazi armonioso puntando su colori, forme, odori, sui muri si potrebbero allestire degli orti verticali utilizzando sacchi di iuta, bottiglie di plastica tagliate in modo da abbellire anche elementi potenzialmente degradati. Sarebbe piacevole posizionare alcune sedute preparate per esempio con i pallet (pedane). A parte le orticole è necessario puntare in primo luogo sulle aromatiche (belle e profumate), poi su qualche pianta da fiore.22
22 Gioggi A., Taffon D., 2013, “Come fare un orto a scuola”, in Gioggi A., Taffon D., Orto amico a scuola, Fondazione campagna amica, Roma, pp. 33-37.
96
3.3.3
Fattorie verticali
Per rispondere all’esigenza di produrre generi alimentari in maniera più eco-sostenibile, l’Agenzia europea dell’ambiente (EEA) ha invitato le città a sviluppare «muri vegetali» dove coltivare piante commestibili. Grazie alle fattorie verticali, l’agricoltura potrebbe entrare a far parte del tessuto urbano, consentendo di ridurre il consumo energetico, le emissioni di anidride carbonica e l’uso di risorse nella produzione alimentare. Accorciando la distanza che i prodotti agricoli devono compiere per arrivare dai campi alla tavola ed eliminando la necessità di impiegare macchinari pesanti, l’agricoltura verticale è in grado di ridurre le emissioni di CO2. Le fattorie verticali portano l’agricoltura in città e prevedono la coltivazione all’interno di strutture progettate ad hoc o in spazi urbani adattati allo scopo, inoltre avrebbero bisogno del 90% di acqua in meno rispetto alle fattorie tradizionali. Tale tipo di fattorie consente di produrre raccolti lungo l’intero arco dell’anno senza l’uso di sostanze agro-chimiche e non avrebbe il problema della scarsità di raccolti dovuta a fenomeni di siccità, inondazioni o epidemie; non richiedendo l’impiego di pesticidi, è possibile produrre gli alimenti secondo i canoni dell’agricoltura biologica e sarebbe inoltre possibile evitare il problema delle acque di scolo 97
agricole.
A sinistra: “Se il vostro acro di terra è in realtà un muro, provate ad appendere dei vasi” Fonte: 10 ideas for urban gardens, www.ecosalon.com, 21-12-2014.
98
L’incremento della vegetazione all’interno delle aree urbane apporterebbe un ulteriore valore aggiunto: l’assorbimento delle emissioni di anidride carbonica e la produzione di una maggiore quantità di ossigeno. I “tetti verdi” inoltre costituirebbero un isolante naturale per gli edifici.23 Un uso comune dei tetti giardino è la coltivazione in vaso e, di tanto in tanto, l’allevamento di piccoli animali e uccelli. Ciò consente un uso flessibile di uno spazio che altrimenti rimarrebbe vuoto, fa parte della flessibilità la possibilità di regolare le caratteristiche del tetto a una varietà di condizioni climatiche. Negli ultimi anni il tetto, tradizionalmente un bene sprecato, è stato riscoperto come risorsa per la produzione alimentare, così come per altri usi, in particolare nelle città dense dove la terra di23 Commissione Europea, 2010, “Coltivazioni agricole sui tetti delle città”, in www.ec.europa.eu, 21-12-2014.
sponibile è proibitiva, non disponibile o addirittura contaminata.24 Questa pratica di trasformare tetti in spazi produttivi che comprendono la coltivazione di piante commestibili sta diventando familiare, ma bisogna
24 Viljoen A., Bohn K., Howe J., 2014, “The multipurpose rooftop”, In Viljoen A., Bohn K., Howe J., Second nature urban agriculture. Designing productive cities. Ten years on from the Continuous Productive Urban Landscape (CPUL City) concept, Taylor & Francis Group, New York, pp. 26-27.
99
tenere presente che non tutti i tetti si prestano a questo tipo di coltivazione, bisogna infatti prima verificare se la struttura è in grado di sopportare i carichi dei cassoni che andranno ad ospitare piante e ortaggi.
3.3.4
Permacultura
La permacultura è un sistema di progettazione per la creazione di insediamenti umani sostenibili, il termine deriva dalla contrazione di permanent agriculture (agricoltura permanente) dal momento che una cultura non può sopravvivere a lungo senza una base agricola sostenibile e un’etica dell’uso della terra. Si basa sull’utilizzo di flussi energetici relativamente non nocivi e già esistenti in natura nonché sull’impiego di alimenti e risorse naturali presenti in grandi quantità, in modo che per la loro produzione non sia necessario distruggere la vita sul pianeta. L’etica della permacultura pervade tutti gli aspetti della vita: sistemi ambientali, comunitari, economici e sociali.25 I principi inerenti a ogni tipo di progettazione permaculturale, in qualsiasi clima e scala si operi sono: ubicazione relativa, ossia ciascun elemento del sistema è collocato in relazione agli altri elementi in modo che ognuno sia di supporto agli altri; ciascun elemento svolge molteplici funzioni: preminenza dell’uso di risorse d’origine biologica rispetto a quelle derivanti da combustibili fossili, riciclo in loco dell’energia. L’essenza della permacultura è la progettazione. È necessario stabilire relazioni funzionali tra tutti gli elementi in modo che le esigenze dell’uno possano essere soddisfatte dalla produzione dell’altro. La chiave per una pianificazione
25 Mollison B., Slay R. M., 2007, “Introduzione”, in Mollison B., Slay R. M.,
efficiente dell’energia è la sistemazione di aree coltivate, allevamenti e
Introduzione alla permacultura, Terra nuova edizioni, Firenze, pp. 7-9.
100
infrastrutture aziendali secondo zone e settori specifici. Pianificare a zona significa disporre gli elementi di un sistema secondo la frequenza d’uso e di manutenzione. In un sistema permaculturale si utilizzano risorse biologiche (piante e animali) ovunque sia possibile, per risparmiare energia e per svolgere il lavoro necessario all’azienda. Piante e animali vengono utilizzati per fornire combustibile, concime, lavorare il terreno, controllare insetti nocivi e infestanti, permettere il riciclo delle sostanze nutritive, l’arricchimento dell’habitat, l’aerazione del suolo, la prevenzione degli incendi e dell’erosione. 26 Gli elementi da tenere in considerazione nella pianificazione delle zone sono il clima e l’orientamento, le strutture che possono essere utilizzate per la raccolta di acqua, come sostegno per graticci e come frangivento, le vie d’accesso, la sistemazione di strade e sentieri, le fonti d’acqua, quali cisterne, tubi per irrigare, spruzzatori e irrigazione a goccia. Ogni elemento e attività deve essere correlata alle altre in modo che i prodotti di un elemento possano essere utilizzati per soddisfare i fabbisogni di un altro. La progettazione di un orto urbano o suburbano si basa sugli stessi principi della permacultura in campagna, l’unica differenza è la scala più ridotta.27 In qualsiasi luogo la priorità consiste nell’identificare le fonti d’acqua e le possibilità di conservarla (bacini, cisterne), ovunque sia possibile è bene 26 Mollison B., Slay R. M., 2007, “Principi della permacultura”, in Mollison B.,
utilizzare il vantaggio della pendenza oppure si possono sistemare le ci-
Slay R. M., Introduzione alla permacultura, Terra nuova edizioni, Firenze, pp.
sterne in luoghi rialzati per sfruttare la forza di gravità. L’acqua può esse-
11-22.
re piovana, di sorgente, oppure provenire da corsi d’acqua permanenti
27 Mollison B., Slay R. M., 2007, “Progettazione dell’orto domestico”, in Mol-
o periodici, per convogliare l’acqua alle aree di accumulo vengono uti-
lison B., Slay R. M., Introduzione alla permacultura, Terra nuova edizioni, Fi-
lizzati canali di deviazione impermeabili, condutture che raccolgono ac-
renze, pp. 103-115.
qua da sorgenti, tetti o qualsiasi altra superficie impermeabile in grado di
28 Mollison B., Slay R. M., 2007, “Linee generali di progettazione”, in Mollison B., Slay R. M., Introduzione alla permacultura, Terra nuova edizioni, Firenze, pp. 62.
101
raccogliere acqua piovana.28 L’abitazione e l’orto possono essere ben integrati tra loro, tetti verdi, muri e graticci per rampicanti annessi alla
Pagina accanto: La permacultura fornisce una produzione agricola sostenibile, con un’alta efficienza energetica.
casa forniscono un buon isolamento, mentre le serre producono cibo e modificano il microclima.29 La permacultura mira a riportare la produzione di cibo nelle aree urbane
Fonte: Permaculture, www.permaculture.cf, 22-12-2014.
e a ristrutturare e adattare gli edifici al risparmio e alla produzione dell’energia di cui hanno bisogno. Utilizzare strategie collaudate di risparmio energetico, tecniche di progettazione solare adatte al clima, isolamento termico, energia eolica, graticci, coibentazione, trasporti a basso costo e produzione di energia in forma cooperativa. I residenti ripuliscono la zona incolta, sistemano i rubinetti per l’acqua e costruiscono piccole serre per semenzai o qualunque altra cosa di cui ci sia bisogno per creare uno spazio per l’orto, condividono le attrezzature per la distribuzione dell’acqua, ma in generale possiedono i propri attrezzi e i propri lotti ad orto.30 La permacultura è una tecnica di coltivazione ecologicamente corretta, sono persone che coltivano il proprio cibo sulla propria terra al fine di utilizzarlo per se stessi. È un sistema per la progettazione consapevole dei sistemi produttivi sostenibili che integrano l’alloggio, le persone, le piante, l’energia e l’acqua con strutture finanziarie e politiche sostenibili, si distingue per il suo uso della natura come modello. Un altro aspetto importante della permacultura è la prevenzione di fertilizzanti e pesticidi artificiali, preferendo mantenere la salute del suolo attraverso tecni29 Mollison B., Slay R. M., 2007, “Strutture”, in Mollison B., Slay R. M., Introduzione alla permacultura, Terra nuova edizioni, Firenze, pp. 81. 30 Mollison B., Slay R. M., 2007, “Permacultura urbana e comunitaria”, in Mollison B., Slay R. M., Introduzione alla permacultura, Terra nuova edizioni, Firenze, pp. 183-186. 31 Viljoen A., Bohn K., Howe J., 2005, “Permaculture and productive urban landscapes”, in Viljoen A., Bohn K., Howe J., CPULs. Continuous productive urban landscapes. Designing urban agriculture for sustainablen cities, Architectural Press, Oxford, pp. 222-226.
103
che olistiche.31 Questa tecnica di coltivazione è un processo integrato di progettazione che dà come risultato un ambiente sostenibile, equilibrato ed estetico, è la progettazione, la conservazione consapevole ed etica di ecosistemi produttivi che hanno la diversità, la stabilità e la flessibilità degli ecosistemi naturali. Allo stesso modo si applica a strategie economiche e alle strutture sociali e si può definire una sintesi di ecologia, geografia, antropologia, sociologia e progettazione. La Permacultura è nata come sistema di progettazione del territorio che integra armonio-
samente l’uomo con l’ambiente e i suoi elementi (abitazione, alimentazione, risorse naturali, relazioni umane e sociali). L’obiettivo è progettare insediamenti duraturi, il più possibile simili ad ecosistemi naturali, tramite il riconoscimento, l’utilizzo e l’armonizzazione delle componenti del paesaggio (morfologia, clima, terreno, acqua, vegetazione, animali) sviluppando rapporti di sostegno reciproco tra gli elementi dell’ambiente e i bisogni delle persone e basandosi su uno stile di vita “non predatore” e “non parassitario”. Il risultato è un sistema di grande valore estetico, produttivo, e sostenibile nel tempo, con bassi costi di manutenzione.32
32 Accademia italiana di permacultura, 2010, “Che cosa è la permacultura”, In www.permacultura.it, 22-12-2014.
104
105
Pagina accanto: Alex. S. MacLean, aerial photographer. Tracks of tomatoes in fields. North Central, Ohio. Fonte: Portfolio Growing, in www.alexmaclean.com, 21-01-2015.
4
DIMOSTRARE
A sinistra: Urban orchard. Fonte: Contextual gardens. Gardens in the cultural landscape, www.contextualgardens.it, 4-11-2014.
108
4
Dimostrare
Demonstrare, spiegare, insegnare, far vedere. Per sostenere la validità di una tesi è necessario verificare se esistono degli esperimenti o modelli già realizzati a riguardo. Analizzare e studiare questi esempi per verificarne la veridicità e l’efficacia, e qualora questi soddisfino le nostre ricerche, utilizzarli e ripensarli come casi studio da adattare alle nostre esigenze.
109
4.1
Esempi di orti urbani nel mondo
Vengono qui presentati alcuni esempi del fenomeno globale di agricoltura urbana presente nelle città più avanzate e più tese verso la sostenibilità ambientale nel mondo quali Mumbai, Pechino, Londra, New York, Detroit, San Paolo, Rosario, Vancouver, Tokyo e San Francisco. L’obbiettivo è quello di alimentare e stimolare la diffusione di comportamenti ecologici, di creare un luogo di scambio e incontro per i city users e di integrare il paesaggio produttivo con l’ambiente urbano. Il panorama internazionale offre una ricca e abbondante prospettiva storica al tema del nutrimento della città, già la Cina di Mao Tse Tung negli anni 60 e l’Unione Sovietica di Michail Gorbačëv avevano attivato programmi di organizzazione agricola urbana; a Cuba, con l’embargo e la perdita del sostegno sovietico nei primi anni 90, si era sviluppato un sistema molto efficiente di auto sostentamento agricolo urbano. Nel Nord America a Montreal si fa un uso permanente dell’agricoltura nei parchi urbani ormai da qualche anno; a Vancouver quasi metà della popolazione produce frutta e verdura in cortili, balconi, tetti e in una ventina di orti comunitari pubblici; la Grande Mela consente di allevare polli e tacchini per il consumo personale; a San Francisco vige la libera vendita ai vicini di casa dei prodotti coltivati in giardino. Dal 1985 è attivo il progetto 110
DUG “Denver Urban Gardens” che conta oltre 100 orti comunitari e 30 scuole orticole che coinvolgono soprattutto bambini e ragazzi, il DUG offre alla comunità la progettazione dell’orto, ne assicura la sostenibilità, si occupa della manutenzione e sensibilizza sul tema del viver sano e in benessere del sistema a filiera corta. Grazie ai programmi della FAO nella Repubblica Democratica del Congo, 1.600 ettari in cinque città del paese danno lavoro a 20.000 persone che, raccolte in 450 associazioni di coltivatori, sono state instradate verso le buone pratiche che fanno uso di fertilizzanti organici e biopesticidi. Al mercato di Kinshasa si vendono circa 80.000 tonnellate di ortaggi, che corrispondono al 65% dei bisogni della città. In Europa, a Berlino sono ormai censiti centinaia di orti sociali urbani e l’ultima novità sono le fattorie urbane a zero emissioni per produrre ortaggi e allevare pesci freschi con un sistema di acquaponica. Sul Bosforo, a Istanbul, una megalopoli da 16 milioni di abitanti, si incontra un esempio davvero eccezionale, anche per i suoi risvolti paesaggistici: Teodosio II, nel 413 d.C., volle cingere l’area urbana della sua capitale di una grande muraglia munita di 96 bastioni, una doppia cinta fortificata con un terrapieno tra le due cortine, il peribolous, largo quasi 20 metri e rialzato di circa 5 metri al di sopra delle strade circostanti; all’esterno, un lungo camminamento, il parateichion, costeggiava i profondi fossati che, in caso di assedio, potevano essere inondati, se oggi si sale sulla Torre di Marmo che faceva da snodo tra le mura terrestri e quelle marittime, allungate sul Mar di Marmara, si scorgono quasi 4 chilometri del terreno tra le due cortine e dell’antico fossato, sono tutti orti affidati alle cure sapienti di contadini immigrati dall’Anatolia che hanno avuto in concessione i terreni per il sostentamento delle proprie famiglie; un patchwork coloratissimo di piccolissimi appezzamenti di prezzemolo, cavolo viola, basilico, rape, pomodori, piselli, meloni, cocomeri, cetrioli, all’ombra del1 Mighetto P., 2012, “Prospettiva storica internazionale”, in Mighetto P., Orti urbani. Coltivare le città, Architettura del paesaggio AIAPP, Torino, pp. 2-3.
111
le mura medievali restaurate.1
4.1.1
The Science Barge NY Sun Works and Groundwork Hudson Valley. Yonkers, New York, USA.
2007.
Science Barge è un perfetto esempio di sperimentazione e formazione, insegna alle generazioni attuali e future il potenziale di produzione alimentare nelle aree urbane intrecciato con lo sviluppo di tecniche d’avanguardia. Si tratta di un prototipo di fattoria urbana sostenibile su una chiatta di 400 metri quadrati che galleggia sul fiume Hudson. È stato concepito nel 2007 dall’organizzazione no-profit ambientale NY Sun Works come un centro di educazione per gli studenti per apprendere nozioni sulla produzione locale di cibo, sulle fonti energetiche alternative e sulla gestione delle acque.2 Il punto centrale del progetto è quello di utilizzare energia rinnovabile per la produzione di alimenti ad emissioni zero di carbonio e zero pesticidi chimici. Pannelli solari, turbine eoliche, e biocarburanti generano tutta l’energia necessaria per alimentare la chiatta, e le serre bioclimatiche sono irrigate esclusivamente con acqua piovana raccolta e acqua del fiume purificata. L’agricoltura consuma due terzi di acqua dolce a livello mondiale, e il suo deflusso contamina spesso sorgenti sotterranee. Il Science Barge affronta questo problema con l’adozione di sistemi a ciclo chiuso per un utilizzo idrico, una volta che l’acqua del fiume purificata o l’acqua piovana raccolta entra nel sistema, l’acqua di scarico dei sistemi idroponici a ricircolo viene raccolta per il riutilizzo. Questo è l’unico esempio pienamente funzionante di
2 “The Science Barge”, 2011, in www.thesciencebarge.com, 7-11-2014.
112
energia rinnovabile per la produzione alimentare sostenibile nella zona
In alto: The Science Barge galleggia nel porto di New York nel 2008.
di New York.
Fonte: The Science Barge, www.ryerson.ca, 7-11-2014.
Nel progetto attualmente vengono coltivati pomodori, cetrioli, meloni, fragole, lattuga e verdure a foglia verde, fagioli, peperoni ed erbe aromatiche. I prodotti del Science Barge sono raccolti ogni due settimane e vengono venduti al mercato degli agricoltori a Yonkers; qualsiasi prodotto invenduto viene donato a un banco alimentare.3 Originariamente ormeggiato nell’East River, il Science Barge ha trova3 Philips A., 2013, “Science Barge, Yonkers, New York, Systems integration and connections”, in Philips A., Designing Urban Agriculture. A complete guide to the planning, design, construction, maintenance, and management of edible landscapes, John Wiley & Sons, Hoboken, pp. 167-169.
113
to una vita completamente nuova a pochi chilometri da Manhattan. E ‘stato donato nel mese di ottobre 2008 a Groundwork Hudson Valley, una delle principali organizzazione ambientalista in Yonkers, un sobbor-
A sinistra: The Science Barge galleggia nel porto di New York nel 2008. Fonte: The Science Barge, www.ryerson.ca, 7-11-2014.
go a nord di New York City, ed è diventato il punto focale per la riqualificazione del suo lungomare. Groundwork Hudson Valley ha mantenuto la maggior parte dei componenti di base dell’originale Science Barge, e ha rafforzato e razionalizzato la sua funzione educativa attraverso lo sviluppo di programmi di studio adattati ai vari livelli scolastici, nonché al pubblico in generale. Il NY Sun Works sostiene che se tutti gli spazi incolti sui tetti di New York fossero dotati di tecniche simili a quelle impiegate nella Science Barge, la città potrebbe produrre abbastanza verdure per sfamare l’intera popolazione. 4 “The Science Barge is not only an invitation to ideas and learning, but to change.” Dr. Jeffrey Sachs, director of the Earth Institute at Columbia University and special economic advisor to the United Nations.5
4 Gorgolewski M., Komisar J., Nasr J., 2011, “The Science Barge”, in Gorgolewski M., Komisar J., Nasr J., Carrot city. Creating places for urban agriculture, The Monacelli Press, New York, pp. 86-89. 5 “The Science Barge”, 2013, in www.nysunworks.org, 7-11-2014.
114
A destra: Canali per la coltura idroponica, con serbatoi di pioggia nella parte posteriore. Fonte: The Science Barge, www.ryerson.ca, 7-11-2014.
A destra: Canali per la coltura idroponica, con serbatoi di pioggia nella parte posteriore. Fonte: The Science Barge, www.ryerson.ca, 7-11-2014.
115
4.1.2
Gary Comer Youth Center Hoerr Schaudt Landscape Architects and John Ronan Architects. Chicago, Illinois, USA.
2007.
Gary Comer Yout Center è un esempio in cui lo spazio di un tetto è stato sfruttato per creare un progetto unico e bello, dove la produzione di cibo e l’istruzione vanno di pari passo particolarmente bene. Nei luo-
Pagina accanto: Il giardino del secondo piano del Gary Comer: le piantagioni sono organizzate in strisce lineari. Fonte: Gary Comer Youth Center, www.ryerson.ca, 9-11-2014.
ghi in cui i giardini a piano terra possono attirare attenzioni indesiderate o essere vandalizzati, i giardini pensili offrono una soluzione interessante per uno spazio sempre più sicuro. Si tratta di un centro di dopo-scuola di apprendimento per giovani e anziani residenti nel lato Sud di Chicago. Il progetto è stato finanziato dal filantropo Gary Comer, il fondatore di Land’s End. Il centro offre un rifugio sicuro per l’educazione e la ricreazione, mentre il suo giardino offre un ambiente sicuro in cui sperimentare la bellezza e la serenità della natura.6 Situato in un’area vicino alla linea del treno e circondato da una strada principale e da un parcheggio, il Gary Comer Youth Center si trova in un quartiere svantaggiato nel South Side di Chicago, con scarso accesso ad ambienti sicuri all’aperto dove i bambini possono conoscere il mondo naturale. Dal 2006 il centro ha fornito uno spazio educativo all’aperto e un rifugio sicuro per i bambini e gli anziani della comunità per conoscere le piante e il cibo. Hoerr Schaudt Landscape Architects ha progettato il tetto verde di 760 metri quadrati, in stretta collaborazione con l’architetto dell’edificio, John Ronan. Il giardino si trova sulla cima di una palestra e una caffetteria,
6 Philips A., 2013, “Gary Comer Youth Center Rooftop Garden, Chicago, Illinois. Vision, synthesis and form”, in Philips A., Designing Urban Agriculture. A complete guide to the planning, design, construction, maintenance, and management of edible landscapes, John Wiley & Sons, Hoboken, pp. 57-59.
116
A sinistra: Il giardino offre opportunità educative per la comunità. Fonte: Gary Comer Youth Center, www.ryerson.ca, 9-11-2014.
ed è circondato su tutti i lati da corridoi e aule, che forniscono riparo e isolamento dal mondo esterno. Lucernari circolari di grandi dimensioni forniscono la luce del giorno per i piani sottostanti e fungono da grandi elementi scultorei nel giardino che contrastano con le linee rette delle fioriere. I materiali riciclati come la plastica dei contenitori di latte e gli pneumatici sono utilizzati come elementi strutturali. Il giardino è concepito come una serie di lunghe strisce di aiuole che contengono tra i 18 ei 24 centimetri di terreno, in cui sono coltivati cavoli, girasoli, spinaci, carote, lattuga e fragole. Le condizioni di crescita sul tetto sono molto diverse da quelle che sarebbero a livello del suolo, i guadagni solari e la perdita di calore dalla palestra al di sotto mantengono alcune fioriere sopra lo zero anche durante l’inverno. Il giardino raccoglie l’acqua piovana, e serve a ridurre l’effetto di calore urbano, favorendo un microclima che aiuta a contenere i costi di riscaldamento e raffreddamento annuali, rispetto ad un tetto normale. 7 Il Gary Comer Youth Center accoglie tutti i
7 Gorgolewski M., Komisar J., Nasr J., 2011, “Gary Comer Youth Center”, in Gorgolewski M., Komisar J., Nasr J., Carrot city. Creating places for urban agriculture, The Monacelli Press, New York, pp. 180-183.
118
A destra: Il giardino pensile al secondo piano del Gary Comer. Fonte: Gary Comer Youth Center, www.ryerson.ca, 9-11-2014.
membri della comunità con età compresa tra gli 8 e gli 80 anni, offrendo attività durante tutto l’anno. Il giardino è diventato un’oasi non solo per bambini e anziani, ma anche per uccelli, api, vermi, bruchi e altri animali selvatici che si sono raramente visti in precedenza in questa zona. Ogni gruppo di studenti ha la possibilità di sperimentare e conoscere l’intero ciclo di crescita degli ortaggi e gustare i prodotti che sono cresciuti. Questo tetto verde è un modello per sfruttare lo spazio tradizionalmente sottoutilizzato a beneficio della comunità. Si tratta di uno spazio unico di tregua dall’ambiente sottostante, e introduce i bambini alla coltivazione di piante, al concetto di nutrizione e al valore del cibo. Il Gary Comer Youth Center produce $ 1.000 di frutta e verdura ogni anno. Ogni giorno, 175 bambini del centro sono alimentati dalle colture del tetto e l’eccesso viene distribuito tra quattro ristoranti locali ed è anche venduto ad un mercato degli agricoltori locali. Il giardino è un successo estetico e 8 “Gary Comer Youth Center Green Roof”, 2010, in www.greenroofs.com,
funzionale, offre preziose opportunità per gli studenti del centro per co-
9-11-2014.
noscere l’orticoltura, l’ecologia e la sostenibilità ambientale. 8
119
4.1.3
Leadenhall Street City Farm Mitchell Taylor Workshop and British Land. London, United Kingdom.
2009.
In molte città di tutto il mondo, importanti cantieri centrali restano vuoti per anni, mentre i costruttori negoziano con i dipartimenti di pianificazione o attendono i finanziamenti. Questi spazi sprecati sono spesso utilizzati come parcheggi temporanei. Uno di questi si trova al 122 di Leadenhall Street, nella City di Londra, ed è destinato a contenere i quarantasette piani di un edificio commerciale progettato da Rogers Tirk Harbour + Partners Architects. Il progetto è stato annullato nel 2008 a causa della crisi economica e della riduzione della domanda di spazi per uffici. Il proprietario del sito, British Land, ha quindi organizzato un concorso di idee per giovani architetti, sfidandoli a trovare un impiego temporaneo per il sito, con un budget di solo £ 125.000. Questa proposta del 2009 per una città agricola di Mitchell Taylor Workshop è stata scelta come vincitrice del concorso. L’idea dell’architetto è di introdurre un ambiente vitale nel fitto quartiere finanziario di Londra, che dovrebbe beneficiare dello stridio degli uccelli esotici e dell’incredibile esplosione di colore in primavera del glicine. Il progetto è pieno di idee innovative su come l’agricoltura urbana e il mondo commerciale della finanza possano interagire e coesistere. Gli occupanti degli edifici circostanti che si affacciano sul sito sarebbero esposti a un paesaggio 120
A destra: Il sito esistente. Fonte: Leadenhall Street City Farm, www.ryerson.ca, 13-11-2014.
mutevole che rifletterebbe le stagioni, che produrrebbe nutrimento e fornirebbe un ambiente per il relax e la contemplazione. Pranzi a base di ingredienti freschi coltivati in loco potrebbero essere venduti nei chioschi, la gente del posto potrebbe inoltre raccogliere verdure o frutti di bosco. La proposta per il sito in Leadenhall affronta tre questioni chiave: spazio pubblico aperto, vista del sito da edifici vicini, e miglioramento radicale della facciata sulla strada Leadenhall. Ciò potrebbe essere attuato attraverso la creazione di una fattoria urbana con accesso pubblico che ha una strategia stagionale, previa un’attenta analisi della luce del sole, e una serie di punti per la vendita dei prodotti coltivati in loco. Un luogo in cui i lavoratori possono sentire l’odore della città, annusare, gustare, toccare, acquistare prodotti coltivati in loco, camminare attraverso aiuole, fare pic-nic sulle rive di fiori selvatici, e guardare il mutare 121
delle stagioni. Una tavolozza di verdure, frutta, cereali e fiori per fornire
l’interesse delle piante e il colore per tutto l’anno. Il giardino sarebbe un
Pagina accanto: Una vista concettuale della proposta.
luogo per i lavoratori della città per sfuggire a all’ora di pranzo e un po-
Fonte: Leadenhall Street City Farm, www.ryerson.ca, 13-11-2014.
sto per i bambini per imparare.9 La proposta divide lo spazio pubblico in tre distinte aree di coltivazione progettate secondo le condizioni climatiche imposte dagli edifici circostanti. Ortaggi, legumi, frutti di bosco ed erbe che hanno bisogno di più luce del sole sarebbero situati nella zona soleggiata, coltivati nella parte settentrionale del sito; colture a foglia verde, come cavoli, broccoli e spinaci in grado di crescere anche in zone parzialmente ombreggiate occuperebbero la parte centrale del sito. La zona meridionale, gettata in perpetua ombra profonda da edifici adiacenti, accoglierebbe una foresta di funghi esotici intervallati da colture come il rabarbaro e la menta. La facciata di Leadenhall Street sarebbe animata da una serie di vegetali attraverso una recinzione perimetrale espressamente progettata in pannelli da costruzione riciclati che fungerebbero da punti vendita di prodotti freschi e di piatti preparati con ingredienti locali da portar via dai pedoni mentre passano sulla strada per andare al lavoro. Gli impianti proposti sono tutti temporanei e a basso costo, viene evidenziato il riutilizzo di materiali e componenti dal sito esistente, fioriere realizzate in dimensioni standard, canali prefabbricati per il drenaggio in calcestruzzo sarebbero facilmente rimovibili e riciclabili. L’architetto Piers Taylor ritiene che il progetto sarebbe stato realizzabile all’interno del budget, sarebbe stato facile da installare o rimuovere e avrebbe cambiato rapidamente il mercato. Speranza dell’architetto era di rendere gli impiegati più consapevoli delle possibilità offerte dall’agricoltura urbana, che a loro volta sarebbero diventati più favorevoli a questa o simili inclusioni nel tessuto urbano e addirittura avrebbero
9 Levenston M., “Leadenhall City Farm Proposal”, 2009, in www.cityfarmer. info, 13-11-2014.
123
chiesto un nuovo ambiente più strettamente integrato con i cicli naturali
A sinistra: In zone d’ombra vengono coltivati funghi, rabarbaro e menta. Fonte: Leadenhall Street City Farm, www.ryerson.ca, 13-11-2014.
e i sistemi che li circonda. Il British Land in ultima analisi, ha deciso di non portare avanti questo progetto a causa della preoccupazione di inviare il messaggio sbagliato alla città in un momento di ripresa economica.10
10 Gorgolewski M., Komisar J., Nasr J., 2011, “Leadenhall Street City Farm”, in Gorgolewski M., Komisar J., Nasr J., Carrot city. Creating places for urban agriculture, The Monacelli Press, New York, pp. 100-103.
124
4.1.4
Fairmont Hotel Gardens Fairmont Hotels and Resorts. Vancouver, British Columbia and Toronto, Ontario,
Canada.
1998.
Verdure e una varietà di frutta ed erbe prosperano sui tetti di molti alberghi di lusso della catena Fairmont Hotels and Resorts, fornendo ai loro ristoranti i migliori ingredienti possibili. Gli chef ora cucinano con le erbe fresche biologiche e alimenti esotici come le fragole alpine, i piatti sono guarniti con fiori commestibili come viole del pensiero raccolte dai loro giardini produttivi. Il Royal York di Toronto e l’Hotel Waterfront a Vancouver, sono stati i primi due a partecipare al progetto di agricoltura urbana. L’Hotel Fairmont a Boston, Montréal, Bermuda e Washington stanno seguendo l’esempio, questi giardini sono coltivati senza pesticidi e senza erbicidi e sei degli alberghi hanno strutture di apicoltura con rendimenti molto alti; ciò migliora anche l’impollinazione, le api cercano il polline dai fiori che crescono nei giardini pensili del Fairmont e impollinano una varietà di piante in giardini ornamentali in tutta la città. I venti piani del Fairmont Waterfront Hotel a Vancouver sono stati costruiti nel 1991 con un tetto verde al terzo piano, che può essere visto dalle camere, il giardino è stato concepito come una comodità per gli ospiti fin dall’inizio, ed è un luogo per feste e ricevimenti. La parte meridionale della terrazza che in origine era ricoperta con edera, nel 1994 è stata trasformata in un giardino di erbe composto da undici aiuole di varie 125
forme. Il progetto si estende complessivamente su 195 metri quadrati di
Pagina accanto: Chef del Toronto Royal York nel giardino delle erbe.
tetto, ed il suo terreno è costituito dalla miscela di suolo originale del
Fonte: Fairmont Hotel Gardens, www.ryerson.ca, 15-11-2014.
tetto integrato regolarmente con suolo organico. Il raccolto del giardino comprende oltre sessanta varietà di erbe, frutta, fiori, ortaggi e legumi, nel 2008 è stata aggiunta l’apicoltura, e ora ci sono 390.000 api che fanno il miele dai fiori locali, nel 2009 hanno prodotto 220 kg di miele per uso nei ristoranti dell’hotel, le persone non sono gli unici beneficiari, più di dieci specie di uccelli locali sono stati attirati dal giardino, che risulta quindi un esempio di biodiversità reintrodotto. Nel 1998 sul tetto dell’hotel di quattordici piani Fairmont Royal York di Toronto è stato realizzato un giardino che contiene ora diciassette letti rialzati di terra e ventitré vasi di fiori adibiti alla coltura di una varietà di erbe e verdure, come timo, limone, erba cipollina, rosmarino, fagioli rossi e pomodorini. Gli apprendisti cuochi si occupano della manutenzione del giardino e della raccolta delle colture su base giornaliera, la cura dello stesso è stata pienamente integrata come parte del programma di apprendistato di tre anni della cucina. Nell’estate del 2008, l’Executive Chef David Garcelon ha introdotto alveari nel Royal York, la colonia è ora stimata di circa 300000 api. Anche se il tetto non è normalmente accessibile agli ospiti, la coltivazione si è evoluta da un progetto poco conosciuto per sostenere la cucina e formare il proprio personale ad attività di marketing per l’hotel, che offre ora tour settimanali; il sito è lussureggiante e ha una vista spettacolare sulla città e il lago Ontario. Tali edifici di grandi dimensioni hanno spazio sufficiente per le coltivazioni e possono dare un contributo significativo per il cibo cucinato nei loro ristoranti, essi hanno anche il personale in grado di mantenere ampi
11 Gorgolewski M., Komisar J., Nasr J., 2011, “Fairmont Hotel Gardens”, in Gorgolewski M., Komisar J., Nasr J., Carrot city. Creating places for urban agriculture, The Monacelli Press, New York, pp. 188-191.
127
giardini.11 Per 23 anni, gli hotel Fairmont hanno abbracciato l’idea di mangiare lo-
A sinistra: Orto-giardino al Vancouver Fairmont Waterfront Hotel. Fonte: Fairmont Hotel Gardens, www.ryerson.ca, 15-11-2014.
cale, una filosofia di vita sostenibile che sta rapidamente guadagnando popolarità, il giardino delle erbe è diventato uno dei primi tetti verdi nel cuore del centro di Vancouver. Sotto il sole della costa Ovest vengono coltivate più di venti varietà di erbe, ortaggi, frutta, fiori commestibili, rosmarino, lavanda, foglie di alloro, dragoncello, aglio, cavoli, porri, bietole, carote, peperoni, cipolle verdi, fragole, zucche e mele; per più di 20 anni, gli chef al Fairmont Hotels & Resorts hanno portato erbe e verdure fresche delle suddette coltivazioni per le tavole dei ristoranti Fairmont, dove i prodotti sono provenienti da agricoltura biologica, senza erbicidi o pesticidi, dove piccoli uccelli e farfalle svolazzano tra cespugli e fiori. 12
12 “Herb Garden and Honey Bee Apiary”, 2010, in www.fairmont.com, 1511-2014.
128
4.1.5
Lafayette Greens Kenneth Weikal Landscape Architecture. Detroit, Michigan, USA.
2011.
Il giardino commestibile e parco urbano Lafayette Greens di proprietà di Compuware, una grande azienda di software con sede a Detroit, appare e funziona come un’istituzione di paesaggio pubblico. Compuware ha immaginato il progetto come un mezzo per restituire alla comunità, ai visitatori, agli abitanti e ai lavoratori uno spazio per rilassarsi e ricreare. Realizzando in questo spazio un paesaggio commestibile, invece di una piazza, l’azienda contribuisce a educare il pubblico sulla salute, sulla responsabilità ambientale, e su come far crescere il cibo. Progettato da Kenneth Weikal Landscape Architecture nel 2011, Lafayette Greens è un successo estetico e funzionale, che ha vinto un premio dalla American Society of Landscape Architects nel 2012, oltre agli orti vi è un’area per bambini e uno spazio dedicato per l’arte pubblica. Questo giardino è stato realizzato in un appezzamento di terreno della città rimasta vacante dopo il 2010 in seguito alla demolizione della storica Lafayette Building nel centro di Detroit, la città americana che negli ultimi decenni ha subito il maggior calo demografico, lo stesso è situato a solo un isolato a piedi dalla sede centrale Compuware, adiacente al quartiere finanziario e confina con il Federal Building di Detroit e il rinnovato Westin Book Cadillac Hotel, e si colloca in un contesto urbano 129
A sinistra: Lafayette Greens: un giardino urbano. Fonte: Lafayette Greens, www.asla.org, 17-11-2014.
130
affollato. La sua geometria si basa in parte sui percorsi di coloro che lo attraversavano mentre era inutilizzato, e questo facilita e favorisce la circolazione attraverso lo stesso. Un ampio passaggio pedonale principale fiancheggiato da lavanda e panchine attraversa il sito, la lavanda è stata scelta perché ha dimostrato di avere un effetto calmante sulle persone. A differenza di molti progetti, la geometria estetica del giardino può essere apprezzato da coloro che guardano verso il basso su di esso da edifici vicini, ed è ricchissimo di dettagli, e comprende molti materiali riutilizzati e riciclati: macerie di calcestruzzo utilizzate per formare cordoli e vasi, pezzi di marciapiede rotto servono come pavimentazione, le casette da giardino costruite in legno riutilizzato e porte di recupero, fusti di acciaio di uso alimentare usati per fare fioriere più piccole nella zona adibita per i bambini. Il terreno è irrigato con metodo a goccia regolabile, utilizzata per adattare il consumo di acqua per le esigenze di ogni pianta, riducendo al minimo i rifiuti, inoltre circa il 70 per cento della superficie del sito sono permeabili. Oltre 200 specie di piante sono coltivate in loco, tra cui verdure, frutti di bosco, erbe, kiwi su traliccio e un frutteto. Attualmente, il giardino è gestito da un manager di Compuserve, e vi lavorano anche dei volontari, molti dei quali sono dipendenti Compuserve; tutto il cibo viene donato alle banche alimentari locali del centro di Detroit, e ai volontari viene permesso di portare a casa un po’ di cibo per se stessi come segno di gratitudine.13 Il progetto si fonda sull’idea che l’agricoltura urbana possa essere una pratica socialmente aggregante e uno strumento di rinascita economi13 Philips A., 2013, “Lafayette Greens Detroit, Michigan”, in Philips A., Designing Urban Agriculture. A complete guide to the planning, design, con-
ca. Il giardino, che allude nella forma ai filari delle vaste coltivazioni del
struction, maintenance, and management of edible landscapes, John Wi-
Michigan, ha una natura partecipativa e ospita eventi artistici e attività
ley & Sons, Hoboken, pp. 1-4.
educative e sociali. 14 Un orto produttivo che funziona anche come spa-
14 “Lafayette Greens”, 2012, in Lotus in the fields, Lotus 149, Editoriale Lotus, Milano, pp. 96-97.
131
zio pubblico coinvolgente, è una espressione tangibile delle possibilità di integrazione di agricoltura urbana negli spazi della città e la vita della
A sinistra: Vista generale. Fonte: Lafayette Greens, www.asla.org, 17-11-2014.
città in un modo che è partecipativo, bello e produttivo. Il progettista ha valutato attentamente i rapporti tra il giardino e il contesto urbano circostante, i pedoni possono muoversi attraverso lo spazio in modo rapido, riposare su una panchina o accedere al giardino e esplorare più di 200 tipi di ortaggi, frutta, erbe e fiori, una varietà di posti a sedere è disponibile per tutto il giardino al fine di incoraggiare l’uso pubblico dello spazio e fornire sollievo dalle strade cittadine trafficate circostanti. Lafayette Greens è unico come giardino urbano in quanto è uno spazio pubblico che è partecipativo, un luogo di incontro per partecipare alla conversazione sui sistemi alimentari locali, condividere il cibo e vivere il ritmo delle stagioni.15
15 American Society of Landscape Architects, 2012, “Lafayette Greens: urban agriculture, urban fabric, urban sustainability”, in www.asla.org, 1711-2014.
132
4.1.6
Slow Food Nation Victory Garden Rebar Art & Design Studio.
San Francisco, California, USA.
2008.
Un’installazione temporanea, la costruzione di Slow Food Nation Victory Garden è iniziata nell’estate del 2008 con volontari giardinieri. Dalla piazza di fronte al Municipio di San Francisco sono stati rimossi 10000 metri quadrati di manto erboso, i volontari hanno utilizzato materiali semplici come sacchi di tela di sabbia. Il Victory Garden fu terminato il 12 luglio, con la piantagione di migliaia di piantine per gli ortaggi biologici del giardino, che è stato realizzato in collaborazione con il Programma Victory Garden 08+ e la Slow Food Nation per evidenziare la giustizia alimentare e le questioni di agricoltura urbana. La Food Nation Victory Garden di Slow Food ha dimostrato il potenziale di produzione alimentare locale, entro i limiti della città e fornito cibo fresco e sano ai bisognosi. Questo orto è stato costruito sul sito dei giardini della vittoria della seconda Guerra Mondiale vicino al municipio di San Francisco, mettendo in evidenza una tradizione perduta dell’agricoltura urbana in questa città, infatti durante la seconda Guerra Mondiale il 30 per cento del cibo è stato prodotto nelle suddette aree. Il giardino è stato in grado di produrre circa 100 chili di prodotti biologici freschi da donare al banco alimentare di San Francisco, per la distribuzione in tutta la città, è situato in un parco pubblico in un quartiere noto per coloro che sono senza fissa di133
mora e la criminalità. Volontari esperti e meno esperti gestivano i raccolti
A sinistra: Slow Food Nation’s Victory Garden. Fonte: Slow Food Nation’s Victory Garden, www.ethicurean.com, 19-112014.
134
A destra: Slow Food Nation ha iniziato a lavorare su un ampio giardino della vittoria. Fonte: Slow Food Nation’s Victory Garden, www.themindfulword.com, 1911-2014.
e fornivano manutenzione per il progetto. Inizialmente si era prevista la dismissione del giardino al 21 settembre, ma il sindaco Gavin Newsom ha chiesto che il Victory Garden rimanesse fisso fino al giorno del Ringraziamento, pertanto lo smantellamento dello stesso è iniziato il 23 novembre e i materiali sono stati donati al progetto Homeless Connect, un’organizzazione locale che serve la popolazione senzatetto di San Francisco.16 L’orto si ergeva come un vero e proprio esperimento sociale e politico, in poco tempo produceva circa 100 kg di prodotti freschi e biologici per 16 Philips A., 2013, “Slow Food Nation Victory Garden”, in Philips A., Designing Urban Agriculture. A complete guide to the planning, design, construction, maintenance, and management of edible landscapes, John Wiley & Sons, Hoboken, pp. 224-226. 17 Rebar Group, 2008, “Civic Center Victory Garden”, in www.rebargroup. org, 19-11-2014.
135
ogni settimana. A San Francisco e in tutta la nazione numerosi gruppi di persone per rispondere all’aumento dei prezzi del carburante e dei costi alimentari sono disposti a sporcarsi le mani e ricostruire la pratica della produzione alimentare locale, costruendo ponti tra le comunità urbane e peri-urbane e rurali.17
Pagina accanto: Alex. S. MacLean, aerial photographer. Flower fields. Carlsbad, California. Fonte: Portfolio Growing, in www.alexmaclean.com, 21-01-2015.
5
PARTECIPARE
A sinistra: Orti urbani - Elaborazione grafica di Giacomo Giannella. Fonte: Orti urbani. Cresce la voglia di verde, www.corriere.it, 20-11-2014.
138
5
Partecipare
Participare, essere o diventare partecipe, dividere con altri una condizione. Questo capitolo si pone come conclusione di un lavoro di analisi: storica, partendo dagli orti di guerra; conoscitiva, presentando i dati che dimostrano lo sviluppo del fenomeno orti in città; dimostrativa, proponendo esempi funzionanti nelle maggiori città del monto. Si espone la situazione odierna nelle due città scelte come caso studio: Torino e Bologna. Si delineano gli atteggiamenti perseguiti da questi due centri in relazione alla tematica degli orti urbani, esponendo la situazione generale, come ognuna di queste città si comporta nei confronti di questo pensiero e le attività e iniziative svolte o in progetto in questo campo.
139
5.1
Il caso italiano, la città di Torino
5.1.1
Inquadramento generale
“La città con la più bella posizione naturale”, così Le Corbusier definì Torino. Circondata dalla corona delle Alpi e dalle colline, attraversata da 4 fiumi (Po, Dora Riparia, Stura e Sangone), sulle cui sponde si sviluppano progetti di recupero e salvaguardia, grazie al progetto “Torino città d’acque”; Torino possiede un patrimonio ambientale che poche metropoli al mondo possono vantare e uno dei più alti standard urbanistici di superficie verde per abitante: oltre mq. 18.000.000 di aree verdi, in ulteriore e continua espansione.1 La superficie totale del territorio comunale della città di Torino è di mq. 130.170.000 e conta 905.014 abitanti; la superficie totale delle aree verdi a gestione pubblica (comunale, provinciale e statale) nel territorio comunale è di mq. 21.376.000 circa, e la superficie totale delle aree verdi pubbliche a gestione comunale, diretta o indiretta è di mq. 21.018.000 (comprese le aree agricole e quelle incolte), il verde per abitante è di mq. 23,62 e gli orti urbani e le aree agricole occupano mq. 1.958.237.
1 Città di Torino, “Presentazione del verde a Torino”, in www.comune.torino. it, 24-11-2014. 2 Città di Torino, 2013, “I numeri del verde a Torino al 31.12.2013”, in www. comune.torino.it, 24-11-2014.
2
Il sistema del verde della città si divide in: 18 parchi urbani, 10 parchi collinari, 4 parchi fluviali e 110.000 alberi nel sistema delle alberate urbane.3
3 Assessorato ambiente - Lavori pubblici - Verde divisione servizi tecnici per le grandi opere edilizie e verde pubblico, 2013, “Verde urbano e periurbano, nuovi usi e sviluppi”, in Assessorato ambiente - Lavori pubblici - Verde divisione servizi tecnici per le grandi opere edilizie e verde pubblico, Torino
Torino, dove si trova la sede della Società FIAT, è una delle più importanti
città da coltivare, Città di Torino, Torino, pp. 1-12.
140
A destra: Torino è verde ed aspira a diventarlo sempre più, al di là dei viali alberati e dei giardini pubblici, con una nuova filosofia che si sta diffondendo in città: la ricerca di uno stile di vita più green, la scelta della bici al posto di altri mezzi di trasporto e la diffusione a macchia d’olio di un ritorno al verde produttivo. Fonte: Orti urbani, vigne e giardini, il lato verde di Torino, www.lamiatorino. it, 24-11-2014.
città industriali italiane, ed è anche uno dei luoghi in cui l’interesse intorno al cibo è cresciuto più velocemente negli ultimi anni. Il movimento Slow Food tiene la sua fiera bi-annuale “Salone del Gusto di Torino” in un centro espositivo, realizzato in un’antica fabbrica FIAT, questo evento ha dato fama internazionale alla città come centro di cibo di qualità e di sperimentazione di modelli di produzione e distribuzione alimentare innovativi. Il mercato di Porta Palazzo, uno dei mercati alimentari più grandi in Europa, era un mercato tradizionale comunale dove si poteva trovare una grande diversità di prodotti tipici da tutto il mondo, ora si tratta di un importante destinazione turistica. Torino è anche la città in cui è stato fondato il quartier generale e il 141
primo negozio di Eataly, il più grande punto vendita italiano per il cibo
tradizionale. Il giornale più importante di Torino, la Stampa, ospita regolarmente le iniziative e diffonde i pensieri di Slow Food e dedica una pagina settimanale ad esso. Tra il 1998 e il 2008, l’industria alimentare è stata l’unica ad aumentare e così i suoi dipendenti, mentre l’industria chiave della città, l’industria automobilistica, ha perso il 20% del suo personale. L’obiettivo di Torino è quello di rivitalizzare l’agricoltura urbana, promuovere un migliore utilizzo delle aree peri-urbane del territorio e aumentare la sostenibilità urbana.4 Tra le principali città italiane Torino si configura come città-laboratorio dove le esperienze che qui si avviano e mettono radici fruttificano poi nel resto del paese. Città di forte e repentina immigrazione, prima veneta e poi meridionale, in gran parte di origine contadina, Torino ha dovuto fare i conti, negli anni 50, con il raddoppio della propria popolazione nel volgere di qualche anno, proprio il flusso migratorio dal sud Italia è diventato il protagonista di una forma di agricoltura urbana che, negli anni 60, 70 e 80 del 900, ha preso la forma della coltivazione abusiva interessando una superficie stimata di quasi 150 ettari distribuiti soprattutto in quelli che in quegli anni erano i quartieri dormitorio degli operai (Barriera di Milano, Falchera, Mirafiori, Vallette), lungo le sponde dei fiumi, i bordi di autostrade e ferrovie, le aree abbandonate: un modello d’uso del territorio spontaneo e auto-regolato, spesso caratterizzato da degrado e generalmente caratterizzato da condizioni anti-ecologiche, non privo di situazioni di vera e propria emergenza sociale. Dietro la spinta di tale situazione la città nel 1986 si è dotata di un regolamento per l’assegnazione e la gestione degli orti urbani che prevedeva l’assegnazione quinquennale di appezzamenti di circa mq. 100 a citta-
4 Viljoen A., Bohn K., Howe J., 2014, “Torino City to Grow”, In Viljoen A., Bohn K., Howe J., Second nature urban agriculture. Designing productive cities. Ten years on from the Continuous Productive Urban Landscape (CPUL City) concept, Taylor & Francis Group, New York, pp. 248.
142
dini selezionati in base al basso reddito, ai nuclei familiari più numerosi, all’anzianità del richiedente; l’articolo 6 del regolamento poneva già l’attenzione alla sostenibilità ambientale vietando espressamente prodotti antiparassitari di prima e seconda classe, diserbanti o altri prodotti che potessero in qualche modo recare disturbo. Oggi, gli orti urbani a Torino sono oltre 400 e alcune realizzazioni hanno anche visto il coinvolgimento di architetti del paesaggio nella pianificazione e progettazione con risultati qualitativamente interessanti. La città va fiera delle proprie aree verdi urbane e del piano regolatore, redatto da Vittorio Gregotti e Augusto Cagnardi in vigore dal 1995, di aver individuato nel superamento del modello industriale ormai in crisi, gli strumenti che hanno consentito di convertire le aree prima industriali in aree per servizi dove il rapporto tra terreni per nuove costruzioni e spazio pubblico è del 20% di edifici contro l’80% di servizi, in gran parte aree verdi. Per realizzare questo buon sviluppo la Città ha creato alla fine degli anni 90 il Servizio Urbanizzazioni che, dapprima diretto da Paolo Giardino e ora da Giuseppe Serra ha formato uno staff affiatato ed efficiente di architetti del paesaggio; architetti, agronomi e geometri che, insieme al Settore Verde Pubblico, ha saputo incrementare il patrimonio verde negli ultimi 15 anni, di quasi 4 milioni di metri quadrati con realizzazioni che han portato Torino all’avanguardia nella progettazione degli spazi pubblici e del verde urbano. L’ultima sperimentazione pubblica viene dal giovane Assessore all’ambiente Enzo Lavolta con una delibera approvata ai primi di marzo del 2012 dal Consiglio Comunale: si tratta del progetto “TOCC - Torino Città da Coltivare” che punta a valorizzare le valenze sociali, ambientali e paesaggistiche del fenomeno orti urbani, ma soprattutto si configura come un vasto piano di analisi, censimento, riqualificazione e gestione delle aree verdi urbane e periurbane con una particolare attenzione a quelle 143
a uso agricolo, con la volontà di incentivare la partecipazione collettiva alla gestione, la formazione sulle nuove tecniche di coltivazione biologica con un tutoraggio costante di esperti, la realizzazione di percorsi terapeutici e riabilitativi, l’inserimento di persone svantaggiate, il coinvolgimento delle scuole per un’agricoltura urbana capace di nutrire la città. I cittadini torinesi stanno sperimentando le nuove forme di convivenza tra città e campagna: gli studenti universitari coltivano e gestiscono alcuni orti urbani su terreni dell’Ateneo, gli architetti dello Studio 999, con il progetto Oursecretgarden hanno trasformato il tetto di un basso fabbricato di via Goito 14 in un orto collettivo per gli abitanti di quella zona; la “Fattoria Pro-Polis”, immersa nella collina, guida i bambini all’educazione ambientale con mini-safari alla scoperta dei boschi. Ma il progetto forse più interessante, perché nato dagli stessi pensionati che con il loro orto abusivo hanno generato questo moto virtuoso, è quello dell’Associazione “Alta Parella Pellerina”, guidata da Beppe Cassetta: un gruppo di anziani volenterosi che è riuscito a farsi assegnare una parte del nuovo giardino pubblico “Madame Curie” di via Servais dove coltivare un rigoglioso orto-frutteto collettivo che è un vero e proprio laboratorio di sperimentazione e sensibilizzazione per i bambini delle scuole, un centro di produzione di frutta e verdura per i soci e uno strumento di manutenzione per il giardino pubblico di cui fa parte.5 Il Piano Regolatore della Città di Torino è entrato in vigore nel 1995, in un momento di forte declino industriale nei settori tradizionali. A partire dai primi anni Novanta si realizzò una forte convergenza politica locale nell’accettare i processi di deindustrializzazione e dunque del considerare come sostanzialmente disponibili alla trasformazione gli oltre 4 milioni di metri quadrati dismessi dall’industria. Tale convergenza ha determinato che uno dei nodi portanti del Piano fosse quello di individuare ol-
5 Mighetto P., 2012, “Torino oltre 400 orti”, in Mighetto P., Orti urbani. Coltivare le città, Architettura del paesaggio AIAPP, Torino, pp. 2.
144
A destra: “Gli orti urbani combatteranno la povertà.” Fonte: L’arte di coltivare orti e giardini, www.eco-ecoblog.it, 24-11-2014
tre 250 aree urbane che, per le loro caratteristiche morfologiche ma, soprattutto per la loro stessa storia urbana, sono state riconosciute quali potenziali e potenti motori della trasformazione urbana. Si tratta delle cosiddette Zone Urbane di Trasformazione (ZUT) e Aree di Trasformazione per Servizi (ATS). La storia dell’industria di Torino vedeva nascere i primi insediamenti vicino al torrente Dora fin dal XVIII secolo ma è poi dalla metà dell’Ottocento e soprattutto nel Novecento che quelle prime aree si estesero e si moltiplicarono per assecondare le sempre nuove esigenze dell’apparato produttivo manifatturiero industriale. Se la maggior parte delle aree da trasformare erano quelle legate all’industria entrata in crisi a partire dagli anni Ottanta del Novecento, altre erano invece legate a differenti processi, quali per esempio, aree dismesse dall’uso agrico145
lo e poi parzialmente occupate da altre attività, aree residuali derivate
dall’attuazione e anche dalla mancata attuazione del vecchio piano regolatore del 1959, aree ricadenti entro fasce di rispetto di future infrastrutture o impianti urbani. La trasformazione di gran parte delle Zone Urbane e delle Aree per Servizi è stata avviata e portata a completamento nei quasi vent’anni di attività del piano regolatore, grazie anche e soprattutto allo stimolo della normativa sul tema delle opere di urbanizzazione a scomputo. Nel 1977, con la legge 28 gennaio 1977 n. 10, il rilascio della concessione edilizia è stato subordinato al pagamento di un contributo determinato in base all’ammontare delle spese di urbanizzazione e dei costi di costruzione, secondo la regola generale per cui “ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale deve partecipare agli oneri ad essa relativi”. La stessa legge prevedeva la possibilità alternativa di pagare le somme degli oneri di urbanizzazione oppure di realizzare le stesse opere, questo meccanismo è stato uno dei motori della trasformazione urbana di Torino di questi anni. La possibilità di utilizzare una superficie esigua dell’area, in genere il 20%, per la nuova edificazione e la restante parte quale area dismessa all’uso pubblico e sostanzialmente trasformabile in verde attrezzato per il welfare urbano, è quella che ha consentito di trasformare quei quattro milioni di metri quadri di terreno incolto, in oltre di tre milioni di metri quadrati di verde pubblico, che sono andati ad integrare i quasi 20 Km quadrati di aree verdi che formano il polmone della città, su una estensione totale di 130 Km quadrati. Adesso che ogni Circoscrizione della Città è ampiamente dotata di spazi verdi e di aree, e in un momento storico di grandi e veloci trasformazioni dei valori e dei modelli consolidatisi negli anni passati, in questo momento di crisi strutturale e di sistema, è giunto il momento di pensare a nuove forme e nuovi fattori per la trasformazione urbana; di pensare a nuove 146
soluzioni che, accanto al benessere sociale, al loisir, al tempo libero e al
In alto: Progetto TOCC - città da coltivare, orti urbani.
welfare degli abitanti, possano coinvolgere l’idea stessa di uno sviluppo
Fonte: Città di Torino, www.comune.torino.it, 24-11-2014
urbano che possa definirsi completo e autosufficiente affiancando alle necessità sociali e del benessere anche quelle economiche e produttive; la realizzazione di un sistema che si autoalimenti e che porti la città ad una sua più marcata autosussistenza rispetto al circostante territorio rurale. Un sistema, ancora, che risulti davvero compatibile con le esigenze del paesaggio urbano e del benessere dei cittadini e che possa rappresentare un nuovo e inedito modello di ruralità urbana. Risulta impossibile pensare ad una produzione intensiva di prodotti per l’alimentazione in area urbana, sia per le condizioni di inquinamento delle città sia per i costi elevati di produrre in aree marginali, peraltro queste aree possono essere facilmente aggredibili da altre funzioni anche improprie, come discariche abusive, magazzini improvvisati, capannoni. Ma l’agricoltura è l’attività umana che consiste nella coltivazione del147
le specie vegetali e non esclusivamente quelle destinate al consumo
alimentare ma comprende la coltivazione delle piante arboree ed erbacee, l’allevamento degli animali e lo sfruttamento delle foreste. Considerando in questi termini l’agricoltura urbana, l’opposizione alla coltivazione urbana di specie per l’alimentazione viene superata rivolgendosi alla coltivazione delle piante da vivaio, all’arboricoltura da produzione e ad altre forme di coltivazione e di allevamento che sono compatibili con il problematico ambiente urbano e che, se messe a sistema, possono costituire il seme per un nuovo modello di sviluppo imprenditoriale e sociale. Tra le attività agricole che in città possono essere impiantate con buoni risultati economici nei terreni marginali della periferia urbana possono esserci i vivai per la produzione di piante ornamentali, arbusti e fioriture, che non abbiano bisogno di coltivazione in serra, se non in parte limitata, per evitare impatti difficilmente mitigabili. Torino è pronta per proporre una vera agricoltura urbana capace di generare nuova imprenditoria, risparmi di risorse pubbliche e nuovi paesaggi urbani. Attraverso il sistema dello scomputo degli oneri di urbanizzazione connesse alla trasformazione delle aree ancora dismesse è possibile e ampiamente sostenibile proporre la bonifica e la preparazione delle aree stesse per renderle idonee all’insediamento di attività imprenditoriali agricole nel campo del vivaismo, dell’arboricoltura urbana, dell’allevamento urbano. I ritorni sociali dell’iniziativa sono anche garantiti dalla definizione di una quota di interventi riservati a cooperative sociali o ad aziende che vogliano lavorare con le categorie protette, o comunque con imprenditori che garantiscano un’elevata socialità dell’azienda: didattica per le scuole, aperture fisse al pubblico, collaborazione con il sistema educativo e culturale della città, la manutenzione delle aree pubbliche limitrofe. Nella recente delibera comunale “Coltivare la Città” si è proposto di impostare un sistema completo ed autosufficiente in gra148
do di sostituire, almeno in parte, con un’economia verde, il precedente e ormai obsoleto sistema industriale. In questo momento di crisi il nuovo sistema imprenditoriale agricolo urbano potrebbe assorbire almeno una parte dei lavoratori oggi non occupati e il ritorno alla terra coinciderebbe anche con un ritorno alla città e al nuovo paesaggio urbano.6 L’assegnazione e la gestione degli orti urbani è disciplinata dal Regolamento Comunale n°164, approvato con deliberazione del Consiglio Comunale in data 23 luglio 1986. La deliberazione suddetta valutava l’opportunità di addivenire a regolamentare nell’ambito del territorio cittadino la coltivazione di un terreno fino ad oggi coltivato abusivamente, che aveva censito mq. 2.000.000 di appezzamenti occupati abusivamente e l’interesse attorno ad essi di circa 20.000 famiglie. È un dato ormai riconosciuto che l’agricoltura urbana porta con sé vari benefici dal punto di vista sociale, poiché implica un uso attivo del territorio urbano da parte della popolazione e la presenza di orti urbani in un quartiere può creare interazione tra le persone, portando alla nascita di reti informali di scambio ed aiuto e un maggiore senso di appartenenza al territorio che si riflette in una maggiore attenzione al contesto urbano allargato. La presenza degli orti si traduce quindi spesso in una maggiore coesione sociale aumentando la vigilanza del territorio e incentivando gli abitanti a vivere più tempo negli spazi pubblici. La situazione economica attuale spinge sempre più nuclei famigliari a ridurre i consumi e le spese, un ritorno all’autoproduzione alimentare può rappresentare un percorso fattibile e stimolante a supporto di un concreto sostegno economico. L’agricoltura e l’orticoltura urbana potrebbero inoltre costituire un valido modello per un vivere cittadino maggiormente legato al contatto con 6 Fioravanzo S., Mighetto P., 2013, “Proposta per una città da coltivare”, in
la terra e con la natura, da cui possono derivare ricadute positive nel
Fioravanzo S., Mighetto P., ColtureCity. Modalità di compatibilità, Architet-
campo educativo e di recupero di soggetti svantaggiati, che potrebbe-
tura del paesaggio AIAPP, Torino, pp. 1-4.
149
A sinistra: Gli orti sociali sono in realtà appezzamenti di terreno di proprietà comunale che vengono assegnati a titolo gratuito per la sola coltivazione di ortaggi, frutti e fiori. Fonte: Se dall’asfalto nascono i pomodori: orti urbani a Torino, www.quotidianopiemontese.it, 24-11-2014
ro infatti essere utilmente inseriti in tali attività. In data 22 novembre 2011 la Città ha approvato l’adesione all’iniziativa “Orti Urbani, l’Arte del Coltivare dentro le Città”, tale iniziativa è volta a ridurre il fenomeno delle coltivazioni abusive, che forniscono un quadro indecoroso per la Città, ed a favorire attività educative. La città di Torino ritiene di fare proprie le seguenti finalità: avvicinare i cittadini alla realtà agricola, stimolando al contempo la coesione sociale; favorire la riqualificazione delle aree dismesse e dei terreni agricoli inutilizzati, ostacolare il consumo di territorio e mitigare le situazioni di marginalità e degrado e migliorare il paesaggio urbano; valorizzare le produzioni e le essenze ortive tradizionali locali. Il nuovo regolamento risponde alle nuove esigenze di produzione sostenibile, ai nuovi stili di vita ispirati al biologico, alla filosofia del Km. 0, alla necessità di favorire la pratica degli orti collettivi e di quelli con finalità educative, pedagogiche, terapeutiche e culturali.
7
7 Servizio centrale consiglio comunale, 2013, “Deliberazione del consiglio comunale 25 marzo 2013”, in Servizio centrale consiglio comunale, N. Ord. 20, Città di Torino, Torino, pp. 2-6.
150
La città di Torino assegna, tramite bando circoscrizionale, ai cittadini maggiorenni che ne facciano richiesta, in forma individuale od in gruppo di cui venga comunque indicato il soggetto responsabile parti di terreni comunali da destinarsi ad orto. La superficie dell’orto assegnato non sarà inferiore a mq. 50 e superiore a mq. 100, i siti saranno consegnati liberi da impedimenti, con verifica delle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche del terreno. Attraverso l’assegnazione degli orti urbani, la Civica Amministrazione persegue le seguenti finalità: valorizzare gli spazi sottraendoli al degrado ed alla marginalità ed attribuendo loro la qualità di “aree a destinazione agricola”, sostenere la socialità e la partecipazione dei cittadini e la relativa possibilità di aggregazione, insegnare e diffondere tecniche di coltivazione, sostenere la produzione alimentare biologica e le essenze ortive tradizionali locali, favorire attività didattiche nei confronti di giovani, favorire attività terapeutiche di supporto a processi di riabilitazione fisica e psichica. Le circoscrizioni costituiscono una Commissione di valutazione tecnica per il ricevimento delle domande dei cittadini per l’assegnazione degli orti. Ad assegnazione avvenuta, viene istituita una Commissione di Controllo per la gestione degli orti. Chi già coltivasse ad orto un terreno comunale sarà tenuto in evidenza al momento dell’assegnazione nel caso detto terreno gli venga sottratto per lavori di pubblica utilità condotti dalla Città o per conto di essa. Inoltre, a parità di altre condizioni, verrà data precedenza alla maggiore vicinanza dell’abitazione o del luogo di lavoro all’orto ed ai richiedenti che nel precedente bando non avevano ottenuto l’assegnazione. I bandi emanati da ogni Circoscrizione dovranno riservare almeno il 20% delle assegnazioni secondo le seguenti caratteristiche: orti con finalità educative, terapeutiche, pedagogiche e culturali, orti di prossimità rivolti a cittadini, che contribuiranno con canoni di concessione più elevati di quelli previsti per gli “orti sociali”. L’assegnazione dell’orto avrà durata 151
quinquennale e non sarà automaticamente rinnovabile alla scadenza. Sull’area assegnata non potrà essere svolta attività diversa dalla coltivazione orticola. In ogni caso la produzione ricavata non potrà dare adito ad una attività commerciale o a scopo di lucro. Gli orti dovranno essere coltivati biologicamente ed è pertanto vietato l’uso di concimi chimici e di prodotti inquinanti (diserbanti e antiparassitari) che possono arrecare danno all’ambiente. L’assegnatario non potrà tenere in forma stabile sull’area assegnata animali, né usare prodotti antiparassitari di prima e seconda classe, né diserbanti, non potrà avvalersi di manodopera retribuita per la coltivazione del terreno né concederne a terzi l’uso. Se l’area risulterà incolta, abbandonata, sporca o distolta dal fine per cui fu assegnata, la Commissione di Controllo potrà proporre la revoca dell’assegnazione. È fatto divieto alla costruzione abusiva di capanni e similari. In accordo con la Commissione di Controllo, è consentita la posa di coperture in plastica, di misura massima di metri 2x5, ad uso serra. Agli assegnatari sono posti dei divieti: recintare il lotto assegnato con una delimitazione superiore a 130 centimetri di altezza, scaricare materiali anche se non inquinanti, tenere nell’orto depositi di materiali non attinenti alla coltivazione dello stesso, effettuare allacciamenti alla rete elettrica ed idrica non autorizzati dal Comune, accendere fuochi di qualsiasi genere, superare l’altezza di 180 centimetri con eventuali paletti di sostegno delle coltivazioni, onde evitare ombreggiature verso i vicini, occultare la vista dell’orto con teli, steccati o siepi. L’assegnatario dovrà rispettare i seguenti obblighi: tenere pulite ed in buono stato di manutenzione le parti comuni, gli arredi, i viottoli e fossetti di scolo, pulire, ogni qualvolta si renda necessario, rimuovendo dal proprio orto eventuali arbusti ed erbacce, fare buon uso del sistema di irrigazione, effettuare, all’inizio di ogni periodo di assegnazione, la verniciatura protettiva dei cordoli in legno e del capanno degli attrezzi, infine i residui vegetali dovranno es152
sere depositati in apposite compostiere od interrati nel proprio orto. Allo scadere dell’assegnazione l’assegnatario dovrà lasciare il terreno libero e sgombro. Ogni danno, furto, manomissione, infortunio, incidente che l’assegnatario possa subire o causare a terzi sarà a lui esclusivamente imputabile. Il canone stabilito è di Euro 0,50 ed Euro 1,00 per metro quadrato per gli “orti sociali”. In ogni caso la Commissione potrà revocare 8 Città di Torino, 2013, “Regolamento per l’assegnazione e la gestione degli orti urbani”, in Raccolta dei regolamenti municipali N. 363, Città di Torino, Torino, pp. 3-10.
153
l’assegnazione per gravi inadempienze, quali subaffitto o pagamento per sfruttare gli orti.8
5.1.2
Schedatura delle aree ortive
Vengono di seguito presentati degli esempi di orti urbani presenti sul territorio torinese. I casi presentati sono stati suggeriti dagli esperti del Comune e dell’Ordine degli Architetti di Torino come i più vari e significativi, al fine di mostrare al lettore l’impegno della città nella pratica dell’orto. L’obiettivo dei progetti di orticultura urbana collettiva è sperimentare le potenzialità di uno strumento per costruire una città sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale. Si tratta, da un lato, di ridurre l’impatto del sistema alimentare sull’ecosistema, utilizzando metodi biologici di coltivazione, riducendo il consumo di acqua e risorse, ed abbreviando le distanze tra produzione e consumatori (ed i conseguenti impatti dei trasporti), dall’altro di verificare i potenziali rischi derivanti dall’inquinamento urbano, sottoponendo gli ortaggi a puntuali analisi chimiche. La scelta di coltivare gli orti in maniera collettiva, invece che suddividendo le aree in lotti individuali, consente di accompagnare i gruppi di cittadini coinvolti in un processo di riappropriazione e di cura dello spazio pubblico. Gli orti collettivi si sono dimostrati un eccezionale strumento per promuovere l’inclusione sociale e l’integrazione culturale, dove vengono sperimentate forme di coltivazione tradizionali e alternative. Gli orti realizzati sono pensati, non come spazi chiusi privatizzati, ma come luoghi aperti alla cittadinanza, recuperati all’uso pubblico.
9
9 Mondoerre cooperativa sociale, 2014, “L’orticoltura urbana collettiva per la strategia Smart City”, in Mondoerre cooperativa sociale, Orti Aperti, Città di Torino, Torino, pp. 1-2.
154
Orto Collettivo di Via Massari L’idea del progetto Orti Aperti è nato a fine 2010 per opera dell’Associazione Casematte e della Coop. Mondoerre, che hanno avviato sul territorio torinese della Circoscrizione 5 iniziative di orticoltura collettiva. L’orto collettivo si pone l’obiettivo di sperimentarsi in forme di coltivazione tradizionali e alternative, di vivere un luogo di incontri e convivialità, non solo per chi partecipa direttamente al progetto ma per tutti gli abitanti; gli orti realizzati sono stati pensati come luoghi aperti alla cittadinanza, recuperati all’uso pubblico. Un progetto di giardinaggio collettivo si pone l’obiettivo di generare qualità della vita attraverso un ripensamento delle relazioni tra abitanti del quartiere, tra giovani e anziani, tra nativi e migranti, tra uomo e natura all’interno dell’ecosistema urbano, operando su piccola scala. Coltivare un orto insieme è un ottimo modo per socializzare, per conoscere i vicini di casa mentre ci si prende cura di un pezzo della città che si abita, l’orticoltura è un’attività che può contribuire a recuperare, sviluppare, valorizzare le capacità di chi vive situazioni di disagio mentale o handicap fisico. Le piante e il suolo in cui crescono, in un contesto urbano, sono sottoposti a un grande stress; avere cura di un orto in città vuol dire anche, per la propria salute e per la qualità dell’ambiente, preoccuparsi, monitorare, affrontare e risolvere i problemi legati all’inquinamento nella propria area; un terreno urbano può dare un contributo significativo a garantire agli abitanti che lo lavorano un apporto, limitato ma importante, di cibo sano e sicuro. L’orto collettivo si trova all’interno della Circoscrizione 5 a Torino tra le vie Massari, Massa e Cella, questo progetto è stato realizzato grazie ad un 155
A sinistra: Gli orti tradizionali di via Massari, Torino. Fonte: Massari, www.coopagridea.org, 26-11-2014.
156
contributo OPM della Tavola Valdese.10 CaseMatte è l’associazione che coordina le attività dell’orto collettivo di via Massari, per perseguire l’obiettivo di migliorare la vita di alcuni cittadini, riqualificare un terreno pubblico abbandonato a sé stesso e creare reti informali tra persone che abitano lo stesso quartiere. Gli orti vengono coltivati sia seguendo il principio dell’orto sinergico che quello tradizionale e alcune aree sono destinate alla floricoltura, non ci 10 Casematte, 2012, “Orto collettivo in Via Massari”, in www.casematte.it, 26-11-2014.
sono delimitazioni nette e il raccolto viene diviso tra chi ha partecipato all’iniziativa. Chi si affaccia dalle proprie case di via Massa o via Paolo Della Cella,
11 Agridea impresa sociale, 2014, “L’orto collettivo di Via Massari. Idee semplici e intelligenti che coltivano la partecipazione”, in www.coopagridea. org, 26-11-2014.
157
oggi non vede più un quadrato incolto occupato da sterpaglie e sassi ma uno spazio verde, coltivato e animato da chi lo frequenta.11
Cascina Quadrilatero Cascina Quadrilatero è l’orto urbano nel quartiere del quadrilatero romano di Torino, recuperato da un giardino abbandonato in piazza Emanuele Filiberto, l’area, che da anni era trascurata e ricoperta da erba incolta, ha riavuto nuova vita ed è diventata uno spazio comune da poter condividere. Davide Almondo è stato uno degli organizzatori, e l’idea è partita da lui e dal suo collega Marco Migliardi che a Venaria Reale e Borgaro gestiscono Garden chef, una serie di orti in cui coltivano verdura e ortaggi che poi rivendono ai locali di ristorazione del luogo. I cittadini possono raccogliere quello che desiderano ma i locali torinesi non possono rifornirsi sempre di tutti i prodotti dell’orto, altrimenti, oltre a non bastare per tutti, verrebbe meno l’idea di condivisione con la cittadinanza che l’orto del quadrilatero rappresenta.12 Questo spazio, considerato come il primo orto self-made del Piemonte, è stato realizzato sostituendo il verde urbano tradizionale con ortaggi e frutta, per l’intero perimetro della piazza, lo spazio è aperto al pubblico per tutta la giornata e per tutta la settimana ed è cura dei locali commerciali del quadrilatero provvedere alla chiusura serale con i cancelli già presenti nell’area. L’agricoltura riconquista così spazi urbani, riqualificando zone ancora inevitabilmente occupate da situazioni di degrado, sostituendole con spazi verdi per i cittadini e studenti, regalando momenti di animazione sociale con anziani e cooperative già operanti sul territorio, il tutto all’insegna della costruzione di un nuovo modello di sviluppo.13 Cascina Qua-
12 Nuova Società, 2014, “Inaugurata Cascina Quadrilatero. Il nuovo orto urbano di Torino”, In www.nuovasocieta.it, 27-11-2014.
drilatero è stata inaugurata ufficialmente mercoledì 18 giugno 2014 ed è stato presentato anche il suo nuovo mercato, infatti ogni mercoledì viene allestito il mercato agroalimentare dei produttori agricoli legati a Campagna Amica dove è tutto rigorosamente biologico.14
13 Fondazione Campagna Amica, 2014, “Cascina Quadrilatero, un orto al centro di Torino”, in www.campagnamica.it, 27-11-2014. 14 Città di Torino, 2014, “Cascina Quadrilatero. Un orto civico in piazza Emanuele Filiberto”, In www.spaziotorino.it, 27-11-2014.
158
A destra: Cascina Quadrilatero, un orto al centro di Torino. Fonte: Fondazione Campagna Amica, www.campagnamica.it, 27-11-2014.
L’esperimento coinvolge gli abitanti della zona e un gran numero di ristoratori, aggiungendosi agli oltre 400 orti cittadini presenti a Torino, permette a tutti di usufruire dei prodotti coltivati, e la sera, i locali che hanno aderito al progetto propongono un menu del giorno con un piatto e un cocktail in abbinamento realizzati proprio con le materie prime dell’orto urbano.15 Cascina Quadrilatero è un progetto di agricoltura sociale nato per ridare vita e dignità ad una delle zone più buie di Torino, piazza Emanuele Filiberto, nel cuore della movida torinese, che è stata per tempo teatro di illegalità, che veniva utilizzata dai tossicodipendenti come punto di riferimento e di ritrovo, e proprio da qui è partito il progetto, con la bonifica 15 Gambero Rosso, 2014, “Parte il progetto Cascina Quadrilatero a Torino: portare l’orto in città è possibile”, in www.gamberorosso.it, 27-11-2014.
dello spazio da siringhe ed erbacce; grazie alla collaborazione degli abitanti del quartiere, della Coldiretti e della Città di Torino, la piazza si è ben presto trasformata in un vero e proprio orto ospitante coltivazioni di
16 Torino Today, 2014, “Cascina Quadrilatero, un orto urbano nel cuore della movida torinese”, in www.torinotoday.it, 27-11-2014.
159
menta, basilico, zucchine, pomodori e frutta varia.16
Officina Verde Tonolli L’Officina Verde Tonolli (ingressi da via Valgioie 45 e da via Exilles 3) è un’area verde di circa 8.000 mq, aperta al pubblico dal 2002 per la libera fruizione da parte dei cittadini. Non solo un giardino, ma anche
Pagina accanto: Gli ortaggi dell’Officina Verde Tonolli. Fonte: Città di Torino, www.comune.torino.it, 28-11-2014.
piantagioni floreali, serre, orti e un frutteto (mele, pesche, albicocche e pere), curati nel corso delle attività botaniche condotte dalle associazioni naturalistiche che gestiscono l’area. Vengono periodicamente realizzati laboratori creativi botanici, di manipolazione della terra e laboratori sensoriali per conoscere le piante attraverso i sensi. Un percorso didattico a pannelli illustra l’area e la sua storia, mentre nella zona lettura sono a disposizione dei cittadini testi da consultare liberamente.17 Questo è il primo orto collettivo di Torino, un ampio spazio recuperato dall’Associazione Alta Parella e suddiviso in piccoli appezzamenti che ognuno può coltivare condividendo esperienze e tecniche con gli altri, uno spazio comune per mangiare insieme e fare festa con i vicini, un viale della frutta nel giardino pubblico con tante gustose varietà che producono frutti durante le diverse stagioni; tutto ciò è gestito e curato dalla buona volontà dei cittadini riuniti nell’associazione. L’Associazione Jonathan è attiva sull’Officina Verde Tonolli con un progetto chiamato “Un orto animato”, nato per diffondere l’educazione ambientale dei cittadini e la convivenza con il verde in città. Da diversi anni la Circoscrizione 4 è impegnata nella trasformazione dell’area verde, un’impresa ardua e di ampio valore educativo, utile alla sensibilizzazione ambientale e alla conquista di una parte del territorio da parte dei cittadini. Le Associazioni coinvolte, oltre all’Associazione Jonathan, impegnata in attività di animazione ambientale e di sviluppo sostenibile con cittadini del territorio, sono oggi : AGESCI Gruppo Torino 3, impegnata in attività di orticoltura e giardinaggio, Associazione KJ+, l’artefice
17 Città di Torino, “L’Officina Verde Tonolli”, in www.comune.torino.it, 2811-2014.
160
di un progetto di ortoterapia per non-vedenti e ipovedenti, Associazione Parco del Nobile specializzata in percorsi di educazione ambientale. La necessità di migliorare e migliorarsi, per andare oltre e cercare di coinvolgere emotivamente e fisicamente i cittadini, attraverso un continuo confronto, una maggiore informazione e l’esigenza espressa da molti cittadini di vivere maggiormente l’area verde ha portato le diverse associazioni coinvolte a progettare una serie di percorsi accomunati da uno stesso filo conduttore e complementari fra loro, dando vita a un unico-progetto declinato in azioni diverse. La finalità è stata quella di impegnarsi nel diffondere l’educazione ambientale dei cittadini nell’ambito della cura, della gestione, della convivenza con il verde in città. Questa iniziativa si pone obiettivi come promuovere l’ecologia urbana con par-
ticolare attenzione alle abilità ambientali nella natura urbana; avvicinare i cittadini all’Officina verde Tonolli, iniziando dagli abitanti di prossimità e con attenzione alle diverse fasce d’età e alle scolaresche del territorio; coinvolgere e confrontarsi con altre agenzie della Circoscrizione 4 sulla natura in Città, collaborare nella cura dell’area verde con attività manuali di orticoltura e giardinaggio urbano, incentivare l’animazione ambientale partendo dalle buone abitudini quotidiane da sperimentare nell’Area Verde.18
18 Associazione Jonathan, 2012, “Un orto animato”, in www.associazionejonathan.it, 28-11-2014.
162
Viale della frutta Il Viale della Frutta è un percorso pedonale che costeggia la scarpata che sovrasta Strada della Pellerina e la zona delle cascine, Il Cascinotto e Il Mineur; qui è vivo il contrasto tra i pascoli ancora attivi e la zona urbana, con la recente centrale IREN. Il Viale della Frutta si estende da via Servais 130/17 ai giardini Marie Curie. Grazie al lavoro dei Volontari e in collaborazione con il Comune, sono stati piantati vari alberi di melocotogno, di ciliegio, fico e ulivo. Questo viale è dedicato alla memoria di Roberto Comino, ambientalista dell’Associazione Alta Parella-Pellerina; l’ampio panorama spazia sulle vette più alte delle Alpi Graie, dalla Cia19 Città di Torino, 2011, “Viale della frutta”, in www.comune.torino.it, 2911-2014.
A destra: Settembre 2011, il viale della frutta. Fonte: Viale della frutta, www.comune.torino.it, 29-11-2014.
163
marella al Gran Paradiso.19
Our Secret Garden Oursecretgarden è un orto realizzato sul tetto piano del basso fabbricato che ospita i locali di Studio999, nel quartiere di San Salvario a Torino. L’orto, insignito nel 2010 del Premio Innovazione Amica dell’Ambiente di Legambiente Italia, è coltivato da chi vive e lavora nel condominio sostenibile di via Goito 14. Esemplificazione di un nuovo modo di progettare e usare gli spazi inutilizzati dei cortili, in particolare nei quartieri ad alta densità edilizia, Oursecretgarden propone anche un modo diverso di abitare e di creare occasioni di socializzazione tra gli abitanti.20 Con l’obiettivo di raggiungere una migliore vivibilità, dentro la Torino tradizionale ne sta nascendo una verde, dopo iniziative come Bike Pride, lo Slow Food Day, il Festival Smart City Days e il Pranzo degli Avanzi. Dopo che la città ha ospitato il convegno Nutrirsi di Paesaggio, Torino ha deciso di candidarsi nel 2016 come Capitale del Paesaggio. L’idea di riqualificare un edificio ottocentesco nel cuore di Torino è quella di lanciare un progetto pilota non solo dal punto di vista ambientale, con l’istallazione di un orto sul tetto, ma anche e soprattutto sociale, creando spazi di condivisione e di scambio di competenze; grazie ai risultati pratici ottenuti nel quartiere, l’idea è quella di riprodurre questo progetto, creando una rete di orti nelle città. Il primo passo è far prendere consapevolezza alle persone dei forti vantaggi che produce l’avere il proprio orto sul tetto: miglioramento energetico in grado di abbassare del 3% i costi di riscaldamento e di condizionamento, vantaggio di un ottimo isolamento e lo sfruttamento della terra come inerte naturale, l’acqua meteorica viene in buona parte assorbita dal terreno e quindi utilizzata in modo cosciente e non sprecata, circa il 15% della propria dieta alimentare è ricavabile dai prodotti dell’orto.21
20 D’Ottavio M., 2010, “Oursecretgarden”, in www.studio999.it, 29-11-2014. 21 “Torino e il condominio delle condivisioni”, in www.labsus.org, 29-11-2014.
164
A destra: Community Rooftop garden sul tetto di STUDIO999, Torino. Fonte: Oursecretgarden, www.studio999.it, 29-11-2014
165
TOCC Il progetto Torino Città da Coltivare (TOCC), proposto dall’assessore all’Ambiente Enzo Lavolta, propone un nuovo rapporto tra agricoltura e città, è stato approvato il 5 marzo 2012 dal Consiglio comunale. Il progetto promuove lo sviluppo dell’agricoltura nel territorio urbano, consiste in coltivazioni sostenibili e indirizzate al concetto di “catena corta”, agricoltura sociale, orticoltura individuale o collettiva, agriturismo e forestazione urbana. Il progetto ha avviato un’analisi delle aree verdi a uso agricolo esistenti, con un censimento dei fabbricati esistenti, delle concessioni in scadenza e delle superfici, sia quelle di proprietà comunale (due milioni di metri quadrati circa) sia i terreni di proprietà privata. Una volta completato il quadro, l’amministrazione ha individuato le modalità più idonee per la promozione di forme di agricoltura e forestazione urbana multifunzionale, ha incentivato una gestione che riconosca le valenze alimentari ma anche sociali, ambientali e di tutela del suolo dell’attività agricola, valenze già riconosciute a livello europeo dalla Politica Agricola Comunitaria. “Il punto di arrivo di questo progetto è la realizzazione di un nuovo modello per un vivere cittadino maggiormente legato al contatto con la terra e con la natura, che abbia ricadute positive economiche per chi abita in città, come aiuto rispetto ai problemi alimentari ed ecologici, e per il Comune, che può in questo modo ridurre i costi di gestione del patrimonio del verde urbano”, così spiega Lavolta. Si avvia dunque “un percorso articolato che non può prescindere dal confronto con i portatori d’interesse locali –prosegue l’assessore - in primis le circoscrizioni e le associazioni. La sfida è quella di progettare insieme una città naturale più intelligente che prenda in considerazione i vari aspetti del vivere cittadino quali l’approvvigionamento locale, il paesaggio, le funzioni socia166
li, la gestione ambientale”.22 Una volta c’erano gli orti urbani, per lo più in periferia, spesso abusivi, con recinzioni ricavate da vecchie reti da letto e capanni per gli attrezzi di plastica e amianto, i “giardini” avevano un aspetto tutt’altro che ecologico, soprattutto per i canoni odierni. Eppure quei disordinati micro-mondi di pomodori e carote, frutto di una tradizione che nel capoluogo piemontese risale agli anni Cinquanta e all’immigrazione, hanno contribuito a mantenere vivo il rapporto diretto con la terra, rendendo un po’ meno alienante la vita nelle periferie di una città industriale come Torino. A valorizzare le funzioni sociali, ambientali e finalmente anche paesaggistiche del fenomeno, è arrivato il progetto TOCC. «È ora di ripensare il rapporto tra agricoltura e città – spiegano dall’Assessorato all’Ambiente - e di trovare un nuovo modello di gestione degli orti urbani, collaborando sia con i singoli orticoltori che con le associazioni e le cooperative, che in alcuni quartieri hanno già avviato esperimenti di conduzione collettiva. Si tratta di incentivare una gestione che riconosca le valenze alimentari ma anche sociali, ambientali e di tutela del suolo dell’attività agricola, in linea con i principi della Politica Agricola Comunitaria». Oggi gli orti urbani a Torino sono oltre 400, distribuiti soprattutto in quelli che una volta erano i quartieri-dormitorio degli operai (Barriera di Milano, Falchera, Mirafiori e Vallette) e che da qualche anno sono al centro di articolati processi di riqualificazione. Un vero e proprio patrimonio verde, a cui si aggiungono gli orti della cintura, i parchi e una serie di aree occupate da attività agricole recentemente cedute alla Città in cambio di diritti edificatori. Inoltre vi sono gli edifici presenti all’interno delle aree verdi: cascine, alcune antiche e di pregio, ma anche vecchi fabbricati che hanno perso la loro funzione originaria, come l’ex arrivo della funivia 22 Città di Torino, 2012, “Progetto TOCC – città da coltivare”, in www.comune.torino.it, 30-11-2014.
167
di Italia 61 a Cavoretto.
«Gli orti individuali portano purtroppo molti problemi, come la scarsa cura delle parti comuni o la mancanza di un’adeguata formazione indirizzata all’eco-sostenibilità. Per non parlare poi dell’abusivismo, questione ancora di difficile soluzione – dicono i tecnici del Settore Grandi Opere del Verde - L’idea per il futuro è quindi di dare in concessione, attraverso una serie di bandi, intere aree e fabbricati a organismi collettivi (associazioni, comitati di cittadini, cooperative) che facciano da tramite fra i singoli orticultori e le istituzioni e siano responsabili di un progetto organico di gestione». «Il punto di arrivo di “Torino Città da Coltivare” – conclude l’assessore Lavolta - è la realizzazione di un nuovo modello per un vivere cittadino maggiormente legato al contatto con la terra e con la natura, che abbia ricadute positive di tipo sociale, educativo ed economico per chi abita in città, come aiuto rispetto ai problemi alimentari ed ecologici, e per lo stesso Comune, che può in questo modo ridurre i costi di gestione del patrimonio del verde urbano».23 Il progetto TOCC aveva come scopo l’introduzione di forme di agricoltura e forestazione urbana multifunzionale (a filiera corta, orticoltura, educazione, formazione, agriturismo, tutela del suolo e inserimento sociale) in città. Tale progetto si è attuato sia mediante forme di partenariato e collaborazione con privati proprietari agricoli, sia mediante concessione delle aree ed edifici di proprietà comunale inseriti nel verde cittadino, di cui sarà preventivamente verificata la necessità di adeguamenti urbanistici.24 Il progetto ha promosso l’analisi delle aree destinate a verde dal vigente P.R.G., utilizzabili per attività agricole di tipo tradizionale o sociale coerentemente con le suddette finalità generali nonché la predisposizione dei provvedimenti tecnici ed amministrativi atti a definire ed
23 Marino G., 2012, “Agricoltura urbana: la rivoluzione parte da TOCC”, in www.lastampa.it, 30-11-2014.
incentivare tutte le forme di valorizzazione dei terreni e dei fabbricati per
24 Città di Torino, 2012, “Progetto TOCC – Torino città da coltivare. Definizio-
progetti di agricoltura urbana. Rientrano in tale ambito le coltivazioni di
ne delle linee guida”, in deliberazione del consiglio comunale 5 marzo 2012, Città di Torino, Torino, pp. 2-5.
168
A destra: Orti urbani al parco dell’Arrivore. Da campo nomadi a orti urbani. Fonte: Torino Città d’acque, www.comune.torino.it, 30-11-2014.
tipo tradizionale indirizzate al concetto di “catena corta”, quale l’agricoltura sociale che riguarda le attività agricole che permettono di realizzare percorsi terapeutici e riabilitativi e di integrazione lavorativa per persone svantaggiate, l’orticoltura urbana di tipo individuale o di tipo collettivo mediante il coinvolgimento di Associazioni ovvero di Gruppi di Acquisto Solidale per affrontare le difficoltà di tipo economico delle fasce deboli di popolazione, l’agriturismo per la valorizzazione delle produzioni del territorio e del paesaggio agricolo e forestale urbano, la forestazione urbana da svilupparsi come compensazione delle emissioni di Co2 di aziende ed attività riferite all’area metropolitana torinese, la gestione della filiera forestale del patrimonio verde collinare della Città da realizzarsi in conformità ai disposti della Legge Forestale Regionale.25 25 Città di Torino, 2013, “Nuovo regolamento per l’assegnazione e la gestione degli orti urbani”, in deliberazione del consiglio comunale 25 marzo 2013, Città di Torino, Torino, pp. 4-5.
169
Le aree di intervento del progetto TOCC sono terreni agricoli periurbani, parchi a carattere estensivo con preesistenze (cascine) e terreni forestali. Le finalità del progetto sono di conservazione dell’agricoltura residua
nell’area periurbana con metodi di sostenibilità ambientale, ricomposizione del paesaggio agricolo con mitigazione infrastrutturale, consolidamento dei corridoi ecologici dalla collina alla prealpe passando lungo le aste fluviali (Stura, Dora e Sangone), incentivare l’uso degli orti di circoscrizione a fine aggregativi e sociali nonché di integrazione a reddito, inserire nelle convenzioni dei terreni di proprietà comunale anche parti di gestione e di presidio del territorio a carico dei coltivatori, valorizzazione del sistema insediativo di matrice storica rappresentato da cascine e percorsi di connessione.26
26 Assessorato ambiente – lavori pubblici – verde divisione servizi tecnici per le grandi opere edilizie e verde pubblico, “Verde urbano e periurbano. Nuovi usi per nuovi sviluppi”, in Torino città da coltivare, Città di Torino, pp. 7-6.
170
Casino Barolo L’area oggetto dell’intervento si estende su una superficie di oltre 56.000 mq, di cui quasi 20.000 mq sono interessati dalla sistemazione a verde, attualmente la superficie è area di cantiere delimitata a est dai muri di confine di capannoni di attività lavorative, a ovest da Strada Altessano, a sud e a nord da altri edifici. L’intera area è condizionata dalla presenza di edifici di dieci piani disposti a ferro di cavallo nel nucleo centrale dell’area, con un altro corpo di edifici di dieci piani verso nord. I giardini si sviluppano all’interno del ferro di cavallo degli edifici e attorno agli stessi. Molte aree, soprattutto le ciclopiste verso est, sono condizionate dalla presenza degli edifici che incombono su di esse, sviluppando un forte ombreggiamento, inoltre saranno realizzate su soletta, il che comporta opportune scelte vegetazionali. I diversi tratti e le diverse aree oggetto d’intervento si presentano difformi per superficie, vincoli e specifiche destinazioni d’uso. Sono stati pertanto progettati viali alberati, un grande anfiteatro di arbusti, una cornice verde ornata da alberi insoliti e colorati, un percorso diversificato che accompagna le piste ciclabili e per il jogging con tappezzanti e specie da ombra, vaste aree a prato, alberi di terza grandezza per offrire un’ombra leggera alle sedute ed ai percorsi fitness, una scarpata rinverdita con tappezzanti anti-erosione.27 I lavori hanno interessato anche la struttura muraria ad arco presente sul lato di ingresso in strada comunale di Altessano, risalente all’epoca del Casino Barolo, che è stata recuperata e diventa il portale di accesso pedonale al giardino. L’area verde si trova di fronte al cantiere dello stadio della Juventus, in uno spazio che fino a poco tempo fa era periferico e che, nel volgere di pochi anni, si è trovato al centro di nuove aree commerciali e di importanti insediamenti residenziali. I Circa 54.000 metri 27 Mighetto P., Minari M., 2009, “Giardini di ricucitura intorno a Casino Barolo”, in www.divisare.com, 2-12-2014.
171
quadri totali, oltre ad aree gioco, sosta e fitness, vedono anche presenti
A sinistra: I casotti degli orti urbani di Casino Barolo, Torino. Mighetto P., Minari M., Aires A. 2011. Fonte: Elementi di design per gli spazi pubblici, www.europaconcorsi.com, 2-12-2014
una pista ciclabile, 23 orti urbani, altri 90 alberi, 1000 piante tappezzanti, 10.000 arbusti, oltre ad erbe aromatiche quali salvie, rosmarini e lavande, graminacee ornamentali e bamboo. Onde colorate attraversano e uniscono i diversi spazi diventando percorsi pedonali in prato protetto con griglie o vie per correre sull’erba sintetica colorata o, ancora, strade ciclabili in resina. Sdraio, panchine, sedili in legno e divani in cemento colorato e lisciato, simili a quelli di casa, servono per rilassarsi, mentre i bambini possono divertirsi nelle varie aree gioco attrezzate in base all’età.28 Accanto ai giardini pubblici di Casino Barolo, gli orti producono, grazie al sapiente lavoro degli abitanti del quartiere, frutta e verdura di stagione, una piazzetta comune per condividere tecniche, ma anche pranzi insieme, uno spazio didattico per raccontare le proprie esperienze agli altri, tutti insieme sotto la tettoia. Casino Barolo, è il nome di un’antica cascina che sorge nella periferia Nord di Torino. Storicamente si tratta
28 Città di Torino, 2009, “Inaugurazione dell’area verde Casino Barolo nel quartiere Vallette”, in www.comune.torino.it, 2-12-2014.
172
di una zona prevalentemente agricola, ma con qualche insediamento industriale che richiedeva una bonifica del territorio. Il primo obiettivo del progetto era quello di cercare di trovare un collegamento tra aree diverse fra loro, l’antica cascina del ‘700, i vecchi fabbricati industriali e i grandi palazzi residenziali. Il giardino diventa quindi l’elemento centrale per la vivibilità della zona. È stata creata una zona destinata agli orti, che saranno assegnati agli abitanti della zona, con precedenza alle persone a basso reddito, per le quali l’orto può rappresentare un contributo im29 Minari M., “Il Giardino Casino Barolo”, in www.marcominari.it, 2-12-2014.
173
portante anche nel bilancio famigliare.29
Marie Curie In Via Servais 158 è stato aperto il nuovo giardino intitolato a Marie Curie. Allestito dal Settore Urbanizzazioni della Città, il progetto ha coinvolto le classi delle scuole elementari “J.F. Kennedy” e “J. Dewey”. Coordinati dagli architetti Arianna Borda e Cristina Viani, i ragazzi sono stati chiamati a proporre modifiche da apportare al giardino in parte già esistente. Con la collaborazione delle insegnanti, il lavoro ha evidenziato aspetti positivi e criticità del vecchio giardino e permesso la progettazione mirata di quello nuovo sulla base delle esigenze espresse
A sinistra: Giardino via Servais: arch. Marco Minar. Fonte: Giardino Marie Curie, www.comune.torino.it, 4-12-2014.
174
dagli allievi, che hanno manifestato il desiderio di avere attrezzature di gioco per i più grandi e addirittura per gli adulti. Il risultato finale ha portato ad un giardino che si snoda attorno ad una grande teleferica sospesa sopra un mare blu di erba sintetica. Oltre ai giochi per i bimbi, c’è un’area fitness per gli adulti con cyclette ma adatta agli sportivi di tutte le età. Spazio anche per chi non vuole faticare, una collina mirador sovrasta il giardino e fiorita di narcisi a primavera permette l’osservazione delle montagne che circondano la città inoltre attraverso un vialetto interno, collega gli interni lungo Via Servais. Per ricordare il personaggio cui è dedicato il giardino sono stati coinvolti ancora una volta i ragazzi della Kennedy e della Dewey che hanno elaborato grossi pannelli colorati, disposti lungo il viale pedonale d’ingresso, che raccontano la storia di Marie Curie, le sue ricerche e il Premio Nobel vinto. Il progetto è stato coordinato da Adolfo Balma, la parte del giardino da Paolo Mighetto e Marco Minari, quello del verde da Stefano Fioravanzo 30 Città di Torino, 2009, “Si inaugura l’ampliamento del Giardino Marie Curie, nella Circoscrizione 4”, in www.comune.torino.it, 4-12-2014.
175
e Marta Vitale. Alessandra Aires e Guido Giorza ne hanno curato l’allestimento.30
5.1.3
Il progetto Miraorti
Il quartiere Mirafiori, situato nella parte meridionale della città, è stato caratterizzato sino alla prima metà del XIX secolo, da una produzione prevalentemente di tipo agricolo, la modernità si è manifestata pienamente solo a partire dal 1939, anno in cui la Fiat ha inaugurato il terzo stabilimento torinese. Da quel momento la conformazione del quartiere è radicalmente mutata, non solo a causa di una nuova superficie industriale di due milioni di metri quadri, ma soprattutto per il processo di modernizzazione che la fabbrica automobilistica ha innescato; nascono in questo periodo i primi quartieri residenziali e la zona circostante la fabbrica viene edificata. Torino è diventata così uno dei più importanti poli industriali del paese richiamando un’imponente migrazione dal sud Italia, l’edificazione si è sviluppata a discapito del paesaggio agricolo, arrestandosi solo in prossimità di strada del Drosso.31 La ricerca si colloca nella piana alluvionale a sud di strada del Drosso, in un territorio costituito da due aree orticole, separate da un vasto campo di grano e limitate a sud dalla tangenziale e dal fiume Sangone ed a nord dalla strada sulla quale si affaccia l’edilizia residenziale pubblica.
31 Olivari S., 2012, “L’orticoltura in Mirafiori sud”, In Olivari S., Indagine di
La zona in questione è l’esito di un processo storico che ha le sue radici
fattibilità, Seriso, Torino, pp. 7.
176
A destra: Indagine di fattibilità sociale 2012. Orti spontanei di Strada del Drosso. Fonte: Miraorti, www.seriso.it, 6-12-2014
nel castello del Drosso, sede nel 1233 di monaci Benedettini Cistercensi e nella prima metà del 1500 residenza di campagna delle nobili famiglie che frequentavano la corte ducale della vicina reggia di Miraflores. Successivamente fu trascurato per lasciare il posto alla coltivazione del tabacco e alle prime attività manifatturiere, le Fornaci, che annunciarono al quartiere la sua vocazione industriale. Gli orti urbani sono sorti contestualmente alla costruzione delle case popolari nei primi anni ’60, sono caratterizzati da una popolazione di ex-operai immigrati dal sud e dal nord-est Italia, giunti a Torino con il boom economico ed hanno occupato appezzamenti di terreno residuale.32 32 Olivari S., 2012, “Il contesto della ricerca”, In Olivari S., Indagine di fattibilità, Seriso, Torino, pp. 8.
177
Il progetto di ricerca-azione Miraorti è nato con l’intento della Coope-
rativa Biloba di attivare percorsi decisionali inclusivi per la progettazione partecipata del territorio. Il lavoro è stato portato avanti in prevalenza sul campo, seguendo un approccio di tipo relazionale necessario per creare spazi di collaborazione. L’obiettivo finale del Progetto Miraorti è la creazione del Parco Agricolo del Sangone. La bonifica e la riorganizzazione degli spazi occupati dagli orti spontanei avverrebbe in maniera graduale, facendo buon uso del capitale umano presente. Il progetto tiene conto del fatto che non tutti gli ortolani che coltivano un orto abusivo possano essere realmente interessati a divenire assegnatari di un orto regolamentato. La prima tappa di questo progetto associativo sarebbe un’indagine per valutare la propensione al cambiamento, una valutazione sulle questioni tecniche relative alle funzioni dell’Associazione e il regolamento degli orti.33 Una rigenerazione territoriale efficace è possibile solo mediante l’incontro tra i bisogni dei diversi stakeholders: l’amministrazione comunale, gli ortolani e la cooperativa Biloba. Gli orticoltori abusivi desiderano mantenere lo status quo preservando la propria attività in loco, la cooperativa si propone di mediare le diverse istanze tra attore istituzionale e ortolani, attraverso un processo virtuoso di cambiamento che preservi l’identità del luogo e la storia dei soggetti coinvolti, sollecitando una loro partecipazione attiva.34 Si ritiene che il progetto Miraorti, nella sua declinazione attuale, rappresenti un intervento adeguato a rispondere alla necessità di un cambiamento capace di tener conto delle istanze delle parti interessate. Per una lettura complessiva dei risultati dell’indagine saranno presentati i principali punti di forza e di debolezza, gli elementi di opportunità e di minaccia del progetto Miraorti. I punti di forza evidenziano le caratteristiche del progetto che meglio interagiscono con le proprietà, i comportamenti e le disposizioni della
33 Olivari S., 2012, “Il progetto Miraorti”, In Olivari S., Indagine di fattibilità, Seriso, Torino, pp. 19-21. 34 Olivari S., 2012, “Fattibilità del progetto Miraorti”, In Olivari S., Indagine di fattibilità, Seriso, Torino, pp. 68.
178
A destra: Miraorti. Orti a Mirafiori. Fonte: Parco agricolo del Sangone, www.miraorti.com, 6-12-2014.
popolazione: visibilità acquisita dalla Cooperativa nel periodo dell’indagine, gradualità dell’attuazione del cambiamento, continuità per i singoli dell’uso dell’orto, predisposizione di spazi di collaborazione, valorizzazione delle competenze dell’ortolano mediante l’introduzione di individui inesperti o di scolaresche, risoluzione del problema dell’approvvigionamento idrico e durata della concessione dell’orto. I punti di debolezza restituiscono le difficoltà insite nella realizzazione del progetto in relazione all’area studiata: percezione di insicurezza legata alla ristrutturazione dei confini, novità dell’idea progettuale e conseguente difficoltà nell’acquisizione di credibilità. Le opportunità costituiscono le caratteristiche della popolazione su cui il progetto può fare perno: propensione diffusa a dotarsi di sistemi nor179
mativi, e alla cooperazione tra pari, plurale esigenza di risolvere i problemi legati al reperimento dell’acqua, timore diffuso di perdere il terreno, desiderio di superamento della condizione di irregolarità amministrativa, assenza di pregiudizi verso gli stranieri e presenza diffusa di soggetti orientati alla socialità. Le minacce rappresentano le caratteristiche della popolazione che possono compromettere la realizzazione del progetto: elevata età della popolazione, presenza di alcuni soggetti antagonisti al progetto, diffidenza della popolazione nei confronti di soggetti esterni con un fine diverso dall’orticoltura.35
35 Olivari S., 2012, “Considerazioni finali”, In Olivari S., Indagine di fattibilità, Seriso, Torino, pp. 82-83.
In basso: Mappa degli orti spontanei di Strada del Drosso. Fonte: Miraorti, www.miraorti.com, 6-12-2014
180
Area del Drosso Lo scenario proposto ha delle caratteristiche innovative che sperimentano nuove forme di collaborazione tra pubblico e privato per la riqualificazione di aree degradate, la realizzazione di orti urbani che a differenza di quelli regolamentati non comporterebbero costi di gestione per il pubblico pertanto sarebbero aperti a tutti e consentirebbero usi diversificati per l’intera cittadinanza. È stato ipotizzato un sistema di trasformazione compartecipato tra ente pubblico ed ente gestore, mediante lo strumento della concessione, questo consentirebbe un tipo di riqualificazione dal basso, che permetterebbe agli ortolani di mantenere l’orto a condizione di effettuare loro stessi parte delle opere di bonifica e di adeguarsi ad una serie di norme per la regolamentazione dell’area. Questo processo permetterebbe loro di regolarizzarsi e di riqualificare un’area grande, il doppio rispetto a quella prevista dal preliminare e di realizzare 190 orti anziché 72 con il medesimo budget.36 La ricerca si è sviluppata a partire dalla necessità di inquadrare il fenomeno dell’orticoltura urbana in strada del Drosso, di verificare la fattibilità di un intervento che prevede la rigenerazione e l’istituzionalizzazione degli orti attraverso un processo di partecipazione attiva, al fine di salvaguardare la storia, le relazioni e la spontaneità, anche paesaggistica, degli orti abusivi, e al tempo stesso di ripristino della legalità ambientale e amministrativa del territorio. Il progetto Miraorti, servendosi della progettazione partecipata e l’indagine sociologica, ha mediato le diverse istanze tra attore istituzionale e ortolani attraverso un processo virtuoso di cambiamento che preservi l’identità del luogo e la storia dei soggetti coinvolti, sollecitando una loro partecipazione attiva. L’unità di analisi svolge le pratiche orticole, ossia l’area che da Strada del Drosso giunge fino al fiume Sangone e che incontra ad est l’insediamento in36 Olivari S., 2012, “Area del Drosso”, in Olivari S., Miraorti Report scientifico. Ricerca-azione, Seriso, Torino, pp. 11.
181
dustriale di Avio Group e ad ovest un campo coltivato a seminativi. In
seguito all’indagine condotta sulla popolazione degli ortolani di Strada del Drosso, si ritiene che lo scenario proposto da Miraorti rappresenti un intervento adeguato a rispondere alla necessità di un cambiamento capace di tener conto delle istanze dei principali stakeholders.37 Partendo da questa base si è comunque posta molta importanza allo spazio pubblico che occupa il 42% dell’area, mentre l’area ad orti occupa il 58%. Lo spazio pubblico si concentra soprattutto verso il fronte strada, nel bosco e nel grande prato difronte all’area con le dotazioni comuni, i viali e un mosaico di aree verdi contigue diffuse su tutta l’area. Gli orti sono stati ridotti avendo l’accortezza, dove possibile, di salvaguardare gli ortolani positivi al progetto. Gli spazi pubblici sono stati situati in corrispondenza di orti abbandonati o dove vi sono ortolani nettamente contrari al progetto che in caso di realizzazione del progetto non sarebbero interessati a mantenere l’orto. I punti principali del progetto sono la demolizione di ogni abuso edilizio e la bonifica da ogni materiale improprio, la realizzazione di un pozzo e dell’impianto irriguo per la distribuzione dell’acqua a 190 singoli orti, la risistemazione dei viali di accesso, mantenuti sul loro tracciato, ampliati e costeggiati da fasce inerbite di 1,5m e alberate, la creazione di un’area tampone a bosco lungo il fronte strada che crearà uno schermo vegetale di separazione tra strada del Drosso e gli orti, la creazione di un nuovo viale trasversale per ricongiungere gli orti alla zona ovest del futuro Parco Agricolo del Sangone, la creazione di piazzole di sosta interne e di un parcheggio all’altezza di via Negarville, la predisposizione per dotazioni quali bagni, uffici, forno comune a carico dell’ente gestore e ad uso degli ortolani e abitanti, la creazione di prati comuni e aree attrezzate disseminati su tutta l’area sul modello francese del parc-potager, il rifacimento di tutti i confini degli orti mediante recinzioni alte 1,5m e siepi miste.38
37 Olivari S., 2012, “L’approfondimento sociologico”, in Olivari S., Miraorti Report scientifico. Ricerca-azione, Seriso, Torino, pp. 12-16. 38 Olivari S., 2012, “Lo scenario di trasformazione”, in Olivari S., Miraorti Report scientifico. Ricerca-azione, Seriso, Torino, pp. 18-20.
182
A destra: Ricerca - Azione 2010/2011. Parco agricolo del Sangone: una proposta di trasformazione. Fonte: Parco agricolo del Sangone, www.miraorti.com, 6-12-2014.
Il piano economico-finanziario riferito alla gestione dell’area pubblica degli orti di Strada del Drosso è stato redatto ipotizzando la concessione di tale area a favore di un ente gestore da parte della Città di Torino, della durata di otto o più anni. L’investimento iniziale a carico dell’ente gestore dovrebbe essere di € 103.434,00. Il quadro dei costi di gestione include il personale le utenze, le forniture, le consulenze nonché la polizza assicurativa e le spese di manutenzione ordinaria. Il quadro delle 39 Olivari S., 2012, “Piano economico finanziario”, in Olivari S., Miraorti Report scientifico. Ricerca-azione, Seriso, Torino, pp. 23.
183
entrate derivanti dalla gestione dell’area comprende i canoni di affitto delle parcelle ad orto e l’uso della dotazione comune.39
Area del Parco Piemonte L’area agricola del Parco Piemonte può diventare motore della trasformazione e gestione dell’area a parco che si trova anche al di fuori dei confini del Parco Piemonte con gli obbiettivi di creare nuove forme di
Pagina accanto: Parco agricolo del Sangone, mappa delle relazioni. Fonte: Parco agricolo del Sangone, www.miraorti.com, 6-12-2014.
agricoltura che offrano servizi per gli abitanti e favoriscano il legame sociale; un’agricoltura di tipo urbano dall’alto valore inclusivo e partecipativo, realizzata come area di agricoltura sociale a favore di soggetti svantaggiati per la produzione biologica e la raccolta diretta, area di orti urbani realizzati su iniziativa private, area a prato stabile per la produzione di fieno per la mini-fattoria della cascina e la fruizione. Ridare inoltre una struttura paesaggistica che organizzi gli spazi e valorizzi le tracce del paesaggio agrario preindustriale attraverso la valorizzazione del sistema dei canali e la reintroduzione del sistema della classica piantata della pianura padana caratterizzata da filari di gelsi e salici lungo i canali.40 Orti Generali vuole costruire un modello imprenditoriale per la trasformazione e la gestione di aree agricole residuali dell’area metropolitana torinese, nonché di contesti urbani altri, improntato alla sostenibilità ecologica e all’equità sociale. Componente essenziale del progetto consiste per Orti Generali l’utilizzo di tecnologie di rete nell’ambito della comunicazione, con un importante carattere di inclusività, attente a non riprodurre disuguaglianze sociali e culturali, garantendo la fruizione dell’esperienza complessiva ad una pluralità di soggetti, divulgatrici di conoscenze, competenze ed esperienze intese come opportunità di crescita collettiva e non di dominio privato.41 Nel primo anno partiranno i lavori di trasformazione dell’area per la creazione di 200 nuovi orti ad uso individuale, famigliare o collettivo, di diverse dimensioni, 1 ettaro di parcelle destinate all’agricoltura sociale, il sistema di irrigazione, la viabilità di accesso, le recinzioni, gli ingressi, le siepi, le alberature e gli arredi necessari a rendere fruibile lo spazio pubblico, le dotazioni leggere da
40 Olivari S., 2012, “Parco Piemonte”, in Olivari S., Miraorti Report scientifico. Ricerca-azione, Seriso, Torino, pp. 30. 41 Olivari S., 2012, “Lo scenario di trasformazione: Orti Generali”, in Olivari S., Miraorti Report scientifico. Ricerca-azione, Seriso, Torino, pp. 3-4.
184
185
installare nello spazio comune per attività di diverso tipo. Nel secondo anno Orti Generali offrirà ai cittadini la possibilità di affittare parcelle di terreno attrezzato per la coltivazione di ortaggi e piante ornamentali, orti individuali o famigliari, orti collettivi e orti “aperti” con finalità inclusive e sociali consistenti nell’affittare piccoli spazi attrezzati per la trasformazione e la cottura dei cibi, per attività di fai-da-te, o per riunioni e corsi. Inoltre, all’interno dello stesso spazio si effettueranno attività didattiche per scuole e associazioni, campeggio leggero, vendita di piante, semi e piccoli attrezzi agricoli tramite mercatino domenicale, attività di bar/chiosco per la vendita di bevande e cibi freddi. Orti Generali vuole diventare, in pochi anni, il punto di riferimento cittadino per l’agricoltura urbana. L’impresa vuole coinvolgere direttamente la comunità locale nella trasformazione e gestione degli spazi verdi al fine di aumentare il valore dell’ambiente urbano e vuole mettere in pratica il principio di equità sociale attraverso spazi dedicati ai soggetti svantaggiati. Orti Generali è un nuovo spazio urbano pensato per aree agricole cittadine residuali che si situano ai margini dei confini comunali, sono aree destinate, secondo il piano regolatore, a verde pubblico, ma ancora in attesa di destinazione. Vi sono comunque incluse, eventualmente, aree agricole private al fine di replicare il progetto in altri luoghi della città. Le aree di proprietà del comune che l’amministrazione intende mettere a Bando ammontano a circa 200 ha. Infine Orti Generali offre: l’orto individuale con affitto di parcelle di terreno per la coltivazione ad uso privato, ognuno è provvisto di bordura (rete + siepe), cancello, presa per l’acqua e capanno per gli attrezzi; l’orto collettivo, affitto di parcelle di terreno per la coltivazione ad uso collettivo, ognuno è provvisto di bordura (rete + siepe), cancello, presa per l’acqua e capanno per gli attrezzi. Il campo aperto con affitto di appezzamenti di terreno per lo svolgimento di progetti di agricoltura sociale, il terreno è irriguo e sono messi a disposizione attrezzature, strumenti e materiali agricoli; i corsi formativi, legati alle pratiche 186
agricole e svolti in campo o al chiuso secondo necessità; le attività aperte, che sono di vario genere quali raccolta di piccoli frutti, raccolta di verdura, cura di animali, mietitura, trebbiatura e molitura, panificazione; il campeggio leggero, con affitto giornaliero di piazzole numerate per il posizionamento di tende mobile, con disponibilità di servizi igienici, docce, lavandini e allacciamento alla rete elettrica; il chiosco con servizio bar e ristorazione e con vendita di bevande e cibi.42 A fronte di un investimento iniziale di 147.024 €, i flussi di cassa sviluppati nei 5 anni successivi (fase di gestione) portano ad un bilancio positivo, che seppur modesto in valore assoluto, è adeguato in rapporto a quanto investito e dimostra la piena sostenibilità del progetto. In occasione della riqualificazione urbanistico-ambientale dell’area compresa tra il torrente Sangone e il quartiere di Mirafiori sud, sarà avviato un percorso di progettazione partecipata di supporto alle amministrazioni per la redazione dei progetti esecutivi dell’area. Lo scopo è quello di affrontare le trasformazioni contemporanee attraverso un approccio relazionale, capace di mettere in comunicazione gli attori sociali e le istituzioni che operano insieme in un contesto in via di trasformazione. In Italia e nel resto d’Europa i percorsi partecipati per la progettazione del territorio si sono rivelati uno strumento essenziale per promuovere il coinvolgimento diretto dei cittadini nei processi decisionali. In seguito alla realizzazione del termovalorizzatore in zona Gerbido verranno avviate diverse azioni di riqualificazione sul territorio. Il progetto ha come scopo quello di attivare percorsi decisionali inclusivi per una progettazione partecipata del territorio nel quale i cittadini saranno chiamati a riflettere sulla configurazione dei futuri interventi: in particolare sugli utilizzi del parco, la tipologia e collocazione delle zone ricreative, gli orti urbani, gli 42 Olivari S., 2012, “Business plan”, in Olivari S., Miraorti Report scientifico. Ricerca-azione, Seriso, Torino, pp. 3-12.
187
accessi e la fruibilità, le modalità di realizzazione e di gestione del parco.
Verranno svolte attività sul campo con le scuole e con gli abitanti-giardinieri, al fine di approfondire le conoscenze del sito e raccogliere dati in maniera diretta sulle pratiche, gli usi e i bisogni dei futuri fruitori. Saranno realizzati orti didattici in 3 scuole, un orto collettivo, un orto usato come luogo di incontro con il quartiere e la riqualificazione degli spazi comuni regolamentati. Iniziativa tesa anche al miglioramento delle condizioni 43 Fondazione della comunità di Mirafiori Onlus, “Miraorti. Progetto raccolta fondi attiva”, in www.fondazionemirafiori.it, 6-12-2014.
Pagina accanto: Parco agricolo del Sangone. Mappa progettuale riassuntiva. Fonte: Parco agricolo del Sangone, www.miraorti.com, 6-12-2014.
189
socio-ambientali del quartiere attraverso attività collettive che favoriscano lo scambio di conoscenze tra bambini e anziani e tra i giardinieri.43
5.2
Il caso italiano, la città di Bologna
5.2.1
Inquadramento generale
Dei 18.000 orti sociali presenti in Italia, circa 14.000 si trovano nella regione Emilia Romagna, localizzati perlopiù nelle periferie. A Bologna, di aree comunali assegnate ai cittadini perché siano coltivate, ce ne sono una ventina che rappresentano 2700 orti.44 Gli orti urbani si trovano incastonati tra i palazzi, a volte nascosti tra gli svincoli delle grandi arterie stradali e si concentrano nei quartiere popolari: 776 solo al Navile, seguito dal più periferico Savena con 642 orti e da San Donato con 398.45 A Bologna si registra un proliferare di attività promosse da vari soggetti e dall’Amministrazione comunale stessa che, nel corso del tempo, ha favorito la nascita e la regolamentazione di vaste zone ortive autonome negli ultimi anni, la loro crescente integrazione nei parchi di nuova realizzazione ha arricchito e qualificato il patrimonio verde della città. L’orto in città coinvolge fasce di popolazione completamente diverse per età, provenienza, formazione culturale, motivazioni e obiettivi. È intenzione dell’Amministrazione comunale procedere nella progettazione delle nuove aree ortive con l’obiettivo di coinvolgere professionisti, creativi ed esperti nell’ideazione di spazi di qualità, belli e funzionali, in cui sia data la giusta attenzione a temi quali la sostenibilità ambientale, l’inserimen-
44 Fucci B., 2013, “Esempi di orticoltura urbana”, in www.regione.emilia-romagna.it, 27-12-2014.
to nel contesto, il design, le scelte agronomiche, la valenza pubblica,
45 Coldiretti, 2013, “Boom degli orti cittadini ma tra i giovani non sfondano”,
sociale e culturale degli spazi ortivi. Gli orti a Bologna rappresentano da
in Coldiretti, Corriere di Bologna, Bologna, pp. 7.
190
A destra: Le attività didattiche e sperimentali al CAAB di Bologna. Fonte: Orti urbani: a Bologna 108 appezzamenti di terreno per giovani e famiglie. Boom di richieste, www.nonsprecare.it, 3-01-2015.
sempre un elemento fondante del paesaggio urbano comprendente gli antichi orti conventuali, i lotti di terreni coltivati all’interno del centro storico o nella prima periferia e gli orti di guerra collegati al periodo fascista che coinvolsero terreni di varia natura in molte zone cittadine. La città di Bologna vanta un patrimonio di orti comunali tra i più estesi e longevi in Italia, voluti dall’amministrazione a partire dagli anni ’80 del Novecento con scopi principalmente sociali, nel complesso sono state mappate 162 situazioni diverse: 20 orti comunali, 77 giardini scolastici, 65 altre tipologie di orti. Nell’insieme gli orti occupano una superficie pari a circa 30 ettari, i dati confermano una realtà cittadina legata al mondo dell’orticoltura molto diffusa e vitale, che caratterizza in modo spesso rilevante tratti di paesaggio urbano. A Bologna gli orti comunali sono nati a partire dal 1980 su iniziativa della amministrazione comunale, rivolti essenzialmente alle persone anziane 191
per favorire la socializzazione e la crescita di relazioni, creare momenti di incontro e discussione, valorizzare le loro potenzialità di iniziativa e di auto-organizzazione e promuovere l’impiego del tempo libero in attività fisiche salutari. Risale a quegli anni il primo regolamento messo a punto dall’amministrazione e dai quartieri cittadini per disciplinare l’assegnazione di lotti di terreno di proprietà pubblica da adibire a uso ortivo, come l’attivazione dei primi centri sociali cittadini. Dopo oltre trent’anni di esperienze, le aree ortive comunali sono 20 e contano un totale di oltre 2.700 orti e una superficie complessiva di 160.780 mq pari al 1,3% del verde pubblico cittadino e ogni orto ha una superficie media di mq. 39,16. Le zone ortive sono distribuite in modo disomogeneo sul territorio comunale, con una concentrazione significativa in alcuni quartieri: Savena e Navile si attestano verso la pianura su terreni più idonei all’orticoltura e presentano le dotazioni maggiori mentre quelli di Santo Stefano e Saragozza che si estendono principalmente nel settore collinare, dove è minore la disponibilità di aree adatte a zone ortive tradizionali risultano particolarmente poveri di orti. Le attività dei Quartieri, si occupano delle realtà ricadenti nel proprio territorio di pertinenza in stretta relazione con i vari Comitati di gestione delle singole aree ortive, altrettanto importante è il ruolo di ANCeSCAO “Associazione Nazionale dei Centri Sociali, Comitati Anziani e Orti”, nata a Bologna nel 1990 e alla quale aderiscono la maggior parte dei Comitati di gestione delle aree ortive comunali della città.46 Tanti cambiamenti sono intervenuti nelle società e nelle persone rispetto a 40 anni fa: dall’uso terapeutico dell’orticoltura alle sue opportunità didattiche, dai risvolti ambientali alla lotta contro gli sprechi alimentari fino alle cosiddette “nuove povertà”, compresa la diffusione di abitudini più salutiste. L’Ancescao è una associazione democratica, apartitica che agisce in totale autonomia, non pone alcuna discriminazione di carattere politico,
46 Fondazione Villa Ghigi, 2014, “Bologna città degli orti. Orticoltura urbana tra tradizione e nuove tendenze. Indagine conoscitiva e proposta di nuovi orti”, in Fondazione Villa Ghigi, Comune di Bologna, Settore ambiente ed energia, settore servizi per l’edilizia – SIT, Bologna, pp.3-8.
192
religioso, sociale, di razza, di colore o nazionalità d’origine, senza finalità
In alto: Orti urbani: l’esempio bolognese. Fonte: Tremila orti urbani a Bologna: tornare indietro nel tempo per vivere sostenibile, www.architetturaecosostenibile.it, 3-01-2015.
di lucro. Ad essa aderiscono 1.328 Centri Sociali e Culturali per Anziani dislocati in tutte le zone del Paese con oltre 390.000 iscritti. L’Associazione persegue finalità di utilità e solidarietà sociale e si propone come finalità: coordinare, collegare e stimolare le iniziative e le attività degli organi aderenti, promuovere iniziative di difesa della pace, dell’ambiente e per una nuova qualità della vita, fornire tutte le iniziative tendenti a realizzare attività culturali, ricreative, artistiche, ginnastica di mante-
193
nimento, turismo, soggiorni, cure termali, coltivazioni orti e altre attività
che possono favorire e consolidare la socializzazione degli anziani. Le zone ortive costituiscono un elemento fondamentale dell’associazione perché rappresentano un’importante forma di aggregazione e di lotta al decadimento della qualità della vita.47 Gli orti pubblici dell’Emilia-Romagna se fossero tutti insieme sarebbero un podere di quasi 54 ettari, un’area superiore alla Città del Vaticano, distribuiti in 50 comuni, da Parma a Forlì, e 8 su 10 sono gestiti dall’Ancescao. Quanto alla popolazione degli utilizzatori, su circa novemila assegnatari Ancescao, un migliaio è costituito da non pensionati. Sempre sul totale di circa 9.000, le donne sono quasi un quarto, significativa è anche la presenza di stranieri, che sono 560 pari al 6 per cento. Un altro aspetto molto importante è la collaborazione con le scuole del territorio poiché in tutte le province gli orti Ancescao ospitano alunni per progetti concordati con gli insegnanti e l’esperienza può essere di due tipi: alle classi viene proposta o una visita didattica o un laboratorio di coltivazione insieme ai soci ortolani. Non sono pochi gli orti e i centri Ancescao che ospitano persone con disagi o disabilità psico-motorie, per progetti che s’inquadrano nella cosiddetta “orto-terapia”, consiste nel far svolgere, a tali persone, normali attività di ortocoltura allo scopo di trattare le loro problematiche: l’orto viene considerato “terapeutico” anche per le persone senza particolari problemi, perché comunque favorisce la socialità come antidoto all’isolamento e alla solitudine, e comporta un certo movimento fisico valido come prevenzione della pigrizia e dell’inattività. Gli orti sociali sono nati a Bologna, pensati soprattutto per gli anziani, molti dei quali si erano trasferiti in città dalla campagna, oggi la realtà è molto cambiata, gli orti sono frequentati da gente di tutte le età, e ci sono migliaia di persone in lista d’attesa.48 Le coltivazioni degli orti urbani non hanno scopo di lucro, sono assegnati in comodato ai cittadini richiedenti e forniscono prodotti destinati al
47 ANCeSCAO, “Chi siamo e il nostro statuto”, in www.ancescao.it, 27-122012. 48 Piccinini F., 2014, “Gli orti sociali in Emilia-Romagna”, in Piccinini F., Ufficio-stampa Ancescao Emilia-Romagna, Bologna, pp. 1-2.
194
consumo familiare e, oltre a rappresentare un aiuto per le famiglie in difficoltà, concorrono a preservare spesso aree verdi interstiziali tra le aree edificate per lo più incolte e destinate all’abbandono e al degrado. La crisi economica fa eco ai tempi di guerra quando nelle città italiane, europee e degli Stati Uniti si diffondevano gli orti per garantire approvvigionamenti alimentari; sono famosi i victory gardens degli Stati Uniti e del Regno Unito dove nel 1945 venivano coltivati 1.5 milioni di allotments sopperendo al 10 per cento della richiesta di cibo, ma sono celebri anche gli orti di guerra italiani nati al centro delle grandi città per far sì che, nell’osservanza dell’imperativo del Duce, “non ci fosse un lembo di terreno incolto”. Senza voler richiamare alla memoria gli orti di guerra, oggi l’orto urbano costituisce una risposta alla crescente domanda di verde anche nelle città che, complice la crisi, da un lato spinge un cittadino su quattro alla coltivazione “fai da te” per uso domestico, e dall’altro risponde alla voglia di trascorrere più tempo a contatto con la natura. Una tendenza che si accompagna anche ad un diverso uso del verde privato con i giardini e i balconi delle abitazioni che sempre più spesso lasciano spazio ad orti per la produzione di lattughe, pomodori, piante aromatiche, peperoncini, zucchine, melanzane, ma anche di piselli, fagioli fave e ceci da raccogliere all’occorrenza.49 Con la crisi fare l’orto è diventato una tendenza assai diffusa che ha raccolto molti appassionati che possono oggi scegliere tra le tante innovazioni presenti sul mercato anche a seconda dello spazio disponibile. A Bologna si sono diffuse diverse tipologie di orto: l’orto portatile, che consiste in piccoli vasi o bicchieri in bioplastica con pianticelle da portare in giro e una volta a casa adagiare su un substrato più comodo; l’orto ver49 Coldiretti, 2014, “Giornata mondiale alimentazione. Con 612 mila metri
ticale, costituito da pannelli di legno in varie dimensioni con un substrato
quadrati in Emilia-Romagna è boom di orti urbani”, in Coldiretti, News Coldi-
fertile e tante tasche in stoffa dentro alle quali piantare e coltivare ver-
retti Emilia Romagna comunicato stampa, Bologna, pp. 1-2.
195
A sinistra: Orti urbani, le città diventano sempre più verdi. Fonte: Ortipertutti: a Bologna gli orti arrivano in città, www.pollicegreen. com, 4-01-2015.
dure o fiori con radici poco profonde; l’orto riciclabile realizzato con piccoli vasi utilizzando vecchie bottiglie in plastica tagliate, tetrapak, scatole di alluminio e contenitori in polistirolo per piantare piantine da orto da far crescere rispettando l’ambiente; l’orto in terrazzo che anche in poco spazio un vaso può ospitare piante officinali, spezie e qualche piccolo ortaggio prestando attenzione all’esposizione solare e alla quantità di acqua da somministrare alle piante; l’orto rialzato, per chi non dispone di un giardino o un lembo di terra, ma ha ampio spazio in cemento da poter sfruttare utilizzando vasconi in cui poter piantare ortaggi, frutta e fiori; le tecniche di guerrilla gardening che possono essere adottate da quanti non hanno spazi disponibili per piantare ortaggi e frutta nei terreni disponibili nei centri delle città. Attraverso l’orto didattico, diffuso nelle scuole e nelle aziende agrituristiche di Campagna Amica - Terranostra aperte ai bambini, si apprendono la stagionalità, la cultura della 196
campagna e i suoi valori storici, economici e sociali, i ragazzi capiscono l’importanza delle tradizioni contadine, lo stretto legame con la natura e l’importanza del rispetto dell’ambiente. Gli hobby farmers sono una fascia di popolazione composta da giovani e anziani, da esperti e nuovi appassionati, che coltivano piccoli appezzamenti famigliari, strisce di terra lungo ferrovie, parchi e campi di calcio, corsi d’acqua, balconi e terrazzi arredati con vasi di diverse dimensioni o piccole aree con acqua e sgabuzzino per gli attrezzi messe a disposizioni dai comuni in cambio di affitti simbolici.50 Per sostenere le esperienze realizzate e per offrire ai Quartieri uno strumento idoneo a sviluppare al meglio le relazioni con i cittadini e le realtà associative, è stato redatto e approvato un “nuovo regolamento per la conduzione e la gestione di terreni adibiti ad aree ortive”, basato su principi cardine quali sussidiarietà, semplificazione, trasparenza e promozione sociale e socio/educativa. I contenuti innovativi riguardano in particolare: l’estensione della possibilità di richiedere l’assegnazione di un orto a tutti i cittadini residenti nel Comune di Bologna, con sola priorità per i cittadini residenti nel Quartiere e per i cittadini che abbiano compiuto il sessantesimo anno di età se di sesso maschile o il cinquantacinquesimo se di sesso femminile. La possibilità per il Quartiere di riservarsi una quota di zone ortive per iniziative didattiche e culturali o per assegnarle a famiglie numerose o a cittadini che rientrino in specifici progetti o per finalità di carattere sociale e socio-educativo. Per facilitare la relazione con i cittadini, l’Amministrazione comunale ha realizzato un sistema per la prenotazione e l’assegnazione informatizzata degli orti.51 50 Coldiretti, 2013, “Crisi: Emilia Romagna, boom di oltre 200 mila metri quadri di orti in città”, in Coldiretti, News Coldiretti Emilia Romagna comunicato stampa, Bologna, pp. 1-3.
La richiesta di prenotazione di un orto comunale può essere effettuata in ogni momento, ogni cittadino può indicare fino ad un massimo di tre preferenze e l’assegnazione sarà di un solo orto per persona o per nucleo
51 Iperbole, 2010, “Aree ortive”, in www.comune.bologna.it, 27-12-2014.
197
familiare. La prenotazione può essere effettuata accedendo autonomamente alla richiesta online o rivolgendosi all’ufficio competente presso la sede del proprio Quartiere di residenza. Il cittadino, che al momento della richiesta deve aver compiuto il diciottesimo anno di età, deve dichiarare di possedere i requisiti necessari: essere residente nel Comune di Bologna, essere in grado di provvedere direttamente alla coltivazione, eventualmente con l’aiuto di familiari, non godere, né a titolo gratuito né a titolo oneroso, di altro terreno coltivabile, pubblico o privato, né di svolgere attività di coltivazione su fondi appartenenti, a qualsiasi titolo, a familiari o di terzi, essere a conoscenza che in nessun caso potrà essere assegnato più di un orto per nucleo familiare. Deve quindi fornire i principali dati anagrafici e può indicare da 1 a 3 aree ortive a cui è interessato.52 Una volta formulata la graduatoria, il Quartiere di riferimento per l’area ortiva contatta i cittadini nell’ordine stabilito e li informa della possibilità di avere un orto nell’area ortiva prescelta. Il cittadino può accettare la proposta, rifiutarla oppure ritirare la richiesta, in questo ultimo caso il Quartiere annulla tutte le preferenze espresse. Il cittadino dopo essere stato contattato, se interessato alla proposta, si presenta presso il Centro Sociale o l’Associazione gestore dell’area ortiva per prendere visione degli orti disponibili e a quel punto può accettare la proposta e sottoscrivere presso il Centro Sociale o l’Associazione il modulo di assegnazione e il gestore ne darà comunicazione al Quartiere. Il regolamento stabilisce che in caso di decesso dell’assegnatario di un orto, un altro componente del nucleo familiare, facendone richiesta, potrà subentrare nella conduzione dello stesso orto purché sia in possesso dei requisiti previsti. Sono a carico dell’assegnatario le spese per la gestione dell’orto, comprensive delle utenze di acqua ed energia elettrica; la conduzione di un orto comporta inoltre la copertura assicurativa: se gli assegnatari sono iscritti all’Associazione/Centro Sociale che gestisce l’intera zona ortiva, 52 Iperbole, 2014, “Richiesta orto”, in www.comune.bologna.it, 28-12-2014.
198
il costo dell’assicurazione è compreso nel prezzo della tessera, se non intendono iscriversi all’Associazione devono presentare al gestore, al momento dell’assegnazione, una polizza assicurativa per la copertura di eventuali danni a terzi.53 Bologna può concorrere al primato della promozione degli orti destinati agli anziani con oltre tremila appezzamenti diffusi nei diversi quartieri della città, ma l’iniziativa più interessante è sicuramente quella dell’associazione ANNASSIM con il progetto “Coltiviamo/ci Insieme” perché può dimostrare la grande funzione sociale e culturale di integrazione che rivestono gli orti comunitari. Con l’intento principale di favorire l’integrazione delle immigrate extracomunitarie l’associazione è tra donne arabe, in particolare donne magrebine. Il progetto ha assegnato loro alcuni orti urbani nel quartiere San Donato con il duplice scopo di favorire il mantenimento delle tradizioni agricole natie e di facilitarne il contatto e dunque lo scambio con la popolazione locale. Anziani italiani e migranti coltivano così insieme menta palestinese e melanzane, cetrioli del Marocco e peperoni.54 Un’altra iniziativa interessante si sviluppa dall’associazione HORTICITY, che nasce nel 2006 a Padova, riunendo diverse e qualificate figure professionali per realizzare prodotti e servizi volti al comparto orticolo, con particolare riferimento all’orticoltura urbana e alle realtà dei paesi in via di sviluppo. Horticity collabora dalla propria costituzione con diverse università (Bologna, Padova, e Napoli), organizzazioni non governative (Terre des Hommes, Cesvitem, Amici del Burkina Faso, Funaci, AES-CCC), associazioni ed enti no-profit (Biodivercity, La Bilancia), ed enti privati (Proger, In-Flo, Cifo, Eugea, P.A.N.). Le attività riguardano principalmen53 Iperbole, 2010, “Assegnazione orto”, in www.comune.bologna.it, 28-122014.
per la coltivazione fuori suolo di frutta e ortaggi, formazione e diffusione di
54 Mighetto P., 2012, “Bologna”, in Mighetto P., Orti urbani. Coltivare le città, Architettura del paesaggio AIAPP, Torino, pp. 5.
te tre settori: promozione dell’orticoltura urbana, realizzazione di prodotti
199
pratiche di orticoltura sostenibile. Tutte le azioni di Horticity sono accom-
A sinistra: Orticoltori nelle metropoli moderne. Fonte: Urbi et orti, www.innerdesign.com, 3-01-2015.
pagnate da costante attività di ricerca e sperimentazione.55 Una delle tecniche proposte da questa associazione è l’idroponia, o coltivazione fuori suolo, consistente in una pratica colturale nella quale le piante vengono svincolate dal suolo, tramite coltivazione in substrati all’interno di contenitori, e irrigate con una soluzione nutritiva, costituita da acqua e nutrienti minerali. Gli orti idroponici, cioè senza terra, creano un ulteriore spazio abitativo, una riqualificazione e una valorizzazione dell’immobile, richiedono poco spazio, sono svincolati dal terreno e permettono di coltivare su tetti o terrazzi ed è necessario un minor lavoro fisico rispetto agli orti con terreno; l’impianto irriguo è automatizzato e possiede fino a 10-15 giorni di autonomia, vengono impiegati cicli chiusi, riciclo di acqua e di nutrienti e vi è una migliore produttività della coltura, coltivata a densità più elevate e in cicli più brevi, viene migliorata la dieta e ridotta la spesa alimentare.56
55 Horticity, “Soluzioni per coltivare in città”, in www.horticity.it, 28-12-2014. 56 Horticity, “Orti idroponici verticali”, in www.horticity.it, 28-12-2014.
200
Horta è un’altra soluzione per la costruzione di orti sui tetti, studiata per essere autonoma e non necessita d’interventi quotidiani, raccoglie acqua piovana attraverso i grandi imbuti e la reimmette in circolo grazie ad un impianto d’irrigazione. Il sistema è costruito con l’utilizzo di cinque pezzi che, composti tra loro, possono creare infiniti paesaggi e spazi verdi.57 Hortilla è un mini sistema di coltivazione idroponica da appartamento, nasce dalle esperienze di orticoltura urbana che Horticity ha realizzato in diverse città del mondo ed è prodotta interamente a mano a partire dal riutilizzo di bottiglie di vetro dai ragazzi della cooperativa di Bologna, completano il kit una capsula di semi, un disco di substrato compresso e una capsula che fa crescere le piante in modo naturale e rigoglioso. Hortilla può essere utilizzata, molte e molte volte, per coltivare piante aromatiche, orticole ed ornamentali e lascia spazio a innumerevoli possibilità di personalizzazione del sistema di coltivazione. Questo è un mezzo per avvicinare quante più persone al piacere dell’autoproduzione sostenibile ponendo l’attenzione sul valore sociale del lavoro e delle persone che lo svolgono.58
57 Horticity, “Horta”, in www.horticity.it, 28-12-2014. 58 Horticity, “Hortilla”, in www.horticity.it, 28-12-2014.
201
5.2.2
Schedatura delle aree ortive
Gli esempi presentati di seguito sugli orti urbani nella città di Bologna sono stati tratti dal dossier realizzato dalla fondazione Villa Ghigi in occasione del concorso Ortipertutti, per fornire ai partecipanti le nozioni necessarie sulla situazione odierna. Si fa riferimento quindi all’inquadramento generale degli orti comunali, censiti dal Comune di Bologna. Gli orti sorti da pochi anni mostrano valore e qualità perché frutto di una progettazione attenta all’inserimento paesaggistico dei lotti, alla scelta di arredi e manufatti, alla sostenibilità delle nuove costruzioni, al tema dell’inclusione e delle relazioni sociali. Altre zone ortive appaiono in condizioni piuttosto critiche dal punto di vista estetico e paesaggistico perché isolate dal contesto circostante e spesso non percepibili come spazi verdi pubblici, per la presenza di strutture e manufatti fatiscenti, per il proliferare di un insieme eterogeneo di oggetti, accumulati nel tempo dagli ortolani a supporto delle loro attività, che generano spesso un senso di disordine nell’area, con effetti negativi anche sul contorno. In diverse aree ortive sono presenti vecchi prefabbricati e baracche di cantiere, riadattati dagli ortolani come punti di accoglienza e ritrovo per la comunità. Sono altrettanto frequenti tettoie o ripari provvisori, magazzini per il deposito dei mezzi operativi comuni e per lo stoccaggio dei materiali, piccole officine per riparare o costruire manufatti. I servizi
202
A destra: Garden prints. Fonte: Orti in città, www.coopagridea.org, 5-01-2015.
igienici in diversi casi sono obsoleti e necessitano di sistemazione e di adeguati collegamenti alla rete fognaria, alcune aree infine ne sono prive e ciò rappresenta un problema prioritario per la comunità di ortolani. Per quanto riguarda i metodi di conduzione dell’orto, prevale quello tradizionale che prevede l’uso di fitofarmaci, concimi e diserbanti. Un numero limitato di ortolani attua la conduzione biologica dell’orto e si registrano anche casi isolati di orti sinergici o altre forme di coltivazioni non convenzionali. Per la gestione dei rifiuti, in tutte le aree ortive viene praticata la raccolta differenziata, con conferimento dei prodotti negli appositi contenitori collocati all’esterno delle aree, singoli ortolani hanno sperimentato esperienze di compostaggio dei materiali organici. Il ruolo 203
degli spazi comuni presenti all’interno delle aree ortive (strutture di ac-
coglienza e ritrovo, tettoie, punti di sosta attrezzati) è fondamentale sia per garantire la socializzazione tra gli ortolani sia per dare vita a progetti rivolti ad altre realtà esterne. Il primo centro sociale autogestito in Italia nacque alla fine degli anni ’70 a Bologna, nel periferico quartiere Barca, ad opera di un gruppo di attivi pensionati e in particolare di una donna energica e lungimirante, la signora Rosa Marchi, alla quale è stato intitolato l’attivissimo centro sociale. La presenza femminile negli orti comunali è aumentata, dal dato relativo alle assegnazioni risulta che un terzo degli orti comunali bolognesi è condotto da donne.59 Gli assegnatari totali degli orti comunali risultano 2645, di cui 1814 uomini (68,5%) e 813 donne (30,7%), cui vanno aggiunte 18 assegnazioni relative a progetti gestiti da associazioni, scuole o gruppi di cittadini sulla base di specifiche richieste presentate ai quartieri di
59 Fondazione Villa Ghigi, 2014, “Considerazioni sui principali aspetti emersi dall’indagine”, in Fondazione Villa Ghigi, Indagine conoscitiva e proposta di nuovi orti, Comune di Bologna, settore ambiente ed energia, settore servizi per l’edilizia – SIT, Bologna, pp. 29-30.
competenza. Per quanto riguarda gli assegnatari stranieri, al momento
60 Fondazione Villa Ghigi, 2014, “Assegnatari e liste di attesa”, in Fonda-
il numero risulta piuttosto ridotto, 159 persone pari al 6% sul totale, ma la
zione Villa Ghigi, Indagine conoscitiva e proposta di nuovi orti, Comune di
tendenza vede un decisivo aumento delle persone di altre etnie che iniziano a occuparsi di orticoltura in città. Allo stato attuale il numero degli
Bologna, settore ambiente ed energia, settore servizi per l’edilizia – SIT, Bologna, pp. 32-33.
assegnatari prevalente coincide con la fascia di età superiore ai 70 anni, sono 1314 persone. Il totale con età superiore ai 60 anni rappresenta il 79% degli ortolani. Tra gli stranieri prevalgono le persone di origine asiatica (Filippine, Sri Lanka, Bangladesh e Pakistan) e nordafricana.60
204
Villa Bernaroli Il gestore dell’area è il Centro Sociale Anziani Villa Bernaroli situato nel quartiere Borgo Panigale. Gli orti sono stati realizzati nel 1987 e hanno un’area di 19.128 mq, con 338 parcelle ortive. Il tipo di conduzione degli orti è tradizionale, ci sono inoltre un paio di orti sinergici, vi è difficoltà a uniformare l’aspetto degli orti limitando l’utilizzo di materiali di varia natura, tra i nuovi assegnatari figurano anche persone giovani e famiglie. Il contesto intorno comprende campi mantenuti a seminativi con residui di piantate ad acero campestre e un nucleo colonico (sede di una struttura della ASL di Bologna), verso nord alcuni campi sono occupati da orti condivisi gestiti dalla Coop. Arvaia. Gli orti fanno riferimento alle strutture dell’adiacente centro sociale ospitato in una villa dell’inizio del secolo XVII acquistata dal Comune nel 1973 insieme ai terreni e ai nuclei colonici annessi. In aggiunta dispongono di sei baracche in lamiera prefabbricate comuni per il ricovero dei materiali dove sono presenti anche degli armadietti. Dentro l’area ortiva ci sono a disposizione due bagni la cui manutenzione è seguita dagli ortolani che curano anche gli spazi verdi comuni intorno alla villa, per l’acqua e l’irrigazione è presente un contatore generale.61 Il centro sociale anziani e orti villa Bernaroli ha iniziato la sua attività nel 1987 ed è uno dei 4 centri sociali presenti sul territorio del quartiere di Borgo Panigale. Il Centro è affiliato ed è gestito dall’Associazione Centro Sociale e Culturale “Villa Bernaroli”, l’accesso al centro pertanto è permesso esclusivamente ai soci ANCeSCAO.62 At61 Fondazione Villa Ghigi, 2014, “Quartiere Borgo Panigale. Orti di Villa Ber-
torno a Villa Bernaroli, nel territorio rurale del quartiere Borgo Panigale, si
naroli”, In Fondazione Villa Ghigi, Gli orti comunali. Inquadramento gene-
trova un’area di proprietà comunale, estesa per circa 50 ettari. L’area è
rale, Comune di Bologna, settore ambiente ed energia, settore servizi per
situata nella pianura ad ovest di Bologna, chiusa verso la città dall’asse
l’edilizia – SIT, Bologna, pp. 9. 62
stradale tangenziale/autostrada ed incuneata tra una zona residenziale
ANCeSCAO, “Villa Bernaroli Bologna”, in www.villabernaroli.it, 15-11-
2014.
205
(Casteldebole) ed insediamenti artigianali ed industriali nei comuni di
A sinistra: Via Morazzo 3. Fonte: www.google.it/maps
Zola Predosa e Casalecchio di Reno. Il Centro Sociale Anziani e Orti di Villa Bernaroli (via Morazzo 3), una realtà storica del territorio, è stato istituito dal Comune di Bologna per promuovere un ruolo attivo degli anziani e valorizzarne le potenzialità di iniziativa e autorganizzazione attraverso un modello di gestione sociale delle zone ortive. Negli ultimi anni l’associazione ha dato vita ad una serie di iniziative che vanno oltre la gestione degli orti, organizzando attività di tipo solidaristico e ricreativo-culturale in coerenza con lo sviluppo degli interessi delle persone anziane. La Cooperativa agricola Arvaia, in virtù di un recente contratto stipulato con l’Amministrazione Comunale, coltiva una porzione di terreno di circa 3 ettari accanto al Complesso residenziale psichiatrico di via Olmetola, producendo orticole in pieno campo. Il mercato dei Produttori Agricoli di Borgo Panigale è un mercato a filiera corta (frutta e verdura di stagione, piante e fiori, formaggi e salumi, vini e pane direttamente dal produttore al consumatore) che si tiene settimanalmente nel parcheggio della Villa Bernaroli dal 2008, sulla base di un progetto promosso dal Quartiere Borgo Panigale.63
63 Iperbole, 2013, “Villa Bernaroli oggi”, in Attuazione del progetto del “parco città-campagna” di Villa Bernaroli, Comune di Bologna, Bologna, pp. 1-2.
206
Salgari L’area è gestita dall’Associazione Orti di Via Salgari nel quartiere di San Donato. Gli orti sono stati realizzati tra il 1980 e il 1985 e contano un’area di 27.250 mq, con 398 parcelle ortive. Gli orti assegnati a stranieri sono 55, provenienti da Bangladesh, Magreb, Sud America, Est Europa, Cina e Giappone. L’area ortiva occupa un grande spazio che fa parte del sistema di arredo verde concepito a corredo dell’espansione residenziale del Pilastro, avviata intorno al 1965 in aperta campagna, continuata nel decennio successivo e culminata con la costruzione del cosiddetto “Virgolone” che consiste in un condominio di sette piani lungo oltre 700 m. La zona ortiva, che accompagna l’andamento a mezza luna del Virgolone, è suddivisa in due lotti, nelle cui parti comuni sono presenti numerosi alberi
A destra: Via Salgari. www.google.it/maps
207
da frutto: fichi, kaki e noci; tra i due appezzamenti, delimitati da recinzione metallica è presente una ampia zona prativa (adibita a suo tempo a campo di calcio) che gli ortolani vorrebbero prendere in gestione. Sono presenti altri 7-8 piccoli capanni in legno per ricovero attrezzi, con 2 bagni tenuti aperti e puliti dal comitato di gestione e per quanto riguarda l’acqua e l’irrigazione sono presenti 2 contatori, uno per ogni lotto, una colonnina con due rubinetti ogni due parcelle.64
64 Fondazione Villa Ghigi, 2014, “Quartiere San Donato. Orti Salgari”, In Fondazione Villa Ghigi, Gli orti comunali. Inquadramento generale, Comune di Bologna, settore ambiente ed energia, settore servizi per l’edilizia – SIT, Bologna, pp. 21.
208
Bertalia – Pescarola Gli orti sono gestiti dall’Associazione Orti Comunali Pescarola-Bertalia che sono stati realizzati nel 1982, si trovano nel quartiere Navile. La superficie dell’area è di 5.495 mq, con 145 particelle ortive presenti, 5 orti sono assegnati a giovani al di sotto dei 40 anni, due particelle ortive sono condotte in modo condiviso (orto sinergico a cura dell’Associazione culturale Zoè – Lame in transizione). Vi sono 11 assegnazioni a stranieri di etnie prevalenti: rumeni, filippini, turchi, marocchini, libici ed etiopi. Gli orti, insieme al giardino Braille risalgono agli anni ’80 del Novecento e fanno parte del sistema di aree verdi pubbliche legate al canale Ghisiliera. L’area ortiva si sviluppa in un unico lotto nel settore sudorientale del giardino e ne costituisce uno degli elementi più caratteristici insieme al vicino corso arginato del canale. Su via delle Borre si trova un ampio parcheggio
A destra: Via delle Borre 5/1. www.google.it/maps
209
dal quale, superato un ponticello sul canale, si accede al giardino e alle strutture prefabbricate a servizio degli ortolani. La zona che ospita le parcelle ortive, interamente recintata con classica rete metallica, presenta una forma rettangolare e un unico ingresso sul lato orientale; al suo interno i camminamenti principali sono in lastre di cemento, mentre le suddivisioni tra parcelle sono in assi di legno miste a altri materiali vari di riciclo recuperati dagli ortolani. All’esterno di tale area ortiva sono presenti 3 strutture prefabbricate usate come magazzino e ricovero attrezzi e un’altra sede degli ortolani, all’interno degli orti vi è un piccolo prefabbricato in lamiera ad uso ricovero attrezzi. Uno dei problemi dell’area è la mancanza di un accesso carrabile che impedisce a eventuali mezzi di soccorso di accedervi; l’impianto di irrigazione è dotato di un contatore unico, con sistema automatizzato per erogare l’acqua solo in determi-
65 Fondazione Villa Ghigi, 2014, “Quartiere Navile. Orti Bertalia-Pescarola”,
nate fasce orarie, ogni orto ha il proprio rubinetto esterno a colonna al
In Fondazione Villa Ghigi, Gli orti comunali. Inquadramento generale, Co-
quale viene collegato un tubo di gomma.65
mune di Bologna, settore ambiente ed energia, settore servizi per l’edilizia – SIT, Bologna, pp. 10
210
Via Erbosa Gli orti di Via Erbosa si trovano nel quartiere Navile e sono gestiti dall’Associazione Zona Ortiva Erbosa, sono stati realizzati tra il 1980 e il 1989 e la superficie dell’area è di 13.404 mq. con 263 parcelle ortive presenti, 13 orti sono stati assegnati a straniere: africani, asiatici, albanesi, rumeni. La conduzione di questi orti è per la grande maggioranza tradizionale, circa una ventina sono condotti con tecniche di lotta integrata e biologica e ne sono presenti 5 tipi sinergici. Nel settembre del 2013 è iniziata una sensibilizzazione per eliminare l’uso dei pesticidi e per l’introduzione degli orti sinergici con il progetto Orto sinergico sviluppato dall’associazione Zona Ortiva Erbosa e con il patrocinio del Quartiere Navile, questo è un unico grande lotto in un’area racchiusa tra tre alti rilevati ferroviari. Oltre una recinzione verso sud si trova un campo nomadi su terreno comunale, sono i vicini di questo campo che fanno il controllo e la chiusura
A destra: Via Erbosa 17. www.google.it/maps
211
dell’area ortiva su incarico del Comune. Vi sono molte piccole strutture ma nessuna fissa in muratura, sono tutti container e baracche, alcuni sono depositi per attrezzi, una è l’officina, due sono destinate ai bagni, una alla cucina, una è la saletta per i soci, una l’ufficio. Tutte le strutture sono state realizzate dai soci. L’impianto di irrigazione raggiunge ogni parcella, dove a monte è presente un contatore e un rubinetto, in questo modo ognuno può verificare e quindi pagare il proprio consumo.66
66 Fondazione Villa Ghigi, 2014, “Quartiere Navile. Orti di via Erbosa”, In Fondazione Villa Ghigi, Gli orti comunali. Inquadramento generale, Comune di Bologna, settore ambiente ed energia, settore servizi per l’edilizia – SIT, Bologna, pp. 14.
212
Mandrioli Gli orti Mandrioli sono situati nel quartiere Navile, sono gestiti dal Centro Sociale Montanari e sono stati realizzati nel 1980 (il nome dell’area ricorda uno dei primi ortolani). La superficie dell’area è di 8.462 mq. con 121 particelle ortive, solo 3 sono assegnati a stranieri, di origine cinese. Gli ortolani lamentano atti di vandalismo e furti regolarmente denunciati tra cui la distruzione di un paio di baracche, forse a seguito dell’allontanamento di senza fissa dimora che vi pernottavano. L’area ortiva si sviluppa in un unico lotto tra la massicciata ferroviaria e l’area di pertinenza della Scuola Zappa, recintata con rete metallica a maglie e, verso via di Saliceto, chiusa alla vista per la presenza di tessuto ombreggiante. Una serie di camminamenti in terra battuta e ghiaino conduce ai vari settori delle parcelle ortive suddivise tra loro in modo disomogeneo con materiali
A destra: Via di Saliceto. www.google.it/maps
213
di recupero. La scarpata ferroviaria verso sud è rivestita da una fascia di vegetazione arborea mantenuta dagli ortolani. Sono presenti diverse strutture prefabbricate di uso comune (6-7) recuperate dagli ortolani e adibite a magazzino e ricovero attrezzi, una di queste è attrezzata come ufficio e ricovero per gli ortolani mentre sotto una grande tettoia è presente un bagno pubblico. Esiste un contatore generale a servizio dell’intera area, l’impianto irriguo prevede un rubinetto ogni sei parcelle e una botte di stoccaggio dell’acqua per ogni parcella.67
67 Fondazione Villa Ghigi, 2014, “Quartiere Navile. Orti Mandrioli”, In Fondazione Villa Ghigi, Gli orti comunali. Inquadramento generale, Comune di Bologna, settore ambiente ed energia, settore servizi per l’edilizia – SIT, Bologna, pp. 17.
214
Via Bigari Gli orti di Via Bigari si trovano nel quartiere Navile e sono gestiti dal Centro Montanari. Sono stati realizzati negli anni ’70 e sono tra i più antichi nella città, la superficie dell’area è di 1.516 mq. con 25 parcelle ortive, solo uno è stato assegnato ad un cinese, tutti gli altri vengono gestiti da italiani. È stata evidenziata la mancanza di un wc, e la poca pressione dell’acqua nella rete idrica costringe gli ortolani a fare scorta con i bidoni. La presenza di un muro interno, oltre a impedire all’area ortiva di avere un maggiore respiro e un aspetto più gradevole, non permette di utilizzare a orto un paio di zone verdi. L’area, quasi impercettibile dall’esterno, è compresa fra la parte finale di via Bigari, con una rete coperta di edera, i giardini dell’ultimo condominio a levante di via Bigari e quello
A destra: Via Bigari. www.google.it/maps
215
di una scuola materna e un muro rialzato recentemente con pannelli anti polvere e rumore, per mitigare gli scavi del nuovo parcheggio interrato. Internamente l’area è ulteriormente suddivisa per tutta la lunghezza da un alto muro che faceva parte di una fabbrica di ossigeno. Agli orti si entra da due piccoli accessi in via Bigari. All’interno della recinzione della zona ortiva sono presenti due piccoli spazi verdi mantenuti dagli ortolani dove sono stati piantati diversi alberi da frutto; accanto al primo di tali spazi comuni si trova un capanno in lamiera e un pergolato di vite. Due piccoli e vecchi edifici in muratura sono addossati al muro divisorio interno e vengono utilizzati come bagno di fortuna e come deposito at-
68 Fondazione Villa Ghigi, 2014, “Quartiere Navile. Orti di via Bigari”, In Fon-
trezzi comune, per l’acqua e l’irrigazione gli ortolani si sono allacciati alla
dazione Villa Ghigi, Gli orti comunali. Inquadramento generale, Comune
stessa rete della vicina scuola materna.68
di Bologna, settore ambiente ed energia, settore servizi per l’edilizia – SIT, Bologna, pp. 11.
216
Ospedale Maggiore Gli orti Ospedale Maggiore si trovano nel quartiere Porto e sono gestiti dal Centro Sociale Anzini Saffi, sono stati realizzati tra il 1980 e il 1990, contano una superficie di 9.685 mq. e 155 particelle ortive, 10 sono stati assegnati a stranieri di prevalenza magrebina. Il terreno non è fertile ed essendo ribassato ci sono problemi di ristagno, così pure anche di sicurezza legati alle persone accampate nella zona dei Prati di Caprara. E’ un lotto unico di forma triangolare recintato e suddiviso in due settori con al centro l’area di servizi comuni, questa è ribassata rispetto alla strada vicina. Dall’ingresso con cancello pedonale e carrabile scende un vialetto lastricato e poi in cemento con ai lati una serie di fabbricati, i settori restanti sono privi di alberature e suddivisi in parcelle diseguali di circa 30 mq. Gli orti confinano a nord con l’ampia
A destra: Via Ospedale 7. www.google.it/maps
217
area ex militare dei Prati di Caprara, sono presenti una decina di fabbricati a uso comune sia in legno che in metallo, un capanno vetrato con una stufa economica per riscaldare, tavoli, sedie e altri mobili recuperati e viene utilizzato come sede locale degli ortolani e da riparo. Un fabbricato più grande in legno serve da magazzino, almeno un paio di capanni il lamiera da deposito attrezzi, vi sono presenti due bagni e per l’acqua e l’irrigazione esiste un contatore generale e bidoni presso le parcelle.69
69 Fondazione Villa Ghigi, 2014, “Quartiere Porto. Orti Ospedale Maggiore”, In Fondazione Villa Ghigi, Gli orti comunali. Inquadramento generale, Comune di Bologna, settore ambiente ed energia, settore servizi per l’edilizia – SIT, Bologna, pp. 18.
218
Via delle Armi Gli orti di via delle Armi sono situati nel quartiere Santo Stefano e sono gestiti dall’associazione Area ortiva via delle Armi, sono stati realizzati tra il 2002 e il 2004 ma alcuni erano presenti dagli anni ’80; la superficie dell’aera è di 2.439 mq. con 24 parcelle ortive. Vi sarebbe l’esigenza di avere un piccolo locale comune coperto per la cattiva stagione, inoltre subiscono diversi atti vandalici e furti di attrezzature da lavoro e vecchi arnesi anche chiusi nelle casette, il loro aspetto è molto piacevole, l’area appare ordinata e ben tenuta anche nelle parti comuni. Tali orti sono compresi tra la scarpata della ferrovia, isolata da una barriera antirumore verso i vicini palazzi, e la Caserma Mazzoni, in questa porzione in
A destra: Via delle Armi 10. www.google.it/maps
219
abbandono, vi è presente nella parte comune una zona pavimentata coperta da una tettoia. Una piccola area verde pubblica, attraversata dalla pista ciclabile, si trova al di là di via delle Armi ai piedi della scarpata ferroviaria, sia quest’area che gli orti sono stati realizzati con gli oneri di urbanizzazione sulla proprietà Sarti, dove sono stati costruiti i palazzi detti Le Vele realizzati dall’ing. Zucchini nel 2000. Ogni orto è dotato di una casetta in legno, che annualmente viene rinnovata con impregnante, dove vengono riposti i materiali di lavoro, inoltre è recintato con una rete di un metro di altezza e provvisto di cancellino in lamiera zincata. L’unica struttura in muratura è l’edificio dei bagni, esiste un solo contatore per l’impianto idrico, l’acqua è portata attraverso tubazioni sotterranee
70 Fondazione Villa Ghigi, 2014, “Quartiere Santo Stefano. Orti di via delle
all’interno di ogni orto, alcuni ortolani hanno predisposto un impianto a
Armi”, In Fondazione Villa Ghigi, Gli orti comunali. Inquadramento generale,
goccia nelle propria parcella.70
Comune di Bologna, settore ambiente ed energia, settore servizi per l’edilizia – SIT, Bologna, pp. 23.
220
5.2.3
Il concorso Ortipertutti
Uno degli incentivi per rilanciare Bologna, eletta città degli orti in occasione di EXPO 2015, è il recentissimo concorso Ortipertutti datato luglio 2014, che affronta proprio il tema degli orti urbani. Con questa iniziativa il comune emiliano lancia una sfida progettuale per rinnovare la propria immagine, proponendo un concorso di idee che siano accattivanti per svecchiare l’aspetto degli orti esistenti che ancora seguono le direttive comunali. Il bando di concorso è stato dedicato al tema dell’agricoltura urbana e in particolare agli orti di nuova generazione a Bologna, dove sempre più persone scelgono di interessarsi e dedicarsi a questo tipo di attività, e che si collega direttamente ai temi di EXPO 2015. Il concorso richiedeva di progettare un insieme di soluzioni che potessero fare da guida per la realizzazione di nuovi orti urbani di piccole-medie dimensioni all’interno di tre aree verdi pubbliche posizionate in zone diverse “Orti tra le case”, “Orti dentro i giardini”, “Orti in campagna”, selezionate dall’Amministrazione comunale di Bologna all’interno del patrimonio pubblico a disposizione. I progetti dovevano ispirarsi ai principi, oltre che di sostenibilità, di economicità, buone pratiche del riciclo, design dei manufatti, accessibilità e biodiversità. Ortipertutti si propone come progetto che coinvolge 221
diverse competenze per la realizzazione di orti rivolti ad una ampia cer-
chia di persone che oggi richiedono nuovi spazi da coltivare.71 Il concorso di progettazione in oggetto è stato promosso da Urban Center Bologna con il Comune di Bologna, la Fondazione Villa Ghigi, l’Ordine degli Architetti di Bologna, l’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali della Provincia di Bologna e l’Ordine degli Ingegneri di Bologna, con l’adesione di AIAPP - Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio, il patrocinio del Consiglio Nazionale degli Architetti P.P.C. ed il contributo di CERSAIE e Confindustria Ceramica. Il concorso aveva l’obiettivo di coinvolgere professionisti, creativi ed esperti, nella progettazione di nuove aree ortive, con attenzione a criteri di sostenibilità, al design, alle scelte agronomiche, alle caratteristiche di inserimento nel contesto.72 L’oggetto del concorso era la progettazione di un sistema di soluzioni di carattere prestazionale, corredate di requisiti ed eventualmente di esempi, che potessero costituire una guida per la realizzazione di nuovi orti urbani di piccole-medie dimensioni all’interno di aree verdi pubbliche. Doveva contenere indicazioni per: arredi e materiali complementari, recinzioni perimetrali e accessi, eventuali recinzioni interne, pavimentazioni, elementi segnaletici, contenitori per la raccolta dei rifiuti vegetali e non, area per il compostaggio, eventuali contenitori per lo stoccaggio dell’acqua di irrigazione, sedute, tavoli e altri elementi di arredo, elementi vegetali, alberi, arbusti, rampicanti, siepi perimetrali, impianti tecnologici: di raccolta e accumulo acque piovane, di irrigazione, di raccordo alla rete fognaria e alla pubblica illuminazione, manufatti per la socializzazione come tettoie e pergolati, strutture per il ricovero degli attrezzi e dei materiali vari, servizi igienici.
71 Ordine degli architetti di Bologna, 2014, “Ortipertutti”, in www.concorsi.
I progetti dovevano prestare particolare attenzione all’economicità
archibo.it, 18-11-2014.
complessiva delle opere e della loro manutenzione, alla qualità del design dei manufatti, al riuso e riciclabilità dei materiali, al risparmio della risorsa idrica, alla corretta gestione dei rifiuti: quali raccolta differenzia-
72 Fondazione Villa Ghigi, 2014, “Obiettivi del concorso”, in Fondazione Villa Ghigi, Ortipertutti. Concorso di progettazione per un’agricoltura urbana, Comune di Bologna, settore ambiente ed energia, settore servizi per l’edilizia – SIT, Bologna, pp. 1
222
A destra: Ortipertutti banner. Fonte: Ortipertutti: concorso di progettazione per un’agricoltura urbana, www.concorsi.archibo.it, 7-01-2015.
ta, compostaggio; alla conservazione e incremento della biodiversità: aiuole fiorite, alberi da frutto, nidi artificiali, bat box, casette per insetti impollinatori; infine la possibilità d’uso dell’area ortiva da parte di tutte le fasce di età e di portatori di handicap, alla possibilità dell’area ortiva di svolgere la funzione di aggregazione sociale fra i diversi conduttori. Il concorso prevedeva inoltre che l’applicabilità del sistema/abaco venisse verificata attraverso il suo utilizzo nella progettazione preliminare di tre aree, posizionate in zone differenti della città. Le tre aree rappresentano altrettanti tipi di orti: “Orti tra le case”, ovvero orti da realizzarsi in spazi di piccole dimensioni in contesti fortemente urbani; “Orti dentro i giardini”, ovvero orti da realizzarsi all’interno di spazi verdi pubblici di medie dimensioni; “Orti in campagna”, ovvero orti da realizzarsi in aree rurali, dove prevale lo spazio aperto. 73 Fondazione Villa Ghigi, 2014, “Temi progettuali”, in Fondazione Villa Ghigi, Ortipertutti. Concorso di progettazione per un’agricoltura urbana, Co-
Il budget a disposizione per gli interventi in ciascuna area ortiva era di
mune di Bologna, settore ambiente ed energia, settore servizi per l’edilizia
circa 30.000,00 euro.73
– SIT, Bologna, pp. 2.
La giuria del bando di concorso Ortipertutti aperto dal 18 luglio al 15
223
settembre 2014 ha decretato il vincitore. Obiettivo del concorso era progettare un sistema di soluzioni per orti urbani di piccole-medie dimensioni all’interno di aree verdi pubbliche selezionate dall’Amministrazione comunale di Bologna: Giardino Giuseppe Impastato, Giardino via Fratelli Pinardi, Parco Campagna di via Larga. Sono state presentate 81 proposte, alcune provenienti anche dall’estero (Regno Unito, Spagna e Colombia). La Giuria si è riunita nei giorni 18-19 e 22 settembre 2014 deliberando la seguente graduatoria: 1° premio: progetto n.3 Capogruppo arch. Massimo Peota di Rovereto (TN), 2° premio: progetto n.47 Capogruppo arch. Luke Engleback di Tunbridge Wells (UK), 3° premio: progetto n.74 Capogruppo arch. Valeria Bruni di Torino. La Giuria ha assegnato il primo premio al progetto presentato dall’Arch.Massimo Peota esprimendo questo giudizio: “il progetto risulta convincente per l’interpretazione del tema proposto ad una scala urbana estesa e per la capacità di fornire una regola compositiva chiara e facilmente applicabile ai differenti contesti. Il progetto è in grado di superare la logica degli orti come recinto chiuso, proponendo un impianto in grado di organizzare spazi aperti flessibili e ammettendo anche successivi sviluppi e modifiche. Pur non risultando adeguate alcune scelte paesaggistiche relative alle specie arboree, queste non hanno pregiudicato il positivo giudizio finale della giuria, in quanto sono ritenute rivedibili in fase esecutiva”.74 Il progetto nasce da un attento studio delle aree ortive classiche al fine di migliorarne la fruibilità e vivibilità. L’obiettivo preposto è quello di scardinare le vecchie logiche con un nuovo approccio di tipo paesaggistico, rendendo quindi il paesaggio la vera matrice del progetto. Da un lato si considerano gli orti come elementi di rilevante valenza ecologica allo scopo di creare una micro rete urbana, connessa a quella già esistente, nell’intento di produrre un notevole innalzamento dei livelli di biodiversi-
74 Ordine degli architetti di Bologna, 2014, “Esiti del concorso Ortipertutti”, in www.urbancenterbologna.it, 19-11-2014.
224
A destra: Orti urbani a Bologna. Fonte: Ortipertutti: concorso di progettazione per un’agricoltura urbana, www.divisare.com, 7-01-2015.
tà all’interno della città a beneficio di tutti i cittadini. Dall’altro tradurre questi spazi in nuovi luoghi di socialità dove diversi tipi di utenti possono trovare ristoro. L’impianto proposto è basato su un sistema a fasce nelle quali si trovano sia le parcelle ortive sia aree a prato. Il progetto si fonda sull’obiettivo di intessere legami e relazioni forti con il contesto a varie scale. Alla grande scala, i legami con lo spazio urbano si sviluppano nel disegno di nuovi percorsi e nel recupero di quelli esistenti, nella creazione degli ingressi e delle recinzioni a diversi gradi di permeabilità e matericità. Tali operazioni consentono così di ricucire e restituire queste aree alla città di Bologna, non più come semplici spazi verdi ma come veri e propri parchi attrezzati. Gli spazi dedicati agli ortolani s’intrecciano e si relazionano con gli altri spazi di tipo ricreativo, ludico e didattico presenti all’interno delle aree. L’eco-follie è una sorta di “installazione di paesaggio”, l’idea nasce da un’analisi a più ampia scala della città di Bologna. Se si considera l’elevato numero di orti urbani all’interno della città, ci si rende conto di come questi, se progettati non solo come particelle ortive, ma come dei 225
veri e propri tasselli verdi, possano incrementare la biodiversità e miglio-
rare la percezione degli orti urbani. Così facendo questi luoghi possono essere vissuti e percepiti come aree a parco, da qui l’idea dell’impianto di intervallare fasce ortive a fasce a prato in cui inserire le eco-follies, che possono ospitare nidi urbani e grandi esemplari di alberi.75 Nell’affrontare la progettazione di spazi urbani pensati per l’inserimento di nuovi orti urbani il progetto si è focalizzato su due obiettivi principali: l’incremento di una valenza ecologico-paesaggistica per le nuove aree, grazie ad uno schema di impianto ripetibile e modulare, il quale può adattarsi a tutti gli orti urbani presenti nella città di Bologna; concepire le aree anche come luogo di socialità e quindi aperte a tutti, mantenendo però un livello di sicurezza negli spazi più privati all’interno del progetto. Il progetto propone la creazione di una micro rete urbana connessa alla rete principale che produrrà un notevole innalzamento dei livelli di biodiversità della città a beneficio di tutti i cittadini. L’impianto per le nuove aree ortive può essere schematizzato in 6 fasi. La semplicità dell’impianto enfatizza l’estetica paesaggistica dell’intervento e ne consente la riproducibilità in qualsiasi area. La prima azione è stata quella di suddividere l’area di progetto in fasce ad altezza costante, ognuna di queste zone è stata adibita a fasi alterne ad aree ortive e aree a prato. Poi le fasce sono state movimentate (sfalsate) per aumentare l’importanza spaziale. I percorsi principali sono stati definiti sull’asse Nord-Sud e quelli secondari Est-Ovest, dove sono stati inseriti manufatti quali: ristoro, wc, raccolta rifiuti, ricovero attrezzi e sedute. Nelle aree a prato sono stati inseriti elementi fissi per l’aumento della biodiversità (Eco-follies). Ogni manufatto architettonico presente è progettato secondo i canoni dell’economicità, del facile assemblaggio/smontaggio e del basso livello di manutenzione. Grande importanza è poi stata data agli elementi naturali (eco-follies)che vengono inseriti nel progetto in maniera compa-
75 Gramigna, 2014, “Concorso ortipertutti. I vincitori. Il progetto. L’ambizione”, in www.gramignamap.it, 18-11-2014.
226
tibile con il territorio circostante e con le particelle ortive. La scelta dei materiali di progetto è basata su fattori economici e sull’alto grado di naturalità dei vari prodotti. In particolare i diversi materiali costituenti le superfici delle aree verdi sono pensati in modo tale da creare giochi di vuoti/pieni, di permeabile/impermeabile, di compatto/ morbido che supera la visione monotematica e monomaterica nei comuni orti urbani. Impianto per la raccolta di acqua piovana In ogni deposito attrezzi può essere collocata una vasca interrata per la raccolta e l’accumulo dell’acqua meteorica. Una guaina posta al di sotto dei pallet di copertura farà confluire l’acqua in una grondaia che si immetterà nella vasca. Una pompa manuale permetterà il riutilizzo dell’acqua.
A destra: Schema generale d’impianto. Fonte: 1st Prize Competition “Ortipertutti” Bologna, www.divisare.com, 7-012015.
227
Orti in campagna - Quartiere San Vitale
Pagina accanto: Scenario di progetto.
Parco campagna di via Larga - via del Carpentiere Le particelle ortive sono concentrate sull’area est, lasciando l’area ovest
Fonte: Consolati D., Guidotto P., Zamboni V., Peota M., Orti in campagna, www.divisare.com, 8-01-2015.
a campagna.
In basso:
Nell’eventualità di richiesta di aumento delle particelle ortive, l’area
Planimetria e schema assonometrico.
ovest viene trattata seguendo lo schema d’impianto.
Fonte: Consolati D., Guidotto P., Zamboni V., Peota M., Orti in campagna, www.divisare.com, 8-01-2015.
228
Orti nel parco - Quartiere Navile Giardino via Fratelli Pinardi - via Stendhal, via del Tuscolano, via Fratelli Pinardi. Le aree ortive sono concentrate a sud, mantenendo l’area a parco a nord. L’incremento delle particelle ortive avviene occupando le aree libere a sud, mantenendo però intatte alcune zone a prato dove
Pagina accanto: Vista del progetto. Fonte: Consolati D., Guidotto P., Zamboni V., Peota M., Orti nel parco, www. divisare.com, 8-01-2015.
sono presenti le eco-follies. Nell’area a parco vengono aggiunte delle
In basso:
eco-follies in modo tale da compensare la perdita di biodiversità avve-
Planimetria e schema assonometrico.
nuta con l’aumento delle particelle ortive.
Fonte: Consolati D., Guidotto P., Zamboni V., Peota M., Orti nel parco, www. divisare.com, 8-01-2015.
230
Orti tra le case - Quartiere Savena Giardino Giuseppe Impastato - via Due Mandonne, via Luigi Bombici, via Carlo Carli. L’occupazione del suolo delle particelle ortive e delle aree a prato è equivalente. Nell’eventualità di un aumento della domanda inerente gli
Pagina accanto: Vista del progetto. Fonte: Consolati D., Guidotto P., Zamboni V., Peota M., Orti tra le case, www. divisare.com, 8-01-2015.
orti urbani, tale configurazione permette di ampliare la quantità di parti-
In basso:
celle ortive, mantenendo però alcuni punti fissi (eco-follies) come presidi
Planimetria e schema assonometrico.
della biodiversità e quindi, del paesaggio.
Fonte: Consolati D., Guidotto P., Zamboni V., Peota M Orti tra le case, www. divisare.com, 8-01-2015.
232
Pagina accanto: Alex. S. MacLean, aerial photographer. German valley. Illinois. Fonte: Portfolio Growing, in www.alexmaclean.com, 21-01-2015.
STRUMENTI DI RICERCA E CONCLUSIONI
236
Strumenti di ricerca e conclusioni
Il paesaggio commestibile è la metafora per parlare degli orti urbani al fine di prefigurare un metodo innovativo e soprattutto ecosostenibile in risposta al problema dell’emergenza alimentare e alla crisi economica che preoccupa la popolazione italiana in questi anni, inoltre la ricerca propone un nuovo modo di progettare per proiettare le città italiane verso un futuro più ecocompatibile, di aggregazione sociale e culturale. Per la redazione della ricerca si è fatto riferimento a fonti bibliografiche per quanto riguarda la stesura dei capitoli relativi ai casi studio internazionali e alla denominazione di orto urbano, le varie tecniche e tipologie in cui si declina l’attività. Per la ricerca storica relativa agli orti di guerra, sempre in ambito italiano, è stato svolto uno studio presso l’archivio storico delle relative città di analisi. Infine per quanto riguarda l’approfondimento sui casi studio delle città di Torino e Bologna è stato svolto un lavoro di tipo diretto, raccogliendo materiale presso gli uffici del Comune (Città di Torino, Iperbole), l’Ordine degli Architetti, le fondazioni, associazioni e organizzazioni (Campagna Amica, Coldiretti, Legambiente), e gli studi di architettura coinvolti nella progettazione degli orti urbani nelle relative città. 237
Nello studio condotto sono state portate prove a favore della tesi, partendo dagli orti di guerra, visti come mezzo di sopravvivenza durante gli anni della seconda Guerra Mondiale quando le importazioni erano state ridotte al minimo e la popolazione era ridotta alla fame, ma anche come mezzo di sfogo e di un’alternativa di occupazione al lavoro perduto. Un’altra prova sono gli esempi dei modelli europei e americani, che dimostrano come questa nuova tecnica di coltivazione sia diffusa in tutto il mondo già da molti anni e sia in continuo sviluppo, sempre alla ricerca di nuove tecnologie per coinvolgere più persone possibili in questa attività, questi modelli sono stati riportati per dare nuovi spunti alle città italiane che vogliono avvicinarsi a questo pensiero. Se l’orto cittadino non è una vera e propria soluzione ai problemi economici delle famiglie in questi anni, si propone anche come metodologia utilizzata a scopo terapeutico e didattico, e inoltre ha sviluppato un interesse nella popolazione per aumentare la percentuale di verde nelle città in cui risiedono e la voglia di mangiare sano, conoscere e produrre ciò che viene messo nel piatto. Dato che il fenomeno è in espansione in molte parti del mondo, ci sarà sempre più bisogno di studiare caso per caso gli orti urbani, per le loro potenzialità, potrebbero portare molti vantaggi alla collettività. I dati e le informazioni riportati in questa tesi dimostrano che gli orti in città possono essere un esempio concreto di sostenibilità, i modelli esistenti hanno lanciato e stanno lanciando tuttora una sfida alla nostra società, che riguarda temi come democrazia, solidarietà, alimentazione, ambiente, benessere. Con il capitolo finale dove ci si concentra sulla situazione presente ad oggi in due delle città italiane più vicine al tema dell’orto urbano, si di238
mostra come questa tecnica stia prendendo piede realmente tra la popolazione cittadina, si riscontra un impegno e un interesse nello sviluppo di questa nuova pratica volto al miglioramento della città stessa ma anche e soprattutto della qualità della vita nell’ambiente urbano. Inoltre portando come esempio il recente concorso Ortipertutti a Bologna si è dimostrato il coinvolgimento di molti enti sia sul suolo italiano che su quello europeo. Il caso di Torino e Bologna è solo uno spunto, servirebbe più tempo e più chiarezza per verificare come il fatto degli orti urbani si stia diffondendo su tutta la penisola, portando avanti una ricerca simile a quella svolta nelle altre grandi città italiane, ma concentrandosi anche nei comuni più piccoli per verificare se effettivamente questa soluzione proposta si possa adattare sia a territori più ampi sia a realtà più modeste. Si confida che gli studi in questo settore si rivolgano all’analisi di questi argomenti al fine di diffondere questa nuova ideologia sul territorio italiano. Con ciò non si vuole dimostrare che con gli orti urbani si possa soddisfare al 100% l’alimentazione globale del pianeta, ma può essere uno spunto per una miglior presa di coscienza del cibo, dei criteri di alimentazione e sostenibilità ambientale, sociale e didattica.
239
Pagina accanto: Alex. S. MacLean, aerial photographer. Agricultural field patterns. Eastern, Illinois. Fonte: Portfolio Growing, in www.alexmaclean.com, 21-01-2015.
BIBLIOGRAFIA
242
Bibliografia
Assessorato ambiente - Lavori pubblici - Verde divisione servizi tecnici per le grandi opere edilizie e verde pubblico, 2013, Torino città da coltivare, Città di Torino, Torino. Bassignana P., 2013, Torino in guerra, Edizioni del Capricorno, Torino. Calori A., 2009, Coltivare la città. Giro del mondo in dieci progetti di filiera corta, Coedizione Altra Economia. Cart’armata edizioni, Milano. Campagna amica, 2012, Orti Urbani, Campagna Amica, Roma. Città di Torino, 2012, deliberazione del consiglio comunale 5 marzo 2012, Città di Torino, Torino. Città di Torino, 2013, deliberazione del consiglio comunale 25 marzo 2013, Città di Torino, Torino. Città di Torino, 2013, Raccolta dei regolamenti municipali N. 363, Città di Torino, Torino. Coldiretti, 2013, Corriere di Bologna, Bologna. Coldiretti, 2014, News Coldiretti Emilia Romagna comunicato stampa, Bologna. Coldiretti, 2013, Tempi, Tempi Società Cooperativa, Milano. Coldiretti Emilia Romagna, 2014, La Nuova Prima Pagina, Coldiretti Emilia Romagna, Reggio Emilia. 243
Fioravanzo S., Mighetto P., 2013, ColtureCity. Modalità di compatibilità, Architettura del paesaggio AIAPP, Torino. Fondazione Villa Ghigi, 2014, Fondazione Villa Ghigi, Gli orti comunali. Inquadramento generale, Comune di Bologna, settore ambiente ed energia, settore servizi per l’edilizia – SIT, Bologna. Fondazione Villa Ghigi, 2014, Indagine conoscitiva e proposta di nuovi orti, Comune di Bologna, settore ambiente ed energia, settore servizi per l’edilizia – SIT, Bologna. Fondazione Villa Ghigi, 2014, Ortipertutti. Concorso di progettazione per un’agricoltura urbana, Comune di Bologna, settore ambiente ed energia, settore servizi per l’edilizia – SIT, Bologna. Gioggi A., Taffon D., 2013, Orto amico a scuola, Fondazione campagna amica, Roma. Gorgolewski M., Komisar J., Nasr J., 2011, Carrot city. Creating places for urban agriculture, The Monacelli Press, New York. Haney D. H., 2010, When modern was green. Life and work of landscape architect Leberecht Migge, Routledge, New York. Iperbole, 2013, Attuazione del progetto del “parco città-campagna” di Villa Bernaroli, Comune di Bologna, Bologna. Lafayette Greens, 2012, in Lotus in the fields, Lotus 149, Editoriale Lotus, Milano. Legambiente Emilia-Romagna, 2012, Il valore de suolo. Il consumo di territorio in Emilia-Romagna e i piani delle città, Tipografia negri, Bologna. Manzo L., Peirone F., 2004, A tavola con i torinesi: cibo, commerci e ricette dal medioevo al Novecento nei documenti dell’Archivio storico della Città di Torino, Archivio Storico della Città di Torino, Torino. Mighetto P., 2012, Orti urbani. Coltivare le città, Architettura del paesaggio AIAPP, Torino.
244
Mollison B., Slay R. M., 2007, Introduzione alla permacultura, Terra nuova edizioni, Firenze. Mondoerre cooperativa sociale, 2014, Orti Aperti, Città di Torino, Torino. Olivari S., 2012, Indagine di fattibilità, Seriso, Torino. Olivari S., 2012, Miraorti Report scientifico. Ricerca-azione, Seriso, Torino. Philips A., 2013, Designing Urban Agriculture. A complete guide to the planning, design, construction, maintenance, and management of edible landscapes, John Wiley & Sons, Hoboken. Piccinini F., 2014, Ufficio-stampa Ancescao Emilia-Romagna, Bologna. Servizio centrale consiglio comunale, 2013, N. Ord. 20, Città di Torino, Torino. Taffon D., 2013, Coltiviamo la città, Fondazione campagna amica, Roma. Taffon D., 2013, Orto amico in campagna, Fondazione Campagna Amica, Roma. Taffon D., 2013, Orto amico in città, Fondazione Campagna Amica, Roma. Viljoen A., Bohn K., Howe J., 2005, CPULs. Continuous productive urban landscapes. Designing urban agriculture for sustainablen cities, Architectural Press, Oxford. Viljoen A., Bohn K., Howe J., 2014, Second nature urban agriculture. Designing productive cities. Ten years on from the Continuous Productive Urban Landscape (CPUL City) concept, Taylor & Francis Group, New York.
Archivio storico della città di Torino Per la ricerca storica sugli orti di guerra a Torino, l’indagine è stata svolta nell’Archivio storico della città di Torino. Dopo aver contattato l’ufficio e aver preso appuntamento, la ricerca è iniziata in Via Barbaroux 32, Torino, con l’aiuto del Sig. Vincenzo Ferraro, consultando gli indici degli anni della Seconda Guerra 245
Mondiale, in particolare 1941 e 1942, dove è stata trovata la voce “coltivazioni di guerra”. Nei rispettivi faldoni sono stati trovati decreti legge, articoli di giornale, documenti di concessioni di terreni e richiesta dell’intervento di imprese specializzate. Per la stesura del primo capitolo è stato quindi utilizzato questo materiale, riorganizzato in ordine cronologico del verificarsi degli eventi, al fine di avere un quadro più completo del situazione in quegli anni.
Aratura ed erpicatura del terreno per la semina del grano nel Parco della Pellerina. Affidamento dei lavori alla Sig. ra Cristina ved. Cordero. Ap. VII Amm. LL. PP, 23 agosto 1941, 17, Verb.36, pp. 12-13, in Archivio storico della città di Torino. Aratura ed erpicatura di appezzamenti vari di parchi pubblici e proprietà municipali per la semina del grano. Affidamento dei lavori alle ditte Atuso Michele, Astrua Ernesto, Monticone Giulio e nolo di moto-aratrice dalla ditta Cappella Giuseppe. Ap. VIII Amm. LL. PP, 13 settembre 1941, 28, Verb.39, pp. 20-21, in Archivio storico della città di Torino. Aratura dei campi nei parchi pubblici. Nolo di motoaratrici dalle ditte Cappella Giuseppe e Genero Giuseppe, Ap. VIII Amm. LL. PP, 1 agosto 1942, 35, Verb. 33, in Archivio storico. Coltivazioni di guerra. Compensi al personale direttivo e di assistenza. Ap. VIII Amm. LL. PP, 5, in Archivio storico della città di Torino. Coltivazioni di guerra. Dissodamento di appezzamenti vari di terreno nei corsi Trapani, Montecucco, Altacomba e Tazzoli. Nolo di moto-aratrice della ditta Genero Giuseppe di Stupinigi. Ap. VIII Amm. LL. PP, 21 febbraio 1942, 39, Verb. 9, pp.26, in Archivio storico della città di Torino. 246
Decreto del Podestà n°3, 1942, in Archivio storico della città di Torino. Decreto del Podestà n°729, 1942, in Archivio storico della città di Torino. Decreto del Podestà n°867, 1942, in Archivio storico della città di Torino. Gazzetta del popolo, Si trebbierà in piazza Castello, 26 giugno 1942, in Archivio storico della città di Torino. Gazzetta del popolo, In città si è mietuto il grano, 10 luglio 1941, in Archivio storico della città di Torino. Parco della Pellerina. Nolo di cavalli o muli per i lavori agricoli inerenti alle coltivazioni di guerra. Ap. VIII Amm. LL. PP, 25 aprile 1942, 44, Verb. 18, in Archivio storico della città di Torino. Parchi, giardini ed alberate della Città. Manutenzione e coltivazioni di guerra. Autorizzazione della spesa relativa al nolo di cavalli per trasporti e lavori agricoli da eseguirsi dalla ditta Demichelis Tommaso nei mesi di marzo ed aprile 1943. Ap. VIII Amm. LL. PP, 13 marzo 1943, 35, Verb. 12, pp. 23, in Archivio storico della città di Torino. Regio decreto legge 18 Agosto 1941 – XIX n.62728, in Archivio storico della città di Torino. Regio decreto legge 10 ottobre 1941-XIX n.1249, in Archivio storico della città di Torino.
247
Trebbiatura del grano, segale ed avena coltivati nei parchi pubblici. Pagamento delle diverse prestazioni, Ap. VIII Amm. LL. PP, 26 settembre 1942, 33, Verb. 41, in Archivio storico della città di Torino.
Archivio storico della città di Bologna Per la ricerca storica sugli orti di guerra a Bologna, l’indagine è stata svolta nell’Archivio storico della città di Bologna. Dopo aver contattato l’ufficio e aver preso appuntamento, la ricerca è iniziata in Via Giuseppe Tartini 1, Bologna, con l’aiuto della Sig. ra Elda Brini, consultando gli indici degli anni della Seconda Guerra Mondiale, in particolare 1941 e 1942, dove è stata trovata la voce “coltivazioni di guerra”. Nei rispettivi faldoni sono stati trovati decreti legge, articoli di giornale, documenti di concessioni di terreni, richiesta dell’intervento di imprese specializzate, capitolati e relazioni degli uffici tecnici. Per la stesura del primo capitolo è stato quindi utilizzato questo materiale, riorganizzato in ordine cronologico del verificarsi degli eventi, al fine di avere un quadro più completo del situazione in quegli anni.
Capitolato provinciale, per la concessione di terreni a compartecipazione, Bologna, Tipografia Irnerio 1939, federazione prov. Fascista degli agricoltori della provincia di Bologna, unione prov. Sind. Fascisti dell’agricoltura bologna, in Archivio storico della città di Bologna. Dr. Ghillini, Orti di guerra, Bologna, ufficio di segreteria, 25 aprile 1942, in Archivio storico della città di Bologna. Ufficio tecnico agrario Martelli Luigi perito agrario, Relazione sull’attività svolta dal gruppo per gli orti di guerra, Bologna, Gruppo rionale “M. Magnani”, 18 novembre 1941, in Archivio storico della città di Bologna.
248
Dott. C. A. Ghillini, Al Gr. Uff. Ing. E. Fernè podestà di Bologna, oggetto: relazione dell’attività svolta dal comitato dei tecnici, istituito e diretto dal Podestà di Bologna, per la propaganda degli orti di guerra, Bologna, in Archivio storico della città di Bologna, pp. 1-5. Dott. R. Marabini, Gruppo rionale fascista “Edgardo Gardi”, Orti di guerra, Bologna, 14 ottobre 1941, XIX°, in Archivio storico della città di Bologna. Norme illustrative per l’impianto degli orti di guerra, in Archivio storico della città di Bologna. Relazione attività “orti di guerra” del comune di bologna dal febbraio al maggio 1942, Bologna, in Archivio storico della città di Bologna 29 maggio 1942=XX.
249
Sitografia
2008, Rebar Group, “Civic Center Victory Garden”, in www.rebargroup. org. 2009, Città di Torino, “Inaugurazione dell’area verde Casino Barolo nel quartiere Vallette”, in www.comune.torino.it. 2009, Città di Torino, “Si inaugura l’ampliamento del Giardino Marie Curie, nella Circoscrizione 4”, in www.comune.torino.it. 2009, Levenston M., “Leadenhall City Farm Proposal”, in www.cityfarmer. info. 2009, Mighetto P., Minari M., “Giardini di ricucitura intorno a Casino Barolo”, in www.divisare.com. 2010, Accademia italiana di permacultura, “Che cosa è la permacultura”, In www.permacultura.it. 2010, Commissione Europea, “Coltivazioni agricole sui tetti delle città”, in www.ec.europa.eu. 2010, D’Ottavio M., “Oursecretgarden”, in www.studio999.it. 2010, Gary Comer Youth Center Green Roof, in www.greenroofs.com. 2010, Herb Garden and Honey Bee Apiary, in www.fairmont.com. 2010, Iperbole, “Aree ortive”, in www.comune.bologna.it. 2011, Città di Torino, “Viale della frutta”, in www.comune.torino.it. 2011, The Science Barge, in www.thesciencebarge.com.
250
2012, Albera M., “Orti di guerra: quando Torino coltivò il meglio di sé”, in www.mole24.it. 2012, American Society of Landscape Architects, “Lafayette Greens: urban agriculture, urban fabric, urban sustainability”, in www.asla.org. 2012, Associazione Jonathan, “Un orto animato”, in www.associazionejonathan.it. 2012, Casematte, “Orto collettivo in Via Massari”, in www.casematte.it. 2012, Città di Torino, “Progetto TOCC – città da coltivare”, in www.comune.torino.it. 2012, Marino G., “Agricoltura urbana: la rivoluzione parte da TOCC”, in www.lastampa.it. 2013, Biblioteca.salaborsa, “Gli orti di guerra”, in www.bibliotecasalaborsa.it. 2013, Bertuzzi M., “Agricoltura urbana”, in www.rivistadiagraria.org. 2013, European Commission, European Commission, Agriculture in the European Union. Statistical and economic information. Report 2013, www.ec.europa.eu. 2013, Fucci B., “Esempi di orticoltura urbana”, in www.regione.emilia-romagna.it. 2013, Istat, Dati ambientali nelle città, www.istat.it. 2013, The Science Barge, in www.nysunworks.org. 2014, Agridea impresa sociale, “L’orto collettivo di Via Massari. Idee semplici e intelligenti che coltivano la partecipazione”, in www.coopagridea.org. 2014, Città di Torino, “Cascina Quadrilatero. Un orto civico in piazza Emanuele Filiberto”, In www.spaziotorino.it. 2014, Fondazione Campagna Amica, “Cascina Quadrilatero, un orto al centro di Torino”, in www.campagnamica.it.
251
2014, Gramigna, “Concorso ortipertutti. I vincitori. Il progetto. L’ambizione”, in www.gramignamap.it. 2014, Gambero Rosso, “Parte il progetto Cascina Quadrilatero a Torino: portare l’orto in città è possibile”, in www.gamberorosso.it. 2014, Nuova Società, “Inaugurata Cascina Quadrilatero. Il nuovo orto urbano di Torino”, In www.nuovasocieta.it. 2014, Ordine degli architetti di Bologna, “Ortipertutti”, in www.concorsi. archibo.it. 2014, Ordine degli architetti di Bologna, “Esiti del concorso Ortipertutti”, in www.urbancenterbologna.it. 2014, Torino Today, “Cascina Quadrilatero, un orto urbano nel cuore della movida torinese”, in www.torinotoday.it.
252
Sitografia immagini
Alex. S. MacLean, aerial photographer, www.alexmaclean.com. Archivio storico della città di Torino, Archivio Gazzetta del Popolo, Sez I. A tutto BIO: arrivano le riforme UE, in www.econewsweb.it. A Milano è boom degli orti in affitto, in www.milano.repubblica.it. Agriasilo nel parco di Vejo, in www.viterbonews24.it. Broadacre City, in www.studyblue.com. Consolati D., Guidotto P., Zamboni V., Peota M., Orti in campagna, www. divisare.com. Consolati D., Guidotto P., Zamboni V., Peota M., Orti nel parco, www. divisare.com. Consolati D., Guidotto P., Zamboni V., Peota M., Orti tra le case, www. divisare.com. Carrot city: urban agriculture in Toronto, in www.torontopubliclibrary. typepad.com. Consumo sostenibile: l’Unione Europea consulta i cittadini, in www.ecodallecitta.it. Contextual gardens. Gardens in the cultural landscape, www.contextualgardens.it. Città di Torino, www.comune.torino.it. 253
Ecco perchè è un diritto il piatto senza veleni, in www.slowfood.it.
“Enjoy, it’s from Europe”: nuovo regolamento per la promozione dei prodotti agro-alimentari, in www.regionieambiente.it. Elementi di design per gli spazi pubblici, www.europaconcorsi.com. Filiera corta controllata, qualità 10! Km zero, in www.buonoperche.it. Gary Comer Youth Center, www.ryerson.ca. Gli orti di guerra, in www.inilossum.com. Giardino Marie Curie, www.comune.torino.it. Fairmont Hotel Gardens, www.ryerson.ca. Fondazione Campagna Amica, www.campagnamica.it. Il fenomeno degli “Orti di guerra”, in www.bdp.it. L’agricoltura urbana come veicolo di condivisione e socializzazione, in www.onnoffmagazine.com. L’agricoltura urbana produce circa il 20% del cibo mondiale, in www. dolcevitaonline.it. L’orto didattico: coltivare i pomodori a scuola, www.ideegreen.it. Leadenhall Street City Farm, www.ryerson.ca. Lafayette Greens, www.asla.org. L’arte di coltivare orti e giardini, www.eco-ecoblog.it. Miraorti, www.seriso.it. Miraorti, www.miraorti.com. Massari, www.coopagridea.org. Ortipertutti: concorso di progettazione per un’agricoltura urbana, www. concorsi.archibo.it. Ortipertutti: concorso di progettazione per un’agricoltura urbana, www. divisare.com. Orti urbani. Cresce la voglia di verde, www.corriere.it. Orti urbani, vigne e giardini, il lato verde di Torino, www.lamiatorino.it. Oursecretgarden, www.studio999.it.
254
Orti urbani: a Bologna 108 appezzamenti di terreno per giovani e famiglie. Boom di richieste, www.nonsprecare.it. Ortipertutti: a Bologna gli orti arrivano in città, www.pollicegreen.com. Orti in città, www.coopagridea.org. Permaculture, www.permaculture.cf Parco agricolo del Sangone, www.miraorti.com. Roma in guerra e liberata, in www.mediatecaroma.it. Roma: 33mila mq di terreno destinato agli orti urbani, in www.eticamente.net. Slow Food Nation’s Victory Garden, www.ethicurean.com. Slow Food Nation’s Victory Garden, www.themindfulword.com. Se dall’asfalto nascono i pomodori: orti urbani a Torino, www.quotidianopiemontese.it. The Science Barge, www.ryerson.ca. Torino Città d’acque, www.comune.torino.it. Tremila orti urbani a Bologna: tornare indietro nel tempo per vivere sostenibile, Urbi et orti, www.innerdesign.com. Viale della frutta, www.comune.torino.it. Victory gardens posters, in www.apsu.edu. Victory Garden Posters, in www.en.wikipedia.org. 10 ideas for urban gardens, www.ecosalon.com. 1st Prize Competition “Ortipertutti” Bologna, www.divisare.com.
255
Pagina accanto: Alex. S. MacLean, aerial photographer. Springfield. Nebraska. Fonte: Portfolio Growing, in www.alexmaclean.com, 21-01-2015.
RINGRAZIAMENTI
258
Ringraziamenti
Arch. Alessandra Aires, Comune di Torino. Dott. Bortolo Claudio Furloni, Settore Verde e Agricoltura Comune di Milano. Dott.ssa Costanza Giardino, Settore Ambiente ed Energia Comune di Bologna. Sig. ra. Elda Brini, Archivio storico Comune di Bologna. Arch. Enrico Guaitoli Panini, Legambiente Circolo di Modena. Dott. Giuseppe Di Paolo, Area comunicazione Coldiretti Bologna. Sig. Giuseppe Toma, Archivio storico Città di Torino. Arch. Paolo Mighetto, ACMArchitetti in Torino. Dott. Paolo Miglietta, Settore Grandi Opere Comune di Torino. Arch. Stefano Olivari, Miraorti Torino. Sig. Vincenzo Ferraro, Archivio storico Città di Torino. Sig. ra Elda Brini, Archivio storico Città di Bologna.
259
260