2. København

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K Ø BENHAVN 16 - 20 febbraio 2015





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K Ø BENHAVN 16 - 20 febbraio 2015



perche'

COPENAGHEN

D

a piccola, pensando al Nord Europa, consideravo la Danimarca un Paese piccolo e poco affascinante, perso fra i fieri cugini scandinavi, senz’altro più degni di nota. Di fatto, non la consideravo.

Quindi, perché la Danimarca?

Nel mio immaginario, l’idea di scoprire Copenaghen ha preso forma grazie ai freddi racconti di Peter Høeg, uno scrittore danese incredibilmente bravo, che è stato capace di descriverla - nuda e cruda - così intensamente da farmene innamorare ancor prima di poggiare piede sul suolo danese. Partendo dal presupposto che, per me, un viaggio verso Nord è già di per sé un bel viaggio, mi spoglio di ogni preconcetto quando dico che i quattro giorni che racconterò in queste foto sono stati davvero indimenticabili, vissuti assorbendo avidamente i paesaggi, gli odori, le storie e i volti che mi circondavano. Freddi fuori e caldi dentro. Buona Copenaghen!

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UNA CITTÀ

STRAORDINARIA Ovvero: impressione Copenaghen. Ancor prima di partire sentivo già che mi sarebbe piaciuta immensamente. D’altronde, a me le città nordiche fanno un certo effetto - sempre in cantiere il «progetto Groenlandia».

Un mese prima cominci a immergerti in quell’atmosfera, ti prepari al freddo, guardi le condizioni meteo e fai scorta di foto e informazioni per usare ogni minuto che avrai a disposizione, sfruttando a pieno il tempo per goderti ogni singolo angolo che ti circonderà.

Ecco io Copenaghen l’ho presa così, carica a mille e colma di spirito avventuriero.

È anche vero che ho avuto una buona istruzione: divorati i libri di Peter Høeg, in parte sapevo già che cosa mi attendeva - eppure le mie alte aspettative sono state di gran lunga superate.

Buona infarinatura di storia, conoscenze base di arte che non fanno mai male e, soprattutto, un piumino bello caldo: tutto il necessario per godersi questa meravigliosa città. E via.



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I Giardini di Tivoli sono uno dei più antichi parchi di divertimento al mondo, un’oasi verde al centro di Copenaghen con attrazioni per grandi e bambini, attrazioni molto particolari: l’atmosfera è quella degli esotici e sfarzosi giardini orientali, in stile Mille e una notte. Almeno, così dicono.

Sì, perché a nulla è valso supplicare la bionda guardiana all’ingresso: a febbraio, Tivoli è categoricamente chiuso.

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Mi dissocio felicemente dal solito «mi aspettavo di più», proferito da chiunque mi parlasse della Sirenetta di Copenaghen. In effetti, l’ho trovata esattamente come l’immaginavo: piccola, elegantemente posata sul suo scoglio, con lo sguardo malinconico rivolto alla terraferma. Ho così appreso la sua storia: questa dolcezza in bronzo alta 125cm è stata commissionata a Edvard Eriksen - sua moglie Eline a fargli da modella - da Carl Jacobsen (figlio del fondatore della Carlsberg, tra l’altro), rimasto incantato da un balletto ispirato alla fiaba. Den lille Havfrue, Astrid, è stata il suo regalo alla città.


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Mi dissocio felicemente dal solito «mi aspettavo di più», proferito da chiunque mi parlasse della Sirenetta di Copenaghen. In effetti, l’ho trovata esattamente come l’immaginavo: piccola, elegantemente posata sul suo scoglio, con lo sguardo malinconico rivolto alla terraferma. Ho così appreso la sua storia: questa dolcezza in bronzo alta 125cm è stata commissionata a Edvard Eriksen - sua moglie Eline a fargli da modella - da Carl Jacobsen (figlio del fondatore della Carlsberg, tra l’altro), rimasto incantato da un balletto ispirato alla fiaba. Den lille Havfrue, Astrid, è stata il suo regalo alla città.


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Contro qualunque umano buonsenso, uno degli edifici che mi ha maggiormente colpito di Copenaghen è stata la sua stazione centrale, cioè quello che probabilmente è l’unico monumento di una città così ricca su cui nemmeno Wikipedia saprebbe dire qualcosa.

Semplicemente, l’architettura di questa particolare stazione mi ha del tutto rapita. Guardandola, ricordo distintamente di aver pensato: «Quindi eccomi, sono a Copenaghen». Mattoni rossi. Tetti a punta. Simmetria perfetta.



Il Palazzo di Christiansborg sorge su un’isoletta al centro di uno dei tanti canali di Copenaghen.

È immenso. Mi è sembrato un po’ tetro, ma in questo deve aver giocato un ruolo importante il clima poco amico. Si tratta dell’unico edificio al mondo a essere contemporaneamente sede dei tre poteri statali - legislativo, esecutivo e giudiziario. E non solo: proprio di fronte alla statua equestre di Cristiano IX vi è un enorme spiazzo, che solo in seguito ho appreso far parte della scuola di equitazione.


Dall’alta torre centrale si vede quasi interamente la città: colpisce soprattutto il netto contrasto fra gli edifici storici, piuttosto colorati, e le nuove costruzioni, estremamente moderne e scure.

Una curiosità su questo - sfortunato - palazzo: è stato distrutto e ricostruito innumerevoli volte, tant’è che ho sentito spesso parlare di primo, secondo e terzo Christiansborg. Nei sotterranei sono ancora conservate alcune macerie dei vecchi edifici; fra tutte, ricordo il pilastro con Atlante che regge il peso del mondo, certamente di grande effetto.

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La fontana più grande e imponente di Copenaghen è la Fontana di Gefjun. È ispirata al mito della nascita della Zelanda, l’isola su cui sorge Copenaghen: il re di Svezia Gylfi, riconoscente alla dea Gefjun per averlo intrattenuto sotto le mentite spoglie di una girovaga, volle ricompensarla.

Decise di dornarle tutta la terra che fosse riuscita ad arare in una sola notte; lei allora, per fare più in fretta, trasformò i suoi quattro figli in buoi, e arò il terreno creando solchi così profondi da far penetrare il mare nella terraferma, formando proprio la Zelanda. In questa monumentale fontana, Gefjun è scolpita nell’atto di spronare i quattro buoi al lavoro.

È impossibile non notarla, eppure io sono riuscita a scattarle soltanto tre o quattro foto, contro il milione e mezzo scattate alla chiesetta lì accanto. Non mi smentisco mai.

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Il Diamante Nero.

Non riuscivo nemmeno a immaginare cosa potesse mai essere un edificio con un nome del genere.

Molto semplicemente, è un’estensione della Biblioteca Reale di Copenaghen, cosĂŹ chiamato per via del suo rivestimento esterno in marmo nero, in totale contrasto con l’interno bianchissimo. A grandi linee mi ha ricordato il nostro Campus Einaudi di Torino: modernissimo e molto frequentato dagli studenti.

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Qualche parola vale la pena spenderla anche per il Museo Nazionale Danese. In primo luogo, c’è da dire che è organizzato davvero molto bene, mostrando, piano per piano, l’evoluzione della civiltà danese, parallelamente alle altre.

Informarsi sulla storia del Paese che si visita è, poi, sempre buona norma; c’è, tuttavia, un motivo particolare che mi ha spinto fino a questo museo.

Reduce da poco dalla lettura de Il senso di Smilla per la neve, del buon Høeg, volevo avere un’idea fisica, pratica di come fosse la vita in Groenlandia. Curiosità perfettamente soddisfatta.

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Delizioso. Credo sia l’aggettivo più calzante per descrivere il Castello di Rosenborg: non mi sarei mai stancata di fotografarlo, stagliato sul cielo più azzurro che io abbia mai visto. All’interno sono conservate le Collezioni Reali Danesi, compresi i Gioielli della Corona. Incredibilmente scenografico è anche il lungo muro sul quale è riprodotta la dinastia dei Reali di Danimarca.

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È stato proprio qui che ho trovato la più alta concentrazione di orologi che mi sarei mai potuta aspettare. Non si tratta di una vera e propria collezione: semplicemente c’erano almeno un paio di orologi in ogni stanza; grandi, piccoli, dettagliati, lineari, a cucù… insomma di ogni tipo. La cosa, in realtà, non mi ha lasciato oltremodo sorpresa, quasi come se mi aspettassi che in Danimarca ci fosse una concezione temporale diversa dal resto d’Europa, come se considerassero il tempo in senso molto più lato.

Anche qui, artefice di questi ragionamenti è stata la lettura del solito signor Høeg: mi sono immaginata Rosenberg come l’esatto opposto del castello in cui il conte di Mørkhøj si è imposto di non far entrare il tempo, che resta confinato fuori per secoli, finché non irrompe all’interno il giorno in cui il muro tutt’intorno all’edificio viene abbattuto, tramutando immediatamente il conte e la sua corte in fragili scheletri.



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ricetta:

SMØRREBRØD Una componente molto importante della cucina danese è lo street food, di cui il principale esponente è senza dubbio lo Smørrebrød. Si tratta di una sorta di sandwich aperto, una fetta di pane di segale imburrata, farcita con... un sacco di cose, in effetti!

Ci sono innumerevoli combinazioni che si possono provare, a base di formaggio cremoso, salmone, zucchine, gamberetti... per tutti i gusti. Quello che ho assaggiato io - fenomenale, tra l’altro - aveva una base di Sennepssauce med fløde (salsa di uova, senape, aceto e panna),

ingredienti • pane di segale • burro • salse • carne/pesce/salumi/formaggi/verdure/uova/... farcito con le tipiche Frikadeller (polpette piatte di carne di renna), barbabietole e cetrioli.

Accompagnato da una birra artigianale del quartiere di Nørrebro, la morte sua.

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Particolarmente suggestiva è Kastellet, una cittadella fortificata attorniata da un fossato a forma di stella.

Premetto che non era inserita nel mio itinerario di viaggio, ma vedendo quest’isola dalla forma strana sulla mappa non ho potuto fare a meno di andare a dare un’occhiata. È incredibilmente ordinata, a partire dagli alberi perfettamente allineati, fino alle casette dai tetti rossi una in fila all’altra. Come gran parte degli edifici della città, anche Kastellet è stata ricostruita in seguito a un attacco svedese, per poi essere utilizzata come quartier generale dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale.

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-gaiv id oirareniti oim len atiresni are non ehc ot temerP allus anarts amrof allad alosi’tseuq odnedev am ,oig erad a eradna id onem a eraf otutop oh non appam .ataihcco’nu -tef rep irebla ilgad erit rap a ,atanidro etnemlibidercni È ni anu issor it tet iad et tesac ella onfi ,itaenilla etnemat .artla’lla alfi telletsaK ehcna ,àt tic alled icfiide ilged et rap narg emoC rep ,esedevs occat ta nu a otiuges ni atiurtsocir atats è itsizan iad elareneg reit rauq emoc atazzilitu eresse iop .elaidnoM arreuG adnoceS al etnarud

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Altro appuntamento che indubbiamente non potevo perdermi è stato la Galleria d’Arte Nazionale della Danimarca. Si tratta di una grande, grandissima pinacoteca, ricca di capolavori firmati Tiziano, Rembrandt, Mantegna, Modigliani, fino ad arrivare a Picasso e all’arte contemporanea. Sono rimasta molto sorpresa alla vista della Vergine delle Rocce di Leonardo, assolutamente inaspettata poichè la sapevo essere a Parigi, esposta al Louvre.

Ancora oggi, non mi è chiaro se quella fosse una copia o un prestito.

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To be, or not to be, that is the question: whether ’tis nobler in the mind to suffer the slings and arrows of outrageous fortune, or to take arms against a sea of troubles, and by opposing end them?

PALAZZO DI

KRONBORG

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Il Castello di Kronborg sorge sulla punta estrema della Zelanda, alla minima distanza con la Svezia. Questa è stata l’unica visita fatta fuori Copenaghen, a Helsingør. Piccola curiosità: in cima al molo, poco prima dell’accesso alla fortezza, è stata posta una statua in acciaio inossidabile di un “sirenetto”, chiamato Han, perfetta versione maschile della più famosa Astrid.


Il palazzo di Kronborg è l’ambientazione dell’Amleto di Shakespeare.

Si tratta di una fortezza molto imponente, con numerose cinte murarie e relativi fossati, in posizione strategica rispetto alla nemica Svezia, dalla quale più volte il castello è stato attaccato (e distrutto).

Appena entrati, ci si ritrova in una vasta corte con un pozzo centrale, dalla quale si può accedere alle diverse sale del palazzo.


All’esterno ci sono ancora i cannoni originali posti a difesa della costruzione, ma, essendo ormai entrati nel terzo millennio, perchÊ non aggiungere un po’ di atmosfera grazie alla tecnologia dei nostri giorni?

Quei danesi mattacchioni hanno pensato bene di nascondere sotto rocce, cespugli e mattoni un mega impianto stereo con effetti sonori di spari e bombardamenti, pronti a partire a massimo volume appena qualcuno si avvicina. Grazie, dieci sono gli anni di vita che ho perso per questo. 53


Il palazzo di Kronborg è stato l’ambientazione dell’Amleto di Shakespeare.

Si tratta di una fortezza molto vasta, con numerose cinte murarie e relativi fossati, in posizione strategica rispetto alla nemica Svezia, dalla quale più volte il castello è stato attaccato (e distrutto). Accedendo, ci si trova in una vasta corte con un pozzo centrale, dalla quale si può accedere alle diverse sale del palazzo.

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Il castello accoglie, inoltre, una statua di Holger Danske, eroe leggendario danese che, secondo la leggenda, dorme ancora qui, comodamente avvolto nella sua lunga barba, e si sveglierĂ solo se la Danimarca dovesse trovarsi in grave pericolo, per accorrere in aiuto della sua Nazione.

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Si conclude così il mio breve soggiorno in quel di Copenaghen. Breve, sì, ma intenso.

Aver conosciuto e apprezzato questa meravigliosa città è stata per me una grande fortuna.

Mi rimarrà un prezioso ricordo di quest’angolo d’Europa, che prima ritenevo anonimo e che adesso, senza ombra di dubbio, reputo un piccolo, grande Stato, dotato di una storia e di una cultura ricchissime, un profondo senso nazionalistico e un grande amore per l’arte e per il design, senza però mai dimenticare le proprie origini. Un grande ringraziamento a Michela, che ha creduto nel mio dubbio senso di organizzazione - e ci vuole coraggio - e ha deciso di accompagnarmi fino in Danimarca, sopportando tre giorni di visite no-stop attraverso tutti i quartieri di Copenaghen.

arrivederci

COPENAGHEN


Questa è la storia dei Sogni Danesi, un resoconto di ciò che abbiamo temuto, sognato, sperato e atteso in questo secolo. La storia dei Sogni Danesi, Peter Høeg - 1988


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K Ø BENHAVN 16 - 20 febbraio 2015


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